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Le sostanze di carica

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Le sostanze di carica
XI corso di tecnologia per tecnici cartari
edizione 2003/2004
Le sostanze di carica
di Sesini Danilo
Scuola Interregionale di Tecnologia per tecnici Cartari
via don G. Minzoni, 50 - 37138 Verona - tel. 045 8070352
INDICE
1. Introduzione
1.1 Caratteristiche per la scelta di una carica
2. Carbonato di calcio
2.1 Fabbricazione dei materiali di carica a base di carbonati e loro proprietà
2.2 Metodi di fabbricazione
2.2.1
Carbonati naturali
2.2.2
Fanghi di calce
2.2.3
Processo di caustificazione
2.2.4
Processo di carbonizzazione
2.2.5
Precipitazione del cloruro di calcio
2.2.6
Materiale di carica a base di carbonati contenenti magnesia
2.3 Proprietà chimiche
2.4 Proprietà fisiche
2.4.1
Colore
2.4.2
Dimensione delle particelle
2.4.3
Durezza ed abrasività
2.4.4
Assorbimento dell’olio
2.4.5
Indice di rifrazione e potere opacizzante
2.4.6
Dispersione in acqua
2.5 Costi
2.6 Fabbricazione della carta caricata con carbonato
2.6.1
Schiuma
2.6.2
Collatura
2.6.3
Tecnica della diminuzione dei tempi di contatto per carte non collate
2.6.4
Doppio viso
2.6.5
Grumi
2.6.6
Fogliacci di carte patinate con carbonati
2.6.7
Macchi di resina
2.6.8
Polvere
2.6.9
Metodi per l’aggiunta dei materiali di carica a base carbonati
2.6.10
Ritenzione e contenuto di carica
2.6.11
Acque bianche
Coloranti
2.6.12
- INDICE Le sostanze di carica
3.
4.
5.
6.
7.
8.
2.7 Proprietà delle carte caricate con carbonati
2.7.1
Grado di bianco
2.7.2
Opacità
2.7.3
Stabilità alla luce
2.7.4
Lisciatura
2.7.5
Tatto
2.7.6
Porosità
2.7.7
Stampabilità
2.8 Impiego attuale delle carte caricate con carbonati
Solfato di bario
3.1 Lavorazione
3.2 Proprietà
3.3 Impieghi
3.4 Dati di costo
Silicato di calcio – fibrocarica
4.1 Materie prime richieste per la preparazione della fibracarica
4.1.1
Fibra
4.1.2
Cloruro di calcio
4.2 Impieghi della fibrocarica
Silicato di calcio – idrato
5.1 Metodo di fabbricazione
5.2 Proprietà fisiche
5.3 Tipi di carta nei quali viene impiegato il silicato di calcio idrato
5.3.1
Carta quadrotta e per offset
5.3.2
Supporti per patinate in macchina
5.3.3
Carta per ciclostile e per duplicatori
5.3.4
Carta da edizioni non patinata e per periodici
5.3.5
Carta da giornale
5.3.6
Cartoni
5.3.7
Carte veline ed assorbenti
5.4 Impiego del silicato di calcio idrato
Solfato di calcio
Solfito di calcio
Caolino
8.1 Composizione e depositi naturali
8.2 Depositi
8.2.1
Depositi primari
- INDICE Le sostanze di carica
8.2.2
Depositi secondari
8.3 Trattamento del caolino
8.3.1
Trattamento a secco
8.3.2
Trattamento ad umido
8.3.3
Imbianchimento
8.3.4
Calcinazione
8.4 Proprietà del caolino
8.5 Caolino come materiale di carica
8.5.1
Aggiunta
8.5.2
Effetti sul foglio
8.5.3
Opacità
8.5.4
Grado di bianco
8.5.5
Resistenza della carta
8.5.6
Ritenzione
9. Farina fossile
9.1 Formazione e provenienza
9.2 Materiale di carica
9.3 Produzione e lavorazione
9.3.1
Prodotto naturale
9.3.2
Tipi calcinati
9.3.3
Prodotti bianchi
9.4 Proprietà della farina fossile
9.4.1
Metodod di aggiunta
9.4.2
Ritenzione
9.4.3
Quantativi
10. Pigmenti luminescenti
10.1 Origine e preprarazione commerciale
10.2 Proprietà come materiale di carica
10.3 Fattori economici
11. Talco
12. pigmenti di titanio
12.1 Materie prime
12.2 Proprietà dei pigmenti di titanio
12.3 Impiego in vari tipi di carta
12.3.1
Carta da stampa
12.3.2
Carte quadrotte per scrivere e per registri
12.3.3
Carte per buste
- INDICE Le sostanze di carica
12.3.4
Carte paraffinate
12.3.5
Pergamyn e surrogato pergamena
12.3.6
Carta per bicchieri
12.3.7
Velina da impacco
12.3.8
Carte da impregnazione
12.3.9
Cartone
12.3.10 Varie
12.4 Dati economici
13. Pigmenti a base solfuro di zinco
13.1 Fonte e preparazone commerciale
13.2 Proprietà
13.2.1
Reattività
13.2.2
Dimensine delle particelle
13.2.3
Colore, grado di bianco, opacità
13.2.4
Peso e volume specifico
13.3 Proprietà cartarie
13.4 Fattori economici
BIBLIOGRAFIA
- INDICE Le sostanze di carica
1. INTRODUZIONE
La pratica di «caricare» la carta con sostanze minerali finemente polverizzate è conosciuta da molti anni; tuttavia, mentre tempo addietro essa era considerata come una
falsificazione, ora si è concordi nell’affermare che l’impiego di sostanze di carica
permette di ottenere carte più adatte per vari impieghi. Praticamente oggi tutta la carta
impiegata nelle industrie grafiche è fabbricata con l’ausilio di sostanze di carica.
È ormai noto a tutti che le materie di carica migliorano la stampabilità della carta
perché ne aumentano l’opacità, ne diminuiscono la trasparenza, ne migliorano la ricettività all’inchiostro e favoriscono una buona formazione del foglio. Le sostanze di carica migliorano la «mano» della carta e la finitura dei tipi calandrati.
Le sostanze di carica usate tempo addietro erano preparate con metodi meccanici
impiegando minerali quali il caolino, il talco, l’argilla ed il gesso. Oggi, in molti casi,
le sostanze di carica vengono preparate con sistemi combinati meccanici e chimici impiegando i suddetti minerali ed usando, in aggiunta, materiali precipitati chimicamente, quali il carbonato di calcio, il solfito di calcio ed il bianco fisso. In questi ultimi anni è rapidamente aumentato l’impiego di pigmenti opachi quali il biossido di titanio ed
il solfuro di zinco perché con piccoli quantitativi si ottengono una elevata opacità ed
un buon grado di bianco senza diminuire le caratteristiche di resistenza della carta.
Per la scelta della sostanza di carica più idonea bisogna avere presenti alcune caratteristiche fondamentali. Naturalmente la carica non deve contenere sabbia, deve essere
pulita e deve avere un buon colore ed un buon grado di bianco.
La maggior parte delle sostanze di carica oggi usate dall’industria cartaria possiede
queste qualità in grado maggiore o minore, tuttavia dobbiamo tenere presenti anche
altre caratteristiche degne di essere prese in considerazione. Una sostanza di carica con
alto indice di rifrangenza ha un potere «opacizzante ed imbiancante» maggiore di una
sostanza di carica con basso indice di rifrazione. Per ottenere una buona opacità è anche molto importante la dimensione ottimale delle particelle. Una così piccola dimensione assicura anche una buona finitura alla carta.
Le sostanze di carica devono anche essere classificate in base alla loro attitudine a
fornire un elevato grado di lucido alle carte calandrate.
La carica deve essere chimicamente inerte per evitare che reagisca con le altre sostanze impiegate nella fabbricazione o durante le operazioni di allestimento o di stampa.
1
Le sostanze di carica
È quasi impossibile collare un foglio che contenga una carica alcalina (ad es. carbonato di calcio), con la normale tecnica resina-allume, mentre è stato accertato che
una percentuale di carica non alcalina del 13-15% nell’impasto, non dà conseguenze
apprezzabili sulla collatura. Tuttavia le sostanze di carica anche se inerti ed insolubili
influenzano l’operazione della collatura. La ritenzione di carica solubile (ad es. il gesso) è molto povera e le sostanze con elevato peso specifico (ad es. il solfato di bario)
vengono anche trattenute difficilmente; esse tendono, inoltre, a produrre il doppio viso.
In linea generale la carica aumenta il peso della carta più che il volume. L’impiego
di quantitativi di carica troppo elevati porta alla produzione di carta molto soffice ed
aumenta la formazione di polvere. Naturalmente la carica diminuisce la resistenza della carta perché essa è un componente della grammatura e sostituisce le materie fibrose
che danno resistenza al foglio.
È ovvio affermare che la carica migliore per un determinato tipo di carta non è necessariamente la migliore per un altro tipo. In tutti i casi il costo della carica è un fattore fondamentale dal punto di vista economico e frequentemente ne determina la scelta.
Detta scelta deve essere fatta in base alle caratteristiche della carica che determinano la
sua attitudine a produrre il tipo di carta richiesto.
In passato le sostanze di carica venivano immesse allo stato secco ed ancora oggi
detta pratica viene usata in molte cartiere. Altre cartiere preparano sospensioni in acqua per facilitare il dosaggio e la separazione delle sostanze estranee. È consuetudine
aggiungere la carica in preparazione impasti durante il processo di lavorazione della
pasta; vi sono tuttavia parecchie cartiere che immettono la sospensione della carica
nella tina dell’impasto o direttamente a monte della pompa di mandata della pasta in
macchina. Sono anche stati studiati parecchi metodi per immettere la carica sulla tela.
Lo scopo della maggior parte di queste innovazioni è di migliorare la ritenzione
della carica riducendo le perdite agli scarichi.
Sono state studiate molte formule per calcolare la ritenzione della carica: noi possiamo definirla molto semplicemente come il rapporto del quantitativo di carica contenuta nel foglio finito rispetto al quantitativo contenuto nell’impasto espresso in percentuale.
Il problema della ritenzione è ora seguito con molto interesse non solo per il fatto
che è antieconomico mandare agli scarichi le sostanze di carica, ma anche perché le
perdite diventano molto più significative quando si impiegano sostanze di carica con
prezzo elevato e perché tutti devono cercare di ridurre le possibilità di inquinamento
dei corsi d’acqua nei quali vengono immessi gli scarichi.
Vi sono molti tipi di recuperatori per le acque bianche il cui scopo fondamentale è
di ridurre le perdite. I sistemi di recupero sono costituiti, generalmente da filtri, vasche
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Le sostanze di carica
di sedimentazione od a flottazione con ritorno delle sostanze solide alle tine
dell’impasto e recupero delle acque chiarificate che vengono inviate alle olandesi, alle
diluizioni nei vari punti del processo di fabbricazione ed agli spruzzatori. Normalmente il sistema di recupero delle acque bianche è fatto «su misura» per ogni stabilimento
o per una particolare macchina da carta.
In aggiunta al sistema di recupero, che probabilmente è il fattore più importante per
ridurre le perdite, vi sono molti fattori che influenzano la ritenzione della carica. Il
meccanismo della ritenzione è ancora alquanto oscuro ma, probabilmente, dipende da
una combinazione di fattori chimici, colloidali e meccanici che giocano tutti un ruolo
fondamentale e che sono strettamente collegati fra loro. È logico che una sostanza di
carica solubile sia trattenuta meno facilmente che una sostanza insolubile a causa dei
forti quantitativi di acqua presenti nel ciclo di fabbricazione. È anche logico che lavorando ad alta velocità con drenaggio rapido e con aspirazioni elevate si tende a diminuire il quantitativo di carica trattenuto dalla carta.
L’idratazione migliora la ritenzione probabilmente perché gli interstizi tra fibra e
fibra si riducono e per sfibrillatura aumenta la superficie libera delle fibre. A parità di
condizioni un foglio spesso trattiene più carica di un foglio sottile.
Si è constatato che ha una importanza fondamentale l’impiego della giusta quantità
di allume con un pH optimum. Come abbiamo detto sopra, le particelle della carica
vengono trattenute nel foglio di carta dall’azione combinata di molti fattori. La più
semplice di queste azioni è la «filtrazione»: la carica è trattenuta dal foglio perché le
particelle che la compongono sono più grandi degli spazi tra fibra e fibra. Poiché sia la
fibra, sia la carica hanno entrambe cariche colloidali con segno negativo, non si ha attrazione colloidale e quindi la ritenzione sarà influenzata dal peso del foglio, dalle dimensioni degli interstizi fra le fibre e dal grado di aspirazione usato.
In tal modo si spiega perché un aumento di idratazione, con diminuzione degli interstizi, ed un aumento di grammatura, permettono di trattenere un più elevato quantitativo di carica.
L’impiego appropriato di allume con un valore optimum del pH ha un effetto rilevante sulla ritenzione della carica, non solo per la sua azione flocculante ma soprattutto perché, probabilmente in determinate condizioni l’allume si idrolizza formando allumina carica positivamente che agisce come «cementante elettrostatico» legando le
particelle della sostanza di carica negative e con le fibre pur esse negative.
Recentemente alcune cartiere hanno constatato che l’impiego di additivi nella cassa
d’afflusso, nella pompa di mandata della pasta in macchina od in altri punti vicini alla
tela, migliora la ritenzione, particolarmente quando gli additivi vengono impiegati con
controllo accurato e con un efficiente sistema di acque bianche. Fra questi materiali
3
Le sostanze di carica
possiamo annoverare i mannogalattani, la gomma guar, la gomma di carrube, la carbossimetilcellulosa, l’amido cationico, alcuni altopolimeri e i complessi di alluminio.
Molti «saggi» possono essere eseguiti sulle sostanze di carica al loro arrivo in cartiera; essi comprendono il colore, il grado di bianco, la sabbia, l’umidità, il ferro,
l’acido libero, gli adulteranti ed i coloranti artificiali. Esistono anche metodi per la determinazione qualitativa della carica nella carta e per la determinazione quantitativa
dei pigmenti opachi (il colore ed il grado di bianco dei materiali di carica secchi hanno
importanza in quanto sono in grado di trasmettere dette proprietà al foglio finito). Il
grado di bianco e l’opacità dipendono anche dall’indice di rifrazione e dalla dimensione delle particelle della sostanza di carica.
Il miglior metodo per valutare il grado di bianco e l’opacità prodotti da un materiale di carica è di incorporarlo in un foglio in condizioni ben fissate e con varie percentuali, e quindi determinare gli effetti riscontrati.
1.1 CARATTERISTICHE PER LA SCELTA DI UNA CARICA
Come abbiamo detto più sopra, il miglior materiale di carica per un determinato tipo di carta, non è necessariamente il migliore per un altro tipo. Se si potesse avere il
«materiale di carica perfetto» dovrebbe avere le seguenti caratteristiche che non vengono elencate per ordine di importanza:
1) Dovrebbe avere un grado di remissione del 100% per tutte le lunghezze
d’onda della luce in modo da avere il massimo grado di bianco.
2) Dovrebbe avere un altissimo indice di rifrazione in modo da raggiungere la
massima opacità realizzabile.
3) Dovrebbe essere completamente privo di sabbia e di sostanze estranee ed essere composto da particelle con dimensioni vicine ai 0,8 micron; il grafico
mostra le dimensioni delle principali sostanze di carica.
4) Dovrebbe avere un basso peso specifico, essere soffice e non abrasivo.
5) Dovrebbe essere in grado di dare alla carta una superficie adatta ad assumere, dopo le successive lavorazioni, tipi di finitura che vadano dal minimo di
opacità al massimo grado di lucido.
6) Dovrebbe essere assolutamente inerte chimicamente ed insolubile.
7) Dovrebbe essere completamente trattenuto in modo da non causare perdite.
8) Dovrebbe avere un prezzo economico.
4
Le sostanze di carica
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Le sostanze di carica
2. CARBONATO DI CALCIO
L’impiego del tipo appropriato di carbonato permette di ottenere una o più delle
caratteristiche descritte precedentemente, o anche altre che interessano alcune carte
speciali, regolando, naturalmente l’impasto e il processo di fabbricazione
Normalmete si considera la carica come un minerale inerte, senza effetti chimici sugli
altri componenti dell’impasto. La sua funzione principale consiste sia nel migliorare la
qualità del prodotto finito, sia nel diminuire il costo. Il carbonato di calcio non è inerte,
ma reagisce chimicamente durante il ciclo di fabbricazione.
Se il cartaio tiene presente questo fatto può impiegare con piena soddisfazione il
carbonato di calcio secondo i procedimenti descritti.
L’impiego di carbonato di calcio come carica non è nuovo, ma alcuni dei procedimenti tecnici per la fabbricazione e l’impiego sono praticamente una novità. La reattività chimica del carbonato di calcio, come si manifesta nel moderno processo di fabbricazione della carta, era meno rilevabile nelle vecchie condizioni di lavorazione, perché esso era soltanto impiegato per lavorazioni speciali. Nel 1927 iniziò l’impiego, su
larga scala, del carbonato di calcio come materia di carica e, a partire da tale data,
vennero superate tutte le difficoltà incontrate in precedenza.
2.1 FABBRICAZIONE DEI MATERIALI DI CARICA A BASE
DI CARBONATI E LORO PROPRIETÀ
La maggior parte dei materiali di carica viene acquistata pronta per l’uso nella fabbricazione della carta e quindi i cartai non ne conoscono, normalmente, i metodi di preparazione. Tuttavia, quando si tratta di alcuni tipi di carbonati impiegati come carica, è
più economico, per le cartiere, fare fronte ai loro fabbisogni producendo la carica in
stabilimento sia in collegamento con la fabbricazione di cellulosa alla soda o kraft, sia
con la carbonatazione della calce con i gas al camino, e pompando direttamente il prodotto al punto di impiego in cartiera. Riportiamo qui una descrizione dei metodi di
fabbricazione della carica direttamente in cartiera e, per avere termini di confronto, faremo un breve esame dei sistemi di produzione di quei tipi che vengono normalmente
acquistati pronti per l’uso.
6
Le sostanze di carica
2.2 METODI DI FABBRICAZIONE
Il carbonato di calcio può essere prodotto con uno dei due metodi classici: macinando il minerale o precipitandolo chimicamente. Con ciascuno dei due metodi si possono ottenere molti tipi di prodotto. I tipi precipitati hanno un impiego più esteso che i
tipi naturali.
2.2.1 CARBONATI NATURALI
I carbonati naturali sono: le varie qualità di calcare, il marmo, la marna o simili. Il
minerale viene normalmente selezionato in base al colore (che deve essere naturalmente bianco) ed alla assenza di inclusioni di silice libera e di altre sostanze estranee abrasive. L’analisi chimica ha meno importanza dell’aspetto fisico del materiale e della sua
attitudine ad essere facilmente macinato. Il calcare incoerente è il più soffice ed il più
facile da macinare; il calcare compatto è più difficilmente trasformabile in polvere.
Vengono impiegati molti tipi di mulini e la macinazione può essere fatta a secco o in
sospensione acquosa. Vengono frequentemente impiegate la ventilazione e la flottazione in acqua per migliorare l’uniformità del prodotto.
Talvolta durante la macinazione si verifica una diminuzione del grado di bianco
causata dalle particelle che si separano dalle macine.
Parecchi carbonati di calcio naturali, polverizzati, sono degli ottimi materiali di carica per alcuni tipi di carta. Gli altri tipi sono sotto prodotti di cave o di industrie per la
lavorazione della pietra e, in generale, sono troppo grossolani per l’impiego nella fabbricazione della carta. In alcuni casi il carbonato naturale è misto a talco in tali proporzioni che, per quanto riguarda la fabbricazione della carta, le proprietà caratteristiche
dell’uno annullano quelle dell’altro: per esempio l’aumento di assorbenza
dell’inchiostro conseguente all’impiego di carbonato di calcio può essere ridotto dal
talco e l’untuosità al tatto, conseguente all’impiego del talco, può essere ridotta dalla
differente struttura cristallina del carbonato. La marna è stata impiegata come carica in
casi particolari, benché, naturalmente, non si possa pensare di fabbricare una carta
bianca, impiegandone elevati quantitativi, perché in essa sono normalmente presenti
materiali terrosi.
2.2.2 FANGHI DI CALCE
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Le sostanze di carica
Il fango di calce è il prodotto di scarto della caustificazione del carbonato di sodio
negli impianti per la produzione di cellulosa kraft. Tempo addietro si doveva affrontare il problema di eliminare detti fanghi, ma ora essi vengono normalmente convertiti in
calce per mezzo della combustione e di nuovo impiegati nella caustificazione a meno
che non siano trattati per renderli idonei a servire da carica o da pigmenti. Questi fanghi non vengono prodotti con il preciso scopo di impiegarli come carica, ma vengono
utilizzati perché sono presenti in cartiera come prodotto di scarto ottenuto durante la
fabbricazione di soda caustica o nella caustificazione dei liscivi alla soda. I fanghi devono sedimentare rapidamente per favorire la separazione del liscivio caustificato e
quindi sono costituiti da particelle con grandi dimensioni; inoltre essi contengono, generalmente, un eccesso di idrossido di calcio normalmente detto «calce libera» e sali di
sodio. Frequentemente hanno colore scuro causato sia dalle impurità presenti nel liscivio di cottura, che sedimentano con il fango, sia dal colore originale della calce che
viene scelta in base al potere caustificante e non in base al colore.
