UNIVERSITÁ DI REGGIO CALABRIA DA “ARMONIA”A “CRIMINE”, L
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UNIVERSITÁ DI REGGIO CALABRIA Facoltà di Giurisprudenza Corso di Laurea in specialistica DA “ARMONIA”A “CRIMINE”, L’EVOLUZIONE DELLA ‘NDRANGHETA DALLA “SANTA” AD OGGI Tesi di laurea di: GIOVANNA FULCO Relatore: CHIAR. MO PROF. NICOLA GRATTERI ANNO ACCADEMICO 2010 – 2011 1 Introduzione ..................................................................................................3 Capitolo Secondo Nuovo riassetto strutturale e organico della ‘ndrangheta 2.1 Una cupola per la ‘ndrangheta, vecchie e nuove alleanze………………………65 2.2 La nuova struttura verticistica della ‘ndrangheta: la Provincia………………….69 2.3 I Mandamenti…………………………………………………………………….74 2.3.1Fascia Tirrenica……………………………………………………………..76 2.3.2Fascia Ionica……………………………………………………………….. 80 2.4 La riunione di Polsi………………………………………………………………96 2.5 Gerarchie, gradi, cariche e rituali………………………………………………...99 2.6 La cupola lombarda………………………………………………………………108 2.7 Le proiezioni nazionali della ‘ndrangheta in Lombardia, Piemonte e Liguria…...118 2.7.1 La Lombardia ………………………………………………………………121 2.7.2 Il Piemonte……………………………………………………………….....124 2.7.3 La Liguria………………………………………………………………...…128 2.8 Le proiezioni internazionali della ‘ndrangheta in Germania, Canada e Australia..132 2.8.1 Germania……………………………………………………………………132 2.8.2 Canada………………………………………………………………………136 2.8.3 Australia………………………………………………………………….....141 2.9 Le infiltrazioni della ‘ndrangheta nelle attività economiche produttive………….144 Conclusioni .................................................................................................................157 Riferimenti Bibliografici e siti internet di riferimento……………………………165 2 Introduzione Il lavoro che qui presento è il frutto di un percorso di ricerca intrapreso con entusiasmo perché mi ha permesso di portare all’interno del mondo universitario un tema poco trattato ma che assume grande rilevanza per le sue ricadute sul sistema sociale. Con esso ho voluto mettere in evidenza i caratteri specifici di un fenomeno assai grave che via via si è trasformato nel tempo, perché capace di adattarsi ad un sistema in mutazione rapida. La trattazione della ‘ndrangheta che è pericolo pubblico che tiene in libertà vigilata i cittadini calabresi e non solo, con i suoi vischiosi rapporti, con i soggetti sociali, economici e politici dell’intero territorio nazionale, con il controllo e la manipolazione di economie e commerci, di relazioni e opinioni, di voti e burocrazie. La ‘ndrangheta che pur in un Paese, come l’Italia, dove di fatto esiste la migliore legislazione antimafia al mondo, non si è riusciti ancora ad estirpare, forse perché tanti tantissimi di noi, non facciamo il nostro dovere. Per comprendere lo spessore e la diffusione del fenomeno mafia ho cercato inizialmente di delineare i profili di questa pericolosissima ripercorso organizzazione l’evoluzione criminale strutturale 3 della calabrese, ho ‘ndrangheta concentrandomi, infine, sullo stato attuale della stessa. In particolare nel primo capitolo ho ricostruito la storia della criminalità organizzata, prima cercandone una definizione, poi raccontando l’origine e l’evoluzione storica e strutturale. Nel secondo capitolo della tesi ho sviluppato nel dettaglio l’argomento che costituisce il presupposto dell’intero elaborato. In esso ho analizzato la nuova struttura verticistica, la suddivisione della provincia di Reggio Calabria in tre mandamenti e le proiezioni nazionali e transnazionali della ‘ndrangheta. L’intento finale che mi sono prefissa con questa mia opera è quello di avvicinare al problema ‘ndrangheta soprattutto chi di esso si è sempre disinteressato, ritenendolo (a torto) molto lontano da sé. 4 CAPITOLO SECONDO NUOVO RIASSETTO STRUTTURALE E ORGANICO DELLA ‘NDRANGHETA 2.1 Una cupola per la ‘ndrangheta vecchie e nuove alleanze. La fine della seconda guerra di mafia di Reggio Calabria aveva sancito determinate zone di appartenenza per ogni cosca, c’era una suddivisione del territorio fra i clan, un potere orizzontale, che, però, non ha resistito alle evoluzioni della ‘ndrangheta, che negli ultimi dieci anni, si è dotata di un vertice decisionale”.1 L’operazione “Meta”2, condotta dai carabinieri, riesce a ricostruire come, negli anni, alleanze storiche si siano rimodulate, incrinando rapporti decennali. Come riporta l’ordinanza di custodia cautelare, le indagini avrebbero permesso di “affermare che nell’ultimo decennio si è andato consolidando nel territorio cittadino, specie con riferimento alle attività di tipo estorsivo ed al settore degli appalti, un nuovo assetto criminale 1 Informativa DDA di Reggio Calabria 1994 processo Olimpia. 2 Maxioperazione del Ros dei Carabinieri di Reggio Calabria, che nel giugno 2010 eseguì decine di arresti nei confronti dei boss di Reggio Calabria, di affiliati e di imprenditori che avrebbero fatto da prestanome alle cosche. 5 caratterizzato dalla nascita di una sorta di confederazione associativa tra le principali cosche storiche del reggino (de Stefano-Condello-Libri)”. Un’organizzazione che sarebbe stata gestita in prima persona da Giuseppe De Stefano e Pasquale Libri. De Stefano, il più giovane della triade avrebbe ricevuto il grado di “Crimine3”, con il placet degli altri due boss più anziani ed esperti: su di lui, quindi sarebbe ricaduto il ruolo “operativo” nei nuovi meccanismi. Un’alleanza che avrebbe “come finalità quella di coordinare e dirigere la gestione in via ordinaria e costante di un’attività criminosa”. Ovvero il capillare taglieggiamento di commercianti e imprenditori e la spartizione degli appalti. Nel programma della “Cupola”, cosi, confluiscono e si fondono i progetti delle singole famiglie. Ecco perché questo organismo non viene considerato un’autonoma associazione criminale distinta dalle singole associazioni, ma una sorta di vertice collegiale di una superassociazione nata dalla sostanziale integrazione delle famiglie. L’accusa contesta a Giuseppe De Stefano, Pasquale Condello e Pasquale Libri di aver creato, all’interno della ‘ndrangheta, un organo decisionale di tipo verticistico per gestire il controllo delle attività criminali nella città di Reggio Calabria e dintorni (da Pellaro a Villa San Giovanni). 3 E’ la persona responsabile della pianificazione ed esecuzione delle azioni delittuose del locale al quale appartiene. 6 Si tratta di una grossa novità nel panorama criminale reggino, che modifica le alleanze scaturite dalla seconda guerra di mafia, quando dopo l’attentato dinamitardo a Nino Imerti e , due giorni dopo, l’eliminazione di Paolo De Stefano, si crearono due schieramenti contrapposti. Un primo, capeggiato dalla famiglia mafiosa dei De Stefano, vedeva l’adesione delle cosche Libri, Tegano, Latella, Barreca, Paviglianiti e Zito.Un secondo schieramento, facente capo alla cosca Imerti, vedeva l’adesione di Condello, Saraceno, Fontana, Serraino, Rosmini e Logiudice. Per una serie di nuove alleanze che nascono, ce n’è almeno una storica, che si sarebbe incrinata negli anni. E’ quella tra la cosca De Stefano e quella dei Tegano. Quello che viene fuori secondo le indagini, è un “clima instabile”. I contrasti sono tra Giuseppe De Stefano e lo zio Orazio De Stefano, legato da rapporti di parentela con i Tegano, contrasti che emergerebbero anche dalle indagini relative all’eliminazione del boss di san Giovannello, Maurio Audino. Il quartiere di San Giovannello, era sotto l’egida del clan Tegano, ma Audino, tipo ambizioso, allontanatosi da Orazio per avvicinarsi al nipote Giuseppe De Stefano, viene fatto fuori proprio nel suo regno, a bordo della sua auto, nel dicembre del 2003. A decidere la sua eliminazione sarebbe stata proprio la famiglia Tegano che non gli avrebbe perdonato il “tradimento”. 7 Sarebbe questo l’atto più eclatante, di rottura, tra due delle famiglie più potenti della città, un tempo federate nella guerra contro i Condello e gli Imerti. 8 2.2 La nuova struttura verticistica della ‘ndrangheta: la Provincia. Oltre alle inchieste “Meta e Crimine4” era già stata l’operazione “Reale5”a mostrare che gli inquirenti fossero sulla buona strada per scoprire come, negli ultimi anni, la ‘ndrangheta abbia organizzato i propri assetti e le proprie gerarchie, mutando da organizzazione familistica e orizzontale in una ferrea struttura verticistico-piramidale ma con la “testa” a Reggio Calabria. Un processo di cambiamento che non nasce dall’oggi al domani ma che attraversa diverse fasi e, di conseguenza, altrettante inchieste della procura e delle forze dell’ordine. Ma è l’operazione denominata “Il Crimine”, condotta dalla procure di Milano e Reggio Calabria a svelare fino in fondo i nuovi assetti della ‘ndrangheta. Il “capo crimine” e il “mastro” sarebbero le due figure apicali nella nuova struttura verticistica della ‘ndrangheta, che le 4 Inchiesta "Crimine,un'attività investigativa della Dda di Reggio che porta la firma del procuratore Giuseppe Pignatone, degli aggiunti Michele Prestipino e Nicola Gratteri, e dei pm Antonio De Bernardo, Giovanni Musarò e Maria Luisa Miranda.Nel luglio 2010. ha portato all'arresto di oltre 300 persone 5 L’operazione costituisce lo sviluppo dell’indagine “labirinto” del R.O.S., avviata nel 2007 in direzione della cosca “Pelle” di San Luca (RC) e finalizzata alla cattura del boss Antonio Pelle “Gambazza”, inserito nell’elenco dei 30 latitanti più pericolosi, arrestato dallo stesso R.O.S. il 12 giugno dello scorso anno, dopo una lunghissima latitanza 9 indagini condotte dalle procure di Milano e Reggio Calabria hanno svelato. E se il secondo, Giuseppe Commisso, “u’ mastro”, sarebbe l’elemento di spicco dell’omonima, celebre, cosca di Siderno, nella Locride, il primo, Domenico Oppedisano, esponente dell’omonima famiglia di Rosarno, è un soggetto praticamente sconosciuto alle cronache fino all’arresto. Oppedisano sarebbe il coordinatore della nuova struttura verticistica della ‘ndrangheta che, cosi delineata dalle ultime indagini, si struttura in tre mandamenti: tirrenico, ionico e cittadino. Tutti devono sottostare alla “provincia”, anche le cellule sparse nelle varie zone d’Italia e all’estero devono interpellare la “provincia”. La designazione di Oppedisano a massima figura carismatica della 'ndrangheta sarebbe stata decisa dai capi mandamento durante il matrimonio, avvenuto il 19 agosto 2009, tra i figli di due boss: Elisa Pelle e Giuseppe Barbaro. Proprio in un’occasione nuziale, secondo quanto accertato dagli investigatori, vennero decise tutte le cariche di vertice della mafia calabrese: capo crimine appunto Oppedisano, capo società, cioè il numero due, il già arrestato Antonino Latella, mentre il ruolo di mastro generale fu affidato a Bruno Gioffré. Ruoli che vennero poi confermati a Polsi il 2 settembre, proprio durante le celebrazioni per la festa della Madonna, dove i Carabinieri avrebbero filmato l'istante in cui i capimafia lo riconoscerebbero come capo. Il ruolo indiscusso di Oppedisano 10 emerge da una serie di intercettazioni telefoniche ed ambientali compiute nel corso delle indagini. Oppedisano, aveva il controllo assoluto di qualsiasi attività dell’organizzazione, dai rituali di affiliazione alle singole attività illecite delle cosche sia italiane che all’estero A Oppedisano spettava, insomma, tenere in mano l'intera situazione ma a termine, poiché la Crimine era una struttura che veniva periodicamente rinnovata. Il riferimento alla provincia emergeva anche dalle intercettazioni captate nell’ambito del p.p. denominato “Armonia6” (al vertice c'è Giuseppe Morabito e ne fanno parte Giuseppe Pansera, Filiberto Maesano, Antonio Pelle, Giuseppe Pelle e altri ) ove, con riferimento alla riunione in cui hanno “fatto il vangelo” Maisano Filiberto precisa che si è riunita tutta la “provincia”.7 Dalle ultime indagini sono emersi ulteriori nuovi elementi che, oltre a attestare l’esistenza della struttura denominata “Provincia”, ne delineano anche le modalità di costituzione, le competenze e la consistenza organica. Il ruolo e la fisionomia della provincia, oltre che in diverse conversazioni intercettate nel corso di tutta l’attività tecnica, emergono chiaramente ed univocamente in una particolare occasione nell’ambito della quale Francesco Gattuso, detto “Ciccillo”, viene ritenuto 6 Nel 2003 l'operazione Armonia svela l'esistenza di un'associazione mafiosa denominata crimine: unisce i locali della zona jonica della provincia di Reggio Calabria. 7 Conversazione intercettata il 14.10.1998 tra Maisano Filiberto e tale Saverio. 11 responsabile di “gravi mancanze” nei confronti di alcuni elementi dell’organizzazione, ragione per cui dovrà essere posto sotto accusa da un “tribunale8”. Del resto indicativa, in tal senso, è anche la vicenda relativa la Locale di Roghudi. Nel periodo compreso tra il 28.02.2010 e il 10.03.2010, all’interno dell’abitazione di Pelle Giuseppe, si registravano una serie di conversazioni tra presenti di altissima rilevanza investigativa, aventi ad oggetto la nomina del capo locale9 di Roghudi (RC) e la conseguente necessità di equiparare le “doti” di alcuni affiliati appartenenti alle due diverse fazioni, al fine di riequilibrare il potere spettante alle due famiglie storicamente presenti sul territorio: gli Zavettieri ed i Tripodi. Per risolvere la questione in data 09.03.10 fu organizzato un vero e proprio summit. Il giorno prima del summit all’interno dell’abitazione del Pelle veniva registrata una frase particolarmente rilevante pronunciata da Rocco Morabito: quest’ultimo, infatti, affermava che nel caso in cui la controversia non fosse stata risolta nel corso del summit col dialogo tra le famiglie, la decisione sarebbe spettata alla “Provincia, come responsabile”, che a quel punto avrebbe deciso 8 Deputato a giudicare i sodali responsabili di determinate "mancanze" o "trascuratezze di ‘ndrangheta composto, appunto, dai soggetti facenti parte della provincia. 9 “Termine che indica in gergo la struttura di gestione locale del potere mafioso”, dalla sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, confermata in Cassazione, N. 2002/1512 Reg. sent., 2002/361 Reg. Gen., P.P. 14/1998 RGNR DDA (Indagine Armonia). 12 chi aveva ragione e chi torto: “Ma se vogliono parlare chiamiamo la provincia come responsabile e parliamo……e chi ha ragione… incompr……con gli uomini!.. …e vediamo come si deve fare, e vediamo chi ha più!.. E vediamo chi ha torto e chi ha ragione pure!..”. Non pare revocabile in dubbio che Rocco Morabito, quando parlava della “Provincia”, si riferisse ad un organismo sopra ordinato ai locali. Al riguardo, dal tenore delle conversazioni intercettate emergono chiaramente due circostanze: • Questo organismo, nel caso in cui i Tripodi e gli Zavettieri non avessero raggiunto una soluzione condivisa, avrebbe avuto il potere di decidere “chi ha torto e chi ha ragione”, avrebbe cioè designato il capolocale di Roghudi; • La “Provincia” non ha competenza solo sui locali della fascia jonica, ma ha competenza su tutti le locali della Calabria e fuori di essa.10 10 Informativa DDA di Reggio Calabria 2010, Crimine vol. 1. 13 2.3 I mandamenti. Come anticipato, a livello territoriale sono state individuate tre macro aree - “Ionica”, Tirrenica (“Costa”e “Piana”) e Centro (Reggio Calabria città) - che forniscono rispettivamente i componenti degli organismi “provinciali” ed i rappresentati per le articolazione della ‘ndrangheta a livello nazionale e transnazionale. Per tali strutture frequenti erano i riferimenti che emergevano dalle intercettazioni relative al p.p. denominato “Armonia”. Da quanto emerso dalle attività di indagini effettuate nell’ambito del p.p. “Crimine” l’assetto territoriale non appare mutato. Il riferimento a jonica, tirrenica (Piana + Costa) e centro (Reggio Calabria città) è costante e continuo. I primi dati relativi tale aspetto emergono il 30.01.2009 nel corso di un dialogo intercorso tra Oppedisano e Santo Giovanni Caridi dal quale si ricava la suddivisione in zone (“nella nostra zona... nella nostra zona... nella nostra zona guardate... nella nostra zona”) ed è possibile comprendere l’estensione territoriale del mandamento tirrenico (“noi non parliamo nei confronti di Reggio, nei confronti di...