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INTELLIGENCE Storia Top Secret
Aprile 2006
I Quaderni del Centro Studi J.N.Harris
INTELLIGENCE &
02
Storia Top Secret
Mensile di analisi
dell’attualità e della storia
La prima rivista italiana di intelligence
e relazioni internazionali
Intelligence & Storia Top Secret
Direttore responsabile
Vittorio Di Cesare
in redazione
Chiarastella Cirielli
Redazione
Centro Studi John Nicholas Harris
Via Lidice, 18
40139 Bologna
051 450889
[email protected]
Autorizzazione Trib. di Bologna
n. 7430 del 13.05.2004
Comitato scientifico d’onore
Francesco Sidoti
Roberto Filippini
Domenico Vecchioni
Gianluca Sardellone
Luca Ozzano
Luca Mainoldi
Lando D. Rajola Pescarini
Giancarlo Bove
Marco Cochi
Rich Williams
Daniel Carmichael
Michele Loda
Francesco Polimeni
Editore
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
Angelo Zappalà
Center for Constitutional Studies and
Democratic Development – Johns
Hopkins University Bologna Center
Anno I, numero 2, aprile 2006
ISBN
via Raffaele Garofalo, 133 A/B
00173 Roma
(06) 93781065
ISSN
88–548–0552–1
1824–3940
e 10,00
Chi controlla il passato, controlla il futuro;
chi controlla il presente, controlla il passato
“1984” di George Orwell
I ntelligence & Storia Top Secret
9 Vittorio DI CESARE - Caccia alle streghe
L'OPINIONE
11 Francesco SIDOTI - Intelligence e Università
DOSSIER ATTUALITA'
17 Operazione Eskazi
19 Africa inquieta: Burundi
20 Il manoscritto rubato
22 Spartan Hammer
23 Minisub per famiglie e polizia
DOSSIER INTELLIGENCE
27 Giancarlo BOVE - Gestione integrata dei processi di intelligence
45 Eva BRUGNETTINI - Cia: il mondo nel 2020
53 Vittorio DI CESARE - Il potere sepolto
DOSSIER SECURITY
a cura di L. Rajola PESCARINI
67 Titan Rain: assalto al Web
75 Quando l’azienda potrebbe delinquere
DOSSIER STORIA
83 John N. HARRIS - La parte delle spie
INDICE
EDITORIALE
7
8
Intelligence & Storia Top Secret
97 Giancarlo BOVE - Le sette segrete dei colonnelli
111 Patrick NICHOLSON - Chi uccise “Forza Scura”?
DOSSIER MEDIA
a cura di Chiarastella CIRIELLI
119
Attacco al potere
121
In libreria
Editoriale
Sempre più difficili i rapporti tra fonte delle informazioni e divulgazione
giornalistica. Il parapiglia mediatico tra USA e Europa
Vittorio Di Cesare
C
entral Intelligence Agency
e Ministero della Giustizia
americana hanno dato istruzioni precise ai loro uomini: non parlate
con i giornalisti. Chi lo farà correrà il
rischio di essere licenziato e…non solo.
La scoperta della rete clandestina delle
prigioni della CIA, come la questione
delle intercettazioni sistematiche della
NSA, autorizzate dalla Casa Bianca, hanno fatto scoprire oltre al classico
scheletro nell’armadio della democrazia americana, l’esistenza di una
gran quantità di informatori all’interno degli apparati stessi dell’Intelligence statunitense, fino ad ora ritenuti ermetici. Soltanto il personale
che aveva accesso ai dati top secret avrebbe potuto spifferare notizie e
informazioni segrete in cambio di soldi o per motivi politici. Risultato:
l’FBI sta effettuando una gigantesca caccia all’uomo coast to coast, persino dentro la Casa Bianca, dove si cercano gli impiegati responsabili
delle fughe di notizie, come non se ne vedeva dai tempi del maccartismo. La National Security Agency sta cercando con la CIA di individuare
i cronisti che hanno divulgato notizie sula questione delle carceri di
Abu Graib per farli giudicare da un grand jury federale, costringendoli
a rivelare, sotto giuramento, le identità di chi ha materialmente fornito
le “soffiate” per i loro articoli.
Nelle varie agenzie dell’Intelligence americana stanno lavorando a
pieno regime anche le macchine della verità, cui sono sottoposti i dipendenti per scoprire la loro lealtà. Questa caccia alle streghe mostra quanto è diventato difficile il mestiere della “talpa” e quello del giornalista.
Sembrano finiti i tempi in cui alcuni popolari quotidiani degli States
abbattevano presidenti come ai tempi del Watergate, dell’Irangate o del
Levinsky Gate. Diventerebbe poco credibile oggi la figura dell’analista
nel film I tre giorni del Condor (interpretato da un magistrale Robert
Redford) che si garantisce la vita, messa in pericolo dai membri di un
servizio segreto “ombra” da lui scoperto all’interno della CIA, affidando
la sua storia ad un noto quotidiano newyorkese.
Il connubio tra una gola profonda ed un giornalista a caccia di scoop
è quanto di più esplosivo possa esistere, capace da una parte di far
EDITORIALE
CACCIA ALLE STREGHE
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Intelligence & Storia Top Secret
conoscere situazioni e verità nascoste, dall’altra di creare una confusione mediatica dalle conseguenze incontrollabili. Se poi il giornalista
antepone la politica editoriale alla realtà dei fatti, la polvere sollevata
confonde la verità, la distorce. Nella terminologia dell’Intelligence si
parla di “intossicazione”. Se si mescolano informazioni incomplete,
volutamente condite da una buona dose di falsità il gioco è fatto. Anzi,
il “grande gioco”. S’innescano processi ripresi dall’opinione pubblica
che possono decidere la stabilità o l’instabilità di un sistema. In una
società mediatica «l’opinione pubblica si forma giorno dopo giorno
mediante il continuo bombardamento dei mezzi di comunicazione. La
verità è ciò che loro ci propongono come verità. Ciò che non è riportato
dalla stampa non esiste, e quello che esiste è solo nella forma in cui
appare in essa». Insomma, la notizia virtuale diventa strumento attivo
di un piano destabilizzante il cui scopo è quello di confondere la realtà
fino al punto di non essere più riconoscibile.
Gli USA stanno cercando, con il solito sistema radicale del pugno di
ferro, di evitare che la stampa diventi inconsapevole (o consapevole)
strumento in mano a chi vuole colpire il Paese in maniera trasversale.
Si è praticamente tornati ai tempi della guerra fredda con un modus
operandi introdotto nel confronto Est-Ovest dal dipartimento di guerra
psicologica del KGB sovietico e dalla CIA.
All’inizio degli anni Ottanta la disinformazione divenne una delle
attività preferite dai paesi del blocco dell’Est capace di creare una macchina di propaganda infiltrata nei tabloid europei e americani come nel
caso che vide l’“Ethnos”, un quotidiano greco, accusato apertamente
di essere figlio della disinformatja sovietica. La direzione di “Ethnos”
sostenne che le accuse, false, erano state diffuse dall’Economist di
Londra, costretto in sede giudiziaria a rivelare le fonti che avevano dato
avvio alle sue affermazioni. Sfileranno per questo davanti alla Royal
Court of Justice ex agenti segreti passati in Occidente come Ilya Dzirkvelov, esperto in disinformazione, Sergej Bokhane e Victor Gudarev,
disertori rifugiatisi ad Atene. Questo caso farà scoprire l’esistenza del
subdolo modo di seminare zizzania in un paese diffondendo parole,
mezze verità, mezze bugie, dividendo gli animi allo scopo di confondere, suscitare panico sociale. In questi ultimi tempi questo gioco sembra
avere un peso determinante nella guerra mediatica che vede l’Europa (e
l’Italia in particolar modo) attaccata da forze che andrebbero individuate, affrontate, sgominate.
Nel caso specifico nazionale, l’animosità che ha caratterizzato la
campagna elettorale italiana del 2006, tra le più accese verbalmente di
quest’ultimo decennio, ha reso difficile capire cosa sta accadendo realmente a livello politico, sociale ed economico. Non è fare “dietrologia”
se si afferma che il parapiglia mediatico sembra nascondere una volta
di più una regia extra mura.
L’opinione
L’intelligence dovrebbe diventare materia d’insegnamento e di una nuova
organizzazione universitaria del sapere sui temi della sicurezza
Francesco Sidoti
P
er una coincidenza scrivo queste righe dopo un clamoroso
infortunio giudiziario che vede protagonista il massimo rappresentante del sistema universitario italiano, presidente dell’associazione di tutti i rettori italiani, e dopo che il “Financial Times”
ha dedicato un corrosivo commento contro la tradizionale organizzazione e cultura universitaria in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Sulle
coincidenze c’è un dibattito notevole. Per Carl Gustav Jung in un certo
senso non esistono. Secondo altri chiamiamo coincidenze la nostra deliberata volontà di mettere in relazione cose indipendenti l’una dall’altra,
nella speranza di indurre gli altri a fare come noi.
Il mio punto, detto in breve, è il seguente: una società veramente
democratica può permettersi che un suo settore vitale, qual è l’intelligence, sia del tutto remoto rispetto ai normali circuiti del sapere e
del controllo della conoscenza? L’intelligence poteva essere un affare
riservato a diplomatici, militari e spie soltanto in un mondo che è decisamente tramontato. In questo nostro mondo, globalizzato e vulnerabile
È assurdo pensare
che sicurezza, università ed interesse
nazionale siano
cose separate e
distinte. Le nuove
emergenze prodotte
dal terrorismo costringono la società
a introdurre l’intelligence nelle università come nuovo
insegnamento per
gli addetti della
vigilanza e
dell’investigazione
L'OPINIONE
INTELLIGENCE E UNIVERSITÀ
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Intelligence & Storia Top Secret
come non mai, è necessaria una preparazione sull’intelligence che non
può essere lasciata alle scuole di polizia. Per quanto criticabile e imperfetta, l’università può offrire un momento di controllo democratico e
scientifico. Invece la situazione organizzativa e legislativa è miserevole, in piena sintonia con quanto accade in molti altri comparti capitali
dell’interesse nazionale. All’inizio del 2006 si chiude una legislatura
nella quale i temi della sicurezza risultano tanto controversi quanto
nebulosi.
Simbolo di questa situazione è forse la mancata riforma di un codice penale che nella sua stesura originaria è vincolato ad un’età storica
assai diversa dalla presente. È vero che la mancata riforma si protrae
da molte legislature, ma in questa legislatura c’era una maggioranza
parlamentare solida, che era stata eletta in buona misura anche perché
innovasse decisamente in materia di sicurezza. Invece, a parte alcune
misure che hanno suscitato larga discussione (ad esempio, il caso della
legittima difesa), non è avvenuta quella incisiva riforma e sistemazione
che molti si augurano da tempo.
La mancata “riforma dei servizi” è un tema fin troppo ovvio di
esemplificazione. Ben più grave è la mancata approvazione della cosiddetta legge sulla sicurezza sussidiaria, per la situazione arretrata ed intricata nella quale si trovano ad operare decine di migliaia di addetti nel
campo privato della vigilanza, dell’investigazione, della prevenzione.
Nel suo insieme la classe politica e l’opinione pubblica non sembrano
particolarmente premurose; le ragioni sono molte ed una è l’arretratezza culturale, perfettamente dimostrata dal posto infimo che i temi della
sicurezza hanno dentro il sistema universitario tradizionale.
L’attuale organizzazione universitaria del sapere rappresenta soltanto un tipo di divisione del lavoro, nata sulla base di circostanze storiche
precise: non è l’alfa e l’omega di ogni possibile organizzazione della
conoscenza umana. Anzi, le maggiori cognizioni scientifiche ottocentesche sulla vita e sulla natura, da Louis Pasteur a Charles Darwin, fino
ad Albert Einstein, nascono fuori dalle università. Una determinata organizzazione del sapere si forma non per l’eccellenza intrinseca della
proposta, ma grazie a determinate circostanze, per poi sopravvivere
fino a quando non viene modificata o smantellata da circostanze successive.
È proprio il punto relativo alle università dopo l’11 settembre: l’attuale organizzazione del sapere è sottoposta ad una nuova emergenza e
cerca faticosamente una ridefinizione. Con tutte le resistenze che ogni
organizzazione consolidata di persone e di interessi può offrire. Molte
discipline universitarie sono oggi geneticamente connesse ad una società che non c’è più. Sopravvivono per la pura forza degli interessi consolidati, a volte tanto protervi da suscitare l’attenzione dei giudici e del
“Financial Times”. Tra la nascita di un’esigenza conoscitiva e la forma-
L’opinione
“L’intelligence era affare riservato a diplomatici, militari e spie in un mondo decisamente tramontato”
L'OPINIONE
zione di un’organizzazione conoscitiva c’è un tempo storico che a volte
è breve e a volte è lungo. Dal punto di vista accademico, l’antropologia
nasce non dopo la scoperta delle Americhe, ma in coincidenza con le
più importanti affermazioni del colonialismo: l’apertura del canale di
Suez nel 1869 e la scoperta del bacino del Congo nel 1876. Molto tempo dopo le prime e straordinarie riflessioni di Michel de Montaigne sui
selvaggi, nel 1843 viene fondata la Ethnological Society of London.
Nell’Ottocento Lewis Henry Morgan e Edward Taylor sono ritenuti
i fondatori di quell’antropologia che oggi viene insegnata nelle università: pubblicarono intorno al 1870 le loro opere fondametali. James G.
Frazer è stato per tanti anni considerato l’antropologo per eccellenza;
tenne nel 1908 a Cambridge il primo corso di Antropologia Sociale.
Particolarmente illuminanti i casi della sociologia e della criminologia.
Cesare Lombroso scrive la sua grande opera sull’uomo delinquente nel
1876, diventando forse l’italiano più noto al mondo (insieme a Caruso,
Marconi e pochi altri), quando l’Italia deteneva il primato dei delitti fra
tutte le nazioni civili. Ma l’organizzazione universitaria assai stentatamente gli concesse diritto di cittadinanza.
Negli Stati Uniti, alla fine della sanguinosa guerra civile, nel 1865
cominciò a crescere impetuosa la metamorfosi da nazione caratterizzata
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Intelligence & Storia Top Secret
da piccole comunità a nazione caratterizzata da grandi agglomerati urbani. New York ancora all’inizio dell’Ottocento contava soltanto 30.000
abitanti ed era nientemeno che la più popolata e importante città americana. Poi si sviluppò in proporzione geometrica: in alcuni anni della
sua storia, per alcune fasce generazionali, vi abitarono più italiani che a
Roma, più irlandesi che a Dublino, più ebrei che in Israele. Nasceva un
nuovo tipo di società, assolutamente distinta rispetto alle società chiuse,
omogenee, intolleranti, impermeabili e immutabili del passato tradizionale, agricolo, feudale, predemocratico. Una vertiginosa crescita
urbana e industriale generò problemi tremendi e l’urgenza di discipline
accademiche pertinenti.
Il primo dipartimento americano di Sociologia nasce a Chicago nel
1892; nel 1895 viene pubblicato il primo numero dell’American Journal of Sociology. Negli stessi anni nascono in Europa le prime cattedre
universitarie, associazioni e riviste sociologiche: si sviluppano insieme
alla crescita di una società industriale e assai lentamente acquistano la
piena legittimazione e il diritto di cittadinanza all’interno della comunità accademica.
È assurdo pensare che sicurezza, università e interesse nazionale
siano cose separate e distinte. Quando la Germania fredericiana fu
annientata dalle truppe napoleoniche, nacque in consapevole risposta
l’apogeo della cultura ottocentesca: la leggendaria università di Berlino;
quando la Francia repubblicana deliberò di mettersi alla pari con i tedeschi (che nel 1870 erano arrivati alle porte di Parigi), nacque l’invidiata
ed esaltata organizzazione francese delle grandi écoles, inclusa l’Ecole
des Hautes Etudes en Sciences Sociales, dove ho conseguito il mio
Doctorat de Troisième Cycle.
In Italia oggi abbiamo bisogno di un’università rinnovata, di discipline nuove, di nuovi dipartimenti, di una nuova organizzazione universitaria del sapere sui temi della sicurezza, perché siano meglio interpretati e discussi i temi drammatici dello sviluppo dei processi mondiali di
democratizzazione, di industrializzazione, di civilizzazione.
Francesco Sidoti, presidente del Corso di Laurea in Scienze dell’Investigazione presso l’Università dell’Aquila
DOSSIER ATTUALITA'
Dal mondo
Bob Denard mercenario incorreggibile: colpo di Stato alle Comore
B
ob Denard (nella foto),
mercenario o servitore
della Francia? L’uomo,
76 anni, con 26 compagni tra il 27
settembre e il 4 ottobre del 1995
attuava l’operazione “Eskazi” un
colpo di Stato nelle isole Comore.
Nella notte dal 27 al 28 settembre, Bob Denard e i suoi uomini
di cui due dei suoi fedeli tenenti,
Dominique Malacrino, 54 anni,
alias “comandante Marques”, e
Jean-Paul Guerriero, 55 anni, alias
“capitano Slam”, sbarcavano sulle
coste comoriane. Tre commando
si dislocavano in luoghi strategici
mentre un gruppo al seguito di Denard sequestrava per sette giorni il
presidente Saïd Mohamed Djohar,
senza sparare quasi un colpo di fucile. Il 4 ottobre 1995, in virtù degli
accordi che legano la Francia al governo delle isole Comore, le forze
francesi erano intervenute per liberare il presidente e mettere fine al
golpe. Il gruppo dei mercenari era fermato e riportato in Francia. Nonostante occupino appena 2170 km2 di superficie, le Comore, un insieme
di tre isole con pochissime risorse naturali, hanno sopportato 19 colpi
di Stato o tentativi di colpo di Stato fin da quando hanno guadagnato
l’indipendenza dalla Francia nel 1975. Nel 1997, le isole di Anjouan e
Moheli dichiararono la loro indipendenza dalle Comore. Nel 1999, il
colonnello Azali salì al potere risolvendo questa crisi scissionista dando
al governo delle isole un assetto confederativo sottoscritto con l’Accordo di Fomboni nel 2000. A dicembre del 2001, gli elettori approvarono
una nuova costituzione e ogni isola dell’arcipelago elesse un proprio
presidente e, nel maggio del 2002, un nuovo presidente dell’Unione.
Le isole Comore sono tra i paesi più poveri del mondo, considerando
l’attività economica inesistente, l’alta disoccupazione e una dipendenza
pesante dalle concessioni straniere per l’assistenza tecnica, insieme a
un governo diviso ancora da dispute politiche interne.
Quale motivo avrebbe mosso quest’ennesimo tentativo di rovesciare
l’assetto geopolitico delle isole?
Thibault di Montbrial, avvocato di uno degli imputati, ha affermato
DOSSIER ATTUALITA'
OPERAZIONE ESKAZI
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Intelligence & Storia Top Secret
che la mano destra del governo francese dovrebbe giudicare ciò che
ha fatto la sua mano sinistra. Si pensa, cioè, che dietro all’azione di
Denard ci siano interessi nazionali non troppo umanitari. La difesa dei
mercenari è stata rinforzata da una dichiarazione di Michel Roussin, ex
responsabile del DGSE (la Direzione Generale della Sicurezza Esterna
francese), poi ministro della Cooperazione, durante l’istruttoria del
processo: «Quando i servizi speciali non possono effettuare operazioni
clandestine, fanno ricorso a strutture parallele. Bob Denard e i suoi soldati di fortuna, noti per un’azione simile nel Gabon, sono mercenari di
professione che difficilmente prendono iniziative in proprio. Qualcuno
li ha spinti a muoversi dietro la promessa di un congruo pagamento. Il
problema è individuare questo qualcuno».
Durante l’istruttoria, gli inquirenti hanno passato in rassegna tutti
i moventi possibili, tutte le sorgenti di finanziamento dell’operazione
“Eskazi”: la pista politica comoriana, mirando a rimettere in sella i
parenti dell’ex presidente Abdallah; la pista Corsa, “specializzata nei
giochi in Africa”; la pista di Hong Kong, che mira a creare alle Comore
un centro “offshore”. L’ordinanza di rinvio in tribunale propende per
quest’ultima ipotesi, ma senza “identificare in modo formale” questi
misteriosi investitori asiatici preoccupati di fuggire da Hong Kong
passata di mano alla Cina. Sull’implicazione del DGSE si è detto che «è
poco verosimile che i servizi francesi abbiano ignorato totalmente il
progetto di Denard. Ma a dispetto di questa supposta conoscenza, non
è dimostrabile che questi avevano finanziato l’operazione». Durante il
lungo interrogatorio, i principali imputati hanno sempre sostenuto di
aver agito con la convinzione che la Direzione Generale della Sicurezza
Esterna (DGSE), i servizi segreti francesi, li sostenesse.
Saïd Larifou, avvocato dell’ex presidente Saïd Mohammed Djohar,
vittima di questo tentativo di golpe, pensa che le motivazioni dell’operazione siano “meramente finanziarie”.
«Non ho mai agito contro gli interessi del mio paese» ha dichiarato
in sua difesa Bob Denard durante l’istruzione del processo, al presidente del tribunale Thierry Devernois di Bonnefon. Anche gli altri imputati hanno sempre sostenuto di aver agito col sostegno implicito delle
autorità francesi. «In questo genere di operazione, niente è sicuro, ma
l’assenza di un rifiuto equivale ad un’approvazione», ha spiegato, il 6
marzo alla barra, Dominique Malacrino ex mercenario della Legione
straniera dell’esercito francese, ricordando di aver assistito alle numerose chiamate telefoniche tra Denard e Jacques Foccart, allora responsabile della sezione “Africa” dell’Eliseo. Secondo Malacrino «questa
operazione era coperta dai contatti di Bob Denard» con i responsabile
francesi e ha precisato: «Non ha lavorato mai da solo e tutti sanno a che
punto le Comore hanno sempre rivestito un interesse strategico per la
Francia».
Dal mondo
Il presidente del Burundi ha denunciato un progetto di colpo di Stato
I
l presidente del Burundi, Pierre Nkurunziza (nella foto), arrivato democraticamente al potere nell’agosto dell’anno scorso,
dopo avere diretto la ribellione del CNDD-FDD, ha denunciato
un progetto di colpo di Stato, annuncio che ha reso nuovamente tesa
l’atmosfera in un paese che esce di una guerra civile durata 12 anni,
scatenata dall’assassinio del primo presidente hutu democraticamente eletto, Melchior Ndadaye. Nkurunziza ha accusato tre politici che
avrebbero tenuto delle riunioni clandestine con ufficiali membri delle
Forze della Difesa nazionale e della Polizia nazionale. Le conversazioni
dei congiurati sarebbero state registrate dai servizi di informazione.
«Provo in questo momento a convincerli di ritornare alla ragione e di
abbandonare il loro progetto», ha precisato in modo inaspettato il capo
di Stato. Il Presidente Pierre Nkurunziza aveva annunciato nella provincia di Muyinga, davanti allo staff di ufficiali delle regioni militari
del Burundi, che un tentativo di destabilizzazione delle istituzioni era
conosciuto dai servizi di informazione. Questo sensazionale annuncio
giunge proprio mentre lo stato di grazia di cui ha beneficiato il nuovo
potere sembra finito. Mentre Bujumbura, una regione del Burundi,
deve fare fronte a una carestia nel nord con la sua politica di riduzione
DOSSIER ATTUALITA'
AFRICA INQUIETA: BURUNDI
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20
Intelligence & Storia Top Secret
dei prezzi di base (che cozza contro una fronda dei commercianti che
organizzano il boicottaggio della distribuzione), i caschi blu e l’organizzazione della difesa dei diritti dell’uomo Human Rights Watch (HRW)
hanno denunciato, in questi ultimi mesi, numerosi abusi dell’esercito:
omicidi, tortura, mancata osservanza delle procedure legali nella sua
lotta contro l’ultima ribellione hutu ancora in attività (le Forze nazionali
di liberazione), nonché omicidi e racket sulla popolazione. Dei difensori dei diritti dell’uomo burundesi si sono opposti alla nuova pratica che
consiste nell’esporre al pubblico affinché veda i criminali, le persone
accusate ma non ancora giudicate linciandole moralmente. Il colonnello
Léonidas Maregarege sarebbe stato interrogato dai servizi di polizia del
Burundi in rapporto al tentativo di colpo di Stato di cui ha parlato il
Presidente Pierre Nkurunziza.
Il colonnello Maregarege ha fatto parte del Comitato militare per la
Salute nazionale, il CMSN che ha portato il maggiore Pierre Buyoya al
potere il 3 settembre 1987. Ha diretto per molto tempo il campo militare di Gitega ed è stato promosso Ministro della Difesa nel governo di
Adrian Sibomana all’inizio degli anni Novanta. Léonidas Maregarege
fu vittima di un incidente di elicottero nel 1992 mentre ritornava da una
missione nell’interno del Burundi. Perso nella foresta del Kibira, ferito,
riuscì a salvarsi pur perdendo un piede in seguito all’incidente. Léonidas Maregarege era diventato ambasciatore del Burundi in Egitto per il
Presidente Ndadaye. Delle fonti indipendenti hanno dunque puntato il
dito sul suo nome tra gli ufficiali che erano molto vicini ai golpisti.
IL MANOSCRITTO RUBATO
Condannato Michel Garel della BNF per furto di una Torah del XII secolo
M
ichel Garel, conservatore dei manoscritti ebraici alla Biblioteca Nazionale della Francia, è stato condannato in
marzo a due anni di prigione col beneficio della condizionale per furto. Delle quarantadue opere scomparse che la BNF sembrava imputargli, l’accusa ha potuto dimostrarne uno solo, quello del
manoscritto H52, un pentateuco, l’insieme dei primi cinque libri della
Bibbia, la Torah per gli ebrei, redatti in ebraico nel XIII secolo.
I suoi colleghi lo descrivono “brillante, sensibile, egotista”; un
erudito ribelle ad ogni disciplina. Dopo il suo licenziamento nel 2004,
Michel Garel aveva inviato alla BNF lettere ingiuriose.
Non si sa quando il manoscritto H52 è sparito dei reparti della BNF.
Il precedente inventario risaliva al 1965. Il “furtarello” si è potuto
verificare prima del 1991, data di un’esposizione dove il manoscritto
H52 non figura in catalogo. Niente prova quindi che Garel l’avrebbe
sottratto. Ma se è innocente, è un conservatore inefficiente: assunto nel
Dal mondo
DOSSIER ATTUALITA'
1976, ha ammesso di non avere visto “mai” né consultato il manoscritto
H52. Il tribunale ha stroncato comunque Michel Garel incolpandolo di
furto. Il conservatore è accusato soprattutto di aver contribuito a riciclare il manoscritto rubato. Nel 1998 aveva firmato un buono di uscita
del territorio, ciò che permetterà all’ H52 di essere venduto alle offerte
nel maggio 2000 da Christie’s per 368.000 dollari. Garel dice di avere
visto il documento soltanto in foto ma non avrebbe potuto riconoscere
il manoscritto a causa di una modifica della rilegatura.
Due possibilità: o il conservatore è distratto, o è complice. A sentire Michel Garel, fu Edmond Safra, richissimo banchiere deceduto
nel 1999 ad avergli chiesto di riempire il buono di uscita. «Safra era
un generoso donatore della BNF. Non vedo in che modo l’etica sarebbe
danneggiata volendo fare un favore al mio sponsor». La vedova di Safra
ha definito fantasiosa e vergognosa questa linea di difesa, fallita quando
si è scoperto che l’H52 è finito nelle mani di Daniele Sofer, un collezionista britannico, in affari con Michel Garel da una decina di anni. Il
conservatore della BNF gli aveva venduto una decina di manoscritti antichi per 700.000 dollari, versati su un conto bancario in Lussemburgo.
La vicenda sembra ricalcare la storia del Codice Da Vinci o del film La
Nona Porta, ha ironizzato l’accusa, ricordando la pellicola nella quale
l’attore Johnny Depp personifica un cacciatore di manoscritti che procura rarità ai ricchi
bibliofili con mezzi
non proprio legali.
