L`abuso della regola di maggioranza nelle deliberazioni
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L`abuso della regola di maggioranza nelle deliberazioni
I poteri del Collegio sindacale e i rapporti con gli organi sociali di Alfredo Frangini* L’abuso della regola di maggioranza nelle deliberazioni assembleari delle Spa Il funzionamento dell’assemblea – organo sovrano delle società di capitali – è retto dal principio di maggioranza, in virtù del quale la volontà dei più esprime la volontà sociale e, come tale, s’impone alla minoranza dissenziente. Il metodo maggioritario, sebbene indispensabile (la regola dell’unanimità rischierebbe, infatti, di paralizzare il funzionamento della società), reca in sé tuttavia lo spinoso problema della tutela dell’interesse sociale e della tutela della minoranza, in quanto cela in sé la possibilità che, nelle deliberazioni assembleari, finiscano col prevalere gli interessi della maggioranza a danno della società o degli altri soci. Si tratta di un problema di non facile soluzione, mancando nel nostro ordinamento societario una norma che identifichi espressamente una fattispecie di abuso nelle deliberazioni assembleari adottate a maggioranza. Invero, un’ipotesi normativa di repressione dell’abuso del diritto di voto è contemplata dall’art.2373 c.c., che disciplina però, ai fini dell’esercizio del diritto di voto, il solo conflitto di interessi tra socio e società, mentre la questione in esame riguarda, a ben vedere, il conflitto di interessi tra i diversi soci. Pertanto in tutti i casi in cui la deliberazione viene adottata dalla maggioranza dei soci al solo scopo di danneggiare - non la società, ma - i soci di minoranza, l’art.2373 c.c. non può essere in realtà invocato. In tali casi, dunque, si pone il problema dell’esistenza o meno di mezzi di tutela dei soci di minoranza di fronte alle manovre fraudolente dei soci maggioritari. I casi di abuso della regola di maggioranza La breve introduzione che precede consente di comprendere come la fattispecie dell’abuso della regola di maggioranza ricorra allorquando una delibera assembleare risulti arbitrariamente e fraudolentemente preordinata dai soci maggioritari al solo scopo di ledere la posizione dei soci di minoranza nella società. La condotta fraudolenta deve dunque emergere: sia sotto il profilo soggettivo come intenzionalità del pregiudizio e consapevolezza da parte del socio di maggioranza di poter sfruttare una propria posizione di vantaggio; * sia sotto il profilo oggettivo come effettiva delibera. lesività della Avvocato Bilancio, vigilanza e controlli 52 gennaio 2010 In questi casi non è ravvisabile una contrapposizione tra l’interesse extrasociale del socio e l’interesse che egli abbia nella società, ma tra i diversi interessi dei soci all’interno della società; contrapposizione che consente di concludere che la deliberazione risulti adottata per danneggiare la minoranza. Sebbene, dunque, la mancanza nel “corpus” di diritto societario di un riferimento normativo espresso ad un divieto di abuso della regola di maggioranza sembrerebbe presupporre la mancanza di un conflitto di interessi tra i soci, questi ultimi in realtà spesso perseguono interessi diversi e contrapposti, che danno luogo a dei veri e propri conflitti. La soluzione di tali conflitti – affidata all’applicazione del principio maggioritario – può tradursi in uno strumento che consente al gruppo di comando il perseguimento dei propri particolari fini o la risoluzione a proprio favore dei conflitti inerenti alla gestione sociale. La circostanza che la disciplina codicistica contempli una norma (art.2373 c.c.) che consenta di reprimere gli abusi della maggioranza in una situazione di conflitto di interessi con la società (e non anche una norma che si occupi dei casi in cui la maggioranza ponga in essere comportamenti vessatori ai danni della minoranza, senza pregiudicare l’interesse