(inc)... “ma parliamo della zona nostra tutta completa... Piana e Costa” …… “della zona nostra tutta completa... Piana e Costa”). Dalle esternazioni che Oppedisano rivolge a Caridi emerge un altro spaccato relativo la suddivisione territoriale; si rileva 14 l’esistenza di insediamenti criminali di stampo ‘ndranghetistico a Guarda Valle, nel vibonese e a Cetraro. Le cosche operanti nell’intera provincia evidenziano differenti caratteristiche e modalità di espressione a seconda della zona di radicamento. Le cosche dell’area tirrenica, così come buona parte di quelle presenti nel capoluogo, praticano l’occupazione del territorio come principale fattore di accumulazione economica realizzando sia il sistematico condizionamento di tutti i settori produttivi che sfruttamento delle risorse destinate alla realizzazione di importanti opere pubbliche. Le cosche dell’area ionica, attive su un territorio che offre minori opportunità economiche, caratterizzato da una morfologia impervia ed aspra (dalla costa fino alle vette dell’Aspromonte) e per questo difficilmente permeabile a un‟efficace controllo da parte delle forze di polizia, si sono dedicate per anni ai sequestri di persona. I profitti di questa attività hanno poi costituito la base per l‟ingresso in grande stile nel traffico internazionale degli stupefacenti. Per comprendere il livello di pervasività della ‘ndrangheta, è utile rappresentare una mappa aggiornata delle cosche e della loro dislocazione sul territorio: A. La fascia tirrenica • Società di Rosarno; • La società di Polistena; 15 • La Locale di Gioia Tauro; • Il locale di Sinopoli; • Locali della zona sud della città di Reggio Calabria:Oppido Martina, Bagnara e San Giorgio Morgeto; • Locali di Croce Valanidi, Oliveto, TruncaAllai; • Società di Reggio Calabria. B. La fascia ionica • Società di Melito Porto Salvo. La cosca Iamonte; • La locale di Roghudi; • La locale di Palizzi; • La locale di Africo e la ‘ndrina distaccata di Motticella; • La locale di San Luca e di Natile di Careri; • la localiedi Grotteria, Marina di Gioiosa Jonica, Gioiosa Jonica e Siderno. 2.3.1 Fascia Tirrenica. La situazione nei centri della fascia costiera tirrenica è caratterizzata da una consistente stabilità, “nonostante la presenza sul territorio di numerose famiglie”. Le cosche emergenti, ad ogni modo, sono quelle di Francesco Muto e le 16 “famiglie” alleate dei Polillo di Cetraro, e degli Stemmo-Valente di Scalea e Belvedere Marittimo, specializzate nel controllo delle attività connesse alla pesca e alla commercializzazione dei prodotti ittici nelle zone di Paola e di Scalea. A Paola e a Fuscaldo, inoltre, sono presenti i Serpa-Martello-Scofano: gestiscono una diversificata tipologia di attività delittuose, vanno dallo spaccio di sostanze stupefacenti alle estorsioni e l’usura. Il centro di Amantea risulta controllato dalla famiglia Gentile (traffico di droga); i Femia sono insediati a Santa Maria del Cedro (tra l’altro, gestiscono il mercato del video-poker); a San Lucido si è consolidato il controllo dell’organizzazione di Michele Tundis, che “rappresenta una proiezione sul territorio del gruppo cittadino dei Perna-Cicero-Rua”. Nella provincia di Reggio Calabria operano cosche “numerose, ben organizzate dal punto di vista strutturale, che vantano schieramenti dotati di grande potenza di fuoco”. Uno scenario criminale che unito a un tradizionale criminale risalente nel tempo ne hanno determinato l’affermazione in ambiti territoriali che vanno ben oltre i luoghi di origine. La ’ndrangheta reggina vanta proiezioni sulla quasi totalità del territorio organizzati in nazionale, ma anche insediamenti numerosi paesi esteri, con proiezioni extracontinentali, attraverso le quali gestisce in ambito internazionale proficui traffici di stupefacenti, importando enormi quantità di droga sia dal Sud America che attraverso le rotte balcaniche”. Gli interessi delle cosche mafiose del reggino è 17 rivolto al traffico di sostanze stupefacenti, ma non solo: “Non trascurano il tradizionale controllo del racket delle estorsioni, che garantisce un sicuro presidio del territorio”. Gli investigatori, comparando i dati riferiti alla provincia di Reggio con quelli di altre province calabresi, rilevano “la pericolosità delle contiguità delle cosche al tessuto economico, in particolare in questo momento, in cui sono in fase di realizzazione importanti opere pubbliche”. Rispetto alle altre famiglie mafiose della Calabria, in provincia di Reggio “permane la suddivisione territoriale articolata in mandamenti: uno cittadino e due provinciali (ionico e tirrenico), e gli equilibri fra le numerose famiglie sono ben definiti e connotati da grande stabilità”. Con particolare riferimento al mandamento tirrenico, si è accertato che della macroarea fanno parte sia la fascia costiera -la “costa”- sia la piana di Gioia Tauro -la“piana”11- e che il locale più importante è quello di Rosarno, dove esiste una vera e propria “Società”, in quanto ne fanno parte almeno sette soggetti appartenenti alla “Società Maggiore”. Dall’attività di indagine compiuta è emerso in modo inequivocabile che: anche a Polistena esiste una vera e propria “Società”con a capo Longo Vincenzo; l’esistenza di una locale di ‘ndrangheta a Gioia Tauro 11 Intercettazione ambientale di Domenico Oppedisano, 31.01.09, progr. 104: “ma parliamo della zona nostra tutta completa... Piana e Costa” …… “della zona nostra tutta completa... Piana e Costa”). 18 e l’esistenza a Sinopoli di una locale di ‘ndrangheta, il cui capo indiscusso era lo storico boss Domenico Alvaro. Numerosi elementi per ricostruire l’organigramma di alcune locali della zona Sud di Reggio Calabria (Oliveto, Croce Valanidi e Trunca-Allai) emergono dall’attività di indagine espletata dalla Compagnia CC di Melito12 dai cui esiti si attesta il dominio della famiglia Gattuso nel ruolo di direzione e organizzazione della locale di Oliveto. Per quanto riguarda Reggio Calabria, il rapporto della Dia conferma che la supremazia è detenuta dalla cosca De StefanoTegano; in passato ha condiviso potere e affari con il gruppo dei Condello-Rosmini, ma negli ultimi anni sta riprendendo il sopravvento sia a livello “amministrativo” che economicomilitare. La strategia delle “famiglie” cittadine è sempre più orientata all’accaparramento di appalti e sub-appalti pubblici, attraverso prestanome; ma anche potendo contare su complicità con le varie amministrazioni locali, nelle quali vengono “infiltrati” personaggi vicini alle cosche; e si giustifica dunque pienamente la definizione di “comitato d’affari”. Nella fascia tirrenica la stabilità del “sistema mafioso, anche in vista dei rilevanti interessi economici connessi all’area portuale di Gioia Tauro, è assicurata dai Piromalli-Molé… Le attività di transhipment e gli insediamenti di importanti iniziative 12 Nell’ambito del p.p. 2332/07 R.G.N.R-D.D.A. 19 imprenditoriali hanno attirato l’attenzione delle locali famiglie mafiose, che hanno visto nelle nuove realtà commerciali rilevanti opportunità per la realizzazione di affari illeciti e per affermare il predominio nell’area di influenza”. 2.3.2 Fascia ionica. Enorme importanza è rivestita, all’interno della “Provincia”, dal c.d. “mandamento ionico” ed in particolare dalla persona di Giuseppe Commisso “il mastro”, personaggio-chiave, insieme ad Domenico Oppedisano. L’importanza del “mandamento ionico” è stata riscontrata non soltanto in relazione alle dinamiche della “Provincia” e del “Crimine”, ma anche e soprattutto nei rapporti con gli organismi criminali operanti nel nord Italia ed all’estero. Intorno alla figura del “Mastro”, ed a strettissimo contatto con questi, si muove ed opera una sorta di “triumvirato”, composto da Carmelo Bruzzese, Giorgio De Masi ed Rocco Aquino, in rappresentanza, rispettivamente, dei locali di Grotteria, Gioiosa Jonica e Marina di Gioiosa Jonica, evidentemente di rilevanza strategica, insieme al locale di Siderno, all’interno del mandamento e nei rapporti con gli organismi criminali insistenti fuori dal territorio calabrese. “Il mastro” si occupa di tutte le problematiche criminali riguardanti non soltanto la società di Siderno, al vertice della quale ovviamente è posto, ma anche di quelle riguardanti altri 20 locali del “mandamento” (ovvero quello di Caulonia ed altri quali Canolo e Mammola), riguardanti la zona delle “Serre” riguardanti in generale la “Provincia” e gli altri organismi nazionali e transnazionali. Altro “pezzo da novanta”, nell’ambito della fascia ionica, è ovviamente Giuseppe Pelle. Le indagini hanno, inoltre, consentito di accertare l’esistenza dei locali di Melito Porto Salvo, Palazzi, Roghudi, S. Luca, di Africo e la ‘ndrina distaccata di Motticella. L’esistenza sul territorio di Melito Porto Salvo, e zone limitrofe, di una organizzazione mafiosa facente capo a Iamonte Natale è un dato incontrovertibile, definitivamente acclarato dalla storia giudiziaria degli ultimi anni. Un importante tassello in questo senso si trae dalla parte motiva del decreto13 emesso dal Tribunale di Reggio Calabria - sez. misure di prevenzione - in data 13.7.2001 e dep. il 22.7.2002 in cui è stata analizzata, ai fini dell’adozione di provvedimenti di confisca di beni, l’organizzazione criminale degli Iamonte, operante in Melito Porto Salvo e territori limitrofi. L’organizzazione criminale facente capo a Natale Iamonte14 e ai figli di quest’ultimo, è stata al centro di alcuni tra i più importanti processi di mafia celebrati nel corso degli ultimi decenni; 13 14 Nr. 19/00 RGMP e 77/02 R. Provv. Da molti anni ristretto e sottoposto al regime di massima sicurezza previsto dall’art. 41 bis della Legge n°354 del 26 luglio del 1975. 21 processi che hanno consentito di svelarne la struttura verticistica, l’organigramma, la notevole capacità militare, le specifiche modalità d’azione (essenzialmente imperniate sull’uso della forza intimidatrice derivante dal vincolo associativo), i principali obiettivi illeciti perseguiti (correlati più o meno strettamente agli interessi economici di volta in volta avuti di mira in relazione al territorio controllato). L’ingombrante presenza di questo nucleo criminale e la sua incessante, nefasta ingerenza in tutte le attività economiche e politiche svoltesi nel territorio assoggettato al suo dominio, sono state puntualmente confermate da numerose pronunce giurisdizionali, l’ultima delle quali è stata emessa dalla Corte D’Assise di Reggio Calabria, in data 26.4.2001, nell’ambito del procedimento nr. 31/93 R.G.N.R. DDA15 per i delitti di associazione mafiosa, concorso in omicidio, traffico internazionale di stupefacenti ed armi, estorsione e danneggiamento. Le investigazioni coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia16 hanno consentito di mettere a fuoco i contorni di un’associazione per delinquere di tipo mafioso, operante nel territorio di Melito Porto Salvo, denominata cosca Iamonte, i cui maggiori esponenti rispondono ai nomi di Natale, Vincenzo , Giuseppe, Remingo , Carmelo e Antonino Iamonte. 15 Nel quale si è registrata la confluenza di diversi procedimenti penali tra cui quelli denominati “D-DAY 1” e “D-DAY 2”) 16 In relazione al p.p. 31/1993 RGNR DDA 22 Dal processo principale venivano stralciate le posizioni di alcuni imputati tra i quali Giuseppe e Vincenzo Iamonte. I fatti sono stati oggetto di giudizio da parte della Corte d’Assise (seconda sezione) di Reggio Calabria che con la sentenza emessa in data 21.2.2004 condannava Giuseppe e Vincenzo Iamonte per i reati di associazione mafiosa ed estorsione e con sentenza emessa in data 08.04.2004, confermava la pena dell’ergastolo per Natale Iamonte. In virtù di tale sentenza, passata in giudicato, è stato giudizialmente stabilito che in Melito Porto Salvo esiste ed opera una articolazione dell’associazione per delinquere di tipo mafioso facente capo alla famiglia Iamonte. Grazie invece agli accertamenti eseguiti dal R.O.S.-Sez. Anticrimine di RC nell’ambito della c.d. “Operazione Reale”17 è stato possibile ricostruire la vicenda relativa alla locale di Roghudi. L’attività di indagine si fonda pressoché esclusivamente sulle conversazioni tra presenti registrate nel Febbraio, Marzo e Aprile 2010 all’interno dell’abitazione sita in dove risiede la famiglia Pelle, “Gambazza”, e sulla parallela e successiva attività di indagine, eseguita a riscontro di quanto captato. 17 Nr. 1095/10 R.G.N.R.-D.D.A, compendiati nella nota nr. 81/5 -3 di prot. del 14.06.10, depositata in data 15.06.10 e acquisita in originale agli atti dell’inchiesta Crimine. 23 In tal modo si è accertato che Giuseppe Pelle, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, riceveva costantemente le visite di numerosi personaggi di rilievo del panorama criminale della provincia reggina. In particolare, nel periodo compreso tra il 28.02.2010 e il 9.04.2010, all’interno dell’abitazione di Giuseppe Pelle, si registravano una serie di conversazioni tra presenti di altissima rilevanza investigativa, aventi ad oggetto la nomina del capo locale18 di Roghudi (RC) e la conseguente necessità di equiparare le “doti” di alcuni affiliati appartenenti alle due diverse fazioni, al fine di riequilibrare il potere spettante alle due famiglie storicamente presenti sul territorio: gli Zavettieri ed i Tripodi. Il contenuto delle conversazioni intercettate ha permesso di conoscere la progressione in grado, nell’organizzazione ‘ndranghetistica, di diversi soggetti che già in passato erano stati protagonisti nella contesa per il controllo della medesima locale. Per quanto concerne la locale di Palizzi, già dalle conversazioni relative al procedimento “Armonia”, risultava che Filiberto Maisano era un altro storico “Patriarca” della ‘ndrangheta. In proposito è opportuno precisare che in quel procedimento la 18 “Termine che indica in gergo la struttura di gestione locale del potere mafioso”, dalla sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria, confermata in Cassazione, N. 2002/1512 Reg. sent., 2002/361 Reg. Gen., P.P. 14/1998 RGNR DDA (Indagine Armonia). 24 Corte d’Appello di Reggio Calabria, con sentenza del 11.07.02, condannava il Maisano alla reclusione per il delitto p. e p. dall’art. 416 bis, comma quarto, c.p.19 Successivamente l’attività di indagine espletata nell’ambito dell’inchiesta “Crimine” ha consentito di accertare che il Maisano tuttora fa parte dell’organizzazione denominata ‘ndrangheta, all’interno della quale ricopre il ruolo di capo-locale di Palizzi. Sempre nella fascia ionica è stata accertata l’esistenza della Locale di Africo, a pieno titolo inserita nella organizzazione unitaria di stampo mafioso denominata ‘ndrangheta e, dunque, l’appartenenza ad essa di alcuni soggetti che ricoprono posizioni di vertice. In particolare è emerso: l’esistenza e la piena operatività della Locale di Africo; che il capo locale Rocco Morabito, (figlio di Giuseppe “U Tiradritto”), è attualmente detenuto per il reato di cui all’art 416 bis c.p.; che Saverio Mollica20e Giuseppe Velona’ in qualità di soggetti direttamente interessati, ma anche ambasciatori di molti, hanno lavorato per arrivare alla riapertura della Locale di Motticella; che la riapertura della Locale di Motticella non veniva autorizzata dalla 19 Se l’associazione è armata si applica la pena della reclusione da nove a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da dodici a ventiquattro anni nei casi previsti dal secondo comma. 20 È coniugato con Mollaca Teresa, di Gioacchino e Morabito Caterina, nata ad Africo il 6 gennaio 1955. 25 Provincia, a seguito del dissenso in tal senso degli Africoti e che veniva autorizzata unicamente l’apertura di una ‘ndrina distaccata. Con riferimento al territorio di San Luca sono emersi elementi concreti atti a delineare l’appartenenza all’associazione di stampo mafioso denominata ‘ndrangheta a carico di alcuni soggetti che ricoprono posizioni di vertice: Bruno Gioffrè, Antonio Manglaviti, Giuseppe Marvelli e Giuseppe Gianpaolo. Dall’indagine “Infinito” della Direzione Distrettuale di Milano sono emerse numerose conversazioni ambientali che confermano l’esistenza e l’importanza dei locali di Grotteria, Marina di Gioiosa Jonica e Gioiosa Jonica, Siderno, l’esistenza di stabili legami tra i rappresentanti di vertice dei locali, nonché sulla rilevanza strategica e gestionale delle riunioni della c.d. Provincia Jonica. Costante punto di riferimento negli assetti criminali del citato territorio sono alcuni soggetti che ricoprono posizioni di vertice: 26 Carmelo Bruzzese , capo locale di Grotteria, Giorgio De Masi21, Antonio Ursino22 e Mario Ursini.23 Nel territorio dell’alto Jonio Reggino operano diverse ed agguerrite organizzazioni criminali di stampo mafioso, i cui interessi, come ampiamente dimostrato anche dalle attività di polizia giudiziaria svolte in passato, vanno dal riciclaggio di denaro “sporco”, svolto anche attraverso investimenti immobiliari e mobiliari, all’acquisto e vendita di armi, al narcotraffico (con solide proiezioni internazionali) ed all’accaparramento degli appalti pubblici. Tra le più agguerrite organizzazioni di quest’area spiccano le cosche ”Aquino” e “Mazzaferro”, entrambe originarie di Marina Gioiosa Jonica (RC), in ostilità tra di loro sin dagli inizi degli anni 70, quando ebbero a scontrarsi per la supremazia nel lucroso affare del contrabbando di sigarette (da cui derivò, tra l’altro, anche a una violenta faida che ha prodotto diversi morti 21 Chiamato in alcune conversazioni telefoniche “u mungianisi” che è il soprannome storico a lui riconducibile, come emerge in atti. La sua identificazione è stata comunque riscontrata a seguito del controllo a seguito degli incontri – summit del giorno 30.07.2008 e 12.08.2008 (cfr. informativa R.O.S. Servizio Centrale II^ sez.). 22 Posto al vertice della ‘ndrangheta di Gioiosa Jonica, riveste un ruolo importante anche nei rapporti con gli organismi lombardi (cfr. infra Capitolo dedicato alle “Proiezioni nazionali dell’organizzazione criminale”; 23 Nato a Gioiosa Ionica (RC) il 20 aprile 1950 ivi residente in contrada Varano 9/E: Posto al vertice della ‘ndrangheta di Gioiosa Jonica. 