Sono stati studiati molti sistemi per utilizzare i fanghi di calce come carica e molte cartiere esistenti a fianco di fabbriche di cellulosa alla soda e che producono carta caricata
per periodici e per edizioni hanno sviluppato questi studi, incoraggiate dalla presenza,
in stabilimento, di detti fanghi che oltre ad avere un costo nullo, presentavano dei problemi per lo scarico. La calce libera veniva neutralizzata o resa insolubile con anidride
carbonica o gas al camino, acidi o sali. La sabbia veniva eliminata con vagliatura e le
particelle grosse venivano macinate. In qualche caso si migliorava il colore con la
sbianca ad esempio con ipoclorito.
I fanghi così preparati servono come carica di qualità dipendente dal trattamento di purificazione subito e, anche se non danno risultati paragonabili a quelli ottenuti con le
cariche a base di carbonato, in alcuni casi sono stati considerati soddisfacenti.
Sono stati presi in considerazione come carica altri sotto-prodotti industriali costituiti
principalmente da carbonato di calcio. Fra i più importanti sono: il fango che si ottiene
dalla separazione della magnesia dalla dolomite con il processo Pattinson od altri, i
fanghi provenienti dagli impianti di depurazione dell’acqua, quelli di reazioni chimiche organiche e le conchiglie di ostriche. Alcuni di essi hanno un grado di bianco notevolmente basso tuttavia sono stati ugualmente impiegati come carica dopo trattamenti che li hanno resi idonei all’impiego in determinati tipi di carta.
8
Le sostanze di carica
2.2.3 PROCESSO DI CAUSTIFICAZIONE
Con questo processo si può ottenere un’ottima carica, se esso viene condotto tenendo presente questo scopo, senza effetti sfavorevoli per la concentrazione ed il grado di
caustificazione del liscivio caustificato prodotto parallelamente. La calce dovrebbe avere un bel colore bianco e dovrebbe, preferibilmente, essere spenta a caldo lasciando
un piccolissimo residuo non disciolto. Si possono trovare molte qualità di calce provenienti da diverse formazioni geologiche e non è necessario sacrificare il potere caustificante per avere buone caratteristiche come carica. Esistono dei metodi standard per
determinare la reattività chimica della calce ad alto tenore di calcio, ma non sono stabiliti in funzione di questo impiego dei fanghi e quindi consigliamo di riprodurre in
laboratorio il processo e di esaminare direttamente la carica ed il liscivio caustico ottenuti.
Con un controllo accurato della dissoluzione della calce e delle condizioni di caustificazione, quali la concentrazione, la temperatura ed il grado di agitazione, si può
produrre una carica con particelle aventi le dimensioni desiderate. Per esempio, spegnendo la calce in acqua ad alta concentrazione, alta temperatura e con agitazione rapida e quindi effettuando la caustificazione ad alta concentrazione, bassa temperatura e
rapida agitazione si produce una carica con particelle fini, di buon potere opacizzante e
che permette una buona assorbenza all’inchiostro del foglio con essa fabbricato. I liscivi contenenti il carbonato di sodio, o il liscivio verde dovrebbero essere filtrati o
chiarificati per rimuovere la cenere nera, i sedimenti ed i residui analoghi. Quando si
impiegano particolari liscivi verdi (dalla fabbricazione di cellulosa kraft) si devono eliminare, prima dell’impiego, le impurità in sospensione oppure si deve migliorare il
colore con un imbianchimento. Il carbonato di calcio deve essere separato con la filtrazione perché questi precipitati sedimentano lentamente; si esegue quindi un lavaggio
per separare l’alcali e si filtra per rimuovere le particelle con grandi dimensioni.
2.2.4 PROCESSO DI CARBONATAZIONE
Il carbonato di calcio può anche essere prodotto con la carbonatazione della calce
spenta. La calce dovrebbe essere della stessa qualità di quella consigliata per il processo di caustificazione e cioè il colore dovrebbe essere bianco e la dissoluzione dovrebbe
essere completa, lasciando un quantitativo minimo di materiali non disciolti e di sabbia. Lo spegnimento dovrebbe avvenire, di preferenza, a caldo, ad alta concentrazione
e con agitazione efficiente. Il gas al camino (o altra sorgente di anidride carbonica)
dovrebbe essere lavato accuratamente per eliminare le ceneri trasportate.
Si possono impiegare vari metodi per portare la calce idrata a contatto con l’anidride
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Le sostanze di carica
carbonica. La dimensione delle particelle viene regolata scegliendo opportunamente le
caratteristiche dell’operazione. Ad esempio, una bassa concentrazione della calce, una
bassa temperatura di carbonatazione, una elevata concentrazione di anidride carbonica
nel gas impiegato e una rapida agitazione facilitano la produzione di particelle con
piccole dimensioni. Per determinati impieghi della carica, quali ad esempio per carta
da sigarette che richiede un precipitato con particelle relativamente grandi, si deve avere una più alta concentrazione della calce ed una temperatura di carbonatazione più
elevata.
2.2.5 PRECIPITAZIONE DEL CLORURO DI CALCIO
Il carbonato di calcio viene precipitato con una reazione di scambio di un sale di
calcio solubile con un carbonato solubile; la dimensione delle particelle dipende dalle
condizioni in cui avviene la reazione. Viene usato il cloruro di calcio con carbonato di
soda o con soda caustica ed anidride carbonica. In taluni casi il prodotto può anche essere macinato.
2.2.6 MATERIALI DI CARICA A BASE DI CARBONATI
CONTENENTI MAGNESIA
Importanza preminente fra i materiali di carica a base di carbonati hanno quelli
preparati con calce dolomitica per mezzo di caustificazione o carbonatazione. Benché
la vera calce dolomitica abbia un contenuto di ossido di magnesio equimolecolare con
il contenuto di ossido di calcio, si trovano tuttavia delle calci con basso contenuto di
ossido di magnesio che rispondono ottimamente ai nostri scopi.
La calce contenente un certo quantitativo di magnesia non viene mai usata per la
caustificazione a meno che non si desideri produrre una carica od un pigmento insieme
al liscivio caustificato, perché la presenza di magnesia evita la sedimentazione del precipitato nelle normali apparecchiature per la caustificazione ed, in tal modo, impedisce
la separazione del liscivio per decantazione.
Quando si impiega calce dolomitica per la caustificazione bisogna avere ben presente che l’ossido di magnesio non caustifica e quindi bisogna impiegare un quantitativo di calce tale da fornire sufficiente ossido di calcio per la reazione con il carbonato
di sodio. L’ossido di calcio si trasforma in carbonato di calcio e l’ossido di magnesio
in idrossido di magnesio e quindi il pigmento ottenuto ha la seguente composizione:
circa 65% di carbonato di calcio e circa 35% di idrossido di magnesio. Esso decanta
lentamente e quindi deve essere separato con filtrazione. L’esatto controllo delle con-
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Le sostanze di carica
dizioni di caustificazione assicura la produzione di una carica con particelle aventi le
dimensioni medie richieste. Quando si impiegano determinati tipi di liscivio verde, si
ottiene una carica più bianca con calce dolomitica che con calce di elevata purezza,
senza eseguire la separazione delle impurità e senza fare la sbianca finale.
Quando si impiega calce dolomitica nella carbonatazione si produce un pigmento
contenente, oltre al carbonato di calcio, anche idrossido di magnesio o carbonato di
magnesio, a seconda delle condizioni nelle quali è avvenuta la reazione. In questo caso, contrariamente a quanto avviene nella carbonatazione di calce di elevata purezza,
conviene lavorare ad alta temperatura, anziché a bassa temperatura, durante la carbonatazione, per ottenere piccole particelle. Le 3 figure indicano le forma nelle quali si
può presentare un carbonato di calcio.
Chalk
Limestone
Marble
2.3 PROPRIETÀ CHIMICHE
La composizione chimica dei materiali di carica a base di carbonati è molto semplice. In molti tipi di carbonato di calcio è presente un piccolo quantitativo di magnesio
isomorfo con il calcio. In certi altri tipi di carbonati, i composti di magnesio sono presenti in quantitativi notevoli come, ad esempio, il carbonato di calcio-idrossido di magnesio che contiene circa il 35% di idrossido di magnesio ed il carbonato di calciocarbonato basico di magnesio che contiene circa il 48% di carbonato basico di magnesio. Impurità quali la silice, il ferro, l’allumina, il manganese ed altre, possono essere
presenti in piccolissime quantità in ogni carbonato, a seconda della provenienza e del
metodo di preparazione.
Queste cariche sono praticamente insolubili in acqua, ma danno una reazione alcalina
11
Le sostanze di carica
originata dalla idrolisi e l’alcalinità aumenta, talvolta, per le tracce di impurità: normalmente l’idrossido di calcio o il carbonato di sodio assorbito. Il pH di una dispersione in acqua è superiore a 7,0 e può raggiungere il valore di 11,0.
Essi non sono igroscopici e non contengono acqua di cristallizzazione. Essi non
hanno acqua di composizione se si eccettuano quelli contenenti idrossido di magnesio
o carbonato basico di magnesio.
I carbonati sono attaccati da tutti gli acidi, dall’allume e dai precipitati acidi di collanti e quindi liberano anidride carbonica formando i sali corrispondenti. Se sono presenti sostanze acide in quantità stechiometricamente equivalente o in eccesso, tutti i
carbonati vengono distrutti, se si lascia il tempo sufficiente perché avvenga la reazione. Non è possibile la coesistenza dei carbonati in ambiente acido per un certo periodo
di tempo, a meno che non si sostituisca continuamente l’acido esaurito o non si operi
nelle condizioni particolari che verranno discusse più sotto a proposito della fabbricazione della carta.
Questa attitudine a reagire con i materiali acidi contenuti nell’impasto ha causato le
maggiori difficoltà per l’impiego di carbonati come carica. L’allume è sempre stato il
maggiore aiuto del cartaio, non solo come precipitante della colla di resina ma come
elemento regolatore della schiuma, delle macchie di resina e della ritenzione della carica. Quando è presente nell’impasto un carbonato per i seguenti motivi: aggiunta diretta, acque bianche o recuperi di acque bianche provenienti da altre macchine che lavorano impasti contenenti carbonati, fogliacci o rifili di carte caricate con carbonati,
oppure cartaccia, si nota la sua presenza perché riduce o, in alcuni casi, elimina i benefici effetti dell’allume. Ne risulta una diminuzione della collatura, una schiuma persistente ed una variazione del colore della carta. Nella carta da giornale e nella carta da
cataloghi, che contengono quantità considerevoli di cellulosa greggia al bisolfito questo spostamento del pH verso il lato alcalino provoca il galleggiamento delle macchie
di resina sul foglio mentre esso è ancora sulla tela e quindi ne derivano spelature del
foglio, particolarmente sulla prima pressa, e di quando in quando, sulla liscia. Parleremo più avanti dei procedimenti per diminuire od eliminare gli inconvenienti suddetti.
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Le sostanze di carica
2.4 PROPRIETÀ FISICHE
2.4.1 COLORE
Una delle proprietà fisiche più desiderate per un carbonato di calcio è un buon colore bianco ed è anche il motivo fondamentale che ne favorisce l’impiego. Esso è il
materiale di carica più bianco con un prezzo paragonabile a quello del caolino. Il carbonato di calcio chimicamente puro è un materiale bianchissimo come l’idrossido di
magnesio od il carbonato basico (che possono essere presenti) e quindi gli elementi
che fanno diminuire il grado di bianco sono le impurità quali le tracce di ferro e di
manganese provenienti dalla calce utilizzata, le particelle nere o le sostanze organiche
contenute nei liscivi di cellulose a processo alcalino, la cenere e la polvere contenute
nel gas, i residui precipitati provenienti dall’acqua o dal vapore usati nel procedimento
oppure i materiali naturalmente associati, come avviene per il calcare macinato. Il grado di bianco, all’esame visivo, è normalmente superiore a quello del caolino, particolarmente verso il lato azzurro dello spettro. Il valore del grado di bianco varia da 95 a
99, secondo il TAPPI Tentative Standard T. 646 m-54.
2.4.2 DIMENSIONE DELLE PARTICELLE
La dimensione delle particelle del carbonato ha una notevole influenza sulla ritenzione, sulla speratura, sulla finitura, sull’opacità e sulla stampabilità della carta. Entro
certi limiti, con qualsiasi tipo di carbonato di calcio, tanto più piccole sono le dimensioni delle particelle, tanto minore è la ritenzione, e tanto maggiori sono: la tendenza
alla formazione del doppio viso, la finitura, l’opacità e la ricettività per l’inchiostro da
stampa. I carbonati con particelle relativamente grandi possono essere impiegati in determinati tipi di carta, quali ad esempio la carta da sigarette, per ottenere la richiesta
porosità ed una combustione appropriata, e nella carta da giornale, per ottenere condizioni di lavoro migliori di quelle ottenibili con carbonati a particelle fini.
La misura della dimensione delle particelle con l’analisi al setaccio non è molto significativa. Ad esempio, una tela da 325 mesh, che è praticamente la più fine impiegata, ha una luce di maglie di 44 micron e quindi le particelle di carica che passano appena attraverso ad essa sono troppo grandi per essere impiegate con buon risultato. In
linea generale, i vari carbonati impiegati come carica, hanno particelle con dimensioni
variabili da 0,3 a 20 micron. La misura della dimensione delle particelle può essere fatta bene con il microscopio ottico o con il microscopio elettronico.
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Le sostanze di carica
Si preferisce, normalmente, impiegare un carbonato con dimensione delle particelle
il più uniforme possibile; benché la determinazione della dimensione media delle particelle sia sufficiente, talvolta interessa conoscere il campo entro il quale variano le
dimensioni delle particelle e il riferimento bibliografico offre parecchi esempi di simili
determinazioni.
Il peso specifico dei carbonati varia da 2,6 a 2,8. Si può prendere come termine di
confronto per la misura della dimensione delle particelle la prova di sedimentazione di
un peso determinato di un campione di carbonato in sospensione acquosa. Il volume
finale del materiale decantato è tanto maggiore, quanto minore è la dimensione delle
particelle. Nella prova di sedimentazione, il volume dei solidi decantati viene letto dopo un determinato periodo di tempo sia durante il periodo di sedimentazione, sia dopo
che la sedimentazione si è completata; il risultato viene confrontato con quello di altri
campioni per i quali è conosciuto il comportamento in fabbricazione. Vi sono parecchi
modi di eseguire la prova di sedimentazione secondo la dimensione del campione, il
volume della sospensione ed il tempo di decantazione.
Il carbonato di calcio usato come carica si presenta normalmente nella forma cristallina conosciuta col nome di calcite (classe romboedrica del sistema esagonale). Le
altre forme cristalline del carbonato di calcio, ad esempio l’aragonite, non sono impiegate, normalmente, come sostanze di carica. Nella forma rombica normale il cristallo
di carbonato di calcio può essere descritto come un cubo od un parallelepipedo retto se
si eccettua che lo spigolo superiore forma un angolo di 75° con lo spigolo inferiore,
anziché un angolo di 90°.
La forma cristallina può variare a causa di sdoppiamenti, fratture o distorsioni e
quindi essa può assumere molti aspetti. Sono state descritte 2544 forme cristalline della calcite.
2.4.3 DUREZZA ED ABRASIVITÀ
La durezza è di circa tre nella scala di Mohs. La relativa abrasività dei diversi carbonati dipende dalla loro origine e dal metodo di preparazione. Le cariche più grossolane preparate con pietra calcarea macinata, possono contenere particelle con spigoli
acuti che sono molto abrasive e provocano un consumo notevole di tele, casse aspiranti, coltelli raschiatori e matrici da stampa. I carbonati di calcio precipitati non hanno la
struttura compatta delle pietre calcaree e quindi sono meno abrasivi e non causano
consumi sensibili alle apparecchiature per la fabbricazione della carta e per la stampa.
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Le sostanze di carica
2.4.4 ASSORBIMENTO DELL’OLIO
La stampabilità delle carte caricate con carbonati dipende dal loro assorbimento
dell’olio e quindi si dovrebbe usare un tipo che assorba bene l’olio, per la stampa veloce con inchiostri a base olio. Dalle prove eseguite con il metodo del rub-out risulta che
i carbonati naturali hanno un potere assorbente per l’olio che sta in un campo da 9 a 16
mentre i carbonati di calcio precipitati stanno in un campo da 30 a 65, e questo dato è
conseguente al fatto che i carbonati naturali hanno una struttura compatta, mentre i
precipitati sono molto porosi. Per taluni tipi di carta l’assorbimento dell’olio da parte
dei carbonati precipitati è eccessivo e quindi bisogna ricorrere a tipi intermedi o ridurre l’assorbimento con particolari procedimenti.
2.4.5 INDICE DI RIFRAZIONE E POTERE OPACIZZANTE
La calcite, che è il principale minerale costituente i materiali di carica carbonati, è
birifrangente con indici di rifrazione 1,658 e 1,486. Essa ha un potere opacizzante superiore a quello del caolino, se usata in uguale quantità, particolarmente in carte calandrate; non può tuttavia sostituire i pigmenti di titanio o di zinco che danno una opacità
decisamente superiore. Bisogna impiegare grandi quantitativi di carbonato per realizzare l’opacità che si ottiene con quantitativi molto minori di pigmenti di titanio o di
zinco.
2.4.6 DISPERSIONE IN ACQUA
La maggior parte dei materiali di carica carbonati si disperde facilmente in acqua,
qualunque sia stato il metodo di essiccamento. Tuttavia i carbonati precipitati molto
fini che si contraggono durante l’essiccamento, si disperdono con difficoltà e quindi
vengono normalmente conservati in pasta; essi vengono impiegati normalmente in patinatura ed eccezionalmente come carica. Normalmente non si impiegano agenti disperdenti per preparare sospensioni uniformi. Nella maggior parte dei casi, nelle cartiere che producono da se il carbonato, si impiega una soluzione di circa tre libbre per
gallone (circa 350 gr/litro) e la si pompa direttamente al punto di impiego. Per talune
cariche a base di carbonati con particelle molto fini questo valore è un po’elevato e si
diluisce a circa due libbre per gallone (circa 240 gr/litro). Sono state pubblicate le tabelle delle costanti delle sospensioni in acqua dei materiali di carica carbonati.
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Le sostanze di carica
2.5 COSTI
Le cartiere che producono cellulosa alcalina hanno la possibilità di farsi il carbonato di calcio con il processo di caustificazione. Le altre cartiere possono usare il procedimento di carbonatazione. Il costo per tonnellata della carica così prodotta in cartiera
o nelle adiacenze, è inferiore al prezzo di acquisto del caolino più economico.
Quando si impiega il processo di caustificazione si calcola normalmente il costo
come differenza in più rispetto al costo di fabbricazione di un quantitativo corrispondente di liscivo caustificato, senza produrre parallelamente la carica. Se si eccettuano i
casi in cui si effettua la combustione del liscivio e si considera il valore della calce dopo la combustione, non si incontrano spese per la materia prima perché il carbonato di
soda viene fornito dal liscivio. Quando il carbonato viene prodotto trattando la calce
con anidride carbonica bisogna considerare il costo della calce (perché non si utilizza
il suo potere caustificante) ed il costo di purificazione del gas. In tal modo il costo del
carbonato prodotto con il processo di carbonatazione è alquanto superiore a quello ottenuto con il processo di caustificazione. Dobbiamo ricordare che il costo del carbonato è basso soltanto se lo si impiega nello stabilimento che lo produce; se lo si produce
per venderlo bisogna aggiungere altri costi quali: l’essiccamento, l’imballo, il trasporto, l’organizzazione di vendita ed un normale guadagno per la società. I carbonati naturali macinati possono essere acquistati a prezzi variabili da $. 8 a $. 30 per tonn.,
mentre il prezzo dei carbonati precipitati varia da $. 50 a $. 100 per tonn.
Altri vantaggi fondamentali derivanti dalla produzione di carbonato di calcio in cartiera sono la possibilità di produrre tipi adatti alle proprie esigenze e la facilità del rifornimento.
Nella maggior parte dei casi non è economica la produzione in cartiera di quantitativi inferiori alle 5 tonn. al giorno. Si calcola che negli Stati Uniti le cartiere producano
per uso proprio circa 250÷300 tonn.-giorno di carbonato di calcio; in Canada detto valore è di circa 50 tonn-giorno.
2.6 FABBRICAZIONE DELLA CARTA CARICATA
CON CARBONATO
Per meglio comprendere la tecnica moderna di fabbricazione delle carte caricate
con carbonato è bene rifare brevemente la storia del suo sviluppo.
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Le sostanze di carica
Si impiegò il carbonato, come sostanza di carica, dapprima per carte sottili non collate quali la carta bibbia e la carta da sigarette. Queste carte erano tutte fabbricate con
pasta-straccio ben ingrassata, su macchine continue a bassa velocità. I carbonati davano alla carta un buon colore bianco una notevole opacità, un buon assorbimento
dell’inchiostro da stampa ed, inoltre, una buona combustione, come viene richiesta per
la carta da sigarette.
