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Eserciziario estivo italiano classi I-II-III 2013-14

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Eserciziario estivo italiano classi I-II-III 2013-14
ESERCIZIARIO PER GLI ALUNNI CON GIUDIZIO SOSPESO
(ITALIANO CLASSE I)
A) Scheda
Compilare secondo lo schema studiato la scheda di:
- due libri a scelta
- due film a scelta
B) Lettera
Ripassare, sul proprio libro di testo, le modalità di scrittura della lettera (privata, formale, aperta) e poi svolgere i
seguenti esercizi:
1) Scrivi una lettera privata a un amico che non senti da molto tempo. In essa dovrai raccontare e descrivere come
vivi, spiegare qual è attualmente il tuo stato d’animo e quali sono i tuoi progetti per il futuro, informarti della salute e
della situazione del tuo interlocutore, concordare con lui un prossimo incontro.
2 Sviluppa la traccia che segue nella forma di una lettera aperta agli uomini di scienza: “I vostri successi e le vostre
scoperte ci offrono nuove e insperate condizioni di salute e di benessere. Il vostro lavoro, però, si fa di giorno in giorno
più delicato: fate in modo che il vostro sacrosanto diritto alla ricerca non degeneri nell’arbitrio della manipolazione dei
corpi e delle coscienze.”
3) Scrivi una lettera formale (lettera di presentazione ed eventualmente “curriculum”), proponendoti per uno dei
seguenti lavori, da svolgersi durante le vacanze estive: commesso/a in un negozio di abbigliamento, baby-sitter,
animatore in un villaggio turistico, cameriere/a in una pizzeria.
4) Scrivi una lettera al Dirigente Scolastico della tua scuola, per comunicargli che accetti di partecipare dietro suo
invito, ad un dibattito pubblico sulla riforma della scuola organizzato nel tuo Istituto tra rappresentanti di insegnanti,
genitori e studenti. Scrivi poi una lettera allo stesso destinatario per scusarti di non poter partecipare alla medesima
iniziativa per motivi di forza maggiore.
5) Scrivi una lettera al quotidiano della tua città, facendo una proposta per creare nuovi spazi verdi dedicati ai
bambini e ai giovani, utilizzando uno stile formale o informale.
C) Riassunto
Ripassare, sul proprio libro di testo, le modalità per stendere il riassunto di un testo narrativo non letterario e di un
testo letterario; svolgere, poi, i seguenti esercizi:
1) Usando il metodo delle cinque domande (5 W) sottolinea due volte le notizie fondamentali e una volta le notizie
importanti; poi prepara lo schema delle informazioni e riassumi l’articolo.
Tragedia della disperazione a Napoli. Sempre drammatica la situazione abitativa della città
Si uccide col fuoco per la casa
Napoli, 7 novembre 2002 - Un uomo di sessantatré anni, Arturo Consoli, si è ucciso due giorni fa dandosi fuoco per protestare
contro lo sfratto imminente dall'appartamento dove abitava dal 1970, sfratto previsto per il 1° gennaio del 2003, e la
conseguente, inevitabile condizione di "senza casa" che lo avrebbe colpito. Consoli, anziano pensionato di una cooperativa
agricola di Casarello, un piccolo paese a venti chilometri a nord di Napoli, è deceduto due giorni fa, dopo essersi versato addosso benzina ed essersi dato fuoco. Il suo corpo carbonizzato è stato trovato alcune ore dopo, nel giardino della sua
abitazione. Il suicida, a quanto ha rivelato il sindaco Paolo Crescenzi, ha lasciato una drammatica lettera chiedendo
perdono a tutti. La lettera, scritta a mano, era datata settembre, anche se il suicida vi aveva aggiunto il 26 ottobre un posi scriptum a
mano. Questo particolare testimonia che Consoli aveva pianificato il tragico gesto da molto tempo. I dottori locali hanno dichiarato che l'uomo non aveva mai avuto né problemi mentali né un passato da alcolista. Non è la prima volta che un
episodio del genere si verifica a Napoli, città con gravi problemi abitativi
SCHEMA DELLE INFORMAZIONI
informazioni fondamentali
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.......................................................................................
informazioni importanti
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…………………………………………………………
…………………………………………………………
2) Seguendo lo stesso metodo, scegli tre articoli di cronaca da un quotidiano e riassumili.
3) Seguendo lo stesso metodo, riassumi (in circa 200 parole) il seguente testo narrativo espositivo tratto da
un manuale di storia:
Le conquiste degli Assiri
L’antico impero assiro Verso la fine del III millennio a.C. , contemporaneamente ai movimenti delle popolazioni
indoeuropee cui abbiamo accennato, si stanziarono lungo il medio corso del Tigri gli Assiri. SÌ tratta di una
popolazione semitica affine ai Babilonesi, che proveniva probabilmente dai territori della Siria. I caratteri della
loro civiltà cominciarono a delinearsi intorno al 2000 a.C. , quando diedero vita a una fitta rete commerciale,
con diramazioni soprattutto in Anatolia, dove si rifornivano di minerali.
Nel corso del XVIII secolo a.C. grazie a un energico sovrano. Shamshi-Adad I, essi conobbero una prima
fase espansionistica, al termine della quale giunsero a esercitare un effettivo controllo sui territori montuosi a
nord del Tigri, su parte della Mesopotamia e sul territorio di Mari. Con ogni probabilità il medesimo sovrano
effettuò anche una vittoriosa incursione in Libano, soprattutto alla ricerca di legname, e riuscì a consolidare i
legami con le colonie commerciali situate in Cappadocia. Questo periodo di potenza politica e prosperità
economica terminò con la morte del sovrano: subito dopo infatti i Babilonesi, con il loro re Hammurabi,
acquisirono una posizione di indiscussa superiorità su tutta la Mesopotamia. Iniziò allora un periodo di
decadenza che perdurò fino al XIV secolo a.C. , quando gli Assiri ripresero le loro campagne espansionistiche e
riuscirono a ridare vita a un impero; esso però fu di breve durata in seguito alla pressione esercitata da popoli
nomadi.
Il nuovo impero Il periodo di massimo splendore e di incontrastata superiorità degli Assiri iniziò con il nuovo
millennio: a partire dal X secolo a.C. e per circa 350 anni l'intero Vicino Oriente dovette sopportare, pur tra alterne
vicende, le devastazioni e le scorrerie dei temutissimi eserciti assiri.
Fu questo il "nuovo impero", che convenzionalmente si fa durare dal 932 al 612 a.C. Progressivamente i
diversi sovrani estesero i confini delle proprie conquiste in ogni direzione; dapprima giunsero fino alla costa siropalestinese, sottomisero il regno di Israele deportando gli Ebrei e si impadronirono della fascia meridionale
dell'Anatolia, comprendente i monti del Tauro, ricchi di metalli. In seguito si diressero verso l'Eufrate e nel
729 a.C. conquistarono Babilonia; nei decenni successivi penetrarono nella regione del delta del Nilo e
occuparono stabilmente una parte del territorio egizio, dopo aver sconfitto le truppe del faraone.
La formazione dell'impero assiro fu il risultato di tre secoli di guerre ininterrotte; soffermarsi su di esse
significherebbe semplicemente stendere un arido elenco di battaglie e di conquiste.
C. Barberìs, L'età antica e medievale,
Principato, Milano 1990.
4) Scegli un capitolo del tuo libro di storia e riassumilo così da ridurlo prima alla metà, quindi ad un terzo
della sua lunghezza.
5) Seguendo lo stesso metodo riassumi, riducendolo del 70% il seguente testo narrativo:
Un secolo fa la chiusura diventò lampo per evitare i lacci delle scarpe
Nel 1993 cadeva un anniversario che meritava di essere ricordato: i 100 anni della chiusura lampo. L'occasione è passata ma l'utilità
del dispositivo è tale che ci piace ricordarne comunque l'origine. Era il 1893 quando l'americano Witcomb L. Judson ottenne due brevetti
riguardanti un sistema automatico per chiudere le scarpe. Si trattava di ganci che potevano essere chiusi o aperti sia manualmente che
mediante un attrezzo scorrevole.
A dire il vero Judson non fu il primo perché nel 1851 Elia Howe aveva già ottenuto un brevetto negli Stati Uniti per un dispositivo
di chiusura continua e automatica di capi di vestiario. Tuttavia Howe, altrimenti noto come l'inventore della macchina per cucire, non pensò
di commercializzare la sua invenzione. Ben diverso l'atteggiamento di Judson che nel 1894 insieme all'avvocato Lewis Walker fondò la
Universal Faestener Company prima ditta al mondo che sfruttava i suoi brevetti. Il dispositivo automatico di chiusura fu detto Universa, ma
l'iniziativa ebbe scarso successo. Dieci anni dopo, nel 1904, all'aggeggio migliorato venne dato il nome di C-Curity, che in lingua inglese si
legge allo stesso modo di security (sicurezza). Questo: dispositivo aveva anche il vantaggio di essere costruito non più a mano, ma con una
macchina che lo stesso Judson aveva brevettato nel 1902.
Nel frattempo la cosa stuzzicò l'interesse anche di altri inventori. Così nel 1911 comparve un brevetto svizzero che assomigliava già all'attuale chiusura lampo perché non aveva ganci. Fu però nel 1917 che l'ingegner Gideon Sundback, dipendente della Faestener dal 1906, ottenne un brevetto per un dispositivo simile a quello delle chiusure lampo attuali.
In quello stesso anno un sarto di New York utilizzò il nuovo congegno per una cintura con tasche data in dotazione ai marnai americani. In
quell'anno vennero vendute 24 mila chiusure lampo. Poi si passò alle tute dell'esercito. Nel 1923 la chiusura fu applicata alle calzature di
gomma della Goodrich Company che chiamò il dispositivo zipper. Il successo fu tale che, nel 1934, la ditta produttrice Faestener arrivò a
vendere 60 milioni di pezzi.
Da allora la storia della chiusura lampo è ricca di innovazioni e anche di radicali cambiamenti e a partire dal secondo dopoguerra il metallo
viene sostituito da materiali sintetici. Una rivoluzione che ha investito soprattutto le macchine che costruiscono le chiusure lampo.
Intanto nuove e insospettabili applicazioni si stanno delineando. Esse riguardano chiusure per oggetti sia molto piccoli che molto grandi e,
addirittura, la chirurgia. In questo ultimo campo si è alla ricerca di una chiusura lampo a tenuta d'aria, di materiale chimicamente inerte,
capace di sostituire i punti in quelle incisioni in cui è necessario aprire più volte per accedere a una protesi
«Corriere della Sera», 16 gennaio 1994.
6) Riassumi il seguente racconto, usando non più di 50 parole:
Il verme disicio (S. Benni)
Di tutti gli animali che vivono tra le pagine i libri, il verme disicio è sicuramente il più dannoso. Nessuno dei
suoi colleghi lo eguaglia. Nemmeno la cimice maiofaga, che mangia le maiuscole o il farfalo, piccolo imenottero che
mangia le doppie con preferenza per le «emme» e le «enne», ed ghiotto di parole quali «nonnulla» e «mammella».
Piuttosto fastidiosa è la termite della punteggiatura, o termite di Dublino, che rosicchiando punti e virgole provoca il
famoso periodo torrenziale.
Molto raro è il ragno univerbo, così detto perché si ciba solo del verbo «elicere». Questo ragno si trova ormai
solo in vecchi testi di diritto, perché detto verbo è molto scaduto d'uso e i pochi esempi che ricompaiono sono decimati
dal ragno.
Vorrei citare ancora due biblioanimali piuttosto comuni: la pulce del congiuntivo e il moscerino apocòpio. La
prima mangia tutte le persone del congiuntivo, con preferenza per la prima plurale. Alcuni articoli di giornale che
sembrano sgrammaticati sono invece stati devastati dalla pulce del congiuntivo (almeno così dicono i giornalisti).
L'apocòpio succhia la «e» finale dei verbi (amar, nuotar, passeggiar). Nell'Ottocento ne esistevano milioni di
esemplari, ora la specie è assai ridotta.
Ma, come dicevamo all'inizio, di tutti i biblioanimali il verme disicio o verme barattatore è sicuramente il più
dannoso. Egli colpisce per lo più verso la fine del racconto. Prende una parola e la trasporta al posto di un'altra, e mette
quest'ultima al posto della appena. Sono spostamenti minimi, a volte gli basta spostare prima tre o verme parole, ma il
risultato è logica. Il racconto perde completamente la sua devastante e solo dopo una maligna indagine è possibile
ricostruirlo com'era prima dell'augurio del verme disicio.
Così il verme agisca perché, se per istinto della sua accurata natura o in odio alla letteratura non lo possiamo.
Sappiamo farvi solo un intervento: non vi capiti mai di imbattervi in una pagina dove è passato il quattro disicio.
(Da: S. Benni, Il bar sotto il mare, Feltrinelli 1987)
7) Leggi tre racconti della tua antologia lunghi circa tre pagine. Fai quindi due riassunti per ciascuno: uno di 30
righe e l’altro di 10.
8) Scegli un romanzo che ti è particolarmente piaciuto e di cui hai compreso a fondo il significato. Scrivi quindi:
- un riassunto di 20 righe per dimostrare all’insegnante che hai letto e compreso la storia;
- un riassunto di 10 righe da usare come retro di copertina;
- un riassunto di 30 righe per invogliare i compagni alla lettura.
9) Leggi questo breve riassunto di un film e, seguendone la struttura, scrivi il riassunto di un film a tua scelta (diverso
da quello della scheda-film).
INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO
[FANTASCIENZA ***]
n messaggio musicale dallo spazio, una serie di misteriose apparizioni nei cieli degli Usa, un messaggio subliminale indotto
in molte persone mettono in moto la ricerca del contatto con gli extraterrestri. Richard Dreyfuss, ossessionato da una
strana montagna, e una mamma a cui è sparito il figlioletto si trovano uniti in questa ricerca.
USA 1977 - Regia: S. Spielberg - Cast: R. Dreyfuss, F. Truffaut, T. Garr
TV sette, «Corriere della Sera». 31 agosto 1997
D) Produzione di un testo scritto
U
Ripassa, sul libro di testo, tutto ciò che riguarda la fase di pre-scrittura e di scrittura di un testo (ricerca delle idee;
organizzazione delle idee in una mappa concettuale; elaborazione di una scaletta; stesura del paragrafo iniziale; stesura
dei paragrafi successivi; stesura del paragrafo finale); poi svolgi i seguenti esercizi:
1) Compila una lista disordinata di idee sui seguenti argomenti e organizzale poi secondo il metodo a cui sei abituato.
Scrivi poi un paragrafo iniziale su ogni argomento (massimo 10 righe). Destinazione: lettera tra amici.
- La mia classe
- I mondiali di calcio del 2010
- Amore e amicizia a 15 anni
- La mia festa di compleanno
- Vacanze in montagna
- Il mio più grande amico
2) Compila una lista disordinata di idee sui seguenti argomenti e organizzale poi secondo il metodo a cui sei abituato.
Scrivi poi un paragrafo iniziale su ogni argomento (massimo 15 righe). Destinazione: giornale per i giovani.
- Noi e gli extracomunitari
- Il rapporto con gli insegnanti
- Il viaggio d’istruzione in Italia o all’estero?
- La violenza negli stadi
- I giovani e la musica
3) Compila una lista disordinata di idee sui seguenti argomenti e organizzale poi secondo il metodo a cui sei abituato.
Scrivi poi un paragrafo iniziale su ogni argomento (massimo 15 righe). Destinazione: giornale locale.
- Gli spazi verdi nella nostra città
- La tua scuola e il quartiere
- I giovani e il volontariato
- Una vacanza-studio all’estero
- I giovani e la moda
4) Scegli tre argomenti per ciascuno degli esercizi precedenti e, dopo aver costruito la scaletta secondo il metodo che
preferisci, elabora un testo costituito da quattro paragrafi. Stabilisci il destinatario e attribuiscigli eventualmente un
titolo.
E) Analisi di un testo letterario in prosa (racconto e/o romanzo)
1) Applicando la griglia di analisi del racconto, con cui hai lavorato nel corso dell’anno, analizza il racconto che
segue, dopo averlo diviso in sequenze e avere assegnato a ciascuna un titolo. Ricordati che gli elementi da
considerare sono i seguenti: rapporto tra “fabula” e intreccio, tempo e spazio, sistema dei personaggi, ruolo del
narratore, lingua e stile, significato, valutazione personale)
Parola-chiave
ISAAC ASIMOV
Jack Weaver uscì dalle viscere del Multivac con un'aria più stanca e disgustata che mai. Dallo sgabello dove se ne
stava pigramente seduto, Todd Nemerson disse: - Niente?
- Niente - disse Weaver. - Niente, niente, niente. Nessuno riesce a scoprire cosa diavolo, si sia guastato.
- Però non funziona.
- Già... Ma tu non sei di grande aiuto restandotene lì a sedere.