27 ammazzati) e, oggi, per motivi legati al predominio mafioso del territorio. La consorteria, come d’altronde hanno fatto le restanti organizzazioni ‘ndranghetiste presenti sul territorio, si è fortemente sviluppata nel corso degli ultimi decenni con la gestione di tutta una serie di attività criminali, il contrabbando di sigarette (inizi anni 70), le estorsioni, le truffe e l’usura, attività che hanno consentito una crescita della forza intimidatrice ed un controllo sempre più penetrante sul territorio. Successivamente la cosca ha esteso i propri interessi alle attività legate al traffico nazionale e internazionale di sostanze stupefacenti, riciclando quei canali in passato utilizzati per il contrabbando di sigarette. La forza del vincolo associativo della cosca in questione va ricercata nei legami di sangue tra i componenti del sodalizio. È notorio infatti che le associazioni di tipo mafioso si basano su legami di parentela (per vincoli di sangue ed affinità), che mettono al riparo dal rischio di eventuali defezioni ed aumentano la potenza della cosca nei confronti di altri organismi similari, rendendola maggiormente temibile.24 24 E’improbabile l'apertura di un forte contrasto tra accoscati, legati da un forte vincolo di sangue, ed addirittura, è quasi impossibile il tradimento da parte di uno di questi. 28 Questa regola, che rende particolarmente potenti le cosche della ‘ndrangheta, è validissima per gli Aquino, il cui gruppo si diparte tra un nucleo familiare particolarmente nutrito. Un ruolo di primo piano è rivestito da Aquino Rocco, il quale ha uno strettissimo legame con Giuseppe Commisso “il mastro”. Si tratta di due personaggi di primissimo piano, sia a livello “provinciale” sia, ovviamente, all’interno del “mandamento ionico. È da oltre 30 anni che la famiglia dei “Commisso” di Siderno gestisce con profitto innumerevoli attività illecite, anche oltre i confini nazionali; i suoi punti di forza continuano a ruotare attorno agli esclusivi canali di collegamento sparsi in Italia e in vari paesi del mondo. Lombardia, Piemonte, Liguria le regioni settentrionali che tracciano i confini del c.d. triangolo industriale, un’area in continuo fermento, considerata un proficuo terminale per lo smercio degli ingenti quantitativi di stupefacenti fatti giungere dall’estero. Nord dell’Europa, Usa, Canada, Australia sono solo alcuni dei principali centri nevralgici ove i rappresentanti della cosca “Commisso” hanno attecchito con facilità, grazie anche ai differenti sistemi di lotta alla criminalità. Ancora oggi i “Commisso” di Siderno - per mezzo del loro più illustre rappresentante Commisso Giuseppe, detto il “Mastro” - 29 seguitano a influenzare la politica di tutta la ‘ndrangheta. Per essi, la “parola” è lo strumento più tenue di un feroce potere col quale dirimere le problematiche criminali, anche quelle più lontane. Tuttavia, quel vocabolo sprigiona la sua forza simbolica anche fuori da quei confini; la sua evanescente sostanza è fatta d’intimidazione, rispetto e silenzio. Un espediente potente e spoglio di violenza, col quale poter maneggiare la volontà altrui, piegandola agli interessi di quanti gli si rivolgono anche per ragioni personali, come appunto: recuperare dei crediti, ottenere dei finanziamenti, intraprendere delle nuove attività commerciali, trovare un posto di lavoro, essere agevolati in campo medico nonché beneficiare dei suoi autorevoli uffici per ricomporre bonariamente dissidi privati. Insomma, un corollario di rogazioni lecite gravate, però, dall’intervento di un putrescente sistema mafioso. Negli ultimi anni, la realtà mafiosa del locale di Caulonia ha subito forti modificazioni, inevitabile frutto dei processi evolutivi che vedono alternarsi disgrazie e fortune dei clan locali. Invero, nel corso degli anni ‘90 fu registrato il declino della potente cosca capeggiata da Giuseppe Ruga Cosimo, nota alle cronache nazionali per alcuni efferati sequestri di persona commessi ai danni di facoltose famiglie del Centro e del Nord Italia25. 25 CERETO Mario, rapito a Cuorgnè (TO) il 23 maggio 1975, ALESSIO Paolo, sequestrato a Moncalieri (TO) il 23 novembre 1981, BORTOLOTTI Giorgio, 30 In realtà, quel gruppo criminale, denominato “Ruga-MetastasioLoiero”, era costituito da una federazione locale di ‘ndrine capeggiate, appunto, dal nucleo dei “Ruga”; approfittando dell’arresto di alcuni di quelli, degli esponenti della famiglia “Metastasio”26 sottrassero lo scettro di comando a Giuseppe Cosimo Ruga, mantenendo, tuttavia, una struttura unitaria dell’organizzazione. Quel repentino “passaggio di potere” fu registrato nel corso dell’operazione nota con il nome di “Stilaro”, un’inchiesta avviata, nell’ottobre del 1992, per accertare le responsabilità di alcuni gravi fatti di sangue, culminati con la nota “strage di Guarda Valle”27 (tentativi di un “allargamento” dei “Ruga”28 verso Nord, nei domini delle ‘ndrine del catanzarese) e verificare l’esistenza d’irregolarità sulla gestione degli appalti pubblici concessi dal Comune di Camini (RC). Due anni dopo, furono accertate le collusioni tra il gruppo dei “RUGA” e diversi amministratori di quella Giunta, alcuni dei sequestrato a Saronno (VA) il 14 dicembre 1981 e GELLINI Maurizio, rapito a Pomezia (RM) il 4 maggio 1982. 26 27 Un ramo della famiglia METASTASIO è emigrato in Canada. Tale delitto costituiva il momento culminante dello scontro tra il clan “EMMANUELE”, dominante nella limitrofa zona di Santa Caterina dello Ionio (CZ) e il gruppo dei “RUGA”, che aveva tentato di acquisire dei lavori in appalto nell’area del catanzarese. 28 Al cui fianco si schierarono anche le “famiglie” di MARZIANO Giovanni e LOIERO Nicola. 31 quali strettamente imparentati con gli esponenti del clan; legami che, di fatto, consentivano un infiltrazione della ‘ndrangheta nel tessuto politico locale, anche attraverso la pratica del “voto di scambio”. Tuttavia, all’inizio del 1998, con l’operazione “Circe”, furono scoperte nuove infiltrazioni della cosca “Mestasio-Ruga-LoieroGallace” - nel frattempo potenziatasi con l’ingresso del clan “Loiero” - che, dimostrando un’inalterata capacità di controllo del territorio, mise le mani sui lavori di rifacimento del lungomare di Monasterace (RC), danneggiato da una violenta mareggiata. Anche il produttivo indotto delle acque minerali fu un terreno fertile per le attività del clan; dall’attività d’imbottigliamento, effettuato dall’industria di acque minerali “Mangiatorella”, alla concessione per la rivendita delle acque, gestita direttamente da società collegate ai “Ruga”. Secondo le dichiarazioni fornite da alcuni collaboratori di giustizia, per quei trasporti le aziende avrebbero pagato una sorta di “diritto di carico” che le avrebbe affrancate da ogni rischio; attraverso i tanti viaggi lungo la Penisola, poi, l’organizzazione avrebbe provveduto al trasferimento di ingenti quantità di sostanze stupefacenti, 32 acquistate anche per il tramite del gruppo “Commisso” di Siderno29. La capacità del clan “Ruga-Metastasio” di “infiltrare” altre zone d’Italia fu dimostrata anche da altre investigazioni, in particolare quelle condotte a Torino, ove gli inquirenti riuscirono a smascherare alcuni componenti del gruppo “Metastasio”30 che, dietro la facciata di un’impresa per il “movimento terra”, avevano avviato una serie di attività estorsive ai danni di operatori del medesimo settore. L’attività di intercettazione ambientale all’interno della lavanderia “Ape Green” ha consentito, altresì, di individuare i principali esponenti della ‘ndrangheta nei “locali” di Mammola e Canolo. Per il locale di Mammola: Isidoro Cosimo Calla’, Salvatore Macri’ e Rodolfo Scali. Per il locale di Canolo: Raffaele D’Agostino, Rosario Filippone e Giuseppe Raso. Uno degli elementi di assoluta novità emersi nel corso dell’ indagine è che il territorio delle “Serre”, di norma ricadente nella competenza geo-politica della provincia di Vibo Valentia, è alle dipendenze – sotto il profilo criminale - del “governo centrale” reggino: il così detto “Crimine di Polsi”. 29 Cfr. pag.124 e seguenti dell’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere nr. 73/93 RGNR - nr.116/93 R. GIP, datata 17.2.1994 del Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Reggio Calabria. 30 Tra cui METASTASIO Domenico, nato il 6 febbraio 1967. 33 Il principio della dipendenza del territorio delle “Serre” dal Crimine di Polsi, peraltro, è espressamente enunciato dai principali protagonisti dell’intera indagine ed esponenti di spicco dell’intera organizzazione della ‘ndrangheta. L’appartenenza dei Locali nel “Vibonese” alla struttura territoriale dell’ndrangheta è, infatti, un tema ricorrente nelle intercettazioni. Il dato emerge inequivocabilmente dalla conversazione intercettata il 24.08.2009 in cui il Capo Crimine, Domenico Oppedisano asserisce che “il Vibonese ha fatto sempre capo qua31”. Un chiaro esempio della dipendenza del territorio delle Serre vibonesi dal Crimine reggino è rappresentato dalla vicenda del conferimento della carica della “santa” a Giuseppe Galati detto Pino32 e Michele33Fiorillo in occasione del matrimonio di quest’ultimo. Per quanto riguarda il locale di Cassari e Nardodipace (VV) emerge la figura di Rocco Bruno Tassone, indicato Bruno u Paciotu come personaggio che si sarebbe messo a posto il Locale. 31 Informativa DDA di RC Crimine allegato 9 volume 2. 32 Nato a Vibo Valentia il 16 marzo 1964, ivi residente in Via Mesima 4 - frazione Piscopio. Titolare della ditta “La dolce vita” S.a.s; 33 Nato a Vibo Valentia il 12 marzo 1986, residente a San Gregorio di Ippona (VV) in Via Bologna 13. 34 L’accostamento del nome di Rocco Tassone nel contesto del conferimento di “cariche” e il termine ”compare” col quale viene indicato, inducono a ritenere che questo personaggio sia intraneo all’organizzazione ndrangheta. Responsabile per la società di Piscopio (VV) è Antonio Cuppari, mentre per quanto riguarda il Locale di Fabrizia occorre soffermarsi in maniera puntuale sulla figura di Giuseppe Antonio Primerano . Infine per quanto riguarda il Locale di Serra San Bruno non si può che fare riferimento a tale Damiano Vallelunga (deceduto a seguito di un omicidio nel 2009). 35 2.3 La riunione di Polsi . Per come ampiamente riportato nei precedenti paragrafi le indagini effettuate nell’ambito dell’inchiesta “crimine”hanno consentito di conferire concretezza ad uno dei momenti più importanti per la associazione ‘ndrangheta: si tratta della riunione che viene effettuata, dai maggiori esponenti dell’organizzazione, in occasione dell’annuale festa in onore della Madonna di Polsi. Dalle intercettazioni emergono nitidamente i contorni di un complesso rituale che sancisce l’investitura delle cariche di vertice, si tratta, dunque, di un momento chiave che determina la composizione organica del vertice della ‘ndrangheta. Come già messo in evidenza, le acquisizioni investigative hanno consentito di ricostruire l’iter con cui vengono decise ed entrano in vigore le nuove cariche; infatti la decisione assunta il 19.8.2009, preceduta da una serie di incontri, viene ufficializzata a Polsi ed entra in vigore a mezzogiorno del 02 settembre . Il riferimento continuo alla ricorrenza religiosa ha indotto ad una verifica dei movimenti di chi oramai assumeva la carica di “capocrimine” che, nelle intercettazioni, viene indicata “la prima carica”. Venivano, pertanto, predisposti idonei servizi, sia a distanza che in prossimità, e il risultato di tali attività forniva un inconfutabile riscontro ai contenuti delle intercettazioni e davano 36 immediata e precisa informazione sugli attuali assetti della ‘ndrangheta. La necessità di conferire le nuove “cariche” è un tema ricorrente nelle conversazioni intercettate nel corso delle indagini. La questione viene sollevata più volte da diversi esponenti della ‘ndrangheta e riguarda tutta la “provincia” con le relative articolazioni nazionali e extranazionali. Dall’analisi delle acquisizioni investigative emergono diversi elementi circa modalità, tempi e luoghi in cui dovranno avvenire riunioni di vertice finalizzate al conferimento delle nuove “cariche”. Già il 30.12.2008 presso l’appezzamento di terreno di Domenico Oppedisano viene intercettata una importante conversazione ambientale34 tra il predetto e Bruno Nesci il quale ivi si era recato accompagnato da Bruno Ciancio. I tre si soffermano in conversazione35, il dialogo, improntato sulle cosche della zona, sulle cariche di ‘ndrangheta e sulle regole che disciplinano i rapporti tra persone appartenenti a varie ‘ndrine, o locali consente di focalizzare l’attenzione su un aspetto di vitale importanza per l’organizzazione: la riunione dei maggiori esponenti delle Piana, della Jonica e di Reggio per il conferimento di cariche (certamente a livello provinciale). Inoltre, dalle esternazioni di Oppedisano appariva che tale 34 Conversazione ambientale, nr. 77 del 30.12.2008 captata in Rosarno nel terreno di Oppedisano Domenico RIT 2459/08 (linea 1203). 35 Allegato 47 volume 2 alla informativa di PG del 06.04.2010. 37 summit avrebbe potuto tenersi nella zona della “piana” (“adesso sembra che stanno accogliendo elementi per farlo nella piana...inc...)” che, assieme alla “costa” è parte del mandamento tirrenico. La conversazione in esame consente di ricavare che le “cariche” non sono conferite “a vita” ma, rivestono carattere di attribuzione temporanea. Il 19.8.2009, in occasione del ricevimento per le nozze tra Elisa Pelle e Giuseppe Barbaro viene celebrato il citato summit al quale prendono parte uomini di ‘ndrangheta in rappresentanza di “locali” siti sia in Italia che all’estero. e della successiva ratifica in occasione della festa per la Madonna di Polsi. I contenuti delle intercettazioni successive alla riunione rappresentano una fonte preziosissima di informazioni e forniscono un esclusivo quadro di una delle più potenti organizzazioni criminali del mondo. Gli elementi più importanti concernenti la struttura di vertice della ‘ndrangheta e le relative cariche, vengono captati proprio in questa fase. Quando uno dei principali protagonisti della riunione (o se vogliamo il più importante) Domenico Oppedisano, informa altri associati dell’esito di questo summit. Il primo dato che si coglie è che Domenico Oppedisano, su proposta di Ciccillo Gattuso e con qualche divergenza di Giuseppe Pelle, poi superata dall’intervento di Giuseppe Giampaolo, abbia ricevuto la carica più prestigiosa ossia quella di “capocrimine”. 38 2.5 Gerarchie, gradi, cariche e rituali. Si è già detto che sul territorio operano diverse strutture denominate “locali” , “ndrine” e “ndrine distaccate”; queste strutture hanno il compito di controllare capillarmente il territorio e sono dotate anch’esse di “cariche” e “copiate” a livello locale; si è anche detto che la locale è formata secondo lo schema della cd. doppia compartimentazione: La Società Minore e La Società Maggiore. Non in tutti i locali si riesce a costituire la Società Maggiore, quando un locale è formato anche dalla Società Maggiore spesso la locale viene definita con il termine società, proprio per indicare la differenza con la locale formata solo dalla minore. Nel “locale” vi sono le relative “cariche”, ma altro elemento di carattere generale è il requisito di territorialità delle stesse, non solo per l’ambito di operatività che riguarda proprio il “centro abitato” controllato, bensì perché chi le ricopre deve risiedere nello steso centro. A livello “locale” per il primo compartimento della Società Minore troviamo una progressione fino allo “sgarro” - picciotto, camorrista, sgarrista; per il successivo compartimento della Società Maggiore troviamo una progressione fino al “padrino” santa, vangelo, tre quartino, quartino, padrino o quintino. Nell’ambito delle individuate strutture operano i diversi elementi collocati in una rigorosa gerarchia. In questa prospettiva la 39 gerarchia della ‘ndrangheta riveste un ruolo di primaria importanza, anche in considerazione del fatto che i livelli più alti, oltre che rappresentare l’organo decisionale, sono depositari di conoscenze non accessibili ai livelli inferiori, ed hanno la possibilità di relazionarsi con altre organizzazioni. L’attribuzione delle cariche è collegata al possesso di uno specifico grado o dote o fiore. Ecco dunque, la gerarchia, dalla base ai vertici, divisi in “Società Minore”e “Società Maggiore”. A. Società Minore. • Giovane d'onore. Non è un vero e proprio grado. È una affiliazione per "diritto di sangue", un titolo che viene assegnato al momento della nascita e che tocca in pratica ai figli degli 'ndranghetisti come buon auspicio affinché in futuro possano diventare uomini d'onore; • Picciotto d'onore. È il primo vero gradino della "carriera" nella 'ndrangheta. Si tratta di un gregario, esecutore di ordini, il quale deve cieca obbedienza agli altri gradi della cosca con l'unica speranza di ottenere benefici tangibili e immediati. I picciotti, in pratica, sono la fanteria, o meglio il corpo dei caporali delle cosche calabresi; • Camorrista. È un affiliato già di una certa importanza ed è arrivato al grado dopo un "tirocinio" più o meno lungo. A lui 40 sono affidate funzioni che il picciotto non può svolgere . In alcune zone risultano distinzioni in questa stessa "qualifica" ; • Sgarrista o Camorrista di sgarro. Si tratta di un affiliato con incarichi di rilievo, in quanto è il grado ultimo della Società Minore; B. Società Maggiore. • Santista. È il primo grado della maggiore. È colui che ha ottenuto la "Santa", cioè