Quando si tentò di impiegare il carbonato di calcio in altri tipi di carta fabbricati
con cellulosa e pastalegno su macchine veloci, si incontrarono due problemi fondamentali: la formazione di schiuma ed una diminuzione del grado di collatura. La possibilità di avere a disposizione, in stabilimento, notevoli quantitativi di carbonato ottenuto come sotto-prodotto nella fabbricazione di cellulosa alla soda servì da incitamento ad intensificarne l’impiego anche per carta da edizioni e da riviste. Molte prove
vennero eseguite senza successo.
Si diceva che la collatura non è necessaria per certe carte da edizione e da riviste
tuttavia, lasciando da parte la collatura, le carte caricate con carbonati creavano seri
fastidi in fabbricazione, a causa della schiuma prodotta.
I vari problemi incontrati con i carbonati vengono discussi separatamente, con i
metodi più efficienti per risolverli; dalle descrizioni dei brevetti si possono ricavare
dati dettagliati.
2.6.1 SCHIUMA
Quando si usa il caolino nella fabbricazione della normale carta da riviste, non collata, si forma talvolta un po’di schiuma che viene abbattuta con il cherosene oppure
con spruzzi d’acqua sistemati prima dell’ingresso della pasta sulla tela e cioè sui sabbieri, sugli epuratori e con getti di vapore sistemati trasversalmente alla tela e nel punto di contatto fra tela e ballerino. Quando si impiega il carbonato tutti questi sistemi
non sono sufficienti per eliminare la schiuma che è persistente e invade i sabbieri e gli
epuatori in quantità tale da rovesciarsi sul pavimento. La schiuma si elimina soltanto
dopo che il foglio è formato e quindi restano, le macchie sulla carta. Guardando il foglio in trasparenza, si notano non solo gli schiumini ed i crateri lasciati dalle bolle, ma
anche tracce di schiuma a forma di catena originate da serie di bolle che formano anelli intorno al ballerino. Con pasta straccio non si formava schiuma, ma con cellulosa e
pasta legno e particolarmente con cartaccia disinchiostrata il problema era sempre più
o meno presente.
La schiuma non era prodotta dall’azione effervescente del carbonato o dalla presenza di allume o sostanze acide perché essa si formava anche in ambiente non acido;
17
Le sostanze di carica
essa era prodotta dal carbonato che flottava alla superficie dell’impasto, raccogliendosi
alla interfacce acqua-aria, particolarmente nella pasta diluita prima della cassa
d’afflusso. Le bolle d’aria mescolate alla pasta non potevano liberarsi perché le superfici delle bolle erano rese stabili dall’azione del carbonato. Se si fosse potuto allontanare il carbonato dalla interfacce le bolle avrebbero potuto essere abbattute con gli
spruzzi normali.
Si cercò quindi, fra quelli accessibili ai cartai, un materiale adatto a coagulare il
carbonato e ad allontanarlo dalla interfacce e si trovò che bastava aggiungere
all’impasto una piccola percentuale di amido cotto non modificato. In un primo tempo
si preferì la fecola di patate perché pareva che avesse un’azione più efficiente ma in
seguito si preferirono gli amidi di granoturco e tapioca che hanno prezzi inferiori.
Le cartiere erano restie ad impiegare impasti caricati con carbonati, perché avevano
presenti i disturbi causati dai carbonati, che, in precedenza, per vari motivi, si erano
trovati nell’impasto.
Si fecero tuttavia molte esperienze di laboratorio, in apparecchi studiati appositamente, per esaminare le schiume prodotte dai carbonati e per determinare il quantitativo di amido necessario per eliminare dette schiume. Si constatò che l’effetto
dell’amido era specifico: esso trasformava le bolle rivestite da carbonati in bolle limpide che si rompono istantaneamente.
In seguito a questi risultati favorevoli delle esperienze di laboratorio si fecero molte
prove in macchina già nel 1920. Si fabbricarono carte per riviste con eccellente grado
di bianco, opacità, attitudine alla stampa ad alta velocità e senza macchie di schiuma,
usando impasti costituiti da cellulose alla soda ed al bisolfito e da cartaccia disinchiostrata. Venne costruito un impianto per produrre carbonati, con il processo di caustificazione, da impiegare come carica per le carte suddette in una grande cartiera e nel settembre del 1927 si iniziò la produzione, in scala commerciale, della carta caricata con
carbonato. Dopo questa realizzazione molte altre cartiere si misero a fabbricare carte
da riviste e da edizioni caricate con carbonati ed il loro quantitativo superò quello delle
carte caricate con caolino.
2.6.2 COLLATURA
Il metodo normalmente impiegato per la collatura di carte caricate con caolino consiste nell’immettere il caolino, la colla di resina, l’allume e tutti gli altri elementi
dell’impasto direttamente nel pulper. Con questo metodo non si possono produrre carte
collate, se si impiega il carbonato di calcio in sostituzione del caolino o quando il carbonato è presente nell’impasto per altri motivi perché, come è già stato detto, si di-
18
Le sostanze di carica
strugge l’ambiente acido necessario per effettuare la collatura. Si è quindi messo a
punto il seguente metodo per la collatura di carte caricate con carbonati che presuppone l’impiego di:
• colle a base di cere, che praticamente non sono influenzate da un ambiente alcalino;
• dispersioni anziché soluzioni di resina;
• modalità tendenti a ridurre al minimo la reattività dei materiali alcalini ed acidi
presenti nell’impasto;
• rivestimenti protettivi dei carbonati;
• sali di rame usati come precipitanti della colla;
• agenti collanti disciolti in solventi organici;
• agenti e procedimenti svariati di collatura.
2.6.3 TECNICA DELLA DIMINUZIONE DEI TEMPI DI CONTATTO
PER CARTE NON COLLATE
Quando si fabbricano carte non collate caricate con carbonati è desiderabile creare
e mantenere un’acidità transitoria nell’impasto per ottenerne i benefici effetti sulla ritenzione della carica e sulle caratteristiche superficiali della carta. In tal modo, per esempio, con l’erogazione separata in continuo del carbonato e dell’allume alla vasca di
mescolazione oppure immettendo l’uno in detto punto del ciclo e l’altro all’uscita degli
epuratori, si possono ottenere una più alta ritenzione e migliori condizioni di funzionamento per quanto riguarda la formazione di schiuma e la tendenza del foglio ad aderire alle presse.
Si possono aggiungere altri materiali per ottenere effetti particolari, quali il silicato
di sodio e l’alluminato di sodio, e si può aumentarne la ritenzione aggiungendoli
all’impasto diluito. Esistono molte combinazioni e variazioni possibili nell’aggiunta
dei vari ingredienti.
2.6.4 DOPPIO VISO
I vantaggi che si ottengono con i carbonati sia per il loro basso costo, sia per
l’ottima qualità di carta che si può con essi produrre, ha portato ad aumentare il quantitativo di carbonato impiegato e pertanto si fabbricano regolarmente carte con più del
28% di carica. Con elevati quantitativi di carica si verifica un marcato doppio viso.
Tutte le carte caricate hanno sul lato tela quantitativi minori di carica, per effetto delle
casse aspiranti e del cilindro aspirante. Siccome il carbonato e la materia fibrosa hanno
19
Le sostanze di carica
grado di bianco molto diverso, il doppio viso è molto evidente. Se la carta viene calandrata si deve impiegare più vapore da un lato per equalizzare, nel limite del possibile,
l’aspetto delle due facce.
In linea generale si impiega un quantitativo di carica tale da conservare il doppio
viso entro limiti tollerabili a seconda del tipo di carta da produrre e del grado di bianco
della materia fibrosa. Si può applicare un quantitativo maggiore di carica sul lato tela
per avere un bianco ed un aspetto uguale su ambo i lati del foglio. Un metodo di questo genere che ha incontrato un notevole successo è il «Paraprint process» con il quale
si applica il carbonato, in soluzione alquanto diluita, attraverso la tela in corrispondenza dei rulli guidatela in modo da «rivestire» il lato tela del foglio. Talvolta il carbonato
è legato ad un adesivo, ad esempio amido modificato, e l’applicazione viene fatta in
altri punti della parte umida.
2.6.5 GRUMI
Tempo addietro, quando si fabbricava carta non collata caricata con carbonati, si
incontravano notevoli difficoltà per le rotture causate da grumi presenti nell’impasto.
La pasta si fermava sulla stecca della cassa d’afflusso e si staccava di quando in quando sotto forma di grumi che cadevano sulla tela formando nel foglio dei punti di inizio
di rotture che si verificavano in seccheria od in liscia. Talvolta dette rotture erano molto frequenti.
Vennero analizzati i campioni dei fogliacci nei punti di inizio della rottura e si trovò che detti grumi contenevano alte concentrazioni di caseina. Questa caseina era dovuta ai rifili e fogliacci di carta patinata che erano stati immessi nell’impasto senza lavaggio e che erano stati parzialmente disciolti e resi appiccicosi dalla reazione alcalina
dell’impasto. Essi costituivano dei punti di agglomerazione della carica e delle fibre in
piccoli grumi. Questi grumi, galleggiando sull’impasto, si fermavano sotto la stecca
della cassa d’afflusso; quando avevano raggiunto dimensioni sufficienti, si staccavano
ed erano trascinati nel foglio.
Si possono eliminare detti inconvenienti evitando di miscelare fogliacci di carte patinate con impasti non collati caricati con carbonati ed impiegandoli esclusivamente in
impasti collati caricati con caolino o con carbonati, nei quali la caseina non viene
sciolta.
2.6.6 FOGLIACCI DI CARTE PATINATE CON CARBONATI
I disturbi descritti nel problema dei grumi si incontrano con tutti i tipi di fogliacci
patinati contenenti caseina. Se anche la patina contiene carbonati ed i fogliacci devono
20
Le sostanze di carica
essere impiegati in impasti che siano privi di carbonati, è meglio eseguire un lavaggio
per asportare la patina prima di impiegarli. I fogliacci possono essere spappolati, imbevuti con acqua calda e lavati con il tamburo lavatore fino a che l’acqua scaricata non
sia limpida. In qualche caso i fogliacci patinati sono vaporizzati e spappolati in una
grande tina munita di agitatore e quindi lavati in un filtro. Si possono aggiungere dei
reagenti alcalini durante il lavaggio o la cottura per ammorbidire la patina. Quando lo
stabilimento possiede un impianto per la disinchiostrazione, i fogliacci vengono trattati
assieme alla cartaccia oppure vengono mescolati ad essa prima del lavaggio finale.
Si sconsiglia l’impiego di acido solforico od allume per sciogliere le patine con
carbonati, perché la pasta si impregna di piccole bolle di anidride carbonica che si attaccano tenacemente alle fibre, sono difficili da eliminare e possono creare dei disturbi
in macchina.
I fogliacci patinati con carbonati possono essere impiegati senza trattamenti preventivi, negli impasti collati, caricati con carbonati, usando i procedimenti di collatura
indicati nella ricerca.
2.6.7 MACCHIE DI RESINA
L’impiego di carbonati come carica di carte contenenti cellulosa al bisolfito, quale
la carte da giornale, obbliga a lavorare in ambiente alcalino e provoca la formazione di
macchie di resina che galleggiano alla superficie del foglio sulla tela. Detta resina si
incolla sul cilindro della prima pressa facendo aderire ad esso il foglio e provocando
rotture. Quando i grumi di resina sono piccoli essi passano avanti col foglio, aderiscono ai cilindri della liscia e fanno spelare la carta. Si può rimediare bene immettendo in
continuo un piccolissimo quantitativo di un distillato di petrolio leggero nella pompa
di mandata in macchina o in un punto vicino. Il quantitativo normalmente impiegato è
di mezzo gallone (circa 1,89 litri) per tonn. di carta; in taluni casi è sufficiente aggiungere nello stesso punto una soluzione di allume a circa una libbra per gallone (circa
120 gr/litro) con un rapporto di 20 libbre (circa 9 kg.) per tonn. di carta.
2.6.8 POLVERE
Normalmente si considera che la formazione di polvere sia dovuta alla separazione
di un eccesso di carica che non si è legata al foglio. Si rimedia riducendo il quantitativo di carica nell’impasto o aggiungendo amido o silicato di sodio allo scopo di trattenere nel foglio un maggior quantitativo di materie di carica. La formazione di polvere
che noi esaminiamo in questo capitolo è quella che avviene nella carta da giornale contenente carbonati. Essa si manifesta alle liscie, all’arrotolatore, alle bobinatrici ed alle
21
Le sostanze di carica
taglierine. Talvolta il quantitativo è così abbondante da formare nubi di polvere nella
parte secca della macchina. Questo fatto non è causato da eccesso di carica perché avviene anche quando si impiega soltanto il 5-6 % di carbonato.
L’analisi della polvere dimostra che il contenuto di carbonato è praticamente uguale alla percentuale contenuta nell’impasto e quindi non si tratta solamente di separazione di sostanza di carica. La spiegazione più attendibile è che il carbonato diminuisce la feltrazione delle fibre, particolarmente di quelle di pastalegno, alla superficie del
foglio e quindi nel primo punto in cui la carta secca è costretta a fare un brusco piegamento, ad es. alla liscia od alla barra curva prima dell’arrotolatore, le fibre non legate
si separano. L’elevata velocità di funzionamento delle lisce delle macchine per carta
da giornale e dei riarrotolatori, è sufficiente per soffiare via i materiali separati in superficie formando la polvere.
Si è constatato che l’impiego di carbonati con particelle molto fini favorisce la formazione di polvere e, viceversa, si ha pochissima polvere quando si usano carbonati
con particelle più grandi; tuttavia non si può risolvere facilmente il problema usando
carbonati con particelle più grandi, circa 10 micron, perché la opacità e la ricettività
per l’inchiostro da stampa della carta così prodotta non sono così buone come quelle
ottenute con particelle fini di carbonati.
2.6.9 METODI PER L’AGGIUNTA DEI MATERIALI
DI CARICA A BASE CARBONATI
Tempo addietro, per la fabbricazione di carta bibbia caricata con carbonati, era pratica comune precipitare il carbonato di calcio direttamente sulle fibre impiegando carbonati e sali di calcio solubili, come ad es. cloruro di calcio e carbonato di sodio. Questo metodo è complicato e non viene più impiegato su larga scala; è stato talvolta ripreso in considerazione nella pratica cartaria moderna ma non è raccomandabile perché non migliora la ritenzione e non porta alcun altro vantaggio.
Per carte fabbricate con stracci o materiali analoghi, il carbonato può essere immesso direttamente nel pulper e l’impasto può restare alcalino senza creare nessuna difficoltà. Per le altre carte il carbonato viene preferibilmente aggiunto cercando di diminuire il tempo di reazione. Sono state impiegate per molti anni concentrazioni di 2 o 3
libbre per gallone (240 a 360 gr/litro) sia per l’aggiunta in preparazione impasti, sia
per l’aggiunta in altri punti del ciclo.
Il quantitativo di carbonato immesso nell’impasto sotto forma di sospensione deve
essere calcolato in base alla percentuale di carica che si desidera avere ed al quantitati-
22
Le sostanze di carica
vo di carta prodotto ogni ora, che a sua volta è funzione della larghezza, velocità e
grammatura.
Il quantitativo deve essere regolato non appena si sono determinate le ceneri e dopo
che il ciclo delle acque bianche si è messo a regime, particolarmente quando
l’avviamento è fatto con acqua fresca. Quanto sopra è necessario solo quando si produce un nuovo tipo di carta. Appena si sono messe a punto le condizioni di fabbricazione, si hanno a disposizione tutti i dati relativi all’esatto quantitativo di carica da aggiungere ed è quindi facile ripeterne la produzione.
La carica può essere applicata direttamente alla superficie del foglio sulla tela. Una
speciale apparecchiatura conosciuta come «Fair pan» si è dimostrata efficiente per
l’applicazione di materiali di carica carbonati in sospensione diluita sul foglio in formazione; tuttavia nelle carte da giornale, per quantitativi di carica molto superiori al
4% vi è la tendenza alla formazione del doppio viso e di striature perché la carica non
penetra sufficientemente nel foglio. Con questo metodo si ha anche un aumento della
formazione di polvere quando si fabbrica carta da giornale.
I vantaggi di questo sistema consistono nel non avere carbonati in circolazione
prima della tela, eccettuato il quantitativo contenuto nelle acque di ritorno e nei fogliacci e, se il punto di applicazione è immediatamente precedente al ballerino, quello
di avere una ritenzione fino all’88%.
2.6.10 RITENZIONE E CONTENUTO DI CARICA
La ritenzione del carbonato sembra essere leggermente superiore a quella del caolino, forse in conseguenza dell’effetto flocculante provocato nell’impasto dall’amido,
che è ora quasi dappertutto impiegato con il carbonato, o dall’allume, impiegato in
modo da ridurre al minimo possibile il tempo di contatto. Il sistema delle acque bianche è troppo diverso da macchina a macchina per potere fornire dei dati generali sulla
ritenzione dei diversi impasti.
La maggior parte delle macchine ha ora dei sistemi a ciclo chiuso e quindi praticamente tutta la carica va a finire nella carta.
In linea generale i carbonati con particelle grandi vengono trattenuti dal foglio meglio che i carbonati con particelle piccole come già abbiamo detto.
Nelle carte a bassa grammatura vi è il pericolo che compaiano dei punti di spillo se
le particelle sono troppo grandi e se la pasta non è ben lavorata.
L’aggiunta di carica sul foglio in formazione in vari punti, a partire dal capotela fino al ballerino, aumenta la ritenzione quanto più ci si avvicina al ballerino, sia perché
si lascia meno tempo alla carica di attraversare il foglio, sia perché l’aggiunta viene
23
Le sostanze di carica
fatta su un foglio più compatto. Come detto sopra questo metodo favorisce il doppio
viso.
Il contenuto normale di carbonati contenuti in vari tipi di carta può essere così indicato:
Carta per periodici
23 a 28%
Carta da edizioni
12%
Carta da sigarette
20%
Supporto per patinate (fuori macchina)
12 a 15%
Supporto per patinate (in macchina)
5%
Giornale
4 a 6%
2.6.11 ACQUE BIANCHE
È bene che le acque bianche delle macchine che lavorano con impasti caricati con
carbonati, siano tenute separate dalle acque delle altre macchine che trattano impasti
diversi. Se si mescolano possono crearsi disturbi sulle altre macchine perché si neutralizza la loro normale acidità.
Il recupero di sostanze solide dalle acque bianche non presenta particolari difficoltà, se si eccettuano quelle causate dall’alto contenuto di carica presente in molti tipi di
carta, poiché le acque bianche contenenti carbonati possono essere più ricche di solidi
di quelle delle carte corrispondenti a base di caolino. Le sostanze solide possono essere
separate con i soliti sistemi a sedimentazione, a filtrazione od a flottazione e devono
essere riimmesse solo nel ciclo di impasti caricati con carbonati. Specialmente quando
si fabbricano carte collate caricate con carbonati, detti solidi devono essere aggiunti
con la tecnica della riduzione al minimo dei tempi di contatto già descritta.
2.6.12 COLORANTI
Il buon grado di bianco è una caratteristica fondamentale delle carte caricate con
carbonati e quindi pochissimi tipi vengono colorati a tinte intense; i coloranti sono impiegati solamente per nuanzare. Talvolta, per riprodurre un campione destinato a una
pubblicazione oppure una carta caricata con caolino, il colore è «buttato giù» con ocra,
terra d’ombra ed analoghe terre coloranti. Lo stesso carbonato ha normalmente una colorazione blu-bianca che deve essere tenuta presente nel scegliere i colori da impiegare
per l’azzurraggio.
24
Le sostanze di carica
Per questo impiego non sono adatti i colori acidi. Si possono impiegare con i carbonati i coloranti basici o pigmento, particolarmente quando l’allume viene aggiunto
in continuo all’entrata in macchina per creare l’acidità temporanea discussa più sopra.
Per le carte a base di carbonato fatte di cellulosa si è raccomandato l’impiego dei coloranti diretti, sebbene essi diminuiscano il grado di bianco di un punto circa.
Con carte contenenti pastalegno si ottiene una buona nuanzatura con coloranti basici. Quando vi è una notevole differenza nel colore naturale dei vari tipi di pastalegno,
come si verifica tra la pastalegno prodotta sulle coste dell’est e quella prodotta sulle
coste dell’ovest, è una cosa praticamente impossibile riprodurre esattamente il colore
con qualsiasi tipo di azzurrante.
25
Le sostanze di carica
2.7 PROPRIETÀ DELLE CARTE CARICATE
CON CARBONATI
2.7.1 GRADO DI BIANCO
Le carte caricate con carbonato hanno un grado di bianco superiore a quello delle
carte analoghe caricate con caolino, ed è questo il motivo fondamentale che ha fatto
aumentare notevolmente l’impiego del carbonato.
Non è possibile dare dei valori esatti del grado di bianco di carte caricate con carbonati senza specificare il grado di bianco della pasta impiegata, la percentuale di carica nella carta, il quantitativo ed il tipo degli altri materiali presenti nell’impasto, tra i
quali figurano il caolino e la colla. È, naturalmente, necessario impiegare un carbonato
con buon colore perché si desidera mascherare il colore più scuro delle materie fibrose
in modo che la carta abbia un colore il più vicino possibile a quello della carica.
Talvolta non si possono sfruttare completamente queste proprietà perché le condizioni particolari dello stabilimento non lo permettono. Per esempio, l’acqua fresca può
contenere sostanze organiche o sali di ferro che vengono precipitati per effetto della
reazione alcalina dell’impasto caricato causando una diminuzione del grado di bianco
della carta. In queste condizioni si suggerisce di alcalinizzare l’acqua in modo da separare i precipitati prima di avviarla al ciclo di fabbricazione.