sociale) ha indotto taluni ad affermare che il Legislatore: “suppone un conflitto di interessi che non esiste, non si occupa del conflitto di interessi che esiste”, o altrimenti che “accanto all’ipotesi macroscopica e perciò 27 rara” del conflitto d’interessi in senso tecnico, occorre considerare ben altre ipotesi di abuso, che sono, poi, “le ipotesi più frequenti e pericolose di abuso della 28 posizione di controllo nella società per azioni” . In effetti, i casi di abuso della maggioranza ai danni della minoranza vengono sovente dedotti nella pratica e la situazione in cui, con maggiore frequenza, si è ravvisata la ricorrenza di tale abuso è quella dell’aumento del capitale a pagamento. Alcuni fra i soci, infatti, possono approfittare dell’esigenza di nuovi investimenti nella società per accrescere la propria forza sugli altri soci, incrementando il divario fra le percentuali di partecipazione al capitale sociale. L’operazione consente anche di sottrarre valore alle quote degli altri soci, lucrando nell’incremento della propria percentuale nominale di capitale sociale l’accrescimento più che proporzionale del valore della partecipazione medesima. In tali casi l’aumento di capitale, pur economicamente produttivo, può: ridurre la partecipazione degli azionisti di minoranza – approfittando della loro temporanea impossibilità di sottoscrivere le nuove azioni – agli utili e al patrimonio sociale o la loro possibilità di esercitare le forme di controllo di cui agli artt.2408 e 2409 c.c., impedendo così alla minoranza di costituire una seria alternativa ad una 29 maggioranza sempre più rafforzata . Assai frequenti sono anche i casi in cui l’abuso del diritto di voto (o della maggioranza) si realizza attraverso delibere di scioglimento anticipato della società che può, infatti, rivelarsi strumentale al perseguimento di indiretti vantaggi ad ipotizzabile carattere abusivo. 27 28 29 Ascarelli, “I problemi delle società per azioni”, in Riv. soc., 1956, I, pag.28-29. Così Jaeger, “L’interesse sociale”, Milano, 1964, pag.207 e Mengoni, “Appunti per una revisione della teoria del conflitto d’interessi nelle deliberazioni di assemblea di una società per azioni”, in Riv. soc., 1956, pag.453. Trib. Monza, 20 febbraio 1998, in Società, 1998, 1314; Cass., sent. n. 1177/51, in Giur. it., 1951, I, 1, pag.535. Bilancio, vigilanza e controlli 53 gennaio 2010 Ciò può verificarsi, ad esempio: Â quando la società, della quale sia deliberato lo scioglimento, venga a trovarsi in posizione di rivalità rispetto ad una o più operazioni perseguite dalla maggioranza attraverso altra società; Â ovvero allorché lo scioglimento sia stato fraudolentemente preordinato dalla maggioranza al solo scopo di poter acquisire a proprio beneficio esclusivo, in fase di liquidazione, attività patrimoniali, clientela, opportunità di mercato ecc. della società; Â o ancora quando la deliberazione sia stata adottata in vista della successiva 30 ricostituzione di un’altra società, previa estromissione dei soci sgraditi . Dall’esame della casistica in tema di abuso della maggioranza emergono, poi, numerose ipotesi di reiterato accantonamento di utili a riserva preordinato a deprimere il valore di mercato delle azioni e ad indurre così il socio di minoranza a 31 vendere i propri titoli, permettendo alla maggioranza di acquistarli a prezzo di favore . Non poche pronunce giurisprudenziali hanno, poi, teorizzato la configurabilità dell’abuso di maggioranza anche con riferimento alla delibera di determinazione del compenso degli amministratori, ravvisandone la sussistenza nell’attribuzione 32 all’amministratore di un compenso irragionevole . Meno frequenti sono, per contro, i casi di impugnabilità per abuso di potere della deliberazione di approvazione della azione di responsabilità verso gli amministratori, e ciò per l’evidente ragione che l’organo amministrativo è usualmente espressione della