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Diapositiva 1 - Libera Pluriversità di Napoli
Libera Pluriversità di Napoli Non è Ufficiale ma Vera Napoli - Via del Parco Margherita, 35 Il meridione prima dell’Unità d’Italia Sabato 24 Gen 2009 Orario quasi 15,00 - 16,00 Go to Naples (ossia Napoli come Parigi e Londra) la lezione è coordinata dal prof. pref. Nicola Terracciano [email protected] Altri prof. preferenziali Luigi Sabino luigisabino <at> hotmail.it Ernesto Brando ernesto_brando <at> fastwebnet.it VADEMECUM COME BATTERE 100 MILA UOMINI DELL’ESERCITO NAPOLETANO E LA PRIMA MARINA DA GUERRA DELLE POTENZE MINORI CON SOLI “MILLE” EROI La vera storia di una mirabolante epopea guerresca. Amori, intrighi e coup de théâtre. La vera, autentica e incontrovertibile versione romantica della storiografia ufficiale dell’ “impresa” che ha fatto l’italia Ingredienti indispensabili, e reali, per la sua realizzazione furono : • intervento, anche militare, del Piemonte • tradimento degli ufficiali borbonici “convertiti” alla causa unitaria • latifondisti siciliani bramosi di libertà e di tutelare le loro prerogative baronali • Inghilterra potenza coloniale e marittima alla ricerca di un nuovo equilibrio nel mediterraneo Nel 1859, un anno prima della spedizione dei Mille, c’erano 7 stati italiani. Nel 1700 erano 12, ridotti a 9 dal Congresso di Vienna (1815) Tre dei quali Indipendenti Regno di Sardegna, Due Sicilie Stato Pontificio Sotto la dominazione o l’influenza AUSTRIACA Lombardo – Veneto, Toscana, Parma Modena. Il popolo includeva nel suo concetto di “patria” e quindi di “nazione” il proprio stato di appartenenza; la popolazione delle Due Sicilie chiamava “forestieri” gli altri abitanti d’Italia e i piemontesi, quando si spostavano dal loro stato, affermavano che andavano “in Italia“. Non c’era un’economia integrata tanto che solo il 20%dei commerci degli stati pre-unitari erano diretti verso le altre regioni della penisola. Gli italiani che parlavano la lingua italiana erano solo il 2.5%: tutti si esprimevano nel proprio DIALETTO * Usi e costumi erano diversissimi, persino l’alimentazione prevedeva cibi reciprocamente ignoti. * ancora a metà degli anni Cinquanta del 1900 il 60% degli italiani parlava SOLO il dialetto locale Conveniva a uno stato come il Piemonte, che aveva un debito pubblico di 1mld e 300mil circa, appoggiare l’impresa di Garibaldi per appropriarsi di una nazione meridionale che gli storici post unitari hanno descritto come poverissima ? DEBITO PUBBLICO AL 1860 (in milioni di lire dell’epoca) REGNO DI SARDEGNA (5 milioni ab.): 1.271,43 REGNO delle DUE SICILIE (9 milioni ab.): 441,22 Il Piemonte, con poco più della metà degli abitanti del RdS, ha un debito pubblico TRIPLO, le cause sono: • la pessima bilancia commerciale in continuo passivo dal 1849 al 1858 legata all’adozione del sistema improntato al liberalismo economico. • i costi di una onerosissima politica estera di espansione territoriale che imponeva l’accensione di enormi prestiti con i banchieri d’Inghilterra e della Francia. Al momento dell’unificazione, i debiti consolidati e redimibili dei vecchi Stati preunitari di cui fu disposta l’iscrizione nel Gran Libro del debito pubblico, riguardavano per il 57,22% il Regno di Sardegna, per il 29,40% il Regno di Napoli e di Sicilia, per il residuo gli altri Stati. Rispetto alla popolazione del nuovo Regno, questi debiti erano pari a 69 lire pro-capite. Ma le quote pro-capite risultavano abbastanza diversificate tra i diversi Stati preunitari: Piemonte (142 lire), Toscana (67 lire), Napoli (63 lire), Lombardia (56 lire), Sicilia (49 lire), altri Stati unificati (13 lire) È una realtà, poco controvertibile, che i cittadini delle province meridionali del nuovo Regno furono chiamati ad accollarsi gli oneri di debiti contratti dal Regno di Sardegna, senza poter usufruire dei benefici delle opere finanziate con l’emissione di questi debiti. Il Sud era veramente povero ed arretrato ? La percentuale dei poveri era pari al 1.34% in linea con quella degli altri stati pre-unitari; l’emigrazione non esisteva. Dal CENSIMENTO UFFICIALE DEL 31 dicembre 1861 (a unità compiuta) N° Censimento Superficie Popolazione in km² residente Popolazione presente I 248.032 21.777.334 22.182.377 Il Sud aveva il 36.7% della popolazione totale italiana. (8 140 932) La forza-lavoro complessiva si articolava nell’industria * e artigianato 51% Nell’agricoltura: il 56,3% dei braccianti agricoli e il 55,8% gli operai agricoli specializzati. * quasi 5000 fabbriche che comprendevano: cantieristica navale (quarta flotta mercantile del mondo), industria siderurgica, tessile, cartaria, estrattiva e