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INTELLIGENCE Storia Top Secret
Aprile 2006 I Quaderni del Centro Studi J.N.Harris INTELLIGENCE & 02 Storia Top Secret Mensile di analisi dell’attualità e della storia La prima rivista italiana di intelligence e relazioni internazionali Intelligence & Storia Top Secret Direttore responsabile Vittorio Di Cesare in redazione Chiarastella Cirielli Redazione Centro Studi John Nicholas Harris Via Lidice, 18 40139 Bologna 051 450889 [email protected] Autorizzazione Trib. di Bologna n. 7430 del 13.05.2004 Comitato scientifico d’onore Francesco Sidoti Roberto Filippini Domenico Vecchioni Gianluca Sardellone Luca Ozzano Luca Mainoldi Lando D. Rajola Pescarini Giancarlo Bove Marco Cochi Rich Williams Daniel Carmichael Michele Loda Francesco Polimeni Editore ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] Angelo Zappalà Center for Constitutional Studies and Democratic Development – Johns Hopkins University Bologna Center Anno I, numero 2, aprile 2006 ISBN via Raffaele Garofalo, 133 A/B 00173 Roma (06) 93781065 ISSN 88–548–0552–1 1824–3940 e 10,00 Chi controlla il passato, controlla il futuro; chi controlla il presente, controlla il passato “1984” di George Orwell I ntelligence & Storia Top Secret 9 Vittorio DI CESARE - Caccia alle streghe L'OPINIONE 11 Francesco SIDOTI - Intelligence e Università DOSSIER ATTUALITA' 17 Operazione Eskazi 19 Africa inquieta: Burundi 20 Il manoscritto rubato 22 Spartan Hammer 23 Minisub per famiglie e polizia DOSSIER INTELLIGENCE 27 Giancarlo BOVE - Gestione integrata dei processi di intelligence 45 Eva BRUGNETTINI - Cia: il mondo nel 2020 53 Vittorio DI CESARE - Il potere sepolto DOSSIER SECURITY a cura di L. Rajola PESCARINI 67 Titan Rain: assalto al Web 75 Quando l’azienda potrebbe delinquere DOSSIER STORIA 83 John N. HARRIS - La parte delle spie INDICE EDITORIALE 7 8 Intelligence & Storia Top Secret 97 Giancarlo BOVE - Le sette segrete dei colonnelli 111 Patrick NICHOLSON - Chi uccise “Forza Scura”? DOSSIER MEDIA a cura di Chiarastella CIRIELLI 119 Attacco al potere 121 In libreria Editoriale Sempre più difficili i rapporti tra fonte delle informazioni e divulgazione giornalistica. Il parapiglia mediatico tra USA e Europa Vittorio Di Cesare C entral Intelligence Agency e Ministero della Giustizia americana hanno dato istruzioni precise ai loro uomini: non parlate con i giornalisti. Chi lo farà correrà il rischio di essere licenziato e…non solo. La scoperta della rete clandestina delle prigioni della CIA, come la questione delle intercettazioni sistematiche della NSA, autorizzate dalla Casa Bianca, hanno fatto scoprire oltre al classico scheletro nell’armadio della democrazia americana, l’esistenza di una gran quantità di informatori all’interno degli apparati stessi dell’Intelligence statunitense, fino ad ora ritenuti ermetici. Soltanto il personale che aveva accesso ai dati top secret avrebbe potuto spifferare notizie e informazioni segrete in cambio di soldi o per motivi politici. Risultato: l’FBI sta effettuando una gigantesca caccia all’uomo coast to coast, persino dentro la Casa Bianca, dove si cercano gli impiegati responsabili delle fughe di notizie, come non se ne vedeva dai tempi del maccartismo. La National Security Agency sta cercando con la CIA di individuare i cronisti che hanno divulgato notizie sula questione delle carceri di Abu Graib per farli giudicare da un grand jury federale, costringendoli a rivelare, sotto giuramento, le identità di chi ha materialmente fornito le “soffiate” per i loro articoli. Nelle varie agenzie dell’Intelligence americana stanno lavorando a pieno regime anche le macchine della verità, cui sono sottoposti i dipendenti per scoprire la loro lealtà. Questa caccia alle streghe mostra quanto è diventato difficile il mestiere della “talpa” e quello del giornalista. Sembrano finiti i tempi in cui alcuni popolari quotidiani degli States abbattevano presidenti come ai tempi del Watergate, dell’Irangate o del Levinsky Gate. Diventerebbe poco credibile oggi la figura dell’analista nel film I tre giorni del Condor (interpretato da un magistrale Robert Redford) che si garantisce la vita, messa in pericolo dai membri di un servizio segreto “ombra” da lui scoperto all’interno della CIA, affidando la sua storia ad un noto quotidiano newyorkese. Il connubio tra una gola profonda ed un giornalista a caccia di scoop è quanto di più esplosivo possa esistere, capace da una parte di far EDITORIALE CACCIA ALLE STREGHE 9 10 Intelligence & Storia Top Secret conoscere situazioni e verità nascoste, dall’altra di creare una confusione mediatica dalle conseguenze incontrollabili. Se poi il giornalista antepone la politica editoriale alla realtà dei fatti, la polvere sollevata confonde la verità, la distorce. Nella terminologia dell’Intelligence si parla di “intossicazione”. Se si mescolano informazioni incomplete, volutamente condite da una buona dose di falsità il gioco è fatto. Anzi, il “grande gioco”. S’innescano processi ripresi dall’opinione pubblica che possono decidere la stabilità o l’instabilità di un sistema. In una società mediatica «l’opinione pubblica si forma giorno dopo giorno mediante il continuo bombardamento dei mezzi di comunicazione. La verità è ciò che loro ci propongono come verità. Ciò che non è riportato dalla stampa non esiste, e quello che esiste è solo nella forma in cui appare in essa». Insomma, la notizia virtuale diventa strumento attivo di un piano destabilizzante il cui scopo è quello di confondere la realtà fino al punto di non essere più riconoscibile. Gli USA stanno cercando, con il solito sistema radicale del pugno di ferro, di evitare che la stampa diventi inconsapevole (o consapevole) strumento in mano a chi vuole colpire il Paese in maniera trasversale. Si è praticamente tornati ai tempi della guerra fredda con un modus operandi introdotto nel confronto Est-Ovest dal dipartimento di guerra psicologica del KGB sovietico e dalla CIA. All’inizio degli anni Ottanta la disinformazione divenne una delle attività preferite dai paesi del blocco dell’Est capace di creare una macchina di propaganda infiltrata nei tabloid europei e americani come nel caso che vide l’“Ethnos”, un quotidiano greco, accusato apertamente di essere figlio della disinformatja sovietica. La direzione di “Ethnos” sostenne che le accuse, false, erano state diffuse dall’Economist di Londra, costretto in sede giudiziaria a rivelare le fonti che avevano dato avvio alle sue affermazioni. Sfileranno per questo davanti alla Royal Court of Justice ex agenti segreti passati in Occidente come Ilya Dzirkvelov, esperto in disinformazione, Sergej Bokhane e Victor Gudarev, disertori rifugiatisi ad Atene. Questo caso farà scoprire l’esistenza del subdolo modo di seminare zizzania in un paese diffondendo parole, mezze verità, mezze bugie, dividendo gli animi allo scopo di confondere, suscitare panico sociale. In questi ultimi tempi questo gioco sembra avere un peso determinante nella guerra mediatica che vede l’Europa (e l’Italia in particolar modo) attaccata da forze che andrebbero individuate, affrontate, sgominate. Nel caso specifico nazionale, l’animosità che ha caratterizzato la campagna elettorale italiana del 2006, tra le più accese verbalmente di quest’ultimo decennio, ha reso difficile capire cosa sta accadendo realmente a livello politico, sociale ed economico. Non è fare “dietrologia” se si afferma che il parapiglia mediatico sembra nascondere una volta di più una regia extra mura. L’opinione L’intelligence dovrebbe diventare materia d’insegnamento e di una nuova organizzazione universitaria del sapere sui temi della sicurezza Francesco Sidoti P er una coincidenza scrivo queste righe dopo un clamoroso infortunio giudiziario che vede protagonista il massimo rappresentante del sistema universitario italiano, presidente dell’associazione di tutti i rettori italiani, e dopo che il “Financial Times” ha dedicato un corrosivo commento contro la tradizionale organizzazione e cultura universitaria in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Sulle coincidenze c’è un dibattito notevole. Per Carl Gustav Jung in un certo senso non esistono. Secondo altri chiamiamo coincidenze la nostra deliberata volontà di mettere in relazione cose indipendenti l’una dall’altra, nella speranza di indurre gli altri a fare come noi. Il mio punto, detto in breve, è il seguente: una società veramente democratica può permettersi che un suo settore vitale, qual è l’intelligence, sia del tutto remoto rispetto ai normali circuiti del sapere e del controllo della conoscenza? L’intelligence poteva essere un affare riservato a diplomatici, militari e spie soltanto in un mondo che è decisamente tramontato. In questo nostro mondo, globalizzato e vulnerabile È assurdo pensare che sicurezza, università ed interesse nazionale siano cose separate e distinte. Le nuove emergenze prodotte dal terrorismo costringono la società a introdurre l’intelligence nelle università come nuovo insegnamento per gli addetti della vigilanza e dell’investigazione L'OPINIONE INTELLIGENCE E UNIVERSITÀ 11 12 Intelligence & Storia Top Secret come non mai, è necessaria una preparazione sull’intelligence che non può essere lasciata alle scuole di polizia. Per quanto criticabile e imperfetta, l’università può offrire un momento di controllo democratico e scientifico. Invece la situazione organizzativa e legislativa è miserevole, in piena sintonia con quanto accade in molti altri comparti capitali dell’interesse nazionale. All’inizio del 2006 si chiude una legislatura nella quale i temi della sicurezza risultano tanto controversi quanto nebulosi. Simbolo di questa situazione è forse la mancata riforma di un codice penale che nella sua stesura originaria è vincolato ad un’età storica assai diversa dalla presente. È vero che la mancata riforma si protrae da molte legislature, ma in questa legislatura c’era una maggioranza parlamentare solida, che era stata eletta in buona misura anche perché innovasse decisamente in materia di sicurezza. Invece, a parte alcune misure che hanno suscitato larga discussione (ad esempio, il caso della legittima difesa), non è avvenuta quella incisiva riforma e sistemazione che molti si augurano da tempo. La mancata “riforma dei servizi” è un tema fin troppo ovvio di esemplificazione. Ben più grave è la mancata approvazione della cosiddetta legge sulla sicurezza sussidiaria, per la situazione arretrata ed intricata nella quale si trovano ad operare decine di migliaia di addetti nel campo privato della vigilanza, dell’investigazione, della prevenzione. Nel suo insieme la classe politica e l’opinione pubblica non sembrano particolarmente premurose; le ragioni sono molte ed una è l’arretratezza culturale, perfettamente dimostrata dal posto infimo che i temi della sicurezza hanno dentro il sistema universitario tradizionale. L’attuale organizzazione universitaria del sapere rappresenta soltanto un tipo di divisione del lavoro, nata sulla base di circostanze storiche precise: non è l’alfa e l’omega di ogni possibile organizzazione della conoscenza umana. Anzi, le maggiori cognizioni scientifiche ottocentesche sulla vita e sulla natura, da Louis Pasteur a Charles Darwin, fino ad Albert Einstein, nascono fuori dalle università. Una determinata organizzazione del sapere si forma non per l’eccellenza intrinseca della proposta, ma grazie a determinate circostanze, per poi sopravvivere fino a quando non viene modificata o smantellata da circostanze successive. È proprio il punto relativo alle università dopo l’11 settembre: l’attuale organizzazione del sapere è sottoposta ad una nuova emergenza e cerca faticosamente una ridefinizione. Con tutte le resistenze che ogni organizzazione consolidata di persone e di interessi può offrire. Molte discipline universitarie sono oggi geneticamente connesse ad una società che non c’è più. Sopravvivono per la pura forza degli interessi consolidati, a volte tanto protervi da suscitare l’attenzione dei giudici e del “Financial Times”. Tra la nascita di un’esigenza conoscitiva e la forma- L’opinione “L’intelligence era affare riservato a diplomatici, militari e spie in un mondo decisamente tramontato” L'OPINIONE zione di un’organizzazione conoscitiva c’è un tempo storico che a volte è breve e a volte è lungo. Dal punto di vista accademico, l’antropologia nasce non dopo la scoperta delle Americhe, ma in coincidenza con le più importanti affermazioni del colonialismo: l’apertura del canale di Suez nel 1869 e la scoperta del bacino del Congo nel 1876. Molto tempo dopo le prime e straordinarie riflessioni di Michel de Montaigne sui selvaggi, nel 1843 viene fondata la Ethnological Society of London. Nell’Ottocento Lewis Henry Morgan e Edward Taylor sono ritenuti i fondatori di quell’antropologia che oggi viene insegnata nelle università: pubblicarono intorno al 1870 le loro opere fondametali. James G. Frazer è stato per tanti anni considerato l’antropologo per eccellenza; tenne nel 1908 a Cambridge il primo corso di Antropologia Sociale. Particolarmente illuminanti i casi della sociologia e della criminologia. Cesare Lombroso scrive la sua grande opera sull’uomo delinquente nel 1876, diventando forse l’italiano più noto al mondo (insieme a Caruso, Marconi e pochi altri), quando l’Italia deteneva il primato dei delitti fra tutte le nazioni civili. Ma l’organizzazione universitaria assai stentatamente gli concesse diritto di cittadinanza. Negli Stati Uniti, alla fine della sanguinosa guerra civile, nel 1865 cominciò a crescere impetuosa la metamorfosi da nazione caratterizzata 13 14 Intelligence & Storia Top Secret da piccole comunità a nazione caratterizzata da grandi agglomerati urbani. New York ancora all’inizio dell’Ottocento contava soltanto 30.000 abitanti ed era nientemeno che la più popolata e importante città americana. Poi si sviluppò in proporzione geometrica: in alcuni anni della sua storia, per alcune fasce generazionali, vi abitarono più italiani che a Roma, più irlandesi che a Dublino, più ebrei che in Israele. Nasceva un nuovo tipo di società, assolutamente distinta rispetto alle società chiuse, omogenee, intolleranti, impermeabili e immutabili del passato tradizionale, agricolo, feudale, predemocratico. Una vertiginosa crescita urbana e industriale generò problemi tremendi e l’urgenza di discipline accademiche pertinenti. Il primo dipartimento americano di Sociologia nasce a Chicago nel 1892; nel 1895 viene pubblicato il primo numero dell’American Journal of Sociology. Negli stessi anni nascono in Europa le prime cattedre universitarie, associazioni e riviste sociologiche: si sviluppano insieme alla crescita di una società industriale e assai lentamente acquistano la piena legittimazione e il diritto di cittadinanza all’interno della comunità accademica. È assurdo pensare che sicurezza, università e interesse nazionale siano cose separate e distinte. Quando la Germania fredericiana fu annientata dalle truppe napoleoniche, nacque in consapevole risposta l’apogeo della cultura ottocentesca: la leggendaria università di Berlino; quando la Francia repubblicana deliberò di mettersi alla pari con i tedeschi (che nel 1870 erano arrivati alle porte di Parigi), nacque l’invidiata ed esaltata organizzazione francese delle grandi écoles, inclusa l’Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, dove ho conseguito il mio Doctorat de Troisième Cycle. In Italia oggi abbiamo bisogno di un’università rinnovata, di discipline nuove, di nuovi dipartimenti, di una nuova organizzazione universitaria del sapere sui temi della sicurezza, perché siano meglio interpretati e discussi i temi drammatici dello sviluppo dei processi mondiali di democratizzazione, di industrializzazione, di civilizzazione. Francesco Sidoti, presidente del Corso di Laurea in Scienze dell’Investigazione presso l’Università dell’Aquila DOSSIER ATTUALITA' Dal mondo Bob Denard mercenario incorreggibile: colpo di Stato alle Comore B ob Denard (nella foto), mercenario o servitore della Francia? L’uomo, 76 anni, con 26 compagni tra il 27 settembre e il 4 ottobre del 1995 attuava l’operazione “Eskazi” un colpo di Stato nelle isole Comore. Nella notte dal 27 al 28 settembre, Bob Denard e i suoi uomini di cui due dei suoi fedeli tenenti, Dominique Malacrino, 54 anni, alias “comandante Marques”, e Jean-Paul Guerriero, 55 anni, alias “capitano Slam”, sbarcavano sulle coste comoriane. Tre commando si dislocavano in luoghi strategici mentre un gruppo al seguito di Denard sequestrava per sette giorni il presidente Saïd Mohamed Djohar, senza sparare quasi un colpo di fucile. Il 4 ottobre 1995, in virtù degli accordi che legano la Francia al governo delle isole Comore, le forze francesi erano intervenute per liberare il presidente e mettere fine al golpe. Il gruppo dei mercenari era fermato e riportato in Francia. Nonostante occupino appena 2170 km2 di superficie, le Comore, un insieme di tre isole con pochissime risorse naturali, hanno sopportato 19 colpi di Stato o tentativi di colpo di Stato fin da quando hanno guadagnato l’indipendenza dalla Francia nel 1975. Nel 1997, le isole di Anjouan e Moheli dichiararono la loro indipendenza dalle Comore. Nel 1999, il colonnello Azali salì al potere risolvendo questa crisi scissionista dando al governo delle isole un assetto confederativo sottoscritto con l’Accordo di Fomboni nel 2000. A dicembre del 2001, gli elettori approvarono una nuova costituzione e ogni isola dell’arcipelago elesse un proprio presidente e, nel maggio del 2002, un nuovo presidente dell’Unione. Le isole Comore sono tra i paesi più poveri del mondo, considerando l’attività economica inesistente, l’alta disoccupazione e una dipendenza pesante dalle concessioni straniere per l’assistenza tecnica, insieme a un governo diviso ancora da dispute politiche interne. Quale motivo avrebbe mosso quest’ennesimo tentativo di rovesciare l’assetto geopolitico delle isole? Thibault di Montbrial, avvocato di uno degli imputati, ha affermato DOSSIER ATTUALITA' OPERAZIONE ESKAZI 17 18 Intelligence & Storia Top Secret che la mano destra del governo francese dovrebbe giudicare ciò che ha fatto la sua mano sinistra. Si pensa, cioè, che dietro all’azione di Denard ci siano interessi nazionali non troppo umanitari. La difesa dei mercenari è stata rinforzata da una dichiarazione di Michel Roussin, ex responsabile del DGSE (la Direzione Generale della Sicurezza Esterna francese), poi ministro della Cooperazione, durante l’istruttoria del processo: «Quando i servizi speciali non possono effettuare operazioni clandestine, fanno ricorso a strutture parallele. Bob Denard e i suoi soldati di fortuna, noti per un’azione simile nel Gabon, sono mercenari di professione che difficilmente prendono iniziative in proprio. Qualcuno li ha spinti a muoversi dietro la promessa di un congruo pagamento. Il problema è individuare questo qualcuno». Durante l’istruttoria, gli inquirenti hanno passato in rassegna tutti i moventi possibili, tutte le sorgenti di finanziamento dell’operazione “Eskazi”: la pista politica comoriana, mirando a rimettere in sella i parenti dell’ex presidente Abdallah; la pista Corsa, “specializzata nei giochi in Africa”; la pista di Hong Kong, che mira a creare alle Comore un centro “offshore”. L’ordinanza di rinvio in tribunale propende per quest’ultima ipotesi, ma senza “identificare in modo formale” questi misteriosi investitori asiatici preoccupati di fuggire da Hong Kong passata di mano alla Cina. Sull’implicazione del DGSE si è detto che «è poco verosimile che i servizi francesi abbiano ignorato totalmente il progetto di Denard. Ma a dispetto di questa supposta conoscenza, non è dimostrabile che questi avevano finanziato l’operazione». Durante il lungo interrogatorio, i principali imputati hanno sempre sostenuto di aver agito con la convinzione che la Direzione Generale della Sicurezza Esterna (DGSE), i servizi segreti francesi, li sostenesse. Saïd Larifou, avvocato dell’ex presidente Saïd Mohammed Djohar, vittima di questo tentativo di golpe, pensa che le motivazioni dell’operazione siano “meramente finanziarie”. «Non ho mai agito contro gli interessi del mio paese» ha dichiarato in sua difesa Bob Denard durante l’istruzione del processo, al presidente del tribunale Thierry Devernois di Bonnefon. Anche gli altri imputati hanno sempre sostenuto di aver agito col sostegno implicito delle autorità francesi. «In questo genere di operazione, niente è sicuro, ma l’assenza di un rifiuto equivale ad un’approvazione», ha spiegato, il 6 marzo alla barra, Dominique Malacrino ex mercenario della Legione straniera dell’esercito francese, ricordando di aver assistito alle numerose chiamate telefoniche tra Denard e Jacques Foccart, allora responsabile della sezione “Africa” dell’Eliseo. Secondo Malacrino «questa operazione era coperta dai contatti di Bob Denard» con i responsabile francesi e ha precisato: «Non ha lavorato mai da solo e tutti sanno a che punto le Comore hanno sempre rivestito un interesse strategico per la Francia». Dal mondo Il presidente del Burundi ha denunciato un progetto di colpo di Stato I l presidente del Burundi, Pierre Nkurunziza (nella foto), arrivato democraticamente al potere nell’agosto dell’anno scorso, dopo avere diretto la ribellione del CNDD-FDD, ha denunciato un progetto di colpo di Stato, annuncio che ha reso nuovamente tesa l’atmosfera in un paese che esce di una guerra civile durata 12 anni, scatenata dall’assassinio del primo presidente hutu democraticamente eletto, Melchior Ndadaye. Nkurunziza ha accusato tre politici che avrebbero tenuto delle riunioni clandestine con ufficiali membri delle Forze della Difesa nazionale e della Polizia nazionale. Le conversazioni dei congiurati sarebbero state registrate dai servizi di informazione. «Provo in questo momento a convincerli di ritornare alla ragione e di abbandonare il loro progetto», ha precisato in modo inaspettato il capo di Stato. Il Presidente Pierre Nkurunziza aveva annunciato nella provincia di Muyinga, davanti allo staff di ufficiali delle regioni militari del Burundi, che un tentativo di destabilizzazione delle istituzioni era conosciuto dai servizi di informazione. Questo sensazionale annuncio giunge proprio mentre lo stato di grazia di cui ha beneficiato il nuovo potere sembra finito. Mentre Bujumbura, una regione del Burundi, deve fare fronte a una carestia nel nord con la sua politica di riduzione DOSSIER ATTUALITA' AFRICA INQUIETA: BURUNDI 19 20 Intelligence & Storia Top Secret dei prezzi di base (che cozza contro una fronda dei commercianti che organizzano il boicottaggio della distribuzione), i caschi blu e l’organizzazione della difesa dei diritti dell’uomo Human Rights Watch (HRW) hanno denunciato, in questi ultimi mesi, numerosi abusi dell’esercito: omicidi, tortura, mancata osservanza delle procedure legali nella sua lotta contro l’ultima ribellione hutu ancora in attività (le Forze nazionali di liberazione), nonché omicidi e racket sulla popolazione. Dei difensori dei diritti dell’uomo burundesi si sono opposti alla nuova pratica che consiste nell’esporre al pubblico affinché veda i criminali, le persone accusate ma non ancora giudicate linciandole moralmente. Il colonnello Léonidas Maregarege sarebbe stato interrogato dai servizi di polizia del Burundi in rapporto al tentativo di colpo di Stato di cui ha parlato il Presidente Pierre Nkurunziza. Il colonnello Maregarege ha fatto parte del Comitato militare per la Salute nazionale, il CMSN che ha portato il maggiore Pierre Buyoya al potere il 3 settembre 1987. Ha diretto per molto tempo il campo militare di Gitega ed è stato promosso Ministro della Difesa nel governo di Adrian Sibomana all’inizio degli anni Novanta. Léonidas Maregarege fu vittima di un incidente di elicottero nel 1992 mentre ritornava da una missione nell’interno del Burundi. Perso nella foresta del Kibira, ferito, riuscì a salvarsi pur perdendo un piede in seguito all’incidente. Léonidas Maregarege era diventato ambasciatore del Burundi in Egitto per il Presidente Ndadaye. Delle fonti indipendenti hanno dunque puntato il dito sul suo nome tra gli ufficiali che erano molto vicini ai golpisti. IL MANOSCRITTO RUBATO Condannato Michel Garel della BNF per furto di una Torah del XII secolo M ichel Garel, conservatore dei manoscritti ebraici alla Biblioteca Nazionale della Francia, è stato condannato in marzo a due anni di prigione col beneficio della condizionale per furto. Delle quarantadue opere scomparse che la BNF sembrava imputargli, l’accusa ha potuto dimostrarne uno solo, quello del manoscritto H52, un pentateuco, l’insieme dei primi cinque libri della Bibbia, la Torah per gli ebrei, redatti in ebraico nel XIII secolo. I suoi colleghi lo descrivono “brillante, sensibile, egotista”; un erudito ribelle ad ogni disciplina. Dopo il suo licenziamento nel 2004, Michel Garel aveva inviato alla BNF lettere ingiuriose. Non si sa quando il manoscritto H52 è sparito dei reparti della BNF. Il precedente inventario risaliva al 1965. Il “furtarello” si è potuto verificare prima del 1991, data di un’esposizione dove il manoscritto H52 non figura in catalogo. Niente prova quindi che Garel l’avrebbe sottratto. Ma se è innocente, è un conservatore inefficiente: assunto nel Dal mondo DOSSIER ATTUALITA' 1976, ha ammesso di non avere visto “mai” né consultato il manoscritto H52. Il tribunale ha stroncato comunque Michel Garel incolpandolo di furto. Il conservatore è accusato soprattutto di aver contribuito a riciclare il manoscritto rubato. Nel 1998 aveva firmato un buono di uscita del territorio, ciò che permetterà all’ H52 di essere venduto alle offerte nel maggio 2000 da Christie’s per 368.000 dollari. Garel dice di avere visto il documento soltanto in foto ma non avrebbe potuto riconoscere il manoscritto a causa di una modifica della rilegatura. Due possibilità: o il conservatore è distratto, o è complice. A sentire Michel Garel, fu Edmond Safra, richissimo banchiere deceduto nel 1999 ad avergli chiesto di riempire il buono di uscita. «Safra era un generoso donatore della BNF. Non vedo in che modo l’etica sarebbe danneggiata volendo fare un favore al mio sponsor». La vedova di Safra ha definito fantasiosa e vergognosa questa linea di difesa, fallita quando si è scoperto che l’H52 è finito nelle mani di Daniele Sofer, un collezionista britannico, in affari con Michel Garel da una decina di anni. Il conservatore della BNF gli aveva venduto una decina di manoscritti antichi per 700.000 dollari, versati su un conto bancario in Lussemburgo. La vicenda sembra ricalcare la storia del Codice Da Vinci o del film La Nona Porta, ha ironizzato l’accusa, ricordando la pellicola nella quale l’attore Johnny Depp personifica un cacciatore di manoscritti che procura rarità ai ricchi bibliofili con mezzi non proprio legali. Questi accostamenti fatti dalla stampa francese alla vicenda di Garel lo hanno dipinto come coinvolto in una cospirazione internazionale, membro di una gang di “Santi Uomini”, eredi dei Templari o dei Rosacroce, forse di un gruppo di ebrei ortodossi decisi a recuperare un patrimonio culturale d’inestimabile valore per la loro religione. Ipotesi che appare verosimile. Sembra che Garel sia figlio di un ebreo ortodosso e che la sua compagna (una specialista di manoscritti copti al CNRS) sia stata tratta in ballo in questa vicenda che la vede a sua volta accusata di ricettazione a causa di quel conto bancario cointestato in Lussemburgo. 