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Diapositiva 1 - Libera Pluriversità di Napoli

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Diapositiva 1 - Libera Pluriversità di Napoli
Libera Pluriversità di Napoli
Non è Ufficiale ma Vera
Napoli - Via del Parco Margherita, 35
Il meridione prima dell’Unità d’Italia
Sabato 24 Gen 2009 Orario quasi 15,00 - 16,00
Go to Naples (ossia Napoli come Parigi e Londra)
la lezione è coordinata dal prof. pref. Nicola Terracciano [email protected]
Altri prof. preferenziali
Luigi Sabino luigisabino <at> hotmail.it
Ernesto Brando ernesto_brando <at> fastwebnet.it
VADEMECUM
COME BATTERE 100 MILA
UOMINI DELL’ESERCITO
NAPOLETANO E LA PRIMA
MARINA DA GUERRA DELLE
POTENZE MINORI CON SOLI
“MILLE” EROI
La vera storia di una mirabolante
epopea guerresca. Amori, intrighi e
coup de théâtre.
La vera, autentica e
incontrovertibile versione romantica
della storiografia ufficiale dell’
“impresa” che ha fatto l’italia
Ingredienti indispensabili, e reali, per la sua
realizzazione furono :
• intervento, anche militare, del Piemonte
• tradimento degli ufficiali borbonici
“convertiti” alla causa unitaria
• latifondisti siciliani bramosi di libertà e di
tutelare le loro prerogative baronali
• Inghilterra potenza coloniale e marittima
alla ricerca di un nuovo equilibrio nel
mediterraneo
Nel 1859, un anno prima della
spedizione dei Mille, c’erano 7 stati
italiani. Nel 1700 erano 12, ridotti a
9 dal Congresso di Vienna (1815)
Tre dei quali Indipendenti
Regno di Sardegna,
Due Sicilie
Stato Pontificio
Sotto la dominazione o l’influenza
AUSTRIACA
Lombardo – Veneto,
Toscana,
Parma
Modena.
Il popolo includeva nel suo
concetto di “patria” e quindi di
“nazione” il proprio stato di
appartenenza; la popolazione delle
Due Sicilie chiamava
“forestieri” gli altri abitanti d’Italia e
i piemontesi, quando si spostavano
dal loro stato, affermavano che
andavano “in Italia“.
Non c’era un’economia integrata
tanto che solo il 20%dei commerci
degli stati pre-unitari erano diretti
verso le altre regioni della penisola.
Gli italiani che parlavano la lingua
italiana erano solo il 2.5%: tutti si
esprimevano nel proprio DIALETTO *
Usi e costumi erano diversissimi,
persino l’alimentazione prevedeva cibi
reciprocamente ignoti.
* ancora a metà degli anni Cinquanta del 1900 il 60% degli italiani
parlava SOLO il dialetto locale
Conveniva a uno stato come il
Piemonte, che aveva un debito
pubblico di 1mld e 300mil circa,
appoggiare l’impresa di Garibaldi
per appropriarsi di una nazione
meridionale che gli storici post unitari hanno descritto come
poverissima ?
DEBITO PUBBLICO AL 1860
(in milioni di lire dell’epoca)
REGNO DI SARDEGNA (5 milioni ab.): 1.271,43
REGNO delle DUE SICILIE (9 milioni ab.): 441,22
Il Piemonte, con poco più della metà degli abitanti del RdS, ha
un debito pubblico TRIPLO, le cause sono:
• la pessima bilancia commerciale in continuo passivo dal
1849 al 1858 legata all’adozione del sistema improntato al
liberalismo economico.
• i costi di una onerosissima politica estera di espansione
territoriale che imponeva l’accensione di enormi prestiti con i
banchieri d’Inghilterra e della Francia.
Al momento dell’unificazione, i debiti consolidati e redimibili dei
vecchi Stati preunitari di cui fu disposta l’iscrizione nel Gran
Libro del debito pubblico, riguardavano per il 57,22% il Regno
di Sardegna, per il 29,40% il Regno di Napoli e di Sicilia, per
il residuo gli altri Stati. Rispetto alla popolazione del nuovo
Regno, questi debiti erano pari a 69 lire pro-capite. Ma le
quote pro-capite risultavano abbastanza diversificate tra i
diversi Stati preunitari: Piemonte (142 lire), Toscana (67 lire),
Napoli (63 lire), Lombardia (56 lire), Sicilia (49 lire), altri Stati
unificati (13 lire)
È una realtà, poco controvertibile, che i cittadini delle province
meridionali del nuovo Regno furono chiamati ad accollarsi gli
oneri di debiti contratti dal Regno di Sardegna, senza poter
usufruire dei benefici delle opere finanziate con l’emissione di
questi debiti.
Il Sud era veramente
povero ed arretrato ?
La percentuale dei poveri era pari al 1.34% in linea con quella
degli altri stati pre-unitari; l’emigrazione non esisteva.
Dal CENSIMENTO UFFICIALE DEL 31 dicembre 1861 (a
unità compiuta)
N°
Censimento Superficie Popolazione
in km²
residente
Popolazione
presente
I
248.032
21.777.334
22.182.377
Il Sud aveva il 36.7% della popolazione totale
italiana. (8 140 932)
La forza-lavoro complessiva si articolava
nell’industria * e artigianato 51%
Nell’agricoltura: il 56,3% dei braccianti agricoli
e il 55,8% gli operai agricoli specializzati.