un grado ancora più elevato per esclusivi meriti criminosi ; • Vangelo. Viene detto anche vangelista perché ha prestato giuramento di fedeltà all'organizzazione criminale mettendo una mano su una copia del Vangelo. Grado di altissimo livello, si ottiene "per più meritevole condotta delinquenziale". • Quartino. Grado successivo al Vangelo, verosimilmente creata successivamente alla quella del vangelo e contestualmente alle successive di tre quartino e padrino. • Trequartino. Grado successivo al Quartino, verosimilmente creata successivamente alla quella del vangelo e contestualmente alla successiva di padrino. • Padrino o Quintino. Grado apicale che uno 'ndranghetista può raggiungere. È attribuito a un ristretto numero di mafiosi che 41 all'interno dell'organizzazione vanno così a costituire una oligarchia con diversi privilegi e altrettante responsabilità. Chi non fa parte della ‘ndrangheta viene definito “contrasto”; mentre i non appartenenti alla ‘ndrangheta, ma soggetti dei quali ci si può fidare e che potrebbero entrare a far parte della ‘ndrangheta sono chiamati “contrasti onorati” Si entra nella 'Ndrangheta, o, per dirla nel gergo mafioso, si viene battezzati con un rito preciso, che può avvenire automaticamente, poco dopo la nascita se si tratta del figlio di un importante esponente dell'organizzazione (in questo caso, finché il bambino non raggiungerà i quattordici anni, età minima per entrare nella 'ndrangheta, si dirà che il piccolo è "mezzo dentro e mezzo fuori"), oppure con un giuramento, per il quale garantisce con la vita il mafioso che presenta il novizio, simile ad una cerimonia esoterica, durante la quale il nuovo affiliato è chiamato a giurare nel nome di nostro Signore Gesù Cristo. Il battesimo dura tutta la vita e ad uno sgarro paga spesso la famiglia del nuovo affiliato. I Gradi, dote o fiore, non sono a carattere temporaneo, nel senso che, proprio come avviene in qualsivoglia struttura gerarchica, si passa di grado per merito o anzianità, attraverso il previsto rito (possibile quindi una perdita solo in casi eccezionali per demeriti); diversamente, invece, avviene per le cariche che hanno carattere temporaneo (per le quali è egualmente previsto un rito 42 di investitura); da non confondere, dunque, gradi (doti o fiori) e cariche che hanno carattere temporaneo (per quanto determinate cariche possono durare molti anni, anche fino alla morte). La carica è la funzione che il singolo affiliato svolge all’interno di una struttura di ‘ndrangheta; l’attribuzione delle cariche è collegata al possesso di uno specifico grado o dote. Capo ‘ndrina, è la persona posto al vertice della ‘ndrina. Capo locale (Capo società in caso di società; vedi capitolo sulla struttura differenza tra società e locale), o capo bastone, è il responsabile della locale, per cui decide, autonomamente, le modalità operative finalizzate al conseguimento dell’illecito fine sociale; indice le riunioni della locale, decide su affiliazioni e promozioni, dirime i contrasti tra affiliati della locale e, cosa più importante, dirige l’attività criminale all’interno del “territorio” di sua competenza. Contabile è la persona deputata alla gestione dei proventi dell’attività illecita e provvede al sostegno economico delle famiglie degli affiliati che ne abbiano bisogno (soggetti in carcere), attingendo dal fondo comune detto “bacinella”. Crimine è la persona responsabile della pianificazione ed esecuzione delle azioni delittuose della locale al quale appartiene. Sia il Crimine che il contabile comunque agiscono ottemperando alle disposizione del capo locale. La terna appena elencata è la cd. copiata (livello locale), che viene comunicata al momento della investitura. 43 Mastro di giornata è il porta voce del capo”, tramite lui gli affiliati ricevono disposizioni, fa circolare le c.d. “novità” dalla “maggiore” alla “minore”, ed è sempre lui quello che informa il capo locale delle varie “attività” della locale, mettendolo al corrente di eventuali problematiche. L’utilizzo di una siffatta figura è funzionale anche alla necessità di garantire, al capo locale, un elevato indice di sicurezza . Capo Crimine è la persona alla quale viene riconosciuta la massima carica all’interno della provincia. Mastro Generale è una carica riferita alla struttura territoriale di secondo livello. Mutua le sue funzioni da quelle del mastro di giornata (figura comunque presente anche nella struttura di secondo livello) dal quale si differenzia principalmente poiché indirizza le sue funzioni di “porta voce” ai responsabili delle varie locali, facenti parte della struttura di secondo livello. Ci sono poi delle particolari figure tipiche della 'ndrangheta, che sono emerse da pregresse attività di indagine, quale ad. es. quella della "sorella d'omertà" che è affidata ad una donna, la quale ha il compito di dare assistenza ai latitanti. Va peraltro detto che, come risulta anche dalle intercettazioni eseguite nell’ambito del presente procedimento (e di quelli collegati), le indicazioni sopra riportate non hanno carattere di assoluta rigidità perché è possibile in qualche caso sia una variazione della terminologia utilizzata sia la creazione, anche temporanea, di nuovi gradi e cariche. 44 Inoltre, è’ importante sottolineare, alcuni termini tipici della ‘ndrangheta, quali ad es. quelli riferiti alle colpe o ai riti di affiliazione. Con riferimento alle colpe queste, verosimilmente, si suddividono in: 1) Trascuranze: sono infrazioni di lieve entità 2) Sbagli: sono sanzioni di maggiore entità che possono essere punite anche con la morte. Tra questi i più importanti: a) Tragedia, termine con il quale si intende l’attività di uno 'ndranghetista che per fini personali, pone in essere condotte tali da far ricadere le proprie colpe sugli altri affiliati o a causa del suo comportamento può determinare faide interne o guerre con altri clan. b) Macchia d’onore, si intende una condotta posta in essere dall’affiliato o da uno dei congiunti, che causa come conseguenza la perdita dell’onorabilità personale dell’affiliato, tanto da essere ritenuto indegno di continuare a far parte dell’organizzazione. c) Infamità, quando l’affiliato tradisce e rinnega i principi fondamentali su cui si basa l’organizzazione criminale, viene meno al patto di fratellanza non aiutando ovvero denunciando i propri compagni, e al vincolo di omertà 45 svelando funzionamento e dinamiche dell’organizzazione. Questo quanto emerso sino ad oggi da pregressi procedimenti penali ma, quello che sin da ora è importante sottolineare, è che su tali argomenti, inconsapevolmente, hanno riferito i soggetti monitorati nel corso della presente attività di indagini; emergerà, infatti, che sebbene si tratti di materia in continua evoluzione, è anche vero che spesso quanto già noto coincide con quanto svelato dagli attuali indagati. Inoltre“santa”, “vangelo”, o “padrino” non rappresenteranno più astratti concetti che rinviavano ad una accezione pseudo - religiosa dell’organizzazione ‘ndrangheta, bensì rispondono a precisi gradi gerarchici e/o cariche. 46 In sintesi la situazione con specifico riferimento alle doti (emerse nel corso delle intercettazioni autorizzate nel p.p. 1389/08 RGRN DDA) può essere così schematizzata:36 36 Schema riportato da DDA di Reggio Calabria 2010 crimine vol.1. 47 2.6 La cupola lombarda. L’esistenza di una struttura di coordinamento delle locali lombarde chiamata “La Lombardia” emerge per la prima volta nell’indagine “Nord – Sud”. È Saverio Morabito che racconta delle vicende della sua locale di appartenenza, quella di Buccinasco e degli uomini di vertice, tra i quali Antonio Papalia. Riguardo a quest’ultimo afferma di aver appreso da Domenico Papalia che il fratello Antonio sarebbe stato il responsabile di tutta la Lombardia e cioè dei locali ivi esistenti. Secondo il collaboratore ciò determinerebbe grande prestigio e la possibilità di ottenere qualsiasi tipo di favore. La funzione di coloro che rivestono ruoli apicali è quella di dirimere i contrasti tra le varie locali, non ne trarrebbero alcun profitto personale ma solo un indiretto vantaggio derivante dall’autorevolezza e dal carisma. Anche nelle indagini “calabresi” emergevano già negli anni 90 riscontri all’esistenza della struttura di collegamento tra le locali lombarde. In particolare nell’indagine cosiddetta “Armonia” si dà conto di una lunga conflittualità tra “La Lombardia” e” la casa madre”, poiché gli esponenti di vertice delle cosche calabresi si sarebbero rifiutati per lungo tempo di riconoscere identico valore alle doti degli affiliati delle locali originarie rispetto a quelle di cui venivano insigniti gli affiliati lombardi. In sostanza la Calabria avrebbe per lungo tempo tenuto in soggezione “La Lombardia”, come una sorta di “colonia”. 48 La questione avrebbe trovato soluzione all’esito di un importantissimo summit tenutosi in Aspromonte, a Montalto, che avrebbe sancito l’unificazione tra il nord e il sud. A tale summit presero parte Filiberto Maisano, Antonio Macri’ di Siderno, Antonio Romeo, inteso “U Staccu”, di San Luca, Domenico Tripodo, di Sanbatello di Reggio Calabria. L’unificazione fu preceduta da una serie di contatti ed accordi tra le singole famiglie e venne acquisito naturalmente anche l’assenso delle locali del nord. Nella stessa Lombardia una delle figure di rilievo è quella di Vincenzo Mandalari, navigato uomo di ‘ndrangheta che esprime tutta la sua ammirazione ed il suo sostegno nei confronti di un soggetto carismatico quale era Carmelo Novella, ma che, un secondo dopo la sua eliminazione, è già allineato con gli avversari di Novella. Nella prima fase delle investigazioni è emersa infatti la sua vicinanza con colui che è stato fino alla sua morte il capo indiscusso della “lombardia”. Dalle conversazioni intercettate traspare anche una ammirazione incondizionata per un personaggio che ha l’autorevolezza per imporre una riorganizzazione della “Lombardia”: Novella viene definito il “perno principale”, “il supremo assoluto”. Il progetto di Novella di riorganizzare la “lombardia” è talmente condiviso e sentito come proprio da Mandalari che questi, nel parlarne con Panetta 49 dice che la soluzione alla continua creazione di locali da parte di Carmelo Novella è solo quella di accorparli in più gruppi37. In sostanza, Mandalari, da esperto di cose di ‘ndrangheta, immagina che la creazione di altri locali e la conseguente affiliazione di soggetti che non offrono le necessari garanzie di riserbo ed omertà possa portare in caso di serie azioni investigative a fenomeni di pentitismo, con conseguente pericolo di smantellamento della stessa organizzazione criminale. Carmelo Novella, al fine di crearsi un seguito, gratifica taluni affiliati con la concessione di doti ed è arriva addirittura a creare nuovi locali. Una delle regole da rispettare nel caso di concessione di una dote ad una affiliato è quello di chiedere comunque l’assenso del locale madre in Calabria; ad esempio, se si vuole “beneficiare” un affiliato di Grotteria, la regola impone che ne sia informato e ne dia il suo assenso il capo del locale di Grotteria, oltre naturalmente quello del locale lombardo di appartenenza. Tutto ciò con Novella non accade perché, ad esempio, conferisce una dote a Roberto Malgeri (in occasione del summit di Cardano al Campo del 3 maggio 2008) pur essendo di contrario avviso il capo del locale a cui appartiene Malgeri, Pietro Francesco Panetta, e pur non avendo chiesto l’assenso di Domenico Foca’ reggente del locale di Grotteria. Parimenti, senza chiedere alcun 37 Vds conversazione ambientale n. 84 del 4 marzo 2008. 50 nulla osta alla “Provincia” Novella dà l’autorizzazione alla creazione del nuovo locale di Pioltello, consentendo il distacco di una parte degli affiliati della locale di Milano. Chi non si allinea alle sue direttive è vittima di vero e proprio ostracismo e viene minacciato di destituzione. A titolo di esempio si cita il caso di Panetta che, anche in ragione dei vincoli parentali con Domenico Foca’, non è affatto convinto di distaccarsi dalla casa madre e viene minacciato di destituzione a favore di Roberto.Malgeri Anche il locale di Bresso è oggetto delle attenzioni di Novella e dei suoi uomini, in particolare essendo momentaneamente fuori gioco per ragioni di salute Vincenzo Cammareri, Novella pensa di sostituirlo con il suo fidatissimo autista Saverio Minasi. Ciò dà luogo a infinite discussioni, anche perchè gli aspiranti alla sostituzione di Cammareri sono molti, e questa iniziativa è causa di inimicizia nei confronti di Minasi e dello stesso Novella. Analogamente, in situazione di difficoltà è Cosimo Barranca poiché ha perso la reggenza della Lombardia e rischia di perdere anche il locale. È utile sottolineare che tutti i dissenzienti hanno i loro importanti referenti calabresi quali Domenico Foca’, Antonio Gattellari e Giuseppe Commisso. I problemi creati dalla gestione Novella sono un tema ricorrente. Il problema di gestire i “locali” della Lombardia è alla base della vicenda che ha portato all’uccisione di Carmelo Novella. Le attività di intercettazione hanno consentito di registrare il profondo dissenso (quasi il disprezzo) nei confronti della 51 strategia e della condotta del Carmelo Novella da parte di due boss di primissimo livello della “Provincia” calabrese, quali Domenico Oppedisano e Giuseppe Commisso. Come si vedrà, infatti, Domenico Oppedisano, anche dopo l’omicidio, avvenuto il 14 luglio 2008 ribadisce la sua scarsa stima per il Novella. Nell’autunno 2008 si registrano tutta una serie di conversazioni sul tema “successione” e si documenta l’ infittirsi degli incontri tra i principali affiliati alla Lombardia. A titolo di esempio si sottolinea che entrambi i candidati ai primi di settembre si recano in ospedale da Salvatore Muscatello per “proporsi”. I “grandi vecchi” in realtà non si schierano con nessuno e preferiscono attendere le direttive dalla Calabria. Le conversazione del 15 settembre 2008 e del 09.11. 2008 tra Vincenzo Mandalari e Panetta consentono alcune riflessioni; la prima è che la casa madre calabrese dopo l’omicidio Novella ha ripreso il controllo della situazione, nel senso che nulla può essere deciso in Lombardia senza l’input e/o l’assenso da parte della Calabria. La seconda riflessione è che, in tempo di crisi, viene adottata una soluzione “ di transizione”, nel senso che tutto rimane sospeso per un congruo periodo di tempo fino a che non saranno prese decisioni definitive. Ciò spiega il significato della “camera di passaggio” che, secondo la loro accezione, dovrebbe essere una specie di unità di crisi che ha il compito di traghettare l’organizzazione lombarda fuori dall’emergenza. Dunque, ciò che conta per la ‘ndrangheta è prendere tempo fino a che gli 52 animi non siano pacificati e le aspirazioni dei singoli raffreddate. Il traghettatore di questa prima fase viene individuato in Giuseppe Neri. Costui è indicato da Mandalari e Panetta come uno dei fondatori della Lombardia. È per tale ragione soggetto particolarmente autorevole, anche perché, è personaggio di caratura diversa rispetto al contesto ‘ndranghetistico medio, nel senso che ha una laurea in giurisprudenza e per tale ragione viene indicato come “l’avvocato”. In effetti la storia di Pino Neri è quella di un insospettabile che si trova coinvolto a metà degli anni 90 nell’indagine cosiddetta “La notte dei fiori di San Vito”, a seguito delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che lo indicano come il capo del “locale di Pavia”. Neri viene condannato alla pena definitiva di anni 9 di reclusione, ma solo per la parte che riguarda traffici di stupefacenti, pena che in parte sconta in carcere e in parte agli arresti domiciliari per motivi di salute, poiché ha subìto un trapianto cardiaco. Dopo la bufera giudiziaria Giuseppe Neri, si è reinserito nel contesto sociale pavese, occupandosi sia di coltivare legami con esponenti politici locali, sia promuovendo investimenti economici nel settore immobiliare. Il 20 gennaio 2009 alcuni dei più importanti affiliati della Lombardia si riuniscono al Crossodromo di Cardano al Campo per discutere il da farsi. Si tratta di una riunione molto importante cui prendono parte Rispoli Vincenzo con i suoi 53 uomini Emanuele De Castro e Antonio Benevento, Alessandro Manno con Marcello Ilario Portaro e GiuseppePiscioneri .Stefano SAnfilippo, Cosimo Barranca ed il mastro generale Antonino Lamarmore. È la prima riunione della Lombardia dopo la morte di Novella e non vi prendono parte nè Mandalari nè Panetta. La loro assenza può trovare una spiegazione nel fatto che sia invece presente Cosimo Barranca, che è sempre il rivale di Mandalari nella successione a Novella. I presenti fanno importantissimi discorsi sull’assetto della Lombardia e di nuovo emergono “i distinguo” rispetto a come deve essere interpretato legame con la Calabria. Veniva in sostanza ribadita in maniera estremamente esplicita l’esistenza e l’operatività, in Calabria (o meglio nella provincia di Reggio Calabria), di tre organismi decisionali e di coordinamento dei diversi locali, a loro volta confluenti nella Provincia. Uno, come più volte detto, nella fascia Jonica, uno in quella Tirrenica (la Piana) ed uno nella città di Reggio Calabria: una sorta di mandamenti, il cui compito era quello di concordare le strategie, le alleanze e dirimere le controversie tra i vari locali ed all’interno dei locali stessi. Per concludere, la conversazione proseguiva sullo stesso tenore. Veniva più volte ribadita la necessità di essere compatti in Lombardia, per evitare un’eccessiva ingerenza di quelli di giù38. 