21 22 Intelligence & Storia Top Secret SPARTAN HAMMER Un’esercitazione Nato di intelligence congiunta (Pagine di Difesa, 10 marzo 2006. Fonte: Nato Headquarters, Bruxelles L a Grecia ospiterà, nel mese di novembre, un’esercitazione della NATO che metterà alla prova le capacità dei Paesi membri nel campo dello scambio in tempo reale di dati intelligence in supporto alle operazioni, incluse quelle di antiterrorismo. Spartan Hammer 06, questo il nome dell’esercitazione, sperimenterà per la prima volta un sistema joint di intelligence, combinando assetti di terra, marittimi, spaziali e delle forze per operazioni speciali. Saranno messi a fuoco, in particolare, i difetti critici dell’Alleanza nella geo-referenziazione in tempo reale delle minacce, incluse quelle terroristiche, nella scoperta e localizzazione delle emissioni di disturbo al sistema GPS e nella gestione dei sistemi joint di intelligence, migliorando l’interoperabilità anche dal punto di vista tecnico. L’esercitazione si basa sui risultati della Hammer 2005 durante la quale i Paesi Nato partecipanti hanno implementato un nuovo standard di condivisione dei dati di Signals Intelligence (Sigint, intelligence delle comunicazioni). Quest’anno l’esercitazione verterà sulle capacità dei corpi di spedizione e delle missioni di antiterrorismo, nel campo Sigint ed Electronic Warfare (EW, guerra elettronica). La Nato Response Force (NRF) avrà l’incarico particolare di sviluppare metodi per la distribuzione di informazioni time–critical nella creazione della “rappresentazione condivisa della zona d’operazioni”. L’esercitazione sfrutterà le capacità network-enabled della NATO mediante l’uso di data link, quale il Link-16 e il Link-11, per lo scambio d’informazioni istantanee di intelligence e EW, sui sistemi delle 13 nazioni partecipanti. Darà inoltre risalto agli scenari di difesa antiterrorismo per poter determinare come intelligence e EW possano aiutare nel localizzare e caratterizzare le minacce terroristiche. Spartan Hammer 06 sarà condotta su varie basi aeree dell’Aeronautica militare ellenica e condotta congiuntamente all’esercitazione nazionale greca di guerra elettronica “Trojan Horse”. (NL) Dal mondo Vanno a ruba a Dubaï sottomarini tascabili per ricchi sceicchi H ervé Jaubert, vecchia conoscenza del DGSE francese, è diventato un beniamino degli sceicchi. Sono numerosi ad avere visitato la sua fabbrica unica al mondo. Alla svolta di una duna, protetta dal filo spinato, si scorgono i tetti bruciati della ditta Exomos sulla strada di Abu Dhabi, affacciata sul Golfo Persico. Presentato in anteprima mondiale al Salone nautico di Dubaï, il 14 marzo scorso, il sottomarino tascabile civile di questa azienda ha mostrato la sua adattabilità ai gusti più difficili. Il minisub ha diverse versioni: il “Goby” per coppie, “l’Adventurer” per cinque passeggeri, il “Discovery” per le famiglie di sette persone e infine il “Nautilus” replica del celebre sottomarino di Jules Verne, un mostro di otto tonnellate, quattordici metri di lunghezza, capace di immergersi a più di venti metri di profondità. Passata la baracca delle guardie in tenuta cachi, il cliente è invitato a pazientare vicino a un acquario. Una murena leopardo nera e bianca vi fissa con occhio torvo. «L’ho messa qui da sola perché ha decimato l’acquario del pianterreno», dice Hervé Jaubert invitando il visitatore a iniziare la visita al cantiere. Tra piante verdi e schermi di computer, degli ingegneri venuti dal mondo intero discutono intorno a modellini su scala ridotta. Immerso in una baia in miniatura, un sommergibile rosso a due posti aspetta di essere venduto. Nell’ombra, un altro sottomarino tascabile, blu acciaio, aspetta, posato su dei cavalletti. Appartiene al re dell’acciaio, Lakshmi Mittal. Il miliardario indiano ha rinviato il suo piccolo gioiello nelle acque del golfo per fare aggiungere l’aria condizionata e gli interni in cuoio. Esattamente come da un concessionario di automobili di lusso. «Dal rialzo dei costi del petrolio, il mio taccuino di ordini si riempe a vista d’occhio» dice entusiasta Hervé Jaubert. In un solo anno di vita la Exomos ha registrato undici acquisti per un fatturato di 130 milioni di dollari. Gli operai sono aumentati da 140 a 250. Hervé Jaubert parla volentieri del suo business: «Qui, i miliardari hanno tutti uno yacht, DOSSIER ATTUALITA' MINISUB PER FAMIGLIE E POLIZIA 23 24 Intelligence & Storia Top Secret una Ferrari e una piscina privata. Il loro futuro giocattolo è il mio sottomarino. Negli Stati Uniti, i miei clienti miliardari lo approdano sul lungofiume per attirare le ragazze dando al suo capitano un’immagine sportiva». Nel Golfo, l’argomento non funziona. Qui, le donne velate di nero fingono di ignorare gli uomini incontrandoli per la strada, e salire a bordo con loro su un sottomarino è semplicemente impensabile. La cultura beduina è reticente ai bagni di mare, gli sceicchi vedono soprattutto in questo minisottomarino un mezzo ideale per portare a spasso la loro famiglia in mezzo alle tartarughe e agli squali. A colpi di milioni di petroldollari sono stati edificati dei banchi di sabbia artificiali. Obiettivo: rendere il mare meno torbido. Certi oceonografi prevedono anche di ricreare sul fondi del mare una Disneyland subacquatica tra i coralli. I sottomarini tascabili stanno diventando il mezzo di trasporto ideale per raggiungere le ville da due milioni di dollari a locale, costruite sulle isole artificiali a forma di palme, al largo di Dubaï. Sono capaci di attraccare su una spiaggia di sabbia, permettendo di evitare gli ingorghi di yacht in superficie. Leggeri, possono essere issati facilmente a bordo, seguendo gli sceicchi nelle loro vacanze di estate a Cannes. Con l’aumento del prezzo del greggio, il costo dei minisub non è un problema. Per i più “poveri” il sottomarino meno oneroso è lo “Stingray” ad un posto, costo 37.000 dollari, si può sistemare quasi nel bagagliaio di un 4x4. Il minisub di 22 metri, col suo interno lussuoso in cuoio, cromo e legno scolpito, costa invece 10 milioni di dollari. Il proprietario dell’Exomos, il Sultano Ahmed bin Sulayem si strofina le mani. Padrone dei porti e delle dogane di Dubaï ed uno dei cinque uomini più importanti dello sceicco di Dubaï, questo potente uomo d’affari ha attualmente investito 25 milioni di dollari. Senza dimenticare l’affitto di 30.000 metri quadrati di deserto, a ridosso delle acque territoriali. Hervé Jaubert, 50 anni, non ha ancora il suo sottomarino, ma circola in Lamborghini blu pastello per differenziarsi dalle Ferrari rosse e possiede uno yacht di diciotto metri. Dopo avere lasciato la Francia e il DGSE per le ragioni che preferisce tacere, ha montato la sua prima fabbrica negli Stati Uniti. «Ma gli americani mi hanno deluso — confida — dopo l’11 settembre 2001, non ho avuto più il diritto di esportare i miei sottomarini tascabili, con il pretesto che potevano essere utilizzati a fini terroristici. Che io sappia, sono le automobili ad essere utilizzate negli attacchi. I miei sottomarini sono al contrario ideali per la polizia che ha bisogno di pattugliare discretamente nei porti e nelle acque poco profonde vicino alle coste». I militari che proteggono i porti del Golfo Persico degli attacchi di al-Qaida l’hanno capito: nella regione, i piccoli sottomarini dai colori mimetici sono diventati “trendy”. DOSSIER INTELLIGENCE Il mondo delle Informazioni Lavorare con le informazioni richiede logiche e metodi moderni non tanto di acquisizione quanto di gestione e analisi Giancarlo Bove L a gestione dei processi di intelligence ad elevata complessità, come quelli che hanno sede in ambito militare, economico e politico, richiede competenze molto diversificate all’interno di quella che possiamo definire struttura informativa integrata. In essa, ognuno contribuisce alla gestione delle informazioni secondo il suo specifico punto di vista per rendere efficace, soprattutto a livello di comunicazione, i diversi apporti specialistici. Questa relazione offre un approccio olistico, dunque integrato e globale per la gestione dei processi di intelligence, facendo convergere metodologie di analisi e scienza delle decisioni. Non mira certamente ad approfondire gli aspetti specialistici di tali discipline, bensì quello di far comprendere, attraverso il concetto stesso di struttura informativa integrata, come esse interagiscono ai fini di una gestione cosiddetta intelligente, fornendo all’analista una mappa ragionata delle loro interconnessioni. Non solo, ma la crescente quantità di dati e informazioni rende il ruolo dell’analista indispensabile per il processo decisionale. In passato accadeva che il decisore trascurava il lavoro dell’analista per accedere direttamente alle informazioni provenienti dalle varie fonti. Oggi questo comportamento è inconcepibile e pericoloso, soprattutto se intorno al concetto di informazione si costruisce la sicurezza della nazione. P er poter decidere razionalmente e al momento giusto è fondamentale disporre di informazioni precise, tempestive e pertinenti la realtà di un certo contesto sociale, economico, politico e militare. Le informazioni hanno sempre rappresentato il tessuto connettivo di queste realtà, ma è solo con lo sviluppo dell’informatica e degli strumenti di elaborazione elettronica dei dati che esse hanno avuto una rapida evoluzione. Attualmente, l’Intelligence dispone di una struttura informativa capace di produrre un flusso continuo di informazioni e conoscenze attraverso la raccolta, l’archiviazione e lo scambio dei dati. Dati, informazioni e conoscenza a loro volta sono concetti molto importanti per i quali è necessario fare una distinzione: • I Dati sono numeri, simboli oppure ogni tipo di indicazione ed espressione riferita ad eventi o fatti grezzi e quindi non elaborati. Essi DOSSIER INTELLIGENCE GESTIONE INTEGRATA DEI PROCESSI DI INTELLIGENCE 27 28 Intelligence & Storia Top Secret contengono elementi, o se preferiamo, segni, spesso indistinguibili ad una prima osservazione, ma non per questo invisibili o nascosti. Individuarli è importante, poichè può condurre l’analista a verità utili per la comprensione dei fatti. La semiologia, in proposito, è una disciplina che fornisce adeguati metodi per individuare e interpretare tali segni. Maurizio di Sassonia, che fece esperienza diretta sotto Marlborough ed Eugenio di Savoia, descrive nelle sue Utopie alcune regole generali per l’interpretazione dei segni, cioè quelle manifestazioni fisiche del combattimento che, se interpretate in modo corretto, forniscono alcune indicazioni riguardo all’obiettivo dell’esercito antagonista. Trarre le debite conclusioni da segni di scarsa importanza o trascurabili è una procedura ancor oggi seguita dagli analisti e dai ricercatori di intelligence nell’ambito del sistema di analisi degli Indicatori ed Allarmi. Ricordiamo inoltre che non è consigliabile affidarsi al solo trattamento dei dati in termini di elaborazione e classificazione, poiché si rischia di perdere la capacità di immaginazione. Pertanto, occorre pensare creativamente tenendo conto di tutte le possibili correlazioni esistenti tra i dati. • Le Informazioni sono invece il risultato dell’elaborazione dei dati. Gli analisti distinguono tra dati, informazioni e conoscenza, spesso legando il valore delle informazioni alle capacità decisionali. A volte non è neanche possibile conoscere la portata complessiva delle informazioni disponibili. Per esempio, può accadere che l’analista scopra delle informazioni significative in una serie di dati in cui un collega non individui nessun elemento importante. L’analista, inoltre, deve anche individuare quale modalità di analisi delle informazioni intraprendere, avendo ben chiari pregi e difetti di ognuna. In proposito, è fondamentale ricordare che uno degli errori più frequenti dell’analisi è quello di basarsi non sulle informazioni necessarie, ma su quelle disponibili. • Le Conoscenze costituiscono il risultato dell’analisi delle informazioni utilizzate nel processo decisionale. Sopra l’informazione, se l’organizzazione è capace di gestirsi, si costruisce la conoscenza, un’attitudine che in sostanza esprime il risultato di una gestione razionale e continuativa delle interazioni tra dati, informazioni, azioni passate, esperienze e comprensione. La conoscenza, una volta distribuita, si diffonde incrementando la capacità di controllo della complessità nel suo insieme. Ricordiamo, infine, che la conoscenza non è sufficiente per prevedere situazioni ed eventi futuri. Come sostiene l’ex capo del Mossad, Efraim Halevey, occorre non fidarsi della hybris dell’intelligence, cioè della convinzione di poter risolvere tutto con la conoscenza. Occorre, infatti, una visione di insieme della realtà che supera il concetto stesso di conoscenza. Il mondo delle Informazioni Dal punto di vista analitico, inoltre, dati e informazioni sono variabili che, indipendentemente dalla fonte di provenienza, costituiscono la base di sviluppo dei modelli di analisi previsionale per l’intelligence ad indirizzo civile e militare. In generale, tali indirizzi necessitano di informazioni differenti in quanto le esigenze di analisi, decisione e operatività non sono uguali. Non solo, ma poiché le informazioni e le fonti di provenienza sono numerose, è necessario verificarne l’attendibilità. In caso contrario, non esiste alcuna garanzia di validità dei risultati forniti dal lavoro dell’analista. Risultati, questi, che a loro volta condizionano le scelte del decisore. Quest’ultimo, decide proponendo un ventaglio di possibili soluzioni nel contesto dei probabili scenari previsti dall’analista. Attenzione, poiché il fatto di proporre possibili soluzioni nel contesto di probabili scenari, non significa necessariamente che le decisioni maturate in base alle conoscenze fornite dall’analista sono quelle giuste. Pertanto, le possibili soluzioni proposte dal decisore devono essere sottoposte a simulazioni operative capaci di dimostrarne la validità. Questo significa che tra la decisione proposta e l’azione conseguente la medesima, si inserisce nella struttura informativa dell’intelligence una fase intermedia di simulazione. La struttura, così articolata nelle fasi di analisi, decisione, simulazione e azione, è definita Struttura Informativa Integrata. DOSSIER INTELLIGENCE Figura 1. La piramide gerarchica dell’intelligence 29 30 Intelligence & Storia Top Secret Figura 2. Le fasi del processo logico di intelligence In particolare, la fase di simulazione deve essere condotta cercando di riprodurre fedelmente gli scenari operativi prodotti dalle decisioni adottate. Essa si propone, come obiettivo ultimo, di individuare e correggere eventuali errori contenuti nelle decisioni, e, tramite la loro analisi, attivare le opportune future decisioni. In questo modo, eliminando le deviazioni indesiderate, è possibile raggiungere gli obiettivi programmati in sede di pianificazione strategica. Ogni livello di intelligence prevede un certo tipo di simulazione. Per esempio il livello di intelligence militare impiega simulatori realizzati con tecnologie della realtà virtuale. Questi ultimi, nonostante abbiano comportato spese di miliardi di dollari, sono considerati economici se confrontati con le spese dovute all’addestramento con piattaforme operative in situazioni reali. In questo tipo di simulazione è necessario ricostruire fedelmente anche il contesto emotivo in cui si opera 1. Infatti, poiché la velocità e la complessità delle operazioni in ambiente militare Il mondo delle Informazioni Modello descrittivo La Struttura Informativa Integrata può essere descritta mediante un modello definito da tre variabili. La prima variabile si riferisce alla quantità q(τ) delle informazioni disponibili. La seconda alla qualità Φ(i) delle informazioni, cioè al loro valore attuale. La terza variabile riguarda invece il tempo (τ) complessivo che intercorre tra le fasi di elaborazione dati, analisi informazioni, decisione, simulazione e azione. di: La combinazione di tali variabili all’interno del modello permette • scorrere e confrontare grandi quantità di informazioni; • valutare il peso da attribuire a informazioni affidabili rispetto a quelle di dubbia provenienza; • eliminare informazioni anomale o disinformazioni che generano errori nel processo decisionale. Tali errori, a loro volta, sono la causa del fallimento delle operazioni di intelligence; • ricavare ipotesi ragionevoli per il processo decisionale sulla base di informazioni contrastanti. Non solo, ma le variabili quantità q(τ), qualità Φ(i) e tempo (τ), sono legate attraverso la seguente relazione matematica: DOSSIER INTELLIGENCE aumentano, ne consegue che il sistema nervoso umano risulta sempre meno attrezzato per assimilare ed integrare nella matrice decisionale la moltitudine di dati critici che gli affluiscono in tempo reale. Un classico esempio di questa sindrome può essere fornito dall’abbattimento di un aereo civile iraniano, effettuato dall’USS VINCENNES nel luglio 1988. Tra le lezioni apprese sulla scorta di questo incidente, e di altri anche più recenti, possiamo dedurre che, senza l’aiuto della simulazione in certe condizioni operative che coinvolgono anche l’intelligence, la sicurezza sul piano decisionale non è sufficientemente garantita. Per quanto concerne la simulazione nel livello di intelligence economica, attualmente si sfruttano analisi teoriche della guerra. Secondo lo studioso e manager Livio Buttignol 2, per affrontare i mercati un aiuto può venire dalle teorie taoiste di Sun Tzu, filosofo e guerriero vissuto tra la fine del VI secolo e l’inizio del V secolo a. C. In questo contesto la strategia militare è una metafora della competizione economica, in cui gli insegnamenti dell’arte della guerra nelle scuole militari sono applicati al mondo del business. Non dimentichiamo che, con la globalizzazione, Paesi tradizionalmente alleati sul piano della difesa sono diventati concorrenti, per non dire nemici, sul piano della competizione economica. 31 32 Intelligence & Storia Top Secret Φ(i) = ∂/∂τ (α(τ)*q(τ)) dove: Φ(i) qualità informazioni q(τ) quantità informazioni Φ(i) = ∂α(τ)/∂τ+ ∂q(τ)/∂τ α(τ) coefficiente di affidabilità delle informazioni 0 ≤ α(τ) ≤ 1 (inaffidabile) {α(τ) = 0 informazione dubbia o falsa {α(τ) = 1 informazione certa, quindi vera (affidabile) Pertanto, la variabile Φ(i) assume significato di funzione, rappresentabile con un grafico che evidenzia la durata o vita della qualità dell’informazione medesima. Figura 3. Ciclo di vita dell’informazione τm: tempo utile, ossia il tempo massimo oltre il quale l’informazione perde valore in termini di qualità, poiché non più strategicamente importante ai fini della previsione degli eventi. 0 ≤ τ ≤ τm: all’interno di questo dominio, la qualità dell’informazione Φ(i) è crescente poiché si tratta di informazioni recenti, cioè attuali, e quindi adatte a descrivere le situazioni con una certa obiettività. Pertanto nella zona del grafico, conosciuto come ciclo di vita dell’informazione, e delimitata dal dominio 0 ≤ τ ≤ τm, l’analista opera estrapolando previsioni utili al fine di prevenire eventi di una certa importanza 3. τ ≥ τm: in questa condizione il valore funzionale dell’informazione Φ(i) è decrescente, poiché le informazioni sono ormai superate e anacronistiche. Operare in questa condizione significa produrre conoscen- Il mondo delle Informazioni DOSSIER INTELLIGENCE za sterile, quindi inutile e con spreco di risorse. Ricordiamo che una caratteristica fondamentale della Struttura Informativa Integrata è quella di produrre intelligence attuale all’interno del dominio 0 ≤ τ ≤ τm, cioè in tempi inferiori a quello utile (τm) per raggiungere gli obiettivi. In contesti turbolenti e competitivi, come quelli simulati nell’ambito dell’intelligence economica, il tempo utile per sfruttare l’intelligence è sempre più limitato. Non solo, ma i fattori di incertezza di cui tiene conto il coefficiente di affidabilità delle informazioni α(τ), non sempre consentono di procedere nella trattazione delle informazioni con tempestività e completezza, incoerenze a causa delle quali si corre il rischio di adottare una decisione inattuale, oppure di adottarla oltre il cosiddetto tempo utile τm, ormai sempre più prossimo a quello reale. A questa situazione è quindi collegato l’aspetto inerente la reale efficacia degli effetti delle decisioni. L’esigenza di eseguire analisi sorge ogni volta che occorre prendere una decisione; attività decisionali e analisi sono in rapporto biunivoco: la prima include la seconda e viceversa. Ne consegue una rivalutazione dell’attività di intelligence; non basta evidentemente l’acquisizione dei dati, ma occorre una complessa elaborazione per risalire attraverso uno solo, o una serie di avvenimenti e identificare un fenomeno, un trend e conseguentemente formulare strategie ed attività operative finalizzate all’obiettivo da raggiungere. Purtroppo i vari responsabili della gestione integrata dei processi di intelligence operano all’interno di un ordine stabile e definito, come se il meccanismo di gestione fosse già programmato per rispondere a ogni tipo di informazione da analizzare e problema da risolvere 4, scegliendo, confrontando e combinando tra loro, secondo procedure prestabilite, i dati e le informazioni disponibili in archivio. Questo tipo di gestione statica rimane purtroppo isolata rispetto al contesto generale. L’insistenza di una maggiore dinamicità si avvicina all’insistenza sulla staticità; occorre, infatti, un’integrazione creativa e organica dei dati e delle informazioni. Ma questo richiede un’organizzazione che gestisca in maniera flessibile, che abbia un progetto chiaro, forza di immaginazione e capacità decisionale. In altri termini, occorre privilegiare la creatività rispetto alla meccanicità della gestione e del processo decisionale. Ricordiamo che la gestione integrata dei processi di intelligence deve svilupparsi secondo tre fasi distinte: descrizione, analisi e previsione. Tali fasi, le stesse del metodo scientifico, permettono di esplicitare gli assunti, di individuare leggi e correlazioni e infine di formulare teorie. La differenza fondamentale tra il ricercatore scientifico e l’analista di intelligence consiste nel tipo di approccio, generalista nel primo caso 33 34 Intelligence & Storia Top Secret e analitico del particolare informativo nel secondo. L’approccio analitico si basa sull’impiego di metodologie che aiutano l’analista a produrre risultati in tempi possibilmenti inferiori a quello utile. Nell’ambito dell’intelligence istituzionale, tali metodologie sono quelle di classificazione ordinata, cronologicamente, o per fonte o per evento in modo da permettere una facile comprensione delle relazioni causa ed effetto. Altre metodologie sono legate al pensiero sistemico, cioè a quel modus operandi di visione dei problemi, mediato dalla teoria generale dei sistemi di Weinberg e Von Bertalanffy. Tali metodologie comprendono l’analisi delle opportunità, degli scenari alternativi, delle ipotesi in competizione e della risoluzione dei conflitti. Esistono anche metodologie formali, sia di tipo qualitativo, come ad esempio l’analisi degli Indicatori per seguire l’evoluzione delle situazioni, sia di tipo quantitativo o semiquantitativo, come i diagrammi di influenza formale o l’analisi statistica applicata a dati economici o di interesse strategico militare. Fonti La qualità delle informazioni analizzate nella Struttura Informativa Integrata, dipende dal coefficiente di affidabilità α(τ). In generale, nel linguaggio dell’intelligence, il termine fonte indica qualunque sorgente di dati e informazioni. Queste ultime comprendono indifferentemente quella umana, cosiddetta HUMan INTelligence (HUMINT), artificiale, conosciuta come TECHnical INTelligence (TECHINT) e aperta, cioè Open Source INTelligence (OSINT). Appartiene alla fonte HUMINT una particolare categoria di collaboratori esterni definita con il termine di informatori. Le qualità di queste particolari figure professionali, sono più rare che uniche. Infatti, l’informatore, in generale non è, e non deve assolutamente essere un soggetto sprovveduto, ma in relazione al contesto delle operazioni di intelligence, al contrario, ben preparato, informato, informante e all’occasione disinformante. Non solo, ma deve essere dotato di una spiccata propensione alle relaz ioni interpersonali, con un buon livello culturale, flessibile e capace di adattarsi alle varie situazioni operative. Probabilmente, il binomio vincente, a livello di fonte HUMINT è rappresentato dalla coppia Analista – Informatore. Ricordiamo che quello che conta, in ogni caso, non è la quantità delle fonti HUMINT, bensì la loro qualità in termini di professionalità delle risorse umane. Un’altra testimonianza storica di quanto affermato, è fornita da un ufficiale romano, il Generale Svetonio Paulino che, grazie al lavoro svolto da fedeli e capaci informatori, riuscì con solo diecimila uomini a sconfiggere nel 62 d.C. circa duecentotrentamila britanni. Il mondo delle Informazioni 35 DOSSIER INTELLIGENCE All’interno della struttura informativa integrata, le fonti HUMINT e OSINT, possono a loro volta essere classificate secondo il seguente schema: 36 Intelligence & Storia Top Secret Tra queste fonti, particolare importanza rivestono quelle informali interne ed esterne, poiché sono le più adatte per decisioni rapide ed efficaci capaci di rispondere alla realtà di situazioni soprattutto economiche e politiche, che continuamente cambiano e si evolvono. Inoltre le informazioni raccolte, sia che provengano da fonti esterne o interne, formali o informali, devono comunque presentare i seguenti requisiti: • completezza: le informazioni devono fornire all’analista un quadro completo della situazione per conoscere fatti ed eventi futuri utili al decisore economico, politico e militare; • sinteticità: le informazioni devono essere tali da facilitare l’analisi degli eventi presentandone gli aspetti essenziali; • tempestività: le informazioni devono offrire una base razionale al processo decisionale. L’esigenza di prendere decisioni in tempi brevi e in contesti sociali, economici, politici e militari caratterizzati da rapida evoluzione, richiede alle informazioni stesse di giungere in tempo utile al decisore in modo da permettere pronte ed efficaci reazioni; • chiarezza di presentazione: nell’utilizzo di dati, grafici, tabelle, prospetti in quanto non tutti i destinatari dell’informazione hanno le basi tecniche per estrapolare rapidamente dalle informazioni le conoscenze necessarie per prendere decisioni razionali ed efficaci. Appare quindi evidente l’importanza di rendere chiaramente leggibili e rapidamente consultabili i rapporti redatti dagli analisti. In questi rapporti non c’è spazio per errori o dubbi nell’esposizione, poiché la prima impressione che proviene dalla lettura del rapporto è anche l’unica ad essere ricordata. Nulla dovrà essere lasciato al caso, ma ogni singolo elemento Il mondo delle Informazioni Per quanto concerne le fonti dei dati valgono le seguenti considerazioni: • Web Data: Internet è la principale fonte di reperimento dei dati. Si tratta di fonti normalmente gratutite e di scarso utilizzo senza adeguati mezzi di elaborazione. Negli USA e in Europa c’è chi sta tentando di limitare l’uso del Web per combattere il terrorismo. Ma è un’arma a doppio taglio: in Iran esistono oltre centomila blog, proprio perché la stampa libera è in parte repressa e i blog 5 sono l’unico mezzo di discussione molto diffuso. Se Internet venisse chiuso, queste democrazie emergenti o potenziali non avrebbero la possibilità di far sentire la propria voce; • Banche Dati: si tratta di archivi contenenti dati come formule, brevetti e risultati inerenti la ricerca scientifica e tecnologica ad indirizzo civile e militare; • E-mail: costituiscono il mezzo attraverso il quale persone o organizzazioni comunicano. Possono essere analizzate e-mail interne ad un’organizzazione, oppure provenienti dall’esterno. Il termine organizzazione comprende anche quelle terroristiche. Si pensi che prima DOSSIER INTELLIGENCE sarà valutato e definito; dovrà essere attribuita la giusta importanza, sia all’immagine grafica, attraverso l’uso di strumenti multimediali che siano di supporto e compendio ai contenuti testuali, sia all’esaustività delle relazioni che rappresentano la verbalizzazione coincisa delle fasi di analisi eseguite. 