* quasi 5000 fabbriche che comprendevano: cantieristica navale (quarta flotta
mercantile del mondo), industria siderurgica, tessile, cartaria, estrattiva e chimica,
conciaria, del corallo, vetraria e alimentare.
Sistema Monetario Continentale e Insulare
20/4/1818
Denominazione Suddivisione Valore In €
Ducato
10 Carlini
18,7 €
Carlino
10 Grana
1,87 €
Grano
2 Tornesi
0,187 €
Tornese
6 Cavalli
0,0935
0,016
Cavallo
Sistema Monetario Insulare fino al 20/4/1818
Suddivisione
Valore In €
Oncia
3 Ducati
56,1 €
Oncia
30 Tarì
56,1 €
Oncia
300 Baiocchi
56,1 €
Denominazione
Tarì
1,87 €
Baiocco
0,187 €
Grano
½ baiocco
Grano
6 Piccioli
Picciolo
0,0935 €
0.016 €
Le monete erano coniate in oro, argento e rame; esistevano tagli da 3, 6, 15, 30
ducati e multipli del grano e del tornese; i maestri incisori della Regia Zecca a
S. Agostino Maggiore erano così rinomati in Europa, per la bellezza delle
realizzazioni, che i saggi di conio dell’istituto d’emissione inglese erano
spesso inviati a Napoli per un parere tecnico.
Paghe e salari
In grana/die
In € al giorno
Contadino
15 – 20
2,805 – 3,74
Operaio generico
22 - 40
4,114 – 7,48
Operaio Specializzato
55
10,285
Maestri d’Opera
80
14,96
Soprassoldo giornaliero per il vitto
10 - 15
1,87 – 2,805
Paghe e salari
Ducati/mese
In €
Impiegato statale
15
280,5
Tenente di fanteria
23
430,1
Colonnello
105
1963,5
Genere alimentare
Quantità
Costo
In euro
vino
1 litro
3 grana
0,561
pane
1 rotolo
6 grana
1,122
pasta
1 rotolo
8 grana
1,496
Carne bovina
1 rotolo
16 grana
2,992
pizze
3
2 grana
0,374
1 rotolo = 890 gr – 1 Cantàro o cantaio =89,100 kg
RISERVA AUREA a garanzia della moneta circolante al
momento dell’Unità (IN MILIONI DI LIRE DELL’EPOCA)
[Coefficiente di moltiplicazione per tradurre il valore monetario del periodo
sottoindicato in valore del 2008 - Anno 1861 Coefficiente 8513,9146 per il
rapporto agli euro dividere per 1936,27 - fonte ISTAT
]
TOTALE £ 670,4 £5 707 728 347 840 € 2 947 795 683,00
Lombardia £ 8,1
Ducato di Modena £ 0,4
Parma e Piacenza £ 1,2
Roma (1870) £ 35,3
Romagna, Marche e Umbria £ 55,3
Piemonte £ 27
Toscana £ 85,2
Venezia (1866) £ 12,7
Due Sicilie £ 443,2 equivalente ai 2/3 del totale €1 965 197
122,00
Tutto il sistema, nel suo complesso, era garantito in oro
nel rapporto uno ad uno. Le banche (“i banchi”) nel 1700
erano sette (S.Giacomo, del Salvatore, S.Eligio, del
Popolo, dello Spirito Santo, della Pietà e dei Poveri) e le
loro condizioni si mantennero floridissime fino alla fine
del secolo; nel 1803 ci fu il primo accorpamento che fu
completato il 12 dicembre del 1816 con la creazione del
“Banco delle Due Sicilie” che successivamente si
chiamò “Banco di Napoli” nella parte continentale del
regno e “Banco di Sicilia” nell’isola; in questi istituti si
aprivano conti correnti e si concedevano prestiti a mutuo
o su pegni come negli antichi banchi.
Le entrate dello Stato erano percentualmente
divise in queste proporzioni:
• la fondiaria partecipava per il 30% del totale
complessivo;
• i dazi per il 40%;
• il 12% era assicurato dalla Sicilia come
contributo alle spese generali dello Stato
• il 18% era diviso tra 17 altri capitoli, che
concorrevano con percentuali irrisorie, come
il 3.2% delle ritenute fiscali
Il livello impositivo era il più mite di tutti gli Stati Italiani; per quanto riguarda
la contribuzione diretta era in pratica basato solo sull’imposta fondiaria.
Tav.1 – Il prelievo fiscale diretto nelle Due Sicilie[1]
Imposta fondiaria (5% poi a 12%) Ducati 6.150.000
Addizionali per il debito pubblico
Ducati
615.000
Addizionali per le Province
Ducati
307.500
Esazione
Ducati
282.900
Totale
Ducati 7.355.400
Le tasse indirette erano solo quattro mai aumentate dopo il 1815.
Tav.2 – Gli strumenti fiscali indiretti nelle Due Sicilie
Dazi (dogane e monopoli).
Imposta del Registro e bollo.
Tassa postale.
Imposta sulla Lotteria.
[1]
Decreto del 10 agosto 1815.
Dazio sul macinato
Sali, tabacchi, polvere da sparo,
carte da gioco (No in Sicilia)
L'ultimo bilancio dello Stato, regnando
Re Francesco II, fu chiuso il 22 Giugno
1860. L'introito ed esito era poco
meno di 31 milioni di ducati,
entrandovi la Sicilia per un quarto.