chimica, conciaria, del corallo, vetraria e alimentare. Sistema Monetario Continentale e Insulare 20/4/1818 Denominazione Suddivisione Valore In € Ducato 10 Carlini 18,7 € Carlino 10 Grana 1,87 € Grano 2 Tornesi 0,187 € Tornese 6 Cavalli 0,0935 0,016 Cavallo Sistema Monetario Insulare fino al 20/4/1818 Suddivisione Valore In € Oncia 3 Ducati 56,1 € Oncia 30 Tarì 56,1 € Oncia 300 Baiocchi 56,1 € Denominazione Tarì 1,87 € Baiocco 0,187 € Grano ½ baiocco Grano 6 Piccioli Picciolo 0,0935 € 0.016 € Le monete erano coniate in oro, argento e rame; esistevano tagli da 3, 6, 15, 30 ducati e multipli del grano e del tornese; i maestri incisori della Regia Zecca a S. Agostino Maggiore erano così rinomati in Europa, per la bellezza delle realizzazioni, che i saggi di conio dell’istituto d’emissione inglese erano spesso inviati a Napoli per un parere tecnico. Paghe e salari In grana/die In € al giorno Contadino 15 – 20 2,805 – 3,74 Operaio generico 22 - 40 4,114 – 7,48 Operaio Specializzato 55 10,285 Maestri d’Opera 80 14,96 Soprassoldo giornaliero per il vitto 10 - 15 1,87 – 2,805 Paghe e salari Ducati/mese In € Impiegato statale 15 280,5 Tenente di fanteria 23 430,1 Colonnello 105 1963,5 Genere alimentare Quantità Costo In euro vino 1 litro 3 grana 0,561 pane 1 rotolo 6 grana 1,122 pasta 1 rotolo 8 grana 1,496 Carne bovina 1 rotolo 16 grana 2,992 pizze 3 2 grana 0,374 1 rotolo = 890 gr – 1 Cantàro o cantaio =89,100 kg RISERVA AUREA a garanzia della moneta circolante al momento dell’Unità (IN MILIONI DI LIRE DELL’EPOCA) [Coefficiente di moltiplicazione per tradurre il valore monetario del periodo sottoindicato in valore del 2008 - Anno 1861 Coefficiente 8513,9146 per il rapporto agli euro dividere per 1936,27 - fonte ISTAT ] TOTALE £ 670,4 £5 707 728 347 840 € 2 947 795 683,00 Lombardia £ 8,1 Ducato di Modena £ 0,4 Parma e Piacenza £ 1,2 Roma (1870) £ 35,3 Romagna, Marche e Umbria £ 55,3 Piemonte £ 27 Toscana £ 85,2 Venezia (1866) £ 12,7 Due Sicilie £ 443,2 equivalente ai 2/3 del totale €1 965 197 122,00 Tutto il sistema, nel suo complesso, era garantito in oro nel rapporto uno ad uno. Le banche (“i banchi”) nel 1700 erano sette (S.Giacomo, del Salvatore, S.Eligio, del Popolo, dello Spirito Santo, della Pietà e dei Poveri) e le loro condizioni si mantennero floridissime fino alla fine del secolo; nel 1803 ci fu il primo accorpamento che fu completato il 12 dicembre del 1816 con la creazione del “Banco delle Due Sicilie” che successivamente si chiamò “Banco di Napoli” nella parte continentale del regno e “Banco di Sicilia” nell’isola; in questi istituti si aprivano conti correnti e si concedevano prestiti a mutuo o su pegni come negli antichi banchi. Le entrate dello Stato erano percentualmente divise in queste proporzioni: • la fondiaria partecipava per il 30% del totale complessivo; • i dazi per il 40%; • il 12% era assicurato dalla Sicilia come contributo alle spese generali dello Stato • il 18% era diviso tra 17 altri capitoli, che concorrevano con percentuali irrisorie, come il 3.2% delle ritenute fiscali Il livello impositivo era il più mite di tutti gli Stati Italiani; per quanto riguarda la contribuzione diretta era in pratica basato solo sull’imposta fondiaria. Tav.1 – Il prelievo fiscale diretto nelle Due Sicilie[1] Imposta fondiaria (5% poi a 12%) Ducati 6.150.000 Addizionali per il debito pubblico Ducati 615.000 Addizionali per le Province Ducati 307.500 Esazione Ducati 282.900 Totale Ducati 7.355.400 Le tasse indirette erano solo quattro mai aumentate dopo il 1815. Tav.2 – Gli strumenti fiscali indiretti nelle Due Sicilie Dazi (dogane e monopoli). Imposta del Registro e bollo. Tassa postale. Imposta sulla Lotteria. [1] Decreto del 10 agosto 1815. Dazio sul macinato Sali, tabacchi, polvere da sparo, carte da gioco (No in Sicilia) L'ultimo bilancio dello Stato, regnando Re Francesco II, fu chiuso il 22 Giugno 1860. L'introito ed esito era poco meno di 31 milioni di ducati, entrandovi la Sicilia per un quarto. Sulla tomba di Tanucci, ministro delle finanze per 40 anni, troviamo scritto che non impose nuovi balzelli, viceversa nel periodo 1848-1860 il governo piemontese impone ben 22 nuovi tributi. “La nostra magistratura era ammirata dall'Europa, perché dotta ed integerrima. Le prigioni erano ampie, nette, e divise per classi, i detenuti avevano occupazioni non noiose, pratiche di morale cattolica, e buon nutrimento. Contuttociò Re Francesco II, appena salì al trono, volle istituite Commisisoni per visitare i luoghi di pena e proporre miglioramenti. L'Istruzione Pubblica era accuratissima. Contava il Regno nostro più uomini illustri in lettere, in scienza, in belle Arti, di tutti gli altri Stati