Questi accostamenti
fatti dalla stampa
francese alla vicenda
di Garel lo hanno
dipinto come coinvolto in una cospirazione internazionale,
membro di una gang
di “Santi Uomini”,
eredi dei Templari o
dei Rosacroce, forse
di un gruppo di ebrei
ortodossi decisi a
recuperare un patrimonio culturale
d’inestimabile valore per la loro religione. Ipotesi che appare verosimile. Sembra che Garel sia figlio di un ebreo ortodosso e che la sua
compagna (una specialista di manoscritti copti al CNRS) sia stata tratta in
ballo in questa vicenda che la vede a sua volta accusata di ricettazione a
causa di quel conto bancario cointestato in Lussemburgo.
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Intelligence & Storia Top Secret
SPARTAN HAMMER
Un’esercitazione Nato di intelligence congiunta
(Pagine di Difesa, 10 marzo 2006. Fonte: Nato Headquarters, Bruxelles
L
a Grecia ospiterà, nel mese di novembre, un’esercitazione
della NATO che metterà alla prova le capacità dei Paesi membri
nel campo dello scambio in tempo reale di dati intelligence
in supporto alle operazioni, incluse quelle di antiterrorismo. Spartan
Hammer 06, questo il nome dell’esercitazione, sperimenterà per la prima volta un sistema joint di intelligence, combinando assetti di terra,
marittimi, spaziali e delle forze per operazioni speciali.
Saranno messi a fuoco, in particolare, i difetti critici dell’Alleanza
nella geo-referenziazione in tempo reale delle minacce, incluse quelle
terroristiche, nella scoperta e localizzazione delle emissioni di disturbo
al sistema GPS e nella gestione dei sistemi joint di intelligence, migliorando l’interoperabilità anche dal punto di vista tecnico.
L’esercitazione si basa sui risultati della Hammer 2005 durante la
quale i Paesi Nato partecipanti hanno implementato un nuovo standard
di condivisione dei dati di Signals Intelligence (Sigint, intelligence delle comunicazioni). Quest’anno l’esercitazione verterà sulle capacità dei
corpi di spedizione e delle missioni di antiterrorismo, nel campo Sigint
ed Electronic Warfare (EW, guerra elettronica). La Nato Response Force
(NRF) avrà l’incarico particolare di sviluppare metodi per la distribuzione di informazioni time–critical nella creazione della “rappresentazione condivisa della zona d’operazioni”. L’esercitazione sfrutterà le
capacità network-enabled della NATO mediante l’uso di data link, quale
il Link-16 e il Link-11, per lo scambio d’informazioni istantanee di
intelligence e EW, sui sistemi delle 13 nazioni partecipanti. Darà inoltre risalto agli scenari di
difesa antiterrorismo per
poter determinare come
intelligence e EW possano
aiutare nel localizzare e
caratterizzare le minacce
terroristiche.
Spartan
Hammer 06 sarà condotta su varie basi aeree
dell’Aeronautica militare
ellenica e condotta congiuntamente all’esercitazione nazionale greca
di guerra elettronica
“Trojan Horse”. (NL)
Dal mondo
Vanno a ruba a Dubaï sottomarini tascabili per ricchi sceicchi
H
ervé Jaubert, vecchia conoscenza del DGSE francese, è diventato un beniamino degli sceicchi. Sono numerosi ad avere
visitato la sua fabbrica unica al mondo. Alla svolta di una
duna, protetta dal filo spinato, si scorgono i tetti bruciati della ditta Exomos sulla strada di Abu Dhabi, affacciata sul Golfo Persico. Presentato
in anteprima mondiale al Salone nautico di Dubaï, il 14 marzo scorso, il
sottomarino tascabile civile di questa azienda ha mostrato la sua adattabilità ai gusti più difficili. Il minisub ha diverse versioni: il “Goby” per
coppie, “l’Adventurer”
per cinque passeggeri, il “Discovery” per
le famiglie di sette
persone e infine il
“Nautilus” replica del
celebre sottomarino di
Jules Verne, un mostro di otto tonnellate,
quattordici metri di
lunghezza, capace di
immergersi a più di
venti metri di profondità. Passata la baracca
delle guardie in tenuta
cachi, il cliente è invitato a pazientare vicino a un acquario. Una murena
leopardo nera e bianca vi fissa con occhio torvo. «L’ho messa qui da
sola perché ha decimato l’acquario del pianterreno», dice Hervé Jaubert
invitando il visitatore a iniziare la visita al cantiere. Tra piante verdi e
schermi di computer, degli ingegneri venuti dal mondo intero discutono
intorno a modellini su scala ridotta. Immerso in una baia in miniatura,
un sommergibile rosso a due posti aspetta di essere venduto. Nell’ombra, un altro sottomarino tascabile, blu acciaio, aspetta, posato su dei
cavalletti. Appartiene al re dell’acciaio, Lakshmi Mittal. Il miliardario
indiano ha rinviato il suo piccolo gioiello nelle acque del golfo per fare
aggiungere l’aria condizionata e gli interni in cuoio. Esattamente come
da un concessionario di automobili di lusso.
«Dal rialzo dei costi del petrolio, il mio taccuino di ordini si riempe
a vista d’occhio» dice entusiasta Hervé Jaubert. In un solo anno di vita
la Exomos ha registrato undici acquisti per un fatturato di 130 milioni
di dollari. Gli operai sono aumentati da 140 a 250. Hervé Jaubert parla
volentieri del suo business: «Qui, i miliardari hanno tutti uno yacht,
DOSSIER ATTUALITA'
MINISUB PER FAMIGLIE E POLIZIA
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Intelligence & Storia Top Secret
una Ferrari e una piscina privata. Il loro futuro giocattolo è il mio sottomarino. Negli Stati Uniti, i miei clienti miliardari lo approdano sul
lungofiume per attirare le ragazze dando al suo capitano un’immagine
sportiva». Nel Golfo, l’argomento non funziona. Qui, le donne velate di
nero fingono di ignorare gli uomini incontrandoli per la strada, e salire
a bordo con loro su un sottomarino è semplicemente impensabile. La
cultura beduina è reticente ai bagni di mare, gli sceicchi vedono soprattutto in questo minisottomarino un mezzo ideale per portare a spasso la
loro famiglia in mezzo alle tartarughe e agli squali.
A colpi di milioni di petroldollari sono stati edificati dei banchi di
sabbia artificiali. Obiettivo: rendere il mare meno torbido. Certi oceonografi prevedono anche di ricreare sul fondi del mare una Disneyland
subacquatica tra i coralli. I sottomarini tascabili stanno diventando il
mezzo di trasporto ideale per raggiungere le ville da due milioni di dollari a locale, costruite sulle isole artificiali a forma di palme, al largo di
Dubaï. Sono capaci di attraccare su una spiaggia di sabbia, permettendo
di evitare gli ingorghi di yacht in superficie. Leggeri, possono essere
issati facilmente a bordo, seguendo gli sceicchi nelle loro vacanze di
estate a Cannes.
Con l’aumento del prezzo del greggio, il costo dei minisub non
è un problema. Per i più “poveri” il sottomarino meno oneroso è lo
“Stingray” ad un posto, costo 37.000 dollari, si può sistemare quasi nel
bagagliaio di un 4x4. Il minisub di 22 metri, col suo interno lussuoso
in cuoio, cromo e legno scolpito, costa invece 10 milioni di dollari. Il
proprietario dell’Exomos, il Sultano Ahmed bin Sulayem si strofina le
mani.
Padrone dei porti e delle dogane di Dubaï ed uno dei cinque uomini
più importanti dello sceicco di Dubaï, questo potente uomo d’affari ha
attualmente investito 25 milioni di dollari. Senza dimenticare l’affitto
di 30.000 metri quadrati di deserto, a ridosso delle acque territoriali.
Hervé Jaubert, 50 anni, non ha ancora il suo sottomarino, ma circola in
Lamborghini blu pastello per differenziarsi dalle Ferrari rosse e possiede uno yacht di diciotto metri.
Dopo avere lasciato la Francia e il DGSE per le ragioni che preferisce
tacere, ha montato la sua prima fabbrica negli Stati Uniti. «Ma gli americani mi hanno deluso — confida — dopo l’11 settembre 2001, non ho
avuto più il diritto di esportare i miei sottomarini tascabili, con il pretesto che potevano essere utilizzati a fini terroristici. Che io sappia, sono
le automobili ad essere utilizzate negli attacchi. I miei sottomarini sono
al contrario ideali per la polizia che ha bisogno di pattugliare discretamente nei porti e nelle acque poco profonde vicino alle coste». I militari che proteggono i porti del Golfo Persico degli attacchi di al-Qaida
l’hanno capito: nella regione, i piccoli sottomarini dai colori mimetici
sono diventati “trendy”.
DOSSIER INTELLIGENCE
Il mondo delle Informazioni
Lavorare con le informazioni richiede logiche e metodi moderni non tanto
di acquisizione quanto di gestione e analisi
Giancarlo Bove
L
a gestione dei processi di intelligence ad elevata complessità, come quelli
che hanno sede in ambito militare, economico e politico, richiede competenze molto diversificate all’interno di quella che possiamo definire struttura informativa integrata. In essa, ognuno contribuisce alla gestione delle informazioni secondo il suo specifico punto di vista per rendere efficace, soprattutto a
livello di comunicazione, i diversi apporti specialistici. Questa relazione offre un
approccio olistico, dunque integrato e globale per la gestione dei processi di intelligence, facendo convergere metodologie di analisi e scienza delle decisioni. Non
mira certamente ad approfondire gli aspetti specialistici di tali discipline, bensì
quello di far comprendere, attraverso il concetto stesso di struttura informativa integrata, come esse interagiscono ai fini di una gestione cosiddetta intelligente, fornendo all’analista una mappa ragionata delle loro interconnessioni. Non solo, ma
la crescente quantità di dati e informazioni rende il ruolo dell’analista indispensabile per il processo decisionale. In passato accadeva che il decisore trascurava il
lavoro dell’analista per accedere direttamente alle informazioni provenienti dalle
varie fonti. Oggi questo comportamento è inconcepibile e pericoloso, soprattutto
se intorno al concetto di informazione si costruisce la sicurezza della nazione.
P
er poter decidere razionalmente e al momento giusto è fondamentale disporre di informazioni precise, tempestive e pertinenti la realtà di un certo contesto sociale, economico, politico
e militare.
Le informazioni hanno sempre rappresentato il tessuto connettivo
di queste realtà, ma è solo con lo sviluppo dell’informatica e degli
strumenti di elaborazione elettronica dei dati che esse hanno avuto una
rapida evoluzione.
Attualmente, l’Intelligence dispone di una struttura informativa
capace di produrre un flusso continuo di informazioni e conoscenze
attraverso la raccolta, l’archiviazione e lo scambio dei dati.
Dati, informazioni e conoscenza a loro volta sono concetti molto
importanti per i quali è necessario fare una distinzione:
•
I Dati sono numeri, simboli oppure ogni tipo di indicazione ed
espressione riferita ad eventi o fatti grezzi e quindi non elaborati. Essi
DOSSIER INTELLIGENCE
GESTIONE INTEGRATA DEI PROCESSI DI
INTELLIGENCE
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Intelligence & Storia Top Secret
contengono elementi, o se preferiamo, segni, spesso indistinguibili ad
una prima osservazione, ma non per questo invisibili o nascosti. Individuarli è importante, poichè può condurre l’analista a verità utili per la
comprensione dei fatti.
La semiologia, in proposito, è una disciplina che fornisce adeguati
metodi per individuare e interpretare tali segni. Maurizio di Sassonia,
che fece esperienza diretta sotto Marlborough ed Eugenio di Savoia,
descrive nelle sue Utopie alcune regole generali per l’interpretazione
dei segni, cioè quelle manifestazioni fisiche del combattimento che, se
interpretate in modo corretto, forniscono alcune indicazioni riguardo
all’obiettivo dell’esercito antagonista. Trarre le debite conclusioni da
segni di scarsa importanza o trascurabili è una procedura ancor oggi
seguita dagli analisti e dai ricercatori di intelligence nell’ambito del
sistema di analisi degli Indicatori ed Allarmi. Ricordiamo inoltre che
non è consigliabile affidarsi al solo trattamento dei dati in termini di
elaborazione e classificazione, poiché si rischia di perdere la capacità di
immaginazione. Pertanto, occorre pensare creativamente tenendo conto
di tutte le possibili correlazioni esistenti tra i dati.
•
Le Informazioni sono invece il risultato dell’elaborazione dei
dati. Gli analisti distinguono tra dati, informazioni e conoscenza, spesso
legando il valore delle informazioni alle capacità decisionali. A volte
non è neanche possibile conoscere la portata complessiva delle informazioni disponibili. Per esempio, può accadere che l’analista scopra
delle informazioni significative in una serie di dati in cui un collega non
individui nessun elemento importante. L’analista, inoltre, deve anche
individuare quale modalità di analisi delle informazioni intraprendere,
avendo ben chiari pregi e difetti di ognuna. In proposito, è fondamentale ricordare che uno degli errori più frequenti dell’analisi è quello di
basarsi non sulle informazioni necessarie, ma su quelle disponibili.
•
Le Conoscenze costituiscono il risultato dell’analisi delle informazioni utilizzate nel processo decisionale. Sopra l’informazione, se
l’organizzazione è capace di gestirsi, si costruisce la conoscenza, un’attitudine che in sostanza esprime il risultato di una gestione razionale
e continuativa delle interazioni tra dati, informazioni, azioni passate,
esperienze e comprensione.
La conoscenza, una volta distribuita, si diffonde incrementando la
capacità di controllo della complessità nel suo insieme. Ricordiamo,
infine, che la conoscenza non è sufficiente per prevedere situazioni ed
eventi futuri. Come sostiene l’ex capo del Mossad, Efraim Halevey, occorre non fidarsi della hybris dell’intelligence, cioè della convinzione
di poter risolvere tutto con la conoscenza. Occorre, infatti, una visione
di insieme della realtà che supera il concetto stesso di conoscenza.
Il mondo delle Informazioni
Dal punto di vista analitico, inoltre, dati e informazioni sono variabili che, indipendentemente dalla fonte di provenienza, costituiscono
la base di sviluppo dei modelli di analisi previsionale per l’intelligence
ad indirizzo civile e militare. In generale, tali indirizzi necessitano di
informazioni differenti in quanto le esigenze di analisi, decisione e operatività non sono uguali.
Non solo, ma poiché le informazioni e le fonti di provenienza sono
numerose, è necessario verificarne l’attendibilità.
In caso contrario, non esiste alcuna garanzia di validità dei risultati
forniti dal lavoro dell’analista. Risultati, questi, che a loro volta condizionano le scelte del decisore. Quest’ultimo, decide proponendo un
ventaglio di possibili soluzioni nel contesto dei probabili scenari previsti dall’analista. Attenzione, poiché il fatto di proporre possibili soluzioni nel contesto di probabili scenari, non significa necessariamente
che le decisioni maturate in base alle conoscenze fornite dall’analista
sono quelle giuste.
Pertanto, le possibili soluzioni proposte dal decisore devono essere
sottoposte a simulazioni operative capaci di dimostrarne la validità.
Questo significa che tra la decisione proposta e l’azione conseguente la
medesima, si inserisce nella struttura informativa dell’intelligence una
fase intermedia di simulazione.
La struttura, così articolata nelle fasi di analisi, decisione, simulazione e azione, è definita Struttura Informativa Integrata.
DOSSIER INTELLIGENCE
Figura 1. La piramide gerarchica dell’intelligence
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Intelligence & Storia Top Secret
Figura 2. Le fasi del processo logico di intelligence
In particolare, la fase di simulazione deve essere condotta cercando
di riprodurre fedelmente gli scenari operativi prodotti dalle decisioni adottate. Essa si propone, come obiettivo ultimo, di individuare e
correggere eventuali errori contenuti nelle decisioni, e, tramite la loro
analisi, attivare le opportune future decisioni. In questo modo, eliminando le deviazioni indesiderate, è possibile raggiungere gli obiettivi
programmati in sede di pianificazione strategica.
Ogni livello di intelligence prevede un certo tipo di simulazione. Per
esempio il livello di intelligence militare impiega simulatori realizzati
con tecnologie della realtà virtuale. Questi ultimi, nonostante abbiano
comportato spese di miliardi di dollari, sono considerati economici
se confrontati con le spese dovute all’addestramento con piattaforme
operative in situazioni reali. In questo tipo di simulazione è necessario
ricostruire fedelmente anche il contesto emotivo in cui si opera 1. Infatti,
poiché la velocità e la complessità delle operazioni in ambiente militare
Il mondo delle Informazioni
Modello descrittivo
La Struttura Informativa Integrata può essere descritta mediante
un modello definito da tre variabili. La prima variabile si riferisce alla
quantità q(τ) delle informazioni disponibili. La seconda alla qualità
Φ(i) delle informazioni, cioè al loro valore attuale. La terza variabile
riguarda invece il tempo (τ) complessivo che intercorre tra le fasi di elaborazione dati, analisi informazioni, decisione, simulazione e azione.
di:
La combinazione di tali variabili all’interno del modello permette
•
scorrere e confrontare grandi quantità di informazioni;
•
valutare il peso da attribuire a informazioni affidabili rispetto a
quelle di dubbia provenienza;
•
eliminare informazioni anomale o disinformazioni che generano errori nel processo decisionale. Tali errori, a loro volta, sono la causa
del fallimento delle operazioni di intelligence;
•
ricavare ipotesi ragionevoli per il processo decisionale sulla
base di informazioni contrastanti.
Non solo, ma le variabili quantità q(τ), qualità Φ(i) e tempo (τ), sono
legate attraverso la seguente relazione matematica:
DOSSIER INTELLIGENCE
aumentano, ne consegue che il sistema nervoso umano risulta sempre
meno attrezzato per assimilare ed integrare nella matrice decisionale la
moltitudine di dati critici che gli affluiscono in tempo reale.
Un classico esempio di questa sindrome può essere fornito dall’abbattimento di un aereo civile iraniano, effettuato dall’USS VINCENNES nel
luglio 1988. Tra le lezioni apprese sulla scorta di questo incidente, e
di altri anche più recenti, possiamo dedurre che, senza l’aiuto della
simulazione in certe condizioni operative che coinvolgono anche l’intelligence, la sicurezza sul piano decisionale non è sufficientemente
garantita.
Per quanto concerne la simulazione nel livello di intelligence economica, attualmente si sfruttano analisi teoriche della guerra. Secondo lo
studioso e manager Livio Buttignol 2, per affrontare i mercati un aiuto
può venire dalle teorie taoiste di Sun Tzu, filosofo e guerriero vissuto
tra la fine del VI secolo e l’inizio del V secolo a. C. In questo contesto
la strategia militare è una metafora della competizione economica, in
cui gli insegnamenti dell’arte della guerra nelle scuole militari sono
applicati al mondo del business. Non dimentichiamo che, con la globalizzazione, Paesi tradizionalmente alleati sul piano della difesa sono
diventati concorrenti, per non dire nemici, sul piano della competizione
economica.
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Intelligence & Storia Top Secret
Φ(i) = ∂/∂τ (α(τ)*q(τ)) dove: Φ(i) qualità informazioni
q(τ) quantità informazioni
Φ(i) = ∂α(τ)/∂τ+ ∂q(τ)/∂τ
α(τ) coefficiente di affidabilità delle
informazioni 0 ≤ α(τ) ≤ 1
(inaffidabile)
{α(τ) = 0 informazione dubbia o falsa
{α(τ) = 1 informazione certa, quindi vera (affidabile)
Pertanto, la variabile Φ(i) assume significato di funzione, rappresentabile con un grafico che evidenzia la durata o vita della qualità dell’informazione medesima.
Figura 3. Ciclo di vita dell’informazione
τm: tempo utile, ossia il tempo massimo oltre il quale l’informazione
perde valore in termini di qualità, poiché non più strategicamente importante ai fini della previsione degli eventi.
0 ≤ τ ≤ τm: all’interno di questo dominio, la qualità dell’informazione
Φ(i) è crescente poiché si tratta di informazioni recenti, cioè attuali, e
quindi adatte a descrivere le situazioni con una certa obiettività. Pertanto nella zona del grafico, conosciuto come ciclo di vita dell’informazione, e delimitata dal dominio 0 ≤ τ ≤ τm, l’analista opera estrapolando
previsioni utili al fine di prevenire eventi di una certa importanza 3.
τ ≥ τm: in questa condizione il valore funzionale dell’informazione
Φ(i) è decrescente, poiché le informazioni sono ormai superate e anacronistiche. Operare in questa condizione significa produrre conoscen-
Il mondo delle Informazioni
DOSSIER INTELLIGENCE
za sterile, quindi inutile e con spreco di risorse. Ricordiamo che una caratteristica fondamentale della Struttura Informativa Integrata è quella
di produrre intelligence attuale all’interno del dominio 0 ≤ τ ≤ τm, cioè
in tempi inferiori a quello utile (τm) per raggiungere gli obiettivi.
In contesti turbolenti e competitivi, come quelli simulati nell’ambito
dell’intelligence economica, il tempo utile per sfruttare l’intelligence è
sempre più limitato.
Non solo, ma i fattori di incertezza di cui tiene conto il coefficiente
di affidabilità delle informazioni α(τ), non sempre consentono di procedere nella trattazione delle informazioni con tempestività e completezza, incoerenze a causa delle quali si corre il rischio di adottare una
decisione inattuale, oppure di adottarla oltre il cosiddetto tempo utile
τm, ormai sempre più prossimo a quello reale. A questa situazione è
quindi collegato l’aspetto inerente la reale efficacia degli effetti delle
decisioni.
L’esigenza di eseguire analisi sorge ogni volta che occorre prendere
una decisione; attività decisionali e analisi sono in rapporto biunivoco:
la prima include la seconda e viceversa. Ne consegue una rivalutazione
dell’attività di intelligence; non basta evidentemente l’acquisizione dei
dati, ma occorre una complessa elaborazione per risalire attraverso uno
solo, o una serie di avvenimenti e identificare un fenomeno, un trend e
conseguentemente formulare strategie ed attività operative finalizzate
all’obiettivo da raggiungere.
Purtroppo i vari responsabili della gestione integrata dei processi di
intelligence operano all’interno di un ordine stabile e definito, come se
il meccanismo di gestione fosse già programmato per rispondere a ogni
tipo di informazione da analizzare e problema da risolvere 4, scegliendo,
confrontando e combinando tra loro, secondo procedure prestabilite, i
dati e le informazioni disponibili in archivio.
Questo tipo di gestione statica rimane purtroppo isolata rispetto al
contesto generale. L’insistenza di una maggiore dinamicità si avvicina
all’insistenza sulla staticità; occorre, infatti, un’integrazione creativa e
organica dei dati e delle informazioni.
Ma questo richiede un’organizzazione che gestisca in maniera flessibile, che abbia un progetto chiaro, forza di immaginazione e capacità
decisionale. In altri termini, occorre privilegiare la creatività rispetto
alla meccanicità della gestione e del processo decisionale.
Ricordiamo che la gestione integrata dei processi di intelligence
deve svilupparsi secondo tre fasi distinte: descrizione, analisi e previsione.
Tali fasi, le stesse del metodo scientifico, permettono di esplicitare
gli assunti, di individuare leggi e correlazioni e infine di formulare teorie. La differenza fondamentale tra il ricercatore scientifico e l’analista
di intelligence consiste nel tipo di approccio, generalista nel primo caso
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Intelligence & Storia Top Secret
e analitico del particolare informativo nel secondo. L’approccio analitico si basa sull’impiego di metodologie che aiutano l’analista a produrre
risultati in tempi possibilmenti inferiori a quello utile. Nell’ambito dell’intelligence istituzionale, tali metodologie sono quelle di classificazione ordinata, cronologicamente, o per fonte o per evento in modo da
permettere una facile comprensione delle relazioni causa ed effetto.
Altre metodologie sono legate al pensiero sistemico, cioè a quel
modus operandi di visione dei problemi, mediato dalla teoria generale
dei sistemi di Weinberg e Von Bertalanffy. Tali metodologie comprendono l’analisi delle opportunità, degli scenari alternativi, delle ipotesi
in competizione e della risoluzione dei conflitti.
Esistono anche metodologie formali, sia di tipo qualitativo, come ad
esempio l’analisi degli Indicatori per seguire l’evoluzione delle situazioni, sia di tipo quantitativo o semiquantitativo, come i diagrammi di
influenza formale o l’analisi statistica applicata a dati economici o di
interesse strategico militare.
Fonti
La qualità delle informazioni analizzate nella Struttura Informativa
Integrata, dipende dal coefficiente di affidabilità α(τ). In generale, nel
linguaggio dell’intelligence, il termine fonte indica qualunque sorgente
di dati e informazioni.
Queste ultime comprendono indifferentemente quella umana, cosiddetta HUMan INTelligence (HUMINT), artificiale, conosciuta come
TECHnical INTelligence (TECHINT) e aperta, cioè Open Source INTelligence (OSINT). Appartiene alla fonte HUMINT una particolare categoria
di collaboratori esterni definita con il termine di informatori.
Le qualità di queste particolari figure professionali, sono più rare
che uniche. Infatti, l’informatore, in generale non è, e non deve assolutamente essere un soggetto sprovveduto, ma in relazione al contesto
delle operazioni di intelligence, al contrario, ben preparato, informato,
informante e all’occasione disinformante. Non solo, ma deve essere
dotato di una spiccata propensione alle relaz
ioni interpersonali, con un buon livello culturale, flessibile e capace
di adattarsi alle varie situazioni operative. Probabilmente, il binomio
vincente, a livello di fonte HUMINT è rappresentato dalla coppia Analista
– Informatore. Ricordiamo che quello che conta, in ogni caso, non è la
quantità delle fonti HUMINT, bensì la loro qualità in termini di professionalità delle risorse umane.
Un’altra testimonianza storica di quanto affermato, è fornita da un
ufficiale romano, il Generale Svetonio Paulino che, grazie al lavoro
svolto da fedeli e capaci informatori, riuscì con solo diecimila uomini a
sconfiggere nel 62 d.C. circa duecentotrentamila britanni.
Il mondo delle Informazioni
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DOSSIER INTELLIGENCE
All’interno della struttura informativa integrata, le fonti HUMINT
e OSINT, possono a loro volta essere classificate secondo il seguente
schema:
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Intelligence & Storia Top Secret
Tra queste fonti, particolare importanza rivestono quelle informali
interne ed esterne, poiché sono le più adatte per decisioni rapide ed
efficaci capaci di rispondere alla realtà di situazioni soprattutto economiche e politiche, che continuamente cambiano e si evolvono.
Inoltre le informazioni raccolte, sia che provengano da fonti esterne
o interne, formali o informali, devono comunque presentare i seguenti
requisiti:
•
completezza: le informazioni devono fornire all’analista un
quadro completo della situazione per conoscere fatti ed eventi futuri
utili al decisore economico, politico e militare;
•
sinteticità: le informazioni devono essere tali da facilitare
l’analisi degli eventi presentandone gli aspetti essenziali;
•
tempestività: le informazioni devono offrire una base razionale
al processo decisionale. L’esigenza di prendere decisioni in tempi brevi
e in contesti sociali, economici, politici e militari caratterizzati da rapida evoluzione, richiede alle informazioni stesse di giungere in tempo
utile al decisore in modo da permettere pronte ed efficaci reazioni;
•
chiarezza di presentazione: nell’utilizzo di dati, grafici, tabelle,
prospetti in quanto non tutti i destinatari dell’informazione hanno le
basi tecniche per estrapolare rapidamente dalle informazioni le conoscenze necessarie per prendere decisioni razionali ed efficaci. Appare
quindi evidente l’importanza di rendere chiaramente leggibili e rapidamente consultabili i rapporti redatti dagli analisti. In questi rapporti non
c’è spazio per errori o dubbi nell’esposizione, poiché la prima impressione che proviene dalla lettura del rapporto è anche l’unica ad essere
ricordata. Nulla dovrà essere lasciato al caso, ma ogni singolo elemento
Il mondo delle Informazioni
Per quanto concerne le fonti dei dati valgono le seguenti considerazioni:
•
Web Data: Internet è la principale fonte di reperimento dei dati.