Sulla tomba di Tanucci, ministro delle finanze per 40
anni, troviamo scritto che non impose nuovi balzelli,
viceversa nel periodo 1848-1860 il governo piemontese
impone ben 22 nuovi tributi.
“La nostra magistratura era ammirata dall'Europa,
perché dotta ed integerrima. Le prigioni erano
ampie, nette, e divise per classi, i detenuti
avevano occupazioni non noiose, pratiche di
morale cattolica, e buon nutrimento. Contuttociò
Re Francesco II, appena salì al trono, volle
istituite Commisisoni per visitare i luoghi di pena
e proporre miglioramenti.
L'Istruzione Pubblica era accuratissima. Contava
il Regno nostro più uomini illustri in lettere, in
scienza, in belle Arti, di tutti gli altri Stati d'Italia.
Il Piemonte lo provava dando cattedre a molti
emigrati nostri.
Eppure hanno ancora l'impudenza di accusare il
governo napolitano di avversare l'ingegno.”
Nelle Due Sicilie vi era la più alta percentuale di
medici per abitanti in Italia (in tutto 9390 su circa 9
milioni di abitanti; Piemonte, Liguria, Lombardia,
Toscana e Romagna ne avevano 7087 su 13 milioni
di abitanti).
Il minor tasso di mortalità infantile d'Italia: fino alla
fine del 1800 i livelli più elevati si registravano in
Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna.
Nel Regno delle due Sicilie una legge del 1821
escludeva da ogni impiego i genitori che non
avessero vaccinato i figli per il vaiolo [nel regno di
Sardegna la vaccinazione fu resa obbligatoria solo
nel 1859]
Nelle Due Sicilie gli ospedali erano 22 a tutto il 1847.
Arte e cultura
Nel Settecento, Napoli era seconda solo a Parigi per la diffusione
delle idee dell’Illuminismo. Il Regno vantava quattro università: il
numero degli studenti meridionali era maggiore di quello di tutte le
università italiane messe assieme (9 mila su complessivi 16mila).
Le case editrici napoletane pubblicavano il 55% di tutti libri editi in
Italia.
Di segno opposto l’istruzione di massa: sul totale della popolazione
solo il 10% era alfabetizzata, questo dato era il peggiore di tutti gli
stati pre - unitari.
Napoli era considerata la Regina mondiale dell’Opera:
il teatro S. Carlo è il più antico teatro lirico d'Europa, costruito in
soli 8 mesi, ben 41 anni prima del teatro della Scala di Milano e 51
anni prima della Fenice di Venezia.
A Napoli, ogni sera, erano aperti una quindicina di teatri [che erano
diffusi anche nelle altre parti del regno] mentre a Milano non tutte
le sere c’era un teatro aperto.
Grande l’interesse per l’archeologia con l’avvio degli scavi di
Pompei e Ercolano
Dinamiche geopolitiche del bacino
del mediterraneo.
Il vaso di coccio
Il processo unitario italiano, entra nella
sfera geopolitica europea in cui Francia e
Inghilterra sono le due superpotenze
mondiali e lottano per il predominio nel
Mediterraneo che sta per tornare il perno
dei traffici commerciali, la Penisola ne è
geograficamente il centro strategico ma
non ha un peso politico sufficiente per
“fare da sé”.
(Il canale di Suez fu costruito tra il 25
aprile 1859 e il 1869 da una compagnia
francese - Compagnie Universelle du
Canal Maritime de Suez, costituita il 15
dicembre 1858. La prima nave attraversò
il canale il 17 febbraio 1867, ma il canale
venne inaugurato il 17 novembre 1869
alla presenza dell'Imperatrice Eugenia de
Montijo con una cerimonia sfarzosa)
La Francia vuole sostituirsi all’Austria. Napoleone III
propone a Cavour una guerra comune contro
l’Austria (la nostra II guerra di indipendenza del
1859) e la creazione di una CONFEDERAZIONE
ITALIANA (sotto la sua influenza), composta da:
Piemonte “allargato” SOLO all’Italia del Nord (con i
territori da sottrarre all’Austria); un regno dell’Italia
centrale con a capo un principe francese,
mantenimento dell’indipendenza dello Stato della
Chiesa e delle Due Sicilie.
In cambio chiede Nizza e la Savoia nonché le spese
di guerra. Cavour firma gli accordi, ma li disattende.
Nel corso della guerra (tramite suoi agenti
provocatori), fomenta dei moti “spontanei” unitari in
Emilia, Romagna, Toscana, Modena e Parma; i
legittimi sovrani vengono cacciati.
Marzo 1860: accordo finale franco – piemontese. Il
Piemonte annette Lombardia, Emilia - Romagna e
Toscana. Nizza e Savoia vengono cedute, in cambio,
alla Francia.
Alla battaglia di Solferino assisterà lo svizzero Henry Dunant che, preso
da pietà per i feriti lasciati senza cure sul campo di battaglia, concepirà un
organismo umanitario: la futura Croce Rossa Internazionale.
L’ INGHILTERRA (età vittoriana) mira a
sottrarre il Sud d’Italia all’influenza
francese, per questo motivo appoggia la
sua neutralità nella seconda guerra di
indipendenza del 1859.