37 38 Intelligence & Storia Top Secret dell’11 settembre 2001, i terroristi si sono scambiati e-mail con testi non codificati senza che nessuno sia riuscito a fermarli. Questo significa che è necessario affinare le tecniche di elaborazione dei dati per ottenere informazioni utili ai fini della conoscenza. Pertanto è fondamentale costruire una Struttura Informativa Integrata efficace in termini di analisi; • Opinion Surveys: questi dati sono analizzati in maniera molto dettagliata nella parte codificata, dove è prevista la risposta positiva, negativa oppure numerica. Sono invece analizzati con meno cura nella parte testuale, all’interno della quale si riportano risposte in testo libero alle domande aperte. Figura 4. Le componenti della Struttura Informativa Integrata: la configurazione della Struttura Informativa Integrata, presenta due componenti capaci di rispondere alle esigenze informative in fatto di attacco e difesa. Tali componenti sono denominate rispettivamente Offensive Intelligence e Difensive Intelligence Efficienza della Struttura Informativa Integrata L’efficienza della Struttura Informativa Integrata non dipende solo dalle fasi di analisi e confronto delle informazioni, alle quali seguono quelle inerenti la decisione e la simulazione, ma anche dall’efficacia Il mondo delle Informazioni Figura 5. Il processo di comunicazione delle informazioni DOSSIER INTELLIGENCE della comunicazione, cioè dalla capacità dei responsabili dei servizi d’intelligence di comprendersi all’interno delle fasi stesse. È bene tenere presente che sotto questo punto di vista informazione e comunicazione non sono sinonimi. Informazione comprende tutto quello che si vuole comunicare. Comunicazione è invece il modo in cui l’informazione viene trasmessa utilizzando specifici mezzi. Per l’intelligence, poiché l’informazione ha natura astratta, essa assume un aspetto fisico soltanto se si concretizza in supporti e simboli. Il supporto è l’elemento fisico nel quale l’informazione viene inserita. Esso, di fatto, costituisce lo strumento necessario per la trasmissione dell’informazione. Per esempio il supporto cartaceo, memorie magnetiche, floppy-disk e CD–ROM. Nel supporto l’informazione è fissata attraverso simboli, segni e segnali rappresentati da numeri, lettere, disegni, ma anche suoni e colori. La traduzione dell’informazione in simboli avviene tramite codificazione che spesso, a determinati livelli dei servizi d’intelligence, è segreta per evidenti motivi di riservatezza. I caratteri di un determinato codice vengono combinati rispettando le regole proprie di quel codice, che conferisce alle combinazioni un significato preciso. Chi riceve l’informazione per comprenderla e interpretarla correttamente deve conoscere il codice, in quanto, per trasformarlo in azione, deve decifrarlo, cioè decodificarlo e renderlo palese. Si può quindi definire la comunicazione come il processo di trasmissione delle informazioni da un soggetto attivo, come per esempio l’informatore o più in generale il mittente, a un soggetto passivo o destinatario dell’intelligence. Ricordiamo inoltre che le informazioni, ai fini 39 40 Intelligence & Storia Top Secret Mitridate VI re del Ponto: l’esempio storico del perfetto analista che partecipa da solo alla gestione integrata del processo di intelligence. Un autentico staff intelligence formato da un solo uomo che conosceva perfettamente ventidue lingue e raccoglieva personalmente le informazioni vagando a piedi attraverso l’Asia Minore. Durante il I secolo a. C. il suo esercito costituì la più grave minaccia all’egemonia romana nel Mediterraneo. Il termine mitridatismo, sinonimo di assuefazione ai veleni, deriva dal nome del sovrano, che aveva abituato il proprio organismo all’assunzione di sostanze velenose. Questa tecnica era molto diffusa tra gli agenti dei servizi segreti dei Paesi dell’ex Patto di Varsavia ai tempi della guerra fredda. Oggi la moderna biochimica è all’avanguardia nello studio di preparati capaci di annullare gli effetti del mitridatismo. Il mondo delle Informazioni • errata codificazione da parte del soggetto attivo o informatore; • errata interpretazione da parte del soggetto passivo o funzionario d’intelligence addetto al trattamento delle informazioni; • interruzione della fonte informativa; • perdita di informazioni durante la codifica e decodifica dell’informazione. Tali anomalie possono ostacolare il corretto funzionamento della macchina d’intelligence, perché al suo interno il soggetto passivo opera in base alle informazioni ricevute ed interpretate, e qualora esse siano errate o incomplete o non giungano in tempo utile, si potrebbero verificare inconvenienti la cui gravità aumenta nel caso in cui le informazioni servano da supporto al processo decisionale. Data la loro importanza, le informazioni devono essere analizzate e organizzate nelle forme, nei flussi, nei mezzi e nei tempi di comunicazione, affinché rispondano alle necessità del decisore economico, politico e militare. Forme di Comunicazione Le forme che le comunicazioni assumono mediante la codificazione, possono essere: orali, scritte e audiovisive. Le comunucazioni orali si realizzano attraverso il contatto diretto con la fonte, o più esattamente tra il soggetto attivo e quello passivo. L’efficacia della comunicazione orale dipende dalla persuasione, ossia DOSSIER INTELLIGENCE del successivo processo decisionale, devono essere esatte e tempestive. Esatte, cioè precise e corrette, ma soprattutto adatte ai fini e agli utilizzi per i quali sono richieste, e tempestive, cioè prodotte e comunicate in tempo utile. Il processo di comunicazione corretto è l’elemento fondamentale per il funzionamento della macchina d’intelligence. Infatti, se per qualche motivo esso dovesse interrompersi, si interromperebbe anche il funzionamento della Struttura Informativa Integrata stessa o comunque funzionerebbe in maniera irrazionale, non coordinata e non controllabile da parte degli stessi addetti ai lavori. Una delle principali cause di fallimento delle operazioni d’intelligence o di mancanza di previsione di eventi di una certa importanza, è proprio legata a quanto sopra accennato. Inoltre la comunicazione delle informazioni deve avvenire in maniera corretta, evitando anomalie dipendenti da: 41 42 Intelligence & Storia Top Secret dalla capacità di influenzare e convincere a comunicare. Questa capacità, a sua volta, richiede l’argomentazione, cioè le parole giuste per farlo. Più ristretto è il numero di persone tra le quali avviene la comunicazione orale e più efficace essa risulta. • Vantaggi: 1. 2. Contatto immediato e diretto con le fonti Maggiore velocità di trasmissione del messaggio • Svantaggi: 1. Impossibilità di controllare il messaggio, poiché non è stato fissato su un supporto 2. Elevata possibilità di distorsione del messaggio se questo deve essere ritrasmesso ad altri destinatari. Il pericolo della distorsione aumenta quanto più alto è il numero delle ritrasmissioni. Le comunicazioni scritte prevedono la codifica dell’informazione in simboli, combinati secondo le regole del codice utilizzato. Il messaggio assume quindi un significato preciso all’interno di un codice; tradotto secondo un altro codice potrebbe assumere un significato diverso, nessun significato oppure falso. Tutti i popoli, salvo gli Spartani nell’antica Grecia, hanno elaborato nel corso dei secoli codici di comunicazione per nascondere verità scomode o troppo dure. • Vantaggi: 1. Il messaggio raggiunge più destinatari nel luogo di lavoro, senza doverli riunire 2. La possibilità di distorsione si riduce poiché tutti i destinatari ricevono lo stesso messaggio 3. Il messaggio può essere conservato in qualsiasi momento 4. Possono essere trasmessi messaggi anche complessi, sintetizzati e verbalizzati tramite grafici e tabelle • Svantaggi: 1. Unilateralità del messaggio che spesso non prevede il feed– back informativo; il mittente, in questo caso, non verifica se il destinatario ha compreso esattamente il messaggio 2. Maggior costo in termini di impiego di mezzi e di tempo per la codificazione scritta del messaggio e la sua trasmissione Le comunicazioni audiovisive consistono in filmati, diapositive o Il mondo delle Informazioni DOSSIER INTELLIGENCE messaggi acustici codificati. Con l’impiego dell’elettronica, le comunicazioni audiovisive hanno avuto notevole impulso. Questo tipo di comunicazione è contraddistinto da una grande efficacia e, soprattutto, grazie all’informatica, si adatta ad esigenze collettive o individuali razionalizzando e limitando i tempi minimi necessari per le riunioni di coordinamento tra i vari organi di intelligence. 43 44 Intelligence & Storia Top Secret Note 1. A. BENEDETTI, Decisione e persuasione per l’intelligence, Erga edizioni, p. 20 nota 10: «Non si impara a camminare su una corda tesa a dieci metri di altezza allenandosi a camminare su una corda tesa a dieci centimetri da terra. Tutti siamo in grado di simulare brillantemente qualsiasi prova se le togliamo la quota di pericolo e di insidia presenti nella realtà simulata. L’eliminazione del rischio in ogni attività di addestramento elimina purtroppo anche le forti rezioni emotive che vogliamo imparare a controllare e che la realtà invece suscita. Nelle prove di simulazione il grado di abilità richiesta si può infatti sempre riprodurre, mentre il livello di partecipazione emotiva quasi mai». 2. L. BUTTIGNOL, L’arte della guerra, Etas. 3. G. BOVE, Intelligence, informazione e conoscenza, «Intelligence & Storia Top Secret», Centro Studi Storici J.N.Harris – Bologna. 4. S. GULISANO, La svolta di 007. Servizi meno segreti. La nuova era del SISMi, “Avvenimenti” numero 24 giugno 2005. L’articolo riporta le considerazioni espresse dal generale Niccolò Pollari, direttore del SISMi: «La guerra è un termine culturalmente obsoleto: noi siamo propensi a pensare che non c’è un nemico da abbattere, ma un problema da risolvere». Questa affermazione evidenzia la necessità di un nuovo volto dell’intelligence proiettato verso innovative tecniche di analisi utili per il processo decisionale. È fondamentale, quindi, identificare questo volto dal momento che il campo di applicazione dell’intelligence è l’intero mondo. Un mondo in cui non c’è niente che non interessa l’intelligence stessa. Ogni nozione, ogni tecnica, ogni metodo, ogni capacità, perfino ogni vizio possono essere pertanto utili al momento opportuno. L’analista in futuro dovrà leggere e documentarsi in ogni campo del sapere. Da questo punto di vista bisogna meditare su una battuta del film I tre giorni del condor in cui il protagonista (Robert Redford) riesce a sfuggire più volte ai killer inviati dalla CIA, a cui appartiene come analista, per eliminarlo. Ad una delle riunioni dell’Agenzia, in cui la direzione chiede come mai un agente non operativo riesca così bene a tenere loro testa, il superiore diretto di Redford lo giustifica dicendo: «Legge molto». [N.d.A] 5. I blog si riferiscono a un sito o una sezione di un sito dove gli utenti possono esprimere i loro pensieri e le loro riflessioni e tenerle aggiornate. Giancarlo Bove è docente di tecnologie industriali e ricercatore nel settore delle scienze strategiche, svolge attività di consulenza editoriale per conto di pubblicazioni specialistiche quali Rivista Militare, organo di informazione dello Stato Maggiore dell’Esercito. Collabora inoltre in qualità di consulente esterno per Centri di Ricerca della Difesa a livello internazionale. Il mondo delle Informazioni Un gruppo di esperti internazionali della CIA cerca di rispondere alle incognite sul futuro. Il germe di ciò che avverrà è già nel presente Eva Brugnettini L Il National Intelligence Council è il centro studi della CIA che lavora sulle analisi a lungo termine e diffonde in seguito i risultati ottenuti all’interno, ma non solo, della stessa CIA. Il NIC si avvale dell’impiego massiccio di universitari molto competenti (basti pensare ad esempio a Henry Kissinger da Harvard o a Condoleeza Rice da Stanford). L’obiettivo è quello di creare una sorta di cartografia del futuro. Per cercare di avere una prospettiva effettivamente globale è stato tenuto un ciclo di conferenze in tutti e cinque i continenti, in modo da avere l’opinione di esperti da tutto il mondo. Così nasce il rap- DOSSIER INTELLIGENCE CIA: IL MONDO NEL 2020 45 46 Intelligence & Storia Top Secret porto Mapping the global future, che riguarda la situazione globale del 2020. I ricercatori sono arrivati a una serie di certezze relative e hanno creato quattro scenari estremi per cogliere meglio i concetti fondamentali, anche se poi si rivelano molto più vicini alla realtà di quanto non sembri: “Pax Americana”, “Davos”, “Un nuovo califfato” e “Il ciclo della paura”. I quattro scenari si pongono come un sistema dinamico, interazionale, che non si escludono a vicenda ma possono sovrapporsi o realizzarsi in parte; sono stati creati non per prevedere il futuro ma per rimettere in discussione quanto immaginiamo sul futuro. La globalizzazione assumerà sempre meno i connotati occidentali a favore di quelli asiatici, data l’altrettanto irreversibile crescita dell’Asia. Già i suoi abitanti hanno limitato la percentuale di studenti che vanno a studiare in Europa e USA. Giappone e Cina diventeranno essi stessi poli d’attrazione in materia educativa. Sembra si potrà arrivare ad un approvvigionamento energetico globale accompagnato dalla scarsa presenza di conflitti mondiali. In compenso la situazione di instabilità in Medio-Oriente non si attenuerà, anzi l’Islam sarà una forza sempre più potente. In tutto ciò il ruolo degli USA continuerà a essere quello della prima potenza mondiale. Dalla fine della guerra fredda si è aperto un momento di grande fluttuazione delle alleanze internazionali. La Cina si impone come potenza emergente, l’Eurasia è in declino e l’Asia in ebollizione. Mai come ora si vive un sentimento di vera e propria insicurezza permanente, tenuto conto anche del terrorismo. Cina e India saliranno al ruolo di nuovi attori mondiali, grazie alla combinazione di una crescita economica sostenuta (il PIL di entrambe sorpasserà, o starà per farlo, quello delle potenze economiche occidentali, a parte gli USA), una quantità demografica inarrivabile — si calcola che arriveranno l’India a 1,3 miliardi di popolazione, la Cina a 1,4 miliardi — con un apparato militare in espansione. La crescita di queste nazioni a livello di potenze economiche di primo piano è quasi una certezza. Tuttavia il modo in cui gestiranno questo potere crescente, se attraverso la competizione o la cooperazione con le altre nazioni, sono delle variabili imprevedibili. Gioca a favore dell’India il fattore demografico: mentre la Cina ha stabilito l’obbligo a un unico figlio per famiglia, l’India continuerà a crescere ben oltre il 2020. L’India inoltre gode di un sistema politico democratico stabile, mentre la Cina vedrà le sue classi medie urbane opporsi sempre più apertamente al sistema politico autoritario. Tuttavia l’India non ha investimenti stranieri al suo interno e gran parte della sua popolazione vivrà ancora sotto la soglia della povertà. Le economie degli altri paesi in via di sviluppo, come il Brasile, potrebbero superare l’economia europea, così come farà l’Indonesia da qui al 2020. Il Brasile diventerà uno stato di primo Il mondo delle Informazioni DOSSIER INTELLIGENCE piano, con una democrazia dinamica, un’economia diversificata e una popolazione intraprendente, grazie a un programma sociale ambizioso in grado di ridurre la povertà e di attirare capitali stranieri. L’Europa allargata avrà più peso sulla scena internazionale, grazie alla moneta unica, alla grandezza del suo mercato, alla manodopera altamente qualificata e a governi democratici stabili, che si porranno come modello per gli altri Stati. Ma l’impatto negativo verrà da una demografia sempre più vecchia quindi con una popolazione attiva minore; da qui il rischio di un grave immobilismo economico, che i governi dovranno affrontare soprattutto attraverso nuove riforme sull’immigrazione. Lo stesso rischio correrà il Giappone, che in compenso vedrà risolversi la crisi con la Corea del Nord, in seguito a una riunificazione della Corea stessa. La Russia ha tutto il potenziale per risollevare il suo ruolo di potenza internazionale, grazie alla sua forte posizione di esportatrice di gas e petrolio. Tuttavia subirà una grave crisi demografica causata da un basso tasso di natalità, da un sistema della sanità mediocre e da un’epidemia di AIDS potenzialmente esplosiva; senza contare i problemi legati alla forte instabilità delle sue zone di confine, quali il Caucaso e l’Asia centrale. Ciò che cambierà radicalmente è la cartografia mentale che si ha del globo: le potenze nascenti (Cina, India, Brasile, Indonesia) renderanno superate le categorie di nord e sud o est e ovest. Si avrà un mondo diviso in stati e megalopoli, tenuto insieme da un flusso continuo di comunicazioni e scambi finanziari. Le alleanze saranno più aperte, meno rigide che in passato. 47 48 Intelligence & Storia Top Secret La globalizzazione è una “megatendenza” fondamentale per i prossimi quindici anni: eccetto un’eccezionale inversione di marcia, «l’economia mondiale continuerà sicuramente a crescere in modo impressionante: da qui al 2020, si prevede che si sarà rinforzata dell’80% rispetto al 2000, e che il reddito medio per individuo sarà aumentato del 50%» 1. Questo non impedirà che le sacche di povertà continueranno a esistere anche nei paesi più ricchi. I maggiori vantaggi della globalizzazione andranno a quei paesi che potranno accedere alle nuove tecnologie, Cina e India hanno buone probabilità di mettersi a capo del settore tecnologico. Qui i progressi più evidenti riguardano gli organismi geneticamente modificati e l’aumento della produzione alimentare, che insieme garantiranno una maggiore sicurezza generale e soprattutto elimineranno la minaccia della fame nel mondo, migliorando notevolmente le condizioni dei paesi più poveri. L’eccezionale inversione di marcia alla globalizzazione potrebbe però manifestarsi nei panni di una pandemia dalle dimensioni spropositate. Gli esperti credono che la sua apparizione sia ormai solo una questione di tempo. Il fenomeno sarebbe paragonabile all’influenza “spagnola” che negli anni 1918–19 ha ucciso in tutto circa venti milioni di persone. Nelle megalopoli del mondo in via di sviluppo dotate di uno scarso sistema della sanità — come nell’Africa subsahariana, in Cina, in India, in Bangladesh o in Pakistan — una pandemia del genere avrebbe effetti devastanti e rischierebbe di propagarsi rapidamente su tutta la superficie del globo. La malattia metterebbe fine ai viaggi internazionali e al commercio mondiale per un lungo periodo. Internet intanto muove un numero sempre più grande di comunità virtuali e movimenti di globalizzazione tesi a complicare la posizione di governo dello Stato, movimenti che probabilmente emergeranno sulla scena internazionale con forza notevole. Questa pressione sui governi darà origine a nuove forme di politiche identitarie incentrate sulle convinzioni religiose. È soprattutto l’Islam che verso il 2020 avrà un impatto molto significativo sulla scena politica mondiale, si troverà infatti a legare gruppi di diverse etnie e nazionalità, creando così una potenza che travalicherà le stesse frontiere nazionali. La tendenza alla democratizzazione subirà una netta inversione di marcia, soprattutto in tutti quegli Stati dove non si era mai del tutto affermata, quali la Russia o il Sud-Est asiatico. «Governi deboli, economie in ritardo, estremismo religioso e la spinta dei giovani si congiungeranno per creare una dinamica di tempesta, un’eminente fonte di conflitti in alcune regioni» 2, in più i fattori che hanno generato il terrorismo internazionale (repressione, corruzione e inefficacia dei governi) non vedranno il minimo indebolimento nei prossimi quindici anni: molto probabilmente Al-Qaïda non esisterà più ma solo perché sarà soppiantata da gruppi simili che vedranno i musulmani sempre Il mondo delle Informazioni speranza di vita sarà più bassa nel 2010 che negli anni ’90. Nonostante le misure di prevenzione adottate in molti paesi contro l’HIV, nei prossimi quindici anni l’impatto della morte di milioni di persone già infettate dal virus sarà pesante. In Africa l’AIDS ha lasciato un numero inaudito di orfani, contandosi dagli anni Ottanta venti milioni di morti. In certi paesi un bambino su dieci non ha i genitori, e la situazione va sicuramente peggiorando. Nei paesi della seconda ondata del virus — Nigeria, Etiopia, Russia, India, Cina, Brasile, Ucraina e stati dell’Asia centrale — la malattia continuerà a propagarsi al di là dei gruppi ad alto rischio, per raggiungere la popolazione in senso ampio. L’espansione delle aree colpite dal virus può diventare un ovvio ostacolo alla globalizzazione. Per quanto riguarda le donne, sicuramente si vedrà un migliora- DOSSIER INTELLIGENCE più solidali tra loro. Inoltre grazie a Internet si avvia un decentramento sempre maggiore: i gruppi terroristici non avranno bisogno di una sede generale per progettare ed eseguire le loro operazioni. Prima del 2020 nessuno Stato avrà raggiunto una posizione tale da permettersi di poter rivaleggiare apertamente con gli Stati Uniti, molti paesi però saranno in grado di far pagare un prezzo molto pesante alla potenza americana in caso di attacchi, compreso l’Iran e la Corea del Nord. Allo stesso tempo la guerra al terrorismo sarà chiaramente più complessa data la decentralizzazione delle cellule. Durante i prossimi quindici anni acquisteranno sempre più peso grandi questioni etiche, da cui deriveranno divisioni notevoli dell’opinione pubblica mondiale, in grado persino di far vacillare il ruolo guida degli USA. L’alta aspettativa di vita continua a confermarsi, ma in più di quaranta paesi, compresi molti Stati africani, dell’Asia centrale e in Russia, la 49 50 Intelligence & Storia Top Secret mento generale della loro situazione in quasi ogni Paese del mondo, ma ancora nel 2020 non si assisterà alla totale uguaglianza di diritti, di libertà, di educazione o di salari. In Medio-Oriente le nuove generazioni riconosceranno l’importanza di una sposa istruita, mentre in Cina e in India la preferenza per il figlio maschio dominerà ancora, rinforzata dalle politiche di governo del controllo delle nascite. In questi ambiti, la donna è maggiormente a rischio di infanticidio, rapimento e traffico organizzato, che nel 2020 sarà secondo solo al traffico di droga, favorito in Cina dal numero sproporzionato di celibi (si calcola una penuria di donne pari a trenta milioni). Un’altra tendenza inquietante a discapito delle donne sarà la femminizzazione del virus dell’AIDS: la percentuale di donne infette aumenterà in tutto il mondo, eccetto in Europa Occidentale e in Australia, il 75% degli individui infetti dal virus saranno donne. In questa situazione generale si dispiegano i quattro scenari precedentemente citati. Lo scenario de “Il mondo secondo Davos” è il più positivo: illustra una sorta di globalizzazione felice. È proposto sotto forma di una lettera immaginaria scritta dal direttore del Forum economico mondiale all’ex direttore della Banca centrale americana, alla vigilia della riunione annuale a Davos (in Svizzera), dove vengono descritti soprattutto i cambiamenti dovuti all’emergenza dei giganti asiatici. Gli immensi mercati interni di questi paesi diventano l’epicentro del commercio e delle tecnologie mondiali. Siamo nel 12 gennaio del 2020, le nazioni di tutto il mondo si sono sforzate di trovare «un equilibrio fragile tra sicurezza e apertura sul mondo» 3. L’Impero di Mezzo ha dovuto affrontare un momento di forte crisi economica, superato esclusivamente grazie al suo mercato interno, ancora una volta sottovalutato dalle economie occidentali. L’Europa non si è sentita minacciata dalla crescita della Cina e di tutta l’economia asiatica, al contrario ha visto in essa un ottimo contrappeso alla dominazione statunitense. Dopo un periodo di forte attrito tra Cina e USA, le due potenze però si sono coalizzate contro l’Europa stessa per quanto riguarda la questione degli organismi geneticamente modificati. Infatti, grazie ai notevoli sviluppi nel settore della biotecnologia, è stato possibile emancipare dalla povertà milioni di individui. La “Pax Americana” intravede un mondo dove gli Stati Uniti restano una superpotenza che si trova ad affrontare i cambiamenti del paesaggio politico globale. Lo scenario è presentato come la pagina di diario del Segretario Generale delle Nazioni Unite del 2020. 11 settembre 2020, Stati Uniti e Europa hanno trascorso un lungo periodo di tensione ma hanno finito per unirsi di nuovo. L’occasione è venuta da una serie di Il mondo delle Informazioni gli infedeli» 5. Si trattava di un giovane predicatore che faceva discepoli ovunque: prima ancora di essere proclamato califfo, successore del Profeta, era riverito da tutti i fedeli. Non apparteneva ad Al-Qaïda o a movimenti politici. Dalla sua proclamazione è risultato che tutti i musulmani anche non praticanti hanno ripreso coscienza della propria DOSSIER INTELLIGENCE attacchi terroristici ingiustificati in Europa nel 2010, i quali hanno costretto l’opinione pubblica europea a “supplicare” gli USA di rafforzare le sue azioni contro il terrorismo. L’Europa ha compreso la Turchia al suo interno, e si è resa conto che i suoi confini toccavano direttamente il Medio-Oriente, cosa che l’ha costretta a riconsiderare tutti i problemi legati a terrorismo e fondamentalismo. Di conseguenza l’Europa ha contribuito a persuadere gli USA che bisognava risolvere i problemi della Palestina, ancora considerata la radice dei problemi in Medio-Oriente. Gli USA sentono il peso del loro ruolo di “gendarmi del mondo” 4 e cominciano a lasciare all’Europa la responsabilità dei propri vicini. “Un nuovo califfato” è lo scenario che si presenta come una lettera scritta da un fittizio nipote di Bin Laden a un membro della sua famiglia. 