maggioranza. La deliberazione dell’azione di responsabilità presuppone così, il venir meno della fiducia tra la maggioranza ed il suo gestore. Non è un caso, pertanto, che le deliberazioni in discorso siano state impugnate per abuso di potere nelle sole ipotesi in cui il gestore non era affatto espressione della maggioranza. Accanto alle ipotesi sin qui evidenziate, che ricorrono con maggiore frequenza nella prassi, la dottrina non ha poi mancato di segnalare altre situazioni della vita 33 societaria, che si prestano a finalità strumentali in danno della minoranza . Esempio 1 Si pensi, ad esempio, alla fusione, operazione che consente alla maggioranza di incidere gravemente sugli interessi della minoranza: sia sotto il profilo delle prerogative di partecipazione alla gestione sia sotto il profilo patrimoniale T T poiché modifica, almeno di percentuali di partecipazione; 30 31 32 33 regola, le poiché unisce i destini di due diversi investimenti di rischio. Cass., sent. n.11151/95, in Giur. comm., 1996, II, pag.326; Cass., sent. n.4923/95, in Società, 1995, pag.1548. Trib. Milano, 13 gennaio 1983, in Banca, borsa, tit. cred., 1983, II, pag.337. Si veda, al riguardo, Trib. Milano, 20 marzo 1980. Per un’ampia disamina della casistica in tema di abuso della regola della maggioranza si veda La Marca, “L’abuso di potere nelle deliberazioni assembleari”, Milano, 2004, pag.151 e ss.. Bilancio, vigilanza e controlli 54 gennaio 2010 Ma anche l’operazione di trasformazione si presta a possibili abusi da parte della maggioranza. Come noto, infatti, la posizione dei soci di minoranza risulta più debole nelle società per azioni in ragione del diverso rilievo dell’elemento personale che confina i soci della Spa in un maggiore anonimato rispetto ai soci delle Srl. La trasformazione da società a responsabilità limitata a società per azioni può così corrispondere all’interesse di affievolire il peso dei soci di minoranza. Esempio 2 Si pensi, ancora, alle operazioni sulle azioni proprie, con riferimento alle quali potrebbe, ad esempio, costituire abuso di maggioranza l’acquisto di azioni proprie che abbia come effetto di impedire il raggiungimento del quorum costitutivo e deliberativo rispetto a determinate deliberazioni. Esempio 3 Secondo un orientamento della giurisprudenza di merito, infine, anche l’eliminazione della clausola statutaria di prelazione potrebbe configurare abuso di potere, ove si 34 dimostri l’inesistenza di un interesse sociale al riguardo . Nelle fattispecie richiamate, le delibere assembleari adottate dalla maggioranza potrebbero risultare più vantaggiose che pregiudizievoli per la società come impresa, ovvero potrebbero assumere una valenza del tutto neutrale rispetto all’interesse della società medesima. Di norma, infatti, la delibera di destinazione degli utili a riserva, la delibera di aumento del capitale e quella di fusione vanno ad accrescere il valore del patrimonio sociale, o comunque questo resta intatto. Manca dunque un danno potenziale al patrimonio sociale e si verifica, invece, un pregiudizio per i soli soci di minoranza, che non sono in grado, ad esempio, di sottoscrivere le nuove azioni in caso di aumento del capitale, ovvero risultano penalizzati dalla fissazione di un rapporto di cambio incongruo in caso di fusione, vedendo così ridotta o annullata la propria partecipazione alla società. Va evidenziato, peraltro, che le deliberazioni in esame vanno ad incidere su situazioni giuridiche dei soci di minoranza liberamente disponibili, in linea di principio, dalla società: la deliberazione adottata a maggioranza che pregiudicasse un vero e proprio diritto soggettivo del socio di minoranza sarebbe, infatti, invalida o inefficace per ciò solo, senza bisogno di ricorrere ad uno specifico divieto di abuso della regola di maggioranza. Si pone, dunque, il problema di verificare se la legge offre dei mezzi di tutela della minoranza