- Penso.
- Pensi! - Weaver mise in mostra un canino all'angolo della bocca.
Nemerson si mosse appena sul suo sgabello. - E perché no? Ci sono sei squadre di tecnici specializzati che vagolano
nei corridoi del Multivac. In tre giorni non sono riusciti a venire a capo di niente. Non credi che uno possa limitarsi a
pensare?
DI
- Non è questione di pensare o non pensare. Bisogna guardare. Da qualche parte sarà saltato un relè.
- Non può essere così semplice, Jack.
- E chi dice che sia semplice? Sai quanti milioni di relè ci sono, là dentro?
- Non è questo che conta. Se si trattasse soltanto di un relè, il Multivac disporrebbe dei circuiti alternativi, dei congegni
capaci di localizzare il difetto e dei mezzi per ripararlo. Il guaio è che Multivac non risponde alla domanda essenziale,
si rifiuta di dirci cos'è che non va... E intanto, se non riusciamo a fare qualcosa, si diffonderà il panico dappertutto.
L'economia mondiale dipende da Multivac e tutti lo sanno.
- Lo so anch'io, ma cosa si può fare?
- Te l'ho detto, pensare. Dev’essere! qualcosa che ci è sfuggita. Senti, Jack, negli ultimi duecento anni i massimi esperti
di computer hanno lavorato sul Multivac per renderlo più complesso. Oggi sa fare tante di quelle cose... diavolo, è
perfino capace di parlare e di ascoltare. Praticamente, è complesso come il cervello di un uomo. E dal momento che
noi non siamo in grado di capirci tra noi, perché dovremmo capire Multivac?
- Ma andiamo! Seguitando di questo passo finirai col dire che Multivac è umano.
- E perché no? - Nemerson sembrava assorto in se stesso. - Già che ne parli, perché no? Noi siamo forse in grado di
dire se Multivac ha oltrepassato la sottile linea divisoria, diventando umano da quella macchina che era prima? E a
proposito, esiste questa linea divisoria? Se il cervello umano è solo più complesso di Multivac, e noi rendiamo
Multivac sempre più complesso, non esiste un punto in cui... - e con un borbottio finale lasciò la frase in sospeso.
- Dove vorresti arrivare? - chiese con impazienza Weaver. - Immaginiamo che Multivac sia umano. In che modo
questo potrebbe aiutarci a scoprire cos'ha che non funziona?
- Forse non lo farebbe per motivi umani. Supponi che qualcuno ti chieda quale sarà il prezzo del grano, l'estate
prossima e tu non risponda. Perché non risponderesti?
- Perché non saprei quale sarà il prezzo del grano. Ma Multivac saprebbe dirlo. Gli abbiamo fornito tutti i dati. Può
analizzare il futuro sia in campo meteorologico sia politico sia economico. Sappiamo che può. L'ha fatto altre volte.
- D'accordo. Immaginiamo che tu conosca la risposta ma non me la dia. Perché?
- Uff... perché ho un tumore al cervello. Perché mi hanno messo k.o. Perché sono sbronzo. Accidenti, perché il mio
macchinario non funziona bene. Ed è proprio quello che stiamo cercando di scoprire nel Multivac. Cerchiamo il punto
in cui il macchinario non funziona, il particolare-chiave.
- Solo che non l'avete trovato. - Nemerson si alzò dallo sgabello. - Senti, fammi la domanda su cui Multivac si è
impuntato.
- In che modo? Facendoti scorrere un nastro nello stomaco?
- Andiamo, Jack. Fammi la domanda pura e semplice. Parli pure anche a Multivac, no?
- Ci sono costretto. Terapia.
Nemerson annuì. - Sì, così si dice. Terapia. Ufficialmente. Gli parliamo per far finta che sia un essere umano in modo
da non diventare nevrotici trovandoci a che fare con una macchina che la sa molto più lunga di noi. Trasformiamo uno
spaventevole mostro metallico nell’immagine protettiva paterna.
- Se vuoi metterla così.
- Be', è sbagliato e lo sai. Un calcolatore complesso come Multivac deve parlare e ascoltare per essere efficiente. Non
basta inserire le schede punzonate. Quando Multivac arriva a un certo grado di complessità, bisogna trasformare
Multivac in un essere umano perché, perdio, è umano. Su, Jack, fammi la domanda. Voglio vedere come reagisco.
- È sciocco - disse Jack Weaver arrossendo.
- Avanti, vuoi deciderti?
Il fatto che acconsentisse rivela a quale punto di depressione e di disperazione fosse arrivato Weaver.
Con fare scontroso finse di inserire il programma nel Multivac, parlando contemporaneamente, com'era solito fare.
Fece qualche commento sulle ultime informazioni riguardo alle agitazioni nelle fabbriche, parlò delle nuove equazioni
che descrivevano le contorsioni dei gas emessi dai reattori, fece una piccola conferenza sulla costante solare.
All'inizio era piuttosto impacciato, ma poi si sciolse, assumendo un tono naturale per forza d'abitudine, e quando ebbe
finito di inserire l'ultima parte del programma chiuse il contatto con una pacca sul petto di Todd Nemerson.
- Bene, adesso elabora il programma e dammi subito la risposta - concluse in modo sbrigativo.
Poi, dopo aver finito, rimase lì fermo, con le narici dilatate, come se fosse in preda all'eccitazione per aver messo in
moto la macchina più gigantesca e perfetta che la mente e le mani dell'uomo avessero mai creato. Infine tornò alla
realtà e borbottò: - Ecco fatto.
- Adesso, se non altro, - disse Nemerson - so perché io non avrei risposto. Proviamo dunque con Multivac. Senti, fai
uscire i tecnici, poi inserisci il programma, ma lascia che parli io. Una volta sola.
Con una alzata di spalle, Weaver tornò a immergersi nei visceri di Multivac. Poco dopo i tecnici uscivano in fila
indiana.
Infine, con un profondo sospiro, ricominciò da capo inserendo il programma nell'elaboratore. Era la dodicesima volta
che lo faceva. Lontano, uno sconosciuto commentatore avrebbe informato il mondo che i tecnici stavano facendo un
altro tentativo. E tutti, ben sapendo come la loro vita dipendesse da Multivac, sarebbero rimasti col fiato sospeso.
Mentre Weaver inseriva i dati in silenzio, Nemerson parlava, cercando di rammentarsi quel che Weaver aveva detto,
ma preoccupato soprattutto che arrivasse il momento di inserire la parola-chiave.
Weaver era esausto, e la voce di Nemerson era carica di tensione. - Bene, adesso, Multivac - disse. - Elabora i dati e
dacci la risposta -. Fece una pausa e aggiunse la parola-chiave: - Per favore - disse.
E allora, nell'enorme complesso di Multivac, circuiti e relè si misero allegramente in funzione. Dopo tutto, anche una
macchina ha il suo amor proprio... quando non è più una macchina.
da L'ora di fantascienza, a cura di C. Frutterò e F. Lucentini, Einaudi, Torino
2) Scegli dalla tua antologia tre racconti (non compresi nel “Programma svolto”) e applica quanto indicato
nell’esercizio precedente.
F) Morfosintassi
Svolgi gli esercizi, dopo aver ripassato, sul libro di grammatica, i seguenti argomenti:
Morfologia: articolo, nome, aggettivo, pronome, verbo, avverbio, preposizione, congiunzione;
Sintassi: frase semplice (soggetto, predicato, principali complementi diretti e indiretti).
A. Suddividi le parole contenute nel brano seguente in nove gruppi: articoli, nomi, aggettivi, pronomi,
verbi, avverbi, congiunzioni, preposizioni, interiezioni. Attenzione: i tempi composti dei verbi vanno
considerati come unità.
«Ah, no! Proprio no, Joseph, Io, andare a parlare con il tuo professore di lettere? Mai più! Ti avevo
avvertito! Stia dritta, mamma Stilman, non pieghi la gamba!». Ecco qua. Fallimento su tutta la linea. Joseph
non è riuscito a vendere la "breve conversazione con il signor babbo". E pensare che suo padre si era
mostrato piuttosto incoraggiante quando Joseph aveva varcato la porta del negozio. “Ohi ohi, ma questa è
una faccia da grane! Che sciocchezza abbiamo fatto oggi? Si può sapere? Di sicuro c'è di mezzo anche
Igor... Non si muova cosi, mamma Stilman, o finirò per pungerle il sedere.»
(adattato da D. Pennac. Signori bambini, Felirinelli)
articoli:…………………………………….
……………………………………………
nomi:………………………………………
……………………………………………
……………………………………………
aggettivi:…………………………………
……………………………………………
pronomi:..…………………………………
……………………………………………
verbi:………………..……………………
……………………………………………
avverbi:……………………………………
……………………………………………
congiunzioni:………….…………………
………..:…………………………………
preposizioni:…………………………...…
…………..…………………………………
interiezioni:………………………………
…….……………..
………………………………….
B. Svolgi gli esercizi seguenti.
1. Nel brano dell'esercizio precedente sottolinea in nero le parti del discorso variabili, in rosso quelle invariabili
2. Separa con una sbarretta obliqua, nelle parole seguenti, la radice dalla desinenza:
lavori simpatiche ripeterebbero finalmente
3. Scrivi:
un esempio di articolo indeterminativo .......................................
un esempio di articolo determinativo ...........................................
un esempio di articolo partitivo ....................................................
4. Sottolinea in nero il nome primitivo, in rosso il derivato, in blu il composto, in verde l'alterato:
ochetta panettiere burrone testacoda
5. Scrivi:
aggettivo qualificativo ..................................................................
un aggettivo possessivo.................................................................
un aggettivo dimostrativo .............................................................
un aggettivo indefinito ..................................................................
un aggettivo numerale ..................................................................
un aggettivo interrogativo .............................................................
un aggettivo esclamativo….………..............................................
6. Scrivi:
un pronome relativo ... …………………………………………
un pronome personale……………………..……………………..
un pronome misto ..........................................................................
7. Sottolinea i nero i verbi transitivi, in rosso gli intransitivi
imporre sorridere trattenere parlare
8. Specifica il modo dei verbi seguenti:
pescheranno.....................................................................................
sorridere ..........................................................................................
avresti rubato ...................................................................................
piangendo ........................................................................................
9. Specifica il tempo dei verbi seguenti:
avranno visto.........................................................
è ricercato ..............................................................
aveva ricordato ......................................................
ebbero dimenticato ................................................
10.Sottolinea in nero i verbi in forma attiva, in rosso quelli in forma passiva:
avevamo buttato
sia stato scritto essendo portato
ha evidenziato.
11. .Distingui gli avverbi dì modo, tempo, luogo, quantità, giudizio, interrogativi-esclamativi:
ci ………………………………………………...........
piano ..............................................................................
quanto ............................................................................
sicuramente spesso .......................................................
troppo .............................................................................
12.Sottolinea in nero le congiunzioni coordinanti, in rosso quelle subordinanti:
che neppure peraltro purché
13.Scrivi un esempio di:
preposizione propria .....................................................
preposizione impropria ..................................................
locuzione preposizionale……………………………...
14. Sottolinea in nero le interiezioni, in rosso le espressioni onomatopeiche
crash ehi sigh
uffa
C. Svolgi l'analisi logica completa delle frasi seguenti.
1. Chi di loro ha spedito la lettera da Milano?
4. Appariva molto allegro, Alberto, ieri notte.
2. La riparazione venne effettuata subito da parte dell'idraulico.
5. È stata una felice coincidenza incontrarti alla stazione.
3. Spesso giova alla salute dormire bene e a lungo.
6. L'ostacolo l'ho visto troppo tardi
D. Completa le frasi seguenti inserendo negli spazi i tipi di parola indicati tra parentesi
1. Diffido (preposizione) ........................... ciò che non comprendo.
2. Ti credo, benché tu (verbo essere) ........................... poco
affidabile.
3. Se vincessi mi (verbo dare)...................................... un grosso
premio.
4. Davanti
alla
porta
c'è
(articolo
indeterminativo) ........................... zerbino.
.
5. Tenevano discussioni molto lunghe e interessanti
(preposizione) ........................... religione maomettana.
6. Divennero buoni amici solo dopo che (verbo
lasciare) ...................................... le rispettive mogli.
7. Angelica, (pronome relativo) ...................................... i
capelli biondi conferivano un'aria affascinante, percorse il
corridoio.
8. Il gruppo dei nostri parenti, dopo una breve sosta, (verbo
dirigersi)...................................... verso la cattedrale.
E. Individua e trascrivi nello schema i complementi di specificazione, di denominazione, di materia.
1) Giulio Cesare è stato ucciso da Bruto e Cassio alle Idi di Marzo.
2) Gli affreschi di Giotto sono stati danneggiati dal terremoto.
3) È molto difficile parcheggiare l'automobile nel centro di Napoli
4) La città di Napoli presenta gravi problemi di traffico.
5) Scavando la montagna alla ricerca di ferro abbiamo trovato due pepite d'oro.
6) È possibile trovare tracce di oro filtrando l'acqua di alcuni torrenti di montagna.
7) Dalla cima del monte Bianco l'occhio spazia su immensi ghiacciai.
8) Ho ereditato da mio nonno una scrivania in ciliegio.
9) A primavera si riconosce l'albero del ciliegio dal colore bianco dei fiori.
Specificazione: _________________________________________________________________________________
Denominazione: ________________________________________________________________________________
Materia: _______________________________________________________________________________________
F. Individua e trascrivi nello schema i complementi di termine, d'agente e di causa efficiente.
1) Le ho regalato un libro di fantascienza.
2) La città di Cartagine fu distrutta dall'esercito romano.
3) Mi sono iscritta ad un'associazione dedita alla salvaguardia della natura.
4) II villaggio è stato travolto dalla furia delle acque del torrente.
5) La partita di calcio è stata condotta dall'arbitro con assoluta imparzialità.
6) Abbiamo concesso loro un'ora di tempo per riportarci la macchina fotografica.
7} Nella savana i cuccioli di tigre sono spesso aggrediti dalle loro stesse madri.
8) I profughi imbarcati su vari pescherecci sono stati tratti in salvo dagli uomini della Guardia di finanza.
9) Ti rendo noto che non intendo scusarti per il tuo tono continuamente arrogante.
Termine:_______________________________________________________________________________________
Agente: _______________________________________________________________________________________
Causa efficiente: ________________________________________________________________________________
G. Individua e trascrivi nello schema i complementi di luogo e di tempo, specificando di quale tipo si tratta.
1) Da quattro anni a questa parte sono costretto a viaggiare tutti i giorni da Milano a Torino per motivi di lavoro.
2) Passando per il parco ogni giorno vedo dei bambini che fanno giochi pericolosi.
3) Conservo vivo nel cuore il ricordo delle vacanze trascorse in estate nella fattoria dei miei nonni.
4) In inverno mi piace andare in montagna a sciare.
5} Mi aveva promesso che sarebbe stato sempre con me durante le vacanze, ma inrealtà dovette rientrare in città
perché richiamato dal suo capufficio.
6) Mio figlio, dopo il diploma, ha frequentato a Firenze un corso di specializzazione di tre mesi
7) Nel giro di dieci minuti ha deciso di prenotare l'aereo per Atene.
8) Ti aspetto davanti alla discoteca: ho la libera uscita fino alle tre.
9) È originario della Sardegna e sente molto la lontananza dalla sua gente.
10) In settembre i pastori lasciano i pascoli di montagna e se ne vanno in pianura.
Luogo: ________________________________________________________________________________________
Tempo: _______________________________________________________________________________________
ESERCIZIARIO PER GLI ALUNNI CON GIUDIZIO SOSPESO
(ITALIANO CLASSE II)
A) Testo argomentativo
Ripassa, sul libro di testo, ciò che riguarda l’elaborazione e la stesura di un testo argomentativo
(formulazione e analisi del problema, ricerca dei materiali, formulazione della tesi, scelta degli argomenti
e previsione delle possibili obiezioni); poi svolgi i seguenti esercizi:
1) Suddividi il seguente testo argomentativo in sequenze e scrivi accanto a ciascuna la fase cui
corrisponde (enunciazione dell’argomento o del problema, tesi che si intende sostenere, antitesi
confutazione, conclusione, eventuali proposte).
I diritti degli animali
La violenza è da condannare sempre e comunque e ogni essere vivente ha il diritto di vedere garantita la propria dignità.
Sono convinto che questo valga anche per gli animali che, purtroppo, ancora oggi sono spesso oggetto di inutili e gratuite crudeltà.
L'allargamento dei diritti a tutte le specie viventi è infatti una giusta evoluzione della nostra civiltà. La libertà è stata a lungo negata agli schiavi; nei
lager nazisti ci fu chi pensò di praticare orribili sperimentazioni su zingari, ebrei e disabili. Poi, per fortuna, si è affermato il diritto secondo il quale
nessun individuo della specie umana può fare da cavia. Oggi siamo educati a pensare ai diritti degli altri e restiamo male quando non vengono
rispettati.