3 giugno 2020, chi scrive la lettera dice che nessuno si era accorto dell’emergere del giovane califfo, erano «tutti sorpresi, i credenti come 51 52 Intelligence & Storia Top Secret identità e della propria fede e, in Europa come in USA, hanno lasciato i parenti occidentali per tornare alla propria terra natale; persino la figlia di un senatore statunitense si fa fedele al nuovo califfo. Anche il Papa ha cercato il dialogo. Con il nuovo califfato tutto ciò che gli occidentali avevano cercato di imporre, democrazia e Stati-Nazione, perde valore. Tuttavia si spacca la comunità musulmana e si inaspriscono le lotte interne tra sciiti e sunniti; i musulmani inoltre si sono ormai abituati a tutti i comfort occidentali che non vogliono abbandonare. In questo clima di guerra civile, le classi medie arabe cercano di emigrare verso l’Europa, creando una situazione di caos totale. Il nuovo califfato non solo non pone fine al terrorismo ma genera conflitti ulteriori. “Il ciclo della paura” è lo scenario più pessimista. Si tratta di ciò che potrebbe succedere se gli Stati fossero costretti a prendere misure di sicurezza repressive su larga scala, in seguito alla disseminazione di armi di distruzione di massa e alla moltiplicazione degli attacchi terroristici. Paradossalmente in questo clima di grave tensione gli Stati cercherebbero di garantirsi delle armi di distruzione di massa per la propria protezione, facendo così la fortuna dei mercanti d’armi clandestini, i quali però allo stesso tempo sono minacciati dalle leggi sempre più dure, «legge marziale, operazioni preventive, misure speciali» 6. Lo scenario ha la forma di uno scambio di SMS tra due mercanti clandestini. Nessuno dei due sa mai veramente chi c’è all’altro capo della linea telematica, potrebbero aver trattato con terroristi o con agenti del governo e non saperlo, facilitati come sono dalle tecnologie della telecomunicazione. Uno dei due non agisce solo per denaro, ma per cercare di creare un’uguaglianza tra gli stati musulmani e quelli occidentali, almeno per quantità di armi nucleari. Il fattore ideologico rappresenta un aspetto complesso della lotta contro la diffusione delle armi di distruzione di massa. Trovare un equilibrio in questa situazione di totale insicurezza e repressione sarebbe la più grande sfida per i governi; molto probabilmente in questo caso la globalizzazione sarebbe la prima vittima. Note 1. A ADLER, Le rapport de la CIA.Comment sera le monde en 2020?, Éditions Robert Laffont, Paris 2005, p. 78 2. Ivi, p. 87 3. Ivi, p. 135 4. Ivi, p. 179 5. Ivi, p. 205 6. Ivi, p. 241 Il mondo delle Informazioni Disinformazione, geopolitica e bestseller, un cocktail micidiale. È in atto una guerra segreta che utilizza la Storia come arma Vittorio Di Cesare L a sala circolare dello Shrine Museum of the Book, il Museo Santuario del Libro, a Gerusalemme, è immersa nella penombra rotta appena dalla luminescenza giallastra delle vetrine contenenti i testi trovati nelle grotte di Qumran, sul Mar Morto. È a tutti gli effetti un bunker costruito a prova d’esplosione nucleare. Nella malaugurata ipotesi l’evento accadesse, una struttura a tamburo a forma di Torah calerebbe in un pozzo chiudendo ermeticamente le reliquie, affidandole all’oscurità di un ambiente che le conserverebbe integre fino a quando il mondo non tornasse ad essere vivibile. Quel giorno sarebbe Al Qush Day, la fine di Israele, della capitale dell’ebraismo, del cristianesimo e della tradizione islamica. Anche i “Rotoli” conservati nello Shrine Museum of the Book raccontano in effetti storie apocalittiche a base di faide tra sacerdoti israe- Figura 1. Lo Shrine Museum of the Book a Gerusalemme DOSSIER INTELLIGENCE IL POTERE SEPOLTO 53 54 Intelligence & Storia Top Secret liti, di guerra tra soldati romani e Zeloti, patrioti che nel 130 d.C. si asserragliarono inutilmente nelle grotte di Qumran sperando, sconfitti, in una Apocalisse prossima ventura. Testi profetici, come quello di Isaia, lungo più di sette metri, conservati nel Museo del Libro, testimoniano la preoccupazione dell’uomo di fronte al cambiare dei suoi tempi, delle vicissitudini politiche e religiose di un paese che non è mai stato in pace e di un Messia, immaginato e preconizzato 500 anni prima che arrivasse davvero, sebbene non tutti lo avrebbero riconosciuto come tale. Nonostante i 2500 anni e più passati dall’epoca nella quale le minute lettere in “carattere onciale”, com’è definita la scrittura dei rotoli di Qumran, riempirono quelle pergamene, Gerusalemme è ancora la spina nel fianco del mondo. È come se questa città provocasse una distorsione spazio-temporale coinvolgendo passato e presente, annullandone lo scorrere cronologico, facendo sì che l’oggi si sovrapponga ad avvenimenti remoti per via di una straordinaria piega relativistica del tempo. Israele, la Palestina, il Medioriente sono gli scenari apocalittici preconizzati dai testi profetici che sonnecchiano all’interno del bunker a forma di Torah. Sono l’eredità di un problema irrisolto che viaggia nel tempo, il risultato di un male che soffia sul fuoco di antichi contrasti cercando di far avvenire quell’apocalittico armagheddon finale. A chi si occupa di intelligence però, non passa inosservato il fatto che ancora oggi nella stampa nazionale e internazionale, si trovano indicatori di “avvelenamento”, di “inquinamento” sociale e culturale tendenti a produrre fenomeni di conflitto razziale usando proprio quelle storie narrate dagli antichi rotoli. In altre parole, si scopre che esiste una paraletteratura contenente attacchi subdoli, quanto efficaci, ai fondamenti dell’ebraismo e del cristianesimo strumentalizzando persino le scoperte archeologiche degli antichi documenti. Si utilizzano disinvoltamente storie legate alla religione cristiana ed ebraica per insinuare dubbi fatti passare come “rivelazioni”, rivisitazioni storiche. È un fenomeno antico già riscontrato fin dagli inizi del secolo scorso, sebbene negli ultimi tempi questo tipo di operazione stia diventando parossistica. Seminare il dubbio può essere utile per controllare le dinamiche di una situazione politica, per determinarne il ritmo e calcolare gli eventi riducendo i costi e controllare i rischi di un conflitto aperto con l’avversario. Un obiettivo è fatto segno da azioni tese a manipolare la visione della realtà per indurre l’avversario a intraprendere azioni favorevoli ai propri interessi. L’uso intenzionale della disinformazione fuorvia gli avversari, crea incertezza, diventa uno strumento vitale della guerra psicologica. I moderni progetti politici di disinformazione tendono a controllare i media per raggiungere un pubblico più vasto gettando discredito con informazioni contraddittorie. La segretezza, che maschera questo lavoro di produzione di falsità, aumenta la confusione dell’obiettivo circa l’interpretazione dell’autenticità delle informazioni, dando Il mondo delle Informazioni 55 DOSSIER INTELLIGENCE Figura 2. Le grotte di Qumran al cui interno furono rinvenuti i celebri Rotoli 56 Intelligence & Storia Top Secret avvio ad un processo mentale logorante. La disseminazione strategica è un’operazione di grande efficacia, e anche se non tutti i media sono raggiungibili ed usabili allo scopo, l’avvento dell’era elettronica ha aumentato la possibilità di raggiungere una massa notevole di pubblico. Anche se la verità è ampiamente conosciuta, la menzogna può continuare a spargere i suoi veleni finché non è scoperta e sconfessata. Attaccare e influenzare gli obiettivi, instillare il dubbio per impaurire le menti degli antagonisti, distruggerne l’equilibrio mentale con azioni che creino il panico fra la popolazione civile dell’avversario, incitando paura e stanchezza o sentimenti di impotenza, non è difficile da effettuare. La guerra psicologica può essere condotta a tutti i livelli, inserita nelle attività intellettuali di una nazione, nella vita politica, nella diplomazia, nella religione, nell’economia. Insomma, le guerre future possono avvenire tra paesi lontanissimi tra loro ma i cui obiettivi saranno quelli di scatenare forze capaci di sconfiggere l’avversario senza ricorrere alla lotta, secondo l’assioma che insegna ad attaccare la mente del nemico anziché attaccare le sue città fortificate. Il sistema per smantellare le convinzioni ed il morale possono passare attraverso l’invenzione di una Storia new age, il cui ruolo sta diventando fondamentale nella cultura del XXI secolo. Alcuni autori, che si definiscono archeologi o storici, annunciano scoperte che vorrebbero rivoluzionare ogni punto fermo conquistato dalla Storiografia. La confusione diventa parossistica. Camuffate in ricerche di tutto rispetto, si formulano nuove ipotesi, si cambiano le carte in tavola, trasformando e distorcendo la storia, rimodellandola, randomizzandola. Ci si dimentica delle prove materiali, delle caratteristiche culturali tipiche delle varie civiltà, delle datazioni, delle ricerche sul campo. Le ipotesi trionfano sulle prove. È più comodo che scavare nella polvere. Ci si pone una domanda: chi ne trae beneficio? Affari editoriali a parte, a chi queste teorie fruttano qualcosa? Insomma, il “Grande Gioco”, come lo scrittore Rudyard Kipling chiamava l’Intelligence e lo spionaggio, continua ad attingere dal passato, serbatoio contenente i preamboli di nuove battaglie e rivendicazioni nel nome di fantasmi che continuano ad appiccare i fuochi della discordia e dell’odio. Il caso Carter Possiamo fare un esempio di come avviene questa guerra psicologica partendo da un episodio accaduto nel 1922, un avvenimento che nel tempo ha fornito il pretesto per mettere in dubbio l’origine del popolo ebraico. In quell’anno l’archeologo Howard Carter (Kensington, 1873–Londra, 1939) comunicava al mondo di aver scoperto la tomba del faraone Tutankhamun (c.a 1347–1339), re della XVIII dinastia morto giovanetto e dimenticato nella Valle dei Re in una sepoltura sopra alla Il mondo delle Informazioni 57 DOSSIER INTELLIGENCE Figura 3. Howard Carter (a sinistra) e il suo mecenate Lord Carnavon 58 Intelligence & Storia Top Secret quale si erano accumulate tonnellate di pietrisco. A partire dai primi decenni del 1900, Carter aveva portato alla luce in Egitto importanti sepolture di sovrani egizi, e, grazie ai fondi del ricco mecenate Lord Carnarvon, scopriva infine la tomba del giovane Tutankhamun, che stupì il mondo intero per la ricchezza del corredo funebre. Ebbene, da alcuni documenti biografici si scopre che l’archeologo britannico fu protagonista di una storia che ha fatto da battistrada ad una probabile operazione di disinformazione che ancora viaggia nel tempo. Carter ebbe un diverbio con l’Alto Commissariato al Cairo, litigio terminato con un’affermazione fatta dall’archeologo a proposito di un papiro ritrovato nella tomba di “Tut” dall’esplosivo contenuto politico. Sir Lee Keedick, presidente del Keedick Lecture Bureau, cui si doveva l’organizzazione dei tour di conferenze negli USA e in Canada effettuate da Carter, raccontò di aver ascoltato direttamente i dettagli dell’incidente dallo stesso archeologo. Egli aveva minacciato il suo interlocutore di dare al governo egiziano il vero resoconto dell’Esodo effettuato dagli Ebrei in fuga dall’Egitto, affermazione che già a quell’epoca poteva avere tragiche conseguenze politiche. Lo scrittore Thomas Hoving affermò che il funzionario con cui Carter si era scontrato poteva essere il viceconsole. Un altro scrittore T. G. H. James, nel suo libro Howard Carter: The Path to Tutankhamun (Londra, Kegan Paul, 1992), affermò invece che si trattava del generale Sir Edmund Allenby, alto commissario dell’Egitto dal 1919 fino al suo congedo nel 1925. Ma nel Foreign Office List and Diplomatic and Consular Year Book del 1924, il viceconsole, in carica nella primavera del 1924, era invece un certo capitano Sir Thomas Cecil Rapp (1893-1984), poi diplomatico in varie sedi nel mondo, nelle cui memorie però non esiste nessun riferimento all’incontro con Howard Carter. È possibile che la citazione dei papiri non fosse altro che un bluff di Carter allo scopo di impressionare il diplomatico britannico? Thomas Hoving, nel suo libro Tutankhamun: The Untold Story, sostenne che: Carter, naturalmente, non aveva trovato nessun papiro o antico documento di sorta nella tomba, tanto meno documenti di una natura politica delicata. L’unica spiegazione per la sua bizzarra minaccia è che, adirato oltre ogni limite di sopportazione da tutto ciò che gli era accaduto, desiderasse, perversamente, offendere il viceconsole britannico. I papiri esistono? Effettivamente il martedì 28 novembre 1922, Lord Carnarvon inviava una lettera all’amico egittologo Alan H. Gardiner, facendo riferimento oltre ai tesori scoperti nella tomba, ad alcuni papiri: «[…] La scoperta è straordinaria. [...] Si tratta di Tutankhamen: letti, scatole ed ogni oggetto Il mondo delle Informazioni Due righe giusto per dirvi che abbiamo effettuato la scoperta più straordinaria che sia mai stata fatta, ritengo, né in Egitto né in nessun altro luogo. Sono entrato soltanto in due stanze [forse qui era poco meno che la verità], ma in esse ci sono abbastanza cose da riempire la maggior parte delle vostre sale al Britísh Museum (al piano di sopra); e c’è una porta sigillata dove Dio soltanto sa cosa ci sia. Non ho aperto le [innumerevoli] scatole, e non so cosa contengano, ma vi sono alcune lettere papiracee, ceramiche, gioielli, mazzi di fiori, candele su candelieri a forma di “ankh”. Tutto questo si trova nella camera di fronte, oltre ad un sacco di roba che non si riesce a vedere. La stampa diffuse la notizia del ritrovamento dei papiri dal mercoledì 29 novembre 1922 e il giorno dopo fu edito anche un resoconto più dettagliato dei contenuti dell’anticamera, piena di oggetti pregevoli nonché «una delle scatole conteneva rotoli papiracei che ci si aspetta frutteranno una gran copia di informazioni». Fino alla domenica 17 dicembre 1922 Carnarvon sosteneva ancora di aver scoperto dei papiri nella tomba e persino rientrando in Inghilterra, intervistato da un corrispondente di “The Times” nel porto di Marsiglia, pare sostenne ancora Figura 4. Il faraone eretico Akhenaton (Amenofi VI, 1367–1350) DOSSIER INTELLIGENCE immaginabile. C’è una scatola con dentro alcuni papiri; il trono del re, la più meravigliosa sedia rivestita che tu abbia mai visto [...].» Lord Carnarvon citò nuovamente i misteriosi papiri il venerdì primo dicembre 1922 quando comunicò a Sir Edgar A. Wallis-Budge, custode delle Antichità Egizie ed Assire del British Museum: 59 60 Intelligence & Storia Top Secret che «una delle scatole contiene rotoli di papiri che ci si aspetta faranno luce sulla storia di quel periodo, e altri papiri potrebbero venire scoperti in altre scatole che devono ancora essere esaminate». Sembra anche che Carter telegrafò a Gardiner per convincerlo ad accettare il lavoro filologico di traduzione del papiro trovato nell’anticamera della tomba. Carter e Lord Carnarvon erano dunque certi di quello che dicevano. Resta il fatto che né il papiro, né il funzionario inglese al Cairo col quale Carter aveva litigato, sono stati identificati. Ciò che è evidente, invece, è che all’epoca dire di aver trovato un papiro con la vera storia dell’Esodo fece scatenare fiumi di adrenalina nelle vene dei politici e dei giornalisti, qualcosa che se accadesse oggi, avrebbe ripercussioni incredibili a livello internazionale. Infatti, quella sciagurata affermazione di Carter non cadde nell’oblio come avrebbe dovuto. Anzi. Una storia dura a morire L’affermazione di Howard Carter ha continuato a produrre ipotesi come per un processo teleonomico prendendo origine ancora una volta dall’Egitto. Il mistero dell’Esodo coinvolge questa volta Tell-El Amarna, oggi un luogo turistico dove un tempo sorgeva la città egizia di Akhet-Aton, l’Orizzonte di Aton, costruita dal faraone eretico Akhenaton (Amenofi VI, 1367–1350). La località si presenta al visitatore come una distesa desolata, ondulata da rilievi di fango sotto il quale ci sono i resti delle antiche abitazioni. L’anfiteatro di colline rocciose che gli fanno da sfondo riverberano il calore del sole come uno specchio ustorio bruciando la pianura solcata dal Nilo, le cui acque riescono appena a far crescere cespugli di papiro e qualche boschetto di palme. È questo il posto dove un tempo sorgeva la città degli eretici capeggiati dal farone che Figura 5. Il “Papiro Harris”, un testo magico egizio detto “Libro dei Morti” Il mondo delle Informazioni Il segreto nei geroglifici Esaminando attentamente gli affreschi che ornano le tombe della Valle dei Re, Messod e Roger Sabbah sostengono di aver scoperto che i geroglifici egizi sono i capostipiti della scrittura ebraica. Poiché non esiste nessuna traccia archeologica dell’uscita degli ebrei dell’Egitto, com’è descritta nella Bibbia, i due pensano che questo avvenimento sia stato tramandato dalla storia di un’altra espulsione: quella degli abitanti egizi della città di Akhet-Aton. Dopo la morte del faraone verso il 1344 a.C., la capitale Akhet-Aton si sarebbe svuotata dei suoi cittadini, su ordine di un nuovo faraone. Quest’azione sarebbe testimoniata, dicono i due ricercatori, dalle lettere dell’alfabeto ebraico originate, secondo gl’ideatori di questa teoria, dai geroglifici. Partendo da questa tesi hanno decifrato la Genesi individuando tratto per tratto la cosmogonia egiziana. Decifrando la Bibbia con questo sistema i nomi di Abramo, di Sara, di Isacco, di Rebecca, di Giacobbe, di Labano e molti altri, dissimulerebbero i nomi e i titoli dei reali egizi. Ad esempio, Giuseppe sarebbe l’immagine trasformata del faraone Ay (Eje, 1339–1335) conosciuto dagli egittologi. L’Esodo, con questi presupposti, si sarebbe svolto in diverse fasi. Mosé diventa un generale egiziano, Ra-Messou, che diventerà Ramsete I della XIX dinastia (1308– 1194). Infine Akhenaton: il faraone monoteista non sarebbe altri che Abramo vissuto, secondo questi due new entry della fantarcheologia, DOSSIER INTELLIGENCE voleva sfuggire al clero del dio Amon, al politeismo che aveva riempito i templi dell’Egitto di divinità antropomorfe. Di recente due ricercatori di origine ebraica nati in Marocco, Roger e Messod Sabbah, sostengono di aver scoperto dopo venti anni di ricerche che il popolo ebreo, quello dell’Esodo, altro non sarebbe che la popolazione egiziana di Akhet-Aton, la capitale di Akhenaton. L’esame dei testi della Bibbia ebraica in aramaico, l’antica lingua parlata da Gesù, comparati ai geroglifici egiziani, avrebbe portato Roger e Messod Sabbah a dubitare della storia tramandata dalla tradizione ebraica fino al XXI secolo della nostra era, asserendo di aver trovato la chiave per comprendere l’origine del monoteismo. I due fratelli sono partiti dalla domanda: com’è possibile che una popolazione vissuta per 430 anni in Egitto, dei quali duecentodieci in schiavitù, sotto parecchi faraoni, non abbia lasciato nessuna traccia di sé? Come fu possibile per loro installarsi in Palestina senza nessuna reazione dell’autorità faraonica sebbene l’Egitto amministrasse questa provincia? Come ha potuto questo popolo, impregnato delle tradizioni egizie, fuggire impunemente? Perché non è stato mai rinvenuto niente della presenza degli ebrei in Egitto, nella sabbia, nelle tombe, nei tempi o sulle steli? 61 62 Intelligence & Storia Top Secret verso il 1358 a.C. anziché nel 1900 a.C., come comunemente si pensa. Uno studioso, Roland de Vaux, dette una spiegazione a questo problema. Secondo lui gli esodi furono due. Uno fu un esodo-fuga, quello degli Egizi al seguito di Akhenaton , l’altro un esodo espulsione, quello degli Ebrei al seguito di Mosé. La ricerca dei due rabbini potrebbe al limite anche essere interessante e originale se si fermasse alle similitudini tra le lettere ebraiche e l’alfabeto egizio. È un paragone possibile visto che i due popoli vissero a stretto contatto di gomito per oltre 400 anni. Sono purtroppo le conclusioni che forzano ancora una volta la storia per confermare un’ipotesi partendo da un presupposto anziché dalle prove materiali. Il Tesoro del “Rotolo di Rame” La tesi dei due rabbini si appoggia su un altro precedente, oltre all’affermazione già vista dell’archeologo Howard Carter. Un misterioso LA TEORIA DEL “CAVALLO DI TROIA” Fiction letteraria e paraletteratura, un’arma a tempo capace di modificare il futuro S e si vuole diffondere un’idea che potrebbe scompaginare i punti fermi di un avversario, oppure un nuovo concetto che potrebbe infrangere i vecchi schemi morali, più che divulgarla direttamente, incontrando la possibile resistenza del “super-Io” vigile del lettore, si cerca di subliminarla attraverso la fiction letteraria. È il sistema del “Cavallo di Troia”, ovvero rendere gradevole e accettabile ciò che in realtà contiene elementi distruttivi. La nuova idea, quella che potrebbe rivoluzionare culturalmente un paese, è inserita in un filone narrativo, in trame contenenti gli elementi necessari a rendere gradevole e appetibile il worm che potrà attecchire più facilmente. Misteri religiosi, papiri e pergamene, archeologia più o meno fantastica e storia rivisitata sono capaci di oltrepassare le difese della cultura reale per crearne una virtuale. In un confronto tra giocatori di uno scenario geopolitico in cui si vuole utilizzare la disinformazione, le intelligence devono quindi scoprire il gioco del giocatore più furbo. Ad esempio, l’attacco alle tradizioni cristiane ed ebraiche dell’Occidente sta avvenendo nella maniera più banale, attraverso idee mischiate a romanzi e saggi le cui trame attaccano la fede di ebrei e cattolici. Si potrebbe pensare che ci sono agenti segreti nelle vesti di storici, archeologi e autori, o storici, archeologi e autori prestati ai servizi segreti di nazioni che cercano d’insidiare il dubbio, banalizzare le idee religiose e morali. Sono esistiti, ed esistono, personaggi che hanno cercato nel passato le ragioni delle rivendicazioni territoriali, Il mondo delle Informazioni il motivo per scatenare il fondamentalismo religioso, cercare identità razziali nelle radici stesse del tempo. Il passato conserva nella polvere un’esplosiva miscela di segreti capaci di scatenare conflitti e divisioni. Eventi accaduti millenni fa, possono ancora determinare il presente, condizionarlo grazie al potere di alcuni uomini di scavare nel passato per farlo rivivere. La figura dello storico-agente segreto non è mai caduta in disuso. Se ieri facendo Storia si poteva fare spionaggio, oggi facendo spionaggio si può fare Storia. Ciò che restano invariate sono le finalità cui sono destinate ricerche e risultati dalle implicazioni politiche pericolose. La Storia, più che lo storico, è una materia esplosiva specie se usata per disinformare. Il passato è usato per destabilizzare paesi, religioni e tradizioni innescando la miccia dell’odio razziale e del fondamentalismo. L’atmosfera oggi è quella dei tempi del primo cristianesimo quando ci si scontrava sull’interpretazione delle Scritture, o dell’eresia marcionita, quando si arrivò a rifiutare l’Antico Testamento perché non ci si voleva riconoscere come figli di un Dio ritenuto volubile, capriccioso, ignorante, dispotico e crudele. Si rifiutò anche il Vangelo, ritenendo il Nuovo Testamento l’eredità del precedente. Ancora oggi, mentre l’Occidente è preso da sterili querelle sulla natura umana di Cristo, sulla sua effettiva resurrezione, frugando in cerca di lumi tra i manoscritti dei primi cristiani o delle sette religiose ebraiche dell’epoca del Secondo Tempio, si finisce per dimenticare di citare le proprie origini cristiane nella costituzione del Parlamento europeo. Naturalmente anche i fondamenti dell’ebraismo sono messi in discussione. Per questo gli episodi biblici della Genesi o dell’Esodo vedono schierarsi storici e ricercatori cercando di dimostrare l’erroneità dei racconti biblici. DOSSIER INTELLIGENCE documento, il “Rotolo di rame” scoperto in una grotta nell’area israeliana di Qumran nel marzo del 1952 sul Mar Morto, è stato analizzato da un ingegnere metallurgico, Robert Feather, appassionato dell’Antico Oriente, che sostenne più o meno quanto affermano oggi la tesi di Messod e Roger Sabbah. Il “Rotolo di rame” fu nascosto all’epoca della distruzione del Tempio. Restaurato in Francia e pubblicato nel 1952 dallo studioso Josef Milik, suscitò immediatamente l’interesse degli archeologi rivelando un inventario di tesori e il catalogo della loro ubicazione. Da allora in molti hanno cercato di scoprire questo ingente capitale costituito da lingotti d’oro, monete d’argento e anfore piene di gioielli. Ma i dubbi sollevati dall’eccezionale rinvenimento sono tantissimi. L’elenco, compilato tra il 150 a.C. ed il 70 d.C., presenta passaggi enigmatici tipici dell’ebraico biblico del secolo 800–900 a.C. Alcune lettere greche poste in alcuni punti del rotolo, formerebbero, sostiene Feather, il nome di Akhenathon, sì ancora lui! Cosa c’entrava questa 63 64 Intelligence & Storia Top Secret volta il faraone con Qumran? Cosa ci faceva quell’elenco nascosto in una grotta? Secondo Feather, il sistema di numerazione del “Rotolo di rame” è quello usato in Egitto nel 1300 a.C., e anche i pesi indicati sembrano riferiti al kite, un’unità di misura degli Egizi. I tesori erano dunque egiziani. Non si spiegherebbe altrimenti l’ingente quantità di metalli preziosi elencati. Una valutazione della NATO sulla produzione di oro nella preistoria ha valutato che la quantità elencata nel “Rotolo” (44,3 tonnellate) sarebbe stata pari al 25% della scorta mondiale dell’epoca. L’argento indicato nella lista (22,9 tonnellate) equivaleva invece alla riserva del mondo intero! Gli Esseni, votati alla povertà, non potevano possedere un tesoro così grande, né avrebbero accettato di custodire quello del Tempio, considerando l’antagonismo esistente con i sacerdoti di Gerusalemme. Secondo la tesi di Feather, una colonia di mercenari ebrei al seguito della corte di Akhenathon, il faraone che aveva costruito la città di Amarna per il culto monoteistico del Sole, all’epoca della restaurazione religiosa del dio Amon, si ritirò sull’isola di Elefantina, nei pressi di Assuan, con il tesoro del tempio del dio Aton. Secondo questa tesi il principe egiziano Mosè trasferì in Palestina questo tesoro ed in parte lo nascose lungo il Nilo. Il “Rotolo di rame” sarebbe dunque una copia tarda dell’elenco, composto dal patriarca su un foglio di rame proveniente dagli armadi degli scribi di Amarna. Immaginiamo quindi un Mosé egiziano, confuso addirittura con la figura del faraone Akhenathon, un connubio antistorico alquanto improbabile. In