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tutta la storia del santo stefano della boxe
LA STORIA DEL S. STEFANO DELLA BOXE A BOLOGNA (a cura di Maurizio Roveri da Boxeringweb.it) Il 26 dicembre è giorno tradizionalmente dedicato alla boxe in Italia. In passato, soprattutto, quando il pugilato nel nostro Paese “tirava” molto più di adesso e sui giornali aveva praticamente gli spazi del calcio e del mitico ciclismo di Coppi e Bartali, di Gimondi e Motta, Anquetil e Merckx, sbocciavano riunioni professionistiche in diverse parti della penisola il giorno dopo Natale. Milano (con personaggi come Loi, Campari, Garbelli, Lopopolo…), Piacenza, l’attivissima Cremona, e poi Roma, Lugo, Ferrara e diverse altre città o cittadine che hanno visto “grande boxe” per Santo Stefano negli anni ruggenti della noble art. E ovviamente Bologna. Perché ovviamente? Perché il “Santo Stefano pugilistico” qui ha sempre avuto un fascino speciale. Bologna rivaleggiava con Milano. Ci fu un anno che la metropoli lombarda presentò un 26 dicembre con ben 9 combattimenti fra pugili professionisti! Però i cartelloni di Bologna proponevano sempre tanta qualità. E 5-6 match professionistici ogni volta. Bologna aveva il colosso, Checco Cavicchi, sollevator di popolo, il peso massimo dal fisico perfetto, dotato d’una struttura possente ed equilibrata come nessun altro nella storia dei massimi in Italia. Cavicchi trascinava le folle alle riunioni di pugilato. Bologna aveva un grande promoter, Renato Torri. E successivamente un altro abile organizzatore è stato Bruno Amaduzzi, che gestiva la carriera di Nino Benvenuti e degli altri pugili della Supermercato Mobili. Negli Anni ’50 e soprattutto ’60, Bologna ha vissuto il “Santo Stefano” come qualcosa di sacro. Come religione. Era l’Evento. Un appuntamento al quale non mancare. Il “Santo Stefano pugilistico” come rito, come liturgia, come coinvolgimento emotivo. Passione, enfasi, delirio. Quasi tutti i più grandi personaggi del pugilato italiano sono passati da qua. Il “Santo Stefano” del ring nella città delle Due Torri ha radici antiche, se ne parlava già negli Anni Quaranta. A livello professionistico le statistiche ufficiali partono dal 1951. Okay. Allora prendiamo la macchina del tempo e andiamo indietro d’una sessantina d’anni. Il nostro viaggio parte da lì. Ecco la prestigiosa storia del "Santo Stefano della boxe" a Bologna. Con i suoi tanti personaggi, i suoi aneddoti, le curiosità. 26 dicembre 1951. A reggere il clou quel giorno c’era Aldo Pravisani, un pugile bravino che era allenato dal mitico Steve Klaus. Pravisani era nato in Slovenia il 23 ottobre 1930, ma i primi match della carriera “pro” li fece a Bologna dove – per le sue caratteristiche – divenne un idoletto. Però in quel Santo Stefano del 1951 non andò oltre un verdetto di parità contro Enrico Macale. Con il passar degli anni, Pravisani si trasferì in Australia dove diventò il migliore fra i pesi piuma. In Italia è stato campione nazionale dei pesi leggeri. Dal ’51 si salta al Santo Stefano del 1954. Il palazzo dello sport di Piazza Azzarita non esiste ancora. Si combatte in Sala Borsa, in via Ugo Bassi, è il tempio di Cavicchi e anche dei cestisti della Virtus. Cavicchi (il colosso di Pieve di Cento, cresciuto nella palestra bolognese della Sempre Avanti) era già campione d’Italia, per aver messo ko al decimo round – nel sentitissimo derby emiliano – il valoroso ferrarese Uber Bacilieri, a Milano. Cavicchi