2.7.2 OPACITÀ
In linea generale i carbonati aumentano notevolmente l’opacità della carta; ciò è
dovuto principalmente alla birifrangenza ed alla forma cristallina del materiale sopra
discusse. Un fattore notevole è anche l’alto contenuto di carica usuale per le carte caricate con carbonati, in confronto a quelle caricate con caolino. Il carbonato ha un potere
opacizzante sulla carta superiore a quello del caolino o del talco, notevolmente inferiore a quello dei pigmenti di titanio o di zinco. Non deve essere impiegato per dare opacità a carte da paraffinare perché ha un bassissimo potere opacizzante in presenza di
olio o paraffina.
2.7.3 STABILITÀ ALLA LUCE
Secondo le prove dell’autore, le carte caricate con carbonati. tendono ad avere una
stabilità alla luce maggiore di quelle caricate con caolino, a parità di impasto fibroso e
di percentuale di carica. Nelle carte con pastalegno non si notano differenze nel grado
26
Le sostanze di carica
di ingiallimento quando il contenuto di carica è inferiore al 16% ma a questo valore ed
oltre si nota un ingiallimento leggermente minore per le carte caricate con carbonati.
Fra le carte senza pastalegno, a parità di tempo di esposizione hanno colore più stabile quelle caricate con carbonato che quelle contenenti caolino. Fra le carte caricate
con carbonati si ha un ingiallimento più rapido e una maggiore degradazione della collatura in quelle collate con resina che in quelle collate con paraffina.
2.7.4 LISCIATURA
A parità di calandratura e di contenuto di carica, le carte caricate con carbonati non
diventano così lisce come le carte caricate con caolino dello stesso tipo e aventi la
stessa percentuale di carica. Ciò è dovuto alla forma cristallina romboedrica del carbonato di calcio, mentre le particelle del caolino hanno una forma piatta. Probabilmente
per lo stesso motivo le carte caricate con carbonato, non iscuriscono in calandra altrettanto facilmente che le carte caricate con caolino.
È possibile produrre delle carte calandrate caricate con carbonati che hanno una
buona lisciatura ma con leggero scapito della ricettività per l’inchiostro da stampa e
della elasticità alla stampa, rispetto ai tipi lisci di macchina, a causa dell’alta pressione
necessaria per schiacciare e lisciare il foglio.
2.7.5 TATTO
Alcuni chimici cartai dicono di essere in grado di identificare una carta caricata con
carbonati, semplicemente al tatto; questa è una affermazione un po’azzardata e probabilmente è una conseguenza del basso grado di lisciatura di molte carte. Benché le carte caricate con carbonati non ottengano, in calandra, un grado di liscio corrispondente
a quello delle carte caricate con caolino, pensiamo che l’identificazione solo al tatto,
senza osservare l’alto grado di bianco del carbonato, sia alquanto difficile.
L’alto contenuto di carica della maggior parte della carta per periodici caricata con
carbonati contribuisce ad aumentare la morbidezza del foglio, caratteristica che normalmente è desiderabile.
2.7.6 POROSITÀ
La porosità è una caratteristica importante della carta da sigarette caricata con carbonati ed i fabbricanti di questi tipi hanno studiato metodi di prova per controllare sia
la porosità, sia le caratteristiche di combustione della carta.
27
Le sostanze di carica
2.6.7 STAMPABILITÀ
Le carte caricate con carbonati danno ottimi risultati nella maggior parte dei processi di stampa e sono particolarmente adatte per la stampa tipografica ad alta velocità.
Un fattore positivo è l’elevato potere di assorbimento dell’olio da parte del carbonato
in confronto al caolino. La maggior parte dei carbonati precipitati è costituita da ammassi di particelle piccolissime che conferiscono loro una struttura porosa che presenta
una aumentata ricettività per l’inchiostro. Con elevati contenuti di carica, circa dal 23
al 28%, le carte con carbonati hanno un elevatissimo potere di assorbimento e di ritenzione dell’inchiostro, che permette una stampa veloce senza che l’inchiostro traspaia
attraverso al foglio.
Le carte caricate con carbonati vengono impiegate offset, ma non sono molto adatte
per questo procedimento di stampa. Il carbonato ha la tendenza a modificare il pH della soluzione di bagnatura usata in offset, danneggiando, col tempo, la lastra e formando delle velature e delle schiume, a meno che le tirature siano relativamente brevi o
che si eseguano continue correzioni per mantenere l’acidità. È richiesta una forte collatura ed il quantitativo di carbonato ammissibile è limitato per evitare di ottenere una
morbidezza eccessiva. Le carte caricate con carbonati per questo impiego, presentano
ben pochi vantaggi rispetto alle carte con caolino che contengono un po’di biossido di
titanio per aumentarne il grado di bianco.
2.8 IMPIEGO ATTUALE DELLE CARTE CARICATE
CON CARBONATI
L’impiego di carte caricate con carbonati e particolarmente il loro uso in periodici a
forte tiratura, costituì un notevole miglioramento della qualità della carta. Per un notevole periodo di tempo le carte caricate con carbonati vennero prodotte in forti quantitativi e, per qualche tipo, la produzione di carta caricata con carbonati è diminuita e questo fatto è dovuto ai nuovi orientamenti che hanno dato la preferenza alle carte patinate
in macchina, per le riviste ed i periodici di qualità.
Questo orientamento rappresenta un passo notevole verso un ulteriore miglioramento della qualità della carta.
28
Le sostanze di carica
3. IL SOLFATO DI BARIO
Il solfato di bario, sia come minerale naturale polverizzato (barite, baritina, spato
pesante), sia come prodotto artificiale precipitato (bianco fisso), viene usato di quando
in quando come carica nella fabbricazione della carta. Il minerale si trova in molte località degli Stati Uniti, ma circa nove decimi della produzione la si deve alla Georgia,
al Missouri ed al Tennessee; altre miniere si trovano nel Nevada, in California ed in
altre località. La witherite, carbonato di bario naturale, non si trova in quantitativi
commerciali nel Nord America ma esistono miniere in Inghilterra e nel continente Europeo.
3.1 LAVORAZIONE
Durante la preparazione dei pigmenti di barite, il minerale viene dapprima selezionato in base al colore e macinato in mulini a pietra piatta, disposti in serie oppure in
mulini a palle, seguiti da vari sistemi di separazione che permettono di ottenere il grado di finezza desiderato. Il materiale polverizzato viene bianchito con l’aggiunta di acido solforico o cloridrico, talvolta in presenza di sostanze riducenti, con agitazione e
riscaldamento a vapore. L’acido e le impurità disciolte, quali i sali di ferro, vengono
eliminati con lavaggi. Il pigmento viene quindi essiccato e macinato ulteriormente;
viene in seguito ventilato ed imballato.
Il bianco fisso ha la stessa composizione chimica della barite e viene normalmente
prodotto facendo reagire un solfato su un sale di bario. Il minerale usato può essere sia
la witherite (carbonato di bario) sia la barite (solfato di bario).
Se il materiale grezzo è la witherite, il materiale viene macinato finemente ed è trattato con acido cloridrico caldo. La soluzione di cloruro di bario che ne risulta viene lasciata decantare e quindi viene filtrata. Il solfato di bario viene precipitato da questa
soluzione per mezzo di solfato di sodio o acido solforico e quindi viene lavato per asportare l’acido e le sostanze solubili. Il solfato di bario può anche essere prodotto direttamente dalla witherite trattando il minerale finemente macinato con acido solforico
diluito; seguono il lavaggio e la selezione per mezzo di vagli.
Se il materiale grezzo è la barite, essa viene macinata finemente e quindi è calcinata
con carbone per ridurre il solfato di bario a solfuro di bario solubile. Il solfuro di bario
29
Le sostanze di carica
è filtrato dalla «black ash» (cenere nera) e si precipita quindi il solfato di bario con
l’aggiunta di solfato di sodio o acido solforico, seguita da lavaggio. La «black ash»
può anche essere trattata con acido cloridrico per produrre il cloruro di bario che viene
quindi filtrato e trattato con solfato di sodio o acido solforico per precipitare il bianco
fisso.
Il bianco fisso è anche ottenuto come sotto-prodotto nel processo di fabbricazione
di altri prodotti quali il perossido di idrogeno. Lo si trova in commercio sotto forma di
pasta dispersa in acqua con circa due terzi di contenuto solido ma esiste anche come
polvere secca, macinata e vagliata.
Bisogna notare che il bianco fisso costituisce circa il 70/72% del litopone normale e
che viene impiegato più in questo composto, come pigmento opaco, che in tutte le altre
forme.
Il bianco fisso costituiva il 70% del pigmento titanio ma nel 1948 si cessò la fabbricazione di questo composto.
3.2 PROPRIETÀ
Il solfato di bario è uno dei pigmenti bianchi più pesanti. È praticamente insolubile
in acqua e non è attaccato da acidi od alcali. Non subisce modificazioni per effetto della fiamma ed ha un punto di fusione di 1580°C.
Peso specifico
Durezza
pH
Indice di rifrazione
Grado di bianco, al secco %
Dimensione particelle in micron
Intervallo di variazione
Media
Barite
4,476
3,0
6,95
1,64
95,3
Bianco fisso
4,35
3,0
8,06
1,64
98,1
0,1÷30,0
2,0÷5,0
0,1÷5,0
0,5÷2,0
La barite si trova allo stato amorfo od in cristalli del sistema rombico. Il bianco fisso è una polvere soffice e fine e la sua struttura microcristallina lo rende più opaco e
gli conferisce un volume specifico superiore a quello della barite.
La American Society for Testing Materials dà il seguente capitolato per i pigmenti di
solfato di bario:
30
Le sostanze di carica
Barite
Bianco fisso
Solfato di bario, mm. %
94,0
97,0
Ossido ferrico, max., %
0,005
0,002
pH, mm.
3,5
3,5
Sostanze solubili in acqua %
0,2
0,2
Umidità ed altre sostanze volatili,
max %
0,5
0,5
Impurità, residuo totale, trattenuto su
un setaccio n. 325 mesh (44 micron),
max %
0,5
0,5
Silice libera (quarzo caolino o altre sostanze estranee), max%
2,0
2,0
3.3 IMPIEGHI
L’impiego dei pigmenti di solfato di bario come carica è molto limitato. Essi vengono usati talvolta durante la fabbricazione di tipi particolari di carta da stampa per i
quali viene richiesta una planarità molto grande. L’elevato peso specifico del solfato di
bario provoca una ritenzione molto debole, con le perdite che ne derivano, e tende a
formare il doppio viso.
Il bianco fisso può essere prodotto in preparazione impasti aggiungendo cloruro di
bario e precipitandolo con eccesso di solfato di sodio. Dobbiamo tuttavia mettere in
evidenza, a questo proposito, che il cloruro di bario solubile è molto tossico (contrariamente al solfato di bario insolubile).
Sebbene il solfato di bario abbia un impiego molto limitato come materiale di carica, esso viene usato per patine speciali e particolarmente per carte fotografiche.
31
Le sostanze di carica
3.4 DATI DI COSTO
Il prezzo del solfato di bario è alto, rispetto a quello delle altre sostanze di carica
con basso indice di rifrazione, e varia molto a seconda della qualità: da 2 a 4 volte il
costo del caolino, del talco e del carbonato di calcio.
Il prezzo elevato e gli svantaggi sopra elencati costituiscono un impedimento alla
estensione dell’impiego del solfato di bario, al di fuori dei casi particolari descritti.
32
Le sostanze di carica
4. SILICATO DI CALCIO – FIBROCARICA
La fibrocarica è costituita da cellulosa pigmentata. Si tratta di un pigmento di silicato idrato di calcio, con particelle aventi dimensioni molto piccole ed uniformi, che
viene precipitato su fibre di cellulosa preparate allo scopo. Questo pigmento contribuisce ad impartire alla carta delle particolari caratteristiche fisiche ed ottiche.
La fibrocarica viene preparata trattando le fibre in una soluzione di cloruro di calcio, aggiungendo quindi una soluzione di silicato di sodio con agitazione velocissima,
in modo da precipitare un pigmento di silicato di calcio con particelle finissime e molto uniformi. L’adesione del pigmento alla fibra dipende molto da come è avvenuta la
lavorazione dell’impasto nella soluzione di cloruro di calcio; è desiderabile avere la
massima sfibrillatura possibile. La composizione del pigmento precipitato è influenzata dalle concentrazioni delle soluzioni impiegate.
La fibrocarica è normalmente costituita dal 20% di fibra e dal l’80% di pigmento di
silicato di calcio. I composti a base di silicato idrato di calcio precipitato hanno struttura complessa ed è difficile analizzarli esattamente. Il pigmento presente nella fibrocarica ha la seguente formula empirica approssimativa: CaO 4SiO2 3H2O.
4.1 MATERIE PRIME RICHIESTE PER LA PREPARAZIONE
DELLA FIBROCARICA
4.1.1 FIBRA
Quasi tutte le fibre di legno possono essere impiegate per la preparazione della fibrocarica. Molte di esse sono state esaminate ed hanno dato risultati soddisfacenti.
Siccome la pasta deve avere una scolantezza di 350 ml. Canadian Freeness St., è
conveniente impiegare fibre già lavorate come quelle provenienti da fogliacci pasta disinchiostrata o cartaccia, per eliminare la raffinazione.
4.1.2 CLORURO DI CALCIO
Il cloruro di calcio si può avere in vari tipi, ad es. anidro commerciale (77 o 80%)
ed in soluzione. Il tipo più comune è quello commerciale in scaglie in sacchi da 100
33
Le sostanze di carica
libbre (45 kg), con circa il 78,5% di CaCl2. Le soluzioni sono le più economiche ma
richiedono attrezzature per l’impiego e l’immagazzinaggio.
4.2 IMPIEGHI DELLA FIBROCARICA
L’aggiunta di una bassa percentuale di fibrocarica al supporto per carta patinata da
periodici migliora notevolmente il grado di bianco, l’opacità, il volume specifico, la
trasparenza all’inchiostro e la stampabilità della carta patinata. Si può anche ottenere
un aumento della resistenza alla lacerazione a secco molto superiore a quello risultante
dall’impiego della maggior parte degli altri normali materiali di carica, il che è molto
vantaggioso durante la stampa.
La fibrocarica è anche impiegata come additivo per le veline per migliorarne la sofficità e l’assorbenza, particolarmente quando si impiegano resine per aumentare la resistenza ad umido, come avviene per i tipi da tovaglioli.
L’impiego della fibrocarica è vantaggioso anche per molti altri tipi di carta quali,
quadrotta, carta per offset, carta per duplicatori e cartoncino.
34
Le sostanze di carica
5. SILICATO DI CALCIO – IDRATO
Il silicato di calcio-idrato è un pigmento relativamente nuovo che ha dimostrato di
possedere caratteristiche molto favorevoli per l’impiego come carica nella fabbricazione della carta. Esso fa parte di una serie di silicati di calcio precipitati che sono stati
studiati per vari impieghi industriali che richiedevano delle sostanze di carica inorganiche o additivi con composizione definita e proprietà uniformi. L’impiego pratico in
cartiera per molti tipi di carta e cartoncino ha dimostrato che il silicato di calcio idrato
migliora le caratteristiche ottiche della carta, cioè il grado di bianco e l’opacità, ed anche le caratteristiche superficiali, quali la lisciatura e la ricettività all’inchiostro da
stampa. Questo materiale di carica viene fornito alle cartiere secco, finemente suddiviso; esso può essere aggiunto direttamente all’impasto oppure può essere immesso in
ciclo in soluzione acquosa perché si disperde facilmente e può essere incorporato con
l’impasto senza nessuna difficoltà. Esso ha tendenza ad aderire alle fibre, particolarmente a quelle corte e fini, quindi si ha una notevole ritenzione nella carta, e un miglioramento nella ritenzione degli altri materiali di carica, quali ad es. il biossido di titanio.
5.1 METODO DI FABBRICAZIONE
La precipitazione viene eseguita in condizioni idonee, da soluzioni purificate di silicato di sodio e cloruro di calcio.
Le concentrazioni, le proporzioni di reagenti ed il metodo di precipitazione sono
regolati in modo da ottenere quelle proprietà che hanno dimostrato di essere le più adatte per l’industria cartaria. Il precipitato sedimenta molto lentamente e quindi si deve
ricorrere alla filtrazione sotto vuoto, durante la quale si procede anche ad un lavaggio
accurato per rimuovere i sali solubili prodotti durante la reazione e per raccogliere un
pannello bianco di silicato di calcio-idrato. Il pannello viene quindi essiccato a vapore,
con temperature relativamente basse, per avere una disidratazione uniforme e poi disintegrato per formare degli aggregati soffici e friabili che possono essere facilmente
suddivisi ad esempio schiacciandoli fra le dita.
35
Le sostanze di carica
5.2 PROPRIETÀ FISICHE
La dimensione delle particelle di un pigmento impiegato nell’impasto è molto importante per gli effetti che produce sulle caratteristiche della carta. Nella tecnologia
cartaria si è sperimentato che la dimensione ottimale di una particella di pigmento, per
ottenere le migliori caratteristiche ottiche della carta, quali il grado di bianco e
l’opacità, è la metà della lunghezza d’onda della luce, cioè circa 0,2 micron.
Vi sono però altre proprietà che un pigmento deve possedere per essere efficace: fra
queste è molto importante la buona ritenzione, per evitare di avere un forte quantitativo di pigmento in circolazione con le acque bianche. Bisogna anche tenere presente il
grado di lisciatura della carta, e pertanto non si possono ottenere buone caratteristiche
ottiche a scapito delle altre qualità. È necessario ottenere una buona stampabilità ed in
certi casi, ad esempio in tipografia e nel rotocalco, si deve avere una buona ricettività
all’inchiostro mentre altre volte, ad esempio nella stampa con inchiostri lucidi si deve
avere una assorbenza inferiore. Per altri tipi, ad esempio carta per tovaglioli e simili, è
necessaria una buona assorbenza all’acqua ed una buona sofficità.
Non è possibile produrre un materiale di carica che abbia la massima efficienza per
tutti i requisiti dei diversi tipi di carta ed è chiaro che non basta prendere in considerazione la dimensione delle particelle, se si eccettuano pochissimi tipi di carta. Per avere
un pigmento della massima efficienza si è limitata la dimensione delle particelle di silicato di calcio idrato ad un valore molto inferiore a quello normalmente impiegato per
le sostanze di carica della carta.
La dimensione delle singole particelle, determinata con il microscopio elettronico,
è di 0,07 micron. Non si impiegano più, come carica della carta, le particelle con dimensioni 0,03 micron, perché si sono dimostrate meno efficienti; questa nell’industria
della gomma vengono invece largamente impiegate. Il silicato di calcio idrato ha la
tendenza ad agglomerarsi in particelle più grandi che presentano proprietà ottiche simili a quelle dei pigmenti con particelle maggiori. Così, in molti casi, si è constatato
che si possono ottenere particelle con dimensioni effettive di 0,2 micron che producono i migliori risultati dal punto di vista ottico per un pigmento della sua composizione
chimica.
La dimensione fine delle singole particelle provoca una notevole affinità con le fibre; le particelle hanno tendenza ad aderire alle fibre, particolarmente a quelle fini ed
alle fibrille legandole nella carta e migliorando quindi il grado di lisciatura. In molti
casi si è aumentata la resistenza alla lacerazione. Il silicato di calcio idrato si disperde
in acqua senza formare grumi: la sedimentazione è molto lenta. Le migliori qualità ot-
36
Le sostanze di carica
tiche si ottengono quando si formano degli agglomerati di particelle, nel caso di impiego di silicato come unico materiale di carica. Quando sono presenti altre sostanze di
carica è desiderabile ottenere un maggiore grado di dispersione perché migliora la ritenzione delle prime, e il grado di lisciatura e l’assorbenza della carta.
Il silicato ha un indice di rifrazione di 1,50. Per quanto esso non si trovi nel campo
dei pigmenti ad elevato indice di rifrazione, permette, tuttavia, di ottenere una elevata
opacità ed un buon grado di bianco. Ciò è dovuto alla tendenza delle particelle ad aderire alle fibre e ad allinearsi sulla loro superficie; ne risulta quindi una migliore riflessione della luce. Si verifica anche, in molti casi, un aumento del volume specifico, in
funzione delle caratteristiche delle fibre e del quantitativo impiegato.
Il grado di bianco è 95. Quando si esegue il confronto del materiale secco con altre
sostanze di carica, risulta evidente il suo elevato grado di bianco. Questo grado di
bianco viene trasmesso in alte proporzioni alle carte caricate con buoni quantitativi di
silicato di calcio idrato. Il peso specifico è 2,1 ed in mucchio pesa 12 libbre per piede
cubo; ha un’area specifica di 40 mq. per grammo ed un assorbimento dell’olio di 105
grammi per 100 grammi di pigmento. Queste proprietà sono vantaggiose per molti tipi
di carta perché migliorano in certi casi, la ricettività all’inchiostro da stampa ed in altri,
l’assorbenza dell’acqua.