realtà, la presenza del “Rotolo di rame” (nella foto a lato) nella caverna nei pressi di Qumran potrebbe essere spiegata dalle aspettative apocalittiche di chi abitò le grotte isolate sul Mar Morto: sacerdoti eremiti fuggiti Il mondo delle Informazioni DOSSIER INTELLIGENCE dalla Gerusalemme divisa da guerre di potere e dalla conquista romana. Molti dei testi ritrovati sostenevano che sarebbe giunta una guerra tra i “Figli della Luce” (i Giusti) e i “Figli delle Tenebre” (il resto del mondo, forse i Romani). I “puri”, come si definivano gli eremiti di Qumran, avrebbero vinto e a loro sarebbe spettata la restaurazione del Tempio e la ricostruzione di Gerusalemme. Quel testo, inciso su un rotolo di rame, fu poi nascosto in una grotta del Mar Morto in attesa di utilizzarne le indicazioni per ricostruire il 65 66 Intelligence & Storia Top Secret nuovo Tempio: il terzo. Si sa che la ricerca e lo studio dei papiri spesso è stata associata, come del resto l’archeologia, alla politica. In effetti, una caterva di letteratura fantastica, associata a un certo tipo di trasmissioni televisive a base di misteri veri o ritenuti tali, offrendo la promessa di conoscenze svelate e proponendo problematiche new age ormai datate, addormentano le coscienze distogliendole da un impegno sociale più serio. Quali potrebbero essere le conseguenze di questa insistenza nel voler togliere ad un popolo la propria originalità? Le teorie traviserebbero a tal punto le tradizioni che si potrebbe arrivare ad un nuovo conflitto arabo–israeliano, questa volta sulle frontiere del Sinai rivendicato dal fondamentalismo religioso. Una lobby editoriale propone in vario modo mistificazioni storiche, elucubrazioni gnostiche e un ritorno a un medioevo culturale. Viene il sospetto che sette cristiane apocalittiche, fondamentalismi religiosi vari, o semplice cretineria mediatica infiltrino in un certo tipo di letteratura idee destabilizzanti destinate a chi non sa distinguere il vero dal falso, non disponendo dei filtri della vera e propria cultura. Come raggiungere quelle persone che non leggono giornali e sono indifferenti, se non insofferenti, ai “concioni” politici? Con il romanzo. C’è quello storico, il thriller fantapolitico, quello politico-religioso, il saggio e il thriller tecnologico. Vari aspetti di un mezzo capace di far credere che quanto si racconta contenga un bel po’ di verità. È il sistema più subdolo ma efficace per inserirsi nella testa della gente mutandone l’atteggiamento nei confronti dei loro punti fermi, nella loro indifferenza sulla quale, tuttavia, gioca il desiderio di impegno sociale. In tutti funziona un inconscio meccanismo psicologico di partecipazione che sfocia in una voce interiore che suggerisce: «sento di essere chiamato ma non so da che direzione venga questa voce, non capisco cosa voglia da me anche se sento un immenso bisogno di obbedirgli». I lettori, che s’addentrano inconsapevoli nei meandri di queste tesi senza un background culturale capace di immunizzarli, sono affascinati dalle presunte rivelazioni, al punto da creare una pseudo–cultura che dà per concrete queste illazioni, pericolose sotto il profilo politico — come dare per certa la discendenza di un popolo ritenuto occupante una terra contesa, insanguinata da millenni di guerre dichiarandoli a tutti gli effetti egiziani. Benzina sul fuoco, quindi, che incendia gli animi e cerca di favorire una campagna antisemita partendo da molto lontano nel tempo. Vittorio Di Cesare, docente in Intelligence presso il Corso di Scienze dell’Investigazione dell’Università dell’Aquila DOSSIER SECURITY a cura di Lando D.Rajola Pescarini Il mondo della Sicurezza I sistemi informatici statunitensi sono attaccati in maniera massiccia da virus lanciati da siti Web con base in Cina. Il Pentagono ha dato all’operazione il nome in codice “Titan Rain” D a circa due anni le agenzie di sicurezza USA hanno cominciato a monitorare una serie di incidenti relativi a tentativi di attacco alle reti informatiche statunitensi. Centinaia di queste reti sono state sottoposte ad attacchi da parte di programmi del tipo worms o trojan horse che, una volta installati al loro interno, avrebbero potuto dare origine a fughe di dati sensibili verso destinatari non autorizzati. Ultimamente questi attacchi si sono intensificati in maniera tale da costringere il Pentagono a moltiplicare gli sforzi per la messa in atto di nuovi sistemi di intrusion detection e per la formazione di esperti in sicurezza informatica. DOSSIER SECURITY TITAN RAIN: ASSALTO AL WEB 69 70 Intelligence & Storia Top Secret I pirati del mar della Cina Con lo sviluppo delle tecnologie informatiche una gran parte delle attività di intelligence si è spostata nel Web. La lotta informatica rientra ormai nella dottrina militare delle superpotenze, come dimostra il fatto che nei rapporti del segretario per la Difesa USA, tra le altre considerazioni in merito a rischio di attacchi da parte degli “stati canaglia”, intere sezioni vengono dedicate allo sviluppo dei sistemi di attacco informatico. In caso di conflitto, un vantaggio consistente lo si ottiene sia dominando il settore dell’acquisizione delle informazioni sia bloccando la possibilità di comunicazione dell’avversario. Nei conflitti moderni diventa pertanto fondamentale acquisire il controllo del territorio virtuale costituito dal Web, dove le informazioni vengono scambiate e dove oggi passa gran parte delle comunicazioni. Non va dimenticato che la stessa rete Internet è nata proprio come struttura di back up delle comunicazioni messa a punto dal Dipartimento della Difesa USA da utilizzare, in caso di conflitto nucleare, a seguito della distruzione delle altre forme di trasmissione delle informazioni. Non stupisce pertanto che secondo il Dipartimento si ritiene che l’Armata di Liberazione del Popolo cinese, nella sua dottrina, consideri il controllo delle reti informatiche un fattore fondamentale ai fini della dominazione elettromagnetica indispensabile, nelle prime fasi di un eventuale conflitto, per il controllo del campo di battaglia. La Cina popolare avrebbe pertanto creato delle unità specializzate nella guerra informatica, nella creazione di virus di attacco alle reti avversarie e in tattiche di protezione delle reti nazionali e alleate. È in quest’ottica che sarebbero scaturite le aggressioni degli ultimi anni alle reti USA. In realtà non tutte le opinioni concordano sul fatto che gli attacchi siano dovuti ad hacker cinesi. È stata infatti avanzata l’ipotesi che possa anche trattarsi di hacker di altre nazionalità che gettano fumo facendo partire i loro attacchi dai siti Web cinesi. La cosa certa è che gli attacchi partono proprio dal paese della grande muraglia e che utilizzano appositi programmi anziché la tecnica del social engineering, propria degli hacker americani. C’era una volta in America Uno dei problemi più grossi che si sono trovate ad affrontare ultimamente le corporation USA, così come i loro dipendenti, è stata la diffusione del phishing, ovvero il furto dei dati da poter poi sfruttare per fini più o meno leciti. Ma gli hacker americani sembrano, rispetto ai loro colleghi con gli occhi a mandorla, più propensi all’utilizzo del social engineering che alla ricerca ed allo sviluppo di software e programmi maliziosi. Il social engineering è un termine con cui si descrive un tipo Il mondo della Sicurezza 71 DOSSIER SECURITY Figura 1. Una rete informatica, le sue connessioni nodali e il fulcro dell’attacco hacker (activity) di intrusione informatica di tipo non tecnico. Si tratta di un modus operandi che si basa fortemente sull’interazione umana più simile ad una truffa che a un attacco informatico. Generalmente una persona dedita al social engineering cercherà di guadagnarsi la fiducia di qualcuno che dispone delle autorizzazioni necessarie ad accedere alla rete che vuol penetrare (più che cercare di installargli virus maliziosi sul computer) facendo leva sulle debolezze umane quali la vanità, il timore dell’autorità, la naturale propensione a fornire informazioni e dettagli anche quando non richiesti. Il social engineer pertanto, fruga nei cestini della carta straccia, memorizza i codici di accesso guardando il collega che li digita da sopra 72 Intelligence & Storia Top Secret le spalle (shoulder surfing), o si avvantaggia della naturale inclinazione della gente a scegliere password facili da ricordare ma anche da essere indovinate. Perfino la vecchia tecnica dell’ascolto microfonico può tornare utile ad un social engineer. Si tratta quindi in sostanza di un modus operandi che trasporta vecchie astuzie nel nuovo mondo delle reti informatiche e che si avvantaggia del fatto che spesso la gente fa fatica a rendersi conto che in questo nuovo mondo le informazioni di cui si è in possesso necessitano una tutela sicuramente più accurata che in passato. Tentativi di intrusione Ma gli attacchi che hanno dato origine all’operazione Titan Rain non hanno, come detto sopra, la caratteristica di attacchi originati da azioni di social engineering. Gli investigatori USA hanno deciso di codificare con il termine Titan Rain una serie di tentativi di intrusione tramite software del tipo worm che, una volta installati nel sistema avversario, si fanno lentamente strada passando poi all’esterno le informazioni richieste. Generalmente questi tipi di virus sfruttano il protocollo SMTP (Simple Mail Transfer Protocol). Si tratta del protocollo usato per spedire e ricevere le e–mail. Volendo diffondere qualcosa all’interno di una rete è chiaramente la strada migliore, dato che utilizzando i contatti e–mail si può arrivare a contaminare tutti i computer che sono in qualche modo in comunicazione con l’obiettivo colpito. Ma i virus “made in China”, pur arrivando spesso per via e–mail, non utilizzano il protocollo SMTP. Questo ha portato a ritenere gli esperti di sicurezza USA che chi lo ha creato non sia molto addentro in materia di sistemi di difesa informatica delle corporations statunitensi. Infatti, se i sistemi di protezione antivirus delle corporations possono presentare qualche carenza sotto il profilo della tutela SMTP, sono praticamente blindati sotto il profilo dell’aggressione diretta alla rete ed ai PC collegati. Al giorno d’oggi anche la più piccola impresa statunitense tutela la sua rete informatica tramite i firewalls, ovvero punti di accesso obbligati della rete aziendale (Intranet) alla rete mondiale (Internet). Anzi, spessissimo le reti Intranet non hanno più contatti con l’Internet e chi vi vuole accedere deve utilizzare PC dedicati e godere di particolari autorizzazioni da parte del management. Le considerazioni di cui sopra potrebbero risolvere il conflitto di opinioni all’interno della cerchia di specialisti di IT security che si sta occupando del caso. In materia si sono create, come già detto, diverse scuole di pensiero: una che ritiene che dietro l’attacco vi sia il governo cinese il quale, oltre a testare l’efficacia della sua dottrina, tenta di appropriarsi di informazioni sensibili, e una che ritiene che dietro gli attacchi vi siano hacker occidentali che utilizzano i Web site cinesi Il mondo della Sicurezza Figura 2. I computer di Pentagono e CIA sono gli obiettivi preferiti degli hacker DOSSIER SECURITY solo come copertura. La scarsa conoscenza dei sistemi di protezione informatica delle corporations, che gli hacker americani conoscono benissimo, e la poca utilizzazione delle tecniche di social engineering fanno sicuramente girare l’ago della bussola in direzione di Pechino. Un ulteriore fattore che fa propendere per la “mente cinese” è la considerazione che gli indirizzi IP (Internet Providers) sono tutti cinesi. Se si trattasse di un tentativo di dissimulazione a danno dei cinesi, gli indirizzi proverrebbero da ogni parte del mondo. Prima di vedere dietro alla serie di attacchi il governo cinese, sarebbe però opportuno fare alcune considerazioni su come si è evoluta l’aggressione. Le prime versioni del worm erano strutturate in maniera tale da prelevare esclusivamente file di tipo pdf. Questo limite ha consentito che gli attacchi a tali obiettivi fossero rilevati in tempo. Una certa preoccupazione si è avvertita solo quando una versione più avanzata del worm ha cominciato a prelevare documenti in formato word o CAD/CAM. Generalmente le informazioni sensibili delle aziende sono custodite in questi formati (il word per i documenti ed il CAD/CAM per planimetrie). Gli investigatori americani hanno appurato che le prime versioni del worm partivano da siti Web con base in Cina (in particolare nelle pro- 73 74 Intelligence & Storia Top Secret vince di Tianjin e del Guangdong) che offrivano libri di economia per esami di postgraduation. Poiché il materiale in questione viene generalmente venduto in formato pdf è ragionevole pensare che il gestore del sito Web utilizzasse il virus per prelevare dagli incauti acquirenti altro materiale da poter rivendere. Quando poi l’hacker si è reso conto che stava ricevendo anche materiale contenente informazioni di valore, si è ingegnato a migliorare il suo software pirata in modo da prelevare documentazione in formato anche diverso dal pdf. Non solo, gli investigatori hanno rilevato che in seguito a questa illuminazione, il malintenzionato ha proceduto a chiudere il sito (dove chiunque in possesso del worm poteva accedere e prelevare il materiale) per aprirne un altro in cui il processo di trasferimento dei file è di tipo one-way customizzato (e quindi accessibile solo a lui). È ragionevole ritenere che dietro agli attacchi vi sia, almeno in origine, l’esclusiva volontà di guadagno più che un disegno politico. Per evitare la febbre gialla Che vi sia o no dietro Titan Rain una volontà politica rimane il fatto che gli attacchi sono reali e che se le Agencies e molte corporations sono relativamente al sicuro per via degli strumenti di protezione di cui dispongono, altrettanto non può dirsi per il mondo del business in generale, soprattutto di piccolo calibro. Per difendersi è opportuno rinforzare le policies di sicurezza informatica mediante una stretta osservanza delle regole in materia di password (che seppur non impedisce l’accesso al virus, sicuramente ne rallenta la diffusione permettendo maggiore efficacia al momento dell’attività di contrasto); effettuare una politica antivirus (che anche se non impedisce al virus di entrare nel sistema sicuramente procede a scoprirlo velocemente e a consentirne la rimozione) e soprattutto una stretta adozione dei firewalls, il sistema migliore per limitare le possibilità di contagio. Come nel caso del social engineering, è importante la sensibilizzazione degli utilizzatori dei sistemi informatici. Un po’ di paranoia da parte di chi usa la rete può essere di aiuto nel rilevare strani contenuti nelle e–mail o nei siti visitati e consentire la rapida adozione di provvedimenti difensivi. Soprattutto va fatta attenzione a ciò che si lascia sul proprio PC o sui database collegati o sulla propria casella e–mail. Taci, il nemico ti “asporta”. Lando Rajola Pescarini è Responsabile Coordinamento Sorveglianza dei Siti Aziendali Alenia Aeronautica SpA Unità Sicurezza e Dati personali Il mondo della Sicurezza Il decreto legislativo 231 del 2001 ha introdotto anche in Italia il principio della responsabilità delle persone giuridiche in caso di reati di corruzione, concussione e frode ai danni dello Stato nonché dei delitti con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico I n osservanza alla ratifica di una serie di convenzioni internazionali ed in particolare della Convenzione di Bruxelles del 26 luglio 1995 sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità Europee, della Convenzione di Bruxelles del 26 maggio 1997 sulla lotta alla corruzione dei funzionari dell’Unione Europea e degli Stati Membri e della Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997 sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, il nostro legislatore si è visto obbligato ad introdurre nell’ordinamento nazionale (tramite il decreto legislativo 231 dell’8 giugno 2001 entrato in vigore il successivo 4 luglio) un principio che fino a quel momento era assolutamente estraneo alla cultura giuridica dell’Italia: la responsabilità amministrativa degli enti collettivi derivante da reati commessi a vantaggio o nell’interesse degli enti medesimi. Perché si rientri nelle fattispecie previste dal decreto è necessario ovviamente che a compiere i reati contemplati siano persone che rivestano funzione di rappresentanza, amministrazione o direzione degli enti medesimi, o esercitino anche solo di fatto la gestione o il controllo dell’ente, o comunque siano sottoposte alla direzione di persone con le caratteristiche appena citate. Lo scopo originario del legislatore era, sulla base delle convenzioni di cui sopra, combattere il fenomeno della corruzione. Una serie di integrazioni successive hanno portato ad includere reati diversi. In sostanza le fattispecie in cui attualmente si può configurare la responsabilità amministrativa di un ente collettivo (dove con il termine si intende un campo di azione che va dalle associazioni non riconosciute a qualsiasi forma di società) riguardano: — reati commessi nei rapporti con la Pubblica Amministrazione (quali corruzione e malversazione ai danni dello Stato, truffa ai danni dello Stato, frode informatica ai danni dello Stato, riportati agli artt. 24 e 25 del d.lgs.); — reati di falsità (di monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo indicati all’art. 25 bis); DOSSIER SECURITY QUANDO L’AZIENDA POTREBBE DELINQUERE 75 76 Intelligence & Storia Top Secret — reati di carattere societario (quali false comunicazioni sociali, falso in prospetto, illecita influenza sull’assemblea, riportati all’art. 25 ter); — reati in materia di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico (compreso il finanziamento ai predetti fini, riportati all’art. 25 quater); — reati contro la personalità individuale (quali lo sfruttamento della prostituzione, la pornografia minorile, la tratta di persone, la riduzione ed il mantenimento in schiavitù riportati all’art. 25 quinquies). Questo ampio ventaglio di casi specifici verrà allargato, infatti, il Consiglio dell’Unione Europea prevede che gli stati membri adottino le misure necessarie a perseguire in sede penale anche i reati in materia ambientale (2003/80/GAI), nonchè i fenomeni di corruzione nel settore privato (2003/568/GAI) e che in tali campi vengano prese misure idonee a far sì che le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili. Aumentano i rischi Con la nuova normativa pertanto gli enti collettivi rischiano di essere sanzionati ogni qualvolta, nel loro interesse, le persone fisiche che rivestono al loro interno posizioni apicali o persone sottoposte alla direzione o vigilanza dei soggetti apicali, commettono uno dei reati sopraccitati. In tal caso si rischiano sanzioni pecuniarie (fino a tre miliardi del vecchio conio), sanzioni interdittive (interdizione dall’esercizio dell’attività, la revoca di licenze e autorizzazioni, il divieto di stipulare contratti con la pubblica amministrazione, l’esclusione da agevolazioni e finanziamenti, il divieto di pubblicizzare beni e prodotti), la confisca e la pubblicazione della sentenza. Una eventuale fusione o scissione dell’ente non farà peraltro venire meno la responsabilità per fatti antecedenti all’operazione. Come si vede il decreto ha elevato di molto il rischio per l’attività imprenditoriale, soprattutto se si considera che ormai la giurisprudenza in materia ammette concordemente su richiesta del pubblico ministero l’adozione di provvedimenti interdettivi di natura cautelare (ovvero prima che inizi il processo), con quali conseguenze sull’attività produttiva è facile immaginare. È da rilevare poi che anche se si parla di responsabilità amministrativa, la natura afflittiva delle sanzioni apre in realtà la strada ad una responsabilità di tipo penale, prova ne sia la procedura di accertamento dell’illecito che ricalca il modello penale. A conoscere dell’illecito è in- Il mondo della Sicurezza Esclusione della responsabilità Lo stesso decreto prevede, per le imprese che vogliano esimersi dalle responsabilità di cui sopra, che almeno per alcuni presupposti di esclusione sia in grado di dimostrare che: — l’organo apicale ha prima adottato e poi efficacemente attuato, antecedentemente alla commissione del fatto illecito, dei modelli di organizzazione, di gestione e di controllo idonei a prevenire la realizzazione degli illeciti penali contemplati dal decreto; — è stato affidato ad un organo dell’ente, dotato di poteri di iniziativa e controllo, il compito di vigilare sul funzionamento, sull’efficacia e sull’aggiornamento dei modelli di cui sopra; — chi ha commesso l’illecito ha eluso fraudolentemente la vigilanza attuata sulla base dei modelli di cui al primo punto e che non vi sia stato omesso o insufficiente controllo da parte dell’organismo di vigilanza preposto. La possibilità di evitare, o quantomeno ridurre, l’applicazione di sanzioni è pertanto legata all’adozione di modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire il compimento delle fattispecie di reato previste dal decreto 231. Si tratta di modelli che devono essere basati sull’effettiva ripartizione delle funzioni dell’ente interessato e che devono prevedere l’adozione di un codice etico, di specifiche procedure per le fasi decisionali e del conseguente controllo e di un sistema disciplinare dotato dell’incisività necessaria a scoraggiare il compimento dei reati in questione. Soprattutto è importante che a tal fine venga costituito un apposito organismo interno di vigilanza dotato di imparzialità e di competenze idonee a verificare l’effettività dei modelli adottati, il loro funzionamento e la necessità di eventuali aggiornamenti. Il modello 231 Il primo presidio contro i rischi di reato è costituito pertanto dall’adozione di un modello di organizzazione e gestione calibrato in maniera tale da impedire, tramite la fissazione di regole di condotta, la commissione degli illeciti previsti dal decreto 231. È bene precisare che DOSSIER SECURITY fatti il giudice penale così come le disposizioni processuali che regolano l’attività di accertamento si basano sulle regole in materia di indagini ed udienza preliminare previste dal codice di procedura penale. 77 78 Intelligence & Storia Top Secret l’uso di tale strumento non è un obbligo di legge ma una mera facoltà, utilizzabile dalle società per beneficiare dell’esclusione della responsabilità e della riduzione delle sanzioni. Come per tutte le attività che comportano un rischio security anche in questo caso si dovrà procedere ad una risk analysis al fine di individuare misure di tutela che siano idonee (ovvero in grado di garantire la tempestiva scoperta ed eliminazione delle situazioni di rischio) ed efficaci (ovvero proporzionate in maniera da garantire l’effettivo svolgimento dell’attività produttiva nel rispetto della norma di legge). Sarà pertanto necessaria una prima verifica delle attività sensibili al rischio (as-is analysis) ed una successiva analisi delle necessità migliorative per riportare il rischio a livelli accettabili se non a zero (gap analysis) tramite una dettagliata analisi dei processi e dell’operatività aziendale (rilevazione) e l’individuazione delle aree di rischio (mappatura). Quella di cui sopra è l’attività preventiva alla redazione del modello 231 che nel dettaglio conterrà: — una descrizione generale delle attività dell’ente (descrivendo in sintesi il ruolo e l’attività); — una definizione degli obiettivi del modello (è bene qui ribadire la strategia dell’Alta Direzione aziendale nel senso della consapevolezza dei rischi individuati e della condanna dei comportamenti contrari alla legge); — una sintesi della rilevazione e mappatura effettuata (evidenziando le attività maggiormente esposte al rischio di violazione della legge); — l’individuazione dei componenti dell’organismo di vigilanza interno (è consigliabile che sia presente un membro della funzione affari legali ed un membro della funzione di audit interno) cui dovranno poi essere assegnate le risorse necessarie per lo svolgimento delle attività di sua competenza nonché la facoltà di chiedere e/o assegnare a soggetti terzi, in possesso delle specifiche necessarie compiti di natura tecnica; — la procedura di nomina dei componenti dell’organismo di vigilanza (è opportuno prevedere in questo caso cause di ineleggibilità o decadenza, sia per l’organismo di vigilanza che per le sue risorse dedicate, in caso di condanne con sentenza passata in giudicato per aver commesso reati previsti dal d.lgs. 231 o per pene che comportano l’interdizione); — la definizione dei poteri dell’organismo di vigilanza (che do- Il mondo della Sicurezza — la definizione dei flussi informativi (da e verso l’organismo di vigilanza. L’Organismo infatti dovrà riferire su base sia continuativa che periodica verso l’Alta Direzione ma dovrà anche essere in grado di ricevere qualsiasi segnalazione, di commissione o ragionevole pericolo di commissione di reati contemplati dal decreto 231, di carattere bottom up ovvero da dipendenti verso la direzione. È opportuno qui specificare la garanzia dell’anonimato verso il segnalante); — la definizione della struttura del sistema disciplinare (che dovrà contemplare il sistema accertativo e sanzionatorio fino al livello di Alta Direzione includendo Sindaci e Amministratori). Va da sé che una volta redatto il modello, ad esso sia data la massima diffusione sia all’interno che all’esterno dell’ente al fine di promuovere e dare il massimo spazio a quello che costituisce, se realmente applicato, un efficacissimo strumento di prevenzione delle irregolarità e di rinforzo dell’etica del mercato e degli aspetti deontologico/comportamentali dei suoi operatori. DOSSIER SECURITY vrà essere in grado di attuare il modello, vigilare sulla sua effettività, monitorarne l’efficacia e procedere ai suoi aggiornamenti. L’organismo dovrà poi essere in grado di accedere senza limitazioni alle informazioni aziendali per tutte le necessarie attività di analisi, informazione e controllo); 79 DOSSIER STORIA Documenti segreti Ricerche storiche e razziali nel sud della Francia negli anni Trenta John Nicholas Harris U no dei casi più eclatanti di travisamento della storia per fini non proprio legati a motivi culturali è l’interpretazione della vita di Otto Rahn, lo scrittore tedesco al quale Heinrich Himmler affidò la missione più incredibile del ventesimo secolo: recuperare i documenti segreti degli eretici Catari. Con questo nome (dal greco katharòs, puro) nella tradizione antica si indicavano i seguaci dell’eresia dualistica manicheista medievale diffusa nei secoli XII-XIV nell’Europa Figura 1. Albigesi cacciati da una città in una miniatura medievale DOSSIER STORIA LA PARTE DELLE SPIE 83 84 Intelligence & Storia Top Secret Figura 2. Sigillo del conte occitano Raimondo VI, sostenitore dei Catari centromeridionale. In Francia nella regione occitana, questi seguaci della tradizione cristiano-gnostica furono denominati bougres, bulgari, o albigeois, poiché originari di Albi, quando non li si definiva bonnes hommes o “patarini”, dalla Pataria milanese del secolo XI. Erano distinguibili dagli altri cristiani per il loro desiderio di adesione completa alla Sacra Scrittura e al Vangelo, specie a quello di Giovanni o l’apocrifo di Tommaso, rifiutato dal canone biblico. Il catarismo si trasformò ben presto in un fenomeno diffuso contemporaneamente in Renania e a Tolosa fra il 1145 e il 1149, diffondendosi nel giro di pochi decenni in Germania (Bonn, Colonia), in Francia (Tolosa, Albi, Carcassonne), in Italia (Milano, Verona, Brescia, Mantova, Firenze, Orvieto), forse anche in Catalogna e nella penisola balcanica, entrando in contrasto con la Chiesa Cattolica appoggiata dai re francesi la quale non esitò a ricorrere alla forza, bandendo una crociata che si trasformerà in un feroce sterminio indiscriminato di eretici, ebrei e persino cattolici. Nel Documenti segreti Una ricerca mirata? Otto Rahn (nella foto in basso) era nato il 18 febbraio del 1904 a Michelstadt, in Germania, da Karl Rahn, funzionario del tribunale di Mayence, e da Clara Hamburg. Fin dal 1910, all’epoca del liceo, aveva dimostrato una predilezione particolare per lo studio della filosofia e della letteratura. Fu nel 1922, dopo aver conseguito la maturità che iniziò a studiare il pensiero di Calvino, di Rousseau e di Voltaire, dimostrando una spiccata predilezione per l’archeologia legata al popolo dei Visigoti, nonché al mondo dei trovatori della Linguadoca e all’eresia albigese. Per questo nel 1931 Rahn era ad Ussat-Les Baines, un piccolo centro sull’Ariege, nella Francia del sud. Questa cittadina, come molte altre della zona, da Foix a Mirepoix, da Lombrives a Montségur, nei primi anni del 1300 era stata al centro della sanguinosa repressione religiosa voluta da papa Innocenzo III per distruggere i Catari. L’attività di Rahn è controversa. Ad Ussat–Les Baines iniziò una curiosa ricerca delle testimonianze lasciate dai Catari nella regione. Conoscerà DOSSIER STORIA 1230 la crociata, appoggiata dal meccanismo sanguinoso dell’Inquisizione, riuscì a piegare la resistenza militare opposta dalle roccaforti catare in Linguadoca e nei Pirenei. Fin qui la cronaca di quella guerra fratricida. Per i misteriosi motivi che trasformano a volte la storia in leggenda, ai Catari e al loro eroismo nel difendere la loro fede furono attribuiti tesori materiali incredibili e il possesso di vangeli non canonici i cui contenuti avrebbe messo in crisi la Chiesa Cattolica. Per questo motivo e per altre ragioni, il sud della Francia catara fu al centro dell’interesse di alcuni uomini a caccia di quei documenti. Otto Rahn e poi il nazismo tra questi. 