38 Cfr. informativa R.O.S. CC – Servizio Centrale – II^ R.I. II^sez. Nr. 226/1 – 423 di prot. del 05.02.2010. 54 In realtà la “linea autonomista” che alcuni dei partecipanti al summit del 20 gennaio 2009 avevano cercato di riproporre, come vedremo, si rivelerà perdente e queste parole di Sanfilippo torneranno in mente quando ci sarà la votazione per la nomina del nuovo responsabile. La figura di Pino Neri è naturalmente rivestita di grande autorevolezza e ciò fa si che anche gli aspiranti alla successione Mandalari e Barranca si rimettano alle sue decisioni. La stessa autorevolezza gli è già stata attribuita dal nuovo vertice della “Provincia” calabrese. Un momento fondamentale per le decisioni circa i nuovi assetti della Lombardia è rappresentato dal matrimonio tra Giuseppe Barbaro, figlio del defunto Pasquale Barbaro e Elisa Pelle, nipote di Antonio Pelle, alias Gambazza, che si festeggia contemporaneamente a Platì, San Luca e Bovalino. In tale occasione Giuseppe Neri avrebbe ricevuto mandato direttamente dalla Provincia per porre ordine all’interno della Lombardia e gli è stato concesso il termine di un anno. In detto periodo tutte le cariche rimarranno sospese. Neri inizierà da quel momento le consultazioni con i responsabili di ciascun locale. 55 Si arriva così al summit di Paderno Dugnano del 31 ottobre 2009 all’esito del quale viene eletto tale Pasquale Zappia – affiliato al locale di Corsico - quale “mastro generale della Lombardia39”. Si desume da quanto emerge nel corso del summit per quanto concerne il rapporto tra strutture organizzative calabresi e la Lombardia, un primo assestamento delle relazioni tra i due organismi I nuovi rapporti possono essere così sintetizzati: • Assoluta sovranità delle locali nelle loro azioni, sebbene comunque inserite nella sovra ordinata struttura lombarda • Per un anno, tanto in Lombardia che in Calabria, non verranno concesse nuove doti • Pasquale Zappia è stato nominato Mastro Generale per la Lombardia, incaricato di tenere i rapporti e contatti con la Calabria • Tutto ciò vale per un anno, al termine del quale la situazione verrà rivalutata È da sottolineare che tutte queste decisioni sono state prese “giù” e che la verifica si dovrà fare tra un anno in Calabria, perché come dice Pino neri nel suo discorso”siamo tutti, ognuno,uguali e responsabili nei confronti della “madre…”. 39 Il Summit del 31 ottobre 2009 presso il centro per anziani “Falcone e Borsellino” ubicato in Paderno Dugnano 56 Come osserva la DDA di Milano, quello di Neri è un discorso da “ politico consumato”: da un lato sottolinea il rispetto che la “ casa madre” porta alla Lombardia (i locali devono essere riconosciuti in Lombardia per trovare riconoscimento anche in Calabria), ma le regole vanno rispettate e, per conferire nuove doti, è necessario attendere il nullaosta di giù. Ancora, fa intendere che nel “fermo” di tutte le cariche non c’ è alcun intento punitivo nei confronti della Lombardia , poiché il provvedimento riguarda la ‘ ndrangheta tutta. In definitiva, si è addivenuti ad una soluzione transitoria che non risolve il problema tra le aspirazioni autonomistiche dei locali lombardi e l’intento della “casa madre calabrese” di esercitare comunque un controllo sulle sue “filiazioni”, anche soprattutto per non essere esclusa dai lucrosi affari che si prospettano nell’Italia settentrionale. Elementi utili per la ricostruzione dell’organizzazione della ‘ndrangheta emergono dalle indagini svolte sulle locali esistenti, oltre che in Lombardia, anche in altre regioni italiane (Piemonte e Liguria) e in Stati esteri (Germania, Svizzera, Canada e Australia) e sui rapporti tra queste locali e l’organismo di vertice dell’associazione (Provincia o Crimine) come è stato fin qui delineato. 57 2.7 Le proiezioni nazionali della ‘ndrangheta in Lombardia, Piemonte e Liguria. Le indagini svolte nell’ambito dell’inchiesta “crimine”, come già accennato, hanno consentito di accertare come la ‘ndrangheta calabrese eserciti la propria influenza criminale non soltanto sul territorio della regione di origine, la Calabria, appunto, ma anche nel nord Italia (segnatamente, in Lombardia, Piemonte e Liguria) e, come si vedrà, al di fuori dei confini nazionali. Nelle regioni del nord Italia, in particolare, si è riscontrata la presenza di sodalizi criminali di stampo ‘ndranghetistico aventi, al loro interno, la medesima struttura ed organizzazione, le medesime “cariche”, gli stessi rituali degli omologhi organismi calabresi, dotati di una loro autonomia ma comunque collegati a doppio filo con i vertici dell’organizzazione calabrese (“Crimine”, “Provincia”). Tale collegamento viene assicurato, in alcuni casi (Lombardia, Liguria), dall’istituzione di un organismo intermedio, denominato “Camera di controllo”, in altri casi (Piemonte, zona di Torino), non essendo stata istituita la “camera di controllo”, il collegamento è assicurato dai rapporti diretti tra esponenti di spicco dell’organizzazione operante 58 nel nord Italia (generalmente, i capi-locale dei centri più importanti) ed esponenti di spicco del “Crimine” o della “Provincia40”. Tra questi principi vi è sicuramente quello della completa autonomia, al suo interno, del singolo locale di ‘ndrangheta, principio da considerarsi pienamente valido anche per i locali “settentrionali”, ragion per cui i rapporti tra le organizzazioni settentrionali e gli organismi calabresi attengono, essenzialmente, al riconoscimento, da parte di questi ultimi, dei locali e delle cariche attivati nel nord Italia, nella concessione di autorizzazioni e nell’imposizione di “regole e prescrizioni”, nella gestione di affari comuni nell’osservanza delle regole sociali. Un classico esempio del tenore di tali rapporti è fornito dal discorso tenuto da un importante rappresentante della ‘ndrangheta “lombarda”, Giuseppe Neri41, nel corso del summit avvenuto il 31 ottobre 2009 presso il centro per anziani “Falcone e Borsellino” ubicato in Paderno Dugnano. Le parole di Neri, con estrema chiarezza, danno conto, oltre che dell’esistenza, da molti anni, della “camera di controllo” in Lombardia, anche di come autonomia, rispetto delle regole tradizionali, prerogative 40 Come avviene, ad esempio, tra Zangrà Rocco ed Oppedisano Domenico, ovvero tra Catalano Giuseppe e Commisso Giuseppe il “mastro, rapporti comunque improntati al rispetto rigoroso dei “principi generali” della ‘ndrangheta 41 Trattasi di NERI Giuseppe Antonio, detto Pino, nato a Taurianova (RC) il 19.11.1957, residente a San Martino Siccomario (PV), in via Cavalier Maggi n. 8/A; 59 dei vertici calabresi, rappresentino delle esigenze, a tratti contrastanti, ma che devono necessariamente trovare una “sintesi” che soddisfi tutte le parti in causa e garantisca quella “armonia” che sembra essere di vitale importanza per tutti gli associati. Le investigazioni effettuate dal Commissariato di P.S. di Siderno, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, hanno confermato l’esistenza della “camera di controllo” non soltanto in Lombardia, ma anche in Liguria, mentre si è accertato che in Piemonte, o almeno nella zona di Torino, tale organismo non è stato istituito, il che, a parere di alcuni associati, sarebbe fonte di maggiori problemi di organizzazione. La “Camera di Controllo” ha una funzione di controllo delle dinamiche criminali presenti in Liguria e Lombardia, e, nel caso venisse istituita, anche in Piemonte. Un’attività che, comunque, dovrà essere valutata e decisa dal “Crimine di Polsi”. La limitata autonomia degli organismi settentrionali è risultata, in molti casi, fonte di seri problemi per l’intera organizzazione. La necessità di dover richiedere autorizzazioni (ad esempio, per l’apertura di locali, per la concessione di cariche e doti, ovvero per favorire l’avvicendamento alla guida di un locale) ai vertici calabresi ha comportato in più di una occasione delle frizioni per la cui composizione si sono rese necessarie discussioni e riunioni tra personaggi di rilievo. Proprio questi momenti di fibrillazione 60 hanno consentito agli investigatori di raccogliere elementi utilissimi alla ricostruzione degli assetti della ‘ndrangheta nel nord Italia. 2.7.1 La Lombardia. La Lombardia per le sue coordinate geografiche e per le sue infrastrutture è crocevia dei traffici e dei flussi finanziari nazionali ed internazionali leciti o illeciti. E’ un territorio ricco e produttore di ricchezza, necessariamente preso in considerazione, da sempre, dalla criminalità organizzata mafiosa. E’ inoltre un territorio con grandi opportunità di crescita economica, come noto infatti ospiterà l’Expo 2015, con una previsione di investimenti ingentissimi. Negli anni ‘90 decine di indagini, centinaia di arresti e di maxiprocessi hanno confermato la presenza sul suo territorio delle Mafie. Da ultimo si è visto affermarsi lo strapotere della ‘Ndrangheta”, un controllo pervasivo nella regione Lombardia al pari di quello della provincia di Reggio Calabria. Del resto gli interessi economici più consistenti insistono in quel territorio e/o comunque in zone che manifestano uno sviluppo economico tale in cui possono essere celati gli enormi capitali illecitamente accumulati dalla ndrangheta. 61 I capitoli più inquietanti della maxi-inchiesta coordinata dal procuratore Giuseppe Pignatone e dall’aggiunto milanese Ilda Boccassini documentano la massiccia infiltrazione della ‘ndrangheta nelle imprese del Nord. Almeno 160 aziende sono state agganciate con l’usura e le estorsioni fino ad essere svuotate dall’interno: i vecchi proprietari sono stati costretti a svendere, appalti pubblici senza destare sospetti. Emblematico il caso della Perego general contractor, una grossa azienda lecchese che, dopo una grave crisi, è finita sotto il controllo del clan Pelle-Strangio. Le vicende che riguardano il conflitto tra Ietto/Strangio e Oppedisano/Varca nonché la verifica delle attività della “Perego” di Cassago Brianza, rappresentano l’indice di infiltrazione della ‘ndrangheta nel tessuto socio/economico della ricca Lombardia. Tali vicende sono oggetto specifico dei procedimenti collegati dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Milano e Reggio Calabria. Il quadro della vicenda trae origine dagli interessi di Domenico Oppedisano e del socio Pasquale Varca in Lombardia, regione in cui come è da tempo noto, la ‘ndrangheta ha esteso i suoi tentacoli. Elementi investigativi raccolti dal Nucleo Investigativo di Monza e compendiati nella cd “Indagine Infinito” coordinata dalla Procura Distrettuale di Milano emerge “la figura di Pasquale Barbaro come punto di riferimento per quello che era l’universo 62 del movimento terra nel Nord Italia e, in particolare, in Lombardia, cardine attorno al quale ruotavano diverse famiglie di ‘ndrangheta presenti sul territorio Lombardo, ma, soprattutto, aventi origini e collocazioni in Calabria e riconducibili alla fascia ionica della provincia di Reggio. Deceduto quindi Pasquale Barbaro, Varca e Oppedisano estromessi dalle decisioni relative alla spartizione/gestione dei lavori e degli appalti per essere privi di un idoneo grado, auspicano l’intervento risolutore del nuovo “capobastone” Giuseppe Pelle, detto “gambazza”42 affinché si rechi in Lombardia a stabilire le modalità di spartizione lasciando ad Oppedisano e Varca la possibilità di amministrare. L’intenzione degli Oppedisano e di Varca è di entrare a far parte del consiglio di amministrazione di una grossa società la Perego Strade srl43 attraverso la quale aggiudicarsi importanti commesse per la realizzazione di lavori in Lombardia. Elementi investigativi sopra evidenziati esaltano l’interesse di personaggi inseriti in un contesto di ndrangheta verso aziende sane, in questo caso la Perego attraverso le quali reinvestire i capitali derivanti da illecite attività. 42 Nato a San Luca 20.08.1960, figlio di Antonio 01.03.1932, detto “gambazza” 43 La perego strade una delle più importanti imprese lombarde nel campo dell’edilizia con decine di cantieri aperti.La perego ha lavorato nei cantieri di Citylife, il nuovo comparto residenziale che nascerà in vista dell’Expo, della Pedemontana e della superstrada Valtellina 63 Entrare nelle imprese del nord ha un duplice significato per la ‘ndrangheta: da un lato guadagnare denaro con le commesse e dall’altro distribuire lavoro alle imprese degli affiliati. Perego, il titolare dell’impresa “Perego Group s.n.c.”, viene accusato di associazione mafiosa, per essersi messo in affari con il boss Salvatore Strangio che riveste la figura di una sorta di “direttore tecnico”. Strangio fa il bello e il cattivo tempo,per favorire numerose imprese controllate dagli affiliati lombardi. Le ragioni della presenza a Milano di Salvatore Strangio sono strettamente connesse con la tenuta in vita delle società “Perego”. In sostanza Strangio considera che l’aver salvato l’azienda, che tra il 2007 e il 2008 si trovava in difficoltà economiche,verosimilmente con il concreto aiuto economico di cosche della ‘Ndrangheta, può tornare utile a tutti, a meno che non si creino problemi anteponendo, ad un interesse più generale e strategico, le singole esigenze familiari. 2.7.2 Il Piemonte. Situazione simile a quella ora illustrata per la Lombardia viene registrata in Piemonte. Nel corso delle indagini sono emersi stretti e inequivocabili collegamenti tra il clan calabresi (in particolare, nelle persone di Giuseppe Commisso e Domenico Oppedisano) e ‘ndranghetistico le organizzazioni insistenti sul 64 criminali di stampo territorio piemontese prevalentemente concentrati nel capoluogo e nella provincia torinese. Prove dell'esistenza di un "locale di 'ndrangheta" sul territorio piemontese sarebbero emerse con l’operazione "Crimine", nel corso della quale era stato documentato un incontro avvenuto all'interno di un agrumeto di Rosarno tra il "Capo Crimine" Domenico Oppedisano e i due indagati Rocco Zangrà e Michele Gariuolo. Era stata ipotizzata anche la costituzione di un nuovo "locale" di 'ndrangheta, da insediare ad Alba. Proprio in quel frangente era emerso il ruolo di vertice della struttura piemontese di Pronestì, che non condivideva la creazione di un'altra struttura territoriale, ma il cui assenso era ritenuto necessario da Oppedisano. Ogni gruppo mafioso, pur operando in autonomia, intrattiene rapporti con gli altri gruppi dislocati nella stessa area e in quelle dell’intera regione. Secondo la D.N.A., “la ‘ndrangheta in Piemonte è presente nel settore del traffico internazionale di sostanze stupefacenti, nel riciclaggio, e nell’infiltrazione nel settore dell’edilizia, grazie anche ad una rete di sostegno e copertura di singole amministrazioni locali compiacenti. Il progressivo radicamento nella regione ha favorito la loro graduale infiltrazione del tessuto economico locale, mediante investimenti in attività imprenditoriali ed il tentativo di condizionamento degli apparati della pubblica amministrazione funzionali al controllo di pubblici 65 appalti. Appare quest’ultimo, in sostanza, il nuovo settore d’interesse, condotto attraverso attività più difficili da investigare perché riconducibili all’area apparentemente legale dell’economia, ma che nasconde in realtà reati come il riciclaggio, la corruzione, l’estorsione, la concorrenza illecita e così via. Sotto tale profilo risultano particolarmente sensibili al’infiltrazione mafiosa i comparti commerciali, degli autotrasporti ed immobiliari. Ad essi si aggiunge quello dell’edilizia che consente, attraverso imprese operanti soprattutto in lavorazioni a bassa tecnologia, di condizionare il locale mercato degli appalti pubblici. Le aree di criticità maggiore sono quelle della Val d’Aosta, della Val di Susa e della città di Torino, come viene evidenziato dalle indagini giudiziarie in corso”. Si può affermare che lo storico e stabile radicamento della ‘ndrangheta sul territorio piemontese ha fatto di essa una componente, ovviamente marginale ma non trascurabile, del tessuto sociale ed economico della regione. Le principali cosche operanti in Piemonte sono: i Pesce-Bellocco, i Marando-AgrestaTrimboli, che fanno parte della cosca Barbaro di Platì, gli Ursini e i Mazzaferro di Gioiosa Ionica, i Morabito-BruzzanitiPalamara di Africo. Tutte cosche importanti della provincia di Reggio Calabria, alle quali si sono affiancate le vibonesi dei Mancuso di Limbadi, dei De Fina e degli Arono di Sant’Onofrio. Nuovo è il collegamento tra gruppi mafiosi calabresi ed un’organizzazione transnazionale bulgara, operante in diversi 66 paesi europei e dedita all’importazione di notevoli quantità di droga dal Sud America, servendosi di imbarcazioni guidate da esponenti della malavita italiana, più specificatamente calabrese. La questione preoccupa perché l’indagine ha messo in luce l’esistenza di un’alleanza sinergica nel campo del narcotraffico tra organizzazioni mafiose italiane e straniere. E’ una delle prime volte che emerge un rapporto del genere. Le penetrazioni negli apparati della pubblica amministrazione anche in Piemonte rappresentano uno dei canali privilegiati della criminalità mafiosa per allargare il campo delle sue redditizie attività. “Il progressivo radicamento nella regione – scrive nella relazione la D.N.A. – ha favorito la loro graduale infiltrazione del tessuto economico locale, mediante investimenti in attività imprenditoriali ed il tentativo di condizionamento degli apparati della pubblica amministrazione funzionali al controllo di pubblici appalti. Appare quest’ultimo, in sostanza, il nuovo settore d’interesse, condotto attraverso attività più difficili da investigare perché riconducibili all’area apparentemente legale dell’economia, ma che nasconde in realtà reati come il riciclaggio, la corruzione, l’estorsione, la concorrenza sleale e così via.” 67 2.7.3 La Liguria. Ovunque in Italia, in Europa e nel resto del mondo, l’insediamento delle ‘ndrine calabresi ha seguito sempre una ragione geo-economica; così è stato anche per la Liguria che, assieme al Piemonte e alla Lombardia, fa parte dell’area più produttiva dell’intero Paese e, grazie al porto principale di Genova, il più importante accesso alle rotte di approvvigionamento della droga. Effettivamente, non fu un caso che, nel 1994, le forze dell’ordine conclusero uno dei più ingenti sequestri di cocaina mai compiuti in Europa; invero, nel corso dell’operazione denominata “Cartagine”.44 Per altro verso, la ‘ndrangheta ha individuato nella Riviera un paradiso ove poter riciclare le ingenti ricchezze prodotte dalle attività illecite, una piazza tranquilla dove svolgere con sistematicità le più proficue attività di estorsione e di usura, il tutto, per così dire, all’ombra del paravento legale offerto dal casinò di San Remo ». 