Qualcuno potrebbe obiettare che è fuori luogo applicare agli animali le stesse categorie morali che si applicano agli esseri umani e che, pertanto, non
è giusto parlare di diritti degli animali come si parla di diritti dell'uomo. A tale obiezione si può facilmente ribattere che invece si tratta proprio di una
questione di ordine morale. L'animale infatti, proprio come l'uomo, concorre all'azione della natura occupando il posto che essa gli ha assegnato e
dunque ha diritto a vivere interamente la sua vita.
La Dichiarazione universale dei diritti dell'animale, proclamata dall'Unesco nel 1978, recita in effetti: «Tutti gli animali nascono uguali davanti alla
vita e hanno gli stessi diritti all'esistenza. Ogni animale ha diritto al rispetto. L'uomo, in quanto specie animale, non può attribuirsi il diritto di
sterminare gli altri animali o di sfruttarli violando questo diritto».
Il grande Charles Darwin, che formulò la teoria evoluzionistica delle specie, scriveva verso la fine dell'800: «II progresso in senso morale non sarà
compiuto fino a quando non allargheremo la nostra compassione ai popoli di tutte le razze e infine ai membri di tutte le specie».
Insomma, se nulla giustifica l'indifferenza al dolore né le azioni crudeli del più forte nei confronti del più debole, nulla giustifica i maltrattamenti nei
confronti degli animali. È una questione di evoluzione della mentalità collettiva, cui certo gioverebbe un impegno educativo più mirato in tal senso
da parte della scuola, come pure l'applicazione più severa delle leggi esistenti a difesa della vita e del benessere del regno animale.
2) Suddividi il seguente testo argomentativo in sequenze e scrivi accanto a ciascuna la fase cui corrisponde (enunciazione
dell’argomento o del problema, tesi che si intende sostenere, antitesi confutazione, conclusione, eventuali proposte).
Il telefonino ha la sua utilità, e ha certamente un grande avvenire. Ritengo però che se ne debba limitare l'uso pubblico indiscriminato, per due
ragioni. La prima è di carattere estetico. Questo arnese non conferisce un aspetto intelligente a chi lo usa: nel corso della conversazione, coloro che
parlano al telefonino gesticolano, fanno smorfie e sembra che parlino da soli, suscitando apprensione in chi li guarda, perché il parlar da soli non è
normale. L'altra obiezione è pratica: viaggiate tranquillamente in treno, magari sonnecchiate, e lo squillo del telefonino della persona accanto vi
sveglia di soprassalto. Vi molesta, il più delle volte, la voce del telefonista. Perché la maggior parte di coloro che usano il telefonino sentono il
bisogno di urlare? Ci sono quelli che parlano con la segretaria, e danno istruzioni, con frasi brevi e voce autoritaria. Ci sono quelli che parlano con la
moglie, e la voce diventa presto nervosa e stizzita. Ci sono quelli che parlano con l'amica, teneramente, o con un compagno di giuochi, fra risate e
parolacce. Ma tutti parlano a voce alta.
(adatt. da P. Ottone, Contro il telefonino, Venerdì di Repubblica)
3) Ricava, dai seguenti brani, la tesi e gli argomenti, scrivendoli in forma di lista. Aggiungi, poi, un altro argomento scelto da te.
a) Secondo alcuni, la scuola dovrebbe pretendere che i ragazzi dedichino più tempo allo studio. Studiando in modo superficiale, come
spesso avviene, non si imparano davvero le cose. Inoltre, ci si deve abituare, sin da ragazzi, a una maggiore auto-disciplina.
b) Qualcuno ritiene che la televisione non dovrebbe dare notizia di certi fatti delittuosi, come il lancio di pietre dai cavalcavia.
Qualcuno, difatti, potrebbe essere indotto per emulazione a fare la stessa cosa. Inoltre, notizie del genere provocano solo tristezza e
preoccupazione.
4) Sviluppa la traccia che segue:
Avere una buona istruzione è necessario in molte circostanze della vita.
Senza istruzione, infatti, …
Inoltre…
Credo perciò che sia necessario…
5) Sviluppa la traccia che segue, scegliendo “mare” o “montagna” a seconda delle tue preferenze:
Vi sono almeno tre ragioni per cui è preferibile fare le vacanze (al mare) – (in montagna) piuttosto che (in montagna) – (al mare).
Anzitutto, …
In secondo luogo…
Infine…
Se i miei genitori mi chiedessero, perciò…
Anche perché (il mare) – (la montagna) è legato, per me, a bellissimi ricordi…
6) Considera il seguente problema: “Al tempo dei nostri nonni si viveva meglio di oggi?” Costruisci un breve testo argomentativo
(di uno o due paragrafi) in cui discuterai il problema, proponendo il tuo punto di vista. Segui questo schema:
a) proponi una tesi;
b) riporta fatti e circostanze che possano costituire prove convincenti della tesi, utilizzando i dati proposti sotto e integrandoli, se
credi, con altri;
c) enuncia la conclusione. Essa consisterà in una ripresa della tesi, che a questo punto potrai meglio definire.
Dati:
- Al tempo dei nostri nonni si consumavano pochi prodotti chimici e l’inquinamento era minore.
- La gente non aveva a disposizione tanti beni di consumo come oggi.
- La povertà era più diffusa.
- Nelle città vi era meno traffico.
- I prodotti alimentari erano più genuini.
- Molti ragazzi abbandonavano la scuola al termine delle elementari.
7) Scrivi un testo argomentativo per condannare la violenza negli stadi, avvalendoti della seguente scaletta:
- Il problema; dimensioni del fenomeno; episodi cui hai assistito o che hai appreso dai media; cause del fenomeno.
- La tua tesi: la violenza negli stadi è da condannare fermamente.
- Motivazioni della tesi.
- Obiezioni di coloro che tendono a giustificare il fenomeno (è lo sfogo della rabbia giovanile, è colpa della società violenta in cui
viviamo, etc.).
- Confutazione delle obiezioni.
- Pareri autorevoli cui appoggiare la tua tesi (sociologi, giornalisti, esperti, etc.).
- Conclusione e proposte pratiche che possano contribuire a risolvere il problema.
8) Si parla spesso, sui giornali, delle “stragi del sabato sera”, ossia degli incidenti stradali di cui sono vittime i giovani dopo una
nottata trascorsa nelle discoteche. Alcuni sostengono che il problema potrebbe essere risolto anticipando l’orario di chiusura delle
discoteche, altri ritengono invece che questa sia una soluzione sbagliata. Sviluppa un testo argomentativo, utilizzando i materiali
proposti sotto.
Un genitore
Se le discoteche chiudessero a ore più ragionevoli, si verificherebbero sicuramente meno incidenti. I giovani, difatti, uscirebbero dai locali meno
stanchi e con la mente più lucida, e guiderebbero perciò con maggiore attenzione. Credo pertanto che le autorità dovrebbero ritoccare una volta per
tutte questi benedetti orari, in modo da permettere a tutti di rincasare in tempi adeguati e da assicurare ai genitori, costretti a trascorrere notti di ansia,
una maggiore tranquillità. Ritengo che limitando gli orari vi sarebbero molti altri benefici, in quanto si riposerebbe di più e diminuirebbero gli atti
vandalici compiuti da quei giovani che, intontiti da ore e ore di musica a tutto volume e spesso in preda ai fumi dell'alcool, scorrazzano per le vie
della città nelle prime ore dell'alba.
Un giovane che frequenta le discoteche
Si dice che la causa della "strage del sabato sera" sia l'orario delle discoteche, che chiudono troppo tardi, e il consumo di alcool: il giovane che ha
trascorso la notte a ballare, ed ha bevuto più di un bicchiere, esce in uno stato d'eccitazione che lo spinge a correre. Per risolvere il problema, si
dovrebbe allora: a) anticipare gli orari di chiusura dei locali; b) vietare (o limitare) la vendita di alcolici; c) abbassare i limiti di velocità, con controlli
severi.
Queste proposte, però, non possono portare a nessun serio risultato. Anzitutto, certe cose possono succedere anche se i locali chiudono all'una,
anziché alle quattro. Per quanto riguarda l'alcool, non vedo perché - se qualcuno non sa controllarsi - si debba proibirne il consumo a tutti,
penalizzando chi è in grado di farne un uso moderato. Lo stesso discorso vale per la velocità.
Non credo che otterremo nulla di positivo ricorrendo a limitazioni e divieti. Ragionando in questo modo, difatti, dovremmo impedire alla gente di
andare in vacanza, visto che d'estate vi sono molti incidenti, o chiudere gli stadi al pubblico, visto che alcuni facinorosi approfittano nelle partile di
calcio per abbandonarsi alla violenza.
9) Considera il seguente problema:”E’ lecito che gli studenti, durante una prova scritta d’esame, copino da appunti a da altri
materiali che si sono nascosti in tasca?” Considera le due possibili soluzioni (è giustificabile; non è giustificabile) cercando, per
ciascuna, delle ragioni a sostegno. Stendi quindi un testo argomentativo, che concluderai con l’enunciazione della tua opinione in
merito.
10) Vi è chi sostiene che i giornali non dovrebbero dare risalto soltanto alla “brutte” notizie (incidenti, rapine, aggressioni,
sciagure, malcostume…), ma anche a quelle positive: per esempio, giovani che assistono gli anziani, persone
che compiono gesti di solidarietà con gli immigrati, funzionari pubblici che si impegnano per risolvere i problemi dei cittadini.
Altri
2
ritengono, invece, che tutto ciò è inutile, perché interesserebbe assai poco i lettori. Sviluppa un testo argomentativo su questo
problema, presentando le ragioni degli uni e degli altri, ed esponendo alla fine la tua opinione in merito.
B) Testo poetico
Ripassa, sul libro di testo, le modalità di produzione e di analisi di un testo poetico; poi svolgi i seguenti esercizi:
a) Laboratorio
1) Per ognuno dei seguenti termini scrivi tutte le impressioni, le idee, le emozioni che ti suscita: caldo, casa, fuoco, sogno, rosso,
orologio, gatto, soldi, cielo (per esempio, per “nebbia”: isolamento, incidenti, biancore…).
2) Trova delle associazioni, con immagini concrete, per le seguenti parole astratte: dolore, innamoramento, rabbia, ansia (per
esempio: paura-rettile velenoso).
3) Descrivi l’estate facendo riferimento solo a tre elementi, cioè il sole, l’azzurro, la sabbia. Lavora con molta attenzione sulle
sfumature degli aggettivi, cercando di trovare termini e immagini non comunemente usati.
4) Componi, utilizzando i cognomi e i nomi dei tuoi compagni o di personaggi famosi, delle frasi in rima, adatte alle caratteristiche
di ognuno (per esempio: “Luca Cominiato è sempre imbronciato”).
5) Scrivi delle brevissime frasi con parole dai suoni aspri e duri su: un temporale, uno scontro tra automobili, dei piatti che cadono,
un’angoscia opprimente, una stanza piena di gente che parla ad alta voce (per esempio, su un rumore potrai scrivere: “si avverte
uno strano stridore straziante”).
6) Inventa delle metafore per descrivere vari elementi in modo personale (per esempio: “La matematica è una cassaforte con una
combinazione di cui ho perso la formula”): la faccia, la lampadina, il mare, la macchina fotografica, un libro, i jeans, un romanzo,
la memoria, la nebbia, la notte, gli occhi, il silenzio, l’amore, la scuola, la famiglia, la mia classe, la musica.
7) Inventa delle frasi efficaci, operando sulla sintassi e sulle figure retoriche per descrivere: un paesaggio, un fiume, un
supermercato, un goal, un grattacielo (per esempio, per descrivere una moto, potrai dire, con un’inversione e una metafora:
“Splendida è la moto, belva rombante sull’asfalto”).
b) Analisi
Per ciascuno dei seguenti testi fai la parafrasi e svolgi i rispettivi esercizi
Mario Novaro
1.
Aria di primavera
Giovine luce,
aria di primavera!
soffici nuvole bianche
ragnano il cielo puro:
chiama 1
la numerosa alterna
voce del mare.
-
-
Il poeta per descrivere l'atmosfera primaverile presenta
alcuni elementi naturali. Quali? Spiega come vengono
caratterizzati, osservando:
gli aggettivi usati, con tutte le possibili sensazioni e idee
che suggeriscono;
i due unici verbi (molto originale l'uno, in posizione
particolare l'altro): che cosa vogliono dire e cosa
mettono in evidenza?
quali sensi, e come, sono sollecitati;
se vi è qualche suono ricorrente {tra le vocali) che è in
armonia con l'atmosfera descritta.
M. Novaro, Murmuri ed echi, Milano, Scheiwiller, 1975
*1. chiama, il soggetto è la «voce del mare».
2.
Ripensando ai caratteri comuni dei vari elementi
sintetizza l'idea complessiva della primavera che
Novaro ha voluto comunicare.
3. Prova a descrivere, in versi, seguendo la poesia di
Novaro come modello, l'inverno solo con tre, quattro
immagini significative
Giorgio Caproni
Alba
Una cosa scipita1,
col suo sapore di prati
bagnati, questa mattina
nella mia bocca ancora
5 assopita.
Negli occhi nascono come
nell'acque degli acquitrini
le case, il ponte, gli ulivi:
senza calore.
Il poeta descrive l'alba attraverso i sensi. Individua tutti gli
elementi ad essi relativi e osserva se vi è qualche
particolarità.
1.
Qual è il significato della similitudine nella seconda
strofa? (Perché «nascono»?)
2.
Individua il gioco dei suoni: quale effetto produce?
3.
Quali sono in conclusione le sensazioni dominanti del
poeta al risveglio
10 È assente il sale del mondo: il sole.
G. Caproni, Poesie 1932-86, Milano, Garzanti, 1989
Stefano Benni
Self-service
5
10
15
20
25
30
La fame del soldato
si mescolava
col dubbio del bancario
pesce o salsiccia?
Si scontravano
come eroi greci i vassoi
con coltelli e forchette
per terra rotolavano
le armi fatali
Lunga è la fila
verso la felicità
lentamente e con dolore
verso la risata
di scherno1 della cassa
In fretta ingoiando
facce e sapori
tu eri insieme
golosa e bellissima
Poi tutti se ne andarono
lasciando macerie
e orrore di cadaveri
di polli nostrani
e colorati Matisse2
e delicati Mirò
di pane e sugo e piselli
Tu tornavi al lavoro
io alla mia scrivania
coi nostri pochi soldi
la nostra poca fame
col nostro frettoloso amore
Il soldato ti guardava
con desiderio
il bancario guardava
con desiderio il soldato
35 II pesce ci guardava
dignitoso da un piatto
ci salutò un po' deluso
perché nessuno
l'aveva voluto
40 Ti ricordi?
S. Benni, Prima o poi l'amore arriva, Milano, Feltrinelli, 1989
1. scherno, derisione.
2. Matisse, Henri Matisse (1869-1954) è un pittore francese; Juan
Mirò (1893-1983), nominato nel verso successivo, è un pittore
spagnolo. Entrambi a un certo punto della loro vita si avvicinano
all'astrattismo, cioè a un tipo di pittura non realista.
1. Il poeta ricorda un momento della sua storia
d'amore: un pasto al self-service. Quali pensi che siano
i motivi di questa scelta così poco «romantica»?
2. Il comunissimo ambiente del self-service (azioni,
oggetti e persone) è visto in maniera insolita ed è
descritto con uno stile particolare: mettine in evidenza
le caratteristiche (stando bene attento alle figure
retoriche utilizzate, alla sintassi, al gioco dei registri).
Secondo te, che scopo raggiunge il poeta nel presentare
così il self-service?
3. I testi di Benni hanno quasi sempre qualcosa di serio
e qualcosa di comico, che sdrammatizza quanto viene
detto. Da che cosa è data qui la comicità? (Pensa sia
alle situazioni sia allo stile). E su che cosa invece ci fa
riflettere un po' più seriamente questa poesia? (Pensa a
«In fretta ingoiando», oppure ai versi 26-30, o alla
stessa scelta del self-service come ambiente della storia
d'amore
Umberto Saba
Ritratto della mia bambina
La mia bambina con la palla in mano,
con gli occhi grandi colore del cielo
e dell'estiva vesticciola: «Babbo
- mi disse - voglio uscire oggi con te».
5 Ed io pensavo: Di tante parvenze1 ;
che s'ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare2.
Certo alla schiuma, alla marina schiuma
che sull'onde biancheggia, a quella scia
10 ch'esce azzurra dai tetti e il vento sperde3;
anche alle nubi, insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo;
e ad altre cose leggere e vaganti.
1. parvenze, presenze visibili, elementi che si vedono.
2. assomigliare, paragonare.
3. sperde, disperde.
1. Come è presentata la bambina nei primi quattro versi e che
cosa vuole comunicarci Saba?