85 86 Intelligence & Storia Top Secret e farà amicizia con persone influenti e nobili locali, oltre che con studiosi quali l’ingegner Arnaud, che per primo aveva condotto degli scavi nel castello di Montségur, o come Antonin Gadal (nella foto a lato), fondatore di un movimento indipendentista francese, l’uomo che per primo aveva esplorato le grotte di Sabarthés, note per essere state teatro della sanguinosa quanto vana resistenza di un gruppo di Catari ai soldati del papa. Rahn cercava il tesoro della setta, consistente — come scriveva — in preziosi ch’erano «tutt’altro che l’argento e l’oro». Cercava la biblioteca catara, i libri dei dogmi e della dottrina, i manoscritti stessi dei grandi autori dell’antichità. Discepoli di Platone — continuava Rahn — i Catari potevano, ad esempio, possedere qualche opera scomparsa dell’autore del Simposio, perso per noi, ma certamente esistente nel Medioevo. Ad Ussat qualcuno affermava che nel villaggio di Montségur c’era chi conservava gelosamente alcuni di questi libri, trovati tra le macerie del castello insieme ad altri oggetti come una curiosa riproduzione in argilla di una colomba. Rahn non trovò chi poteva indicargli come entrare nei sotterranei del castello, il cui accesso, pare, era già stato trovato nell’Ottocento da un certo Napoleone Peyrot il quale non era stato più capace di individuarlo nuovamente. Rahn non trovò nessun passaggio segreto, riuscì comunque ad entrare nella fiducia di alcuni Rosacrociani locali i quali lo iniziarono nelle grotte di Ussat. Il tempo volò in quel periodo di intense ricerche fatte vagabondando tra grotte e ruderi di castelli appartenuti un tempo alle linee difensive catare. Ma le risorse per vivere in quel modo ben presto finirono. Il fallimento della locanda che il tedesco aveva messo in piedi a Ussat per sbarcare il lunario, nonché i sospetti della polizia sulla gente che frequentava quel luogo, giudicata, secondo alcuni rapporti, legata al mondo dello spionaggio internazionale, costrinsero infine il giovane ad andarsene in fretta dal villaggio. Le ricerche nel sud della Francia avevano comunque dato i loro frutti. Nel 1933 pubblicava in Germania il suo primo libro sul Graal, Croisade contre le Graal, un lavoro che raccoglie in sintesi la storia dei Catari e che gli procurerà un certo credito tra i nazisti. Nell’autunno del Documenti segreti 87 DOSSIER STORIA Figura 3. Il castello di Montségur nei Pirenei, ultima roccaforte dei Catari 88 Intelligence & Storia Top Secret 1935, ritroveremo questo misterioso personaggio nello Stato Maggiore del Reichsführer SS Heinrich Himmler. Tra le “Teste di morto” In una lettera datata 13 dicembre 1933, conservata nel classificatore di Himmler, Otto Rahn spiegava al delfino di Hitler di essere idoneo all’iscrizione nelle SS in quanto — dichiarava — era uno scrittore “nazionalsocialista di pura razza ariana”. Amici e conoscenti non si spiegarono questa improvvisa trasformazione da uomo di lettere a uomo di partito. Forse fece quel passo per fame, forse per convinzione, certo è che Rahn in poco tempo divenne Untersturmführer delle SS. Himmler gli regalò mille marchi dalla sua cassa personale per sovvenzionare il suo nuovo lavoro La corte di Lucifero: una straordinaria documentazione in 42 città europee — tra queste Milano, Roma, Verona, Bolzano e Merano! — alla ricerca delle testimonianze lasciate dall’epopea dei Catari. Le opinioni su questa lunga peregrinazione restano l’ennesimo mistero di Otto Rahn. Da un lato lo scrittore cercò di seguire le orme della migrazione di questa gente, originaria, si pensava, dei Balcani e stanziatasi in Catalogna ed al sud della Francia dopo un lungo iter attraverso l’Europa medievale. In effetti alcune città italiane, tra queste Desenzano sul Garda, ospitarono comunità catare. È quindi plausibile che Rahn le visitasse alla ricerca delle testimonianze concrete del loro passaggio. È possibile che il tedesco fosse un agente di Ribbentrop, il Figura 4. Von Ribbentrop e Hitler Documenti segreti 89 DOSSIER STORIA Figura 5. Heinrich Himmler 90 Intelligence & Storia Top Secret capo di un ufficio dell’intelligence tedesca fondato nel 1934 allo scopo di aiutare i movimenti separatisti europei, com’era stato fatto in Bretagna e in Alsazia. In fondo anche Antonin Gadal, l’intellettuale di Ussat e acceso nazionalista, sognava una nuova Francia del sud indipendente e organizzata come all’epoca dei Catari. L’emblematico libro La cour de Lucifer è dunque il testamento spirituale di Rahn poiché due anni dopo l’uscita del libro, avvenuta nel 1937, lo scrittore scomparve misteriosamente e questa volta per sempre. La sua carriera nelle SS aveva subito una strana evoluzione. Dapprima benvoluto da Himmler, Rahn verrà presto isolato, mandato in servizio nel campo di concentramento di Dachau e di Buchenwald con le famigerate “Teste di morto” dopo essere stato scoperto in stato di ebbrezza ad Arolsen. Da allora qualcuno lo sentirà disprezzare la propria divisa, che chiama livrea. Ubriaco, litigherà facendo a pugni con un ufficiale dell’aviazione tedesca, il che gli costerà una punizione esemplare. Insomma, lo scrittore è inquieto, scontento. Forse si è accorto di aver commesso un tragico errore. Il nazismo non era un ordine cavalleresco come lo immaginava nelle sue intenzioni iniziali. Scrisse allora una lettera a Karl Wolf, capo del personale delle SS, pregandolo di concedergli il congedo. Di rimando Wolf, il 29 febbraio del 1938, gli domanderà tramite una lettera all’Ufficio Razza, come mai dal dicembre del 1937 lo scrittore non ha più presentato il proprio certificato di origine razziale. Questo particolare farà dire a qualcuno che Rahn è di origine ebrea, forse per via del nome di sua madre e della nonna materna, Lea Cucer, o del nonno paterno Simeon Hamburgher. Lo scrittore aveva mentito sulle sue origini razziali? Forse Otto Rahn non era ebreo. Alcuni suoi parenti sopravvivevano in Germania dopo la guerra, cosa improbabile se lo fossero stati. Ma Rahn si era imbattuto in ebrei ovunque durante le sue ricerche, persino tra i capi dei crociati cattolici, come quel Simon de Montfort che morirà ucciso da un proiettile di catapulta lanciato dalle mura di Tolosa. Che Rahn si interessasse troppo delle famiglie patrizie del sud della Francia lo dimostra il fatto che gli abitanti della zona, dove lo scrittore risiederà per qualche tempo, non legheranno mai con quello straniero un po’ allucinato che ospitava nel suo albergo troppi “crucchi” compresa, a quanto sembra, la cantante Marlene Dietrich! Il capro espiatorio Che Rahn fosse un agente segreto del Reich fin dal tempo della sua prima comparsa ad Ussat può essere probabile specie se consideriamo che appena messo piede in Francia s’interessò particolarmente ai possedimenti dei conti di Foix, discendenti del nobile di origine ebree Guy de Levis. I Catari convivevano con gli ebrei pacificamente fin dal XII Documenti segreti In Occitania gli Ebrei potevano vivere e lavorare indisturbati, e anche godere di diritti uguali a quelli degli altri cittadini. Potevano occupare funzioni pubbliche e insegnare nelle università. La nobiltà li proteggeva e li incoraggiava. I Trencavel di Carcassonne avevano degli ebrei come tesorieri: Nathan, Samuel e Mosè Caravita. Alcuni docenti ebrei delle università romanze erano celebri in Occidente e in Oriente. Gli studenti venivano da lontano per sentire il rabbino Abraham che viveva a Vauvert, vicino Nîmes. A Narbonne insegnava il rabbino Calonimo, “figlio del granduca e rabbino Teodoro, del ceppo di David”. Questa dinastia principesca di rabbini si proclamava “famiglia dei re israeliti di Narbonne” e sosteneva di essere un ramo della casa di David. I loro immensi beni erano sotto la protezione speciale dei signori di Narbonne. Raimondo Trencavel era caduto ai piedi dell'altar maggiore della chiesa di Sainte-Madeleine de Béziers, vittima della passione d’indipendenza che animava le libere città della Provenza. L'infante di Carcassonne, Roger Taillefer — non aveva ancora vent’anni — volle vendicare l'assassinio del padre e chiamò in aiuto suo cugino, il re Alfonso d'Aragona. Con i suoi baroni e gli idalghi catalani, marciò contro Béziers. La città si arrese dopo una resistenza di due anni. Roger Taillefer perdonò gli assassini del padre. Un giorno un barone scontento, per fargli montare il sangue alla testa, esclamò: «Voi avete venduto il sangue di vostro padre, signore!». Il colpo andò a segno. Una notte, mentre i borghesi di Béziers erano sprofondati in un sonno tranquillo, truppe aragonesi s'impadronirono della città per ordine del giovane Trencavel e passarono tutti gli abitanti maschi a fil di spada, risparmiando solo le donne e gli ebrei. L’interesse di Rahn per il catarismo fu disinteressato almeno fino al momento in cui non fu costretto, per campare, a barattare le sue conoscenze su quel territorio con chi lo avrebbe occupato e poi saccheggiato. Rahn diventò una spia che lavorava per la Germania fin dal suo primo arrivo in Francia, o soltanto al suo rientro in Germania, costretto dai debiti, scoprendo che il suo sapere era merce di scambio per le leggi razziali tedesche? Ad un amico di Friburgo, qualche tempo prima della DOSSIER STORIA secolo quando, dietro pagamento di una somma notevole degli israeliti, fu abolita l’usanza di picchiare un gruppo di ebrei durante le celebrazioni della Pasqua nonostante le proteste del clero cattolico. Gli ebrei rappresentavano una parte importante dell’economia catara. Quando Béziers fu costretta a capitolare, nei giorni precedenti la tragedia (furono uccisi tutti i 20.000 abitanti della città), fu un ebreo di nome Simone, rappresentante della massima autorità civile, in assenza del visconte di Carcassonne, a trattare con i capi dell’esercito crociato. Il recupero della storia di questa presenza ebrea tra i Catari fu probabilmente la merce di scambio tra Rahn e l’Ufficio Razza. In effetti lo scrittore tedesco nel suo libro Crociata contro il Graal notava che: 91 92 Intelligence & Storia Top Secret sua scomparsa, Rahn confesserà: “Sono stato denunciato!”. Lo scrittore uscirà di scena nel marzo del 1939. Il 13 marzo di quell’anno, quasi allo scadere dell’anniversario della caduta di Montségur, Otto Rahn scomparve tra le nevi delle montagne tirolesi nella maniera degli eretici catari, che prossimi alla fine preferivano lasciarsi morire dopo aver ricevuto il consolamentum, una specie di estrema unzione. Mistero nel mistero, il padre annunciò all’Associazione degli Scrittori che la scomparsa di Rahn era avvenuta il 13 marzo 1939 durante una tempesta di neve sul Kaiser Wilder, una montagna alta circa 2000 m a poca distanza dalla città di Kitzbuhel. Karl Wolf, superiore di Rahn, darà alla stampa un’altra data: il 17 marzo, quattro giorni dopo la denuncia del padre! Le interpretazioni che si possono dare alla vita di questo misterioso personaggio, vissuto in un momento critico della storia europea, sono molteplici. Se le sue vicende terrene sono enigmatiche, meno sibillino è invece il suo testamento spirituale lasciato nei due libri. Rahn considerava il catarismo albigese un incrocio tra druidismo ed ellenismo, una specie di impasto tra illuminismo e nozioni vediche e islamiche ereditate da un Medioevo influenzato dall’Oriente. «Da molto — scriveva Rahn — ho preso la decisione di andare alla ricerca delle relazioni esistenti tra la poesia occitana e la mistica, nonché le ripercussioni che esse hanno svolto sulla spiritualità della Germania medievale». Ebbene, forse sta proprio in queste parole la soluzione sulla fine di Rahn. Praticamente suggeriva alla Germania nazista che l’origine delle tradizioni cavalleresche, mitizzate dai cantori tedeschi quali Wolfram Figura 6. La città di Carcassonne roccaforte dei Catari Documenti segreti L’archeologia nazista Dopo il trattato di Versailles, in Germania s’era affermata una corrente di studi archeologici capeggiata da studiosi come Kassinna Figura 7. Abitanti di Montségur raffigurati sul rogo in un manoscritto medievale DOSSIER STORIA Von Eschenbach o Wagner, era “inquinata” da una presenza semitica. Era un’affermazione decisamente forte per la Deutsche Ahnenerbe, l’organizzazione fondata da Himmler nel 1937 incaricata di studiare l’eredità della stirpe germanica. E che Rahn fosse in buona fede è ancora tutto da provare. Su di lui, infatti, pendono dubbi che mettono sotto una cattiva luce il vero scopo delle sue ricerche, evidenziando l’importanza che queste potevano avere per i folli programmi di sterminio razzista di Hitler e di Himmler, che da tempo finanziava strane ricerche archeologiche. 93 94 Intelligence & Storia Top Secret e Richthofen che diedero vita alla cosiddetta Siedlungsarchaeologie, cioè l’archeologia d’insediamento, un metodo che cercava di stabilire le correlazioni tra le “stirpi” e le loro aree di occupazione, sulla base dei materiali ritrovati nei corredi funebri. Lo studio dei popoli germanici nell’età delle emigrazioni, la preistoria e la protostoria, ebbero dunque un notevole impulso quando la Società Tedesca di Preistoria nel 1933 iniziò ad essere sovvenzionata dal partito nazionalsocialista. La Società cambiò nome diventando “Lega del Reich per la Protostoria tedesca” annoverando tra le fila dei suoi studiosi personaggi di risalto dell’archeologia dell’epoca, e producendo pericolose teorie razziste come nel caso della disputa sorta sull’origine razziale della Polonia e della Slesia. Himmler, curatore e presidente della Deutsche Ahnenerbe, dette un impulso esasperato alle ricerche archeologiche finalizzandole alla ricerca dell’eredità dei progenitori tedeschi. Himmler favorì in special modo un certo tipo di ricerche che con la storia vera e propria non avevano niente a che fare, sguinzagliando “commando” di studiosi nei paesi occupati militarmente dalla Germania alla ricerca delle “reliquie” legate al cristianesimo della prima ora. Pezzi archeologici, reliquie vere e cianfrusaglie iniziarono così ad affluire nei musei della Germania, compresa, vale la pena di ricordare, una copia della Lancia di Longino (quella che aveva colpito Gesù Cristo al costato) portata a Norimberga dalla Weltliche Schatz Kammer di Documenti segreti Ci lascia intuire che egli si sarebbe opposto alla guerra che la Germania stava preparando nel 1938. Al posto della guerra, egli credeva che la Germania e quindi l’Europa, si sarebbe trasformata in una comunità di “Puri” Catari. In altre parole, il lungo tempo passato sulla storia dei Catari e la loro ingiusta persecuzione da parte della chiesa e del trono di Francia, portarono alla sua conversione verso il destino cataro. Egli proponeva un “Nuovo Ordine” nel quale gli Stati d’Europa, e forse tutte le nazioni della terra, avrebbero adottato il credo cataro nell’interesse della pace nel mondo. Non si sa quando e perché nascono le leggende. Certo è che la mitizzazione del catarismo, grazie anche all’attività di Otto Rahn, oggi serve ancora a sostenere una corrente indipendentista occitana che vorrebbe separarsi dalla Francia proprio nel nome della grande nazione che bruciò nelle fiamme di quella sanguinosa crociata. DOSSIER STORIA Vienna, dov’era stata conservata fino ad allora e dove oggi si trova. Ciò non significa che tutta l’archeologia del periodo nazista è da rifiutare in blocco né che era soltanto finalizzata ad ossequiare idee razziali di partito. Ancora oggi restano fondamentali, nel campo degli studi preistorici, i lavori condotti negli anni Trenta da P. Paulsen o da quelli di J. Werner nel campo dell’archeologia longobarda. Tuttavia molti storici furono sfruttati in buona fede. Forse, ed è l’ennesima tesi, Rahn si uccise o fu ucciso quando capì che il fine ultimo, cui mirava Hitler, non c’entrava nulla con il mitico mondo della cavalleria cortese. La sua ricerca doveva quindi per forza culminare nel dramma. Otto Rahn era stato attratto morbosamente dalle fiamme dei roghi degli eretici arsi novecento anni prima, come se una misteriosa forza, sopravvissuta al tempo, fosse capace d’influenzare la mente degli uomini. I libri di Rahn ispirarono (e tuttora ispirano lettori affascinati dall’esoterismo o da nostalgie nazionalsocialiste) autori da Trevor Ravenscroft a Jean-Michel Angebert, e persino il best-seller Holy Blood, Holy Grail (di M.Baigent, R.Leight e H.Lincoln) cita Rahn come l’uomo che localizzò la Montagna del Sacro Graal, la Montsalvat della leggenda, nella fortezza di montagna dei Catari, Montségur nei Pirenei francesi. Il professor Joscelyn Godwin lo ritiene «largamente responsabile per la visione mitologica che univa i Catari e Montségur con il Sacro Graal ed il suo Castello», mentre Norma Lorre Goodrich nel suo libro The Holy Grail cita il primo lavoro di Rahn, Crociata contro il Graal, come un «libro delle meraviglie, un monumento a questo idealista autore tedesco, che morì misteriosamente durante una scalata tra le Alpi». Chi difende la sua opera sostiene, come scrisse il colonnello Howard Buechner, autore del libro Il Calice di Smeraldo, che Rahn: 95 96 Intelligence & Storia Top Secret OTTO SKORZENY INVIATO SPECIALE L’ufficiale che aveva liberato Mussolini dal Gran Sasso inviato sulle orme di Otto Rahn ià all’inizio della guerra la Germania era in difficoltà, causa il fallimento della strategia economica di Hitler e di Hjalmar Schacht. Le spese di guerra crescenti spinsero i gerarchi nazisti a cercare qualsiasi tesoro recuperabile da musei, gallerie d’arte e dai loro nascondigli tra le montagne, comprese quelle di Corbières nella Francia del Sud. Heinrich Himmler, Alfred Rosenberg e Martin Bormann cercarono d’impossessarsi del tesoro dei Catari prima dell’arrivo degli Alleati, affidando la delicata missione a un ufficiale detto lo “sfregiato” per via di una vecchia ferita al volto: Otto Skorzeny. Dotato di grande coraggio e iniziativa, è ricordato tuttora come l’uomo inviato da Hitler a liberare Mussolini dalla cima della montagna del Gran Sasso dov’era stato imprigionato. Assegnato a una Divisione delle ss di artiglieria pesante, Skorzeny fu mandato in Francia dove restò anche dopo l’armistizio, poi come ufficiale dei genieri accompagnò la 2a Divisione Panzer delle SS Das Reich nuovamente in Francia. Nella sua autobiografia, Skorzeny’s Special Mission [La missione speciale di Skorzeny], non rivela il vero scopo di questa missione pur descrivendo i piaceri di quel soggiorno. Hitler nel giugno del 1941 inviò Skorzeny in Polonia sul fronte russo. Himmler poi lo inviò nelle Corbières per l’ultima volta all’inizio del 1944 come agente e confidente per una missione altamente a rischio: gli Alleati, dopo aver invaso l’Italia, stavano per entrare in Francia. Trovare e recuperare il tesoro delle Corbières era una corsa contro il tempo. Il colonnello americano Howard Buechner sostenne nel libro Emerald Cup. Ark of Gold (La coppa di smeraldo. L’arca d’oro, 1991) che Skorzeny scoprì parte del tesoro appartenuto ai Visigoti, ai templari e ai Catari. Il tesoro fu fatto uscire dalla Francia passando per Tolosa anche se parte del carico fu abbandonato nel villaggio di Merkers in Turingia, 320 km a sudovest di Berlino. Quando le forze alleate entrarono a Merkers il 4 aprile del 1945, due soldati americani della polizia militare scoprirono dagli abitanti del luogo che una miniera di potassio nei pressi di Kaiseroda era stato trasformato dai tedeschi in fuga in un deposito di parte di questo tesoro. Skorzeny tornò svariate volte nella regione di Montségur nel 1944, così come la 2a Divisione Panzer delle SS che nel marzo del 1944 si macchierà dell’efferato eccidio di civili nel villaggio di Oradour, un inspiegabile sterminio, simile a quello avvenuto a Marzabotto in Italia, che qualcuno sostiene fu compiuto per punire gli abitanti che non avevano rivelato informazioni su dove si trovava il nascondiglio del tesoro cataro. G Documenti segreti Il regime militare salito al potere in Grecia nel 1967 fu il frutto di una combinazione tra cospirazioni segrete e politica internazionale. Esisteva una “Gladio” nell’esercito greco appoggiata dalla Nato? Giancarlo Bove L a posizione strategica della Grecia nel Mediterraneo gioca un ruolo importante per ragioni economiche e militari, sia per quanto concerne il controllo delle rotte marittime verso il Medio Oriente (grande produttore di petrolio), sia per la sua vicinanza a paesi dell’area balcanica un tempo sotto l’influenza sovietica, quali l’Albania, l’ex Jugoslavia e la Bulgaria. Questo assetto geopolitico giustificò la presenza militare statunitense in Grecia, rafforzata nel 1952 con l’ingresso del paese nella NATO. Una presenza contestata però dai partiti di sinistra, con la conseguenza che l’instabilità politica creatasi aprì la strada al regime dei colonnelli con il loro golpe del 21 aprile 1967. È possibile fornire spiegazioni razionali a questa svolta autoritaria, oltre che sulle trame effettuate dalle società segrete militari greche intessute dal Kentriki Yperesia Pliroforion (KYP), ossia i servizi segreti greci e della rete Stay Behind. Questa rete era conosciuta con il nome “Pelle di Montone Rosso” che dava vita al Piano Prometeo, creato per contrastare quello sovietico denominato Orizzontale Latina. Quest’ul- S ono rari i politici che come il cardinale di Richelieu conoscono i retroscena dei colpi di Stato. Quelli riusciti sembrano il risultato di tentativi fatti al momento giusto da personaggi dotati di un vero e proprio genio della cospirazione. Sarebbe utile però meditare su quanto scrisse Gustavo Hervé nel 1935: «In effetti, non è possibile rovesciare un regime in tempo di pace con un colpo di Stato, a meno che esso non lo permetta e che non abbia più alcuna forza che la sostanza nell’esercito, nelle amministrazioni o nelle masse popolari. Tranne questo caso, un regime che si lasci rovesciare è un regime che lo lascia fare a ragion veduta». Ciò significa che qualsiasi colpo di Stato apparentemente improvviso e spontaneo nasconde sempre una minuziosa preparazione, spesso assai lunga, e tale preparazione sarà tanto più machiavellica quanto la sua attuazione apparirà più improvvisata e rapida e tutto filerà liscio come per caso. Queste considerazioni, sempre attuali, dimostrano l’esistenza di poteri occulti che agiscono dietro le quinte di un evento importante, come quello che il 21 aprile 1967 inagurò il regime dei colonnelli in Grecia. DOSSIER STORIA LE SETTE SEGRETE DEI COLONNELLI 97 98 Intelligence & Storia Top Secret timo aveva per obiettivo la destabilizzazione dei Paesi del fianco sud della NATO, come l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Turchia e la Grecia, sfruttando i tentativi dei loro partiti di sinistra di salire al potere. Come affermò lo storico statunitense Bernard Cook, Prometeo era la versione greca del Piano Solo, predisposto in Italia dal Generale Giovanni De Lorenzo. Le analogie riflettevano l’esistenza di un’unica strategia tesa ad affermare il modello autoritario del regime militare nelle penisole mediterranee durante la guerra fredda. Mentre nella penisola ellenica si instaurava il regime dei colonnelli, in quella iberica si erano insediati il regime dell’Estado Novo del portoghese Antonio Salazar e dello spagnolo Francisco Franco. Nella penisola italica, invece, la svolta verso un regime autoritario fu frenata dalla precedente esperienza fascista che rafforzò il sentimento democratico rispetto ad altri paesi. I fatti del 21 aprile 1967, secondo due distinti punti di vista, avvennero in seguito alla situazione internazionale nell’area mediterranea e mediorientale prima del colpo di Stato, e della strategia del potere celata dietro al simbolo mitologico della fenice, diventato il sinonimo della propaganda militare del regime dei colonnelli. Un simbolo che appartiene alla tradizione mediterranea del mondo greco e dell’Egitto, patria, quest’ultima, delle più antiche società segrete militari alle quali furono iniziati Napoleone, Nasser, Sadat e lo stesso Giorgio Papadopulos, anima e fondatore dell’Unione dei Giovani Ufficiali Greci (EENA). Una società talmente segreta di cui si venne a sapere dell’esistenza solo a colpo di Stato concluso. Nell’area mediterranea e mediorientale La ripresa economica nel dopoguerra determinò l’aumento della produzione petrolifera nei paesi mediorientali. Questa produzione era gestita dalle società petrolifere occidentali che si riservavano il diritto esclusivo di trasporto del greggio. Tale diritto funzionava come deterrente per dissuadere i paesi Figura 1. Logo propaganda del regime dei colonnelli Documenti segreti DOSSIER STORIA P ochi conoscono la carriera di questo oscuro ufficiale d’artiglieria nato nel 1919 a Heliochorion, nel Peloponneso. Durante la guerra, mentre le truppe italiane e tedesche occupavano la Grecia, Giorgio Papadopulos (nella foto) — con altri cadetti — fu trasferito in Egitto, paese dal quale ritornò come sottotenente per prendere parte alle ultime operazioni sul fronte albanese, combattendo a fianco dei collaborazionisti nel Tagmata Astallas, nel LOK e nelle Bande X del generale cipriota George Grivas. Al termine della guerra fu inviato negli Stati Uniti per seguire corsi di guerra psicologica e tecniche cospirative. Al ritorno in Patria, Giorgio Papadopulos fondò l’Unione dei Giovani Ufficiali Greci (EENA). Quest’ultima era una società segreta che reclutava giovani e ambiziosi ufficiali di provata fede anticomunista. Oltre all’EENA, esisteva un’altra società, molto meno segreta, denominata Sacra Lega degli Ufficiali Greci (IDEA), all’interno della quale militavano parte degli ufficiali di area monarchica. L’IDEA, come del resto l’EENA, era contraria ad ogni forma di governo civile. Nel suo programma si affermava che l’unica componente sana dello Stato era l’esercito. I membri si impegnavano a estendere l’influenza dell’IDEA nell’esercito con il proselitismo e propagandarne i principi, poiché la gente doveva credere nell’esercito e solo nell’esercito. Principi, questi, comuni anche ad altre società segrete militari come l’ASPIDA, nata su iniziativa di alcuni militari di destra per distruggere politicamente Andreas Papandreu. I membri delle società segrete recitavano una formula di giuramento simile a quella della Santa Vehme tedesca che finiva così: «Giuro sul mio onore più sacro che manterrò e terrò nascosti i segreti della nostra alleanza, al sole e alla luna, all’uomo e alla donna, alla sposa e al figlio, al villaggio e ai campi, all’erba e alla bestia». La formula del giuramento, recitata durante la cerimonia d’iniziazione, testimonia l’importanza attribuita a certi rituali comuni a molte società segrete. Potrebbe apparire strano che un militare si occupi di riti, ma in realtà non è poi del tutto fuori luogo. 