d'Italia. Il Piemonte lo provava dando cattedre a molti emigrati nostri. Eppure hanno ancora l'impudenza di accusare il governo napolitano di avversare l'ingegno.” Nelle Due Sicilie vi era la più alta percentuale di medici per abitanti in Italia (in tutto 9390 su circa 9 milioni di abitanti; Piemonte, Liguria, Lombardia, Toscana e Romagna ne avevano 7087 su 13 milioni di abitanti). Il minor tasso di mortalità infantile d'Italia: fino alla fine del 1800 i livelli più elevati si registravano in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna. Nel Regno delle due Sicilie una legge del 1821 escludeva da ogni impiego i genitori che non avessero vaccinato i figli per il vaiolo [nel regno di Sardegna la vaccinazione fu resa obbligatoria solo nel 1859] Nelle Due Sicilie gli ospedali erano 22 a tutto il 1847. Arte e cultura Nel Settecento, Napoli era seconda solo a Parigi per la diffusione delle idee dell’Illuminismo. Il Regno vantava quattro università: il numero degli studenti meridionali era maggiore di quello di tutte le università italiane messe assieme (9 mila su complessivi 16mila). Le case editrici napoletane pubblicavano il 55% di tutti libri editi in Italia. Di segno opposto l’istruzione di massa: sul totale della popolazione solo il 10% era alfabetizzata, questo dato era il peggiore di tutti gli stati pre - unitari. Napoli era considerata la Regina mondiale dell’Opera: il teatro S. Carlo è il più antico teatro lirico d'Europa, costruito in soli 8 mesi, ben 41 anni prima del teatro della Scala di Milano e 51 anni prima della Fenice di Venezia. A Napoli, ogni sera, erano aperti una quindicina di teatri [che erano diffusi anche nelle altre parti del regno] mentre a Milano non tutte le sere c’era un teatro aperto. Grande l’interesse per l’archeologia con l’avvio degli scavi di Pompei e Ercolano Dinamiche geopolitiche del bacino del mediterraneo. Il vaso di coccio Il processo unitario italiano, entra nella sfera geopolitica europea in cui Francia e Inghilterra sono le due superpotenze mondiali e lottano per il predominio nel Mediterraneo che sta per tornare il perno dei traffici commerciali, la Penisola ne è geograficamente il centro strategico ma non ha un peso politico sufficiente per “fare da sé”. (Il canale di Suez fu costruito tra il 25 aprile 1859 e il 1869 da una compagnia francese - Compagnie Universelle du Canal Maritime de Suez, costituita il 15 dicembre 1858. La prima nave attraversò il canale il 17 febbraio 1867, ma il canale venne inaugurato il 17 novembre 1869 alla presenza dell'Imperatrice Eugenia de Montijo con una cerimonia sfarzosa) La Francia vuole sostituirsi all’Austria. Napoleone III propone a Cavour una guerra comune contro l’Austria (la nostra II guerra di indipendenza del 1859) e la creazione di una CONFEDERAZIONE ITALIANA (sotto la sua influenza), composta da: Piemonte “allargato” SOLO all’Italia del Nord (con i territori da sottrarre all’Austria); un regno dell’Italia centrale con a capo un principe francese, mantenimento dell’indipendenza dello Stato della Chiesa e delle Due Sicilie. In cambio chiede Nizza e la Savoia nonché le spese di guerra. Cavour firma gli accordi, ma li disattende. Nel corso della guerra (tramite suoi agenti provocatori), fomenta dei moti “spontanei” unitari in Emilia, Romagna, Toscana, Modena e Parma; i legittimi sovrani vengono cacciati. Marzo 1860: accordo finale franco – piemontese. Il Piemonte annette Lombardia, Emilia - Romagna e Toscana. Nizza e Savoia vengono cedute, in cambio, alla Francia. Alla battaglia di Solferino assisterà lo svizzero Henry Dunant che, preso da pietà per i feriti lasciati senza cure sul campo di battaglia, concepirà un organismo umanitario: la futura Croce Rossa Internazionale. L’ INGHILTERRA (età vittoriana) mira a sottrarre il Sud d’Italia all’influenza francese, per questo motivo appoggia la sua neutralità nella seconda guerra di indipendenza del 1859. Successivamente, elabora una nuova strategia: la nascita di uno Stato Italiano unitario più grande avrà più forza per resistere alle mire egemoniche della Francia, inoltre sottrae un potenziale difensore del Papa dotato di un esercito in numero ed armamenti ragguardevoli. n. 20/6 1837 m. 2/01/1901 La caduta del Sud: i protagonisti italiani IL CONQUISTATORE : Vittorio Emanuele II di Savoia Sposa la politica di conquista cavourriana IL DIFENSORE: Francesco II di Borbone Continua la politica del padre Ferdinando II, rimane diplomaticamente isolato. La spedizione dei Mille: perché in Sicilia ? La Sicilia è il punto debole del regno del Sud a causa dell’odio baronale verso il potere centrale di Napoli: la voglia di autonomia e/o indipendenza; nell’ APRILE 1860 