Si tratta di fonti normalmente gratutite e di scarso utilizzo senza adeguati mezzi di elaborazione. Negli USA e in Europa c’è chi sta tentando
di limitare l’uso del Web per combattere il terrorismo. Ma è un’arma
a doppio taglio: in Iran esistono oltre centomila blog, proprio perché
la stampa libera è in parte repressa e i blog 5 sono l’unico mezzo di
discussione molto diffuso. Se Internet venisse chiuso, queste democrazie emergenti o potenziali non avrebbero la possibilità di far sentire la
propria voce;
•
Banche Dati: si tratta di archivi contenenti dati come formule,
brevetti e risultati inerenti la ricerca scientifica e tecnologica ad indirizzo civile e militare;
•
E-mail: costituiscono il mezzo attraverso il quale persone o
organizzazioni comunicano. Possono essere analizzate e-mail interne
ad un’organizzazione, oppure provenienti dall’esterno. Il termine organizzazione comprende anche quelle terroristiche. Si pensi che prima
DOSSIER INTELLIGENCE
sarà valutato e definito; dovrà essere attribuita la giusta importanza,
sia all’immagine grafica, attraverso l’uso di strumenti multimediali che
siano di supporto e compendio ai contenuti testuali, sia all’esaustività
delle relazioni che rappresentano la verbalizzazione coincisa delle fasi
di analisi eseguite.
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Intelligence & Storia Top Secret
dell’11 settembre 2001, i terroristi si sono scambiati e-mail con testi
non codificati senza che nessuno sia riuscito a fermarli. Questo significa che è necessario affinare le tecniche di elaborazione dei dati per ottenere informazioni utili ai fini della conoscenza. Pertanto è fondamentale costruire una Struttura Informativa Integrata efficace in termini di
analisi;
•
Opinion Surveys: questi dati sono analizzati in maniera molto
dettagliata nella parte codificata, dove è prevista la risposta positiva,
negativa oppure numerica. Sono invece analizzati con meno cura nella
parte testuale, all’interno della quale si riportano risposte in testo libero
alle domande aperte.
Figura 4. Le componenti della Struttura Informativa Integrata: la configurazione
della Struttura Informativa Integrata, presenta due componenti capaci di rispondere
alle esigenze informative in fatto di attacco e difesa. Tali componenti sono denominate rispettivamente Offensive Intelligence e Difensive Intelligence
Efficienza della Struttura Informativa Integrata
L’efficienza della Struttura Informativa Integrata non dipende solo
dalle fasi di analisi e confronto delle informazioni, alle quali seguono
quelle inerenti la decisione e la simulazione, ma anche dall’efficacia
Il mondo delle Informazioni
Figura 5. Il processo di comunicazione delle informazioni
DOSSIER INTELLIGENCE
della comunicazione, cioè dalla capacità dei responsabili dei servizi
d’intelligence di comprendersi all’interno delle fasi stesse. È bene
tenere presente che sotto questo punto di vista informazione e comunicazione non sono sinonimi. Informazione comprende tutto quello che
si vuole comunicare. Comunicazione è invece il modo in cui l’informazione viene trasmessa utilizzando specifici mezzi. Per l’intelligence,
poiché l’informazione ha natura astratta, essa assume un aspetto fisico
soltanto se si concretizza in supporti e simboli. Il supporto è l’elemento
fisico nel quale l’informazione viene inserita. Esso, di fatto, costituisce lo strumento necessario per la trasmissione dell’informazione.
Per esempio il supporto cartaceo, memorie magnetiche, floppy-disk e
CD–ROM. Nel supporto l’informazione è fissata attraverso simboli, segni
e segnali rappresentati da numeri, lettere, disegni, ma anche suoni e
colori. La traduzione dell’informazione in simboli avviene tramite codificazione che spesso, a determinati livelli dei servizi d’intelligence, è
segreta per evidenti motivi di riservatezza. I caratteri di un determinato
codice vengono combinati rispettando le regole proprie di quel codice,
che conferisce alle combinazioni un significato preciso. Chi riceve
l’informazione per comprenderla e interpretarla correttamente deve conoscere il codice, in quanto, per trasformarlo in azione, deve decifrarlo,
cioè decodificarlo e renderlo palese.
Si può quindi definire la comunicazione come il processo di trasmissione delle informazioni da un soggetto attivo, come per esempio
l’informatore o più in generale il mittente, a un soggetto passivo o destinatario dell’intelligence. Ricordiamo inoltre che le informazioni, ai fini
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Intelligence & Storia Top Secret
Mitridate VI re del Ponto: l’esempio storico del perfetto analista che partecipa
da solo alla gestione integrata del processo di intelligence. Un autentico staff
intelligence formato da un solo uomo che conosceva perfettamente ventidue
lingue e raccoglieva personalmente le informazioni vagando a piedi attraverso
l’Asia Minore. Durante il I secolo a. C. il suo esercito costituì la più grave minaccia all’egemonia romana nel Mediterraneo. Il termine mitridatismo, sinonimo di assuefazione ai veleni, deriva dal nome del sovrano, che aveva abituato
il proprio organismo all’assunzione di sostanze velenose. Questa tecnica era
molto diffusa tra gli agenti dei servizi segreti dei Paesi dell’ex Patto di Varsavia
ai tempi della guerra fredda. Oggi la moderna biochimica è all’avanguardia
nello studio di preparati capaci di annullare gli effetti del mitridatismo.
Il mondo delle Informazioni
•
errata codificazione da parte del soggetto attivo o informatore;
•
errata interpretazione da parte del soggetto passivo o funzionario d’intelligence addetto al trattamento delle informazioni;
•
interruzione della fonte informativa;
•
perdita di informazioni durante la codifica e decodifica dell’informazione.
Tali anomalie possono ostacolare il corretto funzionamento della
macchina d’intelligence, perché al suo interno il soggetto passivo opera
in base alle informazioni ricevute ed interpretate, e qualora esse siano
errate o incomplete o non giungano in tempo utile, si potrebbero verificare inconvenienti la cui gravità aumenta nel caso in cui le informazioni
servano da supporto al processo decisionale.
Data la loro importanza, le informazioni devono essere analizzate
e organizzate nelle forme, nei flussi, nei mezzi e nei tempi di comunicazione, affinché rispondano alle necessità del decisore economico,
politico e militare.
Forme di Comunicazione
Le forme che le comunicazioni assumono mediante la codificazione, possono essere: orali, scritte e audiovisive.
Le comunucazioni orali si realizzano attraverso il contatto diretto
con la fonte, o più esattamente tra il soggetto attivo e quello passivo.
L’efficacia della comunicazione orale dipende dalla persuasione, ossia
DOSSIER INTELLIGENCE
del successivo processo decisionale, devono essere esatte e tempestive.
Esatte, cioè precise e corrette, ma soprattutto adatte ai fini e agli utilizzi
per i quali sono richieste, e tempestive, cioè prodotte e comunicate in
tempo utile.
Il processo di comunicazione corretto è l’elemento fondamentale
per il funzionamento della macchina d’intelligence. Infatti, se per
qualche motivo esso dovesse interrompersi, si interromperebbe anche il
funzionamento della Struttura Informativa Integrata stessa o comunque
funzionerebbe in maniera irrazionale, non coordinata e non controllabile da parte degli stessi addetti ai lavori. Una delle principali cause di
fallimento delle operazioni d’intelligence o di mancanza di previsione
di eventi di una certa importanza, è proprio legata a quanto sopra accennato. Inoltre la comunicazione delle informazioni deve avvenire in
maniera corretta, evitando anomalie dipendenti da:
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Intelligence & Storia Top Secret
dalla capacità di influenzare e convincere a comunicare. Questa capacità, a sua volta, richiede l’argomentazione, cioè le parole giuste per farlo.
Più ristretto è il numero di persone tra le quali avviene la comunicazione orale e più efficace essa risulta.
•
Vantaggi:
1.
2.
Contatto immediato e diretto con le fonti
Maggiore velocità di trasmissione del messaggio
•
Svantaggi:
1. Impossibilità di controllare il messaggio, poiché non è stato
fissato su un supporto
2. Elevata possibilità di distorsione del messaggio se questo deve
essere ritrasmesso ad altri destinatari. Il pericolo della distorsione aumenta quanto più alto è il numero delle ritrasmissioni.
Le comunicazioni scritte prevedono la codifica dell’informazione in
simboli, combinati secondo le regole del codice utilizzato. Il messaggio
assume quindi un significato preciso all’interno di un codice; tradotto
secondo un altro codice potrebbe assumere un significato diverso, nessun significato oppure falso. Tutti i popoli, salvo gli Spartani nell’antica
Grecia, hanno elaborato nel corso dei secoli codici di comunicazione
per nascondere verità scomode o troppo dure.
•
Vantaggi:
1. Il messaggio raggiunge più destinatari nel luogo di lavoro, senza doverli riunire
2. La possibilità di distorsione si riduce poiché tutti i destinatari
ricevono lo stesso messaggio
3. Il messaggio può essere conservato in qualsiasi momento
4. Possono essere trasmessi messaggi anche complessi, sintetizzati e verbalizzati tramite grafici e tabelle
•
Svantaggi:
1. Unilateralità del messaggio che spesso non prevede il feed–
back informativo; il mittente, in questo caso, non verifica se il destinatario ha compreso esattamente il messaggio
2. Maggior costo in termini di impiego di mezzi e di tempo per la
codificazione scritta del messaggio e la sua trasmissione
Le comunicazioni audiovisive consistono in filmati, diapositive o
Il mondo delle Informazioni
DOSSIER INTELLIGENCE
messaggi acustici codificati. Con l’impiego dell’elettronica, le comunicazioni audiovisive hanno avuto notevole impulso. Questo tipo di
comunicazione è contraddistinto da una grande efficacia e, soprattutto,
grazie all’informatica, si adatta ad esigenze collettive o individuali razionalizzando e limitando i tempi minimi necessari per le riunioni di
coordinamento tra i vari organi di intelligence.
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Intelligence & Storia Top Secret
Note
1.
A. BENEDETTI, Decisione e persuasione per l’intelligence, Erga edizioni,
p. 20 nota 10: «Non si impara a camminare su una corda tesa a dieci metri di altezza allenandosi a camminare su una corda tesa a dieci centimetri da terra. Tutti
siamo in grado di simulare brillantemente qualsiasi prova se le togliamo la quota
di pericolo e di insidia presenti nella realtà simulata. L’eliminazione del rischio
in ogni attività di addestramento elimina purtroppo anche le forti rezioni emotive
che vogliamo imparare a controllare e che la realtà invece suscita. Nelle prove di
simulazione il grado di abilità richiesta si può infatti sempre riprodurre, mentre il
livello di partecipazione emotiva quasi mai».
2.
L. BUTTIGNOL, L’arte della guerra, Etas.
3.
G. BOVE, Intelligence, informazione e conoscenza, «Intelligence & Storia Top Secret», Centro Studi Storici J.N.Harris – Bologna.
4.
S. GULISANO, La svolta di 007. Servizi meno segreti. La nuova era del
SISMi, “Avvenimenti” numero 24 giugno 2005. L’articolo riporta le considerazioni
espresse dal generale Niccolò Pollari, direttore del SISMi: «La guerra è un termine culturalmente obsoleto: noi siamo propensi a pensare che non c’è un nemico
da abbattere, ma un problema da risolvere». Questa affermazione evidenzia la
necessità di un nuovo volto dell’intelligence proiettato verso innovative tecniche
di analisi utili per il processo decisionale. È fondamentale, quindi, identificare
questo volto dal momento che il campo di applicazione dell’intelligence è l’intero
mondo. Un mondo in cui non c’è niente che non interessa l’intelligence stessa.
Ogni nozione, ogni tecnica, ogni metodo, ogni capacità, perfino ogni vizio possono essere pertanto utili al momento opportuno. L’analista in futuro dovrà leggere e
documentarsi in ogni campo del sapere. Da questo punto di vista bisogna meditare
su una battuta del film I tre giorni del condor in cui il protagonista (Robert Redford) riesce a sfuggire più volte ai killer inviati dalla CIA, a cui appartiene come
analista, per eliminarlo. Ad una delle riunioni dell’Agenzia, in cui la direzione
chiede come mai un agente non operativo riesca così bene a tenere loro testa, il
superiore diretto di Redford lo giustifica dicendo: «Legge molto». [N.d.A]
5.
I blog si riferiscono a un sito o una sezione di un sito dove gli utenti
possono esprimere i loro pensieri e le loro riflessioni e tenerle aggiornate.
Giancarlo Bove è docente di tecnologie industriali e ricercatore nel
settore delle scienze strategiche, svolge attività di consulenza editoriale
per conto di pubblicazioni specialistiche quali Rivista Militare, organo
di informazione dello Stato Maggiore dell’Esercito. Collabora inoltre
in qualità di consulente esterno per Centri di Ricerca della Difesa a
livello internazionale.
Il mondo delle Informazioni
Un gruppo di esperti internazionali della CIA cerca di rispondere alle
incognite sul futuro. Il germe di ciò che avverrà è già nel presente
Eva Brugnettini
L
Il National Intelligence Council è il centro studi della CIA che
lavora sulle analisi a lungo termine e diffonde in seguito i risultati ottenuti all’interno, ma non solo, della stessa CIA. Il NIC
si avvale dell’impiego massiccio di universitari molto competenti (basti pensare ad esempio a Henry Kissinger da Harvard o a Condoleeza
Rice da Stanford). L’obiettivo è quello di creare una sorta di cartografia
del futuro. Per cercare di avere una prospettiva effettivamente globale
è stato tenuto un ciclo di conferenze in tutti e cinque i continenti, in
modo da avere l’opinione di esperti da tutto il mondo. Così nasce il rap-
DOSSIER INTELLIGENCE
CIA: IL MONDO NEL 2020
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Intelligence & Storia Top Secret
porto Mapping the global future, che riguarda la situazione globale del
2020. I ricercatori sono arrivati a una serie di certezze relative e hanno
creato quattro scenari estremi per cogliere meglio i concetti fondamentali, anche se poi si rivelano molto più vicini alla realtà di quanto non
sembri: “Pax Americana”, “Davos”, “Un nuovo califfato” e “Il ciclo
della paura”. I quattro scenari si pongono come un sistema dinamico,
interazionale, che non si escludono a vicenda ma possono sovrapporsi o
realizzarsi in parte; sono stati creati non per prevedere il futuro ma per
rimettere in discussione quanto immaginiamo sul futuro.
La globalizzazione assumerà sempre meno i connotati occidentali
a favore di quelli asiatici, data l’altrettanto irreversibile crescita dell’Asia. Già i suoi abitanti hanno limitato la percentuale di studenti che
vanno a studiare in Europa e USA. Giappone e Cina diventeranno essi
stessi poli d’attrazione in materia educativa. Sembra si potrà arrivare ad
un approvvigionamento energetico globale accompagnato dalla scarsa
presenza di conflitti mondiali. In compenso la situazione di instabilità
in Medio-Oriente non si attenuerà, anzi l’Islam sarà una forza sempre
più potente. In tutto ciò il ruolo degli USA continuerà a essere quello della prima potenza mondiale. Dalla fine della guerra fredda si è aperto un
momento di grande fluttuazione delle alleanze internazionali. La Cina
si impone come potenza emergente, l’Eurasia è in declino e l’Asia in
ebollizione. Mai come ora si vive un sentimento di vera e propria insicurezza permanente, tenuto conto anche del terrorismo.
Cina e India saliranno al ruolo di nuovi attori mondiali, grazie alla
combinazione di una crescita economica sostenuta (il PIL di entrambe
sorpasserà, o starà per farlo, quello delle potenze economiche occidentali, a parte gli USA), una quantità demografica inarrivabile — si
calcola che arriveranno l’India a 1,3 miliardi di popolazione, la Cina a
1,4 miliardi — con un apparato militare in espansione. La crescita di
queste nazioni a livello di potenze economiche di primo piano è quasi
una certezza. Tuttavia il modo in cui gestiranno questo potere crescente, se attraverso la competizione o la cooperazione con le altre nazioni,
sono delle variabili imprevedibili. Gioca a favore dell’India il fattore
demografico: mentre la Cina ha stabilito l’obbligo a un unico figlio per
famiglia, l’India continuerà a crescere ben oltre il 2020. L’India inoltre
gode di un sistema politico democratico stabile, mentre la Cina vedrà
le sue classi medie urbane opporsi sempre più apertamente al sistema
politico autoritario. Tuttavia l’India non ha investimenti stranieri al
suo interno e gran parte della sua popolazione vivrà ancora sotto la
soglia della povertà. Le economie degli altri paesi in via di sviluppo,
come il Brasile, potrebbero superare l’economia europea, così come
farà l’Indonesia da qui al 2020. Il Brasile diventerà uno stato di primo
Il mondo delle Informazioni
DOSSIER INTELLIGENCE
piano, con una democrazia dinamica, un’economia diversificata e una
popolazione intraprendente, grazie a un programma sociale ambizioso
in grado di ridurre la povertà e di attirare capitali stranieri. L’Europa
allargata avrà più peso sulla scena internazionale, grazie alla moneta
unica, alla grandezza del suo mercato, alla manodopera altamente
qualificata e a governi democratici stabili, che si porranno come modello per gli altri Stati. Ma l’impatto negativo verrà da una demografia
sempre più vecchia quindi con una popolazione attiva minore; da qui
il rischio di un grave immobilismo economico, che i governi dovranno
affrontare soprattutto attraverso nuove riforme sull’immigrazione. Lo
stesso rischio correrà il Giappone, che in compenso vedrà risolversi la
crisi con la Corea del Nord, in seguito a una riunificazione della Corea
stessa. La Russia ha tutto il potenziale per risollevare il suo ruolo di
potenza internazionale, grazie alla sua forte posizione di esportatrice
di gas e petrolio. Tuttavia subirà una grave crisi demografica causata
da un basso tasso di natalità, da un sistema della sanità mediocre e da
un’epidemia di AIDS potenzialmente esplosiva; senza contare i problemi
legati alla forte instabilità delle sue zone di confine, quali il Caucaso e
l’Asia centrale. Ciò che cambierà radicalmente è la cartografia mentale
che si ha del globo: le potenze nascenti (Cina, India, Brasile, Indonesia)
renderanno superate le categorie di nord e sud o est e ovest. Si avrà un
mondo diviso in stati e megalopoli, tenuto insieme da un flusso continuo di comunicazioni e scambi finanziari. Le alleanze saranno più
aperte, meno rigide che in passato.
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Intelligence & Storia Top Secret
La globalizzazione è una “megatendenza” fondamentale per i
prossimi quindici anni: eccetto un’eccezionale inversione di marcia,
«l’economia mondiale continuerà sicuramente a crescere in modo impressionante: da qui al 2020, si prevede che si sarà rinforzata dell’80%
rispetto al 2000, e che il reddito medio per individuo sarà aumentato
del 50%» 1. Questo non impedirà che le sacche di povertà continueranno a esistere anche nei paesi più ricchi. I maggiori vantaggi della
globalizzazione andranno a quei paesi che potranno accedere alle nuove
tecnologie, Cina e India hanno buone probabilità di mettersi a capo del
settore tecnologico. Qui i progressi più evidenti riguardano gli organismi geneticamente modificati e l’aumento della produzione alimentare,
che insieme garantiranno una maggiore sicurezza generale e soprattutto
elimineranno la minaccia della fame nel mondo, migliorando notevolmente le condizioni dei paesi più poveri.
L’eccezionale inversione di marcia alla globalizzazione potrebbe
però manifestarsi nei panni di una pandemia dalle dimensioni spropositate. Gli esperti credono che la sua apparizione sia ormai solo una
questione di tempo. Il fenomeno sarebbe paragonabile all’influenza
“spagnola” che negli anni 1918–19 ha ucciso in tutto circa venti milioni
di persone. Nelle megalopoli del mondo in via di sviluppo dotate di uno
scarso sistema della sanità — come nell’Africa subsahariana, in Cina,
in India, in Bangladesh o in Pakistan — una pandemia del genere avrebbe effetti devastanti e rischierebbe di propagarsi rapidamente su tutta la
superficie del globo. La malattia metterebbe fine ai viaggi internazionali e al commercio mondiale per un lungo periodo.
Internet intanto muove un numero sempre più grande di comunità
virtuali e movimenti di globalizzazione tesi a complicare la posizione di
governo dello Stato, movimenti che probabilmente emergeranno sulla
scena internazionale con forza notevole. Questa pressione sui governi
darà origine a nuove forme di politiche identitarie incentrate sulle convinzioni religiose. È soprattutto l’Islam che verso il 2020 avrà un impatto molto significativo sulla scena politica mondiale, si troverà infatti
a legare gruppi di diverse etnie e nazionalità, creando così una potenza
che travalicherà le stesse frontiere nazionali.
La tendenza alla democratizzazione subirà una netta inversione di
marcia, soprattutto in tutti quegli Stati dove non si era mai del tutto
affermata, quali la Russia o il Sud-Est asiatico. «Governi deboli, economie in ritardo, estremismo religioso e la spinta dei giovani si congiungeranno per creare una dinamica di tempesta, un’eminente fonte
di conflitti in alcune regioni» 2, in più i fattori che hanno generato il
terrorismo internazionale (repressione, corruzione e inefficacia dei
governi) non vedranno il minimo indebolimento nei prossimi quindici
anni: molto probabilmente Al-Qaïda non esisterà più ma solo perché
sarà soppiantata da gruppi simili che vedranno i musulmani sempre
Il mondo delle Informazioni
speranza di vita sarà più bassa nel 2010 che negli anni ’90. Nonostante
le misure di prevenzione adottate in molti paesi contro l’HIV, nei prossimi quindici anni l’impatto della morte di milioni di persone già infettate
dal virus sarà pesante. In Africa l’AIDS ha lasciato un numero inaudito di
orfani, contandosi dagli anni Ottanta venti milioni di morti. In certi paesi un bambino su dieci non ha i genitori, e la situazione va sicuramente
peggiorando. Nei paesi della seconda ondata del virus — Nigeria, Etiopia, Russia, India, Cina, Brasile, Ucraina e stati dell’Asia centrale — la
malattia continuerà a propagarsi al di là dei gruppi ad alto rischio, per
raggiungere la popolazione in senso ampio. L’espansione delle aree colpite dal virus può diventare un ovvio ostacolo alla globalizzazione.
Per quanto riguarda le donne, sicuramente si vedrà un migliora-
DOSSIER INTELLIGENCE
più solidali tra loro. Inoltre grazie a Internet si avvia un decentramento
sempre maggiore: i gruppi terroristici non avranno bisogno di una sede
generale per progettare ed eseguire le loro operazioni.
Prima del 2020 nessuno Stato avrà raggiunto una posizione tale da
permettersi di poter rivaleggiare apertamente con gli Stati Uniti, molti
paesi però saranno in grado di far pagare un prezzo molto pesante alla
potenza americana in caso di attacchi, compreso l’Iran e la Corea del
Nord. Allo stesso tempo la guerra al terrorismo sarà chiaramente più
complessa data la decentralizzazione delle cellule. Durante i prossimi
quindici anni acquisteranno sempre più peso grandi questioni etiche, da
cui deriveranno divisioni notevoli dell’opinione pubblica mondiale, in
grado persino di far vacillare il ruolo guida degli USA.
L’alta aspettativa di vita continua a confermarsi, ma in più di quaranta paesi, compresi molti Stati africani, dell’Asia centrale e in Russia, la
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Intelligence & Storia Top Secret
mento generale della loro situazione in quasi ogni Paese del mondo,
ma ancora nel 2020 non si assisterà alla totale uguaglianza di diritti, di
libertà, di educazione o di salari. In Medio-Oriente le nuove generazioni
riconosceranno l’importanza di una sposa istruita, mentre in Cina e in
India la preferenza per il figlio maschio dominerà ancora, rinforzata
dalle politiche di governo del controllo delle nascite. In questi ambiti,
la donna è maggiormente a rischio di infanticidio, rapimento e traffico
organizzato, che nel 2020 sarà secondo solo al traffico di droga, favorito in Cina dal numero sproporzionato di celibi (si calcola una penuria di
donne pari a trenta milioni). Un’altra tendenza inquietante a discapito
delle donne sarà la femminizzazione del virus dell’AIDS: la percentuale
di donne infette aumenterà in tutto il mondo, eccetto in Europa Occidentale e in Australia, il 75% degli individui infetti dal virus saranno
donne.
In questa situazione generale si dispiegano i quattro scenari precedentemente citati.
Lo scenario de “Il mondo secondo Davos” è il più positivo: illustra
una sorta di globalizzazione felice. È proposto sotto forma di una lettera
immaginaria scritta dal direttore del Forum economico mondiale all’ex
direttore della Banca centrale americana, alla vigilia della riunione annuale a Davos (in Svizzera), dove vengono descritti soprattutto i cambiamenti dovuti all’emergenza dei giganti asiatici. Gli immensi mercati
interni di questi paesi diventano l’epicentro del commercio e delle tecnologie mondiali. Siamo nel 12 gennaio del 2020, le nazioni di tutto il
mondo si sono sforzate di trovare «un equilibrio fragile tra sicurezza e
apertura sul mondo» 3.
L’Impero di Mezzo ha dovuto affrontare un momento di forte crisi
economica, superato esclusivamente grazie al suo mercato interno, ancora una volta sottovalutato dalle economie occidentali. L’Europa non
si è sentita minacciata dalla crescita della Cina e di tutta l’economia
asiatica, al contrario ha visto in essa un ottimo contrappeso alla dominazione statunitense. Dopo un periodo di forte attrito tra Cina e USA, le
due potenze però si sono coalizzate contro l’Europa stessa per quanto
riguarda la questione degli organismi geneticamente modificati. Infatti,
grazie ai notevoli sviluppi nel settore della biotecnologia, è stato possibile emancipare dalla povertà milioni di individui.
La “Pax Americana” intravede un mondo dove gli Stati Uniti restano
una superpotenza che si trova ad affrontare i cambiamenti del paesaggio
politico globale. Lo scenario è presentato come la pagina di diario del
Segretario Generale delle Nazioni Unite del 2020. 11 settembre 2020,
Stati Uniti e Europa hanno trascorso un lungo periodo di tensione ma
hanno finito per unirsi di nuovo. L’occasione è venuta da una serie di
Il mondo delle Informazioni
gli infedeli» 5. Si trattava di un giovane predicatore che faceva discepoli ovunque: prima ancora di essere proclamato califfo, successore
del Profeta, era riverito da tutti i fedeli. Non apparteneva ad Al-Qaïda
o a movimenti politici. Dalla sua proclamazione è risultato che tutti i
musulmani anche non praticanti hanno ripreso coscienza della propria
DOSSIER INTELLIGENCE
attacchi terroristici ingiustificati in Europa nel 2010, i quali hanno costretto l’opinione pubblica europea a “supplicare” gli USA di rafforzare
le sue azioni contro il terrorismo. L’Europa ha compreso la Turchia al
suo interno, e si è resa conto che i suoi confini toccavano direttamente
il Medio-Oriente, cosa che l’ha costretta a riconsiderare tutti i problemi
legati a terrorismo e fondamentalismo. Di conseguenza l’Europa ha
contribuito a persuadere gli USA che bisognava risolvere i problemi della
Palestina, ancora considerata la radice dei problemi in Medio-Oriente.
Gli USA sentono il peso del loro ruolo di “gendarmi del mondo” 4 e cominciano a lasciare all’Europa la responsabilità dei propri vicini.
“Un nuovo califfato” è lo scenario che si presenta come una lettera
scritta da un fittizio nipote di Bin Laden a un membro della sua famiglia. 3 giugno 2020, chi scrive la lettera dice che nessuno si era accorto
dell’emergere del giovane califfo, erano «tutti sorpresi, i credenti come
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Intelligence & Storia Top Secret
identità e della propria fede e, in Europa come in USA, hanno lasciato i
parenti occidentali per tornare alla propria terra natale; persino la figlia
di un senatore statunitense si fa fedele al nuovo califfo. Anche il Papa
ha cercato il dialogo. Con il nuovo califfato tutto ciò che gli occidentali
avevano cercato di imporre, democrazia e Stati-Nazione, perde valore.