Alcuni pigmenti a base di silicati naturali hanno una abrasività per il macchinario
che ne limita l’impiego, nella fabbricazione della carta, a piccolissime percentuali
nell’impasto. Ciò non avviene normalmente per i silicati di calcio idrati. Il saggio di
abrasività Valley (secondo la quale un pigmento viene sfregato su una tela di rame in
condizioni standard e si determina il quantitativo di metallo asportato dalla tela) dà il
valore 11 per un pigmento di silicato di calcio idrato per carta, contro 19 di un pigmento standard di biossido di titanio e 191 deI caolino calcinato.
5.3 TIPI DI CARTA NEI QUALI VIENE IMPIEGATO IL SILICATO DI CALCIO IDRATO
5.3.1 CARTA QUADROTTA E PER OFFSET
Per le basse grammature viene impiegato il silicato di calcio nel rapporto da 2 a
4%, migliorando sia l’opacità sia il grado di bianco e, per le grammature più elevate,
nelle quali non ha eccessiva importanza l’aumento dell’opacità, l’aumento del grado di
bianco è sufficiente per giustificarne l’impiego.
37
Le sostanze di carica
Si ottiene pure un aumento del grado di lisciatura, che migliora l’efficienza della
collatura superficiale.
5.3.2 SUPPORTI PER PATINATE IN MACCHINA
Quando si impiegano quantitativi dal 3 al 6% si ottiene un notevole aumento
dell’opacità. Per esempio l’opacità riscontrata in una carta patinata da 40 lb., il cui
supporto contiene il 3% di silicato di calcio idrato ed il 5% di caolino, è equivalente a
quella che si riscontra in una carta patinata da 45 ib. il cui supporlo contiene l’8% di
caolino. Normalmente l’impiego del silicato permette una riduzione in peso del 10%
per le carte patinate, senza diminuire le proprietà ottiche.
5.3.3 CARTA PER CICLOSTILE E PER DUPLICATORI
Le carte caricate con silicato hanno dato ottimi risultati perché la stampa risulta migliore, per nettezza di stampa e numero di copie, nei normali procedimenti di riproduzione con ciclostile o duplicatore.
5.3.4 CARTA DA EDIZIONI NON PATINATA
E CARTA PER PERIODICI
Per questi tipi di carta l’impiego di questo materiale di carica migliora il grado di
bianco, l’opacità, il volume specifico e la ricettività per l’inchiostro da stampa.
5.3.5 CARTA DA GIORNALE
Il 2% di silicato di calcio idrato, oltre a migliorare l’opacità della carta standard da
giornale, aumenta il grado di lisciatura in modo che si può ridurre la lisciatura, se lo si
desidera, a solo due passaggi migliorando, di conseguenza, il volume specifico e
l’incarto.
5.3.6 CARTONI
Questo materiale di carica migliora notevolmente il grado di bianco e di lisciatura e
viene impiegato per lo strato esterno dei cartoni fabbricati con forme in tondo o nella
seconda cassa d’afflusso, quando si fabbricano cartoni su tavola piana. È particolarmente notevole il grado di lisciatura che si ottiene per cartoni destinati alla fabbricazione di contenitori di sostanze alimentari. Tuttavia, se il cartone deve essere paraffinato, bisogna impiegare del TiO2, per conservare l’opacità dopo la paraffinatura perché il silicato di calcio idrato usato da solo perde l’opacità dopo la paraffinatura.
38
Le sostanze di carica
5.3.7 CARTE VELINE ED ASSORBENTI
Il 2% di silicato migliora l’assorbenza all’acqua e la sofficità di questi tipi di carta.
5.4 IMPIEGO DEL SILICATO DI CALCIO IDRATO
I miglioramenti ottenuti con il silicato di calcio idrato dipendono molto dalla composizione dell’impasto e dalle condizioni di lavoro e quindi è difficile stabilire a priori,
i vantaggi che si realizzano. Possiamo tuttavia affermare che in molte cartiere si sono
ottenuti notevoli miglioramenti della qualità con sensibile risparmio, per parecchi tipi
di carta.
39
Le sostanze di carica
6. SOLFATO DI CALCIO
Il solfato di calcio in una delle sue varie forme viene talvolta usato in cartiera come
carica per alcuni tipi di carta per scrivere o per tipi speciali. Per un certo periodo venne
impiegato largamente, ma in questi ultimi anni se ne è diminuito il consumo, nonostante il suo basso prezzo.
Il gesso macinato, venduto con questo nome oppure con altre denominazioni, quali
«puritan filler» o «terra alba», ha la seguente formula chimica: CaSO4 2H2O e contiene
il 21% di acqua di cristallizzazione. Questo gesso naturale viene calcinato per produrre
anidrite CaSO4 che praticamente non contiene acqua di cristallizzazione e che viene
venduta con varie denominazioni: «annalina», «alabastro», «pearl filler» e «tissue
filler». Il solfato di calcio precipitato per doppio scambio di una soluzione di cloruro di
calcio e solfato di sodio contiene acqua di cristallizzazione e viene venduto col nome
«crown filler» o «pearl hardening».
Il gesso naturale macinato ha indice di rifrazione da 1,52 a 1,59, mentre il gesso
calcinato ha un indice di rifrazione leggermente superiore, che varia d’a 1,57 a 1,61. I
tipi buoni hanno una tinta molto bella e un ottimo grado di bianco. Il materiale idrato,
macinato, si trova per lo più sotto forma di particelle piatte, mentre quello precipitato
ha una struttura aghiforme con dimensioni, ad esempio, di 1,5 micron nel diametro e
da 6 a 10 micron nella lunghezza. Aumentando la quantità di gesso come carica si diminuisce l’opacità della carta, perché i cristalli e gli «aghi» di gesso sono più trasparenti delle fibre.
Essi hanno anche notato che il solfato di calcio non ostacola la collatura anzi, in taluni casi, sembra che la aumenti. Il solfato di calcio conferisce alla carta una bella tinta, aumenta il grado di bianco e alla carta una «mano» caratteristica che ne spiega l’uso
in taluni tipi speciali.
La sua solubilità è la causa della modesta ritenzione, anche con cicli di acque bianche parzialmente chiusi. La solubilità dell’anidrite varia da 1,62 a 1,76 e quella del
gesso da 2,05 a 2,23 parti in 1000 parti di acqua; la solubilità è maggiore in acqua
fredda che in acqua calda. Se si pensa che il volume di impasto immesso sulla tela di
una macchina da carta, per ogni tonnellata di carta prodotta, si aggira sui 25.000 galloni all’l% di densità, è ovvio che la solubilità del solfato di calcio costituisca un ostacolo notevole al suo impiego su larga scala.
Il solfato di calcio tende ad intasare i feltri a causa della cristallizzazione del CaSO4
2H2O.
40
Le sostanze di carica
È stato suggerito di immettere il solfato di calcio allo stato secco oppure come sospensione concentrata dopo che si è completata la collatura.
41
Le sostanze di carica
7. SOLFITO DI CALCIO
La richiesta di carte bianche e la difficoltà di impiego di sostanze di carica calcaree
per carte collate con allume e resina, hanno stimolato le ricerche di una carica sintetica
bianca a base di caolino da usare in sostituzione dei materiali calcarei. Gli studi di laboratorio hanno dimostrato che il solfito di calcio può essere usato per le carte coliate
e, nel 1933, se ne iniziò la fabbricazione e l’impiego per carte da stampa. Viene anche
usato per buste, affissi, etichette e carte offset.
Il solfito di calcio per carica viene fabbricato facendo passare una corrente di SO
calda proveniente da un forno a zolfo attraverso a spruzzi di latte di calce ottenuti
meccanicamente. Alla tempertura di 60°C ed alla concentrazione di 100 ÷ 110 gr. per
lt. CaO, si ottiene un solfito di calcio con particelle aventi la forma e le dimensioni più
adatte per avere una buona ritenzione. In queste condizioni di preparazione il solfito di
calcio è estremamente assorbente e le carte che lo contengono sono bianche, opache ed
hanno una elevata ricettività per l’inchiostro.
Il CaSO3 1/2H2O puro contiene il 7% di acqua di cristalizzazione combinata.
L’analisi termica (simile a quella del caolino) indica che quest’acqua incomincia ad
eliminarsi a 370°C; quindi quest’acqua non viene eliminata in seccheria e resta nel solfito di calcio contenuto nella carta.
Il solfito di calcio commerciale contiene l’85-88% di CaSO3 e piccoli quantitativi di
CaSO3 e CaSO4. Al microscopio elettronico si riscontra che le particelle sono piatte. Il
peso specifico del solfito di calcio è 2,51. L’indice di rifrazione è 1,57. Il grado di
bianco del materiale commerciale varia dal 92 al 96%, a seconda del grado di purezza
della calce. La solubilità a 18°C è di 0,0048 grammi per 100 cc. di acqua. La sospensione acquosa ha un pH da 8 a 9. Gli acidi ed i sali acidi, come l’allume, liberano
l’SO2 dalla sospensione acquosa del solfito di calcio formando una soluzione di bisolfito abbastanza stabile.
Le particelle impiegate come carica hanno in media la seguente distribuzione:
sotto
10
micron
8,5%
sotto
8
micron
94,0%
sotto
6
micron
82,5%
sotto
5
micron
72,0%
sotto
4
micron
52,0%
sotto
8
micron
8,3%
sotto
2
micron
4,7%
42
Le sostanze di carica
Per quanto il solfito di calcio possa essere impiegato sia per carte non collate, sia
per carte collate, esso viene usato specialmente per le carte collate. Il contenuto di carica varia normalmente dal 10 al 20%. Viene aggiunto sotto forma di sospensione alla
pasta raffinata e collata nella cassa d’afflusso e dovrebbe essere flocculato con amido
o colla animale per migliorarne la ritenzione nel foglio. Poiché il solfito di calcio reagisce con l’allume formando SO2 le acque sotto tela contengono acido solforoso e
quindi le tele, le vaschette, gli sgocciolatori ed i guidatela devono resistere all’azione
corrosiva della soluzione diluita di acido solforoso.
Una parte degli ioni dell’acido solforoso o del bisolfito restano nel foglio umido
che va alle presse e quindi la durata dei feltri viene ridotta da 40 giorni a 15 o 20 giorni, perché detti ioni degradano la lana.
Si è constatato che la solubilità del CaSO nell’acqua in ciclo delle macchine da carta è una funzione del pH ed aumenta rapidamente con il diminuire del pH. È quindi
necessario collare con il minimo quantitativo possibile di allume e tenere in macchina
il pH al valore da 5,5 a 6,5. Si è anche accertato che la degradazione della lana è forte
a un pH da 7,5 ad 8,0.
43
Le sostanze di carica
8. CAOLINO
Le cariche minerali vengono impiegate nell’industria della carta per molti motivi.
Nelle carte da stampa, che sono quelle che comportano il maggior impiego di materiali
di carica, le funzioni più importanti della carica consistono probabilmente nel migliorare l’opacità e il grado di lisciatura.
Idealmente, il materiale di carica, dovrebbe avere un buon numero di qualità positive. Dovrebbe avere cioè un buon grado di bianco ed un elevato indice di rifrazione,
con particelle sufficientemente fini per conferire al foglio le caratteristiche ottiche richieste, quale ad esempio l’opacità. Dovrebbe essere inerte chimicamente agli altri
materiali componenti l’impasto. Non dovrebbe contenere sabbia abrasiva e dovrebbe
essere costituito da particelle sufficientemente piccole e soffici per diminuire il consumo del corredo di macchina. La carica ideale dovrebbe avere, nella maggior parte
dei casi, un basso peso specifico e dovrebbe essere insolubile in acqua. Deve essere
trattenuta facilmente nel foglio durante la formazione e, in linea generale, dovrebbe
trovarsi sul mercato in grandi quantità ed a prezzo relativamente basso.
Questo elenco delle qualità desiderabili in un materiale di carica comprende singole
caratteristiche nelle quali spesso l’uno o l’altro materiale di carica è superiore al caolino. Tuttavia il largo consumo di caolino nell’industria cartaria sta ad indicare che questo materiale racchiude in sé, in misura notevole, la maggior parte delle suddette qualità. Per la produzione di tipi speciali si ricorre ad altre sostanze di carica da impiegarsi
con caolino o da sole, tuttavia, come carica di impiego generale, il caolino soddisfa
largamente le esigenze dell’industria cartaria.
8.1 COMPOSIZIONE E DEPOSITI NATURALI
Il caolino impiegato nell’industria cartaria è costituito principalmente dalla caolinite, che è un prodotto di alterazione di rocce contenenti alluminio. La caolinite è un minerale cristallino con una struttura interna formata di fogli alternati di allumina e di silice; ha dei piani di sfaldamento fra i vari fogli e si presenta comunemente come una
massa squamosa poco coerente.
44
Le sostanze di carica
La caolinite ha una composizione chimica che corrisponde approssimativamente alla seguente: Al 2O3 SiO2 2H2O. Le impurità che si trovano più comunemente, in quantitativi apprezzabili, sono costituite da ferro e titanio. Questi sono normalmente presenti nel caolino rispettivamente nelle percentuali da 0,2 a 0,4% e da 1,5 a 2,0%, espressi come ossidi. Altre impurità sono presenti soltanto come tracce. Il fattore di riflessione più elevato nell’estremità blu dello spettro che è caratteristica dei caolini inglesi va attribuita alla relativa assenza di biossido di titanio. A parte questo effetto ottico, le impurità naturali che si trovano nei caolini commerciali non hanno influenza sul
loro comportamento come materiali di carica per la fabbricazione della carta.
I caolini che vengono bianchiti chimicamente, per migliorarne il grado di bianco,
possono trattenere piccole tracce di composti di zolfo, se il lavaggio non è stato eseguito con cura. Normalmente esse non creano disturbi, tuttavia, se è presente una
quantità sufficiente di zolfo riducibile, diminuisce l’idoneità del caolino per certi tipi
di carta. Questo è il caso delle carte piuttosto caricate per rotocalco, processo di stampa nel quale la corrosione del cilindro di rame deve essere minima.
8.2 DEPOSITI
8.2.1 DEPOSITI PRIMARI
Due tipi di deposito di caolino hanno importanza commerciale.
Il primo viene indicato come deposito primario o residuo e si trova nel luogo in cui
è avvenuta la formazione della caolinite in seguito all’alterazione dei feldspati e
feldspatoidi. I depositi più importanti di questo tipo, per l’impiego nell’industria
45
Le sostanze di carica
dspatoidi. I depositi più importanti di questo tipo, per l’impiego nell’industria cartaria,
si trovano in Cornovaglia, Inghilterra. Essi sono caratterizzati da un contenuto percentuale relativamente alto di minerali accessori, tra i quali la mica, i materiali feldspatici
non alterati o parzialmente alterati, ecc. Dette impurità vengono asportate con sistemi
ad umido per ridurre la quantità di sabbia contenuta ad un valore accettabile per
l’impiego in cartiera. Benchè i caolini primari abbiano frequentemente un buon grado
di bianco, la resa in caolino utilizzabile è molto bassa e l’industria cartaria Americana
consuma modesti quantitativi di questo tipo.
8.2.2 DEPOSITI SECONDARI
Il secondo tipo di deposito di caolino viene indicato come secondario o sedimentario. I particolari sull’origine di detti depositi sono tuttora oggetto dì discussioni fra gli
studiosi di geologia, tuttavia si può affermare, in linea generale, che l’alterazione dei
minerali originari è avvenuta in un luogo diverso da quello dell’attuale deposito e che i
prodotti di decomposizione sono stati trasportati successivamente, probabilmente
dall’acqua, nel luogo dove si trovano attualmente. Una serie di depositi sedimentari di
questo tipo, situata lungo la «Fail Line» che rappresentava la linea costiera del continente americano in un periodo relativamente antico nella storia della geologia, si trova
nell’area adiacente alla linea che va da Augusta, Ga. a Macon, Ga. Da questi depositi
si ricava la maggior parte del caolino usato attualmente dall’industria cartaria americana e si sa che in questa area esistono depositi tali da coprire il fabbisogno di molti anni
futuri.
I depositi secondari, in confronto a quelli primari, sono relativa mente esenti da minerali estranei di natura grossolana o sabbiosa.
Le cave sono normalmente del tipo a cielo aperto ed è sufficiente la rimozione di
circa 30 a 80 piedi (9 a 24 metri) di materiale per mettere in luce l’inizio del deposito.
Il caolino da usare come carica della carta viene trattato a secco o ad umido per ottenere un prodotto idoneo all’impiego al quale destinato; la figura mostra il procedimento
d’estrazione e lavorazione dei caolini secondari.
46
Le sostanze di carica
8.3 TRATTAMENTO DEL CAOLINO
8.3.1 TRATTAMENTO A SECCO
I caolini trattati a secco o flottati all’aria subiscono una lavorazione relativamente
semplice e le qualità del prodotto finito dipendono quasi interamente da quelle del caolino grezzo. Il caolino grezzo viene dapprima frantumato ed essiccato in normali forni
rotativi e quindi viene introdotto nei gruppi polverizzatori: mulini a palle od a martelli.
Una corrente di aria asporta il materiale fine dal mulino e lo immette in un separatore
che ha il compito di rimuovere i pezzi non macinati e le impurità grossolane. Il materiale scartato può essere eliminato oppure può essere rimesso in ciclo nel mulino. Il
caolino finemente polverizzato viene separato dall’aria per mezzo di un ciclone o di
una serie di cicloni e quindi è pronto per l’imballaggio e per la spedizione. Siccome la
lavorazione è assai semplice, la produzione di un buon materiale di carica per via sec-
47
Le sostanze di carica
ca dipende molto dalle caratteristiche iniziali del grezzo trattato; esso deve avere un
grado di bianco elevato e molto uniforme, non deve contenere sabbia finemente suddivisa, ecc.
8.3.2 TRATTAMENTO AD UMIDO
Sono molto impiegati come cariche caolini trattati ad umido, o lavati con acqua, di
due tipi principali. Il metodo del lavaggio con acqua è più complesso del procedimento
a secco ed offre maggiori possibilità di migliorare le qualità del caolino grezzo e di
mantenere caratteristiche uniformi e, di conseguenza, i caolini così trattati hanno un
costo leggermente superiore a quello dei caolini lavorati a secco.
Nella forma più semplice il lavaggio con acqua viene eseguita agitando il caolino in
acqua per tenerne in sospensione le particelle e separare le impurità con una classificazione idraulica, eseguita nei coni a sabbia o nelle vasche di lavaggio. In generale le
impurità hanno dimensioni maggiori che le particelle di caolino ed hanno un peso specifico superiore e quindi possono essere eliminate quasi totalmente in base alla differente velocità di sedimentazione. In questi ultimi anni sono stati adottati separatori idraulici, idrocicloni e centrifughe continue. È anche comune l’impiego di reagenti
chimici quali il silicato di sodio od un polifosfato di sodio per peptizzare la sospensione prima della classificazione perché in tal modo si facilita la più completa rimozione
delle impurità.
Dopo il passaggio attraverso i classificatori, la sospensione viene di nuovo. flocculata con agenti chimici, se necessario. In taluni casi il caolino viene bianchito chimicamente, in generale con idrosolfito di zinco, per migliorarne il grado di bianco. Per
effetto della operazione di imbianchimento il caolino viene di nuovo flocculato, se la
sospensione è stata deflocculata durante la classificazione. La sospensione è quindi disidratata e le particelle di caolino vengono recuperate con una serie di operazioni tra le
quali possiamo elencare la sedimentazione, la centrifugazione, la filtrazione su filtri
continui a vuoto o su filtri-pressa, l’essiccamento per evaporazione, che frequentemente è realizzato in essiccatori rotanti. Il prodotto essiccato può contenere una piccola
percentuale di umidità residua, che diminuisce la tendenza a formare polvere durante
le operazioni di trasporto, oppure può essere essiccato in modo da contenere soltanto
una frazione di 1% di umidità residua. Talvolta il materiale viene passato al gruppo
polverizzatore e talvolta no, a seconda dell’impiego e del metodo di lavorazione adottato per la fabbricazione della carta.
I caolini lavorati con il sistema ad umido, con mezzi di controllo che permettono di
ricuperare tutto il minerale, sono quelli che si trovano normalmente in commercio. La
48
Le sostanze di carica
classificazione, particolarmente quando viene eseguita su sospensioni peptizzate, può
essere effettuata con un tempo prolungato di sedimentazione o con notevoli forze di
sedimentazione (centrifugazione) in modo da separare non solo i materiali estranei, ma
anche una frazione notevole delle stesse particelle di caolino. Detta operazione viene
normalmente eseguita in più stadi. Una classificazione preliminare, e precisamente
quella usata per produrre i caolini normali lavati con acqua, elimina le impurità sabbiose. La sospensione epurata dalla sabbia viene quindi sottoposta ad una classificazione per gravità o per centrifugazione e quindi è divisa in due o più frazioni. La sedimentazione è regolata in modo che la maggior parte delle particelle più fini di caolino
restino in sospensione mentre sedimentano le particelle con dimensione superiore ad
un valore determinato, che dipende dalle condizioni di lavoro, insieme a una piccola
quantità di particelle più fini. Nello stadio successivo vengono separate le particelle
più fini, che formano i caolini impiegati in patinatura. Questi caolini hanno un grado di
bianco relativamente alto, un migliore potere opacizzante e danno un buon grado di
lucido alla carta. Benché vengano usati più largamente per le patine, trovano tuttavia
impiego come materiali di carica in taluni tipi di carta che richiedono la presenza di
particelle finissime per ottenere determinati miglioramenti della qualità. La frazione,
dalla quale sono state allontanate le particelle più fini destinate ai caolini per patine,
viene successivamente bianchita e disidratata come detto più sopra. Questo prodotto è
talvolta denominato «caolino grossolano lavato in acqua». Le differenze principali fra
questi due tipi di caolino dipendono dalle diverse curve di distribuzione delle dimensioni delle particelle, perché entrambi vengono prodotti dal grezzo estratto dai depositi
secondari della regione «Fall Line» suddetta.