i rivoluzionari siciliani provocano l’ennesima sommossa. Contatti dei garibaldini con essi e con i baroni per coordinare le forze in vista di una spedizione di soccorso. La rivolta viene, però, repressa dall’esercito borbonico. Crispi decritta un telegramma cifrato proveniente da Malta e diretto a Garibaldi, nella prima trascrizione lo informa correttamente dei fatti e il Nizzardo sta per abbandonare l’impresa, nella correzione successiva afferma (falsamente e di proposito) che la rivoluzione è domata a Palermo ma è ancora viva nell’entroterra: i Mille partono PARTENZA il 6 maggio 1860 da Quarto (Genova) Le NAVI per il trasporto dei mille fu detto che fossero state rubate ma in un ATTO NOTORIO in data 4 maggio si stabiliva la vendita temporanea di due navi della società Rubattino di Genova (il Piemonte e il Lombardo) al regno di Sardegna e si precisava che il beneficiario era Giuseppe Garibaldi; garanti del debito il re sabaudo e il suo primo ministro Cavour. I Mille non erano spensierati volontari ma, per la gran parte, veterani delle prime due guerre di indipendenza; presenti anche ufficiali piemontesi in uniforme, l’armamento era quello usato nella guerra dell’anno precedente, pienamente efficiente Da mesi si sapeva, nelle Due Sicilie, dei propositi di un’invasione ostile; l’arrivo dei Mille era noto al governo meridionale grazie ad una comunicazione telegrafica dell’ambasciatore delle Due Sicilie a Torino, avvenuta il 6 maggio, data della partenza. Si sapeva, anche, che sarebbero sbarcati nella parte occidentale dell’isola per cui in quelle acque erano state allertate alcune navi da guerra; queste non avevano truppe da sbarco: l’ordine, infatti, era di intercettare i nemici in mare e “colarli a picco salvando le apparenze” La scarsa combattività della Marina e i diari dei presenti. Dai diari degli ufficiali inglesi: i colpi delle navi avevano tiro “troppo corto”; “non riuscivamo a capire contro che cosa fossero diretti i colpi”, da quelli garibaldini: “mi è sempre parso che neanche i comandanti avessero gran voglia di danneggiare i volontari, furono colpi innocenti ” I comandanti borbonici furono sottoposti a Consiglio di Guerra ma uscirono prosciolti perché fu ritenuta valida l’attenuante di non aver voluto causare complicazioni diplomatiche con l’Inghilterra; fecero tutti bellissime carriere nella Marina italiana. “Un’accozzaglia di ufficiali, più bellimbusti che soldati, dal fanciullone alfiere, di fresco uscito di collegio, al vecchio capitano imbellettato ed armato, tu non vedevi che mozze effigie, nature incomplete di uomini sol vaghi di splendere” Il denaro corruttore e le promesse di carriera Il modo in cui si concluse la partita sfiduciò le truppe che cominciarono a dubitare fortemente della fedeltà dei loro comandanti: questo fu il motivo dominante di tutta la campagna di invasione delle Due Sicilie, nella quale i soldati si batterono sempre valorosamente mentre i loro capi si dimostrarono degli inetti e, spesso, collusi con gli invasori. Cavour aveva provveduto a profondere a piene mani denaro per comprare i membri dei vertici militari delle Due Sicilie, il tramite di questa operazione fu il contrammiraglio sardo Carlo Pellion di Persano, presente a Palermo sulla sua nave. Il fondo spese ammontava all’enorme somma di un milione di ducati, [18,7 milioni di €, 36 miliardi di lire del 2008]. Faceva, inoltre, promettere a tutti gli ufficiali collaborazionisti l’inquadramento nel nuovo esercito italiano, conservando gradi e pensioni Arrivano 21 mila “volontari”, l’invasione in massa. Cominciarono a sbarcare in Sicilia numerose navi provenienti da Genova e da Livorno (città sotto il governo sabaudo) cariche di armi e “volontari” che erano in realtà soldati piemontesi ufficialmente fatti congedare [circolare n.40 del Giornale Militare del Piemonte del 12.8.1861] si prescriveva per loro: l’iscrizione a matricola della “campagna dell’Italia meridionale 1860 in Sicilia e nel Napoletano. Tutte le VENTUNO spedizioni marittime furono effettuate senza che la potentissima marina meridionale effettuasse serie manovre di intercettazione. La reazione inadeguata di Francesco II Il Re non monta a cavallo * Si affida ad una sterile offensiva diplomatica accusando il Piemonte, di fronte alle potenze europee, di connivenza con i “filibustieri”. Operazione tecnicamente ineccepibile perché una spedizione ostile era partita da uno stato col quale si era in pace e col quale erano esistenti regolari rapporti diplomatici. L’unico modo per arrestare l’invasione era mettersi IMMEDIATAMENTE, in prima persona, alla testa delle truppe che erano a lui devotissime, al contrario dei comandanti, e bloccare