Tuttavia si spacca la comunità musulmana e si inaspriscono le lotte
interne tra sciiti e sunniti; i musulmani inoltre si sono ormai abituati
a tutti i comfort occidentali che non vogliono abbandonare. In questo
clima di guerra civile, le classi medie arabe cercano di emigrare verso
l’Europa, creando una situazione di caos totale. Il nuovo califfato non
solo non pone fine al terrorismo ma genera conflitti ulteriori.
“Il ciclo della paura” è lo scenario più pessimista. Si tratta di ciò
che potrebbe succedere se gli Stati fossero costretti a prendere misure
di sicurezza repressive su larga scala, in seguito alla disseminazione
di armi di distruzione di massa e alla moltiplicazione degli attacchi
terroristici. Paradossalmente in questo clima di grave tensione gli Stati
cercherebbero di garantirsi delle armi di distruzione di massa per la
propria protezione, facendo così la fortuna dei mercanti d’armi clandestini, i quali però allo stesso tempo sono minacciati dalle leggi sempre
più dure, «legge marziale, operazioni preventive, misure speciali» 6. Lo
scenario ha la forma di uno scambio di SMS tra due mercanti clandestini.
Nessuno dei due sa mai veramente chi c’è all’altro capo della linea telematica, potrebbero aver trattato con terroristi o con agenti del governo
e non saperlo, facilitati come sono dalle tecnologie della telecomunicazione. Uno dei due non agisce solo per denaro, ma per cercare di creare
un’uguaglianza tra gli stati musulmani e quelli occidentali, almeno per
quantità di armi nucleari. Il fattore ideologico rappresenta un aspetto
complesso della lotta contro la diffusione delle armi di distruzione di
massa. Trovare un equilibrio in questa situazione di totale insicurezza e
repressione sarebbe la più grande sfida per i governi; molto probabilmente in questo caso la globalizzazione sarebbe la prima vittima.
Note
1.
A ADLER, Le rapport de la CIA.Comment sera le monde en 2020?, Éditions Robert Laffont, Paris 2005, p. 78
2.
Ivi, p. 87
3.
Ivi, p. 135
4.
Ivi, p. 179
5.
Ivi, p. 205
6.
Ivi, p. 241
Il mondo delle Informazioni
Disinformazione, geopolitica e bestseller, un cocktail micidiale. È in atto
una guerra segreta che utilizza la Storia come arma
Vittorio Di Cesare
L
a sala circolare dello Shrine Museum of the Book, il Museo
Santuario del Libro, a Gerusalemme, è immersa nella penombra rotta appena dalla luminescenza giallastra delle vetrine
contenenti i testi trovati nelle grotte di Qumran, sul Mar Morto. È a
tutti gli effetti un bunker costruito a prova d’esplosione nucleare. Nella
malaugurata ipotesi l’evento accadesse, una struttura a tamburo a forma
di Torah calerebbe in un pozzo chiudendo ermeticamente le reliquie, affidandole all’oscurità di un ambiente che le conserverebbe integre fino
a quando il mondo non tornasse ad essere vivibile.
Quel giorno sarebbe Al Qush Day, la fine di Israele, della capitale
dell’ebraismo, del cristianesimo e della tradizione islamica.
Anche i “Rotoli” conservati nello Shrine Museum of the Book raccontano in effetti storie apocalittiche a base di faide tra sacerdoti israe-
Figura 1. Lo Shrine Museum of the Book a Gerusalemme
DOSSIER INTELLIGENCE
IL POTERE SEPOLTO
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Intelligence & Storia Top Secret
liti, di guerra tra soldati romani e Zeloti, patrioti che nel 130 d.C. si asserragliarono inutilmente nelle grotte di Qumran sperando, sconfitti, in
una Apocalisse prossima ventura. Testi profetici, come quello di Isaia,
lungo più di sette metri, conservati nel Museo del Libro, testimoniano
la preoccupazione dell’uomo di fronte al cambiare dei suoi tempi, delle
vicissitudini politiche e religiose di un paese che non è mai stato in pace
e di un Messia, immaginato e preconizzato 500 anni prima che arrivasse
davvero, sebbene non tutti lo avrebbero riconosciuto come tale.
Nonostante i 2500 anni e più passati dall’epoca nella quale le minute lettere in “carattere onciale”, com’è definita la scrittura dei rotoli
di Qumran, riempirono quelle pergamene, Gerusalemme è ancora la
spina nel fianco del mondo. È come se questa città provocasse una
distorsione spazio-temporale coinvolgendo passato e presente, annullandone lo scorrere cronologico, facendo sì che l’oggi si sovrapponga
ad avvenimenti remoti per via di una straordinaria piega relativistica del
tempo. Israele, la Palestina, il Medioriente sono gli scenari apocalittici
preconizzati dai testi profetici che sonnecchiano all’interno del bunker
a forma di Torah. Sono l’eredità di un problema irrisolto che viaggia nel
tempo, il risultato di un male che soffia sul fuoco di antichi contrasti
cercando di far avvenire quell’apocalittico armagheddon finale.
A chi si occupa di intelligence però, non passa inosservato il fatto che
ancora oggi nella stampa nazionale e internazionale, si trovano indicatori di “avvelenamento”, di “inquinamento” sociale e culturale tendenti
a produrre fenomeni di conflitto razziale usando proprio quelle storie
narrate dagli antichi rotoli. In altre parole, si scopre che esiste una paraletteratura contenente attacchi subdoli, quanto efficaci, ai fondamenti
dell’ebraismo e del cristianesimo strumentalizzando persino le scoperte archeologiche degli antichi documenti. Si utilizzano disinvoltamente
storie legate alla religione cristiana ed ebraica per insinuare dubbi fatti
passare come “rivelazioni”, rivisitazioni storiche. È un fenomeno antico
già riscontrato fin dagli inizi del secolo scorso, sebbene negli ultimi
tempi questo tipo di operazione stia diventando parossistica.
Seminare il dubbio può essere utile per controllare le dinamiche di
una situazione politica, per determinarne il ritmo e calcolare gli eventi
riducendo i costi e controllare i rischi di un conflitto aperto con l’avversario. Un obiettivo è fatto segno da azioni tese a manipolare la visione
della realtà per indurre l’avversario a intraprendere azioni favorevoli
ai propri interessi. L’uso intenzionale della disinformazione fuorvia gli
avversari, crea incertezza, diventa uno strumento vitale della guerra
psicologica. I moderni progetti politici di disinformazione tendono a
controllare i media per raggiungere un pubblico più vasto gettando discredito con informazioni contraddittorie. La segretezza, che maschera
questo lavoro di produzione di falsità, aumenta la confusione dell’obiettivo circa l’interpretazione dell’autenticità delle informazioni, dando
Il mondo delle Informazioni
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DOSSIER INTELLIGENCE
Figura 2. Le grotte di Qumran al cui interno furono rinvenuti i celebri Rotoli
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Intelligence & Storia Top Secret
avvio ad un processo mentale logorante. La disseminazione strategica è
un’operazione di grande efficacia, e anche se non tutti i media sono raggiungibili ed usabili allo scopo, l’avvento dell’era elettronica ha aumentato la possibilità di raggiungere una massa notevole di pubblico. Anche
se la verità è ampiamente conosciuta, la menzogna può continuare a
spargere i suoi veleni finché non è scoperta e sconfessata. Attaccare e
influenzare gli obiettivi, instillare il dubbio per impaurire le menti degli
antagonisti, distruggerne l’equilibrio mentale con azioni che creino il
panico fra la popolazione civile dell’avversario, incitando paura e stanchezza o sentimenti di impotenza, non è difficile da effettuare.
La guerra psicologica può essere condotta a tutti i livelli, inserita
nelle attività intellettuali di una nazione, nella vita politica, nella diplomazia, nella religione, nell’economia. Insomma, le guerre future
possono avvenire tra paesi lontanissimi tra loro ma i cui obiettivi saranno quelli di scatenare forze capaci di sconfiggere l’avversario senza
ricorrere alla lotta, secondo l’assioma che insegna ad attaccare la mente
del nemico anziché attaccare le sue città fortificate.
Il sistema per smantellare le convinzioni ed il morale possono passare attraverso l’invenzione di una Storia new age, il cui ruolo sta diventando fondamentale nella cultura del XXI secolo. Alcuni autori, che
si definiscono archeologi o storici, annunciano scoperte che vorrebbero
rivoluzionare ogni punto fermo conquistato dalla Storiografia. La confusione diventa parossistica. Camuffate in ricerche di tutto rispetto, si
formulano nuove ipotesi, si cambiano le carte in tavola, trasformando e
distorcendo la storia, rimodellandola, randomizzandola. Ci si dimentica
delle prove materiali, delle caratteristiche culturali tipiche delle varie
civiltà, delle datazioni, delle ricerche sul campo. Le ipotesi trionfano
sulle prove. È più comodo che scavare nella polvere.
Ci si pone una domanda: chi ne trae beneficio? Affari editoriali
a parte, a chi queste teorie fruttano qualcosa? Insomma, il “Grande
Gioco”, come lo scrittore Rudyard Kipling chiamava l’Intelligence e
lo spionaggio, continua ad attingere dal passato, serbatoio contenente i
preamboli di nuove battaglie e rivendicazioni nel nome di fantasmi che
continuano ad appiccare i fuochi della discordia e dell’odio.
Il caso Carter
Possiamo fare un esempio di come avviene questa guerra psicologica partendo da un episodio accaduto nel 1922, un avvenimento che
nel tempo ha fornito il pretesto per mettere in dubbio l’origine del popolo ebraico. In quell’anno l’archeologo Howard Carter (Kensington,
1873–Londra, 1939) comunicava al mondo di aver scoperto la tomba
del faraone Tutankhamun (c.a 1347–1339), re della XVIII dinastia morto
giovanetto e dimenticato nella Valle dei Re in una sepoltura sopra alla
Il mondo delle Informazioni
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DOSSIER INTELLIGENCE
Figura 3. Howard Carter (a sinistra) e il suo mecenate Lord Carnavon
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Intelligence & Storia Top Secret
quale si erano accumulate tonnellate di pietrisco. A partire dai primi
decenni del 1900, Carter aveva portato alla luce in Egitto importanti
sepolture di sovrani egizi, e, grazie ai fondi del ricco mecenate Lord
Carnarvon, scopriva infine la tomba del giovane Tutankhamun, che
stupì il mondo intero per la ricchezza del corredo funebre. Ebbene, da
alcuni documenti biografici si scopre che l’archeologo britannico fu
protagonista di una storia che ha fatto da battistrada ad una probabile
operazione di disinformazione che ancora viaggia nel tempo. Carter
ebbe un diverbio con l’Alto Commissariato al Cairo, litigio terminato
con un’affermazione fatta dall’archeologo a proposito di un papiro ritrovato nella tomba di “Tut” dall’esplosivo contenuto politico.
Sir Lee Keedick, presidente del Keedick Lecture Bureau, cui si
doveva l’organizzazione dei tour di conferenze negli USA e in Canada
effettuate da Carter, raccontò di aver ascoltato direttamente i dettagli
dell’incidente dallo stesso archeologo. Egli aveva minacciato il suo
interlocutore di dare al governo egiziano il vero resoconto dell’Esodo
effettuato dagli Ebrei in fuga dall’Egitto, affermazione che già a quell’epoca poteva avere tragiche conseguenze politiche. Lo scrittore Thomas Hoving affermò che il funzionario con cui Carter si era scontrato
poteva essere il viceconsole. Un altro scrittore T. G. H. James, nel suo
libro Howard Carter: The Path to Tutankhamun (Londra, Kegan Paul,
1992), affermò invece che si trattava del generale Sir Edmund Allenby,
alto commissario dell’Egitto dal 1919 fino al suo congedo nel 1925.
Ma nel Foreign Office List and Diplomatic and Consular Year Book del
1924, il viceconsole, in carica nella primavera del 1924, era invece un
certo capitano Sir Thomas Cecil Rapp (1893-1984), poi diplomatico in
varie sedi nel mondo, nelle cui memorie però non esiste nessun riferimento all’incontro con Howard Carter. È possibile che la citazione dei
papiri non fosse altro che un bluff di Carter allo scopo di impressionare
il diplomatico britannico? Thomas Hoving, nel suo libro Tutankhamun:
The Untold Story, sostenne che:
Carter, naturalmente, non aveva trovato nessun papiro o antico documento
di sorta nella tomba, tanto meno documenti di una natura politica delicata.
L’unica spiegazione per la sua bizzarra minaccia è che, adirato oltre ogni limite
di sopportazione da tutto ciò che gli era accaduto, desiderasse, perversamente,
offendere il viceconsole britannico.
I papiri esistono?
Effettivamente il martedì 28 novembre 1922, Lord Carnarvon inviava
una lettera all’amico egittologo Alan H. Gardiner, facendo riferimento
oltre ai tesori scoperti nella tomba, ad alcuni papiri: «[…] La scoperta è
straordinaria. [...] Si tratta di Tutankhamen: letti, scatole ed ogni oggetto
Il mondo delle Informazioni
Due righe giusto per dirvi che abbiamo effettuato la scoperta più straordinaria che sia mai stata fatta, ritengo, né in Egitto né in nessun altro luogo. Sono
entrato soltanto in due stanze [forse qui era poco meno che la verità], ma in esse
ci sono abbastanza cose da riempire la maggior parte delle vostre sale al Britísh
Museum (al piano di sopra); e c’è una porta sigillata dove Dio soltanto sa cosa
ci sia. Non ho aperto le [innumerevoli] scatole, e non so cosa contengano, ma
vi sono alcune lettere papiracee, ceramiche, gioielli, mazzi di fiori, candele su
candelieri a forma di “ankh”. Tutto questo si trova nella camera di fronte, oltre
ad un sacco di roba che non si riesce a vedere.
La stampa diffuse la notizia del ritrovamento dei papiri dal mercoledì 29 novembre 1922 e il giorno dopo fu edito anche un resoconto
più dettagliato dei contenuti dell’anticamera, piena di oggetti pregevoli
nonché «una delle scatole conteneva rotoli papiracei che ci si aspetta
frutteranno una gran copia di informazioni». Fino alla domenica 17
dicembre 1922 Carnarvon sosteneva ancora di aver scoperto dei papiri
nella tomba e persino rientrando in Inghilterra, intervistato da un corrispondente di “The Times” nel porto di Marsiglia, pare sostenne ancora
Figura 4. Il faraone eretico Akhenaton (Amenofi VI, 1367–1350)
DOSSIER INTELLIGENCE
immaginabile. C’è una scatola con dentro alcuni papiri; il trono del re,
la più meravigliosa sedia rivestita che tu abbia mai visto [...].»
Lord Carnarvon citò nuovamente i misteriosi papiri il venerdì primo
dicembre 1922 quando comunicò a Sir Edgar A. Wallis-Budge, custode
delle Antichità Egizie ed Assire del British Museum:
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Intelligence & Storia Top Secret
che «una delle scatole contiene rotoli di papiri che ci si aspetta faranno
luce sulla storia di quel periodo, e altri papiri potrebbero venire scoperti
in altre scatole che devono ancora essere esaminate». Sembra anche che
Carter telegrafò a Gardiner per convincerlo ad accettare il lavoro filologico di traduzione del papiro trovato nell’anticamera della tomba. Carter e Lord Carnarvon erano dunque certi di quello che dicevano. Resta il
fatto che né il papiro, né il funzionario inglese al Cairo col quale Carter
aveva litigato, sono stati identificati. Ciò che è evidente, invece, è che
all’epoca dire di aver trovato un papiro con la vera storia dell’Esodo
fece scatenare fiumi di adrenalina nelle vene dei politici e dei giornalisti, qualcosa che se accadesse oggi, avrebbe ripercussioni incredibili a
livello internazionale. Infatti, quella sciagurata affermazione di Carter
non cadde nell’oblio come avrebbe dovuto. Anzi.
Una storia dura a morire
L’affermazione di Howard Carter ha continuato a produrre ipotesi come per un processo teleonomico prendendo origine ancora una
volta dall’Egitto. Il mistero dell’Esodo coinvolge questa volta Tell-El
Amarna, oggi un luogo turistico dove un tempo sorgeva la città egizia di
Akhet-Aton, l’Orizzonte di Aton, costruita dal faraone eretico Akhenaton (Amenofi VI, 1367–1350). La località si presenta al visitatore come
una distesa desolata, ondulata da rilievi di fango sotto il quale ci sono i
resti delle antiche abitazioni. L’anfiteatro di colline rocciose che gli fanno da sfondo riverberano il calore del sole come uno specchio ustorio
bruciando la pianura solcata dal Nilo, le cui acque riescono appena a far
crescere cespugli di papiro e qualche boschetto di palme. È questo il posto dove un tempo sorgeva la città degli eretici capeggiati dal farone che
Figura 5. Il “Papiro Harris”, un testo magico egizio detto “Libro dei Morti”
Il mondo delle Informazioni
Il segreto nei geroglifici
Esaminando attentamente gli affreschi che ornano le tombe della
Valle dei Re, Messod e Roger Sabbah sostengono di aver scoperto che
i geroglifici egizi sono i capostipiti della scrittura ebraica. Poiché non
esiste nessuna traccia archeologica dell’uscita degli ebrei dell’Egitto,
com’è descritta nella Bibbia, i due pensano che questo avvenimento sia
stato tramandato dalla storia di un’altra espulsione: quella degli abitanti
egizi della città di Akhet-Aton. Dopo la morte del faraone verso il 1344
a.C., la capitale Akhet-Aton si sarebbe svuotata dei suoi cittadini, su
ordine di un nuovo faraone. Quest’azione sarebbe testimoniata, dicono
i due ricercatori, dalle lettere dell’alfabeto ebraico originate, secondo
gl’ideatori di questa teoria, dai geroglifici.
Partendo da questa tesi hanno decifrato la Genesi individuando tratto per tratto la cosmogonia egiziana. Decifrando la Bibbia con questo
sistema i nomi di Abramo, di Sara, di Isacco, di Rebecca, di Giacobbe,
di Labano e molti altri, dissimulerebbero i nomi e i titoli dei reali egizi. Ad esempio, Giuseppe sarebbe l’immagine trasformata del faraone
Ay (Eje, 1339–1335) conosciuto dagli egittologi. L’Esodo, con questi
presupposti, si sarebbe svolto in diverse fasi. Mosé diventa un generale
egiziano, Ra-Messou, che diventerà Ramsete I della XIX dinastia (1308–
1194). Infine Akhenaton: il faraone monoteista non sarebbe altri che
Abramo vissuto, secondo questi due new entry della fantarcheologia,
DOSSIER INTELLIGENCE
voleva sfuggire al clero del dio Amon, al politeismo che aveva riempito
i templi dell’Egitto di divinità antropomorfe.
Di recente due ricercatori di origine ebraica nati in Marocco, Roger
e Messod Sabbah, sostengono di aver scoperto dopo venti anni di ricerche che il popolo ebreo, quello dell’Esodo, altro non sarebbe che la
popolazione egiziana di Akhet-Aton, la capitale di Akhenaton. L’esame
dei testi della Bibbia ebraica in aramaico, l’antica lingua parlata da
Gesù, comparati ai geroglifici egiziani, avrebbe portato Roger e Messod Sabbah a dubitare della storia tramandata dalla tradizione ebraica
fino al XXI secolo della nostra era, asserendo di aver trovato la chiave
per comprendere l’origine del monoteismo.
I due fratelli sono partiti dalla domanda: com’è possibile che una
popolazione vissuta per 430 anni in Egitto, dei quali duecentodieci in
schiavitù, sotto parecchi faraoni, non abbia lasciato nessuna traccia di
sé? Come fu possibile per loro installarsi in Palestina senza nessuna
reazione dell’autorità faraonica sebbene l’Egitto amministrasse questa
provincia? Come ha potuto questo popolo, impregnato delle tradizioni
egizie, fuggire impunemente? Perché non è stato mai rinvenuto niente
della presenza degli ebrei in Egitto, nella sabbia, nelle tombe, nei tempi
o sulle steli?
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Intelligence & Storia Top Secret
verso il 1358 a.C. anziché nel 1900 a.C., come comunemente si pensa.
Uno studioso, Roland de Vaux, dette una spiegazione a questo problema.
Secondo lui gli esodi furono due. Uno fu un esodo-fuga, quello degli
Egizi al seguito di Akhenaton , l’altro un esodo espulsione, quello degli
Ebrei al seguito di Mosé. La ricerca dei due rabbini potrebbe al limite
anche essere interessante e originale se si fermasse alle similitudini tra
le lettere ebraiche e l’alfabeto egizio. È un paragone possibile visto che
i due popoli vissero a stretto contatto di gomito per oltre 400 anni.
Sono purtroppo le conclusioni che forzano ancora una volta la storia
per confermare un’ipotesi partendo da un presupposto anziché dalle
prove materiali.
Il Tesoro del “Rotolo di Rame”
La tesi dei due rabbini si appoggia su un altro precedente, oltre all’affermazione già vista dell’archeologo Howard Carter. Un misterioso
LA TEORIA DEL “CAVALLO DI TROIA”
Fiction letteraria e paraletteratura, un’arma a tempo capace di modificare
il futuro
S
e si vuole diffondere un’idea che potrebbe scompaginare i punti
fermi di un avversario, oppure un nuovo concetto che potrebbe
infrangere i vecchi schemi morali, più che divulgarla direttamente,
incontrando la possibile resistenza del “super-Io” vigile del lettore, si cerca
di subliminarla attraverso la fiction letteraria. È il sistema del “Cavallo di
Troia”, ovvero rendere gradevole e accettabile ciò che in realtà contiene elementi distruttivi. La nuova idea, quella che potrebbe rivoluzionare culturalmente un paese, è inserita in un filone narrativo, in trame contenenti gli elementi necessari a rendere gradevole e appetibile il worm che potrà attecchire
più facilmente. Misteri religiosi, papiri e pergamene, archeologia più o meno
fantastica e storia rivisitata sono capaci di oltrepassare le difese della cultura
reale per crearne una virtuale. In un confronto tra giocatori di uno scenario
geopolitico in cui si vuole utilizzare la disinformazione, le intelligence devono
quindi scoprire il gioco del giocatore più furbo.
Ad esempio, l’attacco alle tradizioni cristiane ed ebraiche dell’Occidente
sta avvenendo nella maniera più banale, attraverso idee mischiate a romanzi
e saggi le cui trame attaccano la fede di ebrei e cattolici. Si potrebbe pensare
che ci sono agenti segreti nelle vesti di storici, archeologi e autori, o storici, archeologi e autori prestati ai servizi segreti di nazioni che cercano d’insidiare il
dubbio, banalizzare le idee religiose e morali. Sono esistiti, ed esistono, personaggi che hanno cercato nel passato le ragioni delle rivendicazioni territoriali,
Il mondo delle Informazioni
il motivo per scatenare il fondamentalismo religioso, cercare identità razziali
nelle radici stesse del tempo. Il passato conserva nella polvere un’esplosiva
miscela di segreti capaci di scatenare conflitti e divisioni. Eventi accaduti
millenni fa, possono ancora determinare il presente, condizionarlo grazie al
potere di alcuni uomini di scavare nel passato per farlo rivivere. La figura
dello storico-agente segreto non è mai caduta in disuso. Se ieri facendo Storia
si poteva fare spionaggio, oggi facendo spionaggio si può fare Storia. Ciò che
restano invariate sono le finalità cui sono destinate ricerche e risultati dalle
implicazioni politiche pericolose. La Storia, più che lo storico, è una materia
esplosiva specie se usata per disinformare. Il passato è usato per destabilizzare paesi, religioni e tradizioni innescando la miccia dell’odio razziale e del
fondamentalismo. L’atmosfera oggi è quella dei tempi del primo cristianesimo
quando ci si scontrava sull’interpretazione delle Scritture, o dell’eresia marcionita, quando si arrivò a rifiutare l’Antico Testamento perché non ci si voleva riconoscere come figli di un Dio ritenuto volubile, capriccioso, ignorante,
dispotico e crudele. Si rifiutò anche il Vangelo, ritenendo il Nuovo Testamento
l’eredità del precedente.
Ancora oggi, mentre l’Occidente è preso da sterili querelle sulla natura
umana di Cristo, sulla sua effettiva resurrezione, frugando in cerca di lumi
tra i manoscritti dei primi cristiani o delle sette religiose ebraiche dell’epoca
del Secondo Tempio, si finisce per dimenticare di citare le proprie origini cristiane nella costituzione del Parlamento europeo. Naturalmente anche i fondamenti dell’ebraismo sono messi in discussione. Per questo gli episodi biblici
della Genesi o dell’Esodo vedono schierarsi storici e ricercatori cercando di
dimostrare l’erroneità dei racconti biblici.
DOSSIER INTELLIGENCE
documento, il “Rotolo di rame” scoperto in una grotta nell’area israeliana di Qumran nel marzo del 1952 sul Mar Morto, è stato analizzato
da un ingegnere metallurgico, Robert Feather, appassionato dell’Antico
Oriente, che sostenne più o meno quanto affermano oggi la tesi di Messod e Roger Sabbah.
Il “Rotolo di rame” fu nascosto all’epoca della distruzione del Tempio. Restaurato in Francia e pubblicato nel 1952 dallo studioso Josef
Milik, suscitò immediatamente l’interesse degli archeologi rivelando un
inventario di tesori e il catalogo della loro ubicazione. Da allora in molti
hanno cercato di scoprire questo ingente capitale costituito da lingotti
d’oro, monete d’argento e anfore piene di gioielli. Ma i dubbi sollevati
dall’eccezionale rinvenimento sono tantissimi.
L’elenco, compilato tra il 150 a.C. ed il 70 d.C., presenta passaggi
enigmatici tipici dell’ebraico biblico del secolo 800–900 a.C. Alcune
lettere greche poste in alcuni punti del rotolo, formerebbero, sostiene
Feather, il nome di Akhenathon, sì ancora lui! Cosa c’entrava questa
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Intelligence & Storia Top Secret
volta il faraone con Qumran? Cosa ci faceva quell’elenco nascosto in
una grotta? Secondo Feather, il sistema di numerazione del “Rotolo di
rame” è quello usato in Egitto nel 1300 a.C., e anche i pesi indicati
sembrano riferiti al kite, un’unità di misura degli Egizi. I tesori erano
dunque egiziani. Non si spiegherebbe altrimenti l’ingente quantità di
metalli preziosi elencati. Una valutazione della NATO sulla produzione
di oro nella preistoria ha valutato che la quantità elencata nel “Rotolo” (44,3 tonnellate) sarebbe stata pari al 25% della scorta mondiale
dell’epoca. L’argento indicato nella lista (22,9 tonnellate) equivaleva
invece alla riserva del mondo intero!
Gli Esseni, votati alla povertà, non potevano possedere un tesoro
così grande, né avrebbero accettato di custodire quello del Tempio,
considerando l’antagonismo esistente con i sacerdoti di Gerusalemme.
Secondo la tesi di Feather, una
colonia di mercenari ebrei al seguito della corte di Akhenathon, il
faraone che aveva costruito la città
di Amarna per il culto monoteistico del Sole, all’epoca della restaurazione religiosa del dio Amon, si
ritirò sull’isola di Elefantina, nei
pressi di Assuan, con il tesoro del
tempio del dio Aton.
Secondo questa tesi il principe
egiziano Mosè trasferì in Palestina
questo tesoro ed in parte lo nascose lungo il Nilo. Il “Rotolo di
rame” sarebbe dunque una copia
tarda dell’elenco, composto dal
patriarca su un foglio di rame proveniente dagli armadi degli scribi
di Amarna.
Immaginiamo quindi un Mosé
egiziano, confuso addirittura con
la figura del faraone Akhenathon,
un connubio antistorico alquanto
improbabile.