8.3.3 IMBIANCHIMENTO
Come abbiamo già detto, la qualità dei caolini flottati all’aria dipende da quella del
materiale grezzo impiegato. Non è conosciuto un metodo pratico per l’imbianchimento
a secco ed inoltre, i metodi a secco sono meno efficienti del lavaggio con acqua, per
rimuovere completamente le impurità sabbiose, specialmente se queste sono presenti
in quantità notevoli. Al contrario, lavorando ad umido, i processi chimici di imbianchimento di cui si è parlato, rendono possibile la produzione di caolini con un buon
grado di bianco uniforme, anche se il grezzo contiene molta sabbia, perché in tal modo
si può eseguire la completa separazione della sabbia. Può essere che in avvenire la disponibilità di grezzo di qualità adatta per il trattamento a secco in depositi uniformi di
ampiezza sufficiente per consentire una lavorazione efficace possa presentare dei pro-
49
Le sostanze di carica
blemi nel mantenere una qualità che si avvicini a quella ottenibile con il trattamento
umido.
8.3.4 CALCINAZIONE
Un altro tipo di caolino, impiegato come carica in quantità illimitata per problemi
particolari, è il caolino calcinato, anidro.
Lo si produce dal caolino raffinato con trattamento termico adatto ad eliminare
l’acqua di cristallizzazione combinata chimicamente. La temperatura di calcinazione
può salire fino a 1800° F (circa 1000°C) e produce una certa agglomerazione delle particelle del caolino; dopo la calcinazione è quindi necessaria la macinazione, per ottenere delle particelle con dimensione adatta all’impiego in cartiera. Il grado di bianco del
caolino può aumentare notevolmente con la calcinazione, a seconda delle temperature
impiegate. Contemporaneamente aumenta di parecchie volte l’abrasività del caolino;
detta abrasività è il maggiore ostacolo alla larga diffusione del caolino calcinato che,
tuttavia, viene impiegato nel cartone bianco patinato e nella manila bianchita. Non
viene adottato normalmente nella carta, particolarmente negli impasti che contengono
un’alta percentuale di carica, a causa della sua abrasività che danneggia il corredo di
macchina, i coltelli, ecc.
8.4 PROPRIETÀ DEL CAOLINO
I caolini per carica, comunque siano stati preparati, hanno tutti delle caratteristiche
fisiche e chimiche in comune. Essi sono inerti chimicamente e non reagiscono con gli
altri ingredienti che compongono l’impasto, ma possono subire, in grado molto limitato, reazioni a scambio di base o scambio di ioni, simili a quelle delle zeoliti. Le rotture
dei legami nelle squame silice-allumina, ai bordi dei cristalli di caolino, producono
delle cariche che sono equilibrate dai cationi adsorbiti. Lo scambio di ioni, e particolarmente di cationi, ha una grande importanza nella tecnologia del caolino, perché le
proprietà fisiche dei sistemi acqua-caolino dipendono molto dai cationi scambiabili
portati dal caolino. Esso è, ad esempio, il fattore fondamentale per la peptizzazione o
la flocculazione delle sospensioni di caolino che, a loro volta, determinano le caratteristiche di sedimentazione.
I caolini normali (non quelli calcinati) usati nella fabbricazione della carta hanno
una durezza di circa 2 sulla scala di Mohs. La sofficità e l’attitudine a dividersi fine-
50
Le sostanze di carica
mente fanno del caolino il materiale di carica meno abrasivo tra quelli comunemente
impiegati. Ovviamente l’assenza assoluta di impurità come il quarzo, anche se finemente macinato, è importante nel rendere minima l’abrasione.
Il grado di bianco dei caolini varia da 75 a 85% e per i caolini calcinati si può raggiungere e superare i 92 gradi. L’indice di rifrazione è di circa 1,56 ed è molto vicino a
quello della cellulosa.
8.5 CAOLINO COME MATERIALE DI CARICA
8.5.1 AGGIUNTA
I caolini possono essere aggiunti all’impasto in vari punti del ciclo di fabbricazione.
È pratica comune immettere il caolino in preparazione impasti per avere una buona
mescolazione con la pasta; in qualche caso il caolino viene aggiunto allo stato secco.
Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il caolino viene prima mescolato con acqua, frequentemente con l’aggiunta di un reattivo peptizzante, e la sospensione così ottenuta, è
setacciata per allontanare i materiali estranei, prima dell’immissione nel pulper. In taluni casi la sospensione di caolino viene aggiunta all’impasto in tina di macchina.
Il processo Fair è una variante al metodo normale e consiste nell’aggiungere una
sospensione diluita di caolino, direttamente sul foglio umido sulla tela della continua.
Gli studi effettuati indicano che la maggior perdita di carica, nel processo di formazione, avviene nei primi cinque piedi (circa 1,50 mt) della tela, prima, cioè, che si sia
formato uno strato di fibre. Il processo Fair migliora la ritenzione perché l’aggiunta del
caolino viene fatta sul foglio già formato.
La percentuale di caolino che può essere impiegata con buoni risultati può variare
entro un campo notevole.
Il quantitativo ottimale di caolino dipende dall’impiego al quale la carta è destinata,
dal tipo e dalla grammatura, e da fattori economici. Ad esempio alcuni tipi di carta da
edizioni contengono fino al 30 o 35% di caolino, talvolta anche in presenza di altri materiali di carica. La carta quadrotta, invece, contiene normalmente piccole percentuali
di carica costituite frequentemente da caolino con pigmenti ad alta opacità come il
biossido di titanio. In qualche caso la percentuale di caolino non può superare determinati valori perché lo vietano le tariffe doganali come, ad esempio, per la carta da giornale Canadese esportata negli Stati Uniti.
51
Le sostanze di carica
8.5.2 EFFETTI SUL FOGLIO
Il caolino migliora il grado di lisciatura, il grado di lucido e la stampabilità della
carta; migliora inoltre il grado di bianco e l’opacità.
Il caolino diminuisce il volume specifico, rende più morbido il foglio; diminuisce
la resistenza e, se impiegato in percentuali elevate, può diminuire il grado di collatura.
Siccome il caolino è uno dei materiali meno costosi tra quelli impiegati nell’industria
della carta, è sempre desiderabile, dal punto di vista economico, aumentarne la percentuale al più alto valore possibile, compatibilmente con le caratteristiche richieste per il
foglio finito: resistenza, volume specifico, ecc.
8.5.3 OPACITÀ
L’indice di rifrazione del caolino, circa 1,56, è molto vicino a quello della cellulosa, come abbiamo accennato sopra. Ciò nonostante, i caolini migliorano l’opacità della
carta perché aumentano l’area delle superfici riflettenti del foglio. Nella carta normale
vi sono degli spazi vuoti fra fibre e carica e le differenze fra gli indici di rifrazione
dell’aria, della cellulosa e della carica sono i fattori che determinano l’opacità del foglio. Nelle carte paraffinate invece l’aria è esclusa dal foglio e, siccome caolino e paraffina hanno indici di rifrazione poco diversi, il caolino non agisce come opacizzante.
Analogamente, il caolino aumenta di poco l’opacità della carta porcellanata, perché il
suo indice di rifrazione è quasi uguale a quello della cellulosa ed il foglio di pergamyn
è così denso che le singole particelle di caolino sono completamente circondate da cellulosa; gli interspazi aria-caolino sono praticamente eliminati.
La distribuzione delle dimensioni delle particelle di caolino è un fattore del suo potere opacizzante. I caolini con particelle molto fini, come quelli impiegati in patinatura, hanno un potere opacizzante maggiore di quello dei caolini normali e vengono impiegati come carica soltanto in casi speciali che ne giustificano il costo più elevato.
8.5.4 GRADO DI BIANCO
L’effetto del caolino sul grado di bianco di un foglio dipende, ovviamente, dalla
differenza fra i gradi di bianco del caolino e della pasta e da molti altri fattori. Anche
in questo caso i caolini con particelle fini danno un maggiore aumento del grado di
bianco, sempre che il grado di bianco iniziale dell’impasto sia inferiore a quello del
caolino. Il caolino non è adatto agli impieghi per i quali è richiesto un grado di bianco
molto elevato, perchè non ha l’elevato potere coprente dei pigmenti di biossido di titanio (né l’altissimo grado di bianco di questi pigmenti) di alcune qualità di carbonato di
calcio e di altri pigmenti.
52
Le sostanze di carica
8.5.5 RESISTENZA DELLA CARTA
Come gli altri materiali di carica, anche il caolino diminuisce la resistenza della
carta. Vi è pochissima differenza, a questo proposito, fra i vari materiali di carica; i
pigmenti di biossido di titanio vengono normalmente impiegati in percentuali minori
che il caolino sia per il loro potere opacizzante più elevato sia per il loro costo maggiore. Con il biossido di titanio si ha, in genere, una minore diminuzione di resistenza rispetto al caolino, principalmente perché si ha un minor contenuto di ceneri nella carta.
8.5.6 RITENZIONE
I fattori che determinano il quantitativo di caolino trattenuto nel foglio ed il meccanismo della ritenzione, sono molto difficili da stabilire. I problemi della ritenzione devono essere studiati singolarmente ed i dati ottenuti per una determinata operazione
non sono necessariamente applicabili ad un’altra. Vi sono tuttavia dei criteri fondamentali da prendere in considerazione. A parità delle altre condizioni, la ritenzione
diminuisce con l’aumento del quantitativo di caolino aggiunto; diminuisce col diminuire della grammatura; diminuisce col diminuire del grado di ingrassamento; diminuisce con l’aumento della velocità di macchina.
Le particelle più grandi vengono probabilmente trattenute in gran parte meccanicamente per filtrazione; le particelle più piccole, tuttavia, quando sono disperse in acqua passano facilmente attraverso il foglio. Si è osservato, in alcuni vecchi studi, che
l’allume ha una grande influenza sulla ritenzione. I primi ricercatori erano portati a postulare che l’allume si limita a flocculare le particelle colloidali, e quasi colloidali, aumentando l’effetto meccanico della ritenzione. Gli studi più recenti hanno dimostrato
che l’allume ha un ruolo più importante, non limitandosi ad intervenire come agente
flocculante, per quanto anche la flocculazione sia indubbiamente una delle sue caratteristiche positive.
I caolini e la maggior parte dei materiali di carica, assumono una carica elettrostatica negativa quando vengono dispersi in acqua. Vi sono pochi materiali colloidali con
carica positiva, ma l’allumina colloidale derivante dall’idrolisi dell’allume è fortemente positiva se precipitata ad un pH adatto. La sua massima attività come sol positivo è
ad un pH di circa 5,2. Quando il pH aumenta oltre questo valore, il carattere positivo
del sol diminuisce e con piccolissimo eccesso di alcali si forma dell’idrossido di alluminio normale, con carica negativa.
Il sol di allumina con carica positiva formata per idratazione dell’allume in determinate condizioni di pH è un fattore di natura colloidale più importante dell’azione
53
Le sostanze di carica
meccanica per la ritenzione del caolino e degli altri materiali di carica. Sembra che
l’allumina con carica positiva si depositi sulle fibre di cellulosa cariche negativamente,
cambiando la loro natura elettrostatica ed esse attraggono, anziché. respingere, le particelle di caolino aventi carica negativa.
La ritenzione totale è quindi il risultato della combinazione di fenomeni colloidali e
meccanici. L’importanza di questi meccanismi varia da caso a caso ed influenza
l’attitudine dei singoli materiali di carica ad ottenere la massima ritenzione.
Per migliorare la ritenzione della carica vengono raccomandati molti additivi tra i
quali colla animale colloidale preparata in modo speciale e vari tipi di gomme. In condizioni adatte questi preparati sono molto efficienti sia a causa di una accentuata flocculazione sulle particelle di caolino, sia a causa di una coflocculazione di caolino e di
fibrille. Gli amidi cationici sono anche molto utili per migliorare la ritenzione perché,
probabilmente, agiscono come il sol di allumina carico positivamente discusso più sopra. L’impiego di sistemi chiusi delle acque bianche è un metodo molto efficiente per
aumentare la ritenzione complessiva dei materiali di carica.
Come abbiamo indicato a proposito dell’analisi chimica, i caolini perdono circa il
14% in peso per calcinazione; questa perdita è dovuta all’acqua di idratazione. Bisogna avere presente questo fattore quando si esaminano i problemi della ritenzione, perché il contenuto di ceneri di un foglio caricato con caolino sarà sempre, inevitabilmente, inferiore al contenuto di carica effettivo.
54
Le sostanze di carica
9. FARINA FOSSILE
Le diatomee, microscopiche piante acquatiche dotate di mobilità, esistite durante le
ere geologiche, hanno organismi così minuti e sottili che è necessario un potente microscopio per osservarne le forme geometriche.
Bisogna fare due classificazioni fondamentali: tipi marini, esistenti nelle acque salate dei mari e degli oceani, dove esse costituiscono l’alimentazione per altre piante ed
organismi viventi quali i molluschi, i mammiferi ed i pesci.
I tipi di acqua dolce, esistenti in abbondanza in laghi semi-fermi ed in corsi d’acqua
lenti, contribuiscono, in parte. al loro aspetto caratteristico. Le diatomee si trovano praticamente in tutto il mondo, però preferiscono le acque molto fredde e sono abbondanti
nelle regioni artiche.
9.1 FORMAZIONE E PROVENIENZA
Le diatomee marine fiorivano un tempo (durante l’Era Miocenica) nella regione
dell’attuale California del Sud, quando era sotto il mare. Esse vissero e morirono in
quest’area, formando immensi depositi, poiché i loro scheletri scesero sul fondo del
mare. Questi sono ora chiamati depositi di diatomite e si estendono dall’area della Laguna, pittoresca residenza di artisti, alla zona di Monterey, famosa nella storia della
California.
Le diatomee di acqua dolce formarono analoghi depositi nel periodo più recente
(probabilmente 100.000 anni or sono) della attività vulcanica nelle regioni occidentali
degli Stati Uniti. La lava, colando dai vulcani formò delle dighe che sbarrarono i fiumi; ebbero così origine i laghi nei quali fiorirono le diatomee. Talvolta i fiumi si aprirono una strada attraverso le dighe di lava, lasciando depositi alti e secchi. I maggiori
depositi di farina fossile d’acqua dolce sono negli Stati di Washington, Oregon e Nevada.
La farina fossile, allo stato naturale, ha l’aspetto di roccia molto soffice e la si può
ridurre in polvere fra le dita. Quando è secca ha colore variabile tra il bianco ed il grigio. Diversamente dalla maggior parte degli esseri viventi le diatomee hanno lo scheletro di biossido di silicio, materiale molto inerte chimicamente. La sabba comune ha
composizione simile, ma la struttura fisica è molto diversa.
55
Le sostanze di carica
Le diatomee, in virtù della loro struttura caratteristica e dell’inerzia chimica, continuano a dare un notevole contributo alle industrie in America e nel mondo, milioni di
anni dopo la loro morte.
9.2 MATERIALE DI CARICA
I materiali di carica prodotti con farina fossile vengono impiegati per vernici, lacche ed altri rivestimenti protettivi; in composizioni con l’asfalto e nei prodotti plastici;
nella pulitura e lucidatura dei metalli; come diluente di insetticidi, nei fertilizzanti e
negli esplosivi. L’impiego come carica della carta è relativamente nuovo, perché si è
sviluppato negli ultimi dieci anni; tuttavia sta aumentando con un ritmo così intenso da
lasciare prevedere che diventi una delle più importanti utilizzazioni della farina fossile.
9.3 PRODUZIONE E LAVORAZIONE
La produzione della farina fossile consiste essenzialmente di due operazioni fondamentali: estrazione e lavorazione. Tempo addietro la farina fossile veniva estratta
secondo la tradizione popolare eseguendo trivellazioni o gallerie nella «roccia» stessa.
Oggi sia il materiale di ricoprimento non diatomitico, sia la diatomite grezza vengono
estratti con scavatrici meccaniche e caricati in autocarri. Gli autocarri portano il materiale grezzo ai cumuli oppure direttamente all’impianto per la lavorazione. I cumuli di
materiale costituiscono una riserva per la eventualità che avvengano interruzioni al lavoro di estrazione, permettono un certo essiccamento prima della lavorazione e rendono più facile la mescolazione.
La lavorazione del materiale grezzo, contenente dal 15 al 60% di umidità, inizia
con la frantumazione della «roccia» soffice in pezzi con diametro circa 2 pollici (= 51
mm.) o più piccoli in un mulino a martelli. Non si effettua la macinazione vera e propria per evitare di distruggere la struttura della diatomite. Il grezzo frantumato viene
raccolto in depositi od in silos.
Il materiale entra nell’impianto in tubazioni attraverso le quali passa aria calda con
velocità sufficiente per portarlo ai cicloni separatori.
Questi separatori purificano il grezzo eliminando la sabbia e classificano il materiale in base alla dimensione delle particelle.
In questo stadio, oppure durante il successivo, il materiale grezzo è parzialmente
disintegrato nel passaggio attraverso il ventilatore (od i ventilatori) dell’aria calda.
56
Le sostanze di carica
Dalla descrizione è evidente che l’essiccamento, la macinazione, la purificazione, il
trasporto e la ventilazione, avvengono quasi simultaneamente. Normalmente in uno sta
dio solo non si può macinare, essiccare, o frazionare il materiale in modo da ottenere
la gradazione richiesta; ciò si può ottenere in vari stadi. Alla fine di questo processo il
materiale è una polvere praticamente secca adatta per l’impiego come prodotto naturale oppure è pronto per la calcinazione o per la produzione di tipi bianchi.
9.3.1 PRODOTTO NATURALE
I tipi naturali si differenziano tra loro per la dimensione delle particelle o per la diversità dei grezzi originari; talvolta per entrambi i motivi. La differenza dì dimensione
delle particelle è dovuta ai tipi di diatomee presenti nel grezzo ed alla tecnica della separazione in aria che può realizzare una distribuzione delle dimensioni delle particelle
adatte per qualche uso speciale. Tutte le impurità presenti come le sostanze vegetali, il
caolino e la sabbia, modificano le proprietà fisiche e chimiche della diatomite e, di
conseguenza, anche i risultati che si ottengono. I tipi naturali hanno, in genere, particelle più piccole che i tipi calcinati o quelli bianchi. Se usato come elemento filtrante il
prodotto naturale permette portate inferiori del liquido in filtrazione, nei confronti degli altri due tipi, però effettua una più accurata separazione dei solidi. I prodotti naturali sono i meno abrasivi dei tre tipi ed hanno la maggiore area. Quando vengono usati
come materia prima per produrre certi reattivi chimici quest’ultima proprietà permette
loro di reagire, in condizioni appropriate, più velocemente che altri tipi di silice.
9.3.2 TIPI CALCINATI
I tipi calcinati vengono trattati come i prodotti naturali; inoltre essi vengono introdotti in forni rotanti nei quali sono sottoposti ad un aumento graduale di temperatura
fino a raggiungere 1500 o 2200°F. (= 810 ± 1200 °C). La temperatura viene stabilita in
funzione del grezzo usato, del tempo di permanenza nel forno e delle caratteristiche
del prodotto desiderato. Il prodotto calcinato viene normalmente raffreddato prima della macinazione; viene quindi vagliato per rimuovere le parti bruciate e ventilato. Tutte
le diatomiti calcinate hanno colore rosa. Questa variazione di colore è dovuta a piccole
percentuali di ferro che vengono trasformate in ossido ferrico. La calcinazione ha un
effetto notevole sulle proprietà chimiche e fisiche della diatomite. I prodotti così trattati diventano praticamente insolubili in acidi forti; inoltre sono stabli alle alte temperature. La elevata temperatura di calcinazione modifica alquanto la superficie delle diatomee e la dimensione delle particelle elementari. Le differenze nel grado di calcina-
57
Le sostanze di carica
zione contribuiscono, assieme ai motivi sopra detti, a creare molti prodotti con caratteristiche diverse.
La leggera colorazione rosa dei tipi calcinati limita il loro impiego come materiale
di carica ma non ne pregiudica l’impiego come elemento filtrante; essi permettono
maggiori portate che i prodotti naturali e minori che i tipi bianchi. La calcinazione
rende le particelle più fragili e meno resistenti allo sfregamento. I tipi calcinati vengono impiegati su larga scala come materiali isolanti perché hanno una stabilità alle alte
temperature superiore a quella dei tipi naturali e dei tipi bianchi.
9.3.3 PRODOTTI BIANCHI
I tipi bianchi si ottengono eseguendo la calcinazione in presenza di flussi aggiunti.