l’avanzata delle camicie rosse. * in esilio ammise questo errore fatale. l’equivoco della divisione delle terre I baroni riscuotono la ricompensa: Garibaldi non promette le loro terre Editto del 2 giugno 1860 GIUSEPPE GARIBALDI, Comandante in Capo le forze nazionali in Sicilia, DECRETA : art. 1 - Sopra le terre dei demani comunali da dividersi, giusta la legge, fra i cittadini del proprio comune, avrà una quota certa senza sorteggio chiunque si sarà battuto per la patria. In caso di morte del milite, questo diritto apparterrà al suo erede. art. 2 - ……. art. 3 - Qualora i comuni non abbiano demanio proprio vi sarà supplito con le terre appartenenti al demanio dello Stato o della Corona. [sfortunatamente le terre demaniali erano pochissime] la fine del tragico equivoco PROCLAMA del 6 agosto 1860: Il Paese di Bronte colpevole di lesa umanità è dichiarato in istato d'assedio. Nel termine di tre ore da cominciare alle 13 e mezza gli abitanti consegneranno le armi da fuoco e da taglio, pena di fucilazione pei retentori. Il Municipio è sciolto per organizzarsi ai termini di legge. Gli autori de' delitti commessi saranno consegnati all'autorità militare per essere giudicati dalla Commessione speciale. E' imposta al paese una tassa di guerra ogni ora….. da avere termine al momento della regolare organizzazione del paese. [vengono fucilati dopo un processo farsa, un vecchio liberale, due contadini e “lo scemo del villaggio” ] Un severo giudizio sulla “grandezza militare “ della spedizione del Nizzardo fu espresso anche da uomini che avevano condiviso con lui l’impresa, come Maxime Du Camp che parlò di “passeggiata militare, stancante è vero, ma senza rischio alcuno “ e di Agostino Bertani che le definì “facili vittorie ” causando l’ira di Garibaldi nelle sue memorie. I comandanti borbonici: incapaci, alcuni pavidi, altri corrotti, sedici furono ritenuti responsabili diretti dei tracolli militari in Sicilia e Calabria. Tre furono degradati e messi a riposo dal Consiglio di guerra borbonico. Il Comandante Briganti fu linciato dai suoi sottoposti che ne avevano subodorato il tradimento. Quel misterioso, unico naufragio Il poeta Ippolito Nievo, capo dell’intendenza di Garibaldi e quindi responsabile di tutti i fondi, viaggiava sul piroscafo Ercole da Palermo a Napoli, ci fu una esplosione delle caldaie e tutti gli ottanta passeggeri annegarono. Nell’occasione ci furono la misteriosa perdita di contatto con la nave che lo precedeva ed il ritardo nei soccorsi, si parlò subito di sabotaggio e comunque fu l’unico battello ad affondare tra tutti quelli che avevano solcato il Tirreno per i ripetuti sbarchi in Sicilia. 6 settembre 1860: Re Francesco II di Borbone lascia Napoli. Il Re si ritira a Gaeta , su consiglio del suo Stato Maggiore, la risparmia dalle devastazioni della guerra; il popolo NON è insorto contro di lui come sperava Cavour. Lascia 5 mila uomini nelle fortezze della Capitale, a difesa della città, con l’ordine di “non sparare per primi sul nemico”; saluta i ministri dicendo “Voi sognate l’Italia e Vittorio Emanuele, ma purtroppo sarete infelici”; raccomanda la tutela della neutralità di Napoli, per serbarla da eventuali violenze, e del Tesoro, patrimonio della Nazione. Lo seguono solo una trentina di fedelissimi, a Gaeta si trova a disposizione solo sei navi ma ben 40 mila uomini dell’esercito, quasi del tutto depurato dai traditori. i 62 giorni del saccheggio e delle ricompense Il Palazzo Reale fu spogliato, gli oggetti più preziosi furono spediti a Torino, gli altri venduti L’oro della Tesoreria dello Stato [1670 milioni di euro] patrimonio della Nazione meridionale e anche i beni personali che il Re aveva lasciato “sdegnando di serbare per me una tavola, in mezzo al naufragio della patria ”, furono requisiti, dichiarati “beni nazionali” e distribuiti. “I ladri, gli evasi dalle galere, i saccheggiatori e gli assassini, amnistiati da Garibaldi, pensionati da Crispi, sono introdotti né carabinieri, negli agenti di sicurezza, nelle guardie di finanza e fino nei ministeri“ “Cumulo di quattro o cinque impieghi in una medesima persona ragguardevoli offici a minorenni ... Pensioni senza titolo a mogli, sorelle, cognate di sedicenti patrioti”. Garibaldi chiede che gli sia prorogata la dittatura di un anno, Vittorio Emanuele rifiuta e non passa neanche in rassegna le camicie rosse. Garibaldi sbatte la porta e torna a Caprera. Vittorio Emanuele va a caccia nelle riserve reali borboniche. Il Re scrive a Cavour (in francese): “Come avrete visto, ho liquidato rapidamente la sgradevolissima faccenda Garibaldi, sebbene, siatene certo, questo personaggio non è affatto docile, né così onesto come si dipinge