44 L' operazione "Cartagine (1994) della Direzione investigativa antimafia tra la Puglia e la Lombardia e' frutto di oltre un anno di indagini e si e' avvalsa della collaborazione di sette pentiti, tra i quali il boss della malavita di Trani (Bari) Salvatore Annacondia. Gli agenti hanno accertato che il sodalizio criminale era formato dal clan dei cerignolani con i Piarulli di Milano e i Ferrara Caputo in Puglia furono rinvenuti 5 mila chilogrammi di cocaina purissima, importata direttamente dalla Colombia, da un cartello federato composto da gruppi colombiani, siciliani e calabresi. 68 Come farsi sfuggire, poi, il valore intrinseco di quel territorio di confine, una qualità tipicamente geografica che, da sempre, permette un facile attraversamento per accedere in Francia; lo stesso passaggio che, già dagli anni ’70, condusse molti di quei criminali a colonizzare gran parte della Costa Azzurra, ove costruirono vere e proprie reti logistiche per la gestione d’importanti latitanze, sfruttando anche un rapporto di buona amicizia con la criminalità marsigliese. È in quei luoghi, infatti, che nei primi anni ’80 venne arrestato il boss reggino Paolo De Stefano; nel 2002, a Nizza, Luigi Facchineri, uno dei primi trenta latitanti più ricercati. E ancora, lì furono catturati Natale Rosmini, un esponente di spicco dell’omonima cosca, condannato all’ergastolo per l’omicidio dell’ex Presidente delle Ferrovie dello Stato Ludovico Ligato, il pericoloso fuggiasco della cosca “Iamonte” Antonio Mollica, e Carmelo Gullace, una delle figure più rappresentative del gruppo “Raso-Gullace-Albanese”. Grazie all'operazione “Il Crimine” è stato possibile fotografare le articolazioni 'ndranghetiste presenti in Liguria. Nell'ordinanza si legge che il contesto criminale riconducibile alla 'ndrangheta è molto variegato. C'è: «Un gruppo di vertice, riconducibile a Antonio Rampino ed al suo contesto familiare, collegato ad altre realtà criminali ». C'è, poi: «Un gruppo originario di Mammola e riconducibile soprattutto ai Macri’»; «La fazione “dissidente” capeggiata da Domenico Gangemi e Giuseppe Savoca »; e 69 infine: «La figura di Vincenzo Stefanelli, originario di Oppido Mamertina (RC), impegnato autonomamente nel traffico di sostanze stupefacenti con suoi compaesani orbitanti nell’hinterland milanese ». Tra questi gruppi risulta di notevole importanza il ruolo di Domenico Gangemi. . Figura di elevato spessore criminale nella città di Genova, interlocutore di don Mico Oppedisano, capo Crimine della 'ndrangheta reggina. Gangemi, inoltre, ha sponsorizzato la nascita della “Società minore” nel basso Piemonte, nello specifico a Sommariva del Bosco in provincia di Cuneo. Una realtà criminale – certificano i pm – in: «Stretta dipendenza dal locale di Genova, capeggiato da Domenico Gangemi. Come si avrà modo di apprezzare, il rapporto tra ‘ndranghetisti stanziali e quelli residenti nelle aree di origine è sostanzialmente inscindibile, e si concretizza con un vincolo per così dire “a doppio nodo”; invero, se da una parte le “cosche madri” si assicurano lo sfruttamento delle allettanti peculiarità criminali offerte da quella Regione, dall’altra i gruppi presenti in Liguria sfruttano il prestigio e l’appoggio incondizionato della ‘ndrangheta per mantenere intatto il loro potere egemone su quel feudo lontano. Una “piazza” così importante, dove vi sono almeno nove locali, non poteva non essere gestita da una “Camera di Controllo”; da una struttura, appunto, che potesse regolare i rapporti di forza in 70 campo, con la funzione di collegamento con le altre criminali della ‘ndrangheta. 71 2.8 Le proiezioni internazionali della ‘ndrangheta in Germania, Svizzera, Canada ed Australia. Premessa Analizzata la presenza e la struttura dell’organizzazione della ‘ndrangheta in Italia; nei successivi paragrafi si vedrà come la medesima organizzazione sia ben radicata in diversi Stati europei (in particolare in Germania ed in Svizzera) ed anche oltreoceano (in particolare in Canada e in Australia), ove esistono “Locali” di ‘ndrangheta organizzati sulla stessa struttura di quelli italiani e un organismo superiore, anche in quei casi chiamato “Crimine”, che ne controlla gli affiliati e le loro attività. Anche in tali casi, come si vedrà, quei vertici di potere rispondono in ogni modo all’associazione presente in Italia. 2.8.1 La Germania. Le indagini svolte hanno portato alla luce elementi utili a delineare l’organizzazione della ‘ndrangheta, avente base operativa/strategica in Calabria45 con attive ramificazioni sia nel Nord Italia46 sia all’estero con propaggini in importanti Stati 45 46 Segnatamente nella provincia di Reggio Calabria. Accertate in Piemonte, Liguria, ma soprattutto in Lombardia nell’hinterland milanese 72 europei come la Germania (accertate nelle città di Singen47, Rielasingen48, Radolfzell49, Ravensburg50, Engen51, e Francoforte52) e la Svizzera (a Fravenfeld e Zurigo). In queste località, come si avrà modo di rilevare, è stato replicato il modello strutturale della ‘ndrangheta calabrese. Le suddette ramificazioni criminali, seppur dotate di una certa autonomia, relativamente alle classiche forme di manifestazione mafiosa, in realtà sono rigidamente dipendenti alla ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria a cui “rispondono”. In Germania e segnatamente nella città di Singen e nelle zone limitrofe ma anche a Francoforte è attiva una struttura della ndrangheta calabrese in cui è inserito Bruno Nesci, che in quel contesto ricopre un ruolo apicale in quella che viene definita “società”. Il predetto Nesci inoltre fa capo a Domenico 47 Singen è una città della Germania di 45.000 abitanti circa situata nel land del Baden –Wurttemberg (versante sud-occidentale della Germania, confina a sud con la Svizzera e a ovest con la Francia). 48 Rielasingen-Worblingen comune tedesco di 12.000 abitanti circa situato nel land del Baden -Wurttemberg 49 Radolfzell am Bodensee è una città tedesca della Germania occidentale sul lago di Costanza. Dopo Costanza e Singen è la terza città più grande del Circondario di Costanza. 50 Ravensburg è una città della Germania di 47.000 abitanti situata nel land del Baden - Wurttemberg 51 comune tedesco di 10.000 abitanti circa situato nel land del Baden -Wurttemberg 52 Francoforte sul Meno, città extracircondariale di 670.000 abitanti della Germania centro-occidentale 73 Oppedisano al quale riporta le vicende che riguardano il contesto criminale in cui è inserito. Di conseguenza, al fine di monitorare l’evoluzione delle dinamiche criminali che si svolgevano in Germania, veniva chiesto di procedere a rogatoria con le autorità tedesche; lo sviluppo delle indagini in terra teutonica, ad opera di quelle autorità, consentiva di registrare una serie di conversazioni che permettevano di ampliare le conoscenze investigative con riguardo ad alcuni personaggi, di origine calabrese ma dimoranti in Germania, in stabile contatto con Nesci e con lui associati. Si aveva oltretutto conferma circa l’esistenza di due gruppi criminali uno facente capo a Bruno Nesci, l’altro facente capo ad un personaggio ancora ignoto alle indagini ma certamente di origine calabrese (e forse anche della stessa zona di origine di Nesci) che nelle intercettazioni viene soprannominato “lo svizzero” verosimilmente per essere questi domiciliato in Svizzera. Al riguardo è utile evidenziare che la città di Singen si trova quasi a ridosso del confine tra la Germania e la Svizzera. Tra il gruppo di Nesci e quello dello “svizzero” vi sarebbero degli attriti che attengono esclusivamente al predominio territoriale che una fazione vorrebbe esercitare sull’altra. In tale quadro Nesci si sentirebbe autorizzato ad agire in maniera autonoma essendo egli autorizzato ad esercitare la sua carica di capo società forte di una assenso ricevuto da Domenico Oppedisano; autorizzazione che con tutta evidenza è espressione 74 del “crimine” al quale Nesci risponde. Le conversazioni captate dalla polizia tedesca forniscono ulteriori elementi utili a meglio delineare l’asseto criminale tedesco; viene confermata l’esistenza e l’operatività di un articolazione della ndrangheta calabrese in Germania ed emergono altri dettagli relativi alla degenerazione di un attrito tra il gruppo criminale di Nesci Bruno e il gruppo di tale Ntoni, nei colloqui indicato come lo “svizzero53”. Le indagini hanno quindi consentito di individuare altri soggetti inseriti in un contesto di ndrangheta riconducibili alla “società di Singen” nonché di accertare l’esistenza di altri “locali” di ndrangheta, segnatamente a Francoforte e a Radolfzell. Inoltre, lo scambio di informazioni con la polizia tedesca consente di acquisire che locali di ndrangheta sono presenti anche nelle città di Rilasingen, Ravensburg ed Engen. Le indagini hanno quindi messo a fuoco il rapporto che lega le citate strutture con la ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria. Accertata l’esistenza di locali di ‘ndrangheta in quella regione della Germania, si pone in evidenza la più volte richiamata dipendenza dalla Calabria in taluni casi da Fabrizia54, in altri dal “crimine55” Le indagini svolte in parallelo con la polizia tedesca hanno consentito di registrare come le attività di un “locale” di 53 54 55 DDA di Reggio Calabria, crimine allegato 202 volume 2 Locale facente capo a Primerano Giuseppe Antonio E’il caso di Singen allorché era ivi presente il capo società Nesci Bruno. 75 ‘ndrangheta all’estero siano del tutto simili a quello di un “locale” in Calabria. Ci si riferisce in particolare alle figure di vertice (capo locale, capo società, contabile….) ma anche ai rituali. 2.8.2 Il Canada. Come si è già detto, le indagini hanno rivelato la presenza della ‘ndrangheta anche oltre oceano. Particolarmente cospicui e significativi risultano essere gli elementi raccolti in ordine alla presenza della ‘ndrangheta in territorio canadese. Già l’attività investigativa svolta dal ROS CC – Servizio Centrale che ha condotto alla cattura di due importanti latitanti inseriti nell’elenco dei c.d. primi 30, ossia Giuseppe e Salvatore Coluccio, ha permesso l’acquisizione di elementi di estremo rilievo sotto il profilo probatorio per la contestazione associativa sotto questo peculiare profilo. I primi segnali circa l’importanza di determinati soggetti normalmente dimoranti in Canada (Vincenzo Tavernese, Carmine Verduci e Antonio Coluccio) provenivano dall’accertata presenza di Verduci alla riunione di ‘ndrangheta del 12.02.2008 56 nel corso della quale fu autorizzato il dilazionamento dei debiti di Giulio Schirripa. In quel contesto venne altresì contattata da 56 fr. informativa R.O.S. CC – Servizio Centrale – II^ R.I. II^sez. Nr. 226/1 – 423 di prot. del 05.02.2010, 76 Emilio Andrianò l’utenza cellulare canadese di Vincenzo Tavernese. È poi risultata una costante che alle riunioni partecipassero esponenti della c.d. cellula canadese e/o comunque alcuni di loro venissero informati di quanto stava accadendo. Proprio monitorando Emilio Andrianò è stato possibile documentare, in alcuni casi, anche visivamente diversi summit ai quali hanno partecipato, tra gli altri, esponenti di rilievo della ndrangheta jonica e della ‘ndrangheta di Toronto (Canada) ed, in particolare, Vincenzo Tavernese, Emilio Andrianò, Carmelo Bruzzese, Francesco Bonarrigo, Giuseppe Commisso, Giorgio De masi, Rocco Aquino, Carmine Verduci e Domenico Foca’. Vincenzo Tavernese, Carmine, Verduci Antonio Coluccio - che rappresentano, anche secondo le autorità canadesi, il vertice di un gruppo criminale operante a Toronto (Canada) - si alternano via via nelle varie riunioni, facendo la spola tra il Canada e la Calabria. L’operazione “Crimine” ha, infatti, consentito di far emergere che: in Canada, in particolare, nelle città di Toronto e Montreal è operativa una complessa organizzazione criminale di tipo mafioso, composta da più cellule che racchiudono gruppi famiglie di origine calabrese ed altri di origine siciliana. Il leader di tale organizzazione era, all’epoca, Vito Rizzuto che, in virtù dei suoi legami con la famiglia mafiosa dei Bonanno e quella dei “Cuntrera - Caruana” aveva creato, nell’area di Montreal una 77 struttura mafiosa ben radicata, collegata con quella di Toronto e con l’Italia;tale struttura, operativa nel traffico internazionale di stupefacenti, nel reinvestimento dei narcoproventi, nonché nell’acquisizione di appalti di opere pubbliche ed altri delitti connessi, aveva, come detto, stabili rapporti con appartenenti ad organizzazioni criminali autoctone, tra cui, per l’appunto Carmelo Bruzzese che viene definito nella richiamata ordinanza di custodia cautelare come “il referente della “cellula calabrese” dell’organizzazione, strettamente legato ai vertici dell’organizzazione, in contatto con i più diretti collaboratori di Vito Rizzuto e con lo stesso capo prima del suo arresto, avvenuto nel gennaio 2004, nonché con esponenti di spicco della criminalità organizzata calabrese. In particolare é impegnato alla realizzazione di un complessa struttura da destinare ad ospedale, utilizzando fondi pubblici in un appezzamento di terreno già di proprietà del Bruzzese e di altri suoi soci…”. Nel corso delle indagini oltre a documentarsi rapporti funzionali all’esistenza del sodalizio con Arcadi Francesco, indicato dalla polizia canadese come il successore di Vito Rizzuto (dopo il suo arresto – estradizione a New York), rilevano per l’odierno procedimento i rapporti tra Carmelo Bruzzese e Carmine Verduci che, in ragione delle conversazioni censurate in quel contesto, viene definito in atti “un personaggio già emerso nelle indagini vicino al noto Carmelo Bruzzese” e che aveva il compito di viaggiare sistematicamente tra l’Italia ed il Canada, fungendo da vettore di 78 notizie tra il gruppo italiano e quello canadese, così come, peraltro, emerso dall’inchiesta crimine. Si evidenziava, inoltre, la conferma circa i rapporti pregressi (2004) tra lo stesso Bruzzese ed Emilio Andrianò57. L’articolazione canadese dell’organizzazione criminale era principalmente dedita alla gestione del gioco d’azzardo e della attività usuraia collegata. Che l’organizzazione fosse attiva in questo lucroso settore è stato confermato dalle attività tecniche svolte nell’ambito dell’ indagine. 57 Tra le diverse conversazioni intercettate nel corso dell’attività di captazione dell’utenza in uso al predetto Bruzzese, si deve citare la conversazione telefonica del 19.09.2004 delle ore 20,34 in entrata dall’utenza 0124698461 (intestato a Racco Giuseppe, via Villa 72, Prascorsano TO) durante la quale, l’interlocutore chiedeva al Bruzzese la veridicità di un fatto accaduto al figlio di Tropea. Bruzzese, nell’occasione, precisava che il fatto era effettivamente successo e pronunciando testualmente “… si, disgraziato figliolo … così ho sentito dire, prima sono venuti a dirmelo, a dirti la verità … era pure tardi oggi, non mi sentivo tanto bene. Cose che succedono a questo mondo …”. Successivamente si apprendeva che in data 19.09.2004 le cronache giudiziarie registravano l’omicidio di Commisso Giuseppe (nato il 20.12.1974) avvenuto in Grotteria (RC) da parte di Tropea Maurizio, (al momento irreperibile), unitamente a Oppedisano Francesco, nato a Locri il 27.12.1972, quest’ultimo costituitosi il 20.09.2004, presso il Nucleo Operativo Carabinieri di Roccella Ionica (RC). Tropea Maurizio è stato poi tratto in arresto il successivo 23.09.2004. A tal proposito l’attività di intercettazione in essere a carico di Bruzzese Carmelo, ha evidenziato che quest’ultimo in data 06.06.2004, alle ore 18,41, ha avuto un colloquio con Tropea Maurizio dove quest’ultimo si informa circa le condizioni di salute dell’altro precisando di essere in compagnia di Carmine (Verduci Carmine) e Milio (Andrianò Emilio). 