In realtà, la presenza del
“Rotolo di rame” (nella foto a
lato) nella caverna nei pressi di
Qumran potrebbe essere spiegata
dalle aspettative apocalittiche di
chi abitò le grotte isolate sul Mar
Morto: sacerdoti eremiti fuggiti
Il mondo delle Informazioni
DOSSIER INTELLIGENCE
dalla Gerusalemme divisa da guerre di potere e dalla conquista romana.
Molti dei testi ritrovati sostenevano che sarebbe giunta una guerra tra i
“Figli della Luce” (i Giusti) e i “Figli delle Tenebre” (il resto del mondo,
forse i Romani). I “puri”, come si definivano gli eremiti di Qumran,
avrebbero vinto e a loro sarebbe spettata la restaurazione del Tempio e
la ricostruzione di Gerusalemme.
Quel testo, inciso su un rotolo di rame, fu poi nascosto in una grotta
del Mar Morto in attesa di utilizzarne le indicazioni per ricostruire il
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Intelligence & Storia Top Secret
nuovo Tempio: il terzo. Si sa che la ricerca e lo studio dei papiri spesso è
stata associata, come del resto l’archeologia, alla politica. In effetti, una
caterva di letteratura fantastica, associata a un certo tipo di trasmissioni
televisive a base di misteri veri o ritenuti tali, offrendo la promessa di
conoscenze svelate e proponendo problematiche new age ormai datate,
addormentano le coscienze distogliendole da un impegno sociale più
serio. Quali potrebbero essere le conseguenze di questa insistenza nel
voler togliere ad un popolo la propria originalità?
Le teorie traviserebbero a tal punto le tradizioni che si potrebbe arrivare ad un nuovo conflitto arabo–israeliano, questa volta sulle frontiere
del Sinai rivendicato dal fondamentalismo religioso.
Una lobby editoriale propone in vario modo mistificazioni storiche,
elucubrazioni gnostiche e un ritorno a un medioevo culturale. Viene
il sospetto che sette cristiane apocalittiche, fondamentalismi religiosi
vari, o semplice cretineria mediatica infiltrino in un certo tipo di letteratura idee destabilizzanti destinate a chi non sa distinguere il vero dal
falso, non disponendo dei filtri della vera e propria cultura.
Come raggiungere quelle persone che non leggono giornali e sono
indifferenti, se non insofferenti, ai “concioni” politici? Con il romanzo.
C’è quello storico, il thriller fantapolitico, quello politico-religioso, il
saggio e il thriller tecnologico. Vari aspetti di un mezzo capace di far
credere che quanto si racconta contenga un bel po’ di verità.
È il sistema più subdolo ma efficace per inserirsi nella testa della
gente mutandone l’atteggiamento nei confronti dei loro punti fermi,
nella loro indifferenza sulla quale, tuttavia, gioca il desiderio di impegno sociale. In tutti funziona un inconscio meccanismo psicologico di
partecipazione che sfocia in una voce interiore che suggerisce: «sento
di essere chiamato ma non so da che direzione venga questa voce, non
capisco cosa voglia da me anche se sento un immenso bisogno di obbedirgli». I lettori, che s’addentrano inconsapevoli nei meandri di queste
tesi senza un background culturale capace di immunizzarli, sono affascinati dalle presunte rivelazioni, al punto da creare una pseudo–cultura
che dà per concrete queste illazioni, pericolose sotto il profilo politico
— come dare per certa la discendenza di un popolo ritenuto occupante
una terra contesa, insanguinata da millenni di guerre dichiarandoli a
tutti gli effetti egiziani.
Benzina sul fuoco, quindi, che incendia gli animi e cerca di favorire
una campagna antisemita partendo da molto lontano nel tempo.
Vittorio Di Cesare, docente in Intelligence presso il Corso di Scienze dell’Investigazione dell’Università dell’Aquila
DOSSIER SECURITY
a cura di Lando D.Rajola Pescarini
Il mondo della Sicurezza
I sistemi informatici statunitensi sono attaccati in maniera massiccia
da virus lanciati da siti Web con base in Cina. Il Pentagono ha dato
all’operazione il nome in codice “Titan Rain”
D
a circa due anni le agenzie di sicurezza USA hanno cominciato a monitorare una serie di incidenti relativi a tentativi di
attacco alle reti informatiche statunitensi. Centinaia di queste reti sono state sottoposte ad attacchi da parte di programmi del tipo
worms o trojan horse che, una volta installati al loro interno, avrebbero
potuto dare origine a fughe di dati sensibili verso destinatari non autorizzati. Ultimamente questi attacchi si sono intensificati in maniera tale
da costringere il Pentagono a moltiplicare gli sforzi per la messa in atto
di nuovi sistemi di intrusion detection e per la formazione di esperti in
sicurezza informatica.
DOSSIER SECURITY
TITAN RAIN: ASSALTO AL WEB
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Intelligence & Storia Top Secret
I pirati del mar della Cina
Con lo sviluppo delle tecnologie informatiche una gran parte delle
attività di intelligence si è spostata nel Web. La lotta informatica rientra
ormai nella dottrina militare delle superpotenze, come dimostra il fatto
che nei rapporti del segretario per la Difesa USA, tra le altre considerazioni in merito a rischio di attacchi da parte degli “stati canaglia”, intere
sezioni vengono dedicate allo sviluppo dei sistemi di attacco informatico. In caso di conflitto, un vantaggio consistente lo si ottiene sia dominando il settore dell’acquisizione delle informazioni sia bloccando la
possibilità di comunicazione dell’avversario. Nei conflitti moderni diventa pertanto fondamentale acquisire il controllo del territorio virtuale
costituito dal Web, dove le informazioni vengono scambiate e dove oggi
passa gran parte delle comunicazioni.
Non va dimenticato che la stessa rete Internet è nata proprio come
struttura di back up delle comunicazioni messa a punto dal Dipartimento della Difesa USA da utilizzare, in caso di conflitto nucleare, a seguito
della distruzione delle altre forme di trasmissione delle informazioni.
Non stupisce pertanto che secondo il Dipartimento si ritiene che l’Armata di Liberazione del Popolo cinese, nella sua dottrina, consideri il
controllo delle reti informatiche un fattore fondamentale ai fini della
dominazione elettromagnetica indispensabile, nelle prime fasi di un
eventuale conflitto, per il controllo del campo di battaglia.
La Cina popolare avrebbe pertanto creato delle unità specializzate
nella guerra informatica, nella creazione di virus di attacco alle reti
avversarie e in tattiche di protezione delle reti nazionali e alleate. È
in quest’ottica che sarebbero scaturite le aggressioni degli ultimi anni
alle reti USA. In realtà non tutte le opinioni concordano sul fatto che gli
attacchi siano dovuti ad hacker cinesi.
È stata infatti avanzata l’ipotesi che possa anche trattarsi di hacker di
altre nazionalità che gettano fumo facendo partire i loro attacchi dai siti
Web cinesi. La cosa certa è che gli attacchi partono proprio dal paese
della grande muraglia e che utilizzano appositi programmi anziché la
tecnica del social engineering, propria degli hacker americani.
C’era una volta in America
Uno dei problemi più grossi che si sono trovate ad affrontare ultimamente le corporation USA, così come i loro dipendenti, è stata la diffusione del phishing, ovvero il furto dei dati da poter poi sfruttare per fini
più o meno leciti. Ma gli hacker americani sembrano, rispetto ai loro
colleghi con gli occhi a mandorla, più propensi all’utilizzo del social
engineering che alla ricerca ed allo sviluppo di software e programmi
maliziosi. Il social engineering è un termine con cui si descrive un tipo
Il mondo della Sicurezza
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DOSSIER SECURITY
Figura 1. Una rete informatica, le sue connessioni nodali e il fulcro dell’attacco
hacker (activity)
di intrusione informatica di tipo non tecnico. Si tratta di un modus operandi che si basa fortemente sull’interazione umana più simile ad una
truffa che a un attacco informatico. Generalmente una persona dedita al
social engineering cercherà di guadagnarsi la fiducia di qualcuno che
dispone delle autorizzazioni necessarie ad accedere alla rete che vuol
penetrare (più che cercare di installargli virus maliziosi sul computer)
facendo leva sulle debolezze umane quali la vanità, il timore dell’autorità, la naturale propensione a fornire informazioni e dettagli anche
quando non richiesti.
Il social engineer pertanto, fruga nei cestini della carta straccia, memorizza i codici di accesso guardando il collega che li digita da sopra
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Intelligence & Storia Top Secret
le spalle (shoulder surfing), o si avvantaggia della naturale inclinazione
della gente a scegliere password facili da ricordare ma anche da essere
indovinate.
Perfino la vecchia tecnica dell’ascolto microfonico può tornare utile
ad un social engineer. Si tratta quindi in sostanza di un modus operandi
che trasporta vecchie astuzie nel nuovo mondo delle reti informatiche
e che si avvantaggia del fatto che spesso la gente fa fatica a rendersi
conto che in questo nuovo mondo le informazioni di cui si è in possesso
necessitano una tutela sicuramente più accurata che in passato.
Tentativi di intrusione
Ma gli attacchi che hanno dato origine all’operazione Titan Rain non
hanno, come detto sopra, la caratteristica di attacchi originati da azioni
di social engineering. Gli investigatori USA hanno deciso di codificare
con il termine Titan Rain una serie di tentativi di intrusione tramite
software del tipo worm che, una volta installati nel sistema avversario,
si fanno lentamente strada passando poi all’esterno le informazioni
richieste. Generalmente questi tipi di virus sfruttano il protocollo SMTP
(Simple Mail Transfer Protocol). Si tratta del protocollo usato per spedire e ricevere le e–mail. Volendo diffondere qualcosa all’interno di una
rete è chiaramente la strada migliore, dato che utilizzando i contatti
e–mail si può arrivare a contaminare tutti i computer che sono in qualche modo in comunicazione con l’obiettivo colpito.
Ma i virus “made in China”, pur arrivando spesso per via e–mail,
non utilizzano il protocollo SMTP. Questo ha portato a ritenere gli
esperti di sicurezza USA che chi lo ha creato non sia molto addentro in
materia di sistemi di difesa informatica delle corporations statunitensi.
Infatti, se i sistemi di protezione antivirus delle corporations possono
presentare qualche carenza sotto il profilo della tutela SMTP, sono praticamente blindati sotto il profilo dell’aggressione diretta alla rete ed ai
PC collegati. Al giorno d’oggi anche la più piccola impresa statunitense
tutela la sua rete informatica tramite i firewalls, ovvero punti di accesso
obbligati della rete aziendale (Intranet) alla rete mondiale (Internet).
Anzi, spessissimo le reti Intranet non hanno più contatti con l’Internet e
chi vi vuole accedere deve utilizzare PC dedicati e godere di particolari
autorizzazioni da parte del management.
Le considerazioni di cui sopra potrebbero risolvere il conflitto di
opinioni all’interno della cerchia di specialisti di IT security che si sta
occupando del caso. In materia si sono create, come già detto, diverse
scuole di pensiero: una che ritiene che dietro l’attacco vi sia il governo cinese il quale, oltre a testare l’efficacia della sua dottrina, tenta
di appropriarsi di informazioni sensibili, e una che ritiene che dietro
gli attacchi vi siano hacker occidentali che utilizzano i Web site cinesi
Il mondo della Sicurezza
Figura 2. I computer di Pentagono e CIA sono gli obiettivi preferiti degli hacker
DOSSIER SECURITY
solo come copertura. La scarsa conoscenza dei sistemi di protezione
informatica delle corporations, che gli hacker americani conoscono
benissimo, e la poca utilizzazione delle tecniche di social engineering
fanno sicuramente girare l’ago della bussola in direzione di Pechino.
Un ulteriore fattore che fa propendere per la “mente cinese” è la considerazione che gli indirizzi IP (Internet Providers) sono tutti cinesi. Se si
trattasse di un tentativo di dissimulazione a danno dei cinesi, gli indirizzi proverrebbero da ogni parte del mondo. Prima di vedere dietro alla
serie di attacchi il governo cinese, sarebbe però opportuno fare alcune
considerazioni su come si è evoluta l’aggressione.
Le prime versioni del worm erano strutturate in maniera tale da prelevare esclusivamente file di tipo pdf. Questo limite ha consentito che
gli attacchi a tali obiettivi fossero rilevati in tempo. Una certa preoccupazione si è avvertita solo quando una versione più avanzata del worm
ha cominciato a prelevare documenti in formato word o CAD/CAM. Generalmente le informazioni sensibili delle aziende sono custodite in questi
formati (il word per i documenti ed il CAD/CAM per planimetrie).
Gli investigatori americani hanno appurato che le prime versioni del
worm partivano da siti Web con base in Cina (in particolare nelle pro-
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Intelligence & Storia Top Secret
vince di Tianjin e del Guangdong) che offrivano libri di economia per
esami di postgraduation. Poiché il materiale in questione viene generalmente venduto in formato pdf è ragionevole pensare che il gestore del
sito Web utilizzasse il virus per prelevare dagli incauti acquirenti altro
materiale da poter rivendere.
Quando poi l’hacker si è reso conto che stava ricevendo anche materiale contenente informazioni di valore, si è ingegnato a migliorare il
suo software pirata in modo da prelevare documentazione in formato
anche diverso dal pdf. Non solo, gli investigatori hanno rilevato che
in seguito a questa illuminazione, il malintenzionato ha proceduto a
chiudere il sito (dove chiunque in possesso del worm poteva accedere e
prelevare il materiale) per aprirne un altro in cui il processo di trasferimento dei file è di tipo one-way customizzato (e quindi accessibile solo
a lui). È ragionevole ritenere che dietro agli attacchi vi sia, almeno in
origine, l’esclusiva volontà di guadagno più che un disegno politico.
Per evitare la febbre gialla
Che vi sia o no dietro Titan Rain una volontà politica rimane il fatto
che gli attacchi sono reali e che se le Agencies e molte corporations
sono relativamente al sicuro per via degli strumenti di protezione di
cui dispongono, altrettanto non può dirsi per il mondo del business in
generale, soprattutto di piccolo calibro.
Per difendersi è opportuno rinforzare le policies di sicurezza informatica mediante una stretta osservanza delle regole in materia di
password (che seppur non impedisce l’accesso al virus, sicuramente
ne rallenta la diffusione permettendo maggiore efficacia al momento
dell’attività di contrasto); effettuare una politica antivirus (che anche
se non impedisce al virus di entrare nel sistema sicuramente procede a
scoprirlo velocemente e a consentirne la rimozione) e soprattutto una
stretta adozione dei firewalls, il sistema migliore per limitare le possibilità di contagio.
Come nel caso del social engineering, è importante la sensibilizzazione degli utilizzatori dei sistemi informatici. Un po’ di paranoia da
parte di chi usa la rete può essere di aiuto nel rilevare strani contenuti
nelle e–mail o nei siti visitati e consentire la rapida adozione di provvedimenti difensivi. Soprattutto va fatta attenzione a ciò che si lascia sul
proprio PC o sui database collegati o sulla propria casella e–mail. Taci,
il nemico ti “asporta”.
Lando Rajola Pescarini è Responsabile Coordinamento Sorveglianza dei Siti Aziendali Alenia Aeronautica SpA Unità Sicurezza e Dati
personali
Il mondo della Sicurezza
Il decreto legislativo 231 del 2001 ha introdotto anche in Italia il principio
della responsabilità delle persone giuridiche in caso di reati di corruzione,
concussione e frode ai danni dello Stato nonché dei delitti con finalità di
terrorismo ed eversione dell’ordine democratico
I
n osservanza alla ratifica di una serie di convenzioni internazionali ed in particolare della Convenzione di Bruxelles del 26
luglio 1995 sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità
Europee, della Convenzione di Bruxelles del 26 maggio 1997 sulla
lotta alla corruzione dei funzionari dell’Unione Europea e degli Stati
Membri e della Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997 sulla lotta alla
corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche
internazionali, il nostro legislatore si è visto obbligato ad introdurre
nell’ordinamento nazionale (tramite il decreto legislativo 231 dell’8
giugno 2001 entrato in vigore il successivo 4 luglio) un principio che
fino a quel momento era assolutamente estraneo alla cultura giuridica
dell’Italia: la responsabilità amministrativa degli enti collettivi derivante da reati commessi a vantaggio o nell’interesse degli enti medesimi.
Perché si rientri nelle fattispecie previste dal decreto è necessario
ovviamente che a compiere i reati contemplati siano persone che rivestano funzione di rappresentanza, amministrazione o direzione degli
enti medesimi, o esercitino anche solo di fatto la gestione o il controllo
dell’ente, o comunque siano sottoposte alla direzione di persone con le
caratteristiche appena citate.
Lo scopo originario del legislatore era, sulla base delle convenzioni
di cui sopra, combattere il fenomeno della corruzione. Una serie di integrazioni successive hanno portato ad includere reati diversi.
In sostanza le fattispecie in cui attualmente si può configurare la responsabilità amministrativa di un ente collettivo (dove con il termine si
intende un campo di azione che va dalle associazioni non riconosciute
a qualsiasi forma di società) riguardano:
— reati commessi nei rapporti con la Pubblica Amministrazione
(quali corruzione e malversazione ai danni dello Stato, truffa ai danni
dello Stato, frode informatica ai danni dello Stato, riportati agli artt. 24
e 25 del d.lgs.);
— reati di falsità (di monete, in carte di pubblico credito e in valori
di bollo indicati all’art. 25 bis);
DOSSIER SECURITY
QUANDO L’AZIENDA POTREBBE DELINQUERE
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Intelligence & Storia Top Secret
— reati di carattere societario (quali false comunicazioni sociali,
falso in prospetto, illecita influenza sull’assemblea, riportati all’art. 25
ter);
— reati in materia di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico (compreso il finanziamento ai predetti fini, riportati all’art. 25
quater);
— reati contro la personalità individuale (quali lo sfruttamento
della prostituzione, la pornografia minorile, la tratta di persone, la riduzione ed il mantenimento in schiavitù riportati all’art. 25 quinquies).
Questo ampio ventaglio di casi specifici verrà allargato, infatti, il
Consiglio dell’Unione Europea prevede che gli stati membri adottino
le misure necessarie a perseguire in sede penale anche i reati in materia
ambientale (2003/80/GAI), nonchè i fenomeni di corruzione nel settore
privato (2003/568/GAI) e che in tali campi vengano prese misure idonee
a far sì che le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili.
Aumentano i rischi
Con la nuova normativa pertanto gli enti collettivi rischiano di
essere sanzionati ogni qualvolta, nel loro interesse, le persone fisiche
che rivestono al loro interno posizioni apicali o persone sottoposte alla
direzione o vigilanza dei soggetti apicali, commettono uno dei reati
sopraccitati.
In tal caso si rischiano sanzioni pecuniarie (fino a tre miliardi del
vecchio conio), sanzioni interdittive (interdizione dall’esercizio dell’attività, la revoca di licenze e autorizzazioni, il divieto di stipulare
contratti con la pubblica amministrazione, l’esclusione da agevolazioni
e finanziamenti, il divieto di pubblicizzare beni e prodotti), la confisca
e la pubblicazione della sentenza.
Una eventuale fusione o scissione dell’ente non farà peraltro venire
meno la responsabilità per fatti antecedenti all’operazione.
Come si vede il decreto ha elevato di molto il rischio per l’attività
imprenditoriale, soprattutto se si considera che ormai la giurisprudenza
in materia ammette concordemente su richiesta del pubblico ministero
l’adozione di provvedimenti interdettivi di natura cautelare (ovvero prima che inizi il processo), con quali conseguenze sull’attività produttiva
è facile immaginare.
È da rilevare poi che anche se si parla di responsabilità amministrativa, la natura afflittiva delle sanzioni apre in realtà la strada ad una
responsabilità di tipo penale, prova ne sia la procedura di accertamento
dell’illecito che ricalca il modello penale. A conoscere dell’illecito è in-
Il mondo della Sicurezza
Esclusione della responsabilità
Lo stesso decreto prevede, per le imprese che vogliano esimersi
dalle responsabilità di cui sopra, che almeno per alcuni presupposti di
esclusione sia in grado di dimostrare che:
— l’organo apicale ha prima adottato e poi efficacemente attuato,
antecedentemente alla commissione del fatto illecito, dei modelli di
organizzazione, di gestione e di controllo idonei a prevenire la realizzazione degli illeciti penali contemplati dal decreto;
— è stato affidato ad un organo dell’ente, dotato di poteri di iniziativa e controllo, il compito di vigilare sul funzionamento, sull’efficacia
e sull’aggiornamento dei modelli di cui sopra;
— chi ha commesso l’illecito ha eluso fraudolentemente la vigilanza attuata sulla base dei modelli di cui al primo punto e che non vi
sia stato omesso o insufficiente controllo da parte dell’organismo di
vigilanza preposto.
La possibilità di evitare, o quantomeno ridurre, l’applicazione di
sanzioni è pertanto legata all’adozione di modelli di organizzazione,
gestione e controllo idonei a prevenire il compimento delle fattispecie
di reato previste dal decreto 231.
Si tratta di modelli che devono essere basati sull’effettiva ripartizione
delle funzioni dell’ente interessato e che devono prevedere l’adozione
di un codice etico, di specifiche procedure per le fasi decisionali e del
conseguente controllo e di un sistema disciplinare dotato dell’incisività
necessaria a scoraggiare il compimento dei reati in questione.
Soprattutto è importante che a tal fine venga costituito un apposito
organismo interno di vigilanza dotato di imparzialità e di competenze
idonee a verificare l’effettività dei modelli adottati, il loro funzionamento e la necessità di eventuali aggiornamenti.
Il modello 231
Il primo presidio contro i rischi di reato è costituito pertanto dall’adozione di un modello di organizzazione e gestione calibrato in
maniera tale da impedire, tramite la fissazione di regole di condotta, la
commissione degli illeciti previsti dal decreto 231. È bene precisare che
DOSSIER SECURITY
fatti il giudice penale così come le disposizioni processuali che regolano l’attività di accertamento si basano sulle regole in materia di indagini
ed udienza preliminare previste dal codice di procedura penale.
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Intelligence & Storia Top Secret
l’uso di tale strumento non è un obbligo di legge ma una mera facoltà,
utilizzabile dalle società per beneficiare dell’esclusione della responsabilità e della riduzione delle sanzioni.
Come per tutte le attività che comportano un rischio security anche
in questo caso si dovrà procedere ad una risk analysis al fine di individuare misure di tutela che siano idonee (ovvero in grado di garantire
la tempestiva scoperta ed eliminazione delle situazioni di rischio) ed
efficaci (ovvero proporzionate in maniera da garantire l’effettivo svolgimento dell’attività produttiva nel rispetto della norma di legge).
Sarà pertanto necessaria una prima verifica delle attività sensibili
al rischio (as-is analysis) ed una successiva analisi delle necessità migliorative per riportare il rischio a livelli accettabili se non a zero (gap
analysis) tramite una dettagliata analisi dei processi e dell’operatività
aziendale (rilevazione) e l’individuazione delle aree di rischio (mappatura). Quella di cui sopra è l’attività preventiva alla redazione del
modello 231 che nel dettaglio conterrà:
— una descrizione generale delle attività dell’ente (descrivendo in
sintesi il ruolo e l’attività);
— una definizione degli obiettivi del modello (è bene qui ribadire
la strategia dell’Alta Direzione aziendale nel senso della consapevolezza dei rischi individuati e della condanna dei comportamenti contrari
alla legge);
— una sintesi della rilevazione e mappatura effettuata (evidenziando le attività maggiormente esposte al rischio di violazione della
legge);
— l’individuazione dei componenti dell’organismo di vigilanza
interno (è consigliabile che sia presente un membro della funzione affari legali ed un membro della funzione di audit interno) cui dovranno poi
essere assegnate le risorse necessarie per lo svolgimento delle attività di
sua competenza nonché la facoltà di chiedere e/o assegnare a soggetti
terzi, in possesso delle specifiche necessarie compiti di natura tecnica;
— la procedura di nomina dei componenti dell’organismo di vigilanza (è opportuno prevedere in questo caso cause di ineleggibilità
o decadenza, sia per l’organismo di vigilanza che per le sue risorse
dedicate, in caso di condanne con sentenza passata in giudicato per
aver commesso reati previsti dal d.lgs. 231 o per pene che comportano
l’interdizione);
— la definizione dei poteri dell’organismo di vigilanza (che do-
Il mondo della Sicurezza
— la definizione dei flussi informativi (da e verso l’organismo di
vigilanza. L’Organismo infatti dovrà riferire su base sia continuativa
che periodica verso l’Alta Direzione ma dovrà anche essere in grado
di ricevere qualsiasi segnalazione, di commissione o ragionevole pericolo di commissione di reati contemplati dal decreto 231, di carattere
bottom up ovvero da dipendenti verso la direzione. È opportuno qui
specificare la garanzia dell’anonimato verso il segnalante);
— la definizione della struttura del sistema disciplinare (che dovrà
contemplare il sistema accertativo e sanzionatorio fino al livello di Alta
Direzione includendo Sindaci e Amministratori).
Va da sé che una volta redatto il modello, ad esso sia data la massima
diffusione sia all’interno che all’esterno dell’ente al fine di promuovere
e dare il massimo spazio a quello che costituisce, se realmente applicato,
un efficacissimo strumento di prevenzione delle irregolarità e di rinforzo dell’etica del mercato e degli aspetti deontologico/comportamentali
dei suoi operatori.
DOSSIER SECURITY
vrà essere in grado di attuare il modello, vigilare sulla sua effettività,
monitorarne l’efficacia e procedere ai suoi aggiornamenti. L’organismo
dovrà poi essere in grado di accedere senza limitazioni alle informazioni aziendali per tutte le necessarie attività di analisi, informazione e
controllo);
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DOSSIER STORIA
Documenti segreti
Ricerche storiche e razziali nel sud della Francia negli anni Trenta
John Nicholas Harris
U
no dei casi più eclatanti di travisamento della storia per fini
non proprio legati a motivi culturali è l’interpretazione della
vita di Otto Rahn, lo scrittore tedesco al quale Heinrich Himmler affidò la missione più incredibile del ventesimo secolo: recuperare
i documenti segreti degli eretici Catari. Con questo nome (dal greco katharòs, puro) nella tradizione antica si indicavano i seguaci dell’eresia
dualistica manicheista medievale diffusa nei secoli XII-XIV nell’Europa
Figura 1. Albigesi cacciati da una città in una miniatura medievale
DOSSIER STORIA
LA PARTE DELLE SPIE
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Figura 2. Sigillo del conte occitano Raimondo VI, sostenitore dei Catari
centromeridionale. In Francia nella regione occitana, questi seguaci
della tradizione cristiano-gnostica furono denominati bougres, bulgari,
o albigeois, poiché originari di Albi, quando non li si definiva bonnes
hommes o “patarini”, dalla Pataria milanese del secolo XI.
Erano distinguibili dagli altri cristiani per il loro desiderio di adesione completa alla Sacra Scrittura e al Vangelo, specie a quello di Giovanni o l’apocrifo di Tommaso, rifiutato dal canone biblico. Il catarismo si
trasformò ben presto in un fenomeno diffuso contemporaneamente in
Renania e a Tolosa fra il 1145 e il 1149, diffondendosi nel giro di pochi
decenni in Germania (Bonn, Colonia), in Francia (Tolosa, Albi, Carcassonne), in Italia (Milano, Verona, Brescia, Mantova, Firenze, Orvieto),
forse anche in Catalogna e nella penisola balcanica, entrando in contrasto con la Chiesa Cattolica appoggiata dai re francesi la quale non esitò
a ricorrere alla forza, bandendo una crociata che si trasformerà in un
feroce sterminio indiscriminato di eretici, ebrei e persino cattolici. Nel
Documenti segreti
Una ricerca mirata?
Otto Rahn (nella foto in basso) era nato il 18 febbraio del 1904 a
Michelstadt, in Germania, da Karl Rahn, funzionario del tribunale di
Mayence, e da Clara Hamburg.