e come voi stesso ritenete. Il suo talento militare è molto modesto, come prova l’affare di Capua [fu sconfitto dai meridionali], e il male immenso che è stato commesso qui, ad esempio l’infame furto di tutto il danaro dell’erario, è da attribuirsi interamente a lui che s’è circondato di canaglie, ne ha eseguito i cattivi consigli e ha piombato questo infelice paese in una situazione spaventosa “. Re Francesco (25 anni) e la Regina Sofia (19) sono accanto ai loro soldati nell’assedio di Gaeta (800 vittime in tre mesi) I prigionieri di guerra meridionali, il lager di Fenestrelle Recenti ricerche sottolineano le pessime condizioni in cui nel 1861 questi militari furono «ospitati» a Fenestrelle: laceri e poco nutriti era usuale vederli appoggiati a ridosso dei muraglioni, nel tentativo disperato di catturare i timidi raggi solari invernali; una volta morti venivano gettati nella calce viva. LA FARSA DEI PLEBISCITI UNITARI “Il popolo vuole l’Italia una ed indivisibile con Vittorio Emanuele come re costituzionale per sé e i suoi legittimi successori “. Il voto NON e’ segreto ma e’ palese con due urne, una contiene i bollettini con scritto “Sì”, l’altra con i “No”, in una terza si infila la scheda. Intimidazioni e brogli non si contarono Napoli e province continentali : Votanti: 1.312.366 FAVOREVOLI: 99,19 % Contrari: 0,80 % Sicilia : Votanti: 432.762 FAVOREVOLI: 99, 84 % Contrari: 0,15% IN TUTTI I PLEBISCITI DEGLI ALTRI STATI ITALIANI PREUNITARI LA PERCENTUALE DEI FAVOREVOLI SUPERA SEMPRE IL 98%; IN TOSCANA CI FU IL PIU’ ALTO NUMERO DI VOTI CONTRARI L’autentica volontà popolare si manifesta con il “brigantaggio”. LE FORZE IN CAMPO: 80mila guerriglieri “briganti” meridionali, male equipaggiati e divisi in 488 bande, chiamate “comitive”, che contavano dai 10 ai 500 combattenti; sono prive di un’unità d’azione ma appoggiate dalla gran parte della popolazione. L’esercito piemontese (divenuto “italiano” dal 4 maggio 1861) che nel 1862 arrivò a schierare nel Sud 120.000 uomini, metà della forza complessiva. Promulgazione della legge Pica per il Sud Italia. Commento di Gramsci: "Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti." La mattanza dei briganti: furono uccisi dai 20mila a 74mila uomini: parte muore nei conflitti a fuoco, parte viene fucilata dopo processi sommari la colpevole politica economica dell’Italia unita Fu messo in opera un preciso disegno dei “vincitori sul campo”: il triangolo Torino – Milano - Genova doveva avere il monopolio dell’industria italiana, al Sud fu assegnato un ruolo prevalentemente agricolo e di fornitore di mano d’opera per l’industria del nord. I fiori all’occhiello dell’economia meridionale, che erano al primo posto al momento dell’unità, nei relativi settori, come l’industria metalmeccanica di Pietrarsa, i cantieri navali di Castellammare di Stabia (il più grande del Mediterraneo), gli stabilimenti siderurgici di Mongiana o Ferdinandea, l’industria tessile (S. Leucio - CE) e le cartiere, cadono in abbandono o sono immediatamente chiusi mentre, contemporaneamente, al Nord sorgono quasi dal nulla analoghi stabilimenti come l’arsenale di La Spezia o colossi come l’Orlando O brigante o emigrante (il 30% dei meridionali lascia il luogo di nascita) Il Meridione paga per tutti. Fino al “boom economico” degli anni ’50 e ’60 del 1900, più dei DUE TERZI delle entrate della bilancia commerciale italiana derivavano da: I FRUTTI DELL’AGRICOLTURA MERIDIONALE (agrumi, vino, olio) LE RIMESSE DEGLI EMIGRANTI “Il bilancio del regno delle Due Sicilie nasce storicamente con un debito pubblico di 20 milioni di ducati ereditato dal governo napoleonide, che era pari ad oltre un’annata di entrate fiscali; l’Austria impose di estinguerlo entro il 1819; per fare ciò il governo dovette ricorrere al prestito presso la debole struttura napoletana del credito che, come in molti altri paesi, era frammista a quella mercantile. Il costo del denaro nel Mezzogiorno oscillava dal 20 al 30% (a Parigi era del 6%). Per aumentare le entrate, evitando gli agricoltori già oberati dall’imposta fondiaria e l’industria, appena nascente, si pensò di finanziare il debito pubblico con la classe mercantile-bancaria, di confermando l’abolizione dell’imposta personale, già eliminata da Murat; furono anche soppresse le patenti per i professionisti in modo da incentivare il loro contributo al finanziamento del debito pubblico tramite l’acquisto dei titoli di stato (una specie di BOT); da allora queste categorie non furono più colpite dal fisco e la borghesia mercantile meridionale cominciò così la sua ascesa economica. Per incrementare i mezzi finanziari, si razionalizza la spesa pubblica: l’85 % di essa