Successivamente, elabora una nuova
strategia: la nascita di uno Stato Italiano
unitario più grande avrà più forza per
resistere alle mire egemoniche della
Francia, inoltre sottrae un potenziale
difensore del Papa dotato di un esercito
in numero ed armamenti ragguardevoli.
n. 20/6 1837 m. 2/01/1901
La caduta del Sud: i protagonisti italiani
IL CONQUISTATORE : Vittorio
Emanuele II di Savoia
Sposa la politica di conquista
cavourriana
IL DIFENSORE: Francesco II di
Borbone
Continua la politica del padre Ferdinando
II, rimane diplomaticamente isolato.
La spedizione dei Mille: perché in Sicilia ?
La Sicilia è il punto debole del regno del Sud a causa
dell’odio baronale verso il potere centrale di Napoli: la
voglia di autonomia e/o indipendenza; nell’ APRILE 1860 i
rivoluzionari siciliani provocano l’ennesima sommossa.
Contatti dei garibaldini con essi e con i baroni per
coordinare le forze in vista di una spedizione di soccorso.
La rivolta viene, però, repressa dall’esercito borbonico.
Crispi decritta un telegramma cifrato proveniente da
Malta e diretto a Garibaldi, nella prima trascrizione lo
informa correttamente dei fatti e il Nizzardo sta per
abbandonare l’impresa, nella correzione successiva
afferma (falsamente e di proposito) che la rivoluzione è
domata a Palermo ma è ancora viva nell’entroterra: i
Mille partono
PARTENZA il 6 maggio 1860 da Quarto (Genova)
Le NAVI per il trasporto dei mille fu detto che
fossero state rubate ma in un ATTO NOTORIO in
data 4 maggio si stabiliva la vendita temporanea di
due navi della società Rubattino di Genova (il
Piemonte e il Lombardo) al regno di Sardegna e si
precisava che il beneficiario era Giuseppe
Garibaldi; garanti del debito il re sabaudo e il suo
primo ministro Cavour.
I Mille non erano spensierati volontari ma, per la
gran parte, veterani delle prime due guerre di
indipendenza; presenti anche ufficiali piemontesi
in uniforme, l’armamento era quello usato nella
guerra dell’anno precedente, pienamente efficiente
Da mesi si sapeva, nelle Due Sicilie, dei
propositi di un’invasione ostile; l’arrivo dei
Mille era noto al governo meridionale grazie
ad una comunicazione telegrafica
dell’ambasciatore delle Due Sicilie a Torino,
avvenuta il 6 maggio, data della partenza.
Si sapeva, anche, che sarebbero sbarcati
nella parte occidentale dell’isola per cui in
quelle acque erano state allertate alcune navi
da guerra; queste non avevano truppe da
sbarco: l’ordine, infatti, era di intercettare i
nemici in mare e “colarli a picco salvando le
apparenze”
La scarsa combattività della Marina e i diari dei presenti.
Dai diari degli ufficiali inglesi: i colpi delle navi avevano tiro
“troppo corto”; “non riuscivamo a capire contro che cosa
fossero diretti i colpi”, da quelli garibaldini: “mi è sempre
parso che neanche i comandanti avessero gran voglia di
danneggiare i volontari, furono colpi innocenti ”
I comandanti borbonici furono sottoposti a Consiglio di
Guerra ma uscirono prosciolti perché fu ritenuta valida
l’attenuante di non aver voluto causare complicazioni
diplomatiche con l’Inghilterra; fecero tutti bellissime carriere
nella Marina italiana. “Un’accozzaglia di ufficiali, più
bellimbusti che soldati, dal fanciullone alfiere, di fresco
uscito di collegio, al vecchio capitano imbellettato ed armato,
tu non vedevi che mozze effigie, nature incomplete di uomini
sol vaghi di splendere”
Il denaro corruttore e le promesse di
carriera
Il modo in cui si concluse la partita sfiduciò le truppe che
cominciarono a dubitare fortemente della fedeltà dei loro
comandanti: questo fu il motivo dominante di tutta la campagna
di invasione delle Due Sicilie, nella quale i soldati si batterono
sempre valorosamente mentre i loro capi si dimostrarono degli
inetti e, spesso, collusi con gli invasori.
Cavour aveva provveduto a profondere a piene mani denaro
per comprare i membri dei vertici militari delle Due Sicilie, il
tramite di questa operazione fu il contrammiraglio sardo Carlo
Pellion di Persano, presente a Palermo sulla sua nave. Il fondo
spese ammontava all’enorme somma di un milione di ducati,
[18,7 milioni di €, 36 miliardi di lire del 2008]. Faceva, inoltre,
promettere a tutti gli ufficiali collaborazionisti l’inquadramento
nel nuovo esercito italiano, conservando gradi e pensioni
Arrivano 21 mila “volontari”, l’invasione in
massa. Cominciarono a sbarcare in Sicilia
numerose navi provenienti da Genova e
da Livorno (città sotto il governo sabaudo)
cariche di armi e “volontari” che erano in realtà
soldati piemontesi ufficialmente fatti congedare
[circolare n.40 del Giornale Militare del Piemonte
del 12.8.1861] si prescriveva per loro:
l’iscrizione a matricola della “campagna dell’Italia
meridionale 1860 in Sicilia e nel Napoletano.
Tutte le VENTUNO spedizioni marittime furono
effettuate senza che la potentissima marina
meridionale effettuasse serie manovre di
intercettazione.
La reazione inadeguata di Francesco II
Il Re non monta a cavallo *
Si affida ad una sterile offensiva diplomatica accusando il
Piemonte, di fronte alle potenze europee, di connivenza
con i “filibustieri”.