elettrizzava la gente. Ogni volta che una riunione di pugilato aveva lui per protagonista, il traffico nel cuore della città andava regolarmente in tilt. La gente faceva ore di fila davanti ai botteghini. Inevitabilmente si formavano code lunghissime che arrivavano in mezzo alla strada e ingolfavano gli incroci tra via Rizzoli, Ugo Bassi e Indipendenza. Davanti ai botteghini una incredibile ressa, al punto che regolarmente dovevano intervenire i “pulismani” per salvaguardare l’ordine. Quel giorno di Santo Stefano del ’54 Cavicchi stende il malcapitato Emile Bentz alla prima ripresa. Due minuti appena e… il francese è già nel mondo dei sogni. Quando lo sollevano, ha la faccia da stravolto e chiede dov’è e che cos’è successo... 26-12-1955. A Bologna sono in programma 5 match professionistici (oltre ad un nutrito contorno di dilettanti). Sul ring c’è Guido Mazzinghi, che è stato un ottimo peso medio (34 vittorie e 1 sola sconfitta in carriera). E’ il fratello maggiore del famoso Sandro. Picchia duro, Guido. Ha già alle spalle dieci vittorie per KO su una ventina di match quando si presenta a Bologna. Vince anche quel giorno, ma ai punti, contro Gino Rossi. Nel sottoclou spicca Remo Carati, peso medio bolognese, un prodotto della Pugilistica Tranvieri. Non elegante, boxa ingobbito, ma è un duro. Coraggioso, efficace. E’ un guerriero, Carati. Diventerà per anni un beniamino dei bolognesi. Remo costringe al KOT Giovanni Ferrazzi. Nella stessa giornata ci sono anche Artemio Calzavara (vittorioso su Bettazzoni), Luciano Grilli (che batte Nocentini) e Francesco Pinto (il quale vince per KOT contro Ardillo). Ma quel 1955 è l’anno che verrà ricordato per l’impresa di Cavicchi e per la più clamorosa affluenza di pubblico nella storia della boxe bolognese (nonché la terza di tutti i tempi in Italia). Franco Cavicchi in giugno era salito sul trono europeo dei pesi massimi (sconfiggendo il tedesco Neuhaus) ed era riuscito per quell'Evento a calamitare qualcosa come 60 mila persone – fors’anche di più - allo stadio Comunale di via Andrea Costa. Straordinario. Un Evento destinato alla Storia. 26-12-1959. Il “Santo Stefano” fa il suo ingresso nel bellissimo palasport di Piazza Azzarita, suggestivo, progettato con idee moderne, guardando al futuro (infatti è ancora oggi un impianto apprezzatissimo). tutt’oggi un gioiellino). Venne progettato per contenere le folle che Cavicchi era capace di smuovere. L’attrazione del pomeriggio ovviamente è l’omone che viene dalla campagna di Pieve di Cento. Cavicchi, detto anche “Emilian Bull”, batte ai punti Lave Kitione. Sul ring di Bologna in quel Santo Stefano c’è anche Piero Rollo, il forte mancino cagliaritano in cerca di rilancio dopo aver perso il titolo europeo dei gallo contro Freddy Gilroy all’Empire Pool di Wembley a Londra. Rollo era salito sul trono europeo nel 1958 prevalendo su Mario D’Agata. Il cagliaritano tornerà poi in possesso della cintura europea battendo Pierre Cossemyns nel 1961 in Belgio e successivamente imponendosi al mitico francese Alphonse Halimi nel 1962 a Cagliari. Quel 26 dicembre 1959 al palasport di Bologna Rollo fulmina (KOT al 1° round) Stanislas Sobolak. Va in scena anche Vittorio Stagni, buon peso massimo bolognese, cresciuto nella palestra della Tranvieri: cede ai punti all’insidioso Jimmy Slade. Seconda sconfitta nella carriera professionistica, in verità breve, del buon Stagni che dal 1957 al 12 gennaio 1959 aveva collezionato otto successi di fila (anche contro Federico Friso). 