Fin dal 1910, all’epoca del liceo, aveva dimostrato una predilezione
particolare per lo studio della filosofia e della letteratura. Fu nel 1922,
dopo aver conseguito la maturità che iniziò a studiare il pensiero di Calvino, di Rousseau e di Voltaire, dimostrando una spiccata predilezione
per l’archeologia legata al popolo dei Visigoti, nonché al mondo dei
trovatori della Linguadoca e all’eresia albigese.
Per questo nel 1931 Rahn era ad Ussat-Les Baines, un piccolo centro sull’Ariege, nella
Francia del sud. Questa cittadina, come
molte altre della zona,
da Foix a Mirepoix,
da Lombrives a Montségur, nei primi anni
del 1300 era stata
al centro della sanguinosa repressione
religiosa voluta da
papa Innocenzo III per
distruggere i Catari.
L’attività di Rahn
è controversa. Ad Ussat–Les Baines iniziò
una curiosa ricerca
delle testimonianze
lasciate dai Catari nella regione. Conoscerà
DOSSIER STORIA
1230 la crociata, appoggiata dal meccanismo sanguinoso dell’Inquisizione, riuscì a piegare la resistenza militare opposta dalle roccaforti
catare in Linguadoca e nei Pirenei. Fin qui la cronaca di quella guerra
fratricida.
Per i misteriosi motivi che trasformano a volte la storia in leggenda,
ai Catari e al loro eroismo nel difendere la loro fede furono attribuiti
tesori materiali incredibili e il possesso di vangeli non canonici i cui
contenuti avrebbe messo in crisi la Chiesa Cattolica. Per questo motivo
e per altre ragioni, il sud della Francia catara fu al centro dell’interesse
di alcuni uomini a caccia di quei documenti. Otto Rahn e poi il nazismo
tra questi.
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Intelligence & Storia Top Secret
e farà amicizia con persone influenti e nobili locali, oltre che con
studiosi quali l’ingegner Arnaud,
che per primo aveva condotto degli scavi nel castello di Montségur,
o come Antonin Gadal (nella foto
a lato), fondatore di un movimento
indipendentista francese, l’uomo
che per primo aveva esplorato le
grotte di Sabarthés, note per essere
state teatro della sanguinosa quanto vana resistenza di un gruppo di
Catari ai soldati del papa.
Rahn cercava il tesoro della
setta, consistente — come scriveva
— in preziosi ch’erano «tutt’altro
che l’argento e l’oro». Cercava la
biblioteca catara, i libri dei dogmi
e della dottrina, i manoscritti stessi
dei grandi autori dell’antichità.
Discepoli di Platone — continuava Rahn — i Catari potevano, ad
esempio, possedere qualche opera scomparsa dell’autore del Simposio,
perso per noi, ma certamente esistente nel Medioevo. Ad Ussat qualcuno affermava che nel villaggio di Montségur c’era chi conservava gelosamente alcuni di questi libri, trovati tra le macerie del castello insieme
ad altri oggetti come una curiosa riproduzione in argilla di una colomba.
Rahn non trovò chi poteva indicargli come entrare nei sotterranei del
castello, il cui accesso, pare, era già stato trovato nell’Ottocento da un
certo Napoleone Peyrot il quale non era stato più capace di individuarlo
nuovamente. Rahn non trovò nessun passaggio segreto, riuscì comunque ad entrare nella fiducia di alcuni Rosacrociani locali i quali lo iniziarono nelle grotte di Ussat. Il tempo volò in quel periodo di intense
ricerche fatte vagabondando tra grotte e ruderi di castelli appartenuti un
tempo alle linee difensive catare. Ma le risorse per vivere in quel modo
ben presto finirono.
Il fallimento della locanda che il tedesco aveva messo in piedi a
Ussat per sbarcare il lunario, nonché i sospetti della polizia sulla gente
che frequentava quel luogo, giudicata, secondo alcuni rapporti, legata al
mondo dello spionaggio internazionale, costrinsero infine il giovane ad
andarsene in fretta dal villaggio.
Le ricerche nel sud della Francia avevano comunque dato i loro
frutti. Nel 1933 pubblicava in Germania il suo primo libro sul Graal,
Croisade contre le Graal, un lavoro che raccoglie in sintesi la storia dei
Catari e che gli procurerà un certo credito tra i nazisti. Nell’autunno del
Documenti segreti
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DOSSIER STORIA
Figura 3. Il castello di Montségur nei Pirenei, ultima roccaforte dei Catari
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1935, ritroveremo questo misterioso personaggio nello Stato Maggiore
del Reichsführer SS Heinrich Himmler.
Tra le “Teste di morto”
In una lettera datata 13 dicembre 1933, conservata nel classificatore
di Himmler, Otto Rahn spiegava al delfino di Hitler di essere idoneo
all’iscrizione nelle SS in quanto — dichiarava — era uno scrittore “nazionalsocialista di pura razza ariana”. Amici e conoscenti non si spiegarono questa improvvisa trasformazione da uomo di lettere a uomo di
partito. Forse fece quel passo per fame, forse per convinzione, certo è
che Rahn in poco tempo divenne Untersturmführer delle SS. Himmler
gli regalò mille marchi dalla sua cassa personale per sovvenzionare il
suo nuovo lavoro La corte di Lucifero: una straordinaria documentazione in 42 città europee — tra queste Milano, Roma, Verona, Bolzano
e Merano! — alla ricerca delle testimonianze lasciate dall’epopea dei
Catari. Le opinioni su questa lunga peregrinazione restano l’ennesimo
mistero di Otto Rahn. Da un lato lo scrittore cercò di seguire le orme
della migrazione di questa gente, originaria, si pensava, dei Balcani e
stanziatasi in Catalogna ed al sud della Francia dopo un lungo iter attraverso l’Europa medievale. In effetti alcune città italiane, tra queste
Desenzano sul Garda, ospitarono comunità catare. È quindi plausibile
che Rahn le visitasse alla ricerca delle testimonianze concrete del loro
passaggio. È possibile che il tedesco fosse un agente di Ribbentrop, il
Figura 4. Von Ribbentrop e Hitler
Documenti segreti
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DOSSIER STORIA
Figura 5. Heinrich Himmler
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Intelligence & Storia Top Secret
capo di un ufficio dell’intelligence tedesca fondato nel 1934 allo scopo
di aiutare i movimenti separatisti europei, com’era stato fatto in Bretagna e in Alsazia. In fondo anche Antonin Gadal, l’intellettuale di Ussat
e acceso nazionalista, sognava una nuova Francia del sud indipendente
e organizzata come all’epoca dei Catari.
L’emblematico libro La cour de Lucifer è dunque il testamento
spirituale di Rahn poiché due anni dopo l’uscita del libro, avvenuta
nel 1937, lo scrittore scomparve misteriosamente e questa volta per
sempre. La sua carriera nelle SS aveva subito una strana evoluzione.
Dapprima benvoluto da Himmler, Rahn verrà presto isolato, mandato
in servizio nel campo di concentramento di Dachau e di Buchenwald
con le famigerate “Teste di morto” dopo essere stato scoperto in stato
di ebbrezza ad Arolsen. Da allora qualcuno lo sentirà disprezzare la
propria divisa, che chiama livrea. Ubriaco, litigherà facendo a pugni
con un ufficiale dell’aviazione tedesca, il che gli costerà una punizione
esemplare. Insomma, lo scrittore è inquieto, scontento. Forse si è accorto di aver commesso un tragico errore. Il nazismo non era un ordine
cavalleresco come lo immaginava nelle sue intenzioni iniziali.
Scrisse allora una lettera a Karl Wolf, capo del personale delle SS,
pregandolo di concedergli il congedo. Di rimando Wolf, il 29 febbraio
del 1938, gli domanderà tramite una lettera all’Ufficio Razza, come
mai dal dicembre del 1937 lo scrittore non ha più presentato il proprio
certificato di origine razziale. Questo particolare farà dire a qualcuno
che Rahn è di origine ebrea, forse per via del nome di sua madre e della
nonna materna, Lea Cucer, o del nonno paterno Simeon Hamburgher.
Lo scrittore aveva mentito sulle sue origini razziali?
Forse Otto Rahn non era ebreo. Alcuni suoi parenti sopravvivevano
in Germania dopo la guerra, cosa improbabile se lo fossero stati. Ma
Rahn si era imbattuto in ebrei ovunque durante le sue ricerche, persino
tra i capi dei crociati cattolici, come quel Simon de Montfort che morirà
ucciso da un proiettile di catapulta lanciato dalle mura di Tolosa. Che
Rahn si interessasse troppo delle famiglie patrizie del sud della Francia
lo dimostra il fatto che gli abitanti della zona, dove lo scrittore risiederà
per qualche tempo, non legheranno mai con quello straniero un po’ allucinato che ospitava nel suo albergo troppi “crucchi” compresa, a quanto
sembra, la cantante Marlene Dietrich!
Il capro espiatorio
Che Rahn fosse un agente segreto del Reich fin dal tempo della sua
prima comparsa ad Ussat può essere probabile specie se consideriamo
che appena messo piede in Francia s’interessò particolarmente ai possedimenti dei conti di Foix, discendenti del nobile di origine ebree Guy
de Levis. I Catari convivevano con gli ebrei pacificamente fin dal XII
Documenti segreti
In Occitania gli Ebrei potevano vivere e lavorare indisturbati, e anche godere di diritti uguali a quelli degli altri cittadini. Potevano occupare funzioni pubbliche e insegnare nelle università. La nobiltà li proteggeva e li incoraggiava. I
Trencavel di Carcassonne avevano degli ebrei come tesorieri: Nathan, Samuel
e Mosè Caravita. Alcuni docenti ebrei delle università romanze erano celebri in
Occidente e in Oriente. Gli studenti venivano da lontano per sentire il rabbino
Abraham che viveva a Vauvert, vicino Nîmes. A Narbonne insegnava il rabbino
Calonimo, “figlio del granduca e rabbino Teodoro, del ceppo di David”. Questa
dinastia principesca di rabbini si proclamava “famiglia dei re israeliti di Narbonne” e sosteneva di essere un ramo della casa di David. I loro immensi beni
erano sotto la protezione speciale dei signori di Narbonne.
Raimondo Trencavel era caduto ai piedi dell'altar maggiore della chiesa di
Sainte-Madeleine de Béziers, vittima della passione d’indipendenza che animava le libere città della Provenza. L'infante di Carcassonne, Roger Taillefer
— non aveva ancora vent’anni — volle vendicare l'assassinio del padre e chiamò in aiuto suo cugino, il re Alfonso d'Aragona. Con i suoi baroni e gli idalghi
catalani, marciò contro Béziers. La città si arrese dopo una resistenza di due
anni. Roger Taillefer perdonò gli assassini del padre.
Un giorno un barone scontento, per fargli montare il sangue alla testa,
esclamò: «Voi avete venduto il sangue di vostro padre, signore!».
Il colpo andò a segno. Una notte, mentre i borghesi di Béziers erano sprofondati in un sonno tranquillo, truppe aragonesi s'impadronirono della città per
ordine del giovane Trencavel e passarono tutti gli abitanti maschi a fil di spada,
risparmiando solo le donne e gli ebrei.
L’interesse di Rahn per il catarismo fu disinteressato almeno fino
al momento in cui non fu costretto, per campare, a barattare le sue conoscenze su quel territorio con chi lo avrebbe occupato e poi saccheggiato. Rahn diventò una spia che lavorava per la Germania fin dal suo
primo arrivo in Francia, o soltanto al suo rientro in Germania, costretto
dai debiti, scoprendo che il suo sapere era merce di scambio per le leggi
razziali tedesche? Ad un amico di Friburgo, qualche tempo prima della
DOSSIER STORIA
secolo quando, dietro pagamento di una somma notevole degli israeliti,
fu abolita l’usanza di picchiare un gruppo di ebrei durante le celebrazioni della Pasqua nonostante le proteste del clero cattolico. Gli ebrei
rappresentavano una parte importante dell’economia catara. Quando
Béziers fu costretta a capitolare, nei giorni precedenti la tragedia (furono uccisi tutti i 20.000 abitanti della città), fu un ebreo di nome Simone,
rappresentante della massima autorità civile, in assenza del visconte di
Carcassonne, a trattare con i capi dell’esercito crociato. Il recupero della storia di questa presenza ebrea tra i Catari fu probabilmente la merce
di scambio tra Rahn e l’Ufficio Razza. In effetti lo scrittore tedesco nel
suo libro Crociata contro il Graal notava che:
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Intelligence & Storia Top Secret
sua scomparsa, Rahn confesserà: “Sono stato denunciato!”. Lo scrittore
uscirà di scena nel marzo del 1939. Il 13 marzo di quell’anno, quasi
allo scadere dell’anniversario della caduta di Montségur, Otto Rahn
scomparve tra le nevi delle montagne tirolesi nella maniera degli eretici catari, che prossimi alla fine preferivano lasciarsi morire dopo aver
ricevuto il consolamentum, una specie di estrema unzione. Mistero nel
mistero, il padre annunciò all’Associazione degli Scrittori che la scomparsa di Rahn era avvenuta il 13 marzo 1939 durante una tempesta di
neve sul Kaiser Wilder, una montagna alta circa 2000 m a poca distanza
dalla città di Kitzbuhel. Karl Wolf, superiore di Rahn, darà alla stampa
un’altra data: il 17 marzo, quattro giorni dopo la denuncia del padre!
Le interpretazioni che si possono dare alla vita di questo misterioso
personaggio, vissuto in un momento critico della storia europea, sono
molteplici. Se le sue vicende terrene sono enigmatiche, meno sibillino
è invece il suo testamento spirituale lasciato nei due libri.
Rahn considerava il catarismo albigese un incrocio tra druidismo
ed ellenismo, una specie di impasto tra illuminismo e nozioni vediche
e islamiche ereditate da un Medioevo influenzato dall’Oriente. «Da
molto — scriveva Rahn — ho preso la decisione di andare alla ricerca
delle relazioni esistenti tra la poesia occitana e la mistica, nonché le
ripercussioni che esse hanno svolto sulla spiritualità della Germania
medievale».
Ebbene, forse sta proprio in queste parole la soluzione sulla fine di
Rahn. Praticamente suggeriva alla Germania nazista che l’origine delle
tradizioni cavalleresche, mitizzate dai cantori tedeschi quali Wolfram
Figura 6. La città di Carcassonne roccaforte dei Catari
Documenti segreti
L’archeologia nazista
Dopo il trattato di Versailles, in Germania s’era affermata una
corrente di studi archeologici capeggiata da studiosi come Kassinna
Figura 7. Abitanti di Montségur raffigurati sul rogo in un manoscritto medievale
DOSSIER STORIA
Von Eschenbach o Wagner, era “inquinata” da una presenza semitica.
Era un’affermazione decisamente forte per la Deutsche Ahnenerbe,
l’organizzazione fondata da Himmler nel 1937 incaricata di studiare
l’eredità della stirpe germanica. E che Rahn fosse in buona fede è ancora tutto da provare. Su di lui, infatti, pendono dubbi che mettono sotto
una cattiva luce il vero scopo delle sue ricerche, evidenziando l’importanza che queste potevano avere per i folli programmi di sterminio
razzista di Hitler e di Himmler, che da tempo finanziava strane ricerche
archeologiche.
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Intelligence & Storia Top Secret
e Richthofen che diedero vita alla cosiddetta Siedlungsarchaeologie,
cioè l’archeologia d’insediamento, un metodo che cercava di stabilire le
correlazioni tra le “stirpi” e le loro aree di occupazione, sulla base dei
materiali ritrovati nei corredi funebri.
Lo studio dei popoli germanici nell’età delle emigrazioni, la preistoria e la protostoria, ebbero dunque un notevole impulso quando la
Società Tedesca di Preistoria nel 1933 iniziò ad essere sovvenzionata
dal partito nazionalsocialista.
La Società cambiò nome diventando “Lega del Reich per la Protostoria tedesca” annoverando tra le fila dei suoi studiosi personaggi
di risalto dell’archeologia dell’epoca, e producendo pericolose teorie
razziste come nel caso della disputa sorta sull’origine razziale della
Polonia e della Slesia.
Himmler, curatore e presidente della Deutsche Ahnenerbe, dette
un impulso esasperato alle ricerche archeologiche finalizzandole alla
ricerca dell’eredità dei progenitori tedeschi. Himmler favorì in special
modo un certo tipo di ricerche che con la storia vera e propria non
avevano niente a che fare, sguinzagliando “commando” di studiosi nei
paesi occupati militarmente dalla Germania alla ricerca delle “reliquie”
legate al cristianesimo della prima ora.
Pezzi archeologici, reliquie vere e cianfrusaglie iniziarono così ad
affluire nei musei della Germania, compresa, vale la pena di ricordare,
una copia della Lancia di Longino (quella che aveva colpito Gesù Cristo al costato) portata a Norimberga dalla Weltliche Schatz Kammer di
Documenti segreti
Ci lascia intuire che egli si sarebbe opposto alla guerra che la Germania
stava preparando nel 1938. Al posto della guerra, egli credeva che la Germania
e quindi l’Europa, si sarebbe trasformata in una comunità di “Puri” Catari. In
altre parole, il lungo tempo passato sulla storia dei Catari e la loro ingiusta
persecuzione da parte della chiesa e del trono di Francia, portarono alla sua conversione verso il destino cataro. Egli proponeva un “Nuovo Ordine” nel quale
gli Stati d’Europa, e forse tutte le nazioni della terra, avrebbero adottato il credo
cataro nell’interesse della pace nel mondo.
Non si sa quando e perché nascono le leggende. Certo è che la mitizzazione del catarismo, grazie anche all’attività di Otto Rahn, oggi serve
ancora a sostenere una corrente indipendentista occitana che vorrebbe
separarsi dalla Francia proprio nel nome della grande nazione che bruciò nelle fiamme di quella sanguinosa crociata.
DOSSIER STORIA
Vienna, dov’era stata conservata fino ad allora e dove oggi si trova. Ciò
non significa che tutta l’archeologia del periodo nazista è da rifiutare
in blocco né che era soltanto finalizzata ad ossequiare idee razziali di
partito.
Ancora oggi restano fondamentali, nel campo degli studi preistorici,
i lavori condotti negli anni Trenta da P. Paulsen o da quelli di J. Werner
nel campo dell’archeologia longobarda. Tuttavia molti storici furono
sfruttati in buona fede.
Forse, ed è l’ennesima tesi, Rahn si uccise o fu ucciso quando capì
che il fine ultimo, cui mirava Hitler, non c’entrava nulla con il mitico
mondo della cavalleria cortese. La sua ricerca doveva quindi per forza
culminare nel dramma. Otto Rahn era stato attratto morbosamente dalle
fiamme dei roghi degli eretici arsi novecento anni prima, come se una
misteriosa forza, sopravvissuta al tempo, fosse capace d’influenzare la
mente degli uomini.
I libri di Rahn ispirarono (e tuttora ispirano lettori affascinati dall’esoterismo o da nostalgie nazionalsocialiste) autori da Trevor Ravenscroft a Jean-Michel Angebert, e persino il best-seller Holy Blood, Holy
Grail (di M.Baigent, R.Leight e H.Lincoln) cita Rahn come l’uomo che
localizzò la Montagna del Sacro Graal, la Montsalvat della leggenda,
nella fortezza di montagna dei Catari, Montségur nei Pirenei francesi.
Il professor Joscelyn Godwin lo ritiene «largamente responsabile
per la visione mitologica che univa i Catari e Montségur con il Sacro
Graal ed il suo Castello», mentre Norma Lorre Goodrich nel suo libro
The Holy Grail cita il primo lavoro di Rahn, Crociata contro il Graal,
come un «libro delle meraviglie, un monumento a questo idealista autore tedesco, che morì misteriosamente durante una scalata tra le Alpi».
Chi difende la sua opera sostiene, come scrisse il colonnello Howard
Buechner, autore del libro Il Calice di Smeraldo, che Rahn:
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Intelligence & Storia Top Secret
OTTO SKORZENY INVIATO SPECIALE
L’ufficiale che aveva liberato Mussolini dal Gran Sasso inviato sulle orme di
Otto Rahn
ià all’inizio della guerra la Germania
era in difficoltà, causa il fallimento
della strategia economica di Hitler e
di Hjalmar Schacht. Le spese di guerra crescenti
spinsero i gerarchi nazisti a cercare qualsiasi tesoro recuperabile da musei, gallerie d’arte e dai
loro nascondigli tra le montagne, comprese quelle
di Corbières nella Francia del Sud. Heinrich
Himmler, Alfred Rosenberg e Martin Bormann
cercarono d’impossessarsi del tesoro dei Catari
prima dell’arrivo degli Alleati, affidando la delicata missione a un ufficiale detto lo “sfregiato”
per via di una vecchia ferita al volto: Otto Skorzeny. Dotato di grande coraggio e
iniziativa, è ricordato tuttora come l’uomo inviato da Hitler a liberare Mussolini
dalla cima della montagna del Gran Sasso dov’era stato imprigionato. Assegnato
a una Divisione delle ss di artiglieria pesante, Skorzeny fu mandato in Francia
dove restò anche dopo l’armistizio, poi come ufficiale dei genieri accompagnò la
2a Divisione Panzer delle SS Das Reich nuovamente in Francia. Nella sua autobiografia, Skorzeny’s Special Mission [La missione speciale di Skorzeny], non rivela
il vero scopo di questa missione pur descrivendo i piaceri di quel soggiorno.
Hitler nel giugno del 1941 inviò Skorzeny in Polonia sul fronte russo. Himmler poi lo inviò nelle Corbières per l’ultima volta all’inizio del 1944 come agente
e confidente per una missione altamente a rischio: gli Alleati, dopo aver invaso
l’Italia, stavano per entrare in Francia. Trovare e recuperare il tesoro delle Corbières era una corsa contro il tempo. Il colonnello americano Howard Buechner
sostenne nel libro Emerald Cup. Ark of Gold (La coppa di smeraldo. L’arca d’oro,
1991) che Skorzeny scoprì parte del tesoro appartenuto ai Visigoti, ai templari e
ai Catari. Il tesoro fu fatto uscire dalla Francia passando per Tolosa anche se parte
del carico fu abbandonato nel villaggio di Merkers in Turingia, 320 km a sudovest di Berlino. Quando le forze alleate entrarono a Merkers il 4 aprile del 1945,
due soldati americani della polizia militare scoprirono dagli abitanti del luogo
che una miniera di potassio nei pressi di Kaiseroda era stato trasformato dai
tedeschi in fuga in un deposito di parte di questo tesoro. Skorzeny tornò svariate
volte nella regione di Montségur nel 1944, così come la 2a Divisione Panzer delle
SS che nel marzo del 1944 si macchierà dell’efferato eccidio di civili nel villaggio
di Oradour, un inspiegabile sterminio, simile a quello avvenuto a Marzabotto in
Italia, che qualcuno sostiene fu compiuto per punire gli abitanti che non avevano
rivelato informazioni su dove si trovava il nascondiglio del tesoro cataro.
G
Documenti segreti
Il regime militare salito al potere in Grecia nel 1967 fu il frutto di una
combinazione tra cospirazioni segrete e politica internazionale. Esisteva
una “Gladio” nell’esercito greco appoggiata dalla Nato?
Giancarlo Bove
L
a posizione strategica della Grecia nel Mediterraneo gioca
un ruolo importante per ragioni economiche e militari, sia
per quanto concerne il controllo delle rotte marittime verso il
Medio Oriente (grande produttore di petrolio), sia per la sua vicinanza
a paesi dell’area balcanica un tempo sotto l’influenza sovietica, quali
l’Albania, l’ex Jugoslavia e la Bulgaria. Questo assetto geopolitico giustificò la presenza militare statunitense in Grecia, rafforzata nel 1952
con l’ingresso del paese nella NATO.
Una presenza contestata però dai partiti di sinistra, con la conseguenza che l’instabilità politica creatasi aprì la strada al regime dei
colonnelli con il loro golpe del 21 aprile 1967.
È possibile fornire spiegazioni razionali a questa svolta autoritaria,
oltre che sulle trame effettuate dalle società segrete militari greche intessute dal Kentriki Yperesia Pliroforion (KYP), ossia i servizi segreti
greci e della rete Stay Behind. Questa rete era conosciuta con il nome
“Pelle di Montone Rosso” che dava vita al Piano Prometeo, creato per
contrastare quello sovietico denominato Orizzontale Latina. Quest’ul-
S
ono rari i politici che come il cardinale di Richelieu conoscono i retroscena dei colpi di Stato. Quelli riusciti sembrano il risultato di tentativi
fatti al momento giusto da personaggi dotati di un vero e proprio genio
della cospirazione. Sarebbe utile però meditare su quanto scrisse Gustavo Hervé
nel 1935: «In effetti, non è possibile rovesciare un regime in tempo di pace con
un colpo di Stato, a meno che esso non lo permetta e che non abbia più alcuna
forza che la sostanza nell’esercito, nelle amministrazioni o nelle masse popolari.
Tranne questo caso, un regime che si lasci rovesciare è un regime che lo lascia
fare a ragion veduta». Ciò significa che qualsiasi colpo di Stato apparentemente
improvviso e spontaneo nasconde sempre una minuziosa preparazione, spesso assai lunga, e tale preparazione sarà tanto più machiavellica quanto la sua attuazione
apparirà più improvvisata e rapida e tutto filerà liscio come per caso. Queste considerazioni, sempre attuali, dimostrano l’esistenza di poteri occulti che agiscono
dietro le quinte di un evento importante, come quello che il 21 aprile 1967 inagurò
il regime dei colonnelli in Grecia.
DOSSIER STORIA
LE SETTE SEGRETE DEI COLONNELLI
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98
Intelligence & Storia Top Secret
timo aveva per obiettivo la destabilizzazione dei Paesi del fianco sud
della NATO, come l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Turchia e la Grecia,
sfruttando i tentativi dei loro partiti di sinistra di salire al potere. Come
affermò lo storico statunitense Bernard Cook, Prometeo era la versione
greca del Piano Solo, predisposto in Italia dal Generale Giovanni De
Lorenzo. Le analogie riflettevano l’esistenza di un’unica strategia tesa
ad affermare il modello autoritario del regime militare nelle penisole
mediterranee durante la guerra fredda. Mentre nella penisola ellenica
si instaurava il regime dei colonnelli, in quella iberica si erano insediati
il regime dell’Estado Novo del portoghese Antonio Salazar e dello spagnolo Francisco Franco. Nella penisola italica, invece, la svolta verso
un regime autoritario fu frenata dalla precedente esperienza fascista che
rafforzò il sentimento democratico rispetto ad altri paesi.
I fatti del 21 aprile 1967, secondo due distinti punti di vista, avvennero in seguito alla situazione internazionale nell’area mediterranea
e mediorientale prima del colpo di Stato, e della strategia del potere
celata dietro al simbolo mitologico della fenice, diventato il sinonimo
della propaganda militare del regime dei colonnelli. Un simbolo che
appartiene alla tradizione mediterranea del mondo greco e dell’Egitto,
patria, quest’ultima, delle più antiche società segrete militari alle quali
furono iniziati Napoleone, Nasser, Sadat e lo stesso Giorgio Papadopulos, anima e fondatore dell’Unione
dei Giovani Ufficiali Greci (EENA).
Una società talmente segreta di cui
si venne a sapere dell’esistenza
solo a colpo di Stato concluso.
Nell’area mediterranea e mediorientale
La ripresa economica nel dopoguerra determinò l’aumento della
produzione petrolifera nei paesi
mediorientali. Questa produzione
era gestita dalle società petrolifere
occidentali che si riservavano il
diritto esclusivo di trasporto del
greggio.
Tale diritto funzionava come
deterrente per dissuadere i paesi
Figura 1. Logo propaganda del regime dei colonnelli
Documenti segreti
DOSSIER STORIA
P
ochi conoscono la carriera di questo oscuro ufficiale d’artiglieria nato nel 1919 a Heliochorion, nel Peloponneso. Durante la
guerra, mentre le truppe italiane e tedesche occupavano la Grecia, Giorgio Papadopulos (nella foto) — con altri cadetti — fu trasferito
in Egitto, paese dal quale ritornò come sottotenente per prendere parte
alle ultime operazioni sul fronte albanese, combattendo a fianco dei collaborazionisti nel Tagmata Astallas, nel LOK e nelle Bande X del generale
cipriota George Grivas.