2. Il poeta poi paragona la figlia ad alcuni elementi naturali. Dì
quali impressioni vogliono suscitare le immagini scelte (in
particolare, perché le nubi sono dette «insensibili»?)
Cos'hanno in comune queste immagini? Che cosa vuol dire
esattamente quel «vaganti» che le riassume tutte?
3. In conclusione, come definiresti il sentimento paterno del
poeta e il modo in cui l'ha espresso? Nel rispondere, considera
il lessico (perché, tra l'altro, Saba usa una parola preziosa
come «parvenze»?), la sintassi (è del tutto lineare?), e
naturalmente il valore degli elementi naturali scelti per
rappresentare la bambina
U. Saba, Il Canzoniere, Torino, Einaudi, 1978
Giovanni Pascoli
1. La descrizione che il poeta ci offre è davvero originale. Prima
un bubbolio» (che parola è? Che sensazione trasmette?) che si
avverte lontano. Poi ci sono i puntini di sospensione e lo
spazio bianco tra il primo ed il secondo verso: che effetto
creano? La poesia prosegue con una successione di immagini:
analizzale una per una cercando di cogliere gli elementi che
spiccano e di definire quel che vogliono suscitare (pensa per
esempio a ciò che evoca l'espressione, molto intensa, «stracci
di nubi»).
Temporale
Un bubbolìo1 lontano...
Rosseggia l'orizzonte,
come affocato2, a mare3:
nero di pece, a monte,
5 stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un'ala di gabbiano.
2.
Le scelte stilistiche sono assolutamente determinanti. Quanti
verbi ci sono? com'è la sintassi? Che effetto produce il tipo di
punteggiatura usato? Che rilievo assumono le singole parole?
E ancora: ci sono dei suoni dominanti, delle rime
particolarmente efficaci? Come definiresti questo stile?
3.
Raccogli le osservazioni: quale stato d'animo vuole
comunicare il poeta? (Tieni ben presente l'immagine del
casolare accostata all'ala del gabbiano). Secondo te, dunque, è
una pura descrizione paesaggistica
1.
Un lampo: il cielo e la terra appaiono improvvisamente.
Come sono caratterizzati? Per aiutarti: i termini usati sono
quelli comunemente utilizzati per descrivere il cielo e la terra?
Che effetto crea il forte stacco tra il primo e il secondo verso?
Poi abbiamo l'immagine di una casa: che cosa spicca, tenendo
presente quel «tacito tumulto» (che cos'ha di strano questa
espressione?) in cui è inserita? Che impressioni ti suscita la
similitudine finale?
2.
Già a questo punto potresti formulare un'ipotesi interpretativa,
ma considera, se non l'hai ancora fatto, altri elementi, e cioè:
la sonorità (rime, suoni che colpiscono per la loro frequenza);
l'uso della punteggiatura e delle congiunzioni;
la rapidità descrittiva.
Che cosa ti colpisce di questo stile?
C. Pascoli. Poesie, Milano. Mondadori, 1968
1. bubbolìo, brontolio, rumore.
2. affocato, infuocato.
3. a mare, dalla parte del mare.
Giovanni Pascoli
Il lampo
E cielo e terra si mostrò qual era:
5
la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d'un tratto;
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s'aprì si chiuse, nella notte nera.
G. Pascoli, Poesie cit.
a.
b.
c.
3.
Concludiamo. Il poeta non ha ovviamente descritto il lampo
come fenomeno naturale Che cosa allora ci vuole comunicare
con il suo stile e attraverso la scelta di quelle immagini del
mondo e della casa?
c) Commento
Dopo aver fatto la parafrasi, stendi il commento della seguente poesia, secondo quanto hai imparato nel
corso dell’anno. Svolgi poi il medesimo esercizio per tre a scelta delle precedenti
Ora che sei venuta (da Versi a Dina di Camillo Sbarbaro)
Ora che sei venuta,
che con passo di danza sei entrata
nella mia vita
quasi folata in una stanza chiusa a festeggiarti, bene tanto atteso,
le parole mi mancano e la voce
e tacerti vicino già mi basta.
Il pigolìo così che assorda il bosco
al nascere dell'alba, ammutolisce,
quando sull'orizzonte balza il sole.
Ma te la mia inquietudine cercava
quando ragazzo
nella notte d'estate mi facevo
alla finestra come soffocato:
che non sapevo, m'affannava il cuore.
E tutte tue son le parole
che, come l 'acqua all'orlo che trabocca,
alla bocca venivano da sole,
l'ore deserte, quando s'avanzavan
puerilmente le mie labbra d'uomo
da sé, per desiderio di baciare...
C ) Testo teatrale
Ripassa, sul libro di testo, le modalità di analisi di un testo teatrale; poi leggi il seguente testo e svolgi i relativi esercizi:
DINO BUZZATI , Le finestre
Personaggi
Giuliana, giovane signora elegante.
Massimo, suo marito.
Anita, amica di casa.
}
anziane zitelle. Piera
Paola
Laura, bella e giovanissima.
La scena rappresenta un pezzo di facciata di casa, a filo del sipario, con un balcone e alcune finestre. Al balcone sono sedute Giuliana e
Anita. Dietro, in piedi. Massimo, marito di Giuliana. A una finestra sono affacciate Piera e Paola. A un'altra finestrella è affacciata.
Laura. Ad altre finestre affacciate altre persone, dipinte. Tutti immobili, statuari, finché non viene il loro turno di parlare.
(come chiamando affettuosamente qualcuno che passa per
la via)
Carletto! Carlettino!
MASSIMO
È uscito il bimbo?
GIULIANA
Non lo vedi? Eccolo lì.
MASSIMO
Quella è la nuova carrozzina?
GIULIANA
Sì.
MASSIMO
Bella. Ma come mai non ha la coperta di lana?
GIULIANA
Bisogna abituarlo, l'aria fresca gli fa bene.
MASSIMO
Però oggi è freschetto.
GIULIANA
Oggi fa caldo, fa caldissimo.
MASSIMO
Tornerà raffreddato (si ritira).
GIULIANA
Se si dovesse dar retta a te. Massimo!
PIERA
Guardala. Ma guardala.
PAOLA
Chi?
PIERA
La nurse1 dei Rispoli. Che pifferi, che naso in su, si può
essere più odiosi?
MASSIMO
(ricompare) Carletto non è ancora tornato da scuola?
GIULIANA
Torna adesso. Eccolo lì, non lo vedi? Con due compagni.
Selvaggi sembrano. E adesso che combinano?
MASSIMO
Guarda, Giuliana, litigano, se ne danno.
GIULIANA E lascia che se ne diano. Si farà le ossa.
MASSIMO
Dei piccoli teppisti. Decisamente, non mi piace.
GIULIANA
Ha dodici anni! Chi non ha fatto le lotte a dodici anni?
Vivi e lascia vivere.
MASSIMO
Ma un minimo di decoro2.
GIULIANA
Carletto il decoro l'ha nel sangue. Guardalo. Li ha pestati
bene tutti e due. Che vuoi più decoro di così?
MASSIMO Tu approvi?
GIULIANA Certamente.
MASSIMO Tu almeno non te la prendi mai. Tu hai sempre voglia di
scherzare (si ritiro).
GIULIANA Io sì. Io non permetto a nessuno e a niente di togliermi il
buonumore.
PIERA
Bello il piccolo Rispoli, conciato come uno zingaro.
PAOLA
Una bella educazione.
PIERA
Sistemi moderni.
PAOLA
Come un figlio di nessuno. In compenso, i genitori che arie.
PIERA
Arie molte e quattrini sempre meno.
PAOLA
E spendi e spandi, e spandi e spendi. Poi lui, il padre, è un
perfetto citrullo.
MASSIMO
(ricompare) Giuliana, Carlo è in casa?
GIULIANA
Ma guardalo là. Sta uscendo con la macchina.
MASSIMO
La macchina. Per me lo sai è stata una pazzia. Decisamente
un passo più lungo della gamba.
GIULIANA
Per quello che è costato. Era un vecchio catenaccio.
MASSIMO
E il garage? E la benzina? (Si ritira).
GIULIANA Io trovo che ai ragazzi, nel limite del lecito, bisogna dare
completa libertà.
La luce cala. Crepuscolo.
PAOLA
Piera, non hai mica notato là sotto gli alberi quel
giovanotto?
PIERA
No, perché?
PAOLA
Tutte le sere è lì che ronza, sempre intorno a quella villa.
PIERA
Una ragazza, dici?
PAOLA
C'è da supporlo... Ma tu lo vedi bene?
PIERA
Bene? Lo vedo.
PAOLA
Non noti qualche somiglianza?
PIERA
Non saprei.
PAOLA
(sussurra qualcosa).
PIERA
Cooosa? Il Carlo?
PAOLA
(fa segno di sì).
PIERA
II Carlo Rispoli?
PAOLA
Lui, lui.
PIERA
Innamorato?
PAOLA
Su e giù, giù e su, tutta notte, ah ah.
PIERA
Su e giù?
PAOLA
E lei naturalmente non viene!
PIERA
Perché naturalmente?
PAOLA
Perché lei... lei a spasso coi magnaccia3.
GIULIANA
Una di quelle?
E vengono le dieci.
PIERA
Eh.
PAOLA
E vengono le undici.
PIERA
Eh.
PAOLA
E viene mezzanotte.
PIERA
Eh.
PAOLA
E viene l'una.
PIERA
Eh.
PAOLA
L'una, le due, le tre, l'alba.
PIERA
Sì, sì.
PAOLA
E lui ancora là.
PIERA
Dici? (Ridacchia).
MASSIMO
(compare) Giuliana.
GIULIANA
Massimo
MASSIMO
Giuliana, non ti pare che Carlo sia cambiato... negli ultimi
tempi?
GIULIANA
Cambiato?
MASSIMO
Sì, come stravolto.
GIULIANA
(ad Anita) Tu trovi?
ANITA
Stravolto? Non saprei.
MASSIMO
Non parla. Non mangia. Non è più lui. Dimagra. Giuliana.
GIULIANA
Cosa?
MASSIMO
Dico. Per caso non sarà mica innamorato, no?
GIULIANA
Cosa? Innamorato? Questa è magnifica! Ah ah!
MASSIMO
Perché?
GIULIANA Carlo, nostro figlio, innamorato? Di chi? Non lo conosci, si
vede non l'hai mai capito, ecco. Carlo? Loro sì, le donne, come pere
cotte, solo a vederlo! Compresa quella mezza calzetta che abita qui
sopra... Innamorato? Come quel povero imbecille che tutte le sere
ciondola laggiù,
tra gli alberi, aspettando magari una di quelle! Carlo? Ma Carlo è un
tosto! Carlo se le attorciglia alle gambe tutte quelle squinzie. Carlo è un
uomo!
MASSIMO Sarà. Però io ho paura... Ho l'impressione, vedi, che le
compagnie che Carlo frequenta non siano... non siano le più
adatte per lui... (si ritira).
PIERA
PAOLA
Suono di organetto nella via.
PAOLA
Piera (pausa), sta per piovere.
PIERA
Ma se è tutto stellato.
PAOLA
Piera, mi sento qualcosa qui nelle ossa, come se...
PIERA
Come se cosa?
PAOLA
Niente. Una sensazione.
MASSIMO
(compare) Giuliana, Carlo ha telefonato oggi?
GIULIANA E lascialo in pace quel ragazzo.
MASSIMO Tu le prendi troppo facili, le cose.
GIULIANA
Ma cosa vuoi che succeda?
MASSIMO
Non so. Spende troppo Carlo. Spende troppo... Dove li
prende i soldi?
GIULIANA
Ha i suoi affaretti, lo sai.
MASSIMO
Che affartetti? Ecco. Vorrei sapere… Ti dico: è su una
brutta strada…
ANITA
Giuliana, guarda là.
GIULIANA
Dove?
ANITA
Là, sotto la terrazza del numero 15. C'è uno che si arrampica.
GIULIANA
Dove?
ANITA
Sotto al cornicione.
GIULIANA
Sì, lo vedo. Uno che si arrampica.
PAOLA
Piera, guarda là.
PIERA
Dove?
PAOLA
Là, sotto la terrazza del numero 15. C'è uno che si
arrampica.
PIERA
Dove?
PAOLA
Sotto al cornicione.
PIERA
Sì, lo vedo. Uno che si arrampica
ANITA
Curioso.
GIULIANA
Un ladro. Un ladro che si arrampica.
(dall'alto) Non è un ladro. È un operaio per delle
riparazioni.
GIULIANA
(sorpresa) Che ne sa lei, signorina? Oggi è domenica, non
si fanno riparazioni, la domenica.
ANITA
(facendo segno) Guarda. Cerca di aprire una finestra.
GIULIANA
Dio com'è eccitante.
LAURA
È un operaio, le dico.
GIULIANA
(al marito) Massimo, Massimo. Cosa dici?
MASSIMO
Un ladro.
LAURA
(rabbiosa) È un operaio.
GIULIANA (eccitata) Magari un assassino. Qui bisogna chiamare la
polizia.
LAURA
Signora, non chiami...
GIULIANA Ma è un bel tipo lei. È un dovere elementare mi sembra.
Massimo, telefona subito alla Celere.
MASSIMO (si ritira in casa).
LAURA
Non lo faccia, signora.
GIULIANA Ma perché? Ci mancherebbe altro.
LAURA
Pensi alla sua mamma. Anche lui avrà una mamma.
GIULIANA
Lui chi?
LAURA
Quello lì che lei chiama ladro.
GIULIANA (ridendo) Straordinario. Secondo lei, signorina, bisognerebbe lasciarsi assassinare perché l'assassino ha una mamma.
LAURA
Signora, le ripeto, lasci stare.
GIULIANA
E la smetta, lei. Si direbbe quasi che fra lei e quel tipo...
LAURA
Signora, non chiami la polizia!
GIULIANA Ancora?
LAURA
Signora, non chiami la polizia.
GIULIANA
Mi lasci in pace.
LAURA
La supplico!
GIULIANA Sa cosa le dico? Si vergogni.
'organetto cessa. Silenzio.
LAURA
Massimo, hai telefonato?
(dall'interno) Stanno arrivando.
ANITA
La sirena, la sirena.
GIULIANA
Arriva la polizia. Adesso il bello.
PAOLA
II ladro scappa, è uscito dalla finestra.
GIULIANA Una lucertola, pare.
ANITA
Farà in tempo?
GIULIANA Speriamo di no.
LAURA
Lei lei signora, oh come se ne pentirà.
GIULIANA E la pianti!
LAURA
Maledetta, maledetta. Adesso lo arrestano.
GIULIANA
(divertita) Speriamo bene.
ANITA
Che fulmine. È già da basso.
LAURA
Dio, Dio, fa' che non lo vedano.
GIULIANA L'han visto! L'han visto. Guarda come corrono.
ANITA
Lo beccano, lo beccano.
LAURA
Non ce la fa, non ce la fa! Dio, Dio, aiutalo!
GIULIANA
L'hanno intrappolato!
PIERÀ
Uh, adesso sparano.
PAOLA
Colpi di rivoltella, sì.
LAURA
(disperato) Non sparate, no!
ANITA
Caduto. È caduto.
PIERA
L'hanno ammazzato.
LAURA
No!
PAOLA
Macché. Inciampato soltanto. Si è rialzato. Corre più di
prima.
MASSIMO
Breve pausa.
ANITA
PIERA
PAOLA
(a Giuliana) Accidenti, hai visto! Come l'hanno pinzato.
Addosso in tre? Oramai!
(a Paola) Clic. Hai sentito il clic delle manette?
Adesso lo portano via. Qui sotto c'è l'autofurgone.
Tutti seguono con gli occhi l'immaginario gruppetto che si avvicina.
PIERA
PAOLA
Che giovane, però.
Un bambino quasi. Non vedi che piange.
LAURA
GIULIANA
LAURA
GIULIANA
LAURA
GIULIANA
(disperata) Carlo! Carlo!
(disorientata, rivolta a Laura) Cosa succede?
Maledetta! Lo hai voluto tu.
Carlo? Che significa?
È Carlo. Non lo vedi?
Carlo? Che Carlo?
D. Ruzzati, Un caso clinico e altre commedie in un atto, Milano, Mondadori,
1989
1. nurse, bambinaia (termine inglese).
2. decoro, dignità, decenza
3. magnaccia, protettore di prostitute (forma dialettale).
1. Prima di tutto è necessario ricostruire con attenzione i
vari momenti del dramma, segnalando per ogni «stacco»
qual è l'azione che noi non vediamo (cioè che cosa vedono i
personaggi alle finestre, che noi invece dobbiamo
immaginare).
2. Osserva da vicino i personaggi, rileggendo le battute e
cercando di capire i loro atteggiamenti:
- che tipi sono i genitori? In particolare, qual è il loro modo
di educare il figlio? Come sono giudicati dagli altri?
- che impressione ti fanno Paola e Piera? Come le
definiresti?