26-12-1960. Nel Madison di Piazza Azzarita è il Santo Stefano del derby cittadino dei colossi. Cavicchi contro Stagni. Vince Checco ai punti, ma Stagni si merita applausi e consensi per lo sforzo compiuto e per essere riuscito a reggere 10 round a un tipo come Cavicchi, dotato d’una “castagna” devastante (che però usava in maniera davvero efficace quando era motivato e concentrato…). In quella riunione del ’60 compaiono altre “firme” importanti. Debutta da professionista Franco De Piccoli, un altro gigante del ring, la medaglia d’oro dei pesi massimi ai Giochi Olimpici di Roma: il poderoso mestrino dalle mani pesanti (29 i suoi successi per KO in carriera su 37 vittorie in 41 combattimenti) si propone sulla “piazza” bolognese in maniera impressionante, facendo saltare in aria Moriggi al primo round. Luci puntate pure su Alfredo Parmeggiani, bolognese, “scuola” Sempre Avanti, peso welter bravo e bello, elegante interprete della noble art. Vince limpidamente ai punti (Parmeggiani, poco pugno ma grande stilista, chiuderà la carriera nel 1966, con un record professionistico di 28 vittorie e soltanto 3 sconfitte, e da pugile dilettante era stato campione d’Italia). 26-12-1961. Ancora una parata di Stelle. Sul ring del Madison bolognese arriva Mazzinghi. Stavolta è Sandro, destinato a diventare il più celebre dei due fratelli di Pontedera, anzi uno dei più celebri italiani del ring. E’ al suo quinto combattimento da professionista. Il lanciatissimo toscano - allora ventitreenne liquida Francesco Pondrelli infliggendogli un KOT al secondo round. Quarta vittoria prima del limite del ruggente avvio di carriera del superwelter di Pontedera, che otto giorni dopo (sì, appena otto giorni) si ripresenterà sul ring bolognese mettendo KOT Guglielmo Paulon. In quel Santo Stefano del ’61 fa bella figura un bel trio di bolognesi: Raimondo Nobile, Remo Carati, Alfredo Parmeggiani. Tutti vincitori. 26-12-1962. Edizione davvero straordinaria del “Santo Stefano” bolognese. Il meglio che si potesse immaginare. C’è Nino Benvenuti. Lanciatissimo, brillante, il personaggio che fa sognare la gente del pugilato. Sconfigge Giampaolo Melis, fulminandolo con un knock-out alla seconda ripresa. Il sottoclou è affidato al… peso massimo del momento, il bresciano Santo Amonti, fresco campione d’Italia (proprio alcuni mesi prima, in maggio, a Brescia, aveva strappato il tricolore a Cavicchi, difendendolo poi vittoriosamente contro Bozzano a Roma in ottobre). Però… Bologna non porta fortuna ad Amonti che cede ai punti a Tommy Fields sulla distanza dei 10 rounds. Quel pomeriggio del Santo Stefano 1962 ha per interpreti anche Bruno Santini, Nevio Carbi, Luigi Baseotto. E sul ring c’è anche Romano Rubini. Sì, colui che poi diventerà storico Maestro della palestra Sempre Avanti dello stadio a Bologna. In quel 1962 Romano Rubini, già bravo pugile dilettante, era un giovane professionista interessante e quel giorno sconfisse ai punti Gustavo Lo Cascio. 26-12-1965. Cavicchi s’è già ritirato da tre anni (71 vittorie, ben 45 prima del limite, 14 sconfitte e 4 pareggi in 11 anni di attività professionistica) ed ecco… entrare in scena un altro peso massimo, un bolognese doc. Si chiama Dante Canè. Incrocia i guantoni con tale Celio Turrini, il match viene interrotto dopo tre round e il verdetto è di “no contest”. Il pubblico si consola con Remo Carati, che batte ai punti Cariddi Rossi. Il bolognese Carati (“scuola” Tranvieri, come Ray Nobile) si avvia verso la fine d’una carriera che lo ha visto per due volte sul trono italiano dei pesi medi (nel 1962, battuti prima Fortilli e poi Cottino). 