Al termine della guerra fu inviato negli Stati Uniti per seguire corsi di
guerra psicologica e tecniche cospirative. Al ritorno in Patria, Giorgio Papadopulos fondò l’Unione dei Giovani Ufficiali Greci (EENA). Quest’ultima era una società segreta che reclutava giovani e ambiziosi ufficiali
di provata fede anticomunista. Oltre all’EENA, esisteva un’altra società,
molto meno segreta, denominata Sacra Lega degli Ufficiali Greci (IDEA),
all’interno della quale militavano parte degli ufficiali di area monarchica.
L’IDEA, come del resto l’EENA, era contraria ad ogni forma di governo civile. Nel suo programma si affermava che l’unica componente sana dello
Stato era l’esercito.
I membri si impegnavano a estendere l’influenza dell’IDEA nell’esercito con il proselitismo e propagandarne i principi, poiché la gente doveva credere nell’esercito e solo nell’esercito. Principi, questi, comuni
anche ad altre società segrete militari come l’ASPIDA, nata su iniziativa
di alcuni militari di destra per distruggere politicamente Andreas Papandreu. I membri delle società
segrete recitavano una formula di
giuramento simile a quella della
Santa Vehme tedesca che finiva
così: «Giuro sul mio onore più
sacro che manterrò e terrò nascosti i segreti della nostra alleanza,
al sole e alla luna, all’uomo e
alla donna, alla sposa e al figlio,
al villaggio e ai campi, all’erba
e alla bestia». La formula del
giuramento, recitata durante la
cerimonia d’iniziazione, testimonia l’importanza attribuita a certi
rituali comuni a molte società
segrete. Potrebbe apparire strano
che un militare si occupi di riti,
ma in realtà non è poi del tutto
fuori luogo.
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Intelligence & Storia Top Secret
produttori di petrolio dal seguire l’esempio dell’Iran, il quale, nel 1951,
aveva tentato di nazionalizzare la società petrolifera British Petroleum
(BP). La sola ragione per la quale fallì questo tentativo fu perché gli
iraniani non riuscirono a trasportare petrolio con navi proprie. I paesi
produttori di greggio cominciavano a mostrare sintomi di insofferenza
per questa situazione di dipendenza, nonostante i guadagni in valuta
pregiata provenienti dalla vendita dell’oro nero soffocassero in parte il
loro risentimento che attendeva l’occasione per manifestarsi.
Questa occasione si presentò con l’armatore greco Aristotele Onassis, il quale nel 1954 propose all’Arabia Saudita di creare una propria
flotta mercantile per trasportare il greggio. Aristotele Onassis stava offrendo ai sauditi la capacità di un trasporto indipendente che ovviamente dava fastidio alle grandi potenze occidentali, come la Gran Bretagna
e gli Stati Uniti i quali bloccarono l’iniziativa.
Non solo, ma furono applicate severe sanzioni alla flotta di petroliere dell’armatore greco. Esse, infatti, erano trattenute nei porti di
destinazione fino alla scadenza del termine consentito dal contratto di
noleggio, provocando così gravi perdite economiche. La lezione servì
a comprendere quanto fosse pericoloso violare il diritto esclusivo delle
società petrolifere occidentali di organizzare il trasporto di greggio.
Questo trasporto si svolgeva su rotte marittime che incrociavano il
Canale di Suez, attraverso il quale transitavano i due terzi del petrolio
destinato all’Europa.
Il destino degli equilibri strategici a livello economico, politico e
militare dell’area mediorientale e mediterranea dipendeva proprio dal
Canale di Suez, diventato così l’arma di ricatto dei paesi arabi. Un’arma
che il colonnello egiziano Nasser utilizzò nell’estate del 1956 quando
decise di nazionalizzare la società franco-britannica che gestiva il Canale. La nazionalizzazione e la chiusura del Canale di Suez costrinsero
le navi cisterna a seguire rotte più lunghe attorno al continente africano,
con il conseguente aumento dei tempi e dei costi di trasporto. Pertanto,
al fine di soddisfare la costante richiesta di greggio dei paesi occidentali, ma con tempi di trasporto lunghi, era necessario mobilitare più navi
petroliere. Questa situazione rappresentò un vero colpo di fortuna per
Aristotele Onassis, l’unico armatore ad avere la maggior parte della
flotta libera. Le società petrolifere, le cui sanzioni avevano costretto
l’armatore greco a tenere molte navi ferme, facevano a gara per assicurarsi un trasporto singolo a prezzi altissimi. Suez fu una fortuna per
Aristotele Onassis che guadagnò circa settanta milioni di dollari durante i sei mesi di chiusura del Canale.
Questo episodio fece comprendere alle potenze occidentali che
Onassis e Nasser si erano alleati per giocare una partita pericolosa sul
campo degli interessi economici. Una partita che rischiava di coinvolgere l’intero mondo arabo, poiché faceva leva sul crescente sentimento
Documenti segreti 101
Piano Prometeo
La svolta autoritaria fu decisa all’interno di una coalizione militare
formata da due schieramenti. Da una parte, l’élite monarchica guidata dai generali Maniadakis e Arnautis, i quali vicini a re Costantino
Figura 2. Un motivo dell’iconografia militare greca
DOSSIER STORIA
nazionalista. Questo sentimento considerava nemiche le potenze occidentali, come per esempio gli Stati Uniti, che rischiavano di perdere il
controllo politico militare nell’area mediorientale anche a causa dell’avvicinamento di alcuni paesi arabi alla politica sovietica.
Gli Stati Uniti reagirono a questa situazione con il Patto di Baghdad,
che vedeva alleate nazioni come Turchia, Gran Bretagna, Iran e Iraq per
contrastare soprattutto la sfera d’influenza sovietica in Medioriente e
nel Mediterraneo.
L’Egitto e la Grecia non aderirono a questa alleanza per ovvie ragioni. I due paesi erano consapevoli della loro importanza strategica.
In particolare la Grecia costituiva la spina nel fianco degli interessi
statunitensi nel Mediterraneo. E questo per due ragioni. La prima, a
livello di politica internazionale, per il ruolo svolto dall’armatore greco
nel mondo degli affari con i paesi arabi. La seconda, a livello di politica
interna, per il fatto che il paese, nonostante fosse entrato nell’alleanza
atlantica nel 1952, rischiava di essere governato dai partiti di sinistra.
Inoltre, l’eventuale successo della sinistra alle elezioni del 28 maggio
1967 avrebbe finito per spostare e rafforzare l’equilibrio geostrategico
a favore di Mosca indebolendo quindi l’influenza statunitense. Gli interessi in gioco erano notevoli, e se da una parte gli Stati Uniti non potevano fare affidamento all’Egitto, dall’altra rimaneva ancora la speranza
di poter controllare il bacino mediterraneo consolidando la presenza in
Grecia. Per fare questo, era necessario intervenire in maniera energica
e decisiva, prima del 28 maggio 1967. L’intervento che favorì la svolta
autoritaria fu come il fuoco di Prometeo che bruciò ogni speranza per la
democrazia. Una democrazia dalle cui ceneri nacque l’immagine da ex
voto diventata il simbolo del regime dei colonnelli: una fenice con le ali
aperte sopra una fiamma che avvolgeva un soldato.
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Intelligence & Storia Top Secret
avevano programmato per il 13 maggio 1967 un colpo di Stato su modello turco, già sperimentato dai britannici in occasione del Golpe del
generale Djemel Gursel nel 1960 in Turchia. Dall’altra, un gruppo di
colonnelli, che appoggiati dagli statunitensi, e guidati da Giorgio Papadopulos, operò dietro le quinte anticipando con successo il 21 aprile
1967 il putsch militare.
La chiave di successo dei colonnelli consisteva nella pianificazione
delle operazioni militari articolate su due livelli di coordinamento strategico e tattico.
Nel primo livello agivano i servizi segreti che, con la raccolta delle
informazioni, individuavano e classificavano gli obiettivi da raggiungere durante le varie fasi di attuazione del colpo di Stato. Tali obiettivi
comprendevano le reti telefoniche, televisive, le infrastrutture aeroportuali e le sedi dei vari ministeri del governo. Il controllo di questi centri
nevralgici consentiva di isolare il paese per tutto il tempo necessario al
completamento del golpe.
Nel secondo livello, invece, operava un particolare reparto militare
alle dipendenze dei servizi segreti denominato Lochos Orein Kakadromon (LOK), o più semplicemente Forza d’Incursione Ellenica 1. Il LOK,
le cui origini risalgono alla seconda guerra mondiale, era un reparto
militare specializzato nelle operazioni di controguerriglia e controinsurrezione.
Al termine del conflitto, il reparto fu integrato nella rete Stay Behind
dei paesi NATO come accadde per la Gladio Italiana, la Red Quantum
spagnola, l’Aginter Press portoghese e l’Ozel Harp Dairesi (OHD) turco.
Per l’addestramento del personale furono allestiti appositi centri nella
Grecia meridionale, vicino al Monte Olimpo, con la collaborazione dello Special Air Service (SAS) britannico e della Delta Force statunitense.
I colonnelli impiegarono i reparti del LOK nel contesto di una situazione di emergenza che giustificava, inoltre, l’attivazione del Piano
Prometeo. Questo piano della NATO era studiato per fronteggiare emergenze nazionali provocate dalle insurrezioni dei movimenti politici di
sinistra o dagli attacchi da parte dei paesi del Patto di Varsavia e dell’Unione Sovietica. Il 21 aprile 1967, gli alti gradi dello Stato Maggiore
dell’Esercito si trovavano ad Atene presso il Consiglio Nazionale della
Difesa.
Quando gli ufficiali rimasti al comando delle unità ricevettero l’ordine di eseguire il Piano Prometeo, pensarono che la decisione fosse
stata presa dal Capo di Stato Maggiore, e lo eseguirono senza protestare. In questo modo fu possibile coinvolgere tutti i reparti delle Forze
Armate, che non avrebbero eseguito gli ordini se si fossero resi conto
dell’inganno strategico nascosto dietro il falso allarme che aveva fatto
scattare il Piano Prometeo. L’interruzione delle comunicazioni telefoniche e la conseguente impossibilità di ottenere precise informazioni
Documenti segreti 103
DOSSIER STORIA
Figura 3. La fenice nella simbologia dei colonnelli
su cosa stesse accadendo contribuì a rendere caotica la situazione. Gli
eventi che seguirono il golpe furono il risultato di decisioni pianificate
da un gruppo della CIA che guidava i colonnelli.
È bene precisare che quando parliamo di gruppo della CIA, non ci riferiamo alla dirigenza dell’agenzia di spionaggio statunitense, ma a una
struttura occulta in contatto con certe società segrete militari e capace
di sfuggire al controllo dei responsabili governativi, influendo al tempo
stesso sulle loro decisioni. Infatti, fino alle prime ore del mattino del
giorno successivo al golpe, la CIA e naturalmente l’ambasciata statunitense sembravano completamente estranee agli avvenimenti. L’ambasciata dichiarò di non conoscere i responsabili del colpo di Stato. Alla
fine si decise a uscire allo scoperto per evitare il fallimento del golpe,
nel caso in cui il re non avesse accettato il giuramento della giunta militare. Gli addetti militari accreditarono l’opinione che le Forze Armate
104
Intelligence & Storia Top Secret
erano dalla parte della giunta militare, e poiché il golpe era riuscito,
opporvisi significava dare spazio a disordini e ribellioni dei gruppi di
sinistra. Il re quindi avrebbe fatto bene a riconoscere il nuovo governo,
cosa questa che si verificò, consentendo così l’insediamento del regime
dei colonnelli.
Si trattava di un regime formato da un’élite di ufficiali, il cui potere
e prestigio proveniva dalle società segrete militari alle quali avevano
giurato fedeltà. Queste organizzazioni agivano come anello di collegamento tra il Kentriki Yperesia Pliroforion (KYP), ossia il servizio segreto
greco, la struttura della CIA e la rete di comando dei golpisti coordinata
dal colonnello Giorgio Papadopulos.
Tra le innumerevoli organizzazioni, quelle militari si classificano ai
primi posti nelle cerimonie rituali, come per esempio il giuramento di
fedeltà alla Patria dei cadetti nelle accademie. Queste cerimonie sono
importanti per plasmare gli allievi allo spirito di corpo che li rende idonei ad assolvere i compiti loro affidati. Meno noti, invece, sono i riti e
le cerimonie d’iniziazione che si svolgevano all’interno delle società
segrete militari, fin dai tempi dell’impero romano. Questi erano collegati al culto di Mithra, originario dell’antica Persia, diffuso da Roma ai
limites delle provincie conquistate poco prima della nascita di Cristo,
come religione non ufficiale delle legioni. Il culto di Mithra non è mai
stato interamente esplorato, ma sicuramente si basava su un sistema
iniziatico consolidato tra le legioni militari greco-romane. Anche la
cittadina greca di Eleusi, a nord ovest di Atene, fu uno dei tanti centri
iniziatici dell’antichità dedicato al culto di Mithra e di Demetra. Qui si
svolgevano tra il 20 e il 21 aprile, la notte dei misteri, processioni e cerimonie per gli iniziati al culto dedicato alla dea Demetra. Stranamente
nella notte del 21 Aprile 1967 si celebrò dietro le quinte del Piano Prometeo l’insediamento della giunta militare dei colonnelli.
In sostanza quello che i mass media definirono “regime dei colonnelli”, in realtà aveva tutte le caratteristiche di un’organizzazione segreta che perseguiva una strategia finalizzata a garantire ai propri seguaci
una posizione di comando, posizione raggiunta superando i vari gradi
d’iniziazione del culto di Mithra 2. Tra questi il terzo grado, denominato
Miles, era rappresentato da un militare avvolto tra le ali della fenice,
simbolo del regime.
Strategia del potere
Il ruolo svolto dall’EENA nei preparativi del colpo di Stato è simile
a quello di molte altre società segrete militari. Possiamo affermare che
la storia è segnata da eventi significativi collegabili a tali società. Di
tipo militare fu l’Eteria, fondata nel 1814 a Odessa, e che sotto la guida
di Ypsilanti tentò un attacco ai turchi nel 1821 segnando così l’inizio
Documenti segreti 105
Figura 4. Logo fenice su stemma metallico dei militari appartenenti all’EENA
DOSSIER STORIA
dell’indipendenza della penisola ellenica. Nel 1799, in Italia operava la
Società dei Raggi, la quale raccoglieva democratici delusi dalla politica
francese. Dalle sue ceneri si diffuse negli ambienti militari la Società
degli Adelfi, che con quella dei Federati avrà un importante ruolo nei
moti risorgimentali. Nella penisola balcanica, il colonnello serbo Dragutin Dimitrievic, soprannominato Apis, aveva fondato la Mano Nera,
probabilmente coinvolta nell’attentato di Sarajevo.
Di una certa importanza storica è la setta massonica dei Senussi,
guidata dal gran maestro re Idris, il quale accolse nelle sue fila il leader libico Gheddafi quando era ancora allievo all’accademia militare
britannica di Sandhurst. I Senussi costituivano allora lo strumento dei
servizi segreti britannici per il controllo dell’area meridionale del mediterraneo. La stessa conquista della Libia da parte dell’Italia fu probabilmente il risultato di un’operazione decisa in Gran Bretagna per fermare
l’influenza francese in Africa e in Medio Oriente.
In Egitto operava la società segreta militare dei Liberi Ufficiali che
divenne il modello di riferimento di tutti i movimenti filo repubblicani
106
Intelligence & Storia Top Secret
all’interno del mondo arabo del secondo dopoguerra. Sempre in Egitto,
altre società segrete di derivazione massonica modellate sulla Giovine
Italia e sui Giovani Turchi, collaborarono attivamente con i fascismi
europei. È noto che nell’estate del 1942, quando l’Africa Korps di
Rommel giunse a cento chilometri da Alessandria, Nasser e altri ufficiali egiziani, affiliati a tali società segrete, aiutarono la Germania
organizzando una rivolta contro i britannici al Cairo.
I legami tra l’Egitto e la Germania, sul piano delle società segrete,
sono dimostrati dai contatti presi nella capitale egiziana da Rudolf Hess
e dal barone Von Sebottendorf con confraternite i cui insegnamenti servirono a quest’ultimo per fondare nel 1918 la Società Thule.
Quest’ultima è probabilmente ancora attiva ai giorni nostri e i suoi
legami con organizzazioni integraliste sono stati oggetto di indagine
da parte del Magistrato Carlo Palermo 3. Non solo, ma nel dopoguerra,
sempre in Egitto, si rafforzò insieme alla Germania una collaborazione
con altre organizzazioni note come servizi segreti. Lo stesso Nasser,
preso il potere nel 1952, fu assistito nell’organizzazione dei suoi servizi
segreti dalla “rete Gehlen”. Quest’ultima, costituiva l’ossatura di una
struttura di spionaggio anticomunista, nata nel dopoguerra per iniziativa di Allen Dulles, all’epoca capo della CIA.
La rete Gehlen prendeva il nome da Reinhard Gehlen (nella foto),
responsabile dei servizi segreti tedeschi sul fronte orientale.
Reinhard Gehlen, molto
vicino agli ambienti della Società Thule, era un ufficiale
dell’esercito di origini prussiane, reclutato, al termine
della guerra, dallo stesso Allen
Dulles e mandato a Washington
per studiare il futuro assetto dei
servizi segreti statunitensi e dei
paesi europei alleati. La sede
della rete Gehlen, denominata
ORG, era in Germania occidentale e da essa prendevano
ordini i vari gruppi collegati in
Spagna, Italia, Egitto e Grecia.
In Italia, per esempio, la rete
Gehlen anche se ufficialmente
sciolta nel 1956, ebbe un ruolo
fondamentale nell’organizzazione Gladio, un’organizzazione configurata nella duplice
funzione di struttura operativa
Documenti segreti 107
DOSSIER STORIA
e occulta. Struttura operativa, quale supporto alle operazioni di guerra
non convenzionale in chiave anticomunista. Struttura occulta, quale
società segreta riconducibile a organizzazioni celate dietro l’origine del
suo stesso nome. In proposito, un rarissimo testo pubblicato in Francia
attorno al 1870 da Ely Star, i Misteri dell’Oroscopo, svela che nella
società denominata Cercle de la Rose + Croix, al Maître du Glade, il
Signore del Gladio, corrisponde il grado 51 di associazione. Quest’ultimo è un grado ancora più occulto del trentatreesimo, il gradino più alto
della gerarchia massonica conosciuta. Grado 51, contiene inoltre un
messaggio che secondo il codice rosacrociano viene letto come Grado
LI. Questa considerazione acquista particolare importanza se si pensa
alla rete segreta Gladio e alla circostanza che in via Gradoli, ai tempi
del sequestro Moro, viveva il Gran Maestro di una società segreta in
rapporto di fratellanza con altre organizzazioni iniziatiche 4.
Tali indizi conducono all’esistenza di società segrete e di una strategia di potere occulto finalizzata al raggiungimento di obiettivi di varia
natura non sempre all’interno della legalità. Nello stesso anno in cui
in Grecia si instaurava il regime dei colonnelli, moriva in un incidente
stradale, forse non proprio accidentale, lo psicologo e fisiologo Raoul
Husson 5. Aveva condotto importanti rivelazioni in merito ai legami
esistenti tra le società segrete e la strategia di potere occulto da essa
perseguita. Tali legami si instaurano su tre differenti livelli.
Nel primo livello esistono società segrete inferiori, abbastanza accessibili, attraverso le quali si reclutano tutti coloro che possono essere
utili.
Nel secondo, invece, sono collocate le società segrete di ruolo o
intermedie, in cui i criteri per il reclutamento e la selezione sono molto
più restrittivi. I membri, all’interno di queste organizzazioni, svolgono,
nel pieno rispetto di una strategia di potere occulto di ordine politico e
finanziario, incarichi di responsabilità anche nei governi.
Altri membri, invece, oggetto di una strategia di potere occulto
iniziatico 6, si dedicano esclusivamente ad attività di natura simbolica,
rituale, magica e spirituale. Infine, nel terzo livello si troverebbero le
società segrete superiori, che rimangono sempre rigorosamente nascoste. Sono queste che dietro le quinte, muoverebbero realmente i fili
invisibili di tutti gli eventi importanti.
Nel regime dei colonnelli, le società segrete inferiori operavano
all’interno dei circoli sportivi e culturali delle Forze Armate, mentre
l’EENA, l’IDEA e l’ASPIDE rappresentavano quelle di ruolo o intermedie in
contatto con i servizi segreti greci. La struttura occulta della CIA, vero
deus ex machina di tutte le operazioni coperte, si identificava invece
con le società segrete superiori. Il potere esercitato dalle società segrete
militari greche si manifestava dietro scelte che, per quanto apparentemente banali, evidenziavano l’importanza attribuita agli eventi e ai
108
Intelligence & Storia Top Secret
simboli. Per esempio, la data del 21 aprile 1967, decisa dall’EENA per il
golpe, coincideva con l’anniversario della fondazione di Roma Imperiale, che cadeva il 21 aprile 753 a.C. Un riferimento esplicito all’epoca
dell’imperialismo e dei suoi simboli pagani, che troviamo nelle teorie
del barone Julius Evola. Del resto lo stesso simbolo della fenice si collega a queste teorie. Dalle sue ceneri rinasce l’Impero, o più esattamente
un regime che oltre a garantire l’ordine avrebbe dovuto assicurare al
paese un certo benessere economico. Non solo, ma il fuoco che brucia
la fenice simbolicamente rappresenta il dono che Prometeo fece agli
uomini. Un dono che avrebbe permesso loro di rendersi autonomi dalla
dipendenza economica insieme a quella religiosa, che è strettamente
correlata. Ricordiamo che Prometeo era anche il nome del piano utilizzato dai militari per coprire il golpe.
Un piano, quindi, che doveva rappresentare una rinascita, forse non
solo in Grecia, ma anche in Italia, se consideriamo il fatto che in questo
paese mediterraneo operavano società segrete, come per esempio la P2,
che sosteneva appunto la necessità di un piano di rinascita.
La P2 non era l’unica società segreta attiva, in Francia operava la
P1, mentre in Spagna la P3. Il significato tradizionale attribuito alla
sigla P è “propaganda”, ma può significare anche “piano” o più in generale “patto”. Probabilmente quest’ultimo è il termine appropriato per
l’interpretazione della sigla stessa, se teniamo presente che in Europa
cominciavano ad affermarsi poteri legati a organizzazioni e movimenti
collegati con la sinarchia.
Sinarchia e morti misteriose
Il termine sinarchia si riferisce a una sorta di governo centrale che,
secondo quanto contenuto in un documento noto come “patto sinarchico”, sarebbe formato da persone reclutate negli alti gradi professionali
civili e militari. Alcune di queste persone avrebbero fondato, nel 1922,
un movimento orientato verso una politica di estrema destra denominato Sinarchia dell’Impero. In merito a tale movimento, Emmanuel
Beau de Lomènie osservava: «Il primo Stato Maggiore del movimento
sinarchico dell’impero sarebbe stato formato da personalità di varie nazionalità ed avrebbe un’azione dominante nelle rivoluzioni a carattere
antidemocratico che si susseguirono in Europa: il fascismo in Italia, il
nazionalsocialismo in Germania, il movimento del generale Primo de
Rivera in Spagna».
Nel regime dei colonnelli, a livello politico militare si trovava la
giunta militare guidata dal colonnello Giorgio Papadopulos, mentre a
livello economico si collocava la classe imprenditoriale degli armatori.
Entrambi i livelli dovevano impegnarsi nella rinascita economica del
Paese. Le aspettative del regime furono però deluse. Infatti, a differenza
Documenti segreti 109
Figura 5. Aristotele Onassis in una festa del jet-set internazionale
DOSSIER STORIA
di Francisco Franco in Spagna, Giorgio Papadopulos non ebbe successo
nell’ottenere investimenti stranieri che potevano portare a una gestione dello Stato più stabile ed efficiente. Questa gestione poteva essere
migliorata rispettando uno dei punti fondamentali delle società segrete
militari, che prevedeva la reciproca collaborazione tra militari e imprenditori. Non dimentichiamo che l’IDEA come l’EENA sosteneva che l’unica
componente sana dello Stato era rappresentata dalle Forze Armate e
pertanto bisognava collocare i militari nei posti chiave dell’economia.
Per esempio il vicepresidente del governo e responsabile dell’economia
era il colonnello Makarezos il quale facilitò i piani di costruzione delle
raffinerie di petrolio nel paese.
Tale decisione coinvolgeva indirettamente la classe imprenditoriale
greca rappresentata dagli armatori come Aristotele Onassis. Era una
potenziale fonte di investimento e sposando Jacqueline Bouvier, vedova del Presidente John F. Kennedy, rappresentava un ottimo affare per
quanto riguardava le pubbliche relazioni. Il regime dei colonnelli aveva
così affidato il destino del governo e del proprio paese a un uomo sotto
molti aspetti particolare e misterioso.
Un uomo ricco, spregiudicato e poliedrico nei molteplici interessi
imprenditoriali. Inventore delle superpetroliere, delle bandiere ombra
e monopolizzatore del trasporto petrolifero al punto tale che il governo
statunitense dovette intervenire per bloccarlo.
Una vita segnata da amicizie importanti, matrimoni che testimo-
110
Intelligence & Storia Top Secret
niavano l’esistenza di ragioni dettate più da interessi economici che
sentimentali. Ma l’aspetto inquietante consisteva nelle sue alleanze
pericolose con ambienti vicini a un’altra società segreta, quale la mafia,
probabilmente implicata nell’attentato al Presidente John F. Kennedy.
Alleanze pericolose che segnarono i destini di persone come Alessandro Onassis e John Kennedy junior, rispettivamente figlio dell’armatore greco e di Jacqueline Bouvier. Questi ultimi morirono, a distanza di
tempo, in circostanze misteriose. Alessandro Onassis perse la vita in un
incidente aereo il 22 gennaio 1973. Il giorno seguente avrebbe dovuto
partecipare a un matrimonio.
Nel 1999, ventisei anni dopo, John Kennedy junior, moriva in un
incidente aereo. Per ironia della sorte, anche John il giorno seguente
avrebbe dovuto assistere a un matrimonio. È evidente che dietro date
e coincidenze fin troppo evidenti si nascondevano vendette maturate
all’ombra di quel lato occulto del potere che non dimentica certi errori.
Forse l’errore commesso da Aristotele Onassis nell’unirsi in matrimonio con Jacqueline Bouvier.
Ma la lista delle morti misteriose coinvolse altre persone legate
indirettamente o direttamente al regime dei colonnelli. È il caso dello
psicologo Raoul Husson, che fece delle ricerche molto interessanti sulle società segrete. Deceduto a causa di un incidente stradale nel 1967,
anno che segna l’avventura dei colonnelli in Grecia. Direttamente, personalità di spicco del mondo accademico come l’archeologo Spyridon
Marinatos 7, amico del colonnello Giorgio Papadopulos, e morto in
circostanze misteriose nell’estate del 1974, anno che chiudeva il regime
dei colonnelli.
Note
1.
D. GANSER, Gli Eserciti Segreti della NATO, Fazi Editore
2.
I gradi d’iniziazione del mitraismo erano sette. Rispettivamente in ordine cronologico: Corvo, Nymphus, Miles, Leo, Perses, Heliodromo e Pater.
3.
C. PALERMO, Il Quarto Livello, Editori Riuniti
4.
G. GALLI, La Magia e il Potere, Lindau Editore
5.
Nel 1945, a cura delle Editions Medicis, usciva a Parigi un libro firmato
da Geoffroy de Charnay, nome di uno dei grandi templari francesi finito sul rogo
insieme al Gran Maestro Jacques de Molay nel 1314. Sotto questo pseudonimo
si celava lo psicologo e fisiologo Raoul Husson (1901–1967). In questo libro egli
rivela che le società segrete che hanno un compito determinante nella storia mondiale costituiscono una piramide a tre piani.