Operazione tecnicamente ineccepibile perché una
spedizione ostile era partita da uno stato col quale si era
in pace e col quale erano esistenti regolari rapporti
diplomatici.
L’unico modo per arrestare l’invasione era mettersi
IMMEDIATAMENTE, in prima persona, alla testa delle
truppe che erano a lui devotissime, al contrario dei
comandanti, e bloccare l’avanzata delle camicie rosse.
* in esilio ammise questo errore fatale.
l’equivoco della divisione delle terre
I baroni riscuotono la ricompensa: Garibaldi non promette le
loro terre
Editto del 2 giugno 1860
GIUSEPPE GARIBALDI, Comandante in Capo le forze
nazionali in Sicilia, DECRETA :
art. 1 - Sopra le terre dei demani comunali da dividersi, giusta
la legge, fra i cittadini del proprio comune, avrà una quota
certa senza sorteggio chiunque si sarà battuto per la patria.
In caso di morte del milite, questo diritto apparterrà al suo
erede.
art. 2 - …….
art. 3 - Qualora i comuni non abbiano demanio proprio vi sarà
supplito con le terre appartenenti al demanio dello Stato o
della Corona. [sfortunatamente le terre demaniali erano
pochissime]
la fine del tragico equivoco
PROCLAMA del 6 agosto 1860:
Il Paese di Bronte colpevole di lesa umanità è dichiarato in
istato d'assedio. Nel termine di tre ore da cominciare alle
13 e mezza gli abitanti consegneranno le armi da fuoco e
da taglio, pena di fucilazione pei retentori.
Il Municipio è sciolto per organizzarsi ai termini di legge.
Gli autori de' delitti commessi saranno consegnati
all'autorità militare per essere giudicati dalla Commessione
speciale.
E' imposta al paese una tassa di guerra ogni ora….. da
avere termine al momento della regolare organizzazione
del paese. [vengono fucilati dopo un processo farsa, un
vecchio liberale, due contadini e “lo scemo del villaggio” ]
Un severo giudizio sulla “grandezza militare “ della
spedizione del Nizzardo fu espresso anche da uomini che
avevano condiviso con lui l’impresa, come Maxime Du
Camp che parlò di “passeggiata militare, stancante è
vero, ma senza rischio alcuno “ e di Agostino Bertani che
le definì “facili vittorie ” causando l’ira di Garibaldi nelle
sue memorie.
I comandanti borbonici: incapaci, alcuni pavidi, altri
corrotti, sedici furono ritenuti responsabili diretti dei
tracolli militari in Sicilia e Calabria. Tre furono degradati e
messi a riposo dal Consiglio di guerra borbonico.
Il Comandante Briganti fu linciato dai suoi sottoposti che
ne avevano subodorato il tradimento.
Quel misterioso, unico naufragio
Il poeta Ippolito Nievo, capo dell’intendenza di
Garibaldi e quindi responsabile di tutti i fondi,
viaggiava sul piroscafo Ercole da Palermo a
Napoli, ci fu una esplosione delle caldaie e tutti
gli ottanta passeggeri annegarono.
Nell’occasione ci furono la misteriosa perdita di
contatto con la nave che lo precedeva ed il
ritardo nei soccorsi, si parlò subito di sabotaggio
e comunque fu l’unico battello ad affondare tra
tutti quelli che avevano solcato il Tirreno per i
ripetuti sbarchi in Sicilia.
6 settembre 1860: Re Francesco II di
Borbone lascia Napoli.
Il Re si ritira a Gaeta , su consiglio del suo
Stato Maggiore, la risparmia dalle
devastazioni della guerra; il popolo NON è
insorto contro di lui come sperava Cavour.
Lascia 5 mila uomini nelle fortezze della
Capitale, a difesa della città, con l’ordine
di “non sparare per primi sul nemico”;
saluta i ministri dicendo “Voi sognate
l’Italia e Vittorio Emanuele, ma purtroppo
sarete infelici”; raccomanda la tutela della
neutralità di Napoli, per serbarla da
eventuali violenze, e del Tesoro,
patrimonio della Nazione. Lo seguono
solo una trentina di fedelissimi, a Gaeta si
trova a disposizione solo sei navi ma ben
40 mila uomini dell’esercito, quasi del
tutto depurato dai traditori.
i 62 giorni del saccheggio e delle ricompense
Il Palazzo Reale fu spogliato, gli oggetti più preziosi
furono spediti a Torino, gli altri venduti
L’oro della Tesoreria dello Stato [1670 milioni di euro]
patrimonio della Nazione meridionale e anche i beni
personali che il Re aveva lasciato “sdegnando di serbare
per me una tavola, in mezzo al naufragio della patria ”,
furono requisiti, dichiarati “beni nazionali” e distribuiti. “I
ladri, gli evasi dalle galere, i saccheggiatori e gli
assassini, amnistiati da Garibaldi, pensionati da Crispi,
sono introdotti né carabinieri, negli agenti di sicurezza,
nelle guardie di finanza e fino nei ministeri“ “Cumulo di
quattro o cinque impieghi in una medesima persona
ragguardevoli offici a minorenni ... Pensioni senza titolo
a mogli, sorelle, cognate di sedicenti patrioti”.
Garibaldi chiede che gli sia prorogata la dittatura di un anno,
Vittorio Emanuele rifiuta e non passa neanche in rassegna
le camicie rosse.