26-12-1967. Un altro “nome” entra a far parte della storia del Santo Stefano bolognese. Juan Carlos Duran, uno dei più sublimi interpreti della boxe intesa come noble art. Autentico artista del ring, veniva dall’Argentina. Aveva combattuto anche nel prestigioso “Luna Park” di Buenos Aires. Ferrara era diventata la sua città. Quando salì sul ring di Bologna nel Santo Stefano del ’67, Carlo Duran era fresco fresco di titolo europeo. La “star” del momento. Infatti quaranta giorni prima, l’italoargentino era stato capace di realizzare un’autentica impresa: a Torino, il 17 novembre, aveva sconfitto per KOT alla dodicesima ripresa un campione come lo spagnolo Luis Folledo, un tipo che – al momento di quel match – vantava 108 vittorie e appena 5 sconfitte. Carlo Duran, ripresentandosi a Bologna (dove aveva già combattuto diverse volte ad inizio carriera) da neo-campione d’Europa fece un match intelligente, di grande controllo. Dominando per 10 rounds, con il magistrale uso del jab sinistro e la sublime tecnica difensiva, un avversario insidioso come l’americano Teddy Wright. Carlos (che nel frattempo era diventato Carlo, avendo ottenuto nel 1966 la cittadinanza italiana) vinse limpidamente ai punti. Evitando con saggezza ogni rischio, perché Ted Wright - già valido rivale di Emile Griffith e di Nino Benvenuti – era un tipo al quale era saggio non concedere confidenza: sarebbe potuto diventare pericoloso in qualunque momento. Wright e Duran si erano già affrontati, al Palalido di Milano nel 1964, e ne era uscito un verdetto di parità. Il pubblico bolognese, in quella grande riunione del 26 dicembre 1967, ebbe l’opportunità anche di ammirare altri pugili di valore come Enzo Farinelli, Silvano Bertini, Gianfranco Macchia. 26-12-1969. E’ l’anno della sfida fra Enzo Farinelli e Nevio Carbi. In proiezione europea. Il bolognese Farinelli, quell’anno, aveva conquistato il titolo italiano dei pesi gallo sconfiggendo ai punti Carmelo Massa a Cagliari. Poi, aveva battuto José Bisbal. Ma nel Santo Stefano del Sessantanove non andò oltre il pari contro Carbi. Avrà poi la chance europea nel giugno del ’70, cedendo ai punti a Franco Zurlo in 15 rounds sul ring di Napoli. 26-12-1970. Enzino Farinelli c’è anche in quel primo “Santo Stefano” bolognese degli Anni Settanta e vince ai punti contro Domenico Chiloiro. Pareggia Nicola Menchi, perde Piero Cerù contro Nelson Gomez. 26-12-1971. Il clou del Santo Stefano di Bologna torna ad essere rappresentato da un pugile di grandissima classe come Carlo Duran che firma un signor match prevalendo ai punti contro un avversario quotato come Matt Donovan. E’ sempre una delizia per gli occhi vedere la tecnica, l’arte difensiva, le finte, le schivate, il senso tattico, l'intelligenza di questo artista argentino del ring, diventato italiano nella sua Ferrara che tanto amava. Carlo Duran - è bene ricordarlo - è stato cinque volte campione d'Italia dei pesi medi, sei volte campione d'Europa dei medi (conquistò il titolo nel 1967 con un KOT al dodicesimo round ai danni del forte Luis Folledo spagnolo che in quel momento vantava un record professionistico di 108 vittorie e appena 5 sconfitte…). E poi, scendendo sorprendentemente di peso quando già aveva 36 anni, Carlo Duran ha saputo vincere tre combattimenti Europei con