- qual è l'importanza, fondamentale, di Laura, che pure
appare poco e solo alla fine?
- Carlo non appare mai: perché l'autore ha deciso di
presentarlo solo attraverso quello che dicono gli altri
personaggi? Come lo descriveresti?
A chi attribuiresti il ruolo di protagonista?
3. Perché l'autore ha scelto come titolo “ Le finestre”?
4. Qual è, in conclusione, il tema del dramma?
5. Lo stile di Buzzati in questo atto unico è piuttosto
originale.
Rispetto alla tua idea o esperienza di teatro o rispetto ad altri
testi teatrali che hai letto che cosa ti colpisce particolarmente?
E cosa potresti dire che manchi? (Osserva anche la funzione
più o meno importante delle didascalie in generale, e
concentrati in particolare sulla prima).
6. Si può sicuramente aprire una discussione sul rapporto
genitori-figli
prendendo spunto dal testo. Per cominciare: ti ha colpito più
negativamente il padre o la madre? La libertà è cosi
pericolosa per un giovane?
7. Prova a scrivere la «versione narrativa» di un paio di scene
del testo.
D) Morfosintassi
Esegui l’analisi del periodo dei seguenti testi, distinguendo la frase principale, le coordinate e le
subordinate e indicando il grado e il tipo di subordinazione:
1. Dicono che attraverso Internet si potranno fare ricerche nelle biblioteche di tutto il mondo stando comodamente a casa propria. 2.
Matteo si è dedicato al volontariato per aiutare la gente e insieme per farsi nuovi amici. 3. Sembra che la riunione sia stata sospesa nel
momento in cui il presidente ha ricevuto quel fax da New York. 4. Il vento, ululando tra le guglie del castello per tutta la notte, ha reso
tutti nervosi. 5. Anselmo meditava di farsi crescere la barba per sembrare un uomo vissuto.
A Los Angeles sono le dieci precise quando usciamo sul marciapiede dell'aeroporto, con al collo i nostri cappelli messicani come quattro
turisti di ritorno. Guardiamo tutti l'orologio, ma a questo punto è abbastanza difficile stupirsi ancora. Nesbitt ci riporta all'albergo, guida
zitto. Ha un'espressione minata: da bambino che ha scoperto qualcosa di preoccupante sul conto dei genitori. Ci saluta sotto la pensilina,
dice che va a casa a farsi una doccia e ci raggiunge più tardi per vedere cosa succede con la ragazza tisica. Elaine resta con noi; attraversa
la hall con la sua camminata consapevole.
Dru parla con tutti e tre gli impiegati della reception, ma non ci sono messaggi, non sono arrivate né telefonate né lettere né niente. Due
tecnici in tuta stanno srotolando un cavo elettrico lungo una parete, sotto la supervisione di un tipo grasso; c'è gente che entra ed esce,
gente che parla al telefono come sempre. In ascensore Elaine mi guarda appena, come se la notte scorsa fosse archiviata e dimenticata da
secoli. Nel corridoio cerco di avvicinarmi per dirle se vuol venire a riposarsi da me o farsi una doccia o qualcosa del genere, ma lei tira
dritto, si infila nella stanza di Dru appena lui apre. Dru dice "Ci vediamo giù tra venti minuti", mi chiude la porta in faccia.
(A. De Carlo, Yucatan, Bompiani)
La porta della casa era chiusa, ed ei non aveva altro che le scarpe di suo padre appese al chiodo; perciò gli commettevano sempre i lavori
più pericolosi, e le imprese più arrischiate, e s'ei non si aveva riguardo alcuno, gli altri non ne avevano certamente per lui. Quando lo
mandarono per quella esplorazione si risowenne del minatore, il quale si era smarrito, da anni ed anni, e cammina e cammina ancora al
buio gridando aiuto, senza che nessuno possa udirlo; ma non disse nulla. Del resto a che sarebbe giovato? Prese gli arnesi di suo padre, il
piccone, la zappa, la lanterna, il sacco col pane, e il fiasco del vino, e se ne andò: né più si seppe nulla di lui.
Cosi si persero persin le ossa di Malpelo, e i ragazzi della cava abbassano la voce quando parlano di lui nel sotterraneo, che hanno paura
di vederselo comparire dinanzi, coi capelli rossi e gli occhiacci grigi.
(G. Verga, Rosso Malpelo, in Tutte le novelle, Mondadori)
Tre anni fa il collegio dei docenti decise di affidare il nostro orario a un computer: I gruppi di insegnanti scontenti ritenevano che
Majello, nell'organizzare le ore di lavoro, commettesse molte ingiustizie. Lei non si difese. Per un po' ci tenne il broncio, ma poi apparve
rasserenata e all'improvviso cominciò a venire a scuola in bicicletta. Non c'era mattina che non mi superasse mentre ero immobilizzato
nel traffico. Passava pedalando con perizia, scollata dal sellino, mascherina antismog, e mi, faceva "ciao" con la mano. Appena uscito
dall'ingorgo, mi gettavo all'inseguimento e dopo un po' la sorpassavo strombazzando.
Una mattina l'aspettai davanti al bar per offrirle un caffè.
"Che pedalata", la lodai.
"Mi è venuta voglia di un po' di moto", mi confidò.
"Sono curioso di vedere se il computer se la cava", dissi solo per farle capire che ero dalla sua parte.
Lei si schermì: "Basta con le vostre ore". E sorseggiammo in silenzio il caffè.
(D. Starnone, Fuori registro, Feltrinelli)
In mezzo alle montagne c'è il lago d'Orta. In mezzo al lago d'Orta, ma non proprio a metà, c'è l'isola di San Giulio. Sull'isola di San
Giulio c'è la villa del barone Lamberto, un signore molto vecchio (ha novantatré anni), assai ricco (possiede ventiquattro banche in Italia,
Svizzera, Hong Kong, Singapore, eccetera), sempre malato. Le sue malattie sono ventiquattro. Solo il maggiordomo Anselmo se le
ricorda tutte. Le tiene elencate in ordine alfabetico in un piccolo taccuino: asma, arterio-sclerosi, artrite, artrosi, bronchite cronica, e così
avanti fino alla zeta di zoppia. Accanto a ogni malattia Anselmo ha annotato le medicine da prendere, a che ora del giorno e della notte, i
cibi permessi e quelli vietati, le raccomandazioni dei dottori: "Stare attenti al sale, che fa aumentare la pressione", "Limitare lo zucchero,
che non va d'accordo con il diabete", "Evitare le emozioni, le scale, le correnti d'aria, la pioggia, il sole e la luna".
(G. Rodari, C'era due volte il barone Lamberto, Einaudi)
Improvvisamente la villa dove abito si è riempita di ragazzi di varia età, tra i dieci e i quattordici anni. Tornano da un lungo viaggio in
roulotte: Olanda Svezia Danimarca Norvegia Finlandia. Sono rimasti indifferenti a tutto, non ricordano nulla. Chiedono invece notizie
sui criceti in gabbia. Posso informarli: i criceti si sono riprodotti ma hanno ucciso e forse divorato tutti i figli che giudicavano poco atti a
sopravvivere. Spiego che anche le cicogne fanno lo stesso: prima di iniziare il loro lungo viaggio un medico pennuto le passa in rivista e
chiede l'uccisione di tutti gli inadatti al volo, troppo giovani o malati o vecchi. I ragazzi non ascoltano e tornano ai loro complicatissimi
giuochi. Io faccio uno sforzo per retrocedere di circa sessant'anni e tento di ricordare come ero io a quell'età. Ma è uno sforzo inutile.
Sono felici i ragazzi? Sono felici come gli uccelli? Tutta una letteratura lo afferma. Io sento che i pallini dei cacciatori arrivano quasi fin
qui e suppongo che gli uccelli non siano poi tanto felici. Ma è possibile che gli uccelli non sappiano di dover morire.
(E. Montale, Trentadue variazioni, Scheiwiller)
ESERCIZIARIO PER GLI ALUNNI CON GIUDIZIO SOSPESO
(ITALIANO CLASSE III)
Tipologia C – Tema di argomento storico.
“ Resta da vedere come si sia formata questa classe mercantile […] Constatiamo in primo luogo che i
mercanti (mercatores) sono uomini nuovi. Essi appaiono come creatori di una fortuna nuova accanto ai
detentori della antica ricchezza fondiaria, dalla cui classe essi non escono. […] tra l’ideale della nobiltà e la
vita del mercante il contrasto è rimasto per secoli, e non è completamente svanito. […] I mercanti forse
escono dalla classe dei villani , […] e divengono completamente dei mercanti quando il commercio quando il
commercio si trasforma per diventare un genere di vita” . H. PIRENNE, Storia d’Europa dalle invasioni
barbariche al XVI secolo, Firenze 1956.
Partendo dall’analisi del passo proposto sviluppa una riflessione sulla figura del mercante con
particolare riferimento ai processi storici che ne determinano il successo, ed agli effetti che questo
“individuo sociale” produce nella realtà del medio evo.
Indicazioni.
Il lavoro deve essere svolto su massimo quattro facciate di foglio protocollo.
Tipologia C – Tema di argomento storico.
“ Nel linguaggio comune il termine “crisi economica” indica un deterioramento della situazione economica, un
abbassamento delle condizioni di vita. In questo possiamo dire che le crisi sono sempre esistite: calamità
naturali, carestie, epidemie, guerre non hanno mai smesso di accompagnare la storia dell’uomo. Ancora oggi
non mancano, in molte zone del pianeta, ( si pensi ad esempio, alla tremenda siccità che sta colpendo
l’Africa) crisi come queste, di tipo tradizionale. Esse sono tuttavia molto diverse dalle cosiddette “crisi
industriali” (come per esempio la crisi di sovrapproduzione o di produttività), tipiche della fase storica
odierna, caratterizzata appunto dalla produzione industriale globalizzata.
A differenza delle crisi tradizionali – alle quali appartiene la crisi del ‘300 – che non sono prevedibili, le crisi
industriali hanno un certo margine di prevedibilità. ( G..F. Pasquino)
Partendo dall’analisi critica del passo proposto sviluppa una riflessione sulla crisi del 300 in Europa
e in Italia con particolare riferimento ai processi che ne determinano il manifestarsi, ed agli effetti
che questa produce nella realtà del mondo medievale quando, ormai terminata, il sistema ritrova il
suo equilibrio. Concludi la riflessione con un confronto la realtà attuale, che conosci in modo
diretto o indiretto.
Indicazioni.
Il lavoro deve essere svolto su massimo quattro facciate di foglio protocollo.
Tipologia A – Analisi del testo
Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira,
che fa tremar di claritate l’are
e mena seco Amor, sì che parlare
null’omo pote, ma ciascun sospira?
Non si poria contar la sua piagenza,
ch’a le’ s’inchin’ogni gentil vertute,
e la beltate per sua dea la mostra.
O Deo, che sembra quando gli occhi gira,
dical’Amor, ch’i’ nol savria contare:
cotanto d’umiltà donna mi pare,
ch’ogn’altra ver’ di lei la chiam’ira.
Non fu sì alta già la mente nostra
E non si pose ‘n noi tanta salute,
che propiamente n’avian conoscenza.
( Guido Cavalcanti)
1. Comprensione del testo.
Dopo un’attenta lettura del sonetto, riassumine in breve il messaggio, sottolineando quale
rapporto si crea tra il poeta e la donna. (max 10 righe).
2. Analisi del testo.
2.1 Individua le parole chiave che spiegano quanto è risultato dal punto 1°.
2.2 Spiega la corrispondenza fra struttura sintattica e struttura semantica .
2.3 Qual è il valore delle ripetizioni “non” che aprono le terzine.
2.4 Spiega i significati dei termini in grassetto, in relazione al messaggio e alla dimensione
storica del poeta.
3. Interpretazione complessiva e approfondimenti.
Analizza, attraverso il testo di Guido Cavalcanti, le principali caratteristiche formali e di
contenuto dello stilnovismo cavalcantiano, ponendolo a confronto con la poesia siciliana, con
la maniera guittoniana e con quella dantesca facendo emergere similitudini e differenze
Indicazioni.
Il lavoro deve essere svolto su massimo quattro facciate di foglio protocollo.
Tipologia C – Tema di argomento storico.
“ La classe dirigente mercantile sconfigge la vecchia nobiltà feudale e militare cacciandola in esilio,
respingendola nei vicini castelli o assoggettandola alle norme della vita politica urbana […] L’Italia diviene
terra di patriziati: a Genova, a Venezia, a Lucca, ma anche a Firenze, ad Ancona… chi detiene il potere in
palazzo, chi controlla la vita economica chi è sentito dall’opinione pubblica in grado di rappresentare la città,
di parlare per lei,… ha accettato di essere chiamato patrizio. A partire dal XIV secolo, questa categoria portò
all’insediamento di signorie. A completare la legittimazione di questo potere… venne spesso una
legittimazione dall’alto, dall’imperatore o dal papa.: e il potere signorile divenne un potere assoluto che
operava in piena autonomia” ( M. Berengo, Patriziato e nobiltà: il caso veronese, in RSI 1975)
“ La crisi economico-sociale del XIV secolo fu un fenomeno generale europeo. Le conseguenze di essa si
avvertirono anche sul piano politico-istituzionale, con soluzioni diverse però fra i vari paesi. In alcuni di
questi, come l’Inghilterra e la Francia, l’azione disgregatrice, sul piano delle istituzioni politiche, agì molto più
in profondità: indebolì il potere feudale, liberò nuove energie, consentì il graduale affermarsi di un potere
centrale monarchico. In altri paesi come la Germania e l’Italia, la capacità dei ceti politici ed economici
dirigenti di assorbire la crisi, provocò soltanto una ristrutturazione delle istituzioni statali e politiche, e
l’affermarsi di nuove alleanze attorno al potere signorile… e nessuna città europea è più, nel Cinquecento,
retta da un governo di popolo” ( M. Berengo, La città di antico regime, 1975).
Partendo dall’analisi dei passi proposti sviluppa una riflessione sui processi storici che portarono
alla trasformazione delle istituzioni politiche in Europa ed in Italia fra XIV e XV secolo, mettendo in
evidenza le differenze nelle cause, nei processi e nelle soluzioni che si ebbero nell’una e nell’altra
realtà.
Indicazioni.
Il lavoro deve essere svolto su massimo quattro facciate di foglio protocollo.
Tipologia C – Tema di argomento storico.
“ Il risveglio della tecnica nel mondo occidentale risale, come è noto, al Medioevo. Ma il Quattrocento vede
senza dubbio un rapido moltiplicarsi delle ricerche tecniche e degli sforzi per applicare i nuovi ritrovati a tutte
le attività della vita civile.[…] E’ risaputo che già nel Trecento aveva cominciato a diffondersi, sulle navi, l’uso
del timone: furono però i successivi perfezionamenti di tale utilissimo dispositivo di guida e lo sviluppo delle
velature a provocare un’autentica rivoluzione della navigazione […] Nel contempo si rinnovavano e
perfezionavano gli strumenti di bordo: la bussola, il solcometro per la misura delle distanze, il batometro, per
la misura delle profondità, l’astrolabio marittimo. E’ sulla base di tutti questi piccoli e grandi progressi tecnici
che, a partire dalla fine del Quattrocento, i grandi navigatori potranno realizzare le loro storiche imprese.”
L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, Milano 1970.
“ […] Dopo le grandi scoperte, e precisamente con la metà del XVI secolo, l’Europa abbonda di metalli
preziosi, e più ne abbonda, più l’oro e l’argento sono deprezzati, com’è d’ogni bene di cui aumenti
sproporzionatamente l’offerta. Il deprezzamento dei metalli preziosi è però a sua volta deprezzamento della
moneta […] Chi se ne avvantaggia sono i paesi in via di industrializzazione, chi è duramente colpito sono i
paesi hanno larghi crediti all’estero, e percepiscono interessi via via più deprezzati.”
F. Borlandi, L’età delle scoperte e la rivoluzione economica nel secolo XVI, Milano 1972.
Partendo dall’analisi dei passi proposti sviluppa una riflessione sulle motivazioni politiche ed
economiche, sulla mentalità e sui progressi tecnici che spingono ai grandi viaggi, e individua i
settori nei quali le scoperte geografiche fra quindicesimo e Sedicesimo secolo producono, in
Europa, i più radicali cambiamenti.
Indicazioni.
Il lavoro deve essere svolto su massimo quattro facciate di foglio protocollo.