di fronte alla manovre fraudolente dei soci di maggioranza. Il fondamento della tutela della minoranza: le soluzioni prospettate dalla dottrina Una volta chiariti i presupposti identificativi della fattispecie dell’abuso della regola della maggioranza, occorre ora: 34 Trib. Verona, 10 novembre 1989; Trib. Milano, 22 giugno 2001. Bilancio, vigilanza e controlli 55 gennaio 2010 Â verificare l’esistenza o meno di strumenti di tutela dei diritti della minoranza, Â nonché identificare lo specifico vizio dal quale è affetta in questo caso la deliberazione. In mancanza di un’esplicita previsione normativa che reprima l’abuso del diritto di voto (o della maggioranza), il fondamento della tutela della minoranza è stato ravvisato da alcuni autori nella teoria dell’eccesso o sviamento di potere, secondo il modello 35 elaborato dalla giurisprudenza amministrativa . Altri autori, invece, hanno sostenuto che alle delibere viziate da abuso del diritto di voto della maggioranza nei confronti della minoranza potesse estendersi 36 analogicamente la tutela apprestata dal Legislatore nell’art. 2373 c.c. . Si è già avuto modo di evidenziare, tuttavia, che il conflitto di interessi rilevante ex art.2373 c.c. ai fini dell’esercizio del diritto di voto in assemblea è soltanto quello fra socio e società, non quello tra i diversi soci. Di conseguenza: in tutti i casi in cui la deliberazione viene adottata dalla maggioranza dei soci al solo scopo di danneggiare non la società ma i soci di minoranza l’art.2373 c.c. non può essere invocato. Ciò essenzialmente per due ragioni. In primo luogo, perché nei casi di abuso della regola di maggioranza, il conflitto non sorge tra l’interesse extrasociale del socio e quello che egli ha in società, ma riguarda proprio l’interesse che il socio ha in società e l’interesse che, in questa stessa, hanno gli 37 altri soci ; in secondo luogo, perché nell’ipotesi in esame la società non subisce alcun danno patrimoniale, né attuale né potenziale, ricevendo anzi, in taluni casi, un vantaggio dalla 38 delibera . In buona sostanza, dunque, affinché l’art.2373 c.c. sia applicabile alle ipotesi di abuso della maggioranza bisognerebbe dimostrare che il danno per i soci di minoranza passi attraverso la lesione dell’interesse sociale. Altra parte della dottrina ha ravvisato il fondamento della tutela della minoranza nell’art. 1345 c.c., relativo alla illiceità dei motivi, in applicazione del quale, quindi, la deliberazione assunta col solo fine di conseguire un vantaggio in danno degli altri soci 39 andrebbe considerata affetta da motivo illecito . Secondo un’altra tesi, invece, la deliberazione assembleare che rechi un vantaggio ad alcuni soci in pregiudizio degli altri sarebbe contraria alla causa del contratto di società, che deve persistere durante tutta la vita della società medesima: la finalità economico-giuridica che ha indotto taluni soggetti a costituire la società deve cioè continuare, anche dopo la sua costituzione, ad influenzare l’attività dei suoi organi. Per questo orientamento, dunque, il fondamento giuridico della tutela della minoranza 40 va rinvenuto nelle norme che disciplinano l’illiceità della causa . 35 36 37 38 39 40 Ascarelli, “Sui poteri della maggioranza nelle società per azioni ed alcuni loro limiti”, in Riv. dir. comm., 1950, I, pag.169 e ss.. Cassottana, “L’abuso di potere a danno della maggioranza assembleare”, Milano, 1991. Lener, in Lener-Tucci, “L’assemblea nelle società di capitali”, in Tratt. Bessone, Torino, 2000. Ferrara-Corsi, “Gli imprenditori e le società”, Milano, 2006. Mengoni, “Appunti per una revisione della teoria sul conflitto di interessi nelle deliberazioni di assemblea della società per azioni”, in Riv. soc., 1956. In tal senso De Gregorio, “Impugnative di deliberazioni assembleari di società per azioni contrarie all’interesse sociale”, in Riv. dir. comm., 1951, II, pag.229. Bilancio, vigilanza e