il titolo dei superwelter in palio. Prima di lasciare la cintura nelle mani di Jacques Kechichian. In carriera, l'indimenticato argentino arrivato a Ferrara nel 1960 ha combattuto 85 volte, ottenendo 67 vittorie (21 per KO), 8 pareggi e perdendo soltanto 9 volte, dal 1958 al '73. Quel match con Donovan, buon pugile del Trinidad, nel Santo Stefano bolognese del 1971 fu di apprezzabilissima espressione tecnica. Nella stessa riunione Domenico Adinolfi impose la sua consistenza a Carl Baker mettendolo KO (due anni più tardi Adinolfi sarebbe diventato campione d’Italia dei mediomassimi e nel ’74 campione d’Europa). Inoltre, quel giorno a Bologna vinsero Enrico Barlatti, Antonio Lauri, Osvaldo Smerilli. 26-12-1973. Match pari fra Bepi Ros (storico avversario di Dantone Canè) e Vasco Faustinho. Verdetto di parità anche nel confronto tra Pietro Zanola e Domenico Scala. Piero Meraviglia s’impone per KOT a Oliviero Pierleoni. Laureti batte ai punti Visini. 26-12-1974. Viene proposto, a reggere il cartellone, un futuro campione d’Europa. E’ il forlivese Primo Bandini, detto “maremoto”. Bandini arriva al palasport di Bologna con appena otto match alle spalle (sette successi, sei prima del limite). Nel Madison di Piazza Azzarita il superleggero forlivese batte ai punti Pierino Meraviglia. Due anni più tardi, “maremoto” diventerà campione d’Italia e in una strana notte dell’agosto 1977 a Rimini vivrà il suo grande momento di gloria salendo sul trono d’Europa (vittoria per squalifica contro Jean Baptiste Piedvache, dal quale poi sarà sconfitto nella rivincita a Parigi). Tornando al Santo Stefano bolognese del ’74, da registrare sul ring un altro guerriero romagnolo, il generosissimo Italo Venturi di Gatteo Mare. E’ un peso welter che ha nel ritmo e nell’intensità le risorse migliori, e a Bologna batte Giuseppe Carbonara per KOT al 5° round. 26-12-1975. Al centro del palcoscenico di questo “Santo Stefano” c’è un titolo italiano dei pesi massimi. L’attrazione è Dante Canè, che difende contro Benito Penna la sua cintura tricolore, già difesa dagli assalti di Bepi Ros (pari a Conegliano) e di Lorenzo Zanon (folgorante successo del bolognese per KOT all’8° round a Milano). Canè firma un’altra vittoria, ai punti. Il manager Bruno Amaduzzi quel pomeriggio del 26 dicembre 1975 propone Oscar Aparicio, un salvadoregno dall’apprezzabile tecnica, ha ventotto anni, due anni prima aveva retto dignitosamente ai punti (in 12 e in 10 round) due match con il leggendario Alexis Arguello. Oscar Aparicio arriva in Italia nell’estate 1975. E’ bravo, e si vede. Il trainer Libero Golinelli lo prende sotto le sue cure, gli trasmette le giuste motivazioni e per un anno e mezzo Aparicio fa cose eccellenti. Poi… qualcosa s’inceppa nel suo ingranaggio. Dal 1977 non è più quello di prima, diventa un perdente, a parte il grande squillo del 10 dicembre 1977 quando a Kiel in Germania si permette il lusso di mandare KO al 3° round il quotatissimo Lothar Abend. Ma torniamo al pomeriggio del Santo Stefano 1975: Aparicio, al suo quinto combattimento a Bologna (tutti vinti prima del limite), costringe Piero Cerù a subire un KOT. In quel pomeriggio del 26 dicembre 1975 va in scena anche un torneo di mediomassimi fra Cristiano Cavina, Giovanni Bertini, Leopoldo Centorrino e Gino Freo. Ed è il padovano Freo ad imporsi. Desta tuttavia curiosità quel lungo ragazzo italo belga che vive a Faenza. Si chiama Cristiano Cavina, nato a Ugree in Belgio, da madre