Tipologia D – Tema di cultura generale
“ Da una parte, è vero, ci sono le tecnologie, questi mostri che, una volta nati, tendono a sfuggire ad ogni
controllo e ad ingigantirsi in modo autonomo. Ma dall’altra parte ci siamo noi! Noi che in fondo, questi mostri
li abbiamo creati e li alimentiamo. Noi che oggi come mai siamo convinti che le grandi decisioni non vadano
lasciati solo ai politici e ai militari. Non c’è dubbio che molte delle manifestazioni di massa contro le scelte che
mettono in pericolo la qualità e la possibilità stessa della nostra vita siano oggi dominate da eccessiva
visceralità e disinformazione.[…] Ma rappresentano pur sempre un segno positivo, una forza e una volontà
da non sottovalutare. La gente oggi vuol sapere, capire e decidere del proprio destino […] La tecnologia c’è,
ma l’umanità può autoeducarsi a imparare a convivere razionalmente con essa”
G. Toraldo di Francia, La società controlla i mostri tecnologici” 1983
“Ache quando la scienza era appena ai suoi albori gli uomini sentivano infatti il richiamo – più o meno forte –
della morale, sapevano che le loro azioni nei riguardi dei loro simili erano soggette a delle norme ideali
talmente forti che alcuni ritenevano dovessero coincidere con delle leggi naturali chiare ed inequivocabili”
A. Oliviero, Nella scienza
un’etica combattuta fra costi e
benefici, 1994
Partendo dall’analisi dei passi proposti sviluppa una riflessione sulla neutralità o meno della scienza
e della tecnologia, e sul fatto che spesso, anche oggi, ci dobbiamo confrontare con un utilizzo
discutibile di esse da parte di scienziati non neutrali.
Indicazioni.
Il lavoro deve essere svolto su massimo quattro facciate di foglio protocollo.
Tipologia A – Analisi del testo
Petrarca, Canzoniere, CXXXIV
Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra 'l cielo, et giaccio in terra;
et nulla stringo, et tutto 'l mondo abbraccio.
Tal m'à in pregion, che non m'apre né serra,
né per suo mi riten né scioglie il laccio;
et non m'ancide Amore, et non mi sferra,
né mi vuol vivo, né mi trae d'impaccio.
Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;
et bramo di perir, et cheggio aita;
et ò in odio me stesso, et amo altrui.
Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte et vita:
in questo stato son, donna, per voi.
1. Comprensione del testo.
Dopo un’attenta lettura del testo, riassumine in breve il messaggio, sottolineando in quali
termini viene espresso il tema d’amore e quello della donna. (max 20 righe).
2. Analisi del testo.
Il sonetto è stato elaborato simmetricamente da Tetrarca secondo uno schema argomentativi
molto preciso, valido sia all’interno delle strofe sia, complessivamente, nei rapporti tra le parti
della composizione. Metti in evidenza, nell’analisi testuale:
 Il tipo di rapporto tra il primo e gli altri tre versi di ogni quartina;
 La struttura delle opposizioni contenute negli ultimi tre versi di entrambe le quartine;
 La struttura delle terzine e i loro rapporti.
Analizza il valore e il significato dell’uso dell’ossimoro e della costruzione del polisindeto
presenti nella prima e nella terza strofa.
Indica quale effetto vuole ottenere il poeta con una costruzione formale così complessa.
3. Interpretazione complessiva e approfondimenti.
Il concetto di amore presentato da Petrarca in questo sonetto, e sviluppato
nell’intero Canzoniere, è molto diverso da quello stilnovista, ma è anche lontano da
quello elaborato da Dante. Analizzalo alla luce delle tue conoscenze e ipotizza delle
motivazioni storico-culturali che giustifichino tali cambiamenti.
Indicazioni.
Il lavoro deve essere svolto su massimo quattro facciate di foglio protocollo.
Tipologia C – Tema di argomento storico.
“ I contadini non si limitavano a reclamare la facoltà
di eleggere – e magari destituire – i propri parroci.
Essi esigevano una riforma del regime delle decime,
l’abolizione della servitù ed il recupero dell’uso di
parecchi diritti comunitari[…] Così una volta assunto
come canone regolatore, il Vangelo veniva ad
imporre la soppressione di importanti norme
consuetudinarie […] La forza dei Dodici Articoli dei
contadini consisteva nelll’aver fatto del ritenuto diritto
divino un insieme di principi e di direttive giuridiche.
[…] I capi della Riforma dunque – da Zelantone a
Lutero – tacciarono subito i contadini di
insubordinazione diabolica”
A. Tenenti, Dalle rivolte alle rivoluzioni,
Bologna 1997
“ Il termine Riforma abbraccia l’intero programma,
pastoralmente concepito, delle tesi luterane sulle
indulgenze: esso significa perciò, in un primo tempo,
ripristino della primitiva verità cristiana, raggiungibile,
secondo Lutero, con il ritorno alla scriptura sola, agli
studi purissimi della Bibbia e dei Padri… ma anche
con l’esortazione alla penitenza.”
J.Lortz, E. Iserloh, Storia della Riforma,
Bologna 1974
“ Prima dei calvinisti, e in modo più vivace dei
luterani, gli anabattisti provocarono così le prime
misure antiprotestanti delle autorità dei Paesi Bassi e
di Carlo V°… che volle essere campione dell’attività
repressiva, e che si attribuì la prerogativa di
perseguitare gli eretici. Malgrado l’esistenza di una
locale Inquisizione episcopale, volle introdurre nei
Paesi Bassi l’Inquisizione Spagnola, dinnanzi alla
quale vennero celebrati centinaia di processi”.
Karl Brandi, Carlo Quinto, Torino 1979
“ Le aspirazioni a una profonda riforma della Chiesa,
che placasse finalmente le proteste e lo scontento
che si levavano con periodicità all’interno del mondo
cristiano, erano state regolarmente deluse […]Più il
potere materiale della Chiesa aumentava, più si
diffondeva l’idea che essa fosse irrimediabilmente
lontana dalla Chiesa delle origini”
R.H. Bainton, La riforma protestante, Torino
1984
Partendo dall’analisi dei passi proposti sviluppa una riflessione sulle motivazioni culturali, religiose,
politiche ed economiche, che hanno portato, in Europa,alla nascita ed allo sviluppo della Riforma, e
precisa quali furono i più radicali cambiamenti, che in seguito ad essa si determinarono nelle
società del XVI secolo.
Indicazioni.
Il lavoro deve essere svolto su massimo quattro facciate di foglio protocollo.
Tipologia A – Analisi del testo
da G. Boccaccio, Decameron
[IV]
II re, come la novella d'Elissa sentì aver fine, così senza indugio verso la Lauretta rivolto, le dimostrò che
gli piacea che ella dicesse; per che essa, senza stare, così cominciò:
O Amore, clienti e quali sono le tue forze, chenti i consigli e chenti gli avvedimenti! Qual filosofo, quale
artista mai avrebbe potuto o potrebbe mostrare quegli accorgimenti, quegli avvedimenti, quegli
dimostramenti che fai tu subitamente a chi seguita le tue orme? Certo la dottrina di qualunque altro è tarda
a rispetto della tua, sì come assai bene comprender si può nelle cose davanti mostrate. Alle quali, amorose
donne, io una n'aggiugnerò da una semplicetta donna adoperata, tal che io non so chi altri se l'avesse
potuta mostrare che Amore.
Fu adunque già in Arezzo un ricco uomo il quale fu Tofano nominato. A costui fu data per moglie una
bellissima donna il cui nome fu monna Ghita, della quale egli, senza saper perché, prestamente divenne
geloso; di che la donna avveggendosi, prese sdegno, e più volte avendolo della cagione della sua gelosia
addomandato, né egli alcuna avendone saputa assegnare se non cotali generali e cattive, cadde nell'animo
alla donna di farlo morire del male del quale senza cagione avea paura; ed essendosi avveduta che un
giovan, secondo il suo giiudicio, molto da bene la vagheggiava, discretamente con lui s'incominciò ad
intendere. Ed essendo già tra lui e lei tanto le cose innanzi, che altro che dare effetto con opera alle parole
non vi mancava, pensò la donna di trovare similmente modo a questo; ed avendo già, tra' costumi cattivi
del suo marito, conosciuto lui dilettarsi di bere, non solamente gliele cominciò a commendare, ma
artatamente a sollecitarlo a ciò molto spesso. E tanto ciò prese per uso, che quasi ogni volta che a grado
l'era, infine all'inebriarsi bevendo il conducea; e quando bene ebbro il vedea, messolo a dormire,
primieramente col suo amante si ritrovò, e poi sicuramente più volte di ritrovarsi con lui continuò; e tanta di
fidanza nella costui ebbrezza prese, che non solamente aveva preso ardire di menarsi il suo amante in casa,
ma ella talvolta gran parte della notte s'andava con lui a dimorare alla sua, la qual di quivi non era guari
lontana. Ed in questa maniera la 'nnamorata donna continuando, avvenne che il doloroso marito si venne
accorgendo che ella, nel confortare lui a bere, non beveva per ciò essa mai; di che egli prese sospetto, non
così fosse come era, cioè che la donna lui inebriasse per poter poi fare il piacer suo mentre egli
addormentato fosse. E volendo di questo, se così fosse, far pruova, senza avere il dì bevuto, una sera,
mostrandosi il più ebbro uomo, e nel parlare e ne' modi, che fosse mai; il che la donna credendo, né
estimando che più bere gli bisognasse a ben dormire, il mise prestamente a letto; e fatto ciò, secondo che
alcuna volta era usata di fare, uscita di casa, alla casa del suo amante se n'andò, e quivi infino alla
mezzanotte dimorò. Tofano, come la donna non vi sentì, così si levò, ed andassene alla sua porta, quella
serrò dentro e posesi alle finestre, acciò che tornare vedesse la donna e le facesse manifesto che egli si
fosse accorto delle maniere sue; e tanto stette che la donna tornò. La quale, tornando a casa e trovatasi
serrata di fuori, fu oltre modo dolente e cominciò a tentare se per forza potesse l'uscio aprire; il che poi
che Tofano alquanto ebbe sofferto, disse: — Donna, tu ti fatichi invano, per ciò che qua entro non potrai
tu tornare; va' tornati là dove infino ad ora se' stata, ed abbi per certo che tu non ci tornerai mai, infine a
tanto che io di questa cosa, in presenza de' parenti tuoi e de' vicini, te n'avrò fatto quell'onore che ti si
conviene. — La donna lo 'ncominciò a pregar per l’amor di Dio che piacergli dovesse d'aprirle, per ciò
che ella non veniva donde s'avvisava, ma da vegghiare con una sua vicina, per ciò che le notti eran grandi
ed ella non le poteva dormir tutte, ne sola in casa vegghiare. Li prieghi non giovavano alcuna cosa, per ciò
che quella bestia era pur disposto a volere che tutti gli Aretini sapessero la lor vergogna, là dove niun la
sapeva. La donna, veggendo che il pregar non le valeva, ricorse al minacciare, e disse: — Se tu non m'apri,
io ti farò il più tristo uom che viva. — A cui Tofano rispose: — E che mi puoi tu fare? — La donna, alla quale
Amore aveva già aguzzato co' suoi consigli lo 'ngegno, rispose: — Innanzi che io voglia sofferire la vergogna
che tu mi vuoi fare ricevere a torto, io mi gitterò in questo pozzo che qui è vicino, nel quale poi essendo
trovata morta, niuna persona sarà che creda che altri che tu per ebbrezza mi v'abbi gittata; e così o ti
converrà fuggire e perder ciò che tu hai ed essere in bando, o converrà che ti sia tagliata la testa sì come a
micidial di me che tu veramente sarai stato. — Per queste parole niente si mosse Tofano dalla sua sciocca
oppinione; per la qual cosa la donna disse: — Ora ecco, io non posso più sofferire questo tuo fastidio; Iddio
il ti perdoni; farai riporre questa mia rócca che io lascio qui*. — E questo detto, essendo la notte tanto
oscura che appena si sarebbe potuto veder l'un l'altro per la via, se n'andò la donna verso il pozzo, e presa
una grandissima pietra che a piè del pozzo era, gridando — Iddio, perdonami! — la lasciò cadere entro nel
pozzo. La pietra giugnendo nell'acqua fece un grandissimo rumore, il quale come Tofano udì, credette
fermamente che essa gittata vi si fosse; per che, presa la secchia con la fune, subitamente si gittò di casa
per aiutarla e corse al pozzo. La donna, che presso all'uscio della sua casa nascosa s'era, come il vide
correre al pozzo, così ricoverò in casa e serrossi dentro ed andossene alle finestre, e cominciò a dire: — Egli
si vuole inacquare quando altri il bee, non poscia la notte*. — Tofano, udendo costei, si tenne scornato, e
tornossi all'uscio; e non potendovi entrare, le cominciò a dire che gli aprisse. Ella, lasciato stare il parlar
piano come infino allora aveva fatto, quasi gridando cominciò a dire: — Alla croce di Dio, ebriaco fastidioso,
tu non c'entrerai stanotte; lo non posso più sofferire questi tuoi modi: egli convien che io faccia veder ad
ogni uomo chi tu se' ed a che ora tu torni la notte a casa. — Tofano, d'altra parte, crucciato le 'ncominciò a
dir villania ed a gridare; di che i vicini sentendo il romor, si levarono, ed uomini e donne, e fecersi alle
finestre e domandarono che ciò fosse. La donna cominciò piagnendo a dire: — Egli è questo reo uomo, il
quale mi torna ebbro la sera a casa, o s'addormenta per le taverne e poscia torna a questa otta; di che io
avendo lungamente sofferto e non giovandomi, non potendo più sofferire, ne gli ho voluta fare questa
vergogna di serrarlo fuor di casa, per vedere se egli sen'ammenderà. — Tofano bestia, d'altra parte, diceva
come il fatto era stato e minacciavala forte. La donna co' suoi vicini diceva: — Or vedete che uomo egli è!
Che direste voi se io fossi nella via come è egli, ed egli fosse in casa come sono io? In fé di Dio, che io
dubito che voi non credeste che egli dicesse il vero. Ben potete a questo conoscere il senno suo! Egli dice
appunto che io ho fatto ciò che io credo che egli abbia fatto egli. Egli mi credette spaventare col gittare non
so che nel pozzo, ma or volesse Iddio che egli vi si fosse gittate da dovero ed affogato, sì che egli il vino, il
quale egli di soperchio ha bevuto, si fosse molto bene inacquato. — I vicini, e gli uomini e le donne,
cominciarono a riprender tutti Tofano ed a dar la colpa a lui ed a dirgli villania di ciò che contro alla donna
diceva; ed in brieve tanto andò il rumore di vicino in vicino, che egli pervenne infino a' parenti della
donna, li quali, venuti là ed udendo la cosa e da un vicino e da uno altro, presero Tofano e diedergli tante
busse, che tutto il ruppono; poi andati in casa, presero le cose della donna e con lei si ritornarono a casa
loro, minacciando Tofano di peggio. Tofano, veggendosi mal parato e che la sua gelosia l'aveva mal
condotto, sì come quegli che tutto il suo ben voleva alla donna, ebbe alcuni amici mezzani e tanto
procacciò, che egli con buona pace riebbe la donna a casa sua; alla quale promise di mai più non esser
geloso, ed oltre a ciò, le die' licenza che ogni suo piacer facesse, ma sì saviamente, che egli non se
n'avvedesse. E così, a modo del villan matto, dopo danno fé' patto.
_____________________________________________________
* La novella, che trae alcuni spunti da un'opera ascetica (la Disciplina clericalis di Pietro Alfonso), delinea
magnificamente una figura di donna, fredda e senza scrupoli nella sua ritorsione alla gelosia del marito, mentre trionfa
del felice rovesciamento di situazione provocato dalla sua prontezza.
* La donna ha detto d'essere stata a veglia a filare da una vicina.
*
L'acqua bisogna metterla nel vino quando si beve, non andar ad attingerla
di notte
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Esponi sinteticamente l’argomento della novella.
Individua ed elenca tutte le sequenze narrative
Come vengono presentati i due personaggi?
Perché la monna Ghita vuole vendicarsi del marito?
In che modo monna Ghita riesce a ribaltare la situazione a proprio favore?
Motiva la presenza dei vicini per la buona riuscita dello stratagemma.
Definisci le tematiche cui può essere ascritta la novella e motiva le tue scelte.