99 100 Intelligence & Storia Top Secret produttori di petrolio dal seguire l’esempio dell’Iran, il quale, nel 1951, aveva tentato di nazionalizzare la società petrolifera British Petroleum (BP). La sola ragione per la quale fallì questo tentativo fu perché gli iraniani non riuscirono a trasportare petrolio con navi proprie. I paesi produttori di greggio cominciavano a mostrare sintomi di insofferenza per questa situazione di dipendenza, nonostante i guadagni in valuta pregiata provenienti dalla vendita dell’oro nero soffocassero in parte il loro risentimento che attendeva l’occasione per manifestarsi. Questa occasione si presentò con l’armatore greco Aristotele Onassis, il quale nel 1954 propose all’Arabia Saudita di creare una propria flotta mercantile per trasportare il greggio. Aristotele Onassis stava offrendo ai sauditi la capacità di un trasporto indipendente che ovviamente dava fastidio alle grandi potenze occidentali, come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti i quali bloccarono l’iniziativa. Non solo, ma furono applicate severe sanzioni alla flotta di petroliere dell’armatore greco. Esse, infatti, erano trattenute nei porti di destinazione fino alla scadenza del termine consentito dal contratto di noleggio, provocando così gravi perdite economiche. La lezione servì a comprendere quanto fosse pericoloso violare il diritto esclusivo delle società petrolifere occidentali di organizzare il trasporto di greggio. Questo trasporto si svolgeva su rotte marittime che incrociavano il Canale di Suez, attraverso il quale transitavano i due terzi del petrolio destinato all’Europa. Il destino degli equilibri strategici a livello economico, politico e militare dell’area mediorientale e mediterranea dipendeva proprio dal Canale di Suez, diventato così l’arma di ricatto dei paesi arabi. Un’arma che il colonnello egiziano Nasser utilizzò nell’estate del 1956 quando decise di nazionalizzare la società franco-britannica che gestiva il Canale. La nazionalizzazione e la chiusura del Canale di Suez costrinsero le navi cisterna a seguire rotte più lunghe attorno al continente africano, con il conseguente aumento dei tempi e dei costi di trasporto. Pertanto, al fine di soddisfare la costante richiesta di greggio dei paesi occidentali, ma con tempi di trasporto lunghi, era necessario mobilitare più navi petroliere. Questa situazione rappresentò un vero colpo di fortuna per Aristotele Onassis, l’unico armatore ad avere la maggior parte della flotta libera. Le società petrolifere, le cui sanzioni avevano costretto l’armatore greco a tenere molte navi ferme, facevano a gara per assicurarsi un trasporto singolo a prezzi altissimi. Suez fu una fortuna per Aristotele Onassis che guadagnò circa settanta milioni di dollari durante i sei mesi di chiusura del Canale. Questo episodio fece comprendere alle potenze occidentali che Onassis e Nasser si erano alleati per giocare una partita pericolosa sul campo degli interessi economici. Una partita che rischiava di coinvolgere l’intero mondo arabo, poiché faceva leva sul crescente sentimento Documenti segreti 101 Piano Prometeo La svolta autoritaria fu decisa all’interno di una coalizione militare formata da due schieramenti. Da una parte, l’élite monarchica guidata dai generali Maniadakis e Arnautis, i quali vicini a re Costantino Figura 2. Un motivo dell’iconografia militare greca DOSSIER STORIA nazionalista. Questo sentimento considerava nemiche le potenze occidentali, come per esempio gli Stati Uniti, che rischiavano di perdere il controllo politico militare nell’area mediorientale anche a causa dell’avvicinamento di alcuni paesi arabi alla politica sovietica. Gli Stati Uniti reagirono a questa situazione con il Patto di Baghdad, che vedeva alleate nazioni come Turchia, Gran Bretagna, Iran e Iraq per contrastare soprattutto la sfera d’influenza sovietica in Medioriente e nel Mediterraneo. L’Egitto e la Grecia non aderirono a questa alleanza per ovvie ragioni. I due paesi erano consapevoli della loro importanza strategica. In particolare la Grecia costituiva la spina nel fianco degli interessi statunitensi nel Mediterraneo. E questo per due ragioni. La prima, a livello di politica internazionale, per il ruolo svolto dall’armatore greco nel mondo degli affari con i paesi arabi. La seconda, a livello di politica interna, per il fatto che il paese, nonostante fosse entrato nell’alleanza atlantica nel 1952, rischiava di essere governato dai partiti di sinistra. Inoltre, l’eventuale successo della sinistra alle elezioni del 28 maggio 1967 avrebbe finito per spostare e rafforzare l’equilibrio geostrategico a favore di Mosca indebolendo quindi l’influenza statunitense. Gli interessi in gioco erano notevoli, e se da una parte gli Stati Uniti non potevano fare affidamento all’Egitto, dall’altra rimaneva ancora la speranza di poter controllare il bacino mediterraneo consolidando la presenza in Grecia. Per fare questo, era necessario intervenire in maniera energica e decisiva, prima del 28 maggio 1967. L’intervento che favorì la svolta autoritaria fu come il fuoco di Prometeo che bruciò ogni speranza per la democrazia. Una democrazia dalle cui ceneri nacque l’immagine da ex voto diventata il simbolo del regime dei colonnelli: una fenice con le ali aperte sopra una fiamma che avvolgeva un soldato. 102 Intelligence & Storia Top Secret avevano programmato per il 13 maggio 1967 un colpo di Stato su modello turco, già sperimentato dai britannici in occasione del Golpe del generale Djemel Gursel nel 1960 in Turchia. Dall’altra, un gruppo di colonnelli, che appoggiati dagli statunitensi, e guidati da Giorgio Papadopulos, operò dietro le quinte anticipando con successo il 21 aprile 1967 il putsch militare. La chiave di successo dei colonnelli consisteva nella pianificazione delle operazioni militari articolate su due livelli di coordinamento strategico e tattico. Nel primo livello agivano i servizi segreti che, con la raccolta delle informazioni, individuavano e classificavano gli obiettivi da raggiungere durante le varie fasi di attuazione del colpo di Stato. Tali obiettivi comprendevano le reti telefoniche, televisive, le infrastrutture aeroportuali e le sedi dei vari ministeri del governo. Il controllo di questi centri nevralgici consentiva di isolare il paese per tutto il tempo necessario al completamento del golpe. Nel secondo livello, invece, operava un particolare reparto militare alle dipendenze dei servizi segreti denominato Lochos Orein Kakadromon (LOK), o più semplicemente Forza d’Incursione Ellenica 1. Il LOK, le cui origini risalgono alla seconda guerra mondiale, era un reparto militare specializzato nelle operazioni di controguerriglia e controinsurrezione. Al termine del conflitto, il reparto fu integrato nella rete Stay Behind dei paesi NATO come accadde per la Gladio Italiana, la Red Quantum spagnola, l’Aginter Press portoghese e l’Ozel Harp Dairesi (OHD) turco. Per l’addestramento del personale furono allestiti appositi centri nella Grecia meridionale, vicino al Monte Olimpo, con la collaborazione dello Special Air Service (SAS) britannico e della Delta Force statunitense. I colonnelli impiegarono i reparti del LOK nel contesto di una situazione di emergenza che giustificava, inoltre, l’attivazione del Piano Prometeo. Questo piano della NATO era studiato per fronteggiare emergenze nazionali provocate dalle insurrezioni dei movimenti politici di sinistra o dagli attacchi da parte dei paesi del Patto di Varsavia e dell’Unione Sovietica. Il 21 aprile 1967, gli alti gradi dello Stato Maggiore dell’Esercito si trovavano ad Atene presso il Consiglio Nazionale della Difesa. Quando gli ufficiali rimasti al comando delle unità ricevettero l’ordine di eseguire il Piano Prometeo, pensarono che la decisione fosse stata presa dal Capo di Stato Maggiore, e lo eseguirono senza protestare. In questo modo fu possibile coinvolgere tutti i reparti delle Forze Armate, che non avrebbero eseguito gli ordini se si fossero resi conto dell’inganno strategico nascosto dietro il falso allarme che aveva fatto scattare il Piano Prometeo. L’interruzione delle comunicazioni telefoniche e la conseguente impossibilità di ottenere precise informazioni Documenti segreti 103 DOSSIER STORIA Figura 3. La fenice nella simbologia dei colonnelli su cosa stesse accadendo contribuì a rendere caotica la situazione. Gli eventi che seguirono il golpe furono il risultato di decisioni pianificate da un gruppo della CIA che guidava i colonnelli. È bene precisare che quando parliamo di gruppo della CIA, non ci riferiamo alla dirigenza dell’agenzia di spionaggio statunitense, ma a una struttura occulta in contatto con certe società segrete militari e capace di sfuggire al controllo dei responsabili governativi, influendo al tempo stesso sulle loro decisioni. Infatti, fino alle prime ore del mattino del giorno successivo al golpe, la CIA e naturalmente l’ambasciata statunitense sembravano completamente estranee agli avvenimenti. L’ambasciata dichiarò di non conoscere i responsabili del colpo di Stato. Alla fine si decise a uscire allo scoperto per evitare il fallimento del golpe, nel caso in cui il re non avesse accettato il giuramento della giunta militare. Gli addetti militari accreditarono l’opinione che le Forze Armate 104 Intelligence & Storia Top Secret erano dalla parte della giunta militare, e poiché il golpe era riuscito, opporvisi significava dare spazio a disordini e ribellioni dei gruppi di sinistra. Il re quindi avrebbe fatto bene a riconoscere il nuovo governo, cosa questa che si verificò, consentendo così l’insediamento del regime dei colonnelli. Si trattava di un regime formato da un’élite di ufficiali, il cui potere e prestigio proveniva dalle società segrete militari alle quali avevano giurato fedeltà. Queste organizzazioni agivano come anello di collegamento tra il Kentriki Yperesia Pliroforion (KYP), ossia il servizio segreto greco, la struttura della CIA e la rete di comando dei golpisti coordinata dal colonnello Giorgio Papadopulos. Tra le innumerevoli organizzazioni, quelle militari si classificano ai primi posti nelle cerimonie rituali, come per esempio il giuramento di fedeltà alla Patria dei cadetti nelle accademie. Queste cerimonie sono importanti per plasmare gli allievi allo spirito di corpo che li rende idonei ad assolvere i compiti loro affidati. Meno noti, invece, sono i riti e le cerimonie d’iniziazione che si svolgevano all’interno delle società segrete militari, fin dai tempi dell’impero romano. Questi erano collegati al culto di Mithra, originario dell’antica Persia, diffuso da Roma ai limites delle provincie conquistate poco prima della nascita di Cristo, come religione non ufficiale delle legioni. Il culto di Mithra non è mai stato interamente esplorato, ma sicuramente si basava su un sistema iniziatico consolidato tra le legioni militari greco-romane. Anche la cittadina greca di Eleusi, a nord ovest di Atene, fu uno dei tanti centri iniziatici dell’antichità dedicato al culto di Mithra e di Demetra. Qui si svolgevano tra il 20 e il 21 aprile, la notte dei misteri, processioni e cerimonie per gli iniziati al culto dedicato alla dea Demetra. Stranamente nella notte del 21 Aprile 1967 si celebrò dietro le quinte del Piano Prometeo l’insediamento della giunta militare dei colonnelli. In sostanza quello che i mass media definirono “regime dei colonnelli”, in realtà aveva tutte le caratteristiche di un’organizzazione segreta che perseguiva una strategia finalizzata a garantire ai propri seguaci una posizione di comando, posizione raggiunta superando i vari gradi d’iniziazione del culto di Mithra 2. Tra questi il terzo grado, denominato Miles, era rappresentato da un militare avvolto tra le ali della fenice, simbolo del regime. Strategia del potere Il ruolo svolto dall’EENA nei preparativi del colpo di Stato è simile a quello di molte altre società segrete militari. Possiamo affermare che la storia è segnata da eventi significativi collegabili a tali società. Di tipo militare fu l’Eteria, fondata nel 1814 a Odessa, e che sotto la guida di Ypsilanti tentò un attacco ai turchi nel 1821 segnando così l’inizio Documenti segreti 105 Figura 4. Logo fenice su stemma metallico dei militari appartenenti all’EENA DOSSIER STORIA dell’indipendenza della penisola ellenica. Nel 1799, in Italia operava la Società dei Raggi, la quale raccoglieva democratici delusi dalla politica francese. Dalle sue ceneri si diffuse negli ambienti militari la Società degli Adelfi, che con quella dei Federati avrà un importante ruolo nei moti risorgimentali. Nella penisola balcanica, il colonnello serbo Dragutin Dimitrievic, soprannominato Apis, aveva fondato la Mano Nera, probabilmente coinvolta nell’attentato di Sarajevo. Di una certa importanza storica è la setta massonica dei Senussi, guidata dal gran maestro re Idris, il quale accolse nelle sue fila il leader libico Gheddafi quando era ancora allievo all’accademia militare britannica di Sandhurst. I Senussi costituivano allora lo strumento dei servizi segreti britannici per il controllo dell’area meridionale del mediterraneo. La stessa conquista della Libia da parte dell’Italia fu probabilmente il risultato di un’operazione decisa in Gran Bretagna per fermare l’influenza francese in Africa e in Medio Oriente. In Egitto operava la società segreta militare dei Liberi Ufficiali che divenne il modello di riferimento di tutti i movimenti filo repubblicani 106 Intelligence & Storia Top Secret all’interno del mondo arabo del secondo dopoguerra. Sempre in Egitto, altre società segrete di derivazione massonica modellate sulla Giovine Italia e sui Giovani Turchi, collaborarono attivamente con i fascismi europei. È noto che nell’estate del 1942, quando l’Africa Korps di Rommel giunse a cento chilometri da Alessandria, Nasser e altri ufficiali egiziani, affiliati a tali società segrete, aiutarono la Germania organizzando una rivolta contro i britannici al Cairo. I legami tra l’Egitto e la Germania, sul piano delle società segrete, sono dimostrati dai contatti presi nella capitale egiziana da Rudolf Hess e dal barone Von Sebottendorf con confraternite i cui insegnamenti servirono a quest’ultimo per fondare nel 1918 la Società Thule. Quest’ultima è probabilmente ancora attiva ai giorni nostri e i suoi legami con organizzazioni integraliste sono stati oggetto di indagine da parte del Magistrato Carlo Palermo 3. Non solo, ma nel dopoguerra, sempre in Egitto, si rafforzò insieme alla Germania una collaborazione con altre organizzazioni note come servizi segreti. Lo stesso Nasser, preso il potere nel 1952, fu assistito nell’organizzazione dei suoi servizi segreti dalla “rete Gehlen”. Quest’ultima, costituiva l’ossatura di una struttura di spionaggio anticomunista, nata nel dopoguerra per iniziativa di Allen Dulles, all’epoca capo della CIA. La rete Gehlen prendeva il nome da Reinhard Gehlen (nella foto), responsabile dei servizi segreti tedeschi sul fronte orientale. Reinhard Gehlen, molto vicino agli ambienti della Società Thule, era un ufficiale dell’esercito di origini prussiane, reclutato, al termine della guerra, dallo stesso Allen Dulles e mandato a Washington per studiare il futuro assetto dei servizi segreti statunitensi e dei paesi europei alleati. La sede della rete Gehlen, denominata ORG, era in Germania occidentale e da essa prendevano ordini i vari gruppi collegati in Spagna, Italia, Egitto e Grecia. In Italia, per esempio, la rete Gehlen anche se ufficialmente sciolta nel 1956, ebbe un ruolo fondamentale nell’organizzazione Gladio, un’organizzazione configurata nella duplice funzione di struttura operativa Documenti segreti 107 DOSSIER STORIA e occulta. Struttura operativa, quale supporto alle operazioni di guerra non convenzionale in chiave anticomunista. Struttura occulta, quale società segreta riconducibile a organizzazioni celate dietro l’origine del suo stesso nome. In proposito, un rarissimo testo pubblicato in Francia attorno al 1870 da Ely Star, i Misteri dell’Oroscopo, svela che nella società denominata Cercle de la Rose + Croix, al Maître du Glade, il Signore del Gladio, corrisponde il grado 51 di associazione. Quest’ultimo è un grado ancora più occulto del trentatreesimo, il gradino più alto della gerarchia massonica conosciuta. Grado 51, contiene inoltre un messaggio che secondo il codice rosacrociano viene letto come Grado LI. Questa considerazione acquista particolare importanza se si pensa alla rete segreta Gladio e alla circostanza che in via Gradoli, ai tempi del sequestro Moro, viveva il Gran Maestro di una società segreta in rapporto di fratellanza con altre organizzazioni iniziatiche 4. Tali indizi conducono all’esistenza di società segrete e di una strategia di potere occulto finalizzata al raggiungimento di obiettivi di varia natura non sempre all’interno della legalità. Nello stesso anno in cui in Grecia si instaurava il regime dei colonnelli, moriva in un incidente stradale, forse non proprio accidentale, lo psicologo e fisiologo Raoul Husson 5. Aveva condotto importanti rivelazioni in merito ai legami esistenti tra le società segrete e la strategia di potere occulto da essa perseguita. Tali legami si instaurano su tre differenti livelli. Nel primo livello esistono società segrete inferiori, abbastanza accessibili, attraverso le quali si reclutano tutti coloro che possono essere utili. Nel secondo, invece, sono collocate le società segrete di ruolo o intermedie, in cui i criteri per il reclutamento e la selezione sono molto più restrittivi. I membri, all’interno di queste organizzazioni, svolgono, nel pieno rispetto di una strategia di potere occulto di ordine politico e finanziario, incarichi di responsabilità anche nei governi. Altri membri, invece, oggetto di una strategia di potere occulto iniziatico 6, si dedicano esclusivamente ad attività di natura simbolica, rituale, magica e spirituale. Infine, nel terzo livello si troverebbero le società segrete superiori, che rimangono sempre rigorosamente nascoste. Sono queste che dietro le quinte, muoverebbero realmente i fili invisibili di tutti gli eventi importanti. Nel regime dei colonnelli, le società segrete inferiori operavano all’interno dei circoli sportivi e culturali delle Forze Armate, mentre l’EENA, l’IDEA e l’ASPIDE rappresentavano quelle di ruolo o intermedie in contatto con i servizi segreti greci. La struttura occulta della CIA, vero deus ex machina di tutte le operazioni coperte, si identificava invece con le società segrete superiori. Il potere esercitato dalle società segrete militari greche si manifestava dietro scelte che, per quanto apparentemente banali, evidenziavano l’importanza attribuita agli eventi e ai 108 Intelligence & Storia Top Secret simboli. Per esempio, la data del 21 aprile 1967, decisa dall’EENA per il golpe, coincideva con l’anniversario della fondazione di Roma Imperiale, che cadeva il 21 aprile 753 a.C. Un riferimento esplicito all’epoca dell’imperialismo e dei suoi simboli pagani, che troviamo nelle teorie del barone Julius Evola. Del resto lo stesso simbolo della fenice si collega a queste teorie. Dalle sue ceneri rinasce l’Impero, o più esattamente un regime che oltre a garantire l’ordine avrebbe dovuto assicurare al paese un certo benessere economico. Non solo, ma il fuoco che brucia la fenice simbolicamente rappresenta il dono che Prometeo fece agli uomini. Un dono che avrebbe permesso loro di rendersi autonomi dalla dipendenza economica insieme a quella religiosa, che è strettamente correlata. Ricordiamo che Prometeo era anche il nome del piano utilizzato dai militari per coprire il golpe. Un piano, quindi, che doveva rappresentare una rinascita, forse non solo in Grecia, ma anche in Italia, se consideriamo il fatto che in questo paese mediterraneo operavano società segrete, come per esempio la P2, che sosteneva appunto la necessità di un piano di rinascita. La P2 non era l’unica società segreta attiva, in Francia operava la P1, mentre in Spagna la P3. Il significato tradizionale attribuito alla sigla P è “propaganda”, ma può significare anche “piano” o più in generale “patto”. Probabilmente quest’ultimo è il termine appropriato per l’interpretazione della sigla stessa, se teniamo presente che in Europa cominciavano ad affermarsi poteri legati a organizzazioni e movimenti collegati con la sinarchia. Sinarchia e morti misteriose Il termine sinarchia si riferisce a una sorta di governo centrale che, secondo quanto contenuto in un documento noto come “patto sinarchico”, sarebbe formato da persone reclutate negli alti gradi professionali civili e militari. Alcune di queste persone avrebbero fondato, nel 1922, un movimento orientato verso una politica di estrema destra denominato Sinarchia dell’Impero. In merito a tale movimento, Emmanuel Beau de Lomènie osservava: «Il primo Stato Maggiore del movimento sinarchico dell’impero sarebbe stato formato da personalità di varie nazionalità ed avrebbe un’azione dominante nelle rivoluzioni a carattere antidemocratico che si susseguirono in Europa: il fascismo in Italia, il nazionalsocialismo in Germania, il movimento del generale Primo de Rivera in Spagna». Nel regime dei colonnelli, a livello politico militare si trovava la giunta militare guidata dal colonnello Giorgio Papadopulos, mentre a livello economico si collocava la classe imprenditoriale degli armatori. Entrambi i livelli dovevano impegnarsi nella rinascita economica del Paese. Le aspettative del regime furono però deluse. Infatti, a differenza Documenti segreti 109 Figura 5. Aristotele Onassis in una festa del jet-set internazionale DOSSIER STORIA di Francisco Franco in Spagna, Giorgio Papadopulos non ebbe successo nell’ottenere investimenti stranieri che potevano portare a una gestione dello Stato più stabile ed efficiente. Questa gestione poteva essere migliorata rispettando uno dei punti fondamentali delle società segrete militari, che prevedeva la reciproca collaborazione tra militari e imprenditori. Non dimentichiamo che l’IDEA come l’EENA sosteneva che l’unica componente sana dello Stato era rappresentata dalle Forze Armate e pertanto bisognava collocare i militari nei posti chiave dell’economia. Per esempio il vicepresidente del governo e responsabile dell’economia era il colonnello Makarezos il quale facilitò i piani di costruzione delle raffinerie di petrolio nel paese. Tale decisione coinvolgeva indirettamente la classe imprenditoriale greca rappresentata dagli armatori come Aristotele Onassis. Era una potenziale fonte di investimento e sposando Jacqueline Bouvier, vedova del Presidente John F. Kennedy, rappresentava un ottimo affare per quanto riguardava le pubbliche relazioni. Il regime dei colonnelli aveva così affidato il destino del governo e del proprio paese a un uomo sotto molti aspetti particolare e misterioso. Un uomo ricco, spregiudicato e poliedrico nei molteplici interessi imprenditoriali. Inventore delle superpetroliere, delle bandiere ombra e monopolizzatore del trasporto petrolifero al punto tale che il governo statunitense dovette intervenire per bloccarlo. Una vita segnata da amicizie importanti, matrimoni che testimo- 110 Intelligence & Storia Top Secret niavano l’esistenza di ragioni dettate più da interessi economici che sentimentali. Ma l’aspetto inquietante consisteva nelle sue alleanze pericolose con ambienti vicini a un’altra società segreta, quale la mafia, probabilmente implicata nell’attentato al Presidente John F. Kennedy. Alleanze pericolose che segnarono i destini di persone come Alessandro Onassis e John Kennedy junior, rispettivamente figlio dell’armatore greco e di Jacqueline Bouvier. Questi ultimi morirono, a distanza di tempo, in circostanze misteriose. Alessandro Onassis perse la vita in un incidente aereo il 22 gennaio 1973. Il giorno seguente avrebbe dovuto partecipare a un matrimonio. Nel 1999, ventisei anni dopo, John Kennedy junior, moriva in un incidente aereo. Per ironia della sorte, anche John il giorno seguente avrebbe dovuto assistere a un matrimonio. È evidente che dietro date e coincidenze fin troppo evidenti si nascondevano vendette maturate all’ombra di quel lato occulto del potere che non dimentica certi errori. Forse l’errore commesso da Aristotele Onassis nell’unirsi in matrimonio con Jacqueline Bouvier. Ma la lista delle morti misteriose coinvolse altre persone legate indirettamente o direttamente al regime dei colonnelli. È il caso dello psicologo Raoul Husson, che fece delle ricerche molto interessanti sulle società segrete. Deceduto a causa di un incidente stradale nel 1967, anno che segna l’avventura dei colonnelli in Grecia. Direttamente, personalità di spicco del mondo accademico come l’archeologo Spyridon Marinatos 7, amico del colonnello Giorgio Papadopulos, e morto in circostanze misteriose nell’estate del 1974, anno che chiudeva il regime dei colonnelli. Note 1. D. GANSER, Gli Eserciti Segreti della NATO, Fazi Editore 2. I gradi d’iniziazione del mitraismo erano sette. Rispettivamente in ordine cronologico: Corvo, Nymphus, Miles, Leo, Perses, Heliodromo e Pater. 