Garibaldi sbatte la porta e torna a Caprera.
Vittorio Emanuele va a caccia nelle riserve reali borboniche.
Il Re scrive a Cavour (in francese): “Come avrete visto, ho
liquidato rapidamente la sgradevolissima faccenda
Garibaldi, sebbene, siatene certo, questo personaggio non è
affatto docile, né così onesto come si dipinge e come voi
stesso ritenete.
Il suo talento militare è molto modesto, come prova l’affare
di Capua [fu sconfitto dai meridionali], e il male immenso
che è stato commesso qui, ad esempio l’infame furto di
tutto il danaro dell’erario, è da attribuirsi interamente a lui
che s’è circondato di canaglie, ne ha eseguito i cattivi
consigli e ha piombato questo infelice paese in una
situazione spaventosa “.
Re Francesco (25 anni) e la Regina Sofia (19) sono accanto
ai loro soldati nell’assedio di Gaeta (800 vittime in tre mesi)
I prigionieri di guerra meridionali, il lager di Fenestrelle
Recenti ricerche sottolineano le pessime
condizioni in cui nel 1861 questi militari furono
«ospitati» a Fenestrelle: laceri e poco nutriti era
usuale vederli appoggiati a ridosso dei muraglioni,
nel tentativo disperato di catturare i timidi raggi
solari invernali; una volta morti venivano gettati
nella calce viva.
LA FARSA DEI PLEBISCITI UNITARI
“Il popolo vuole l’Italia una ed indivisibile con Vittorio Emanuele come re
costituzionale per sé e i suoi legittimi successori “.
Il voto NON e’ segreto ma e’ palese con due urne, una contiene i
bollettini con scritto “Sì”, l’altra con i “No”, in una terza si infila la
scheda. Intimidazioni e brogli non si contarono
Napoli e province continentali :
Votanti: 1.312.366 FAVOREVOLI: 99,19 % Contrari: 0,80 %
Sicilia :
Votanti: 432.762 FAVOREVOLI: 99, 84 % Contrari: 0,15%
IN TUTTI I PLEBISCITI DEGLI ALTRI STATI ITALIANI PREUNITARI LA
PERCENTUALE DEI FAVOREVOLI SUPERA SEMPRE IL 98%; IN
TOSCANA CI FU IL PIU’ ALTO NUMERO DI VOTI CONTRARI
L’autentica volontà popolare si manifesta con il “brigantaggio”.
LE FORZE IN CAMPO:
80mila guerriglieri “briganti” meridionali, male equipaggiati e divisi in
488 bande, chiamate “comitive”, che contavano dai 10 ai 500
combattenti; sono prive di un’unità d’azione ma appoggiate dalla gran
parte della popolazione.
L’esercito piemontese (divenuto “italiano” dal 4 maggio 1861) che nel
1862 arrivò a schierare nel Sud 120.000 uomini, metà della forza
complessiva. Promulgazione della legge Pica per il Sud Italia.
Commento di Gramsci: "Lo stato italiano è stato una dittatura feroce
che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole,
squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che
scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti."
La mattanza dei briganti: furono uccisi dai 20mila a 74mila
uomini: parte muore nei conflitti a fuoco, parte viene
fucilata dopo processi sommari
la colpevole politica economica dell’Italia unita
Fu messo in opera un preciso disegno dei “vincitori sul campo”:
il triangolo Torino – Milano - Genova doveva avere il monopolio
dell’industria italiana, al Sud fu assegnato un ruolo
prevalentemente agricolo e di fornitore di mano d’opera per
l’industria del nord. I fiori all’occhiello dell’economia
meridionale, che erano al primo posto al momento dell’unità, nei
relativi settori, come l’industria metalmeccanica di Pietrarsa, i
cantieri navali di Castellammare di Stabia (il più grande del
Mediterraneo), gli stabilimenti siderurgici di Mongiana o
Ferdinandea, l’industria tessile (S. Leucio - CE) e le cartiere,
cadono in abbandono o sono immediatamente chiusi mentre,
contemporaneamente, al Nord sorgono quasi dal nulla analoghi
stabilimenti come l’arsenale di La Spezia o colossi come
l’Orlando
O brigante o emigrante
(il 30% dei meridionali lascia il luogo di nascita)
Il Meridione paga per tutti.
Fino al “boom economico” degli anni ’50 e
’60 del 1900, più dei DUE TERZI delle entrate
della bilancia commerciale italiana
derivavano da:
I FRUTTI DELL’AGRICOLTURA MERIDIONALE
(agrumi, vino, olio)
LE RIMESSE DEGLI EMIGRANTI
“Il bilancio del regno delle Due Sicilie nasce storicamente con un debito pubblico di 20
milioni di ducati ereditato dal governo napoleonide, che era pari ad oltre un’annata di
entrate fiscali; l’Austria impose di estinguerlo entro il 1819; per fare ciò il governo dovette
ricorrere al prestito presso la debole struttura napoletana del credito che, come in molti
altri paesi, era frammista a quella mercantile. Il costo del denaro nel Mezzogiorno oscillava
dal 20 al 30% (a Parigi era del 6%).