controlli 56 gennaio 2010 Altri autori richiamano la disciplina generale dei contratti, e precisamente i principi di buona fede (art.1375 c.c.) e correttezza (art.1175 c.c.), che appaiono in sintonia con il generale dovere di collaborazione che fa capo ai soci e che deve informare il loro 41 contegno anche nell’ambito del procedimento deliberativo . Infine, non è mancato chi ha ritenuto che il fondamento della tutela della minoranza nei confronti delle manovre fraudolente della maggioranza andasse rinvenuto nel 42 divieto di abuso del diritto desunto dall’art.833 c.c. . Le soluzioni prospettate dalla giurisprudenza La giurisprudenza, soprattutto di legittimità, ha avuto modo di sottolineare in più occasioni che la figura dell’abuso di potere rappresenta un limite al principio maggioritario vigente nel diritto societario, comprimendo l’esercizio dei poteri della maggioranza quando questo risulti arbitrariamente e fraudolentemente preordinato a ledere i diritti della minoranza. In particolare, la Suprema Corte ha evidenziato che, sebbene manchi nel nostro ordinamento una norma di portata generale che reprima l’abuso del diritto, non può tuttavia dubitarsi del fatto che sussista un generale principio che vieti tale pratica; in diversi settori, infatti, il Legislatore fa divieto di comportamenti che siano esclusivo 43 frutto di intenti emulativi o di approfittamento di una situazione di supremazia . Ciò posto, la giurisprudenza più risalente ha rinvenuto il fondamento giuridico del divieto di abuso della regola di maggioranza nella teoria dell’eccesso di potere, in chiara analogia con l’istituto, di matrice amministrativa, per il quale si considera viziata e, quindi, annullabile, la deliberazione assembleare che risulti rivolta ad esclusivo 44 detrimento della minoranza; tale tesi è rimasta a lungo prevalente . Ma l’orientamento più recente della giurisprudenza di legittimità individua il fondamento positivo delle fattispecie concretanti l’abuso della regola di maggioranza nelle clausole generali della correttezza e buona fede 45 nell’esecuzione del contratto sociale . Il riconoscimento della figura dell’abuso di potere parte, dunque, dal riconoscimento della società come contratto: i soci, in quanto membri di una struttura organizzativa di matrice contrattuale, sono vincolati alla causa del contratto sociale e sono, pertanto, tenuti ad eseguire il contratto medesimo secondo i principi di buona fede e correttezza nei loro rapporti reciproci, ai sensi degli artt.1175 e 1375 c.c. In altri termini, il principio di buona fede contrattuale ed il conseguente principio di collaborazione che deve informare il contegno dei soci nell’organizzazione della società vengono considerati la base per riconoscere la figura dell’abuso di potere, quale elemento invalidante delle deliberazioni assembleari finalizzate esclusivamente a favorire la maggioranza in danno della minoranza. 41 42 43 44 45 Per questa impostazione, Preite, “Abuso di maggioranza e conflitto di interessi del socio nelle società per azioni”, in Trattato Colombo-Portale, Torino, 1993; Ferrara-Corsi, “Imprenditori e società”, cit., pag.553; Jaeger, “L’interesse sociale”, cit., pag.193. In tal senso Trimarchi, “Invalidità delle deliberazioni di assemblea di società per azioni”, Milano, 1958, pag.169 e ss.. In tal senso Cass., sent. n.2738712/05, rilevante anche per la specificazione del carattere alternativo e non cumulativo degli elementi richiesti perché il vizio possa ritenersi sussistente. Cfr., ex multis, Cass., sent. n.4923/95, in Società, 1995, pag.1036; Cass., sent. n.4323/94, in Foro it., 1995, I, pag.2219; Cass., sent. n.3535/90, in Giur. it., 1990, I, 1, pag.1394. Ma vedi anche Cass., sent. n.11017/94, in Giur. comm., 1996, II, pag.329, dove le deliberazioni assembleari vengono considerate come atti di esecuzione del contratto di società e, quindi, il problema dell’abuso di potere viene