russa e padre emiliano. Lo prende sotto la sua gestione il procuratore bolognese Duilio Fenara. E’ un ragazzo con potenzialità interessanti, ma tutto da disciplinare tatticamente, da sgrezzare, anche da far maturare come persona. Cristiano è un ragazzo buono e sensibile. Il percorso non è per nulla semplice. La sua carriera è stata caratterizzata da alti e bassi. Comunque, Cavina è riuscito ad essere per quattro volte campione d’Italia dei mediomassimi (1980 e 1981). Smise con la boxe nel 1985. Si tolse la vita tragicamente nel gennaio 1997 all’età di 45 anni, vittima disperata di una crisi depressiva. 26-12-1977. Protagonista è ancora Dante Canè. “Dantone”, beniamino dei bolognesi, fa assaggiare la consistenza dei suoi cazzotti a Jerry Thompkins, americano del New Jersey che due mesi prima aveva sconfitto Mario Baruzzi a Rimini. Questo Thompkins nel settembre del ’76 s’era guadagnato un ingaggio in una riunione nel mitico Yankee Stadium di New York. Dunque, era tutt’altro che uno sprovveduto. Ma a Bologna lo statunitense resse per sei riprese a Canè e poi… disse basta, ne aveva già prese abbastanza di botte! 26 dicembre 1978. E’ un giovedì. L’ultimo “Santo Stefano” di Dantone Canè, che tenta a 38 anni una missione ai confini dell’impossibile: conquistare quel titolo europeo, che già gli è sfuggito contro Bugner, sfidando la nuova stella dei massimi. Alfredo Evangelista, spagnolo-uruguayano, ha ventidue anni, è forte fisicamente, potente, lanciatissimo, un vulcano di energie. Canè ci prova. Attacca, porta anche un gran colpo che sorprende per un attimo l’ambizioso giovanotto. Evangelista allora cambia marcia e la differenza appare evidente. Dante al quarto round saggiamente abbandona. Decisione intelligente. Non avrebbe avuto alcun senso andare incontro ad una dura punizione. Canè non l’avrebbe meritata, una punizione. L’abbandono in questo caso è logico e dignitoso. E la gente capisce. I novemila bolognesi che affollano il Madison nel cuore della città non si sentono traditi. Anzi, restano orgogliosi del loro guerriero e di tutto quel che ha dato nella sua lunga onestissima carriera. E parte un grandissimo applauso. Dante è commosso da tanto affetto. Il giorno dopo annuncia il ritiro. Nel contorno di quel Santo Stefano (l’ultimo caratterizzato da una folta affluenza di pubblico) fa capolino colui che, poi, diventerà l’interprete principale in anni meno brillanti della boxe bolognese. E’ Lucio Cusma. Si presenta battendo Traini ai punti. Quel giorno a Bologna combatte anche Valerio Nati (il forlivese che poi diventerà campione d’Europa e del mondo dei piuma), che batte Zebelini. Quattro anni più tardi, il bolognese Cusma conquisterà l’Europeo dei leggeri costringendo Joe Gibilisco al KOT sul ring siciliano di Capo d’Orlando. Il Santo Stefano del ’78 vede anche Oscar Aparicio battere Hugo Carrizo, mentre l’imolese Angeli prevale su Mario Ficano siciliano che viveva a Bologna. 26-12-1980. Bologna, stavolta, propone nel giorno dopo Natale un ragazzotto di Rimini dalla faccia sveglia e che non ci pensa su due volte quando c’è da menare. E' un guerriero, non esita a muovere le mani, e fa male soprattutto con il sinistro (è un mancino impostato in guardia normale). Ha 19 anni, si chiama Loris Stecca, al suo angolo c’è il numero uno dei managers, il mitico Umberto Branchini, e c’è il Maestro Elio Ghelfi altro personaggio entrato nella storia. Ha lo sguardo fiero del fighter, questo Loris Stecca. Ci tiene a