Per aumentare le entrate, evitando gli agricoltori già oberati dall’imposta fondiaria e
l’industria, appena nascente, si pensò di finanziare il debito pubblico con la classe
mercantile-bancaria, di confermando l’abolizione dell’imposta personale, già eliminata da
Murat; furono anche soppresse le patenti per i professionisti in modo da incentivare il loro
contributo al finanziamento del debito pubblico tramite l’acquisto dei titoli di stato (una
specie di BOT); da allora queste categorie non furono più colpite dal fisco e la borghesia
mercantile meridionale cominciò così la sua ascesa economica.
Per incrementare i mezzi finanziari, si razionalizza la spesa pubblica: l’85 % di essa fu
dirottata sui ministeri delle Finanze, della Guerra e della Marina, dovendo questi
provvedere agli stipendi degli impiegati, al debito pubblico e alle forze armate, tre tipi di
spese ritenute inderogabili; agli altri ministeri rimase solo il 15%, a quello dei Lavori
Pubblici andava un po’ più del 5% del totale delle uscite.
Nel 1820 il debito pubblico era salito a 30 milioni di ducati, a causa del costo del
mantenimento dell’esercito austriaco venuto a reprimere la svolta costituzionale di
quell’anno; esso rimase nelle Due Sicilie fino al 1827 gravando il bilancio per
l’astronomica cifra di 50 milioni di ducati e portando il debito a 80 nel 1825 e poi 110
milioni nel 1827.
I Rothschild permisero allo stato di riprendere fiato ma la mancata estensione della base
dei contribuenti impedì che si potesse diminuire il debito pubblico; solo una
accuratissima politica di gestione delle spese impedì che questo salisse ancora per cui,
nel 1860, era agli stessi livelli del 1827: 110 milioni di ducati.”
Carlo III il fondatore
Tutti i più belli e grandi edifizii che Napoli possiede li deve a Carlo
III, le cui opere principali furono:
il Palazzo di Portici.
Il Forte del Granatello.
La Fabbrica di Porcellane di Capodimonte.
Il Ritiro delle Donzelle povere dell’Immacolata Concezione.
L’Opera del Vestire gli ignudi.
A Palermo il Collegio de’ Chierici regolari detto delle Scuole Pie.
Il magnifico Obelisco di San Domenico a Napoli.
Il Teatro di San Carlo, compiuto in 270 giorni.
La Casina di Persano.
Il Palazzo Reale ed il bosco di Capodimonte.
Gli Scavi di Ercolano e di Pompei, comprendo del tutto i suoi fondi.
L’Accademia Ercolanese.
La Fabbrica de’ Musaici.
La strada della Marinella e del Chiatamone.
Il Molo ed il Porto.
L’Immacolatella.
La Piazza del Mercatello.
Il grande Albergo de’ Poveri a Palermo.
Il Quartiere di Pizzofalcone.
Il monastero delle Teresiane a Chiaja e l’altro a Pontecorvo.
L’Obelisco delle Concezione al Gesù Nuovo.
Il Quartiere di Cavalleria della Madellena.
I due grandiosi Alberghi per i Poveri del Regno, l’uno a Porto Nolano, l’altro a Sant’Antonio
Abate; per questo Albergo furono soppressi undici conventi Agostiniani e la rendita di 34
000 Ducati fu data ai poveri.
Eresse il ritiro di S. Maria Maddalena per le donne ravvedute.
A Capua, il Monastero delle Carmelitane. I quartieri militari di Aversa, Nola e Nocera.
Restaurò i Porti di Salerno, di Taranto e di Molfetta.
Rifece la Chiesa dell’Annunziata, di Napoli, incendiata.
Il Palazzo di Caserta.
Restaurò le fortezze, ne aggiunse di nuove.
Creò l’esercito Nazionale e la flotta, che fu al prima fra quelle di second’ordine in Europa.
Fondò fabbriche di oggetti militari, emancipandoci in parte dal monopolio straniero.
Animò il commercio con trattati.
Istituì consolati e Monti frumentarii.
Apri strade. Fece leggi per l’incremento dell’agricoltura e per la pastorizia.
Istituì accademia in varie Città del Regno e fondò nuove cattedre.
Infine fu Carlo III che queste Provincie povere, abiette, abbruttite, tiranneggiate, dallo
straniere, le rese ricche, rispettate, indipendenti, ponendole sulla via del vero progresso ed
incivilimento.
Con tante cure di Stato, pure il Re Ferdinando pensava, negli ultimi
anni del suo splendido e patriarcale Governo, alle opere pubbliche.
Il Passeggio di Palermo venne magnificamente illuminato a gas.
Nel Comune di Scafati si fondò uno stupendo Opificio per fabbricar
polveri, con macchine e metodi recentissimi.
Si die principio alla Chiesa votiva dell'esercito sul Campo di marte.
A Santa Maria Maggiore in Terra di Lavoro si cominciò un gran Quartiere
Militare, ed altri due a Molo di Gaeta. La città di Messina, in attestato di
affetto a Re Ferdinando, gli innalzò una magnifica statua di bronzo. Nel
1858 s'intraprese la costruzione di tre porti mercantili, cioè a Salerno,
Pozzuoli, e Tropea. Si eresse un Lazzaretto a Brindisi ed un altro se ne
compì a Nisida. Si costruirono varie strade rotabili, in tutte le Provincie.