fu dirottata sui ministeri delle Finanze, della Guerra e della Marina, dovendo questi provvedere agli stipendi degli impiegati, al debito pubblico e alle forze armate, tre tipi di spese ritenute inderogabili; agli altri ministeri rimase solo il 15%, a quello dei Lavori Pubblici andava un po’ più del 5% del totale delle uscite. Nel 1820 il debito pubblico era salito a 30 milioni di ducati, a causa del costo del mantenimento dell’esercito austriaco venuto a reprimere la svolta costituzionale di quell’anno; esso rimase nelle Due Sicilie fino al 1827 gravando il bilancio per l’astronomica cifra di 50 milioni di ducati e portando il debito a 80 nel 1825 e poi 110 milioni nel 1827. I Rothschild permisero allo stato di riprendere fiato ma la mancata estensione della base dei contribuenti impedì che si potesse diminuire il debito pubblico; solo una accuratissima politica di gestione delle spese impedì che questo salisse ancora per cui, nel 1860, era agli stessi livelli del 1827: 110 milioni di ducati.” Carlo III il fondatore Tutti i più belli e grandi edifizii che Napoli possiede li deve a Carlo III, le cui opere principali furono: il Palazzo di Portici. Il Forte del Granatello. La Fabbrica di Porcellane di Capodimonte. Il Ritiro delle Donzelle povere dell’Immacolata Concezione. L’Opera del Vestire gli ignudi. A Palermo il Collegio de’ Chierici regolari detto delle Scuole Pie. Il magnifico Obelisco di San Domenico a Napoli. Il Teatro di San Carlo, compiuto in 270 giorni. La Casina di Persano. Il Palazzo Reale ed il bosco di Capodimonte. Gli Scavi di Ercolano e di Pompei, comprendo del tutto i suoi fondi. L’Accademia Ercolanese. La Fabbrica de’ Musaici. La strada della Marinella e del Chiatamone. Il Molo ed il Porto. L’Immacolatella. La Piazza del Mercatello. Il grande Albergo de’ Poveri a Palermo. Il Quartiere di Pizzofalcone. Il monastero delle Teresiane a Chiaja e l’altro a Pontecorvo. L’Obelisco delle Concezione al Gesù Nuovo. Il Quartiere di Cavalleria della Madellena. I due grandiosi Alberghi per i Poveri del Regno, l’uno a Porto Nolano, l’altro a Sant’Antonio Abate; per questo Albergo furono soppressi undici conventi Agostiniani e la rendita di 34 000 Ducati fu data ai poveri. Eresse il ritiro di S. Maria Maddalena per le donne ravvedute. A Capua, il Monastero delle Carmelitane. I quartieri militari di Aversa, Nola e Nocera. Restaurò i Porti di Salerno, di Taranto e di Molfetta. Rifece la Chiesa dell’Annunziata, di Napoli, incendiata. Il Palazzo di Caserta. Restaurò le fortezze, ne aggiunse di nuove. Creò l’esercito Nazionale e la flotta, che fu al prima fra quelle di second’ordine in Europa. Fondò fabbriche di oggetti militari, emancipandoci in parte dal monopolio straniero. Animò il commercio con trattati. Istituì consolati e Monti frumentarii. Apri strade. Fece leggi per l’incremento dell’agricoltura e per la pastorizia. Istituì accademia in varie Città del Regno e fondò nuove cattedre. Infine fu Carlo III che queste Provincie povere, abiette, abbruttite, tiranneggiate, dallo straniere, le rese ricche, rispettate, indipendenti, ponendole sulla via del vero progresso ed incivilimento. Con tante cure di Stato, pure il Re Ferdinando pensava, negli ultimi anni del suo splendido e patriarcale Governo, alle opere pubbliche. Il Passeggio di Palermo venne magnificamente illuminato a gas. Nel Comune di Scafati si fondò uno stupendo Opificio per fabbricar polveri, con macchine e metodi recentissimi. Si die principio alla Chiesa votiva dell'esercito sul Campo di marte. A Santa Maria Maggiore in Terra di Lavoro si cominciò un gran Quartiere Militare, ed altri due a Molo di Gaeta. La città di Messina, in attestato di affetto a Re Ferdinando, gli innalzò una magnifica statua di bronzo. Nel 1858 s'intraprese la costruzione di tre porti mercantili, cioè a Salerno, Pozzuoli, e Tropea. Si eresse un Lazzaretto a Brindisi ed un altro se ne compì a Nisida. Si costruirono varie strade rotabili, in tutte le Provincie. Innumerevoli opere di beneficenza furono ampliate, rifatte o fondate. Si innalzarono Ospedali e Chiese. Migliorossi sempre più l'istruzione pubblica, si istituirono altre Cattedre nelle Università, si fondarono altri Licei. Per 18 miglia si coprì il Canale delle acque di Carmignano, e si promosse una Società di azionisti, col Capitale di 700 mila ducati, affine di irrigare la vasta ed ubertosa Piana di Catania per mezzo del fiume Simeto. Le opere che più onorano la memoria di re Ferdinando sono le bonifiche di molte terre paludose; facendo esse cessare immensi mali, arrecarono il godimento di immensi beni. Testamento di Ferdinando II « Raccomando a Dio l'anima mia, » egli diceva; « chiedo perdono