Questo metodo ha un effetto più sostanziale che la calcinazione pura e semplice, sulla
superficie delle diatonomee e sulla dimensione delle particelle. Il risultato più evidente
del trattamento è la variazione del colore che da camoscio o biancastro diventa nettamente bianco. Per combinazione questo cambiamento, dovuto alla reazione chimica tra
ferro e reattivi stabilizza tutte le impurità presenti e quindi è praticamente impossibile
separarle, senza la distruzione chimica di tutto il prodotto. La possibilità di variare il
quantitativo de il tipo di flusso aggiunto e le temperature di lavoro, si unisce alle altre
variabili permettendo di produrre una gamma molto estesa di prodotti diversi
L’impiego principale dei tipi bianchi è la filtrazione, in virtù delle elevate portate
ammissibili. Il colore bianco è anche molto utile per il loro uso come pigmenti
nell’industria della carta o come additivi nell’industria delle vernici.
9.4 PROPRIETÀ DELLA FARINA FOSSILE
Da quanto citato risulta evidente che la farina fossile si differenzia sostanzialmente
dagli altri materiali di carica della carta. I dati in tabella danno maggiori dettagli e possono essere utili per valutare una possibilità di utilizzo della farina fossile
nell’industria della carta. I limiti indicati comprendono i tipi che vengono normalmente impiegati in cartiera.
58
Le sostanze di carica
PROPRIETÀ DELLA FARINA FOSSILE USATA
NELLA INDUSTRIA DELLA CARTA
Tipo di materiale
Naturale
Lavorato
Peso specifico
1,95-2,05
2,80-2,36
Umidità massima
6,0%
1,0%
Residuo su tela da 325 maglie, max.
1-8%
1-15%
Densità apparente, materiale sfuso, lb/piede cubo 8-12
8-12
Densità, materiale compatto lb/piede cubo
18-30
18-30
Grado di bianco
59-75
85-95
Colore
da bruno a bianco bianco
Abrasione relativa, mg
40-175
200-1000
di azoto, mq/grammo
20-37,3
1,6-4,0
Assorbimento olio (Gardner Coleman)
140-180
100-250
SiO2
80-90%
80-90%
Al2O3
3,0-7,0%
3,0-7,0%
Fe2O3
1,0-3,0%
1,0-3,0%
CaO
0,3-3,0%
0,3-3,0%
MgO
0,1-1,0%
0,1-1,0%
Perdita alla calcinazione
4,0-7,5%
0,5-1,5%
Area superficiale, metodo di adsorbimento
Analisi chimica
59
Le sostanze di carica
Distribuzione delle dimensioni delle particelle,
in micron:
sopra 40
0-4%
0-5%
da 40 a 20
3-10%
1-11%
da 20 a 10
5-20%
10-30%
da 10 a 6
14-32%
15-30%
da 6 a 2
30-46%
20-55%
sotto 2
15-32%
4-20%
9.4.1 METODO DI AGGIUNTA
I metodi per l’aggiunta non sono molto diversi da quelli normali per gli altri materiali di carica. Le variazioni che si riscontrano sono state studiate per adattarsi a particolari condizioni di lavoro. Il metodo più comune consiste nell’immettere il materiale
secco nel pulper, scaricandolo dai sacchi che lo contengono. Si può anche miscelarlo
con acqua, alla concentrazione desiderata, ed immettere la miscela in preparazione impasti, nelle pompe prima del Jordan, nei mescolatori (particolarmente se vengono miscelati in essi parecchi tipi di pasta) oppure attraverso al sistema di spruzzatori, come
avviene talvolta quando si fabbrica carta da giornale. Quando si impiega la colla si ottengono normalmente i migliori risultati aggiungendo la farina fossile dopo che la collatura è avvenuta. Quando si desidera avere la massima scolantezza ed il massimo volume specifico, il miglior punto per l’aggiunta è dopo la raffinazione, perché si ha anche il vantaggio di diminuire il costo di energia per tonnellata di prodotto finito.
9.4.2 RITENZIONE
Benché i materiali siano finemente polverizzati, la ritenzione della farina fossile nel
foglio è eccellente, perché essa ha una bassa densità, rimane bene in sospensione e le
particelle hanno una struttura che favorisce la ritenzione. Citiamo alcuni dati: cartone
da 85 a 95%; carta straccio ed altre carte fini da 90 a 95%; altri tipi da 70 a 86%. La
ritenzione dipende naturalmente dal tipo di farina fossile usato, dal metodo di aggiunta, dal tipo di pasta, dalla grammatura della carta e da altri fattori nel sistema di fabbricazione.
60
Le sostanze di carica
9.4.3 QUANTITATIVI
Per quanto riguarda il quantitativo. il campo è abbastanza ampio e dipende dal tipo
di materia fibrosa, dalla composizione dell’impasto, dal tipo di prodotto finito, dalle
condizioni di lavoro in cartiera, ecc. La percentuale varia dallo 0,5, usato talvolta come
antiresina, ai 15% impiegato per alcuni tipi di cartoni. Percentuali caratteristiche sono:
carta da giornale da 2 a 4%; cartone grigio 4%; coperchi per bottiglie del latte e cartoni
per contenitori del latte da 3 a 5%; carta per stampa in offset da 2 a 4%; velina agrumi
e supporto per carta carbone 1%; copertina e anima di cartone pieghevole da 3 a 10%.
Le proporzioni sono basate sul peso dell’impasto, secco. Il quantitativo esatto deve essere variato in base ai risultati che si desidera ottenere ed al tipo di fibra usato.
61
Le sostanze di carica
10. PIGMENTI LUMINESCENTI
I pigmenti luminescenti sono conosciuti da molto tempo ma prima dell’ultima guerra venivano impiegati in America in modeste proporzioni. La maggior parte di essi veniva importata ed il loro costo elevato ne limitava l’impiego al campo della pubblicità
e del teatro. Durante la guerra questi materiali vennero impiegati per carte geografiche,
per nastri gommati da segnalazioni, per quadranti di strumenti ecc. Con l’aumento della produzione, che doveva fare fronte alle molte richieste, si ottenne una notevole riduzione dei costi. Nell’industria della carta i pigmenti luminescenti sono stati impiegati
principalmente per carte geografiche sia nell’impasto come carica, sia come patina. Si
preferì la carta caricata perché la luminescenza si estende attraverso a tutto lo spessore
della carta e non viene distrutta da raschiature.
10.1 ORIGINE E PREPARAZIONE COMMERCIALE
I pigmenti luminescenti vengono classificati in due gruppi: fluorescenti e fosforescenti.
I pigmenti fluorescenti emettono luce visibile solo durante il tempo di esposizione
ad una sorgente luminosa eccitatrice. La sorgente luminosa, nella pratica commerciale,
è denominata «luce nera», ed è costituita dall’energia radiante nel campo
dell’ultravioletto vicino, filtrata opportunamente per eliminare la luce visibile.
I pigmenti fosforescenti emettono anch’essi luce fluorescente visibile durante
l’esposizione alla luce nera, ma vengono usati principalmente perchè hanno un periodo
di luminosità successiva, o fosforescenza, che segue alla eccitazione da parte della luce
nera o della luce visibile (luce solare o artificiale).
I materiali base per i pigmenti luminescenti sono composti chimici purissimi fabbricati in condizioni esattamente conosciute. Quelli commercialmente più importanti
sono i solfuri di zinco o zinco più cadmio come pure i solfuri di calcio e di stronzio.
Nella fabbricazione dei pigmenti i solfuri vengono trattati con piccoli quantitativi di
attivanti metallici e quindi vengono messi in forni ad alta temperatura. Si possono solo
impiegare materie prime purissime e tutte le fasi di lavorazione, la regolazione della
temperatura e la pulizia devono essere eseguite scrupolosamente.
62
Le sostanze di carica
10.2 PROPRIETÀ COME MATERIALE DI CARICA
I pigmenti fluorescenti sono molto adatti all’impiego come materiale di carica; per
ottenere un’alta ritenzione del pigmento è opportuno realizzare un sistema chiuso delle
acque bianche perché, in tal modo si possono realizzare notevoli economie. Molte tonnellate di carte geografiche sono state preparate con carta caricata nel pulper con pigmenti fluorescenti.
L’impiego dei pigmenti fosforescenti nell’industria della carta è riservato al campo
delle patine; ciò probabilmente dipende dalla grandezza delle dimensioni delle particelle e dal fatto che i pigmenti a base di stronzio e calcio si alterano in presenza di acqua. La stabilità chimica dei pigmenti fosforescenti a base di solfuri di zinco o di una
combinazione di solfuri di zinco e cadmio è buona e quindi possono essere impiegati
come carica; tuttavia i cartai preferiscono impiegarli in patinatura
10.3 FATTORI ECONOMICI
Per quanto i pigmenti luminescenti di produzione americana siano meno costosi di
quelli che tempo addietro venivano importati, essi tuttavia sono sempre un materiale di
carica costoso e quindi il loro impiego è limitato a carte speciali. Dobbiamo comunque
far notare che sono state impiegate molte tonnellate di pigmenti luminescenti come cariche per carta e che la loro utilizzazione ha largamente superato la fase sperimentale.
63
Le sostanze di carica
11. TALCO
Il talco minerale puro è un silicato di magnesio soffice, bianco, idrato e si trova in
molte parti del mondo. Ha durezza da 1 a 1,5 nella scala di Mohs, peso specifico di
circa 2.75, sfaldamento basale ed è untuoso al tatto. Molti pensano che il talco venga
utilizzato principalmente per cosmetici; invece, i quantitativi impiegati nell’industria
delle vernici, della carta, della ceramica ed in altre industrie superano di gran lunga
quelli utilizzati per fabbricare la cipria. Nel 1956 sono state prodotte negli Stati Uniti
571.283 short tons di talco industriale e steatite, delle quali il 2% è stato utilizzato per
cosmetici. I dati dei 1957 indicheranno sicuramente un ulteriore aumento della produzione totale.
Bisogna distinguere il talco minerale puro, con formula H2Mg3 (SiO3)4 che è composto da 63,5% di SiO2, 31,7% di MgO e 4,8% di H2O, dal talco industriale impiegato
dalla maggior parte delle industrie. Il talco industriale contiene talco minerale come
costituente predominante o più comune, assieme ad altri silicati contenenti quantità
apprezzabili di magnesio. Un ricercatore cita che in un talco commerciale ha identificato 36 minerali differenti, compreso il talco minerale, insieme ad altri 4 minerali ancora non classificati. La composizione media di un talco industriale venduto da uno dei
maggiori produttori è: 56,0% SiO2; 30,8% MgO; 6,5% CaO; 4,7% di perdita alla combustione oltre a piccole quantità di altri ossidi, carbonati e solfati che costituiscono il
restante 2%.
Il talco è chimicamente inerte nelle condizioni di lavoro di parecchie industrie, oltre
a quella delle ceramiche; ha un eccellente colore bianco, buona sofficità, buona dimensione delle particelle, inerzia notevole ed il prezzo è vantaggioso per l’impiego in molti prodotti.
La maggior parte dei depositi di talco viene considerata come originata da alterazioni di rocce preesistenti, normalmente sedimenti, avvenute in seguito a reazioni chimiche, ad alte temperature e pressioni, tra le rocce preesistenti e successive intrusioni
vulcaniche. Con tale origine è quindi facile comprendere perché il talco è chimicamente inerte durante la maggior parte dei processi di fabbricazione.
La produzione mondiale di talco e minerali affini in 29 nazioni nel 1956 ammontò
a 1,8 milioni di short tons. La produzione negli Stati Uniti fu circa di 2,5 volte superiore a quella del Giappone che è il secondo in ordine di importanza, mentre soltanto altre
cinque nazioni (Austria, Germania Occidentale, Francia, Norvegia ed Italia) presenta-
64
Le sostanze di carica
no tonnellaggi superiori a 50.000 tons. Negli Stati Uniti si produce talco in 14 Stati, tra
i quali i più importanti sono New York, Nord Carolina e California.
Probabilmente la zona produttrice di talco più vecchia e più conosciuta negli Stati
Uniti è il distretto di Gouverneur in New York cui spetta l’80% del quantitativo prodotto nello stato. A sud- est della città di Gouverneur le cave si estendono per oltre 5
miglia ed erano già sfruttate alla fine del secolo scorso; il loro prodotto è ben conosciuto nelle industrie. Attualmente tre società estraggono il talco da questi depositi; descriveremo brevemente la tecnica moderna di estrazione e di macinazione adottata da
una di queste tre società che ha iniziato la produzione nel 1948
Essa ha eseguito un pozzo verticale di 800 ft. (243 m.) rivestito con calcestruzzo ed
ha costruito un impianto moderno di macinazione per la produzione di 500 tonn. al
giorno. Gli strati hanno spessore da 130 a 80 ft. (9 a 24 m.) e sono inclinati con un angolo di 450V
Prima di iniziare l’estrazione si prelevano dei campioni, che vengono analizzati per
essere sicuri che il minerale ha qualità uniforme e che corrisponde ai quesiti richiesti.
Il materiale viene quindi forato, spaccato con le mine, trasportato al pozzo con locomotive elettriche, frantumato e portato fuori con l’elevatore. Il materiale passa quindi
ad un altro frantumatore e viene inviato ai serbatoi in stabilimento dove si eseguono di
nuovo i campionamenti e le analisi.
Successivamente il minerale viene essiccato e macinato a meno di 16 maglie dopo
di che viene ancora campionato, analizzato ed immagazzinato in grandi serbatoi. Il
materiale verrà poi preso dai serbatoi per subire la macinazione finale che può essere
di due tipi:
a) in normali mulini a palle che producono un tipo con particelle di dimensioni paragonabili a quelle dei talco commerciale venduto in questi ultimi anni nel distretto;
b) in mulini speciali che producono tipi finissimi con particelle aventi
dimensioni da 3,1 a 5,5 micron, determinate con il metodo della sedimentazione.
Dopo la macinazione il materiale viene campionato, analizzato e trasportato allo
stato secco con sistema pneumatico ai serbatoi, dai quali verrà estratto per impaccarlo
in sacchi di carta oppure per riempire i carri cisterna. Prima della spedizione si esegue
ancora la campionatura e l’analisi del materiale caricato nei carri cisterna.
Nell’industria della carta il talco viene usato come carica in molti tipi di carta e cartone in virtù della sua buona ritenzione, dell’inerzia chimica, del buon colore bianco e
del grado di bianco da 90 a 91. Normalmente viene impiegato nelle percentuali del 5%
65
Le sostanze di carica
per i tipi fabbricati su tavola piana e del 10% nel liner di qualche tipo di cartone. Percentuali dall’1 al 2% vengono impiegate per diminuire i disturbi creati dalla resina.
L’industria della carta sta continuamente aumentando il consumo di questo talco
molto bianco ed a particelle finissime.
66
Le sostanze di carica
12. PIGMENTI DI TITANIO
I pigmenti di titanio vengono usati come materiale di carica soprattutto perché hanno un alto potere opacizzante e perché producono un ottimo grado di bianco. Il biossido di titanio, che sta alla base di tutti i pigmenti al titanio, ha un alto indice di rifrazione e pertanto un potere opacizzante superiore a tutti gli altri pigmenti bianchi. Oltre a
ciò i pigmenti di titanio non presentano difficoltà all’impiego perché sono chimicamente inerti, hanno piccole particelle, buona uniformità e notevole attitudine a formare
buone dispersioni.
12.1 MATERIE PRIME
Il biossido dì titanio si trova in natura in tre forme (rutilo, brokite e anatasio), ma
nessuno di questi tre minerali naturali può essere utilizzato direttamente come pigmento. Attualmente il minerale più importante è l’ilmenite, un titanato di ferro con formula
approssimata FeTiO3 o FeOTiO2 sebbene esso di rado corrisponda direttamente a questa formula, poiché il ferro in pratica è sempre presente nelle due condizioni di valenza. Il biossido di titanio contenuto nei minerali commerciali varia dal 85 al 55% e la
parte restante è costituita principalmente da ossidi ferroso e ferrico. Il minerale ha colore nero-ferro e si trova sotto forma di rocce, di sabbia o come miscuglio eterogeneo.
Uno dei più importanti depositi di ilmenite è nelle sabbie della spiaggia di Travancore, India, e da esso, prima della guerra proveniva tutto il materiale grezzo per
l’America; attualmente è ancora un fornitore molto importante. Queste sabbie costituivano un minerale dal prezzo relativamente basso tanto che, prima del 1942 non si lavoravano i depositi rocciosi, tranne una eccezione ad Egersund in Norvegia.
Durante la guerra questo deposito divenne praticamente inaccessibile e, fortunatamente si trovarono importanti depositi a Tahawus nelle Adirondak Mountains, New
York, che vennero sfruttati a partire dal 1942. Siccome il materiale si trova in vista, sui
fianchi della montagna, le miniere sono del tipo aperto, a gradinata. Dopo che il materiale di ricoprirnento è stato rimosso si spacca la roccia con mine ed il materiale viene
trasportato alla frantumazione in un frantoio a ganasce, in combinazione con frantoi a
cono, che lo riduce a dimensioni adatte per le lavorazioni successive. Il materiale, che
è magnetico, viene separato dalla roccia che gli è stata macinata assieme, passando su
67
Le sostanze di carica
un nastro trasportatore munito di tamburo magnetico Le particelle magnetiche del minerale aderiscono al nastro e quelle non magnetiche cadono fuori. Il minerale viene
raffinato in mulini a barre, passa quindi agli assortitori vibranti, ad una seconda separazione magnetica e ad un processo di flottazione. Il materiale che inizialmente conteneva circa il 18% di biossido di titanio, dopo le sud dette lavorazioni contiene oltre il
45% di biossido di titanio.
I minerali di titanio vengono pure estratti, ma in quantitativi inferiori rispetto a
quelli sopra indicati, in Virginia, Nord Carolina e Florida. La ilmenite si trova anche in
quantitativi commerciali in altre parti degli Stati Uniti, in Canada, nel Messico, in
Nord Africa, nel Madagascar ed in Brasile. Probabilmente il deposito più importante è
quello nel Quebec del nord che è ancora in fase di esplorazione e sviluppo ma, già attualmente ha una notevole produzione di materiale che viene pre-lavato per eliminare
le impurità ed il ferro in particolare, e quindi è calcinato in forni rotanti. Questa calcinazione trasforma l’idrato in biossido di titanio nella forma cristallina anatasio o rutilo,
a seconda dei nuclei impiegati e della temperatura di calcinazione.
Nella fabbricazione del pigmento composto: titanio rutilo-calcio, la soluzione di titanio
viene preparata come detto sopra, ma variano le operazioni successive. Un produttore
sospende un quantitativo determinato di solfato di calcio (anidrite) nella soluzione di
solfato di titanio che viene quindi idrolizzata per precipitare il titanio idrato sulla base
formata dall’anidrite. Un altro produttore prepara il biossido di titanio ed il solfato di
calcio separatamente e li miscela meccanicamente. Tempo addietro si preparava analogamente un pigmento composto: titanio-bario, usando bianco fisso al posto
dell’anidrite, ma attualmente questa lavorazione non si effettua più in America.
Sono stati studiati altri processi ma l’unico attualmente impiegato, oltre al metodo
dell’acido solforico già descritto, è il procedimento al tetracloruro di titanio in fase vapore. Si esegue la clorurazione del minerale, la purificazione del tetracloruro e la idrolisi a biossido di titanio in fase vapore. Esistono molti tipi di pigmenti al titanio, preparati per soddisfare alle richieste delle industrie, particolarmente quella delle vernici.
Tutte le proprietà dei pigmenti vengono controllate accuratamente, ma la maggior parte di esse non interessa l’industria della carta. Infatti, con adatti metodi di dispersione,
tutti i pigmenti di titanio possono essere usati per la fabbricazione della carta. I tipi più
impiegati sono quelli disperdibili in acqua perché hanno appunto la proprietà di disperdersi bene in acqua.
I pigmenti vengono venduti normalmente in sacchi di carta da 50 Ib. (=22,6 kg) cadauno.
68
Le sostanze di carica
12.2 PROPRIETÀ DEI PIGMENTI DI TITANIO
Il biossido di titanio è una polvere fine e bianca insolubile in acqua, nei solventi organici, negli acidi organici, negli acidi inorganici e negli alcali diluiti. Esso reagisce
molto debolmente negli acidi cloridrico e nitrico concentrati, ed in acqua regia. È solubile a caldo in acido fluoridrico e in acido solforico, purché sia presente un quantitativo di acido sufficiente. L’aggiunta di un solfato alcalino all’acido solforico accelera
la soluzione. Il biossido di titanio può essere fuso con alcuni sali alcalini, come il carbonato di sodio o di potassio od il bisolfato di sodio. Il biossido di titanio non è tossico.
La stabilità fisica è dimostrata dal suo alto punto di fusione: 1825°C e dalla relativa invariabilità alle alte temperature.
Il biossido di titanio può assumere tre forme cristalline: anatasio, rutilo e brookite: i
primi due sono tetragonali e l’ultimo è orto rombico.
La brookite non è importante commercialmente perché non è stata preparata sinteticamente in quantitativi apprezzabili e si trova in natura molto raramente. La cellula
unitaria, la più piccola unità del cristallo che si ripete in tutto il sistema, è differente
nell’anatasio e nel rutilo. L’anatasio ha la lunghezza massima allineata con l’asse C ed
il rutilo con l’asse A. Il volume della cella unitaria del rutilo è di 61,92 Angstrom cubi,
mentre quello del rutilo è di 134,5 Angstrom cubi. È evidente che cambiando la forma
cristallina da anatasio a rutilo, la cella unitaria diventa più piccola e meno complessa.