79 Da quanto emerso, le attività illecite e di reinvestimento svolte in Canada hanno anche lo scopo di consentire il mantenimento in vita della componente italiana della struttura criminale indagata o comunque, di garantirne, quando necessario, il relativo supporto logistico e finanziario. In sostanza, si rileva un indissolubile cordone ombelicale tra la componente italiana dell’organizzazione e quella operante in Canada. Quest’ultima, peraltro, partecipa con suoi rappresentanti alle riunioni strategiche della Jonica o, comunque, né viene informata e quando è necessario usufruisce per sè stessa degli aiuti, in termini operativi, della componente italiana. Ancora una volta, le attività di indagine delegate al Commissariato di P.S. di Siderno, e segnatamente, gli esiti della intercettazione delle conversazioni ambientali intervenute all’interno della lavanderia gestita da Giuseppe Commisso il “mastro”, hanno consentito di acquisire agli atti importanti elementi anche in relazione alla presenza della ‘ndrangheta in territorio canadese. È emersa l’esistenza di un organismo di vertice dell’organizzazione nella città di Toronto (una sorta di “crimine” canadese), nonché l’esistenza di numerosi locali, tra i quali quello di Thunder Bay (Ontario). I rapporti tra il locale di Thunder Bay ed i vertici dell’organizzazione criminale siti in Toronto e le relative problematiche, nonché la struttura dell’organizzazione e le cariche ricoperte dai singoli associati rispecchiano fedelmente il “modello” calabrese. 80 Quella presente in Canada è una struttura fortemente radicata nel territorio, composta da un nutrito organico che ha saputo riprodurre anche in quella Nazione il modello funzionale della ‘ndrangheta calabrese. Lì esistono almeno nove “Locali”, tutti rappresentati dal “Crimine” di Toronto e dislocati in tutto l’Ontario, ove ricade appunto la cittadina lacustre di Thunder Bay. 58 Ad ogni modo, queste strutture rispondono comunque al “Crimine” reggino per mezzo di alcuni rappresentanti che di continuo viaggiano tra l’Italia e il Canada, costola della ben nota “Siderno Group of Crime59”. 2.8.3 L’Australia. Ancora oggi, in Australia i calabresi costituiscono la collettività più vasta rispetto a quelle degli altri cittadini di origine italiana presenti nei tanti agglomerati urbani del Continente. Già dalla metà dell’800, infatti, una costante corrente migratoria contribuì a popolare gran parte di quegli sconfinati territori; l’esodo, che si 58 Le risultanze emerse dall’attività di indagine delegata al Commissariato di P.S. di Siderno. 59 La nascita del Siderno Group of Crime fu voluta negli anni ‘50da Frank Costello e Albert Anastasia,due appartenenti a cosa nostra americana di origine calabrese. Ancora oggi il nome del gruppo indica alcune delle più potenti famiglie criminali di Siderno trasferitesi nel Nord America, che manterrebbero degli stretti legami con le cosche madri della Calabria. 81 strutturò essenzialmente sui richiami dei parenti giunti a destinazione, svuotò gran parte delle città ed interi paesi della Calabria. Sebbene dal 1970 quel flusso subì un drastico calo, gli ultimi censimenti prodotti dall’Australia “Bureau of Statistics” 60 hanno indicato, comunque, una massiccia presenza di circa settemila individui nati in Calabria. È con loro che la cultura e le tradizioni della Calabria hanno conosciuto una nuova vita, fatta spesso d’incontri e celebrazioni rievocative degli ambiti aviti; è tra loro che, disgraziatamente, si è diffuso anche in Australia il peggior modello criminale nostrano: la ‘ndrangheta. A tracciare parte di quello spaccato sarà uno dei più illustri rappresentanti della comunità italiana presente a Stirling, un popoloso sobborgo di Perth, la capitale del Western Australia: Domenico Antonio Vallelonga. Già Sindaco di Stirling dal 1997 al 2005, è stato esponente di vari consigli regionali e presidente di importanti associazioni locali, di comitati comunitari e di alcune associazioni di cittadini italiani. Considerato un autorevole membro della Chiesa cristiana locale, nel 2002 è stato insignito del Meritorious Service Award, un prestigioso riconoscimento civile rilasciato dal Western Australia Local Government Association, e, nel luglio del 2009, gli è stato conferito il titolo di “Cittadino Onorario” della 60 L’Ente statistico ufficiale australiano 82 municipalità di Stirling. In sintesi dalle risultanze emerse dall’attività di indagine delegata al Commissariato di Siderno possono essere messe in rilievo quattro punti: 1. l’esistenza di un “Crimine” australiano che coordinerebbe l’azione dei vari “Locali” di ‘ndrangheta presenti sul Continente e risponderebbe direttamente al “Crimine di Polsi”; 2. l’influente figura criminale di Domenico Antonio Vallelonga, ex Sindaco e cittadino onorario di Stirling, considerato un illustre personaggio dall’intera comunità; 3. l’importante carica speciale di “Padrino” assegnata a Giovanni Vallelonga, capo del “Locale” di Caulonia; 4. il vasto territorio delle “Serre”, che geograficamente ricadente sotto la provincia di Vibo Valentia, di fatto viene governato dal “Crimine di Polsi”, l’organismo criminale tipicamente reggino. 83 2.9 Infiltrazione della ‘ndrangheta nelle attività economiche produttive. Nel presente paragrafo, verranno analizzati una serie di elementi emersi nel corso della attività di indagine, dai quali si evince con chiarezza l’interesse e l’ingerenza della associazione de quo in attività economiche, appalti e servizi pubblici. L’organizzazione si avvale del vincolo associativo e della forza di intimidazione che ne deriva non solo per commettere delitti, ma anche per acquisire in modo diretto e/o indiretto la gestione/controllo di attività economiche e, quindi, per realizzare profitti ingiusti61. Emblematico è il caso dell’inserimento della associazione ‘ndrangheta nei lavori relativi la S.S. 106 e del raggiungimento di un soddisfacente equilibrio tra le famiglie Aquino e Mazzaferro. Nella specie emerge con chiarezza che la ditta appaltatrice è spettatrice passiva della contesa tra le due cosche 61 Art. 416 bis co III c.p.:l’associazione e’ di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per se’ o per altri ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a se’ o ad altri in occasione di consultazioni elettorali ). 84 ma al contempo si rifà dei costi imposti dalle famiglie Aquino e Mazzaferro a scapito della qualità dei lavori e dei dipendenti più diligenti che cercano di lavorare nella legalità ma che, invece, vengono frenati fino al licenziamento.62 Nello specifico, le famiglie Aquino e Mazzaferro ponevano in essere atti di illecita concorrenza sleale volti al controllo o comunque al condizionamento dei lavori e servizi (forniture e offerte commerciali in genere) relativi all’esecuzione del contratto d’appalto concluso tra la ANAS S.p.a. e la Gioiosa Società Consortile a.r.l., avente ad oggetto la realizzazione del tratto della S.S. 106 63 in particolare, arrogandosi facoltà di scelta delle ditte destinate ad aggiudicarsi i contratti di fornitura (ferro, calcestruzzo) e servizi di cantiere in genere (movimento terra, mensa) connessi a tali lavori, ditte64 imposte alla Gioiosa Società Consortile a.r.l. 65 sulla base di una logica spartitoria dettata dagli equilibri mafiosi esistenti nel territorio sito del cantiere e, quindi, anche sulla base di accordi collusivi con esponenti di altre realtà criminali della zona (famiglia Mazzaferro), attività 62 Dato che emerge in maniera evidente dalla CTU effettuata oltre che dalla attività tecnica e dalle sommarie informazioni raccolte. 63 Variante al centro abitato di Marina di Gioiosa Jonica (RC), dal km. 107+00 al km. 110+55. 64 Tra queste, la Ferro Sud, la Laterizi Archinà, la Ediltrichilo, la General Appalti, Hotel Ristorante Miramare s.a.s. 65 Nelle persone di Cascino Cesare, Palmigiano Michele, Fleres Vincenzo; 85 illecita resa possibile dall’intervento intimidatorio e dallo spessore mafioso delle rispettive famiglie. L’opera di realizzazione del tratto della S:S: 106 dovrebbe assolvere l’importante funzione di collegamento tra la Strada di Grande Comunicazione Jonio - Tirreno 66 e la variante al centro abitato di Roccella Jonica. L’entità e la complessità delle opera giustifica l’ingente quantità di danaro investito da parte dell’A.N.A.S. e richiede, inevitabilmente, un notevole “impegno” da parte dell’impresa aggiudicatrice (Gioiosa S.C.A.R.L.) nel reperimento di mezzi e della manodopera, nonché nei sub-appalti per le forniture di materiale (calcestruzzo e ferro) e di servizi, soprattutto per i lavori di movimentazione terra. Le sopraccennate “necessità” dell’impresa aggiudicatrice si sono immediatamente rivelate come opportunità per le famiglie locali di poter lucrare sull’appalto in argomento mediante l’accaparramento dei sub-appalti e delle forniture da affidare a ditte controllate. Questa prospettiva di ingenti profitti ha inasprito, però, la conflittualità tra le cosche sfociando, nel caso specifico dell’appalto SS 106 di Marina di Gioiosa Jonica (RC) (ma anche negli altri comuni limitrofi interessati da simili 66 Per una rapida connessione all’Autostrada A3 Salerno - Reggio Calabria. 86 appalti),67 in un serie di danneggiamenti ed atti intimidatori, sia come strumento di trattativa tra le contrapposte famiglia che come mezzo di “pressione” sull’impresa. Non solo la famiglia Mazzaferro, ma anche quella degli Aquino stavano entrando nei lavori di ammodernamento della SS. 106, o meglio, sono già parte dell’appalto. Ma la famiglia Mazzaferro non è “soddisfatta”. Poiché è stata esclusa, o comunque stava avendo un ruolo marginale, nelle forniture e nei sub-appalti ed, allora, con danneggiamenti e intimidazioni da una parte fa capire alla famiglia avversa (quella degli Aquino) il suo disappunto e dall’altra spinge l’impresa a cercare “nuovi equilibri” proprio nei sub-appalti e nelle forniture perché solo in tal modo i lavori sarebbero potuti andare avanti. Si può quindi tessere un quadro accusatorio ben definito che vede, sin dall’inizio, la netta contrapposizione di due famiglie storicamente presenti sul territorio di Marina di Gioiosa Jonica e l’inasprirsi dei rapporti proprio in corrispondenza dell’inizio dei 67 Macro Lotto S.S.106 nr.1 (Locri), tratto compreso tra il comune di Ardore e c.da Marcinà di Grotteria (RC), Impresa Appaltatrice Astaldi s.p.a. & Ferreri s.r.l. per l’importo di €.450.000.000,00: 67 In data 02/02/2008 rimanevano danneggiati dalle fiamme nr.2 mezzi da cantiere di proprietà della Ditta Cavamagno s.r.l. Movimento Terra, di proprietà di Magno Giuseppe, nato a Copertino (LE) il 27/09/1953, sub-appaltatore per Astaldi S.p.a.; nella notte tra il 21 e 22 febbraio 2008, in c.da Riposo di Locri (RC), venivano danneggiati l’impianto di produzione di calcestruzzo e i mezzi pesanti ivi parcati, della ditta Parasporo Carlo, nato a Locri (RC) il 10/03/1960, sub-appaltatore per Astaldi S.p.a.. 87 lavori della SS 106. Uno dei primi “significativi” rapporti commerciali68 sul territorio che l’impresa Gioiosa SCARL instaura è proprio con l’Hotel Miramare, struttura alberghiera che, dalle risultanze emerse in numerose conversazioni e da ulteriori riscontri investigativi, risulta di fatto di proprietà e gestita proprio dalla famiglia Aquino. Gli atti intimidatori 69 attribuibili quindi alla famiglia Mazzaferro, hanno direttamente danneggiato solo l’impresa poiché, muoversi direttamente contro i propri rivali, può significare l’inizio di nuove problematiche territoriali e la perdita di quella stabilità e “pace” che nessuna delle due “famiglie” in campo vuole compromettere: infatti, scontri diretti avrebbero significato anche eventi sanguinari e quindi attenzione dell’opinione pubblica e maggiore pressione delle Forze dell’Ordine. L’apparente tacito assenso della famiglia Aquino, o comunque la non reazione, non va però inteso come una sconfitta, bensì solo come la scelta più logica e più “conveniente” da adottare in previsione degli ingenti profitti che l’inizio e la prosecuzione dei lavori avrebbe garantito, pur se suddivisi in due parti, cioè ad entrambe le cosche. 68 All’Hotel Miramare documentazione contabile attestante l’epoca dell’inizio della collaborazione commerciale. 88 Si parte, infatti, dalle problematiche scaturite inizialmente dalla necessità di reperire sul posto ditte da impiegare nei lavori preliminari di movimento terra; poi per il reperimento dei fornitori di ferro d’armatura e, successivamente, per il calcestruzzo, infine le difficoltà dell’impresa a svincolarsi da determinati soggetti locali, detentori del controllo assoluto della zona, che le hanno imposto anche le strutture ricettive ove servirsi per il vitto e l’alloggio dei suoi dipendenti. Le problematiche sopra accennate si protrarranno identiche dall’inizio sino alla chiusura del cantiere, avvenuta in data 31 marzo 2008 a seguito del sequestro disposto da questo Ufficio. Un aspetto da porre in particolare evidenza sarà la piena coscienza dei dipendenti dell’impresa stessa della situazione locale a cui devono attenersi scrupolosamente. Gli stessi, o per timore o per un loro tornaconto, in numerose situazioni assumono un atteggiamento omertoso e comunque tale da rendere più difficile le investigazioni. Entrando nello specifico degli argomenti che cronologicamente sono stati sintetizzati, è bene iniziare proprio dalla prime problematiche risalenti già ai mesi di giugno/ottobre 2007, allorquando ci sono stati i primi interventi forti da parte della famiglia Mazzaferro, affinché ditte da essa controllate partecipassero ai lavori che a breve avrebbero avuto inizio. La famiglia Aquino ha il controllo della Ditta EDIL Trichilo . Quest’ultima è entrata nell’appalto grazie “all’opera” di Rocco 89 Aquino, il quale tende ad operare nello specifico settore in modo occulto, senza far trasparire ufficialmente la propria partecipazione, ma avvalendosi dell’apporto della citata Ditta. La ditta favorisce una cosca di ‘ndrangheta, avendo piena cognizione della caratura criminale del soggetto con il quale collabora in maniera assidua. La EDIL Trichilo risulta aver intrapreso i rapporti commerciali con la Gioiosa SCARL sin dall’inizio dei lavori, come unica ditta fornitrice del ferro d’armatura. Il condizionamento quindi che il territorio impone all’impresa é tale che la stessa si trova costretta ad attenersi in modo scrupoloso a determinate regole. Trattandosi di un appalto approvato con prezzi di mercato inadeguati al periodo, e dovendo in qualche modo recuperare quanto “perso” a causa dell’interessamento delle cosche, l’impresa ha accettato di operare con l’impiego di materiali di scarsa qualità, accettando i rischi da ciò derivanti e dichiarando, falsamente, di aver seguito certe tecniche per realizzare determinati manufatti, tecniche di lavorazioni mai eseguite. Tale problematica si protrae in maniera analoga sino alla data del sequestro del cantiere, avvenuto il 31 marzo 2008. Proseguendo con l’esame delle infiltrazioni della ‘ndrangheta nelle attività economiche e commerciali, dalle intercettazioni tecniche eseguite dai carabinieri, si desume, con chiarezza e facilità, che i fratelli Aquino, si siano imposti, grazie alla forza 90 del vincolo associativo, in diversi settori dell’economia pubblica e privata, creando dei veri e propri monopoli, imponendosi sul mercato e determinandone condizioni e situazioni a loro esclusivo vantaggio ed a quello della cosca d’appartenenza. In particolare Rocco Aquino, agendo unitamente ai fratelli, stia investendo, attraverso prestanomi, nel settore turistico commerciale. Le attività tecniche hanno permesso di accertare che Rocco Aquino, titolare, unitamente al fratello Giuseppe70, della “Nuova Edil di Giuseppe Aquino & C. S.a.s.71 è – di fatto – il proprietario dell’Hotel Miramare. Rocco Aquino non risulta né tantomeno è mai risultato dipendente della società che formalmente gestisce l’albergo in parola, i cui componenti, alla stregua del proprietario dell’immobile, risultano – di fatto – prestanome di Rocco Aquino. Infatti, dall’analisi dei dati della Camera di Commercio 70 Nato a Marina di Gioiosa Ionica (RC) il 20/02/1962, ivi residente Via Porticato, 43 71 Con sede legale in Marina di Gioiosa Ionica (RC), Via S. Finis, 114, Codice fiscale: 00662070804, numero REA: RC-88589, partita IVA 00662070804, data di iscrizione: 19/02/1996. Ha per oggetto sociale: il commercio all'ingrosso ed al dettaglio di materiale da costruzione, ferro, cemento sanitari, piastrelle, calce, legno, infissi, esterni ed interni, in legno ed in qualunque altro materiale, mattoni, ceramica, rubinetteria, plastica ed ogni altra cosa occorrente per l'edilizia. Socio accomandatario AQUINO Giuseppe; socio accomandante Aquino Rocco. 