impostato in termini causali. Si vedano, tra le tante, Cass., sent. n.27387/05, cit.; Cass., sent. n.9353/03, in Società, 2004; Cass., sent. n.11151/95; Cass., sent. n.4343/94, in Foro it., 1995, pag.2219; Cass., sent. n.2958/93, in Società, 1993, pag.1049. Bilancio, vigilanza e controlli 57 gennaio 2010 In questo modo, e solo per questa via, si può arrivare a ricondurre ad un generale divieto di abuso del diritto di voto la condotta vessatoria del socio di maggioranza che, nell’esercizio della primaria funzione di esprimere il proprio voto in assemblea, persegua il proprio interesse in danno della minoranza: tale condotta, dunque, può assurgere a motivo di invalidità della delibera fraudolentemente volta a ledere i diritti sociali di partecipazione ed i connessi diritti patrimoniali dei soci di minoranza. Inoltre, la giurisprudenza specifica che l’annullamento della delibera può avvenire solo nelle ipotesi in cui essa risulti arbitrariamente e fraudolentemente preordinata: al perseguimento, da parte dei soci di maggioranza di interessi divergenti da quelli societari; ovvero alla realizzazione di scopi lesivi del singolo 46 partecipante . È agevole comprendere come la necessità di provare tali elementi rappresenti il principale ostacolo che deve superare il socio di minoranza che deduca il vizio di abuso della maggioranza nella delibera sottoposta ad impugnazione; e la complessità di tale onere probatorio rappresenta la principale ragione del frequente insuccesso di 47 tali iniziative, che hanno trovato esito positivo solo in situazioni “limite” e clamorose . Sul tema è necessario osservare come, ponendo fine ad una serie di incertezze insorte (a dire il vero soprattutto nella giurisprudenza di merito) circa il carattere cumulativo o alternativo dei predetti due requisiti, la Suprema Corte ha recentemente statuito che: “l’abuso o l’eccesso di potere è causa di annullamento delle deliberazioni assembleari quando la delibera: a) non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società: deve pertanto trattarsi di una deviazione dell’atto dallo scopo economico-pratico del contratto di società per essere il voto ispirato al perseguimento da parte dei soci di maggioranza di un interesse antitetico a quello sociale; b) sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci maggioritari diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza uti singuli, poiché è rivolta al conseguimento di interessi extrasociali. I due requisiti testè evidenziati non sono 48 richiesti congiuntamente, ma in alternativa” . In ogni caso, la prova della mancata soddisfazione dell’interesse sociale, ovvero della fraudolenta intenzione della maggioranza di ledere i diritti della minoranza, può comunque essere data, secondo la giurisprudenza, anche per presunzioni, sulla 49 scorta di indici gravi e manifesti delle reali intenzioni della maggioranza . D’altro canto, è bensì vero che non è ammessa la sindacabilità nel merito da parte del giudice delle ragioni di opportunità e convenienza che hanno determinato le scelte gestionali operate da parte dell’assemblea; ma è altrettanto vero che la valutazione dell’esistenza del vizio di eccesso di potere o abuso della maggioranza non può mai prescindere da una sia pur sommaria analisi del merito della deliberazione e ciò, 46 47 48 49 Cass., sent. n.3628/86, in Società, 1986, pag.10987; Cass., sent. n.2794/92, in Giur. comm., 1994, II, pag.588; Cass., sent. n.4923/95, in Foro it., 1995, I, pag.2219, nonché in Società, 1995, pag.1548, Giur. comm., 1996, II, pag.354, Riv. dir. comm., 1996, II, pag.217; Cass., sent. n.11151/95, in Giur. comm., 1996, II, pag.329, nonché in Giust. civ., 1996, I, pag.81, Società, 1996, pag.295, Giur. it., 1996, I, 1, pag.574; Cass., sent. n.9353/03, in Foro it., I, pag.1219 e Società, 2004, pag.188; Cass., sez. lav., sent. n.6361/03, in Foro it. 2004, I, pag.1219. Si vedano le situazioni cui