Innumerevoli opere di beneficenza furono ampliate, rifatte o fondate. Si
innalzarono Ospedali e Chiese. Migliorossi sempre più l'istruzione
pubblica, si istituirono altre Cattedre nelle Università, si fondarono altri
Licei. Per 18 miglia si coprì il Canale delle acque di Carmignano, e si
promosse una Società di azionisti, col Capitale di 700 mila ducati, affine
di irrigare la vasta ed ubertosa Piana di Catania per mezzo del fiume
Simeto. Le opere che più onorano la memoria di re Ferdinando sono le
bonifiche di molte terre paludose; facendo esse cessare immensi mali,
arrecarono il godimento di immensi beni.
Testamento di Ferdinando II
« Raccomando a Dio l'anima mia, » egli diceva; « chiedo perdono a' miei
sudditi, per qualunque mia mancanza verso di loro, e come Sovrano e
come uomo. Lascio, eccetto le spettanze matrimoniali della Regina, gli
oggetti preziosi ed i diamanti al mio primogenito.
«Si facciano della mia eredità dodici eguali porzioni; vadano, una alla
Regina, e dieci ai miei cari figli; la dodicesima agli altri figli miei, i poveri.»
Dava poi altre disposizioni, e questa eredità di un Sovrano che aveva
regnato per ben 30 anni era il frutto di una saggia e regolata
amministrazione domestica della Sua R. Casa ed ascendea in tutto a
Ducati 6,000,795, poco più di 25 milioni di Lire italiane, ed è d'uopo
osservare che, avendo egli al suo salire al Trono scemato la lista Civile
d'annui Ducati 370,000 (Rescritto 8 Novembre 1830 e Decreto degli 11
Gennaio 1831), diede per questo solo fatto, nel corso del suo Regno, alla
Finanza dello Stato un risparmio di Ducati 10,730,000, cioè più di 50
milioni di Lire italiane. I nuovi occupatori, invece di ammirare la condotta
di Re Ferdinando, doppiamente preveggente, si appropriarono quanto a'
figli suoi egli aveva lasciato e che nella maggior parte aveva impiegato
sulla rendita iscritta del suo Stato, dando con ciò un'eccessiva prova di
fiducia a riguardo del suo paese, preferendo l'interesse del paese
all'interesse proprio, che certamente, collo scopo di una maggior
sicurezza, consigliava che impiegasse all'estero le sue economie.
La breve attività di Francesco II
In un anno e pochi mesi di regno, malgrado che il giovane Re fosse
circondato da traditori, tutto si dedicò a studiare e correggere
l'amministrazione, ed a portar vantaggio a' suoi amati popoli, disposto
a contentarli in tutto quello che fosse giusto e lecito, ed il 20 di Ottobre
1859 disse ai suoi ministri le seguenti parole:
« I Governi debbono subito concedere quello che è giusto e lecito;
l'affermativa per sé è bella; la negativa doversi giustificare con le
ragioni e la necessità. »
Dispose che si cedesse alle giuste proposte dei Consigli provinciali
circa la libertà dei Comuni, ordinò che si eseguissero le leggi, ma in
modo di non inceppare gli interessati con vari giri di carte e procedure.
A Palermo accordò franchigie daziarie, a Messina abolì il doppio dazio
di stallaggio sui depositi in quel Porto franco.
A Catania istituì un Tribunale di commercio e le Casse di conto e di
sconto. Condonò in Sicilia gli avanzi del dazio sulle aperture, ed in
Febbraio del 1860 dimezzò la imposta del macinato, abolì il dazio sulle
case terrene, ove abita la povera gente, e ridusse le tasse doganali, in
ispecie quella sui libri esteri, che fu ridotta a ducati sei ogni quintale.
Ordinò radicali riforme nel mondo di riscuotere i dazii, cioè
che fossero favorevoli ai contribuenti. In Marzo diminuì le
tasse sulle mercanzie estere. Concesse le Borse di Cambio a
Reggio di Calabria ed a Chieti.
Ordinò che si aprissero molti Monti frumentarii e di Pegni, e
Casse di prestito e di risparmio
Il 1° Marzo il Re prescrisse a tutti i fondi la servitù degli
acquedotti; vietando così gli impaludamenti, guarentì la salute
pubblica, e favorì l'irrigazione dei campi. Dispose che si
compisse il disseccamento del Lago Fucino, fece continuare il
raddrizzamento del fiume Sarno, scavando un Canale
navigabile lungo 200 palmi, largo 24, ordinò che si
proseguissero i lavori alle paludi Napolitane e lo sgombro delle
foci del Sebeto.
Francesco II, ora illustre esule, sarebbe stato la vera felicità de'
suoi popoli. Egli religioso, istruito, d'ingegno svegliatissimo,
ma calmo, e meditabondo, di una carità eccezionale, si fa
amare da chiunque l'avvicina, ed anche i più prevenuti devono
ricredersi parlando con lui di tante stupide e maligne accuse
lanciate dai settarii.
Nicola Ostuni, Napoli Comune Napoli Capitale, Liguori, 1999, in prefazione e conclusione, modif..
Vincenzo Gulì, “Il saccheggio del Sud”, Campania Bella editore
Nicola Ostuni, Napoli Comune Napoli Capitale, Liguori ,1999, pag.178
Le finanze napoletane e le finanze piemontesi dal 1848 al 1860 - Giacomo Savarese - Cardamone - 1862.
Michele Vocino, “Primati del regno di Napoli”, Mele editore
Boeri, Crociati, Fiorentino; “ L’esercito borbonico dal 1830 al 1861 “, Stato Maggiore dell’Esercito, Roma, 1998
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