6.
M. BLONDET, Gli Adelphi della Dissoluzione, Edizioni Ares
7.
M. LA FERLA, L’Uomo di Atlantide, Stampa Alternativa
Documenti segreti 111
Guerra di spie alla corte dello zar Nicola II. Fu un agente segreto
britannico a dare il colpo di grazia a Gregorij Rasputin, il consigliere della
zarina ucciso in una congiura di nobili
Patrick Nicholson
G
regorij Rasputin, il monaco ortodosso diventato confidente
della zarina Alexandra e dello zar Nicola II di Russia, fu
ucciso da Oswald Rayner, un agente segreto britannico. È
quanto sostiene oggi Richard Cullen, ex funzionario di Scotland Yard,
che ha potuto ricostruire insieme allo scrittore Andrew Cook gli ultimi
istanti della vita di questo misterioso personaggio, assassinato nel 1916
da una congiura di corte. Tra gli aristocratici russi che eliminarono
Rasputin c’era un membro dei servizi segreti britannici, operativo alla
corte di Pietrogrado (l’attuale Pietroburgo), dove si trovava l’eccentrico
consigliere spirituale che aveva plagiato la zarina facendole credere
che avrebbe potuto curare dall’emofilia il figlio Alessio. Sembra che
Rasputin fosse riuscito a coinvolgere Alexandra, le sue figlie più grandi
Figura 1. Cortigiane dello zar Nicola II insieme a Rasputin
DOSSIER STORIA
CHI UCCISE “FORZA SCURA”?
112
Intelligence & Storia Top Secret
ed alcune dame di corte, in orge sessuali di una specie di rito pagano.
Nonostante queste voci circolassero sempre più insistentemente, lo zar
Nicola sembrò tollerare la presenza dell’ospite chiaccherato, ignorando
le proteste dei suoi consiglieri e degli ufficiali. Avvertendo questa ostilità nei suoi confronti, Rasputin cercò di “mitridatizzarsi”, ingerendo
metodicamente piccole dosi di veleno per diventare immune ad un
possibile tentativo di avvelenamento da parte della fazione di corte che
lo avversava.
Rasputin era odiato da alcuni cortigiani, tra questi il principe Felix
Yusupov, esasperati al punto di decidere di eliminare quel mugico dai
modi villani. Secondo la tesi di Cullen gli assassini furono appoggiati dai servizi dell’intelligence britannica, preoccupata a sua volta dai
tentativi di Rasputin (simpatizzante della Germania) che cercava di
convincere Nicola II a trattare la pace con il Kaiser.
Se nel 1916 lo zar avesse siglato quell’accordo, 350.000 uomini
delle truppe tedesche sarebbero state smobilitate dal fronte russo e
utilizzate contro gli Alleati sul fronte occidentale. Da alcuni documenti
scoperti di recente, emerge dunque che l’agente operativo Oswald Rayner era presente quando Rasputin, nella notte tra il 16 e il 17 dicembre
del 1916, fu ucciso nel palazzo del principe Felix Yusupov. Durante un
banchetto offerto al monaco, gli furono servite pietanze imbottite di
cianuro, ma il veleno non fece effetto. Il principe prese allora una pistola dallo studio, dove altri cospiratori aspettavano, e sparò al petto di
Rasputin. Sembrava tutto finito, ma quando un’ora più tardi i congiurati
tornarono sulla scena del delitto, scoprirono con raccapriccio che Rasputin era ancora vivo. Il monaco, stando al racconto fatto da Yusupov,
addirittura era in piedi furioso come un leone ferito a morte. Cercò di
aggredire il principe prima di fuggire nel cortile dove gli furono sparati
altri colpi di pistola da un altro congiurato, Vladimir Purishkevich. A
questo punto il monaco cadde riverso. Nelle sue memorie il principe
Yusupov non accennò mai alla presenza di Rayner. Anzi, scrisse che il
giorno dopo quell’avvenimento, cenò con l’agente britannico, al quale
raccontò dei fatti avvenuti la sera precedente.
La nuova versione di questa storia contraddice quest’ultimo racconto. Una fotografia scattata al cadavere di Rasputin dopo la sua morte,
mostra il foro di una terza pallottola proprio in mezzo alla fronte. Il posizionamento preciso di questo colpo mortale fa pensare all’opera di un
killer professionista. Purishkevich aveva sparato da lontano alla schiena
di Rasputin. I fori delle tre pallottole erano di calibro diversi, esplosi
quindi da pistole diverse.
Cullen conclude che c’era un terzo uomo con gli assassini: Rayner,
introdottosi nel palazzo prima dell’arrivo di Rasputin. Alcune fotografie scattate nel cortile dove si era svolta la fase finale di quell’omicidio,
mostrano una lunga striscia di sangue che attraversa lo spiazzo, finendo
Documenti segreti 113
DOSSIER STORIA
Figura 2. Il monaco Gregorij Rasputin, odiato ed amato a corte
114
Intelligence & Storia Top Secret
in una pozza di sangue vicino ad un cancello dove una macchina stava
aspettando. Cullen immagina che dopo essere stato colpito da Yusupov
e da Purishkevich, Rasputin fu trascinato attraverso il cortile, ma prima
di giungere alla macchina il monaco avrebbe dato ancora segni di vita.
Rayner allora gli avrebbe sparato una pallottola in mezzo alla fronte.
Il coinvolgimento dell’agente britannico fu tenuto segreto per motivi
di politica internazionale dai suoi superiori e dai cospiratori russi, ansiosi di attribuirsi tutto il merito dell’azione.
Ma in un promemoria spedito ai capi di Rayner a San Pietroburgo,
John Scale e Stephen Alley, rientrati a Londra prima di quella notte si
leggeva:
Anche se la questione non l’abbiamo completamente progettata noi, il nostro obiettivo è stato raggiunto. La reazione alla morte di “Forza Scura” [nome
in codice di Rasputin] è stata accolta bene da tutti, anche se qualcuno sospetta
un coinvolgimento più largo. Rayner sta cercando di dissipare questi dubbi.
Riassumerà la situazione al suo ritorno.
Se Rayner operò davvero con gli assassini e fosse stato lui a dare il
colpo di grazia non lo confessò mai, fedele alla consegna del silenzio.
Bruciò tutte le sue carte su quella vicenda portandosi il segreto nella
tomba. Lasciò la Russia alla fine della guerra e nel 1920 diventò un
collaboratore del “Daily Telegraph” inviando corrispondenze dalla
Finlandia. Si ritirò, infine, in Inghilterra nel villaggio di Botley, nell’Oxfordshire dove morì nel 1961. Il principe Yusupov morì quattro
anni più tardi. Non cambiò mai la sua versione dei fatti.
Andrew Cook è riuscito a recuperare questa versione della morte di
Rasputin indagando sulla vita di un altro asso delle spie britanniche,
Sidney Reilly, anch’egli operativo in Russia dopo lo smantellamento
del gruppo di Rayner.
Intervistando la figlia del capitano John Scale, l’ufficiale che aveva
arruolato Reilly nel 1918, Cook scoprì che la donna possedeva una specie di caverna di Aladino contenente documenti sulle varie operazioni
di intelligence, agende, rapporti e promemoria che John Scale aveva
compilato di proprio pugno.
Da quelle carte risultava che Scale ed i suoi ritenevano Rasputin
responsabile della sistematica sostituzione, durante l'estate e l’autunno
del 1916, di alcuni ministri russi filo-britannici con altri filo-tedeschi.
Scale era stato inviato in Russia da “C”, il Capo del SIS, nell’agosto del
1916, prendendo alloggio nell’Albergo Astoria a Pietroburgo con altri
operativi dell’Intelligence britannica.
La zarina in quello stesso periodo, consigliata da Rasputin, aveva
esortato il marito a sostituire il ministro per l’Interno con un personaggio favorevole alla politica filogermanica, definendo il monaco «nostro
Documenti segreti 115
DOSSIER STORIA
Figura 3. Oswald Rayner l’agente segreto britannico del SIS
116
Intelligence & Storia Top Secret
amico e guida, il cui amore per lo Zar e la Russia è così intenso che Dio
l’ha spedito tra noi per essere nostro consigliere». Il ministro britannico
per la Guerra, Lloyd George, ricevuto il rapporto da Scale su questo
avvenimento, inviò a sua volta al Primo ministro del Regno Asquith
un promemoria confidenziale allarmandolo circa le nefaste influenze
germanofile del monaco, chiedendo cosa fare. Rasputin era a capo di
una organizzazione di spie tedesche le cui trame, forse, avevano fatto
la vittima più illustre della guerra in corso: il feldmaresciallo Horatio
Herbert Kitchener. Qualche mese prima dell’assassinio di Rasputin, Kitchener, ministro della Guerra in carica, si era imbarcato per la Russia
sull’incrociatore inglese Hampshire, chiamato dallo zar che conoscendo
le doti organizzative di questo singolare soldato, lo voleva a capo della
ristrutturazione del suo esercito. Il curriculum del feldmaresciallo era
tra i più prestigiosi del tempo. Kitchener nel 1892 era stato al comando
supremo dell’esercito egiziano, inviato in Sudan per vendicare la morte
del generale Gordon, ucciso a Kartoum nel 1885 dalle truppe del Mahdi
diventando governatore di quella provincia egiziana nel 1899.
Aveva guidato e vinto la guerra contro i boeri in Sudafrica (1899–
1902), dopo le disastrose sconfitte subite dalle truppe di lord Roberts.
Era stato a capo anche della riorganizzazione degli esercito australiano
e neozelandese. Diventato ministro della Guerra nel 1914, due anni
dopo era già riuscito con la coscrizione obbligatoria a creare 33 nuove divisioni (le Kitchener’s Divisions) da inviare sul fronte francese.
Il suo arrivo in Russia costituiva
dunque un pericolo per chi, come
Rasputin, perseguiva una politica
di avvicinamento della Russia alla
Germania.
È possibile quindi, che la morte
di Kitchener fosse stato un colpo
messo a segno dalle spie di Rasputin infiltrate a corte.
La nave di Kitchener, giunta
nei pressi delle isole Orcadi il 5
giugno del 1916, affondò colpendo una mina lasciata dall’UBoot
tedesco U75 poco tempo prima
del passaggio dell’incrociatore.
Soltanto nel 1985 sono state desecretati i documenti concernenti
l’inchiesta svolta per chiarire le
circostanze che privarono la RusFigura 4. Herbert H. Kitchener
sia di un prezioso alleato come
l’Inghilterra.
DOSSIER MEDIA
a cura di Chiarastella Cirielli
Cinema 119
Un film che preconizza l’escalation del terrorismo islamico nel cuore della
“Grande Mela” prima dell’attacco al World Trade Center
L’
agente speciale dell’FBI Anthony Hubbard (l’attore Denzel
Washington) deve affrontare l’escalation di terrorismo che
investe New York. Un autobus esplode a Brooklyn e altre
esplosioni seminano terrore, morti e dubbi. L’America si chiede, infatti, se l’azione investigativa dell’FBI è sufficiente a scovare la cellula di
terroristi che sta facendo divampare il terrore in città. Il film si sviluppa
da questo momento sul conflitto di competenze tra l’Agenzia federale,
la CIA e l’Esercito, rappresentati dall’agente della CIA Elise Kraft (Annette Bening) infiltrata nella comunità araba e in stretto contatto con
i terroristi e il generale William Deveraux (Bruce Willis) dai metodi
FILM-VHS-DVD
ATTACCO AL POTERE
120
Intelligence & Storia Top Secret
molto duri e discutibili. Elise Kraft che è in realtà Sharon Bridger è
convinta che avere rapporti con Samir, un arabo sul quale Hubbard ha
dei sospetti, può servire a scoprire la cellula terroristica. Dopo un altro
attentato al palazzo federale, il Presidente degli Stati Uniti, pressato
dall’opinione pubblica, dichiara lo stato d’emergenza nazionale e autorizza l’intervento dell’esercito. Deveraux istituirà la legge marziale con
relativo coprifuoco e stadi di calcio riempiti di arabi, anche cittadini
statunitensi, sospettati di terrorismo. Le torture sui prigionieri effettuati
dall’esercito, in nome della sicurezza della nazione, accendono i contrasti tra Deveraux, Sharon e Hubbard, disaccordi sul piano operativo e
sui principi etici.
Le divergenze diventano insanabili specie quando il generale fa arrestare alcuni sospetti di origine araba, tra cui il figlio di Frank Haddad,
un collega di Hubbard. Inutile raccontare la fine del film che vedrà prevalere le ragioni di Hubbard, protettore della libertà individuale e delle
garanzie costituzionali del Paese. Una sviolinata, sembra, all’FBI come
garante delle libertà del cittadino. L’esercito si allontanerà, i terroristi
saranno catturati in un finale a sorpresa dove si scoprirà che anche un
informatore sicuro… può non essere sicuro.
In questo thriller fantapolitico, realizzato nel 1998, CIA e Pentagono ne escono fuori un po’ malconci in un momento in cui la tragedia
dell’11 settembre e gli orrori della prigione di Abu Graib erano ancora
di là da venire. Probabilmente nell’ambiente intellettuale di Hollywood
si volevano denunciare i pregiudizi razziali che si stavano manifestando
sempre più apertamente proprio negli Stati Uniti, soprattutto contro
l’esasperato fanatismo ideologico e religioso. Il film avrebbe quindi
anticipato profeticamente quanto di lì a tre anni di distanza avrebbe
precipitato il mondo nell’attuale allerta permanente. All’epoca la critica lo giudicò un buon film ma non capì che sotto le figure da manuale
proposte dagli interpreti principali si nascondeva già un altro conflitto:
quello di competenze tra le tre agenzie d’intelligence degli USA, l’FBI, la
CIA e l’Esercito, appunto, contrasti reali tra le cui maglie sarebbe passato l’attentato alle Torri di New York.
Ben diretto da Edward Zwick, già autore di Glory sempre con Denzel Washington, il film prodotto dalla Twentieth Century Fox ha i suoi
momenti profetici con le immagini di una New York sotto assedio e in
particolar modo di grande effetto risulta essere l’ingresso nel quartiere
di Brooklyn delle truppe e dei veicoli militari. Per girare questa scena il
famoso ponte è stato chiuso addirittura per una mattina intera paralizzando ancora di più il già frenetico traffico della metropoli. Per i cultori
delle metodologie investigative, il film è infine un ottimo esempio dei
sistemi usati dagli investigatori dell’FBI quando devono individuare le
cellule terroristiche persino tra gli informatori, nonché delle operazioni
condotte in concomitanza con le forze speciali in ambiente urbano.
Novità editoriali 121
La quarta guerra mondiale
Islam contro Cristianesimo
Edizioni Piemme
Casale Monferrato (Al) 2004
pagg. 154 Euro 11,50
Un fantasma dai mille volti si aggira
per l’Europa. Un fantasma che non
ha paura di sacrificare la propria vita,
sicuro di morire e rinascere. Ha il viso
arabo, iraniano, indiano, caucasico,
africano, ma talvolta anche europeo.
Ha la barba solenne di un vecchio
saudita, che pronuncia sentenze di
morte e invoca il Dio Misericordioso.
Ha il volto sicuro di una ragazzina palestinese incorniciato dal chador. Ha
gli occhi brucianti di una donna cecena
pronta a farsi saltare con l’esplosivo in un teatro o in un edificio pubblico. II fantasma ha scatenato una guer ra mondiale. Una guerra dichiarata
mille e quattrocento anni fa nel deserto dell’Arabia, e che oggi investe
l’intero pianeta: dai grattacieli di New York alle savane del Sudan, dalle
città europee alle isole della Malesia. Si chiama Jihad, e per il musulmano vuol dire dovere, sforzo collettivo. I nemici sono “tutti gli altri”,
compresi quegli stessi musulmani tolleranti, che interpretano il Jihad
non come lotta armata, ma come lotta spirituale per la purificazione di
sé. La cronaca degli ultimi vent’anni narrata in queste pagine dimostra
che non solo l’ateismo e l'opulenza dell’Occidente sono di grave scandalo per l’Islam, ma anzitutto la concezione della persona umana — dei
suoi diritti e della sua libertà — proclamata dal cristianesimo e duemila
anni di storia.
GIANCARLO GIOJELLI, giornalista professionista, ha lavorato per
“II Giornale” e “Avvenire”. Come inviato speciale ha collaborato ai
programmi di Raiuno e agli speciali de Tg1, di Tvsette e del Tg2 dossier.
Si è occupato delle guerre in Africa (Zambia, Uganda, Sudan), in Croazia, Bosnia, Kosovo, Irlanda del Nord, Libano e Israele. Ha firmato
numerosi reportage sull’Est europeo, sul Medio Oriente e sul Sud Est
asiatico (Birmania e Triangolo d’oro) e ha fatto parte della redazione dei programmi di Enzo Biagi (Il Fatto). È stato resposabile della
redazione giornalistica della Rai di Milano e in seguito vicedirettore
responsabile della redazione milanese del Tg5. Dopo una breve esperienza come vicediredirettore a La7, è tornato in Rai, dove attualmente
IN LIBRERIA
GIANCARLO GIOJELLI
122
Intelligence & Storia Top Secret
è caporedattore di Raidue e autore con Antonio Socci del programma
Excalibur. Collabora inoltre, da circa un decennio, con il mensile
«Tracce».
MICHAEL HERMAN
Intelligence Power in Peace
and War
Cambridge University Press uk
pagg. 414 Euro 39,00
Review
‘Michael Herman has produced a
very thought provoking and important book for understanding how an
intelligence community works, when
it fails and how it might work better...
It is set to be a standard for those
who wish to understand the value of
intelligence in the functioning of the
modern state.’ Dr Paul Latawski, RUSI
‘Written by a professional who is
also an academic, this book lays the
foundations for a theory of ‘intelligence power’ — the generic capability that is a ‘multiplier’ the key
to successful planning and action, and an instrument of policy in its
own right. Herman dissects and analyses the autonomy of intelligence organisations and develops principles for ensuring the quality
of the product and the efficiency of the processes. The book ranges
from theory to practice and its comprehensive scope will appeal to
layman and professional alike.’ Professor Michael MccGwire, OBE
‘Intelligence Power in Peace and War is based on an attractive combination of personal experience, wide reading and scholarly reflection. It
is clearly and persuasively written.’ Professor Christopher Andrew, University of Cambridge, author of For the President’s Eyes Only: Security,
Intelligence and the American Presidency from Washington to Bush
Christopher Andrew regularly appears on Radio 4.
Book Description
Intelligence services form an important but controversial part of the
modern state. Drawing mainly on British and American examples, this
book provides an analytic framework for understanding the “intelligence community” and assessing its value. Michael Herman, a former
senior British Intelligence officer, describes the various components of
intelligence; discusses what intelligence is for; considers issues of ac-
Novità editoriali 123
ROMEO FRIGIOLA
Esoterismo e politica occulta
Dai Templari alle Brigate Rosse
Antonio Dellisanti Editore
Massafra (Ta) 2005
pagg. 264 Euro 15,00
Se è vero che la nascita del potere invisibile si perde nella notte dei tempi,
con i silenzi e le maschere del principe, gli intrighi di corte, le menzogne,
i segreti, gli assassinii di palazzo,
ecc., è altrettanto giusto affermare che
l'esercizio occulto del dominio in democrazia è incompatibile con la sovranità popolare e l’autogoverno, perché
trasforma i cittadini in sudditi.
Si continua, pertanto, ad assistere
stupiti al verificarsi di paradossi einsteiniani nel campo della gestione della cosa pubblica: mentre i cittadini richiedono visibilità, lo smantellamento di apparati militari ormai
inutili, anacronistici, l’apertura di archivi segreti, la verità sui misteri
irrisolti, il linguaggio della politica, in modo particolare in Italia, assume inequivocabilmente qualità esoteriche.
Termini come trame nere, trame oscure, poteri occulti costellano ancora
l’universo lessicale della democrazia parlamentare della Seconda Repubblica italiana, ed i colpevoli delle numerose stragi nere rimangono
per sempre impuniti, mentre quasi tutti gli ex terroristi rossi possono
circolare liberamente nel nostro Paese e all’estero.
Vi è inoltre da registrare la comparsa, sullo scenario politico italiano, di
stelle di prima grandezza che, autoinvestendosi di poteri taumaturgici,
promettono miracoli a folle esasperate.
La nuova morfologia del potere, pertanto, tende sempre più a strutturarsi anacronisticamente intorno a schemi, atteggiamenti e gergo della
peggiore tradizione magico-religiosa.
L'approccio del presente lavoro al problema, però, non vuole essere
meramente psicoanalitico e psichiatrico: non si può leggere la storia in
chiave esclusivamente psicopatologica!
Sarebbe, d’altronde, troppo comodo per i carnefici di tutte le epoche
essere assolti perché incapaci d'intendere e di volere. E sarebbe altrettanto scorretto sorvolare omertosamente su quanti, in un modo o
IN LIBRERIA
curacy, evaluation and efficiency; and makes recommendations for the
future of intelligence in the post–Cold War world.
124
Intelligence & Storia Top Secret
nell’altro, li hanno legittimati. A tale riguardo riportiamo un esempio:
c’è una vignetta, disegnata da due scrittori satirici italiani, Pericoli e
Pirella, divisa in tre parti: nella prima si vede Hitler che arringa la folla
entusiasta; nella seconda ancora il dittatore concionante e una scritta:
“Facciamo la psicanalisi di Hitler”; nella terza ancora la folla plaudente,
entusiasta, ed un’altra didascalia: «Adesso facciamo la psicanalisi di
tutti gli altri».
Non si può eludere il problema della psicologia delle folle, per dirla
con Gustave Le Bon, né il fatto che ci siano state anche delle valide
motivazione storiche, sociali, politiche ad indurre alcuni individui ad
unirsi segretamente.
ROMEO FRIGIOLA (Laterza TA, 1963), docente di Lettere e Filosofia presso gli istituti superiori, antropologo, conferenziere e scrittore,
ha pubblicato: Gli ultimi maghi (1991), L'invisibile visibile (1993),
L’esperienza del dolore (1999), Sogni, visioni, premonizioni (2002).
CHRISTOPHER HALE
La crociata di Himmler
La spedizione nazista in Tibet nel
1938
Garzanti Libri
Milano 2006
pagg. 529 Euro 29,00
Nel 1938, alla vigilia della seconda guerra mondiale, il capo delle ss
Heinrich Himmler decise di inviare
una spedizione sull’Himalaya, per una
missione scientifica tanto misteriosa
quanto ambiziosa: sul tetto del mondo gli scienziati tedeschi avrebbero
dovuto trovare la testimonianza delle
origini della razza ariana, che secondo
l’ideologia nazista avrebbe dominato il
pianeta. A guidare la spedizione erano
due personalità assai complesse. Il naturalista Ernst Schäfer, uno scienziato serio e competente, pensava che l'amicizia con il gerarca nazista
avrebbe potuto accelerare la sua carriera. Bruno Beger era invece un
antropologo: le sue teorie razziste avrebbero trovato la loro logica conclusione nell’orrore di Auschwitz.
Fin dall’inizio la spedizione tedesca dovette affrontare l’ostilità degli
inglesi, che controllavano il subcontinente indiano. Anche con i tibetani i rapporti non furono facili: sia per le primitive condizioni di vita a
Novità editoriali 125
CHRISTOPHER HALE, scrittore pluripremiato e produttore, ha
studiato alla Sussex University e alla Slade School of Fine Art. Ha realizzato numerosi film di carattere scientifico e artistico per le maggiori
emittenti, tra cui la BBC. Ha fatto riprese e ha viaggiato in zone inesplorate del Mozambico, dello Yemen, del Borneo e su isole sperdute nel
Pacifico. Vive tra Londra e New York.
MARIO BAUDINO
Il Mito che uccide
Dai catari al nazismo: l’avventura
di Otto Rahn, l’uomo che cercava il
Graal e incontrò Hitler
Longanesi & C.
Milano 2004
pagg. 251 Euro 16,00
Tolosa, 1234: un’anziana eretica sul
letto di morte è indotta con l'astuzia
a confessare la sua fede e, benché
già in agonia, viene trasportata fino
a un rogo acceso per lei appena fuori
le mura della città. Parigi, 1930: alla
Closerie des Lilas, alcuni intellettuali
fantasticano di misteriosi tesori appartenuti ai Catari, che nel XIII secolo
furono sterminati da una crociata promossa da papa Innocenzo III. Per il più giovane di loro è un'illuminazione. Decide di andare nel sud della Francia, sulle tracce di quei tesori. Il
IN LIBRERIA
Lhasa, la città proibita agli stranieri e residenza del Dalai Lama; sia per
i tentativi di strumentalizzazione da parte delle autorità locali.
Malgrado i diari, i libri e le numerose fotografie che documentano la
spedizione (e che tra l’altro hanno ispirato il film Sette anni in Tibet),
la vicenda aveva ancora molti lati oscuri. Christopher Hale è risalito
alle origini dell’ideologia nazista, con la sua ossessione per la purezza
della razza e per l’occultismo, ha studiato i documenti originali, ha
intervistato a lungo uno dei protagonisti, Bruno Beger. Ha dipanato
così il filo di una vicenda dove s’intrecciano storia, scienza e politica,
ambizioni personali e piani strategici per il controllo del cuore dell’Asia. Tra paesaggi straordinari e deliri storico–filosofici, intrighi di
spie e considerazioni geopolitiche, La crociata di Himmler racconta un
episodio quasi dimenticato, apparentemente secondario e bizzarro, che
però getta una luce ancora più sinistra su Adolf Hitler e sulla cerchia
dei suoi fedelissimi.
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Intelligence & Storia Top Secret
suo nome è Otto Rahn: fra il 1930 e il 1932 percorre grotte e castelli alla
ricerca di un segreto legato all'eresia catara, da cui trae il materiale per
un libro, La Crociata contro il Graal, che ne segnò il destino. Ancora
oggi, seguendo le sue tesi, molti occultisti, esoteristi e new agers sono
convinti che i catari custodissero nella loro rocca di Montségur il Sacro
Graal, la favolosa coppa cercata dai cavalieri di re Artù. In questo libro,
che ha il passo del romanzo ma dove nulla è inventato, Mario Baudino
racconta le storie parallele dell'epopea catara e dell'enigmatica vita di
Rahn, prima cantore di quelle antiche vittime e poi alfiere del nazismo
esoterico, tanto da arrivare alla più ristretta cerchia di Heinrich Himmler. Egli vide nel Graal il cuore di una nuova “religione germanica”, e
soprattutto lasciò intendere che credeva nella sua esistenza non come
mito ma come oggetto reale. e che era sul punto di trovarlo. La sua fu
la tragedia di uno scrittore che, in nome della sacra reliquia, tentò di
sottoscrivere una sorta di patto diabolico e ne fu stritolato, in modo
non dissimile da altri intellettuali, tentati dal sogno impossibile di influenzare i grandi totalitarismi europei, se non addirittura di sfruttarli a
proprio vantaggio. Quando morì, sulle Alpi austriache nel marzo 1939,
in circostanze mai ben chiarite, molti non vollero credere alla sua scomparsa e alimentarono storie alternative di una biografia mitica, intrisa di
leggende e misteri.
MARIO BAUDINO, nato a Chiusa Pesio (Cuneo) nel 1952, vive a
Torino, dove è giornalista culturale per “La Stampa”. Autore di saggi
e romanzi (tra questi ultimi ricordiamo Il sorriso della druida, 1998).
ha pubblicato con Guanda tre raccolte di poesie: Una regina tenera
e stupenda (1980), Grazie (1988, Premio Montale) e Colloqui con un
vecchio nemico (1999, Premio Brancati 2000). Per Ponte alle Grazie è
uscito Voci di guerra (2001).
Finito di stampare nel mese di aprile del 2006
dalla tipografia « Braille Gamma S.r.l. » di Santa Rufina di Cittaducale (Ri)
per conto della « Aracne editrice S.r.l. » di Roma
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