fare un figurone nel tempio della boxe bolognese. E parte fortissimo, si lancia immediatamente all’assalto del malcapitato Dzavid Mahmutovic il quale non riesce a ripararsi da quel tornado di cazzotti. Il frastornato slavo viene salvato dall’arbitro che, al primo round, lo sottrae letteralmente dalle mani dell’indiavolato Stecca. Ponendo fine al match. Nella stessa riunione viene presentato anche Patrizio Oliva. Il gioiellino napoletano vince ai punti contro Mohammed el Kadoumi. Loris Stecca e Patrizio Oliva insieme, sulla rampa di lancio. Qualche anno dopo entrambi conquisteranno il mondo. Nel contorno vincono due compagni di scuderia e di palestra di Loris, anche loro riminesi, cioè Walter Cevoli e Franco Canini. 26-12-1981. In questa edizione del Santo Stefano troviamo per interpreti Nino La Rocca e Sumbu Kalambay. I quali vincono per KOT all’8° round: La Rocca contro Mike Herron, e il più bravo Kalambay (pugile “vero”, di classe, diventato poi un “super”, 4 volte “mondiale” WBA dei medi) contro il molinellese Gabriele Lazzari. Angelo la Mattina cede a Mauro Hernandez da Cruz; Saraullo batte Lubaki; match pari fra Spadaccini e Fenu. Passano sei anni senza un Santo Stefano professionistico a Bologna. Sono anni bui per la boxe. Si riprende nel 1988, ma non a Bologna. Si va in provincia, a Ozzano Emilia dove si registrano vittorie prima del limite per Di Natale, Aiello e Belkif. Ancora il ring di Ozzano per il Santo Stefano 1992.Cinque match professionistici. Successi per Bertozzi, Mattioli, Pisani, Pastore, Solinas. Poi… il niente. Sono tempi di vacche magre. Anzi, scheletriche. L’antica tradizione del Santo Stefano del ring, a Bologna, sembra irrimediabilmente perduta. E invece – provvidenziale - la riacciuffa la Pugilistica Tranvieri. Riportandola invita. Dal 1999 la Società dilettantistica di via Saliceto organizza, puntualmente, ogni 26 dicembre, quello che una volta era un rito nella città delle Due Torri. La Tranvieri, con le poche risorse economiche che ha, fa quel che può. Ci mette tanta passione. E la passione sa fare anche miracoli. Per nove anni la Pugilistica Tranvieri ha fatto salire fra le sedici corde i suoi migliori dilettanti, sempre opposti a validi avversari. E dal 2009 riesce – facendo i salti mortali – ad inserire in un ampio cartellone un match professionistico. Con Mario Salis (un prodotto della Tranvieri) al centro della scena. Grazie anche alla bella collaborazione con l’AICS (Associazione Italiana Cultura e Sport) comitato provinciale di Bologna. Ecco… un piccolo prodigio che puntualmente si rinnova. LE ULTIME EDIZIONI – Il 26 dicembre 2011, sul ring allestito nella palestra “Deborah Alutto” di via dell’Arcoveggio, il superpiuma sardo-bolognese Mario Salis sconfiggeva limpidamente ai punti, sulla distanza delle sei riprese, un avversario ostico e insidioso come Agim Hamza. Non un match semplice per il pugile lanciato dalla Tranvieri. Il quale ha dovuto addomesticare l’aggressività e la solidità del pugile kosovaro, residente a Pescara. Salis era partito contratto e prudente. Comprensibili i suoi timori. Veniva da due sconfitte. Si trovava di fronte a un bivio. Quel suo record contraddittorio (5 match vinti, 4 persi), dopo tre anni da professionista caratterizzati da contrattempi, infortuni e qualche problema personale, richiedeva necessariamente un successo convincente. Mario sapeva che avrebbe dovuto faticare e che avrebbe anche potuto soffrire. Ha avuto il merito di venir