3. C. PALERMO, Il Quarto Livello, Editori Riuniti 4. G. GALLI, La Magia e il Potere, Lindau Editore 5. Nel 1945, a cura delle Editions Medicis, usciva a Parigi un libro firmato da Geoffroy de Charnay, nome di uno dei grandi templari francesi finito sul rogo insieme al Gran Maestro Jacques de Molay nel 1314. Sotto questo pseudonimo si celava lo psicologo e fisiologo Raoul Husson (1901–1967). In questo libro egli rivela che le società segrete che hanno un compito determinante nella storia mondiale costituiscono una piramide a tre piani. 6. M. BLONDET, Gli Adelphi della Dissoluzione, Edizioni Ares 7. M. LA FERLA, L’Uomo di Atlantide, Stampa Alternativa Documenti segreti 111 Guerra di spie alla corte dello zar Nicola II. Fu un agente segreto britannico a dare il colpo di grazia a Gregorij Rasputin, il consigliere della zarina ucciso in una congiura di nobili Patrick Nicholson G regorij Rasputin, il monaco ortodosso diventato confidente della zarina Alexandra e dello zar Nicola II di Russia, fu ucciso da Oswald Rayner, un agente segreto britannico. È quanto sostiene oggi Richard Cullen, ex funzionario di Scotland Yard, che ha potuto ricostruire insieme allo scrittore Andrew Cook gli ultimi istanti della vita di questo misterioso personaggio, assassinato nel 1916 da una congiura di corte. Tra gli aristocratici russi che eliminarono Rasputin c’era un membro dei servizi segreti britannici, operativo alla corte di Pietrogrado (l’attuale Pietroburgo), dove si trovava l’eccentrico consigliere spirituale che aveva plagiato la zarina facendole credere che avrebbe potuto curare dall’emofilia il figlio Alessio. Sembra che Rasputin fosse riuscito a coinvolgere Alexandra, le sue figlie più grandi Figura 1. Cortigiane dello zar Nicola II insieme a Rasputin DOSSIER STORIA CHI UCCISE “FORZA SCURA”? 112 Intelligence & Storia Top Secret ed alcune dame di corte, in orge sessuali di una specie di rito pagano. Nonostante queste voci circolassero sempre più insistentemente, lo zar Nicola sembrò tollerare la presenza dell’ospite chiaccherato, ignorando le proteste dei suoi consiglieri e degli ufficiali. Avvertendo questa ostilità nei suoi confronti, Rasputin cercò di “mitridatizzarsi”, ingerendo metodicamente piccole dosi di veleno per diventare immune ad un possibile tentativo di avvelenamento da parte della fazione di corte che lo avversava. Rasputin era odiato da alcuni cortigiani, tra questi il principe Felix Yusupov, esasperati al punto di decidere di eliminare quel mugico dai modi villani. Secondo la tesi di Cullen gli assassini furono appoggiati dai servizi dell’intelligence britannica, preoccupata a sua volta dai tentativi di Rasputin (simpatizzante della Germania) che cercava di convincere Nicola II a trattare la pace con il Kaiser. Se nel 1916 lo zar avesse siglato quell’accordo, 350.000 uomini delle truppe tedesche sarebbero state smobilitate dal fronte russo e utilizzate contro gli Alleati sul fronte occidentale. Da alcuni documenti scoperti di recente, emerge dunque che l’agente operativo Oswald Rayner era presente quando Rasputin, nella notte tra il 16 e il 17 dicembre del 1916, fu ucciso nel palazzo del principe Felix Yusupov. Durante un banchetto offerto al monaco, gli furono servite pietanze imbottite di cianuro, ma il veleno non fece effetto. Il principe prese allora una pistola dallo studio, dove altri cospiratori aspettavano, e sparò al petto di Rasputin. Sembrava tutto finito, ma quando un’ora più tardi i congiurati tornarono sulla scena del delitto, scoprirono con raccapriccio che Rasputin era ancora vivo. Il monaco, stando al racconto fatto da Yusupov, addirittura era in piedi furioso come un leone ferito a morte. Cercò di aggredire il principe prima di fuggire nel cortile dove gli furono sparati altri colpi di pistola da un altro congiurato, Vladimir Purishkevich. A questo punto il monaco cadde riverso. Nelle sue memorie il principe Yusupov non accennò mai alla presenza di Rayner. Anzi, scrisse che il giorno dopo quell’avvenimento, cenò con l’agente britannico, al quale raccontò dei fatti avvenuti la sera precedente. La nuova versione di questa storia contraddice quest’ultimo racconto. Una fotografia scattata al cadavere di Rasputin dopo la sua morte, mostra il foro di una terza pallottola proprio in mezzo alla fronte. Il posizionamento preciso di questo colpo mortale fa pensare all’opera di un killer professionista. Purishkevich aveva sparato da lontano alla schiena di Rasputin. I fori delle tre pallottole erano di calibro diversi, esplosi quindi da pistole diverse. Cullen conclude che c’era un terzo uomo con gli assassini: Rayner, introdottosi nel palazzo prima dell’arrivo di Rasputin. Alcune fotografie scattate nel cortile dove si era svolta la fase finale di quell’omicidio, mostrano una lunga striscia di sangue che attraversa lo spiazzo, finendo Documenti segreti 113 DOSSIER STORIA Figura 2. Il monaco Gregorij Rasputin, odiato ed amato a corte 114 Intelligence & Storia Top Secret in una pozza di sangue vicino ad un cancello dove una macchina stava aspettando. Cullen immagina che dopo essere stato colpito da Yusupov e da Purishkevich, Rasputin fu trascinato attraverso il cortile, ma prima di giungere alla macchina il monaco avrebbe dato ancora segni di vita. Rayner allora gli avrebbe sparato una pallottola in mezzo alla fronte. Il coinvolgimento dell’agente britannico fu tenuto segreto per motivi di politica internazionale dai suoi superiori e dai cospiratori russi, ansiosi di attribuirsi tutto il merito dell’azione. Ma in un promemoria spedito ai capi di Rayner a San Pietroburgo, John Scale e Stephen Alley, rientrati a Londra prima di quella notte si leggeva: Anche se la questione non l’abbiamo completamente progettata noi, il nostro obiettivo è stato raggiunto. La reazione alla morte di “Forza Scura” [nome in codice di Rasputin] è stata accolta bene da tutti, anche se qualcuno sospetta un coinvolgimento più largo. Rayner sta cercando di dissipare questi dubbi. Riassumerà la situazione al suo ritorno. Se Rayner operò davvero con gli assassini e fosse stato lui a dare il colpo di grazia non lo confessò mai, fedele alla consegna del silenzio. Bruciò tutte le sue carte su quella vicenda portandosi il segreto nella tomba. Lasciò la Russia alla fine della guerra e nel 1920 diventò un collaboratore del “Daily Telegraph” inviando corrispondenze dalla Finlandia. Si ritirò, infine, in Inghilterra nel villaggio di Botley, nell’Oxfordshire dove morì nel 1961. Il principe Yusupov morì quattro anni più tardi. Non cambiò mai la sua versione dei fatti. Andrew Cook è riuscito a recuperare questa versione della morte di Rasputin indagando sulla vita di un altro asso delle spie britanniche, Sidney Reilly, anch’egli operativo in Russia dopo lo smantellamento del gruppo di Rayner. Intervistando la figlia del capitano John Scale, l’ufficiale che aveva arruolato Reilly nel 1918, Cook scoprì che la donna possedeva una specie di caverna di Aladino contenente documenti sulle varie operazioni di intelligence, agende, rapporti e promemoria che John Scale aveva compilato di proprio pugno. Da quelle carte risultava che Scale ed i suoi ritenevano Rasputin responsabile della sistematica sostituzione, durante l'estate e l’autunno del 1916, di alcuni ministri russi filo-britannici con altri filo-tedeschi. Scale era stato inviato in Russia da “C”, il Capo del SIS, nell’agosto del 1916, prendendo alloggio nell’Albergo Astoria a Pietroburgo con altri operativi dell’Intelligence britannica. La zarina in quello stesso periodo, consigliata da Rasputin, aveva esortato il marito a sostituire il ministro per l’Interno con un personaggio favorevole alla politica filogermanica, definendo il monaco «nostro Documenti segreti 115 DOSSIER STORIA Figura 3. Oswald Rayner l’agente segreto britannico del SIS 116 Intelligence & Storia Top Secret amico e guida, il cui amore per lo Zar e la Russia è così intenso che Dio l’ha spedito tra noi per essere nostro consigliere». Il ministro britannico per la Guerra, Lloyd George, ricevuto il rapporto da Scale su questo avvenimento, inviò a sua volta al Primo ministro del Regno Asquith un promemoria confidenziale allarmandolo circa le nefaste influenze germanofile del monaco, chiedendo cosa fare. Rasputin era a capo di una organizzazione di spie tedesche le cui trame, forse, avevano fatto la vittima più illustre della guerra in corso: il feldmaresciallo Horatio Herbert Kitchener. Qualche mese prima dell’assassinio di Rasputin, Kitchener, ministro della Guerra in carica, si era imbarcato per la Russia sull’incrociatore inglese Hampshire, chiamato dallo zar che conoscendo le doti organizzative di questo singolare soldato, lo voleva a capo della ristrutturazione del suo esercito. Il curriculum del feldmaresciallo era tra i più prestigiosi del tempo. Kitchener nel 1892 era stato al comando supremo dell’esercito egiziano, inviato in Sudan per vendicare la morte del generale Gordon, ucciso a Kartoum nel 1885 dalle truppe del Mahdi diventando governatore di quella provincia egiziana nel 1899. Aveva guidato e vinto la guerra contro i boeri in Sudafrica (1899– 1902), dopo le disastrose sconfitte subite dalle truppe di lord Roberts. Era stato a capo anche della riorganizzazione degli esercito australiano e neozelandese. Diventato ministro della Guerra nel 1914, due anni dopo era già riuscito con la coscrizione obbligatoria a creare 33 nuove divisioni (le Kitchener’s Divisions) da inviare sul fronte francese. Il suo arrivo in Russia costituiva dunque un pericolo per chi, come Rasputin, perseguiva una politica di avvicinamento della Russia alla Germania. È possibile quindi, che la morte di Kitchener fosse stato un colpo messo a segno dalle spie di Rasputin infiltrate a corte. La nave di Kitchener, giunta nei pressi delle isole Orcadi il 5 giugno del 1916, affondò colpendo una mina lasciata dall’UBoot tedesco U75 poco tempo prima del passaggio dell’incrociatore. Soltanto nel 1985 sono state desecretati i documenti concernenti l’inchiesta svolta per chiarire le circostanze che privarono la RusFigura 4. Herbert H. Kitchener sia di un prezioso alleato come l’Inghilterra. DOSSIER MEDIA a cura di Chiarastella Cirielli Cinema 119 Un film che preconizza l’escalation del terrorismo islamico nel cuore della “Grande Mela” prima dell’attacco al World Trade Center L’ agente speciale dell’FBI Anthony Hubbard (l’attore Denzel Washington) deve affrontare l’escalation di terrorismo che investe New York. Un autobus esplode a Brooklyn e altre esplosioni seminano terrore, morti e dubbi. L’America si chiede, infatti, se l’azione investigativa dell’FBI è sufficiente a scovare la cellula di terroristi che sta facendo divampare il terrore in città. Il film si sviluppa da questo momento sul conflitto di competenze tra l’Agenzia federale, la CIA e l’Esercito, rappresentati dall’agente della CIA Elise Kraft (Annette Bening) infiltrata nella comunità araba e in stretto contatto con i terroristi e il generale William Deveraux (Bruce Willis) dai metodi FILM-VHS-DVD ATTACCO AL POTERE 120 Intelligence & Storia Top Secret molto duri e discutibili. Elise Kraft che è in realtà Sharon Bridger è convinta che avere rapporti con Samir, un arabo sul quale Hubbard ha dei sospetti, può servire a scoprire la cellula terroristica. Dopo un altro attentato al palazzo federale, il Presidente degli Stati Uniti, pressato dall’opinione pubblica, dichiara lo stato d’emergenza nazionale e autorizza l’intervento dell’esercito. Deveraux istituirà la legge marziale con relativo coprifuoco e stadi di calcio riempiti di arabi, anche cittadini statunitensi, sospettati di terrorismo. Le torture sui prigionieri effettuati dall’esercito, in nome della sicurezza della nazione, accendono i contrasti tra Deveraux, Sharon e Hubbard, disaccordi sul piano operativo e sui principi etici. Le divergenze diventano insanabili specie quando il generale fa arrestare alcuni sospetti di origine araba, tra cui il figlio di Frank Haddad, un collega di Hubbard. Inutile raccontare la fine del film che vedrà prevalere le ragioni di Hubbard, protettore della libertà individuale e delle garanzie costituzionali del Paese. Una sviolinata, sembra, all’FBI come garante delle libertà del cittadino. L’esercito si allontanerà, i terroristi saranno catturati in un finale a sorpresa dove si scoprirà che anche un informatore sicuro… può non essere sicuro. In questo thriller fantapolitico, realizzato nel 1998, CIA e Pentagono ne escono fuori un po’ malconci in un momento in cui la tragedia dell’11 settembre e gli orrori della prigione di Abu Graib erano ancora di là da venire. Probabilmente nell’ambiente intellettuale di Hollywood si volevano denunciare i pregiudizi razziali che si stavano manifestando sempre più apertamente proprio negli Stati Uniti, soprattutto contro l’esasperato fanatismo ideologico e religioso. Il film avrebbe quindi anticipato profeticamente quanto di lì a tre anni di distanza avrebbe precipitato il mondo nell’attuale allerta permanente. All’epoca la critica lo giudicò un buon film ma non capì che sotto le figure da manuale proposte dagli interpreti principali si nascondeva già un altro conflitto: quello di competenze tra le tre agenzie d’intelligence degli USA, l’FBI, la CIA e l’Esercito, appunto, contrasti reali tra le cui maglie sarebbe passato l’attentato alle Torri di New York. Ben diretto da Edward Zwick, già autore di Glory sempre con Denzel Washington, il film prodotto dalla Twentieth Century Fox ha i suoi momenti profetici con le immagini di una New York sotto assedio e in particolar modo di grande effetto risulta essere l’ingresso nel quartiere di Brooklyn delle truppe e dei veicoli militari. Per girare questa scena il famoso ponte è stato chiuso addirittura per una mattina intera paralizzando ancora di più il già frenetico traffico della metropoli. Per i cultori delle metodologie investigative, il film è infine un ottimo esempio dei sistemi usati dagli investigatori dell’FBI quando devono individuare le cellule terroristiche persino tra gli informatori, nonché delle operazioni condotte in concomitanza con le forze speciali in ambiente urbano. Novità editoriali 121 La quarta guerra mondiale Islam contro Cristianesimo Edizioni Piemme Casale Monferrato (Al) 2004 pagg. 154 Euro 11,50 Un fantasma dai mille volti si aggira per l’Europa. Un fantasma che non ha paura di sacrificare la propria vita, sicuro di morire e rinascere. Ha il viso arabo, iraniano, indiano, caucasico, africano, ma talvolta anche europeo. Ha la barba solenne di un vecchio saudita, che pronuncia sentenze di morte e invoca il Dio Misericordioso. Ha il volto sicuro di una ragazzina palestinese incorniciato dal chador. Ha gli occhi brucianti di una donna cecena pronta a farsi saltare con l’esplosivo in un teatro o in un edificio pubblico. II fantasma ha scatenato una guer ra mondiale. Una guerra dichiarata mille e quattrocento anni fa nel deserto dell’Arabia, e che oggi investe l’intero pianeta: dai grattacieli di New York alle savane del Sudan, dalle città europee alle isole della Malesia. Si chiama Jihad, e per il musulmano vuol dire dovere, sforzo collettivo. I nemici sono “tutti gli altri”, compresi quegli stessi musulmani tolleranti, che interpretano il Jihad non come lotta armata, ma come lotta spirituale per la purificazione di sé. La cronaca degli ultimi vent’anni narrata in queste pagine dimostra che non solo l’ateismo e l'opulenza dell’Occidente sono di grave scandalo per l’Islam, ma anzitutto la concezione della persona umana — dei suoi diritti e della sua libertà — proclamata dal cristianesimo e duemila anni di storia. GIANCARLO GIOJELLI, giornalista professionista, ha lavorato per “II Giornale” e “Avvenire”. Come inviato speciale ha collaborato ai programmi di Raiuno e agli speciali de Tg1, di Tvsette e del Tg2 dossier. Si è occupato delle guerre in Africa (Zambia, Uganda, Sudan), in Croazia, Bosnia, Kosovo, Irlanda del Nord, Libano e Israele. Ha firmato numerosi reportage sull’Est europeo, sul Medio Oriente e sul Sud Est asiatico (Birmania e Triangolo d’oro) e ha fatto parte della redazione dei programmi di Enzo Biagi (Il Fatto). È stato resposabile della redazione giornalistica della Rai di Milano e in seguito vicedirettore responsabile della redazione milanese del Tg5. Dopo una breve esperienza come vicediredirettore a La7, è tornato in Rai, dove attualmente IN LIBRERIA GIANCARLO GIOJELLI 122 Intelligence & Storia Top Secret è caporedattore di Raidue e autore con Antonio Socci del programma Excalibur. Collabora inoltre, da circa un decennio, con il mensile «Tracce». MICHAEL HERMAN Intelligence Power in Peace and War Cambridge University Press uk pagg. 414 Euro 39,00 Review ‘Michael Herman has produced a very thought provoking and important book for understanding how an intelligence community works, when it fails and how it might work better... It is set to be a standard for those who wish to understand the value of intelligence in the functioning of the modern state.’ Dr Paul Latawski, RUSI ‘Written by a professional who is also an academic, this book lays the foundations for a theory of ‘intelligence power’ — the generic capability that is a ‘multiplier’ the key to successful planning and action, and an instrument of policy in its own right. Herman dissects and analyses the autonomy of intelligence organisations and develops principles for ensuring the quality of the product and the efficiency of the processes. The book ranges from theory to practice and its comprehensive scope will appeal to layman and professional alike.’ Professor Michael MccGwire, OBE ‘Intelligence Power in Peace and War is based on an attractive combination of personal experience, wide reading and scholarly reflection. It is clearly and persuasively written.’ Professor Christopher Andrew, University of Cambridge, author of For the President’s Eyes Only: Security, Intelligence and the American Presidency from Washington to Bush Christopher Andrew regularly appears on Radio 4. Book Description Intelligence services form an important but controversial part of the modern state. Drawing mainly on British and American examples, this book provides an analytic framework for understanding the “intelligence community” and assessing its value. Michael Herman, a former senior British Intelligence officer, describes the various components of intelligence; discusses what intelligence is for; considers issues of ac- Novità editoriali 123 ROMEO FRIGIOLA Esoterismo e politica occulta Dai Templari alle Brigate Rosse Antonio Dellisanti Editore Massafra (Ta) 2005 pagg. 264 Euro 15,00 Se è vero che la nascita del potere invisibile si perde nella notte dei tempi, con i silenzi e le maschere del principe, gli intrighi di corte, le menzogne, i segreti, gli assassinii di palazzo, ecc., è altrettanto giusto affermare che l'esercizio occulto del dominio in democrazia è incompatibile con la sovranità popolare e l’autogoverno, perché trasforma i cittadini in sudditi. Si continua, pertanto, ad assistere stupiti al verificarsi di paradossi einsteiniani nel campo della gestione della cosa pubblica: mentre i cittadini richiedono visibilità, lo smantellamento di apparati militari ormai inutili, anacronistici, l’apertura di archivi segreti, la verità sui misteri irrisolti, il linguaggio della politica, in modo particolare in Italia, assume inequivocabilmente qualità esoteriche. Termini come trame nere, trame oscure, poteri occulti costellano ancora l’universo lessicale della democrazia parlamentare della Seconda Repubblica italiana, ed i colpevoli delle numerose stragi nere rimangono per sempre impuniti, mentre quasi tutti gli ex terroristi rossi possono circolare liberamente nel nostro Paese e all’estero. Vi è inoltre da registrare la comparsa, sullo scenario politico italiano, di stelle di prima grandezza che, autoinvestendosi di poteri taumaturgici, promettono miracoli a folle esasperate. La nuova morfologia del potere, pertanto, tende sempre più a strutturarsi anacronisticamente intorno a schemi, atteggiamenti e gergo della peggiore tradizione magico-religiosa. L'approccio del presente lavoro al problema, però, non vuole essere meramente psicoanalitico e psichiatrico: non si può leggere la storia in chiave esclusivamente psicopatologica! Sarebbe, d’altronde, troppo comodo per i carnefici di tutte le epoche essere assolti perché incapaci d'intendere e di volere. E sarebbe altrettanto scorretto sorvolare omertosamente su quanti, in un modo o IN LIBRERIA curacy, evaluation and efficiency; and makes recommendations for the future of intelligence in the post–Cold War world. 124 Intelligence & Storia Top Secret nell’altro, li hanno legittimati. A tale riguardo riportiamo un esempio: c’è una vignetta, disegnata da due scrittori satirici italiani, Pericoli e Pirella, divisa in tre parti: nella prima si vede Hitler che arringa la folla entusiasta; nella seconda ancora il dittatore concionante e una scritta: “Facciamo la psicanalisi di Hitler”; nella terza ancora la folla plaudente, entusiasta, ed un’altra didascalia: «Adesso facciamo la psicanalisi di tutti gli altri». Non si può eludere il problema della psicologia delle folle, per dirla con Gustave Le Bon, né il fatto che ci siano state anche delle valide motivazione storiche, sociali, politiche ad indurre alcuni individui ad unirsi segretamente. ROMEO FRIGIOLA (Laterza TA, 1963), docente di Lettere e Filosofia presso gli istituti superiori, antropologo, conferenziere e scrittore, ha pubblicato: Gli ultimi maghi (1991), L'invisibile visibile (1993), L’esperienza del dolore (1999), Sogni, visioni, premonizioni (2002). CHRISTOPHER HALE La crociata di Himmler La spedizione nazista in Tibet nel 1938 Garzanti Libri Milano 2006 pagg. 529 Euro 29,00 Nel 1938, alla vigilia della seconda guerra mondiale, il capo delle ss Heinrich Himmler decise di inviare una spedizione sull’Himalaya, per una missione scientifica tanto misteriosa quanto ambiziosa: sul tetto del mondo gli scienziati tedeschi avrebbero dovuto trovare la testimonianza delle origini della razza ariana, che secondo l’ideologia nazista avrebbe dominato il pianeta. A guidare la spedizione erano due personalità assai complesse. Il naturalista Ernst Schäfer, uno scienziato serio e competente, pensava che l'amicizia con il gerarca nazista avrebbe potuto accelerare la sua carriera. Bruno Beger era invece un antropologo: le sue teorie razziste avrebbero trovato la loro logica conclusione nell’orrore di Auschwitz. Fin dall’inizio la spedizione tedesca dovette affrontare l’ostilità degli inglesi, che controllavano il subcontinente indiano. Anche con i tibetani i rapporti non furono facili: sia per le primitive condizioni di vita a Novità editoriali 125 CHRISTOPHER HALE, scrittore pluripremiato e produttore, ha studiato alla Sussex University e alla Slade School of Fine Art. Ha realizzato numerosi film di carattere scientifico e artistico per le maggiori emittenti, tra cui la BBC. Ha fatto riprese e ha viaggiato in zone inesplorate del Mozambico, dello Yemen, del Borneo e su isole sperdute nel Pacifico. Vive tra Londra e New York. MARIO BAUDINO Il Mito che uccide Dai catari al nazismo: l’avventura di Otto Rahn, l’uomo che cercava il Graal e incontrò Hitler Longanesi & C. Milano 2004 pagg. 251 Euro 16,00 Tolosa, 1234: un’anziana eretica sul letto di morte è indotta con l'astuzia a confessare la sua fede e, benché già in agonia, viene trasportata fino a un rogo acceso per lei appena fuori le mura della città. Parigi, 1930: alla Closerie des Lilas, alcuni intellettuali fantasticano di misteriosi tesori appartenuti ai Catari, che nel XIII secolo furono sterminati da una crociata promossa da papa Innocenzo III. Per il più giovane di loro è un'illuminazione. Decide di andare nel sud della Francia, sulle tracce di quei tesori. Il IN LIBRERIA Lhasa, la città proibita agli stranieri e residenza del Dalai Lama; sia per i tentativi di strumentalizzazione da parte delle autorità locali. Malgrado i diari, i libri e le numerose fotografie che documentano la spedizione (e che tra l’altro hanno ispirato il film Sette anni in Tibet), la vicenda aveva ancora molti lati oscuri. Christopher Hale è risalito alle origini dell’ideologia nazista, con la sua ossessione per la purezza della razza e per l’occultismo, ha studiato i documenti originali, ha intervistato a lungo uno dei protagonisti, Bruno Beger. Ha dipanato così il filo di una vicenda dove s’intrecciano storia, scienza e politica, ambizioni personali e piani strategici per il controllo del cuore dell’Asia. Tra paesaggi straordinari e deliri storico–filosofici, intrighi di spie e considerazioni geopolitiche, La crociata di Himmler racconta un episodio quasi dimenticato, apparentemente secondario e bizzarro, che però getta una luce ancora più sinistra su Adolf Hitler e sulla cerchia dei suoi fedelissimi. 126 Intelligence & Storia Top Secret suo nome è Otto Rahn: fra il 1930 e il 1932 percorre grotte e castelli alla ricerca di un segreto legato all'eresia catara, da cui trae il materiale per un libro, La Crociata contro il Graal, che ne segnò il destino. Ancora oggi, seguendo le sue tesi, molti occultisti, esoteristi e new agers sono convinti che i catari custodissero nella loro rocca di Montségur il Sacro Graal, la favolosa coppa cercata dai cavalieri di re Artù. In questo libro, che ha il passo del romanzo ma dove nulla è inventato, Mario Baudino racconta le storie parallele dell'epopea catara e dell'enigmatica vita di Rahn, prima cantore di quelle antiche vittime e poi alfiere del nazismo esoterico, tanto da arrivare alla più ristretta cerchia di Heinrich Himmler. Egli vide nel Graal il cuore di una nuova “religione germanica”, e soprattutto lasciò intendere che credeva nella sua esistenza non come mito ma come oggetto reale. e che era sul punto di trovarlo. La sua fu la tragedia di uno scrittore che, in nome della sacra reliquia, tentò di sottoscrivere una sorta di patto diabolico e ne fu stritolato, in modo non dissimile da altri intellettuali, tentati dal sogno impossibile di influenzare i grandi totalitarismi europei, se non addirittura di sfruttarli a proprio vantaggio. Quando morì, sulle Alpi austriache nel marzo 1939, in circostanze mai ben chiarite, molti non vollero credere alla sua scomparsa e alimentarono storie alternative di una biografia mitica, intrisa di leggende e misteri. MARIO BAUDINO, nato a Chiusa Pesio (Cuneo) nel 1952, vive a Torino, dove è giornalista culturale per “La Stampa”. Autore di saggi e romanzi (tra questi ultimi ricordiamo Il sorriso della druida, 1998). ha pubblicato con Guanda tre raccolte di poesie: Una regina tenera e stupenda (1980), Grazie (1988, Premio Montale) e Colloqui con un vecchio nemico (1999, Premio Brancati 2000). Per Ponte alle Grazie è uscito Voci di guerra (2001). Finito di stampare nel mese di aprile del 2006 dalla tipografia « Braille Gamma S.r.l. » di Santa Rufina di Cittaducale (Ri) per conto della « Aracne editrice S.r.l. » di Roma