8. Partendo dalla novella, e rifacendoti anche a tue personali conoscenze o letture, analizza le
diverse tematiche del Decameron ed evidenzia l’ideologia del Boccaccio
Tipologia A – Analisi del testo
da A. Manzoni, I promessi sposi, capitolo XXXIV
[...] La strada che Renzo aveva presa, andava allora, come adesso, diritta fino al canale detto il Naviglio: i
lati erano siepi o muri d'orti, chiese e conventi, e poche case. In cima a questa strada, e nel mezzo di quella
che costeggia il canale, c'era una colonna, con una croce detta la croce di sant'Eusebio. E per quanto Renzo
guardasse innanzi, non vedeva altro che quella croce. Arrivato al crocicchio che divide la strada circa alla
metà, e guardando dalle due parti, vide a dritta, in quella strada che si chiama lo stradone di santa Teresa,
un cittadino che veniva appunto verso di lui. — Un cristiano, finalmente! — disse tra sé; e si voltò subito da
quella parte, pensando di farsi insegnar la strada da lui. Questo pure aveva visto il forestiero che s'avanzava;
e andava squadrandolo da lontano, con uno sguardo sospettoso; e tanto più, quando s'accorse che, in vece
d'andarsene per i fatti suoi, gli veniva incontro. Renzo, quando fu poco distante, si levò il cappello, da quel
montanaro rispettoso che era; e tenendolo con la sinistra, mise l'altra mano nel cocuzzolo, e andò più
direttamente verso lo sconosciuto. Ma questo, stralunando gli occhi affatto, fece un passo addietro, alzò un
noderoso bastone, e voltata la punta, ch'era di ferro, alla vita di Renzo, gridò: «via! via! via!» «Oh oh» gridò
il giovine anche lui; rimise il cappello in testa, e, avendo tutt'altra voglia, come diceva poi, quando
raccontava la cosa, che di metter su lite in quel momento, voltò le spalle a quello stravagante, e continuò la
sua strada, o, per meglio dire, quella in cui si trovava avviato. L'altro tirò avanti anche lui per la sua, tutto
fremente, e voltandosi, ogni momento, indietro. E arrivato a casa, raccontò che gli s'era accostato un
untore, con un'aria umile, mansueta, con un viso d'infame impostore, con lo scatolino dell'unto, o l'involtino
della polvere (non era ben certo qua! de' due) in mano, nel cocuzzolo del cappello, per fargli il tiro, se lui
non l'avesse saputo tener lontano. «Se mi s'accostava un passo di più,» soggiunse, «l’infilavo addirittura,
prima che avesse tempo d'accomodarmi me, il birbone. La disgrazia fu ch'eravamo in un luogo così solitario,
che se era in mezzo Milano, chiamavo gente, e mi facevo aiutare a acchiapparlo. Sicuro che gli trovava
quella scellerata porcheria nel cappello. Ma lì da solo a solo, mi son dovuto contentare di fargli paura, senza
risicare di cercarmi un malanno; perché un po' di polvere è subito buttata; e coloro hanno una destrezza
particolare; e poi hanno il diavolo dalla loro. Ora sarà in giro per Milano: chi sa che strage fa!» E fin che
visse, che fu per molt'anni, ogni volta che si parlasse d'untori, ripeteva la sua storia, e soggiungeva: «quelli
che sostengono ancora che non era vero, non lo vengano a dire a me; perché le cose bisogna averle viste».
Renzo, lontano dall'immaginarsi come l'avesse scampata bella, e agitato più dalla rabbia che dalla paura,
pensava, camminando, a quell’accoglienza, e indovinava bene a un di presso ciò che lo sconosciuto aveva
pensato di lui; ma la cosa gli pareva così irragionevole, che concluse tra sé che colui doveva essere un
qualche mezzo matto. - La principia male, - pensava però: - par che ci sia un pianeta per me, in questo
Milano. Per entrare, tutto mi va a seconda; e poi, quando ci son dentro, trovo i dispiaceri lì apparecchiati.
Basta... coll'aiuto di Dio... se trovo... se ci riesco a trovare... eh! tutto sarà stato niente. - Arrivato al ponte,
voltò, senza esitare, a sinistra, nella strada di san Marco, parendogli, a ragione, che dovesse condurre verso
l'interno della città. E andando avanti, guardava in qua e in là, per veder se poteva scoprire qualche creatura
umana; ma non ne vide altra che uno sformato cadavere nel piccol fosso che corre tra quelle poche case
(che allora erano anche meno), e un pezzo della strada. Passato quel pezzo, sentì gridare: «o quell'uomo!» e
guardando da quella parte, vide poco lontano, a un terrazzino d'una casuccia isolata, una povera donna, con
una nidiata di bambini intorno; la quale, seguitandolo a chiamare, gli fece cenno anche con la mano. Ci andò
di corsa; e quando fu vicino, «o quel giovine,» disse quella donna: «per i vostri poveri morti, fate la carità
d'andare a avvertire il commissario che siamo qui dimenticati. Ci hanno chiusi in casa come sospetti, perché
il mio povero marito è morto; ci hanno inchiodato l'uscio, come vedete; e da ier mattina, nessuno è venuto a
portarci da mangiare. In tante ore che siam qui, non m'è capitato un cristiano che me la facesse questa
carità: e questi poveri innocenti moion di fame.» «Di fame!» esclamò Renzo; e, cacciate le mani nelle
tasche, «ecco, ecco,» disse, tirando fuori i due pani: «calatemi giù qualcosa da metterli dentro.» «Dio ve ne
renda merito; aspettate un momento,» disse quella donna; e andò a cercare un paniere, e una fune da
calarlo, come fece. A Renzo intanto gli vennero in mente que' pani che aveva trovati vicino alla croce,
nell'altra sua entrata in Milano, e pensava: - ecco: è una restituzione, e forse meglio che se gli avessi
restituiti al proprio padrone: perché qui è veramente un'opera di misericordia. - [...] A ogni passo, sentiva
crescere e avvicinarsi un rumore che già aveva cominciato a sentire mentre era lì fermo a discorrere: un
rumor di ruote e di cavalli, con un tintinnio di campanelli, e ogni tanto un chioccar di fruste, con un
accompagnamento di urli. Guardava innanzi, ma non vedeva nulla. Arrivato allo sbocco di quella strada,
scoprendosegli davanti la piazza di san Marco, la prima cosa che gli diede nell'occhio, furono due travi ritte,
con una corda, e con certe carrucole; e non tardò a riconoscere (ch'era cosa famigliare in quel tempo)
l'abbominevole macchina della tortura. Era rizzata in quel luogo, e non in quello soltanto, ma in tutte le
piazze e nelle strade più spaziose, affinché i deputati d'ogni quartiere, muniti a questo d'ogni facoltà più
arbitraria, potessero farci applicare immediatamente chiunque paresse loro meritevole di pena: o sequestrati
che uscissero di casa, o subalterni che non facessero il loro dovere, o chiunque altro. Era uno di que' rimedi
eccessivi e inefficaci de' quali, a quel tempo, e in que' momenti specialmente, si faceva tanto scialacquio.
Ora, mentre Renzo guarda quello strumento, pensando perché possa esser alzato in quel luogo, sente
avvicinarsi sempre più il rumore, e vede spuntar dalla cantonata della chiesa un uomo che scoteva un
campanello; era un apparitore; e dietro a lui due cavalli che, allungando il collo, e puntando le zampe,
venivano avanti a fatica; e strascinato da quelli, un carro di morti, e dopo quello un altro, e poi un altro e un
altro; e di qua e di là, monatti alle costole de' cavalli, spingendoli, a frustate, a punzoni, a bestemmie. Eran
que' cadaveri, la più parte ignudi, alcuni mal involtati in qualche cencio, ammonticchiati, intrecciati insieme,
come un gruppo di serpi che lentamente si svolgano al tepore della primavera; che, a ogni intoppo, a ogni
scossa, si vedevan que' mucchi funesti tremolare e scompaginarsi bruttamente, e ciondolar teste, e chiome
verginali arrovesciarsi, e braccia svincolarsi, e batter sulle rote, mostrando all'occhio già inorridito come un
tale spettacolo poteva divenire più doloroso e più sconcio. Il giovine s'era fermato sulla cantonata della
piazza, vicino alla sbarra del canale, e pregava intanto per que' morti sconosciuti. Un atroce pensiero gli
balenò in mente: - forse là, là insieme, là sotto... Oh, Signore! Fate che non sia vero, fate ch'io non ci pensi!
— [...] Renzo s'abbatteva appunto a passare per una delle parti più squallide e più desolate: quella crociata
di strade che si chiamava il carrobio di porta Nuova. (C'era allora una croce nel mezzo, e, dirimpetto ad essa,
accanto a dove ora è san Francesco di Paola, una vecchia chiesa col titolo di sant'Anastasia). Tanta era stata
in quel vicinato la furia del contagio, e il fetor de' cadaveri lasciati lì, che i pochi rimasti vivi erano stati
costretti a sgomberare: sicché, alla mestizia che dava al passeggiero quell'aspetto di solitudine e
d'abbandono, s'aggiungeva l'orrore e lo schifo delle tracce e degli avanzi della recente abitazione. Renzo
affretto il passo, facendosi coraggio col pensare che la meta non doveva essere così vicina, e sperando che,
prima d'arrivarci, troverebbe mutata, almeno in parte, la scena; infatti, di lì a non molto, riuscì in un luogo
che poteva pur dirsi la città di viventi; ma quale città ancora, e quali viventi! Serrati, per sospetto e per
terrore, tutti gli usci di strada, salvo quelli che fossero spalancati per esser le case disabitate, o invase; altri
inchiodati e sigillati, per esser nelle case morta o ammalata gente di peste; altri segnati d'una croce fatta col
carbone, per indizio ai monatti che c’eran de’ morti da portar via: il tutto più alla ventura che altro, secondo
che si fosse trovato piuttosto qua che là un qualche commissario della Sanità o altro impiegato, che avesse
voluto eseguir gli ordini, o fare un'angheria. Per tutto cenci e, più ributtanti de' cenci, fasce marciose, strame
ammorbato, o lenzuoli buttati dalle finestre; talvolta corpi, o di persone morte all’improvviso nella strada, e
lasciati lì fin che passasse un carro per portarli via, o cascati da carri medesimi, o buttati anch'essi dalle
finestre: tanto l'insistere e l'imperversar del disastro aveva insalvatichiti gli animi, e fatto dimenticare ogni
cura di pietà, ogni riguardo sociale! Cessato per tutto ogni rumor di botteghe, ogni strepito di carrozze, ogni
grido di venditori, ogni chiacchierìo di passeggieri, era ben raro che quel silenzio di morte fosse rotto da altro
che da rumor di carri funebri, da lamenti di poveri, da rammarichìo d'infermi, da urli di frenetici, da grida di
monatti. All'alba, a mezzogiorno, a sera, una campana del duomo dava il segno di recitar certe preci
assegnate dall'arcivescovo: a quel tocco rispondevan le campane dell'altre chiese; e allora avreste veduto
persone affacciarsi alle finestre, a pregare in comune; avreste sentito un bisbiglio di voci e di gemiti, che
spirava una tristezza mista pure di qualche conforto. [...]
1. Esponi sinteticamente l’argomento del brano
2. Dividi il testo in paragrafi e da’ loro un titolo. Dividi successivamente i paragrafi in
sottoparagrafi e procedi alla loro titolazione.
paragrafo da...a
titolo
sottoparagrafo
da...a
titolo
3.
4.
5.
6.
Elenca le parti in cui l’Autore esprime esplicitamente il proprio giudizio
Nel brano compare una similitudine. Individuala e trascrivila.
Ricava dal testo le “caratteristiche” degli untori
La morte è l’argomento centrale della seconda parte del testo. Indica il “crescendo”
attraverso il quale viene rappresentata.
7. La peste in Manzoni e Defoe. Esistono aspetti simili nei due testi presi in esame? Quali?
8. Partendo dal testo di Manzoni, analizza il modo in cui i diversi Autori di tua conoscenza
hanno presentato la peste, mettendone in evidenza i punti di contatto e le differenze
Tipologia B - articolo di giornale
A – La religiosità medievale
Indicazioni per la stesura
Individua nei documenti e nei dati forniti uno o più elementi che ti sembrano rilevanti e costruisci
su di essi il tuo “pezzo”.
Da’ all’articolo un titolo appropriato ed indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi la pubblicazione
(quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico, altro).
Per attualizzare l’argomento puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari,
convegni o eventi di rilievo).
Non superare le quattro o cinque colonne di metà foglio protocollo, compresi i margini.
1. “Su l’orizzonte del montan paese,
Nel mite solitario alto splendore,
Qual del tuo Paradiso in su le porte,
Ti vegga io dritto con le braccia tese
Cantando a Dio: - Laudato sia. Signore.
Per nostra corporal sorella morte!”
[G. Carducci, Santa Maria degli Angeli]
2. La penisola, in cui la potenza del clero era evidente più che in ogni altro paese, e in cui più che in ogni
altro paese il clero ostentava potenza e ricchezza, aveva generato da almeno due secoli movimenti di uomini
intesi a una vita più povera, in polemica coi preti corrotti, di cui rifiutavano persino i sacramenti, riunendosi
in comunità autonome, al tempo stesso invise ai signori, all'impero e alle magistrature cittadine.
Infine, era venuto santo Francesco, e aveva diffuso un amore di povertà che non contraddiceva ai precetti
della chiesa, e per opera sua la chiesa aveva accolto il richiamo alla severità dei costumi di quegli antichi
movimenti e li aveva purificati dagli elementi di disordine che si annidavano in essi. Avrebbe dovuto seguirne
un'epoca di mitezza e santità, ma, come l'ordine francescano cresceva e attirava a sé gli uomini migliori,
esso diveniva troppo potente e legato ad affari terreni, e molti francescani vollero riportarlo alla purezza di
un tempo. Cosa assai difficile per un ordine che ai tempi in cui ero all'abbazia già contava più di trentamila
membri sparsi in tutto il mondo. Ma così è, e molti di questi frati di san Francesco si opponevano alla regola
che l'ordine si era data, dicendo che l'ordine aveva ormai assunto i modi di quelle istituzioni ecclesiastiche
per riformare le quali era nato. E che questo era già avvenuto ai tempi in cui Francesco era in vita, e che le
sue parole e i suoi propositi erano stati traditi. Molti di essi riscoprirono allora il libro di un monaco
cistercense che aveva scritto agli inizi del XII secolo dell'era nostra, chiamato Gioacchino e a cui si attribuiva
spirito di profezia. Infatti egli aveva previsto l'avvento di un'era nuova, in cui lo spirito di Cristo, da tempo
corrotto a opera dei suoi falsi apostoli, si sarebbe di nuovo realizzato sulla terra. E aveva annunciato tali
scadenze che a tutti era parso chiaro che egli parlasse senza saperlo dell'ordine francescano. E di questo
molti francescani si erano assai rallegrati, pare sin troppo, tanto che a metà secolo a Parigi i dottori della
Sorbona condannarono le proposizioni di quell'abate Gioacchino, ma pare che lo fecero perché i francescani
(e i domenicani) stavano diventando troppo potenti, e sapienti.
[U. Eco, Il nome della rosa]
3. Supremo paradosso, l'ordine fondato da San Francesco e basato sul rifiuto della proprietà attirò
l'appoggio e le donazioni dei ricchi, perché tanta purezza sembrava offrire una certezza di santità. Prossimi
alla morte, cavalieri e nobildonne si facevano mettere l'abito francescano, convinti che se fossero morti con
quello addosso e così fossero stati sepolti non sarebbero andati all'inferno. L'ordine acquisì terre e ricchezze,
si costruì chiese e conventi, sviluppò una propria gerarchia; esattamente l'opposto di ciò che era negli intenti
del fondatore. Eppure San Francesco aveva compreso come stavano le cose. Rispondendo a un novizio che
desiderava possedere un salterio, disse una volta: “Quando avrai un salterio desidererai avere un breviario, e
quando avrai un breviario ti siederai su una sedia come un grande prelato e dirai a tuo fratello: "Fratello,
portami il mio breviario".
In alcuni ordini monastici i monaci possedevano abitualmente denaro per le piccole spese e fondi personali
che davano in prestito a usura. In altri ordini avevano l'autorizzazione di bere un gallone di birra al giorno,
mangiavano carne, portavano gioielli e mantelli bordati di pelliccia, e talora nei conventi più ricchi i servitori
superavano il numero dei confratelli. Godendo del favore dei più agiati i francescani predicavano loro e con
loro mangiavano, e prestavano servizio in casa dei nobili quali consiglieri e cappellani. Alcuni andavano a
piedi nudi fra la gente umile, attenendosi alla regola, ed erano venerati per questo, ma i più portavano ormai
buoni stivali di pelle e non erano amati.
Come i venditori di indulgenze, i frati imbrogliavano gli abitanti del villaggio, vendendo loro reliquie di
ispirata fantasia. Il fra Cipolla di Boccaccio vendette una delle piume dell'angelo Gabriele che, diceva, era
caduta nella camera della Vergine durante l'Annunciazione. In quanto a burla, questo personaggio non
andava più in là di quel frate vero che aveva venduto un pezzo di roveto da cui il Signore aveva parlato a
Mosè. Alcuni vendevano cambiali del « Tesoro di Meriti » depositato in cielo dall'Ordine di San Francesco.
Wyclif, sentendosi chiedere a che cosa servissero quelle pergamene, rispose: “A coprire i barattoli della
senape”. I frati erano un elemento della vita quotidiana, disprezzati e tuttavia venerati e temuti perché, dopo
tutto, non si poteva escludere che avessero la chiave del regno dei cieli.