si riferiscono le sentenze citate alle note 3, 4, 5 e 6. Cass., sent. n.27387/05, cit.. In tali sensi, Appello Roma, 21 aprile 1998, in Società, 1998, pag.1049; Trib. Udine, 21 ottobre 1998, in Società, 1998, pag.1452. Bilancio, vigilanza e controlli 58 gennaio 2010 CASI quanto meno, al fine di riscontrare l’assenza dell’interesse sociale, che, come si è visto, 50 è una delle condizioni di accoglimento dell’impugnazione per eccesso di potere . Infine, va per completezza ricordato che, accanto all’abuso della maggioranza, è pure ipotizzabile un abuso della minoranza, riconducibile sempre alla violazione dei principi di correttezza e buona fede che devono caratterizzare, come si è visto, l’esecuzione del contratto sociale al pari di qualsiasi altro contratto. Si possono al riguardo immaginare casi di abuso del diritto di convocazione, oppure l’ostruzionismo nel dibattito assembleare, oppure il sistematico voto contrario dei soci di minoranza, che detengano comunque una partecipazione tale da consentire di impedire l’adozione di decisioni 51 essenziali per la società . In tutte queste ipotesi, tuttavia, il comportamento abusivo tenuto dai soci di minoranza potrà essere sanzionato con l’obbligo di risarcimento dei danni verso il socio di maggioranza, non essendo consentito convertire il voto contrario espresso in voto 52 “favorevole” tale da consentire di ritenere la deliberazione assunta . Considerazioni conclusive Nonostante l’assenza nel nostro ordinamento societario di una norma che reprima espressamente l’abuso nelle deliberazioni assembleari, da tempo si ammette sia in dottrina che in giurisprudenza l’esistenza della fattispecie dell’abuso, riferendola alla regola di maggioranza per indicare un uso di tale regola non conforme a quei limiti alla sua applicazione, che siano desumibili: Â da un principio implicito dell’ordinamento; Â oppure da un enunciato normativo espresso; Â o ancora da una clausola generale. La tesi prevalente, ed invero preferibile, è quella che ravvisa il fondamento della repressione dell’abuso di maggioranza nelle regole di correttezza e buona fede nell’esecuzione dei rapporti obbligatori. La prova che il potere di voto determinante del socio di maggioranza sia stato esercitato fraudolentemente allo scopo di ledere gli interessi degli altri soci, in violazione del canone generale di buona fede nell’esecuzione del contratto, può assurgere a motivo di invalidità della delibera assembleare, nonché fondare l’obbligo di risarcimento del danno nei confronti della minoranza. Va rilevato, tuttavia, che rari sono i casi in cui i giudici hanno disposto l’annullamento delle delibere assembleari per abuso del diritto di voto, e ciò per l’evidente difficoltà del socio di minoranza di dimostrare che la delibera è stata presa intenzionalmente al solo fine di ledere la sua posizione nella società. 50 51 52 Così Taurini, “Aumento di capitale con modalità a vantaggio del socio di maggioranza” in Società, 1993, pag.1049. Si veda al riguardo Lodo arbitrale, 18 dicembre 2006, in Corr. giur., 2008, 1443, con nota di RORDORF, che ha ravvisato un abuso in danno della maggioranza, concretizzatosi nel sistematico voto contrario espresso in sede assembleare dalla minoranza, che aveva impedito un aumento di capitale diretto a supportare l’attuazione di un piano industriale di una società controllata. Sul problema dell’abuso di minoranza, si vedano NUZZO, L’abuso della minoranza - Potere, responsabilità e danno nell’esercizio del voto, Torino, 2004; MARTINES, L’abuso di minoranza nelle società di capitali, in Contr. e impr., 1997,1184; GALGANO, Contratto e persona giuridica nelle società di capitali, in Contr. e impr., 1996, 6 e ss.; PORTALE, Minoranze di blocco e abuso del voto nell’esperienza europea: dalla tutela risarcitoria al «gouvernement des judges»?, in Europa e dir. priv., 1999, 153 e ss.. Bilancio, vigilanza e controlli 59 gennaio 2010