La durezza del biossido di titanio è superiore a quella del caolino, tuttavia questo
fattore tende ad essere compensato dal fatto che i pigmenti a base di biossido di titanio
hanno particelle di finezza uniforme e non contengono sabbia.
69
Le sostanze di carica
Biossido di titanio
Pigmento coposto
Rutilo
Anastasio
Titanio
Rutilo-calcio
100% TiO2
100% TiO2
30% TiO2
70% Ca2SO4
50% TiO2
50% Ca2SO4
Indice di rifrazione
medio
2,7
2,55
1,98
2,15
Peso specifico
4,2
3,9
3,25
3,47
Grado di bianco
al secco, %
98
98,5
97,5-98,5
97,5-98,5
Dimensione media
delle particelle
(micron)
0,35
0,3
0,6
0,6
Durezza, scala Mohs
6-7
5-6
–
–
Composizione
approssimata %
Il solfato di calcio (anidrite) che è un componente dei pigmenti di titanio rutilocalcio, è leggermente solubile in acqua e quindi se non si ha un buon ricupero delle
acque bianche, si ha con essi una ritenzione inferiore a quella del biossido di titanio.
Tuttavia la porzione di biossido di titanio viene trattenuta molto bene ed alcune cartiere hanno constatato che realizzano economie con l’impiego del pigmento composto.
La dimensione dei pigmenti di titanio viene regolata con esattezza durante la precipitazione e la calcinazione; in seguito si effettua la macinazione per rompere gli aggregati. È consuetudine per i materiali di carica, di indicare come sabbia o particelle
grossolane, la percentuale in peso trattenuto su tela da 325 maglie oppure il suo equivalente superiore a 44 micron (1 micron = 0,0001 cm). Questa prova non è sufficiente
perchè il materiale che passa attraverso al setaccio deve avere delle caratteristiche par-
70
Le sostanze di carica
ticolari. La dimensione delle particelle è importante perchè il potere opacizzante dipende dall’alto indice di rifrazione in corrispondenza di una dimensione delle particelle optimum. Quest’ultima dovrebbe essere uguale a circa la metà della lunghezza
d’onda della luce visibile, con un minimo di 0,1 ± 0,2 ed un massimo di circa 0,5 micron: entro questi limiti si ha la massima dispersione della luce visibile.
Sono stati studiati molti metodi per l’esame delle dimensioni e della forma delle
particelle, perchè la distribuzione delle dimensioni delle particelle e l’area specifica
vanno acquistando sempre maggiore importanza per gli impieghi industriali: essi comprendono: analisi al setaccio, analisi al microscopio ed all’ultramicroscopio, metodi di
sedimentazione e centrifugazione, di permeabilità e di assorbimento. Il largo impiego
del microscopio elettronico, in questi ultimi anni, ha fornito un contributo notevole allo studio delle dimensioni delle particelle e della loro forma.
12.3 IMPIEGO IN VARI TIPI DI CARTA
I pigmenti di titanio sono impiegati in tutti quei tipi di carta che richiedono buone
caratteristiche di opacità, di bianco e di colore. Oltre che a migliorare queste proprietà,
essi servono per ridurre e mascherare l’ingiallimento e, nelle carte colorate, rendono la
tinta più brillante. L’impiego dei pigmenti di titanio è così diffuso che è praticamente
impossibile parlare di tutti i tipi di carta che li contengono e verranno quindi forniti solo alcuni esempi.
12.3.1 CARTA DA STAMPA
I pigmenti di titanio vengono impiegati in quasi tutti i tipi di carta da stampa perché
producono opacità elevata, buon colore e buon grado di bianco, riducono la trasparenza e migliorano la stampabilità. L’insieme di queste caratteristiche permette una migliore leggibilità e dà un migliore aspetto complessivo.
Con i pigmenti di titanio si possono produrre carte a bassa grammatura con caratteristiche pari a quelle di carte, non caricate, a grammatura più elevata ed in questo modo si può diminuire il peso totale della pubblicazione ed il costo di spedizione. Il risparmio sul. costo di spedizione frequentemente compensa il costo della pigmentazione. Analogamente, l’impiego di carte pigmentate di bassa grammatura, diminuisce il
volume ed il peso di grossi libri, cataloghi ecc., senza diminuire la leggibilità.
Il quantitativo da impiegare dipende dal risultato finale richiesto e varia entro limiti
notevoli a seconda dei vari tipi ed impeghi e quindi le notizie che seguono sono solo
71
Le sostanze di carica
indicative. Le carte per cataloghi con pastalegno contengono una piccola percentuale
di biossido di titanio, 1 o 2%, in combinazione con una percentuale di caolino molto
superiore. La carta per periodici può contenere dall’1 al 4% di biossido di titanio, con
il resto delle ceneri (che può arrivare al 85%) costituito da caolino, da carbonato di calcio o da una miscela dei due.
La carta da edizioni comune contiene percentuali di TiO2 dal 4 al 5% e viene usata
per libri di testo, libri di scuola e libri di uso corrente. La percentuale impiegata per le
altre edizioni è superiore e varia a seconda del prezzo di vendita, del numero delle pagine e del volume specifico del libro: può raggiungere il 5 o 6% di biossido di titanio,
con un contenuto di carica totale massimo del 10 o 12%. La carta Bibbia di tipo più
economico e pesante contiene l’1 o 2% di biossido di titanio e la carica restante, fino
ad un con tenuto totale di ceneri del 15 o 20% è costituita da una miscela di caolino e
carbonato di calcio; invece i tipi molto fini e a bassissima grammatura possono contenere fino al 15% di biossido di titanio come unico materiale di carica.
I tipi opachi normali per offset contengono dal 3 al 7% di biossido di titanio, frequentemente in combinazione con altri materiali di carica; le percentuali più alte si
hanno per le grammature inferiori. I tipi opachi per circolari contengono normalmente
fino al 4% di biossido di titanio.
In generale possiamo dire che le carte da stampa possono con tenere dallo zero al
15% di biossido di titanio.
12.3.2 CARTE QUADROTTE PER SCRIVERE E PER REGISTRI
La carta quadrotta e per registri deve avere buone caratteristiche di resistenza e di
collatura e quindi in essa non si possono impiegare materiali di carica con basso indice
di rifrazione, perché per ottenere l’opacità ed il grado di bianco desiderati bisognerebbe impiegarne quantitativi elevati, che contrastano con le suddette caratteristiche di resistenza.
Piccoli quantitativi di biossido di titanio permettono di ottenere buone proprietà ottiche senza diminuire la resistenza, la collatura e la durabilità. Nella carta di alta qualità a base di straccio, impiegata per registri, contratti, polizze d’assicurazione, titoli e
documenti di tutti i tipi è pratica comune impiegare il 4% di biossido di titanio.
La carta quadrotta opaca può anche essere di tipo più economico, fatta con cellulosa al solfito, e in questi tipi si impiega il 4% circa di biossido di titanio; per le grammature leggere in veline e pelle-aglio si impiegano percentuali superiori. Frequentemente,
quando la carta non è di tipo opaco, si impiega l’1 o il 2% di biossido di titanio per
migliorare l’opacità, il grado di bianco ed il colore.
72
Le sostanze di carica
Naturalmente il biossido di titanio viene anche impiegato per migliorare l’opacità e
l’aspetto della carta per posta aerea e la percentuale di impiego arriva fino al 7%.
La carta da lettere fine, la cui caratteristica fondamentale è un aspetto gradevole
all’occhio, contiene biossido di titanio in percentuali da 5 a 6%. Altri tipi di carta da
scrivere come quelli impiegati per quaderni e blocchi per note contengono talvolta l’1
o il 2% di biossido di titanio, mentre la carica restante, fino a raggiungere il 10%, è costituita da caolino.
Come già detto, i pigmenti di titanio servono a dare una tinta brillante e una migliore opacità alle carte quadrotte e da scrivere colorate.
12.3.3 CARTE PER BUSTE
Le carte per buste possono in genere essere classificate come tipi particolari di carta
quadrotta o per edizioni perchè l’impasto e le caratteristiche ricordano o l’uno o l’altro
tipo. Ciò che è stato detto nel capitolo precedente vale anche per la carta per buste
(particolarmente per i tipi migliori) che è pigmentata per ottenere l’opacità necessaria.
La percentuale di biossido di titanio varia ampiamente passando da 1 a 2%, nei tipi con
impasto simile a quello da edizioni, con caolino fino al 10% di ceneri, fino a percentuali del 4% nei tipi fini e del 7 od 8% nelle buste per posta aerea.
12.3.4 CARTE PARAFFINATE
Molte carte da paraffinare vengono oggi fabbricate patinando il supporto con patine
contenenti pigmenti di titanio, ma un gran quantitativo è ancora fabbricato non patinato, eseguendo l’aggiunta. La percentuale richiesta per produrre un foglio completamente opaco è superiore al 4% e la carta così fabbricata ha, dopo la paraffinatura,
un’opacità superiore al 55%; un tipo semi-opaco, contenente il 2,5% di biossido di titanio, ha, dopo la paraffinatura, un’opacità del 42%. Alcune cartiere che patinano un
supporto opaco da paraffinare hanno constatato che è sufficiente un piccolo quantitativo di biossido di titanio, dall’1 al 2% in preparazione impasti, per ottenere un miglior
prodotto finale. Queste carte paraffinate hanno molti impieghi, tra i quali i più importanti sono i sacchetti per il pane e per i prodotti alimentari congelati.
12.3.5 PERGAMYN E SURROGATO PERGAMENA
Il Pergamyn è una carta trasparente ottenuta con un forte ingrassamento delle fibre
ed una calandratura a caldo ad alta pressione che riduce gli spazi occupati dall’aria fra
le fibre: in tal modo si evita l’opacità che sarebbe prodotta dalla differenza fra gli indi-
73
Le sostanze di carica
ci di rifrazione delle fibre e dell’aria. In tal modo il pergamyn non pigmentato ha solo
il 18 od il 20% di opacità. Un tipo semi-opaco contenente il 2,5% di biossido di titanio
ha il 50% di opacità ed un tipo completamente opaco, contenente il 4,5% di biossido di
titanio, ha opacità superiori al 60%. Quantitativi più elevati di pigmento vengono usati
per impieghi speciali. Il pergamyn opaco viene impiegato largamente per avvolgere
dolciumi, patate fritte, ed altri prodotti.
Il 2% di biossido di titanio nel surrogato pergamena ne migliora l’aspetto generale
ed i tipi così caricati non cambiano aspetto a contatto con olio e grasso quando vengono impiegati per avvolgere prodotti alimentari.
12.3.6 CARTA PER BICCHIERI
L’aspetto dei normali bicchieri di carta viene migliorato con l’1 od il 2% di biossido di titanio. L’impiego di piccole quantità di TiO2 non diminuisce la resistenza
all’acqua e non si hanno disturbi in allestimento.
Nella carta per bicchieri paraffinati sì impiegano frequentemente percentuali superiori per dare al bicchiere finito un aspetto bianco piacevole.
12.3.7 VELINA DA IMPACCO
Piccoli quantitativi di biossido di titanio, 1 o 2% vengono usati nelle carte da impacco per regali, per migliorarne l’aspetto. L’impiego del pigmento aumenta non soltanto il grado di bianco della carta non colorata, ma migliora anche la brillantezza della tinta quando la carta è colorata direttamente nel pulper o per impregnazione.
12.3.8 CARTE DA IMPREGNAZIONE
Nelle carte assorbenti da impregnare per laminati plastici la percentuale del pigmento opaco è generalmente alta: dal 15 al 20%. In questo caso è preferibile impiegare
il biossido di titanio rutilo anziché l’anatasio perché é sufficiente un quantitativo inferiore per ottenere l’opacità ed il grado di bianco richiesti (cosa importante con percentuali così alte) ed è meno fotosensibile in combinazione con alcuni tipi di resina.
L’anatasio è alquanto fotosensibile, particolarmente ai raggi ultravioletti, quando è usato come carica in un foglio impregnato con resine urea-formaldeide e melaminiche.
Si impiega una piccola percentuale di biossido di titanio, normalmente 1 o 2% nella
fabbricazione della fibra vulcanizzata bianca o leggermente colorata e tipi analoghi.
La carta da parati ed i prodotti similari, che sono stampati ed impregnati con miscele plastiflcanti, contengono sovente il 3 o 4% di biossido di titanio per migliorare 1 a-
74
Le sostanze di carica
spetto e conservare l’opacità dopo il trattamento con il plastificante e con i componenti
della spalmatura.
12.3.9 CARTONE
Come già abbiamo detto, la percentuale dall’1 al 4% di biossido di titanio nella copertina migliora nettamente il grado di bianco ed il colore del cartone. Oltre a ciò è sovente possibile diminuire il peso e lo spessore della copertina, perché la pigmentazione
ne aumenta il potere coprente. Talvolta anche lo strato sottostante viene pigmentato
per mascherare il colore dell’impasto.
L’impiego dall’1 al 4% di biossido di titanio dà un miglior grado di bianco ed un
aspetto piacevole ai tipi paraffinati usati per impaccare il burro, il lardo, i cibi congelati, per le bottiglie del latte e per i coperchi delle bottiglie.
12.3.10 VARIE
Oltre agli impieghi sopra indicati, il biossido di titanio viene usato in tutti quei tipi
di carta che richiedono un aumento di opacità o del grado di bianco o di entrambi. Esso viene frequentemente impiegato per migliorare il grado di bianco ed il colore della
cellulosa kraft bianchita e semi-bianchita ed anche per schiarire il colore degli impasti
a base di pastalegno e di cellulosa greggia al bisolfito. Piccoli quantitativi possono essere impiegati per correggere il grado di bianco od il colore di impasti fuori tinta, o per
compensare il colore dell’acqua che, in certe epoche dell’anno può essere sporca. Naturalmente il quantitativo da aggiungere dipende dall’entità della correzione che si deve eseguire, tuttavia raramente supera il 2%. Talvolta ò più economico pigmentare fibre a basso costo, per portarle al grado di bianco desiderato, piuttosto che impiegare
cellulose più care che hanno il grado di bianco richiesto. Questi impieghi sono noti ai
cartai. Nelle carte colorate di tutti i tipi quando si desidera ottenere dei colori brillanti,
si impiega normalmente il 2% di biossido di titanio.
12.4 DATI ECONOMICI
I pigmenti di titanio sono preparati sinteticamente e quindi difficilmente il loro costo potrà diminuire per livellarsi al prezzo dei materiali di carica naturali. Essi, quindi,
non sostituiranno mai i materiali di carica a basso costo e con basso indice di rifrazione, come il caolino, il talco, il carbonato di calcio naturale, ma verranno sempre impiegati per dare alla carta quei miglioramenti che non si possono ottenere con i mate-
75
Le sostanze di carica
riali a basso indice di rifrazione. Il costo dei pigmenti di titanio è sempre un argomento
doloroso per il cartaio.
Difficilmente le cartiere provvederanno a preparare, in proprio, i pigmenti di biossido di titanio, come fanno ad esempio per il carbonato di calcio od il solfito di calcio,
perché la fabbricazione è complessa e gli investimenti sono notevoli.
L’impiego di pigmenti di biossido di titanio come carica della carta continua ad
aumentare, sia perché vengono richiesti tipi di carta sempre migliori, sia perché sono
stati creati nuovi tipi e le basse grammature vanno gradualmente sostituendo quelle elevate.
I fabbricanti di pigmenti sono consci delle esigenze dell’industria della carta e continuano i loro sforzi per produrre nuovi tipi di pigmenti e per migliorare quelli esistenti
per quanto riguarda l’uniformità, la finezza delle particelle, la dispersione, il tono di
colore ed il grado di bianco.
76
Le sostanze di carica
13. PIGMENTI A BASE DI SOLFURO
DI ZINCO
I pigmenti a base di solfuro di zinco comprendono il solfuro di zinco puro ed il litopone, un coprecipitato di solfuro di zinco e di solfuro di bario.
La prima ricerca approfondita sull’uso del solfuro di zinco nell’industria della carta
ò stata iniziata nel 1932 allo Institute of Paper Chemistry, Appleton, Wis. Il risultato di
quegli studi indicò che questi materiali possono essere impiegati come carica in vari
tipi di carta per migliorare opacità, punto di bianco e grado di bianco.
Si ottengono queste proprietà in virtù del colore, della piccola dimensione delle
particelle e dell’alto indice di rifrazione dei pigmenti di solfuro di zinco.
13.1 FONTE E PREPARAZIONE COMMERCIALE
I pigmenti di solfuro di zinco possono dividersi in due classi:
• solfuro di zinco tecnicamente puro;
• litopone.
Si sceglie l’uno o l’altro dei due tipi a seconda del tipo di carta prodotto.
Il solfuro di zinco tecnicamente puro usato nell’industria cartaria viene preparato
passando idrogeno solforato in una soluzione di un sale di zinco solubile. Il precipitato
ottenuto in questo modo viene filtrato, essiccato, calcinato, spento, di nuovo essiccato,
disintegrato ed imballato.
Il litopone, che è il meno costoso dei due tipi, è il più vecchio e meglio conosciuto;
contiene circa dal 28 al 30% di solfuro di zinco e la parte restante è solfato di bario
precipitato. È preparato con la precipitazione incrociata di soluzioni di solfuro di bario
e di solfato di zinco, che reagiscono formando solfuro di zinco e solfato di bario.
Questo precipitato viene quindi filtrato, essiccato, calcinato, spento e di nuovo essiccato allo stesso modo come il solfuro di zinco.
77
Le sostanze di carica
13.2 PROPRIETÀ
13.2.1 REATTIVITÀ
I pigmenti di solfuro di zinco sono relativamente inerti nelle condizioni che si verificano durante la fabbricazione della carta. Bisogna usare una precauzione quando
questi pigmenti vengono usati come carica in ambiente con pH basso. Infatti vi sono
sempre dei materiali di rame od ottone nella macchina continua e, con pH basso, si
porta del rame in soluzione nell’acqua bianca. Se si adoperano pigmenti al solfuro di
zinco senza tenere presente questo fatto, si depositano composti di rame sul pigmento
bianco, degradandone il grado di bianco.
13.2.2 DIMENSIONE DELLE PARTICELLE
I pigmenti di solfuro di zinco hanno delle particelle molto fini. Esse stanno normalmente fra 0,25 e 0,50 micron e non contengono particelle con diametro superiore
ad 1 micron. Ci si può fare un’idea del grado di finezza dei pigmenti figurandoci lo
spessore di un foglio di carta da scrivere da 20 lb.: sono necessarie circa 400 particelle
di pigmento messe in fila, per eguagliare lo spessore di questo foglio.
13.2.3 COLORE, GRADO DI BIANCO, OPACITA’
I pigmenti di solfuro di zinco vengono normalmente usati nella carta che richiede
buone caratteristiche di colore, opacità e grado di bianco. Queste proprietà dipendono
largamente dall’indice di rifrazione dei vari materiali usati nell’industria della carta. La
tabella dà gli indici di rifrazione di alcuni materiali più comunemente usati nella fabbricazione della carta.
INDICI DI RIFRAZIONE
Biossido di titanio (anatasio)
Solfuro di zinco
Solfato di bario
Caolino
Carbonato di calcio
Talco
Carta (cellulosa)
Gesso
Paraffina
2,52
2,87
1,65
1,56
1,56
1,55
1,53
1,53
1,43
78
Le sostanze di carica
13.2.4 PESO E VOLUME SPECIFICO
La tabella seguente indica i dati relativi al solfuro di zinco ed agli altri materiali usati normalmente nella fabbricazione della carta.
Solfuro di zinco
Solfato di bario
Biossido di titanio (Anatasio)
Talco
Caolino
Carbonato di calcio
Gesso
Carta (cellulosa)
COSTANTI FISICHE
Peso
Volume
specifico
specifico
4,00
0,25
4,45
0,22
3,88
0,26
2,70
0,37
2,60
0,38
2,60
0,38
2,30
0,47
1,50
0,67
13.3 PROPRIETÀ CARTARIE
I pigmenti di solfuro di zinco si disperdono facilmente in acqua e vengono normalmente aggiunti in preparazione impasti; possono anche essere immessi nella cassa
d’afflusso come sospensione acquosa. Le applicazioni tipiche sono: il supporto per laminati plastici, la carta da paraffinare, la carta quadrotta, la copertina bianca dei cartoni a più getti, ecc.
I pigmenti di solfuro di zinco hanno un’azione ritardante nella formazione dei funghi.
13.4 FATTORI ECONOMICI
I pigmenti di solfuro di zinco sono largamente impiegati nell’industria americana.
Quantità ingenti particolarmente di litopone sono impiegate nell’industria delle vernici
e quantità apprezzabili in altri campi. Essi sono fabbricati in impianti con condizioni di
lavoro controllate accuratamente per produrre pigmenti con le caratteristiche richieste;
79
Le sostanze di carica
pertanto sono più costosi di parecchi fra i materiali di carica usati comunemente
nell’industria cartaria, ma vengono impiegati quando il colore, il grado di bianco e
l’opacità sono fattori fondamentali della fabbricazione.
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Le sostanze di carica
BIBLIOGRAFIA
• SOSTANZE DI CARICA PER LA CARTA
(TAPPI- VERSIONE ITALIANA)
• INTRODUZIONE ALLA FABBRICAZIONE DELLA CARTA (ATICELCA)
• APPUNTI VARI (SIC)
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Le sostanze di carica
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