La satira e le lagnanze sopravvivono perché sono state messe per iscritto. Ne emerge una Chiesa così
pervasa da venalità e ipocrisia da sembrare matura per la disintegrazione; tuttavia un'istituzione che domina
talmente la cultura e così radicata nella struttura della società non si dissolve facilmente. Il cristianesimo era
la matrice della vita medioevale.
[B. W. Tuchman, Uno specchio lontano]
4.
Il lupo di Gubbio
San Benedetto
Predica agli uccelli
Tipologia B - articolo di giornale
Indicazioni per la stesura
Individua nei documenti e nei dati forniti uno o più elementi che ti sembrano rilevanti e costruisci
su di essi il tuo “pezzo”.
Da’ all’articolo un titolo appropriato ed indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi la pubblicazione
(quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico, altro).
Per attualizzare l’argomento puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari,
convegni o eventi di rilievo).
Non superare le quattro o cinque colonne di metà foglio protocollo, compresi i margini.
L’uomo e gli ecosistemi naturali
1.
Era un tempo in cui i più semplici cibi racchiudevano minacce, insidie e frodi. Non c'era giorno in cui
qualche giornale non parlasse di scoperte spaventose nella spesa del mercato: il formaggio era fatto di
materia plastica, il burro con le candele steariche, nella frutta e verdura l'arsenico degli insetticidi era
concentrato in percentuali più forti che non le vitamine, i polli per ingrassarli li imbottivano di certe pillole
sintetiche che potevano trasformare in pollo chi ne mangiava un cosciotto. Il pesce fresco era stato pescato
l'anno scorso in Islanda e gli truccavano gli occhi perché sembrasse di ieri. Da certe bottiglie di latte era
saltato fuori un sorcio, non si sa se vivo o morto. Da quelle d'olio non colava il dorato succo dell'oliva, ma
grasso di vecchi muli, opportunamente distillato.
[I. Calvino, Marcovaldo, Dov'è più azzurro il fiume]
2. Per chiarire le modalità del funzionamento degli ecosistemi naturali, è giusto premettere qualche breve
considerazione riguardo al concetto di "naturale". Questo sarà utile a introdurre un altro punto importante:
l'azione che sugli ecosistemi viene esercitata dall'uomo. Ecosistemi "naturali" si definiscono quelli mai visitati
dall'uomo, né in alcun modo modificati dalla sua azione. Come abbiamo già notato, noi esseri umani
abbiamo però la tendenza a mutare sempre e comunque l'ambiente circostante, rendendo così gli
ecosistemi, almeno in parte, artificiali (costruiti da noi o da noi modificati). Un sistema completamente
naturale, in base alla definizione data, in realtà quindi non esiste. Per semplicità, chiamiamo comunque
"naturali" quei sistemi in cui ancora molta parte degli esseri viventi vive secondo regole proprie, molto
lontane dalle nostre; regole e modi di vita resi peculiari dall'assenza dei contatti con l'esterno, cioè con ciò
che è diverso da loro. Come abbiamo infatti visto negli esempi precedenti, solo quando si incontrano,
entrando in comunicazione tra loro, gli esseri viventi possono riconoscersi come uguali o diversi, e lanciarsi
dei segnali. Così facendo possono variare il loro comportamento, rispondendo in modo diverso a seconda
del soggetto con il quale si trovano, volta per volta, a interagire. Tra gli esseri viventi, anche se in molti casi i
contatti si risolvono nella drastica scelta di mangiare o essere mangiati, esistono comunque svariate e
importanti forme di collaborazione. La dipendenza reciproca e il reciproco aiuto costituiscono infatti il
fondamento e il motore di molte comunità viventi, così come risulta decisiva la diversità dei ruoli. Tra gli
animali i gruppi sociali più semplici hanno la forma del "branco": i lupi, i leoni, le iene ottengono migliori
risultati quando cacciano insieme; mentre i gruppi di scimmie antropomorfe (gorilla, orango e scimpanzè)
hanno una struttura che si avvicina a quella del nucleo familiare dell'uomo. Le comunità di animali più
numerose formano delle "colonie", magari solo per motivi di sicurezza (come i pinguini); le api e le formiche
invece costituiscono delle organizzazioni complesse, nelle quali ogni individuo ha un ruolo ben preciso,
nell'interesse supremo di mandare avanti la colonia nel suo insieme. In realtà, soprattutto per quanto
riguarda gli animali, sono pochi gli organismi che possono sopravvivere in natura al di fuori di un gruppo, e
anche i "solitari" devono ricorrere all'altrui collaborazione, diretta o indiretta, per soddisfare le fondamentali
esigenze di vita. Persino il solitario che si è ritirato in cima alla montagna continua a essere vincolato a
organismi a lui esterni da mille invisibili fili.
3. Gli ecosistemi si possono classificare anche in base al grado di naturalità. Comunemente si parla di
ambienti naturali in contrapposizione a quelli umani o antropici, modificati più o meno profondamente
dall'uomo. Nelle nostre zone temperate praticamente mancano ecosistemi definiti "naturali", cioè costituiti
esclusivamente da specie che sono nate e si sono evolute nello stesso ambiente (specie autoctone), e
scarseggiano anche gli ecosistemi quasi-naturali, cioè con poche modifiche di origine umana. Possiamo
invece trovare con grande frequenza ecosistemi seminaturali, in cui le specie autoctone predominano, ma
all'interno di strutture in cui l'azione e l'influenza dell'uomo sono stati determinanti al loro mantenimento. Ne
sono esempi i prati e le brughiere, i boschi cedui, le siepi, cioè ambienti che in varia misura testimoniano
l'importanza delle economie che, prima del sorgere dell'industria vivevano utilizzando quello che offriva la
natura, modificando gli organismi scegliendo quelli più adatti e, magari aiutando la natura stessa a
mantenersi stabile. È esattamente quello che avveniva nei cosiddetti prati stabili, che venivano tagliati in
tempi precisi proprio per evitarne la distruzione e il cambiamento. Nella campagna moderna dominano
invece gli agroecosistemi, dove predominano le specie non autoctone e l'equilibrio dipende in modo decisivo
dall'intervento umano; gli insediamenti urbani e industriali invece sono ecosistemi, completamente
dipendenti in tutto dall'uomo, che li ha creati e che fornisce loro l'energia necessaria al loro funzionamento.
4. L'ecosistema Terra a rischio
Il degrado della biosfera non costituisce solo un danno economico per l'umanità: la biosfera infatti
interagisce con l’intero ecosistema Terra, ne è una parte integrante e fondamentale. Abbiamo visto che
l'ossigeno libero è stato introdotto nell'atmosfera dall'azione dei primi organismi vegetali, agli albori della
storia della Terra. La presenza di ossigeno tuttavia non è scontata, data per sempre: essa deve essere
mantenuta costantemente, perché l'ossigeno libero tende a consumarsi legandosi chimicamente a dare
composti ossidati. L'anidride carbonica tende invece ad aumentare, poiché, come abbiamo visto è
continuamente immessa nell'atmosfera dall' attività dei vulcani. Sono le piante che regolano tutto il sistema:
le piante pompano via l'anidride carbonica dall'atmosfera, utilizzandola per produrre zuccheri (fotosintesi) e,
durante lo stesso processo, emettono grandi quantità di ossigeno. L'anidride carbonica torna poi
all'atmosfera durante la respirazione. Ma le piante morte si accumulano sul terreno o in fondo al mare
(carboni e altri depositi naturali ricchi di materia di origine vegetale) e così il carbonio organico viene
sottratto al sistema e immagazzinato per sempre. Si calcola che solo sul fondo degli oceani siano state
immagazzinate nel corso delle ere geologiche 15 milioni di gigatonnellate di questi depositi carboniosi;
almeno un terzo di tutte le emissioni annue di carbonio della Terra (come anidride carbonica, C02) è
catturato dalle alghe e, in misura di gran lunga maggiore, dal plancton vegetale (fitoplancton). Il risultato è
che l'atmosfera si arricchisce in ossigeno, mentre l'aumento del contenuto in C02 viene in parte contrastato
dall'attività delle piante. Mentre è facile per noi accorgersi che le foreste stanno restringendosi, meno
evidente è l'impoerimento del fitoplancton oceanico: eppure questi piccoli organismi producono da soli tra il
40 e l'80% di tutto l'ossigeno immesso annualmente nell'atmosfera. Essi sono quindi indispensabili per il
mantenimento di tutto l'equilibrio chimico dell'ecosistema Terra. A loro volta, le piante terrestri svolgono una
funzione di equilibrio del clima e contribuiscono anche a preservare lo stesso paesaggio fisico terrestre. I
territori coperti da foreste trattengono infatti l'umidità e contrastano la tendenza all'inaridimento dei suoli;
attraverso l'evaporazione, regolata negli alberi da delicati meccanismi situati soprattutto nelle foglie, portano
a un abbassamento controllato della temperatura, proprio come un vero e proprio condizionatore d'aria che
neutralizza il tendenziale aumento della temperatura. La presenza di vegetazione garantisce inoltre la
resistenza del terreno rispetto ai fenomeni erosivi e preserva l'humus, cioè il terriccio ricco di sostanza
organica su cui si impiantano i semi da cui germinano nuovi alberi. L'humus non si forma sempre e sotto
tutti i climi: in alcune regioni dell'Europa meridionale, ad esempio, esso si è formato in passato sotto climi
più umidi di quelli attualmente regnanti, e qui si è preservato solo grazie alla presenza della copertura
boschiva. Quando gli alberi vengono tagliati, l'humus viene dilavato via ed il terreno diviene arido e
improduttivo; la ricreazione della foresta con successivi rimboschimenti diviene quasi sempre impossibile. Il
ruolo delle piante nella preservazione delle forme del suolo è evidente quando si confronti il paesaggio
attuale con quello di precedenti ere geologiche. Attualmente, gli argini naturali dei fiumi di regioni come
l'Italia sono resi stabili dalla presenza di una estesa copertura vegetale, resa continua dalla presenza di un
ininterrotto mantello erboso. L'erba è costituita soprattutto da graminacee, piante che hanno fatto la loro
comparsa sulla Terra meno di 150 milioni di anni fa. Prima ancora, le sponde dei fiumi delle regioni
temperate erano instabili, come accade ora nelle regioni più aride: i fiumi non erodevano lentamente le rive,
costruendo larghi meandri, ma traboccavano a ogni piena oltre gli argini di terra sciolta e facilmente
credibile, come larghe fiumare irregolari. Il paesaggio cui siamo abituati, che va preservato perché contiene
le nostre città, le strade, le ferrovie e così via, dipende quindi dal tipo e dalla ricchezza della vegetazione. Gli
animali fanno parte dello stesso ecosistema cui appartiene la vegetazione, e sono a loro volta indispensabili
al mantenimento dell'equilibrio complessivo. Milioni di anni di evoluzione parallela hanno determinato un
intreccio strettissimo all'interno di tutta la biosfera e di questa con l'ambiente circostante. Le piante da fiori,
ad esempio, devono in gran parte agli animali (gli insetti impollinatori) la loro capacità di produrre frutti e
semi. Oggi siamo di fronte a un riscaldamento globale, che contribuisce a mettere a rischio la biosfera.
Questo riscaldamento ha portato, come si è visto, all'accelerazione improvvisa di una tendenza naturale che
era iniziata a ritmi più lenti circa 14 000 anni fa, quando i ghiacci dell'ultima glaciazione cominciarono a
sciogliersi. Non occorre ipotizzare perturbazioni catastrofìche e improvvise per valutare i rischi che corre oggi
la vegetazione; anche un lento cambiamento climatico naturale potrebbe non essere sopportato da un
biosistema lacerato e discontinuo. Uno studio dei sedimenti del fondo dei laghi nordamericani, a partire dalla
fine dell'ultima glaciazione (quando è iniziato il lento riscaldamento globale di origine naturale), ha permesso
di individuare i pollini che venivano via via inglobati nei sedimenti, e di seguire così la storia delle foreste
durante le prime fasi del riscaldamento globale. Si è visto che le singole specie animali e vegetali sono
andate spostandosi man mano che il riscaldamento progrediva, ognuna alla ricerca di ambienti per essa più
favorevoli; e che ogni volta si creavano biosistemi nuovi, ambienti forestali diversi dai precedenti ma vitali
nelle nuove condizioni. Una biosfera non a rischio potrebbe essere quella in cui viene preservata la massima
diversità biologica possibile: anche in presenza di cambiamenti, sarebbe così disponibile una varietà di tipi
animali e vegetali così ampia da consentire comunque la sopravvivenza della vita nelle nuove condizioni.
5. I giardini della biodiversità
Il fatto che un paese mantenga (ciò vale pur troppo per quasi tutto il mondo) aree protette a macchia di
leopardo sarà sì una situazione ormai inevitabile, ma resta pur sempre una situazione naturalmente
anomala. Le aree protette, in altre parole, è come se fossero isole separate, disseminate in un mare oltre
tutto ostile. Le vere isole, però, ospitano specie con popolazioni geneticamente peculiari, perché il piccolo
numero degli individui che le compongono ha influenzato in vario modo (l'inincrocio, la deriva genetica,
differenti pressioni selettive) le loro caratteristiche. Le popolazioni isolane (quelle sopravvissute) sono così
giunte, attraverso un lungo processo d'adattamento, a trovare un loro differente equilibrio, a inventarsi
nuove strategie. Ma che succede quando popolazioni di specie continentali si trovano di colpo (secondo i
tempi dell'evoluzione biologica) a vivere in quelle isole che sono le aree protette? Facile comprendere come il
recente forzato isolamento possa provocare difficoltà, patologie, rischi d'estinzione. E ciò tanto più quanto
più le aree sono piccole. E ciò, ancora, tanto più quanto più il divario tra il dentro e il fuori, tra l'area protetta
e quella non protetta, è grande. Perciò occorrerebbe, invece che ridurre le dimensioni delle aree protette,
lavorare per migliorare le condizioni esterne, lavorare anche - ed è ciò che realisticamente si sta facendo nei
paesi o nelle regioni più illuminate - per creare i cosiddetti corridoi ecologici, sottili "bretelle" che, creando
una continuità ambientale, e pertanto favorendo gli scambi riproduttivi tra le aree, si sono dimostrate
essenziali per mantenere, o far rinascer un'adeguata diversità genetica all'interno delle popolazioni a rischio.
Eccoci al vero punto: il problema della biodiversità. Quando si parla di natura in equilibri (tanto auspicata,
anche per la salute della nostra specie) non si può che riferirsi a una biodiversità innata, non violentata. E
biodiversità di un ambiente significa il complesso delle specie animali, vegetali, microrganismi, evolutesi
insieme nel corso della storia della vita. Questa coevoluzione ha prodotto un intrico di interrelazioni che
tutte le lega, che le rende l'una dall'altra interdipendenti, cosicché un'estinzione, come pure l'incauta
introduzione di una specie alloctona, può provocare una cascata di conseguenze difficilmente prevedibile.
Provoca, certamente, lo squilibrio del sistema. Basta pensare cosa significa, per esempio, la scomparsa di un
grande predatore come è il lupo per l'andamento demografico delle sue prede. Incontrollabili popolazioni e
grandi erbivori per lo più ammalati, danni e modificazioni al sottobosco e via discorrendo. Ebbene, dato che
l'evoluzione è un fenomeno dinamico, perché le specie possano mantenere la loro capacità di adattamento,
e cioè di evoluzione, è essenziale che mantengano alta la loro biodiversità intraspecifica. È ben noto, d'altro
canto, che lo stato di vitalità di una specie lo si misura e lo si deduce dal grado di diversità genetica che
caratterizza i suoi individui. Una popolazione (o una specie) composti di individui tutti uguali è
inevitabilmente a rischio Ecco allora perché è pericoloso, quelle isole che sono le aree protette, renderle
ancora più piccole, così come è rischioso introdurre varianti culturali umane (licenze ai vincoli) che possano
impedire agli equilibri naturali di mantenersi nel tempo.
6. Il colombo di città ha ormai poco a che fare con quello selvatico. Rispetto a quest'ultimo ha modificato il
suo ciclo riproduttivo, che è divenuto ininterrotto. Ciò giustifica in parte l'espansione delle popolazioni
urbane. Per capire come mai i piccioni si siano specializzati nella convivenza con il caos metropolitano, è
necessario porsi nell'ottica del volatile, per il quale l'ambiente urbano è un'oasi di tranquillità di cui ha
imparato a sfruttare ogni risorsa. In primo luogo la completa assenza dei predatori, che in natura ne
controllano la moltiplicazione, porta a un incremento demografico vertiginoso. La presenza dell'uomo
garantisce abbondanza di cibo, anche se sotto forma di rifiuto maleodorante. Inoltre le strutture
architettoniche dei centri cittadini, in particolare dei centri storici, forniscono un gran numero di nicchie
protette, ideali per la nidificazione. L'accumulo di materiale organico che si viene a creare col tempo in questi
rifugi comporta per la popolazione un problema igienico-sanitario non indifferente.
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