91 Industria, Artigianato e Agricoltura di Reggio Calabria72 risulta che allo stato attuale gli unici due soci proprietari dell’attività commerciale in questione sono Carlo Zavaglia e Salvatore Totino. Oltre all’interesse nel settore turistico è emersa una intermediazione parassitaria della famiglia Aquino nel mercato della fornitura del ferro I fratelli Rocco e Giuseppe Aquino in concorso tra loro, ponevano in essere atti di illecita concorrenza sleale volti al controllo o comunque al condizionamento del mercato della fornitura di ferro; in particolare, imponendo agli imprenditori del settore, al di fuori di qualsiasi logica economica ed imprenditoriale, di rifornirsi di ferro necessariamente per il tramite della Nuova EDIL 73 e le ditte costruttrici acquirenti, praticando a queste ultime un prezzo maggiorato rispetto a quello praticato direttamente dalla ferriera per la medesima prestazione. La tendenza dei soggetti a tenere occulto il loro possesso di attività commerciali deriva, essenzialmente dalla loro piena consapevolezza dei rischi che corrono (sequestri e confische) essendo a tutti gli effetti membri, con ruolo apicale, del sodalizio criminale,’ndrangheta. Questa attività commerciale è l’unica che, 72 Allegato nr.3 Vedasi fascicolo storico dell’impresa Hotel Ristorante Miramare di Zavaglia Carlo & C. S.A.S. 73 Di Aquino Giuseppe & C. S.A.S., che non effettuava, in realtà, alcun reale servizio di trasporto o fornitura di merce, limitandosi esclusivamente ad interporsi tra le ferriere (tra queste, in particolare, la Ferreria S.I.L.A. di Catania. 92 da una visura camerale, risulterà direttamente intestata ai soggetti. Con questa impresa i due fratelli, Rocco e Giuseppe Aquino, detengono il controllo assoluto ed incontrastato, sia in zona che in altri territori limitrofi, del commercio di ferro per edilizia: è possibile addirittura parlare di monopolio. Gli unici soci della ditta sono i due fratelli i quali rivestono la carica di socio accomandatario e socio accomandante È stato constatato come la ditta Nuova EDIL, non abbia di fatto una vera e propria sede operativa, bensì solo una sede legale che, a guardar bene gli atti sopra proposti, risulta corrispondere alla sede legale di altre due ditte: la General Appalti e la Ferro Sud. La società in questione non risulta avere a disposizione un deposito per il materiale, bensì gli approvvigionamenti avvengono in funzione delle richieste, molto frequenti, che prende Rocco Aquino, il quale, in ogni circostanza, provvede a far scaricare il materiale direttamente sul cantiere dell’impresa edile richiedente. Non risulta, altresì, essere proprietaria, o comunque avere la disponibilità, di mezzi di trasporto per il materiale edile, (bilici, trattori o semi articolati), ma il trasporto presso i cantieri acquirenti avviene o mediante i mezzi di trasporto delle ferriere o, a volte addirittura, con i mezzi che le stesse ditte edili richiedenti provvederanno a mettere a disposizione. Non ha alle dipendenze operai. Così facendo si evita di dover anticipare grossi capitali per eventuale merce in giacenza e invenduta, si evitano spese ulteriori derivanti dallo 93 scarico e carico della merce e si gestisce, a proprio favore i prezzi, poiché Rocco Aquino puntualizza ai propri fornitori, per ogni ordinativo, che non venga mai indicato sulla bolla di consegna destinata all’impresa edile richiedente, il prezzo del materiale, che sarà trasmesso a mezzo fax o con altra bolla, proprio a sua cura. Tutto ciò al fine di applicare i dovuti ricarichi che gli assicurano l’ingente guadagno. Altro esempio paradigmatico di intermediazione parassitaria basata sulla forza di intimidazione della organizzazione mafiosa ‘ndrangheta è l’ attività imprenditoriale gestita dalla Famiglia Mazzaferro: Ditta CMA. Ernesto Mazzaferro, reale proprietario ed amministratore della società CMA s.r.l., ubicata in Marina di Gioisca Jonica (RC), attribuiva, in modo fittizio, prima ad Anna Maria e Franca Agostino, poi a Marzia Mazzaferro la esclusiva titolarità formale e la carica di amministratore della citata società. La ditta C.M.A. s.r.l., formalmente intestata a Marzia Mazzaferro, di fatto viene gestita dal padre di lei, Ernesto. La ditta in questione, sicuramente non per una scelta casuale, opera prevalentemente al di fuori del territorio calabrese e nello specifico non risulta operare in Marina di Gioiosa Ionica; la scelta imprenditoriale di Mazzaferro appare quanto mai logica e di facile interpretazione: lo stesso preferisce lavorare in altre Regioni, soprattutto in considerazione dei suoi pregressi giudiziari, evitando l’esposizione diretta; 94 Al fine di non incorrere in ulteriori problemi giudiziari, soprattutto di carattere patrimoniale, ha inteso intestare la titolarità dell’impresa ad esso invece riconducibile, alla figlia Marzia. Analogo esempio di intermediazione parassitaria basata sulla forza di intimidazione dell’organizzazione mafiosa ‘ndrangheta, è dato dalla cosca Iamonte. Remingo Iamonte al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale attribuiva fittiziamente ad Giuseppe Mario Iaria la titolarità formale dell’esercizio commerciale denominato “Garibaldi Caffè”, sito in Melito di Porto Salvo74 di fatto di sua proprietà Le indagini svolte, non solo nell’ambito del procedimento penale, hanno dimostrato come la cosca Iamonte è saldamente e pesantemente inserita nel tessuto economico-imprenditoriale melitese, anche attraverso la gestione di numerose attività commerciali intestate a prestanomi. Tale dato, in particolare, è emerso grazie al monitoraggio dei rapporti tra Remingo Iamonte e Giuseppe Romeo Iaria, inoltre emerge la figura di Giuseppe Iaria prestanome dello stesso Iamonte. In particolare, l’attività oggetto di intestazione fittizia allo Iaria è l’esercizio pubblico denominato “Garibaldi Caffè”, appunto di Giuseppe Romeo Iaria, con sede legale in Melito Porto Salvo, Via Garibaldi. Svariate sono le conversazioni in cui Remingo 74 Via Garibaldi nr.5, C.F.: RIAGPP80P26F112N, Nr. REA RC-172019. 95 Iamonte fornisce a Iaria puntuali ed insindacabili indicazioni relative all’esercizio in questione dalle quali si desume con chiarezza che Remingo Iamonte è il reale detentore della predetta attività commerciale. 96 Conclusioni Dall’analisi delle diverse attività investigative raccordate dalla DDA di Reggio Calabria e di Milano, dalla discussione con i Magistrati i prima linea nelle guerre di mafia mi sono resa conto di come vicende ed articolazioni che apparentemente possono apparire isolate in realtà appartengono tutte ad un’organizzazione unitaria chiamata ‘ndrangheta. I risultati raggiunti dal mio lavoro di ricerca possono essere riassunti brevemente in due punti. Il primo dato che emerge è che la ‘ndrangheta non si presenta più con una struttura orizzontale fortemente radicata su un territorio o come un’associazione delinquenziale arretrata, legata a riti arcaici, chiusa in rigidi schemi, fortemente ancorata alle sue tradizioni e poco propensa ai cambiamenti. Al contrario la ‘ndrangheta risulta moderna, innovativa, con un’organizzazione di tipo mafioso unitaria. Le indagini hanno da un lato confermato le caratteristiche ben note delle cosche calabresi: il numero eccezionalmente elevato di affiliati anche in cittadine di modeste dimensioni che esistono fra gli associati e ne rafforzano i vincoli, anche di natura criminale, il rispetto di una serie di tradizioni e di rituali, la straordinaria pervasità sul territorio e il controllo di molte delle manifestazioni della vita amministrativa, sociale ed economica. 97 Ma accanto a queste conferme, le indagini hanno fatto emergere l’unitarietà della ‘ndrangheta come organizzazione di tipo mafioso. Non più dunque semplicemente un’insieme di cosche, famiglie o ‘ndrine, nel loro complesso scoordinate e scollegate tra di loro, salvo alcuni patti federativi di tipo localistico – territoriale, certificati da incontri, più o meno casuali ed episodici, dei rispettivi componenti di vertice. Sotto tale profilo, i plurimi elementi di prova raccolti consentono di evitare il grave rischio di una visione parcellizzata, frammentaria e localistica della ‘ndrangheta, una visione che non ne ha fatto apprezzare la reale forza complessiva in termini di legami e connessioni con il mondo “altro”, sia che si tratti di pezzi delle istituzioni, sia che si tratti di settori dell’imprenditoria, sia infine che si tratti di appartenenti al mondo della pubblica amministrazione o della politica. La ‘ndrangheta si presenta, dunque, come un’organizzazione di tipo mafioso, segreta, fortemente strutturata su base territoriale, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice. Essa è insediata nella provincia di Reggio Calabria, dove è suddivisa in tre aree, denominate mandamenti (Tirrenica, Città e Jonica), nel cui ambito insistono società e locali, composti a loro volta da ‘ndrine e famiglie. Ai vertici di tale organizzazione si pone un organo collegiale, definito Provincia o anche Crimine, con la precisazione che 98 quest’ultimo termine è riferito anche alle singole articolazioni associative e, in altre occasioni, all’intera associazione. La Provincia ha compiti, funzioni e cariche proprie: gli organi direttivi sono costituiti dal capocrimine, dal contabile, dal mastro generale e dal mastro di giornata. Si tratta di cariche elettive e temporanee, come tutte le cariche di ‘ndrangheta. Il ruolo di vertice della Provincia è riconosciuto in Calabria e fuori dalla Calabria. Dall’analisi da me condotta emerge inoltre un altro elemento di novità della ‘ndrangheta : l’esistenza di molteplici proiezioni, oltre il territorio calabrese (di cui la più importante è “la Lombardia”), secondo il modello della “colonizzazione”; ed i rapporti tra la casa madre e tali proiezioni “esterne”. Ed infatti dal territorio calabrese, la ‘ndrangheta si è da tempo proiettata verso i mercati del centro – Nord Italia, verso l’Europa, il Nord America, il Canada, l’Australia. L’infiltrazione e la penetrazione di questi mercati ha comportato la stabilizzazione della presenza di strutture ‘ndranghetiste in continuo contatto ed in rapporto di sostanziale dipendenza con la Calabria. Più in particolare, in Lombardia la ‘ndrangheta si è diffusa non attraverso un modello di imitazione, nel quale gruppi delinquenziali autoctoni riproducono modelli di azione dei gruppi mafiosi, ma attraverso un vero e proprio fenomeno di 99 colonizzazione, cioè di espansione su di un nuovo territorio, organizzandone il controllo e gestendone i traffici illeciti, conducendo alla formazione di uno stabile insediamento mafioso in Lombardia. Qui la ‘ndrangheta ha “messo radici”, divenendo col tempo un’associazione dotata di un certo grado di indipendenza dalla “casa madre”, con la quale però comunque continua ad intrattenere rapporti molto stretti e dalla quale dipende per le più rilevanti scelte strategiche. I risultati investigativi ottenuti sono il frutto, in primo luogo, del fattivo coordinamento tra le Procure Distrettuali di Reggio Calabria e Milano, consapevoli che una piena comprensione del fenomeno mafioso in esame può aversi solo attraverso il continuo scambio di materiale informativo e periodiche riunioni di confronto; questo è un dato che va appieno valorizzato e che ha trovato una precisa manifestazione nei provvedimenti dei due uffici giudiziari che vengono contestualmente eseguiti. Un coordinamento necessario anche per un’altra ragione: da un lato è infatti essenziale ricostruire l’espansione delle cosche fuori dalla provincia di Reggio Calabria, ma dall’altro è altrettanto essenziale contrastarle nel “cuore” del loro potere. In altre parole, è necessario sviluppare l’azione repressiva in modo contestuale sia a Reggio Calabria per colpire il centro vitale dell’accumulazione originaria in termini di potere economico, criminale in senso stretto, ma anche di “relazioni esterne”, sia 100 nelle altre regioni d’Italia dove si sviluppano le diverse proiezioni territoriali. Oggi la ‘ndrangheta ha “scoperto” l’importanza della comunicazione e, attraverso essa, tenta di recuperare quel “consenso sociale” che in passato le ha permesso di dominare quasi indisturbata. Una mafia senza consenso, senza omertà e senza l’appoggio di politici, imprenditori o semplicemente persone comuni che tacciono davanti a soprusi e intimidazioni, è una mafia senza potere che non può avere futuro. E questo la ‘ndrangheta lo ha sempre saputo, e si è sempre posta come custode e portatrice di valori popolari. Per lungo periodo, nonostante le sue radici criminali, è riuscita a suscitare nella popolazione atteggiamenti contrastanti. Da un lato la paura, indotta dalla violenza e dai delitti commessi, dall’altro una sorta di “reverenziale rispetto”. In passato diventare un ndranghetista era visto come un modo, anche se negativo, per ottenere rispetto, autorevolezza, dignità e ricchezza, era un modo per soddisfare la voglia di riscatto e offriva la possibilità di andare avanti senza dover abbandonare la propria terra ed emigrare. Inoltre tutti i rituali, i giuramenti, l’accentuazione dell’aspetto “sacro” di ogni manifestazione, l’importanza dell’onore e della fedeltà e l’infamia del tradimento facevano parte della tradizione culturale della popolazione. Per fortuna in questo periodo la situazione è notevolmente cambiata. La mafia non è più considerata come unica opportunità di ricchezza e di riscatto sociale, al contrario 101 grazie ai successi delle attività investigative e allo sviluppo di una sempre migliore comunicazione antimafia, il consenso della società nei confronti della mafia sembra si stia affievolendo. Proprio a causa di questo calo di consenso nasce l’esigenza da parte della ‘ndrangheta, di riacquistare una sorta di “contatto” con la società. Ecco perché bisogna parlare dalla ‘ndrangheta sui giornali, sulle televisioni, nelle scuole, nelle università. Perché solo sottraendole completamente il consenso e distruggendo quel muro di omertà che la difende possiamo combatterla. Bisogna svegliare le coscienze dell’opinione pubblica e indirizzarla verso la formazione di una cultura antimafia. Bisogna smetterla di sottovalutare la ‘ndrangheta considerandola come una semplice affiliazione di Cosa Nostra e iniziare a renderci conto che essa non è più solo un fenomeno sociale marginale ma rappresenta una complessa struttura dominante, capace di occupare sempre più potere nella società. Mi rendo conto che molti miei coetanei calabresi non conoscono la micidiale potenza della ‘ndrangheta e non perché siano superficiali, poco interessati o ignoranti, ma semplicemente perché non se ne parla, non se ne parla a casa, non se ne parla nelle scuole e devo dire se ne parla poco anche nella nostra università. Mentre tutti conoscono personaggi come Provenzano o Totò Riina sono invece in pochi quelli che, ad esempio, conoscono Giuseppe Morabito, Pasquale Condello o Domenico Oppedisano 102 importanti capibastone della ‘ndrangheta. Risulta quindi di fondamentale importanza formare e informare i cittadini sulla reale potenza della ‘ndrangheta, perché solo all’interno di una società civile conscia e consapevole dei pericoli causati dalla presenza della criminalità organizzata è possibile intraprendere una lotta alla mafia. Tale lotta non deve basarsi esclusivamente su azioni repressive ma deve favorire lo sviluppo di una vera e propria cultura antimafia. A tal riguardo i media e la scuola svolgono un ruolo di fondamentale importanza. Attraverso i mass media è infatti possibile attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e dei politici nei confronti del fenomeno mafioso. Mentre attraverso la scuola è possibile promuovere e diffondere un’ Educazione alla legalità, la quale però non deve limitarsi a impartirei principi costituzionali e giuridici, ma deve far comprendere la convenienza delle azioni legalmente riconosciute nella società. La ’ndrangheta ribadisco è un pericolo pubblico che tiene in libertà vigilata i cittadini calabresi. C’è una palese vischiosità nel rapporto tra i gruppi di ’ndrangheta e i soggetti sociali, economici e politici del territorio. Il controllo di economie e commerci, di relazioni e opinioni, di voti e burocrazie, non viene agito totalmente da qualcuno “su” qualcun altro, piuttosto assomiglia al controllo sociale soft, nel quale il controllato non solo obbedisce ma anche collabora “convinto” che gli convenga farsi proteggere o entrare a far parte di un’economia o relazioni o poteri socializzati dalla ’ndrangheta. 103 Sicuramente le cose possono cambiare. E la strada è quella di una sinergia tra istituzioni e società civile che rappresenta la speranza futura capace di risollevare una terra afflitta dal dolore dei suoi “eroi” e dal sangue dei suoi “giusti”. Sarebbe necessario rendere maggiormente aggressiva la repressione, e diffondere tra i giovani l’idea che oltre al successo e al potere vi è un valore superiore: l’umanità, la comunità fatta di esseri umani. In futuro e’ mia intenzione continuare su questo campo di ricerca per cogliere le costanti trasformazioni di un fenomeno criminale che costituisce una vera e propria economia parallela con effetti devastanti sulla collettività, sulla democrazia e sui principi etici della nostra società . 104 Riferimenti Bibliografici e siti internet di riferimento: Arlacchi P.(2007), La mafia imprenditrice, il Saggiatore Milano Badolati A.(2006), Malandrini, Klipper edizioni Cosenza Balloni A.(1983), Criminologia in prospettiva, Clueb Bologna Cantone R.(2008), Solo per giustizia, Mondadori Milano Careri C., Chirico D., Magro A. 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