a' miei sudditi, per qualunque mia mancanza verso di loro, e come Sovrano e come uomo. Lascio, eccetto le spettanze matrimoniali della Regina, gli oggetti preziosi ed i diamanti al mio primogenito. «Si facciano della mia eredità dodici eguali porzioni; vadano, una alla Regina, e dieci ai miei cari figli; la dodicesima agli altri figli miei, i poveri.» Dava poi altre disposizioni, e questa eredità di un Sovrano che aveva regnato per ben 30 anni era il frutto di una saggia e regolata amministrazione domestica della Sua R. Casa ed ascendea in tutto a Ducati 6,000,795, poco più di 25 milioni di Lire italiane, ed è d'uopo osservare che, avendo egli al suo salire al Trono scemato la lista Civile d'annui Ducati 370,000 (Rescritto 8 Novembre 1830 e Decreto degli 11 Gennaio 1831), diede per questo solo fatto, nel corso del suo Regno, alla Finanza dello Stato un risparmio di Ducati 10,730,000, cioè più di 50 milioni di Lire italiane. I nuovi occupatori, invece di ammirare la condotta di Re Ferdinando, doppiamente preveggente, si appropriarono quanto a' figli suoi egli aveva lasciato e che nella maggior parte aveva impiegato sulla rendita iscritta del suo Stato, dando con ciò un'eccessiva prova di fiducia a riguardo del suo paese, preferendo l'interesse del paese all'interesse proprio, che certamente, collo scopo di una maggior sicurezza, consigliava che impiegasse all'estero le sue economie. La breve attività di Francesco II In un anno e pochi mesi di regno, malgrado che il giovane Re fosse circondato da traditori, tutto si dedicò a studiare e correggere l'amministrazione, ed a portar vantaggio a' suoi amati popoli, disposto a contentarli in tutto quello che fosse giusto e lecito, ed il 20 di Ottobre 1859 disse ai suoi ministri le seguenti parole: « I Governi debbono subito concedere quello che è giusto e lecito; l'affermativa per sé è bella; la negativa doversi giustificare con le ragioni e la necessità. » Dispose che si cedesse alle giuste proposte dei Consigli provinciali circa la libertà dei Comuni, ordinò che si eseguissero le leggi, ma in modo di non inceppare gli interessati con vari giri di carte e procedure. A Palermo accordò franchigie daziarie, a Messina abolì il doppio dazio di stallaggio sui depositi in quel Porto franco. A Catania istituì un Tribunale di commercio e le Casse di conto e di sconto. Condonò in Sicilia gli avanzi del dazio sulle aperture, ed in Febbraio del 1860 dimezzò la imposta del macinato, abolì il dazio sulle case terrene, ove abita la povera gente, e ridusse le tasse doganali, in ispecie quella sui libri esteri, che fu ridotta a ducati sei ogni quintale. Ordinò radicali riforme nel mondo di riscuotere i dazii, cioè che fossero favorevoli ai contribuenti. In Marzo diminuì le tasse sulle mercanzie estere. Concesse le Borse di Cambio a Reggio di Calabria ed a Chieti. Ordinò che si aprissero molti Monti frumentarii e di Pegni, e Casse di prestito e di risparmio Il 1° Marzo il Re prescrisse a tutti i fondi la servitù degli acquedotti; vietando così gli impaludamenti, guarentì la salute pubblica, e favorì l'irrigazione dei campi. Dispose che si compisse il disseccamento del Lago Fucino, fece continuare il raddrizzamento del fiume Sarno, scavando un Canale navigabile lungo 200 palmi, largo 24, ordinò che si proseguissero i lavori alle paludi Napolitane e lo sgombro delle foci del Sebeto. Francesco II, ora illustre esule, sarebbe stato la vera felicità de' suoi popoli. Egli religioso, istruito, d'ingegno svegliatissimo, ma calmo, e meditabondo, di una carità eccezionale, si fa amare da chiunque l'avvicina, ed anche i più prevenuti devono ricredersi parlando con lui di tante stupide e maligne accuse lanciate dai settarii. Nicola Ostuni, Napoli Comune Napoli Capitale, Liguori, 1999, in prefazione e conclusione, modif.. Vincenzo Gulì, “Il saccheggio del Sud”, Campania Bella editore Nicola Ostuni, Napoli Comune Napoli Capitale, Liguori ,1999, pag.178 Le finanze napoletane e le finanze piemontesi dal 1848 al 1860 - Giacomo Savarese - Cardamone - 1862. Michele Vocino, “Primati del regno di Napoli”, Mele editore Boeri, Crociati, Fiorentino; “ L’esercito borbonico dal 1830 al 1861 “, Stato Maggiore dell’Esercito, Roma, 1998 Bibliografia: Giuseppe Campolieti (2001), Il Re Bomba, Milano, Le scie Mondadori Lorenzo Del Boca (2004), Indietro Savoia, Casale Monferrato (Al), Piemme Pocket Pier Giusto Jaeger (2005), Francesco II di Borbone, Milano, Oscar Storia Mondadori Gigi Di Fiore (2007), La controstoria dell’Unità d’Italia, Milano, Rizzoli Raffaele De Cesare (2005), Nel lungo tunnel, Lecce, Capone Editore I Borbone di Napoli, S. 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