fuori, con orgoglio e tecnica, da una situazione delicata alla seconda ripresa quando ha subìto un conteggio in piedi. Il trentunenne elettricista bolognese (ben 87 combattimenti da dilettante con 63 vittorie, professionista dal 2008) ha abilmente fatto uso d’una maggiore esperienza. Malizia, intelligenza e mobilità, per evitare che Hamza potesse prendere fuoco alla corta distanza. Tanto senso tattico, da parte di Salis. Quel cambiare spesso guardia e un diretto destro molto attivo e pungente: è così che Mario Salis è riuscito – l’anno scorso - a tenere sotto controllo il temperamento e la potenza del pescarese della colonia Adriatica Boxe. L’anno scorso la Pugilistica Tranvieri ha addirittura… raddoppiato. Ha raddoppiato l’offerta. Non più un solo incontro professionistico, ma due. Ancora Mario Salis, ovviamente. Al quale è andata ad aggiungersi Elga Comastri, la guerriera, la “iron woman” bolognese degli sport da combattimento, una carriera lunga, tante battaglie, tanta passione, tanta costanza, tanta resistenza (prima di dedicarsi al pugilato, si è vestita di gloria conquistando il titolo di campionessa del mondo di kick boxing!). E’ stato, quello del 2012, un “Santo Stefano” decisamente interessante. Che ha reso onore ai 50 anni di attività festeggiati dall’AICS, ente di Promozione sportiva riconosciuto dal Coni. Il 26 dicembre di un anno fa Mario Salis sul ring della palestra Deborah Alutto vinceva finalmente il suo primo match del 2012. Sconfiggendo ai punti lo slovacco Peter Balaz. Finalmente una meritata soddisfazione. I precedenti tre combattimenti dell’anno infatti - non lo avevano visto vittorioso, seppure Mario si fosse battuto più che dignitosamente. Ma va detto che era sempre andato nella tana degli avversari. Accettando match duri, difficili. Una scelta necessaria, di questi tempi, se si vuola vere l’opportunità di salire sul ring di tanto in tanto e raggranellare qualche eurino. Positivo sicuramente era stato il pareggio ottenuto a Pescara, incontrando Agim Hamza stavolta a casa sua. E poi due escursioni a Roma, affrontando l’espertissimo e quotato Pasquale “El Puma” Di Silvio (ex-campione d’Italia dei leggeri) e successivamente l’emergente Manuel Lancia. Sono arrivate due sconfitte, ma Salis ha saputo farsi apprezzare. Bene, il 26 dicembre 2012 il pugile preparato da Rosa e Di Tullio ha controllato con sicurezza e serenità un “collaudatore” esperto e alquanto impegnativo. Lo slovacco Balaz non si è limitato a fare...il compitino, ha anche cercato di “fare il match”, attaccando. Salis non si è mai lasciato sorprendere. Attento, rapido e tonico fisicamente, ha imposto la sua migliore espressione tecnica. Crecendo round dopo round. Salis ha interpreato un match convincente sul piano del ritmo, della mobilità, della precisione, facendo viaggiare in scioltezza il sinistro (diretto e montante) e il gancio destro. Peter Balaz è arrivato alla fine affaticatissimo, anzi stremato, subendo un conteggio nella sesta e ultima ripresa: tuttavia ce l’ha fatta a terminare in piedi il combattimento. Limpido anche il successo di Elga “Iron” Comastri, ai punti, contro la ungherese Alexandra Gorov la quale ha molto sofferto il gancio sinistro della “guerriera” bolognese. Nel contorno dilettantistico vittorie per Valentina Alberti, William Vignoli, Riccardo Brasa, Eno Gjeloshaj e Mohamed Kassimi, mentre Antonio Casali ha ceduto di stretta misura ad un ottimo Matteo Toschi in un match intenso e spettacolare.