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2 a parte
Un gruppo di giovani Sinti si racconta esprimendo la contraddizione insita nella formazione dell'identità tra l'essere Sinto e il modo di vivere dei gagi Incontri con i Sinti di Bologna Conversazioni nate da uno spontaneo bisogno di comunicare e di raccontarsi, di sentirsi considerati e valorizzati di Federica Zanetti L'INCONTRO Il nostro giornalino Questi brevi scritti sono frutto di incontri con un gruppo di giovani Sinti, residenti presso l'area del Bargellino, nei pressi di Bologna. Il parco, la casa, la roulotte, hanno fatto da scenario a tante conversazioni nate da uno spontaneo bisogno di comunicare e di raccontarsi, di sentirsi considerati e valorizzati, che hanno permesso di costruire, inoltre, una conoscenza reciproca, una dimensione di socializzazione e una libera espressione delle idee. I temi affrontati hanno toccato tutte le problematiche giovanili, il conflitto generazionale tra genitori e figli, il rapporto sogno/realtà, l'amore, le speranze per il futuro, a cui si aggiunge però anche la contraddizione insita nella formazione dell'identità tra l'essere Sinto e il modo di vivere dei “gagi”. Chiacchierando con SUSI DEBAR RAPPORTO CON LE ISTITUZIONI Finché ci trattano male, finché ci trattano come degli stupidi, inferiori, finché dicono parolacce quando parlano con noi e non ci danno il diritto di esprimere i nostri problemi NOI NON POTREMO ESSERE BUONI CON LORO. Sono loro che ci fanno CATTIVI, perché loro sono troppo CATTIVI. LAVORO Nessuno ci vuole a lavorare ma dobbiamo pagare sempre tutto e molto caro. Io vado a vendere. Si cammina molto e se sei da sola ti annoi. Ma a me piace lavorare, mi piacerebbe avere una licenza come mio padre, per una bancarella. Me la farei in legno, che si piega, con un bel tendone. Io so fare i bonsai con i tralci di vite e i fiori finti, vengono troppo belli. A me piace farli, so fare tante cose ma se sei insieme a qualcuno è meglio, ti viene più voglia. Anche oggi sono andata a vendere con mia cugina, ho fatto trentamila. Diecimila per la benzina, cinquemila per comprare altri fazzoletti. Sempre la stessa vita, la solita stronza vita, dalle 8 alle 12 sempre a camminare, cammina, cammina, poi ti fermano sempre i carabinieri. Se potessi guadagnare un po' di soldi, piano piano vorrei comprare un camion (furgone). DONNE E LAVORO Non ce ne sono tante di donne che fanno una vita come me, adesso. Una volta si. Gli uomini non facevano niente, stavano a sedere, con i bambini intorno e le donne raccoglievano i legni, facevano il fuoco, la spesa, preparavano da mangiare e quando tornavano a casa le prendevano anche. A volte facevano bene, cosi le donne andavano più dritte. Adesso le donne sono diventate uomini e gli uomini sono diventati donne, fanno da mangiare, non comandano più. GIOVENTU' Io a volte credo di impazzire, penso di morire e lo vorrei. La Kumpania non c'é più, i giovani vanno ognuno per conto loro. C'é solitudine. Se non fosse per i miei genitori, che sono vecchi, me ne sarei già andata. Non si va insieme ad un cinema, a prendere un gelato, non c'é più voglia di far niente. IL CAMPO 30 anni fa eravamo nella SMALTA (i Sinti emiliani sono chiamati anche SMALTATORI, cioé coloro che vivono nella smalta, nella terra), senza acqua, né luce. Poi dopo tante lotte di mio padre (Floriano Debar) siamo arrivati qui, in un campo che é una riserva, lontano dai negozi, dalla città e dove chi arriva da fuori, anche se é uno dei nostri parenti, per stare con noi, viene cacciato dai carabinieri (si riferisce ad un recente fatto per cui hanno negato il permesso di entrare alla famiglia di uno zio). Ci hanno offerto una casa, all'ottavo piano di un palazzo al Pilastro (zona più malfamata della città), solo per noi e la famiglia? Non possiamo lasciare tutti e andare a vivere da soli. Sai qual é stata la rovina dei Sinti? I CAMPI Una volta quando ci si incontrava anche i più anziani era sempre una festa, ci si abbracciava tutti. Adesso ci voltiamo dall'altra parte. IL PASSATO In passato la gente ci vedeva arrivare con i carrozzoni e diceva "Anche noi vorremmo vivere così". Adesso non abbiamo più contatti, siamo chiusi qui, senza altre possibilità. Una volta giravamo sempre e dove ci fermavamo, dormivamo nella paglia e ci scaldavamo davanti ad un fuoco. Era bello girare. Adesso ci cacciano via, ovunque tu vai. Ma io quando non dovrò più accudire ai miei genitori me ne andrò via. Sono nata nella paglia e posso continuare a starci, ma almeno sono libera. UNO SFOGO Sono stata male ma ora sto meglio. E' la testa che mi fa star male, non mangio più, é la tristezza. La mia vita é sempre stata brutta, troppo brutta, sono sola. Io vorrei andare via, girare e litigo sempre con mio padre perché lui vuole stare qui. Io invece no. Quando c'era qui mia cugina, che é anche un'amica, mi metteva energia, andavamo a vendere per avere i soldi della spesa. Io non voglio tanti soldi, voglio solo ventimila per mangiare ed essere serena. Per un anno ho bevuto, bevevo sempre ma stavo ancora più male, per due volte ho cercato di farla finita. Io non rubo, ho troppa paura, non sono capace. Tu sei la prima persona che parla con me, che mi ascolta; anche quando venivano dei gagi parlavano con le mie sorelle ma non con me. Mi hanno sempre un po' evitata. Tutti dicono, anche le mie sorelle, che sono diversa, sono la più ZINGARA. Io sai, ero la più allegra di tutti, qui al campo. Tutti mi cercavano perché facevo scherzi con tutti e mettevo allegria a tutto il campo. Poi dopo l'incidente con mio padre, sono cambiata, non sono più stata io. Forse mi é partita una cellula!! PERCHE' HO SCELTO DI NON SPOSARMI Un gagio non lo voglio, un sinto non ti aiuta in niente, spende per bere e per fumare poi ti manda a chiedere. Allora io sto bene così, quando ho bisogno di soldi vado a vendere, mi faccio ventimila, prendo le sigarette, un panino e sono già contenta così. Se avessi dei bambini come farei? Non lo potrei fare, sai quanti pensieri per dargli da mangiare che non hai abbastanza soldi? L'EDUCAZIONE DEI GIOVANI Una volta, quando ero più piccola non si poteva far niente, né cinema, né bar, niente e se ci andavi quando tornavi ti picchiavano. Adesso vanno dove gli pare e nessuno li guarda. Anche gli anziani non comandano più. COS'E' UN SINTO SENZA LIBERTA'? Io voglio essere libera, quando muori nella tomba devi stare, allora finché sono al mondo voglio viaggiare, vedere delle cose. Non voglio fare la fine di mia madre che non si é mai spostata da qui. Chiacchierando con DESY SE TU DOVESSI DIRE CHI SONO I SINTI COSA DIRESTI? Io abito in un campo, in una roulotte. Noi Sinti lavoriamo, andiamo per ferro o dove ci chiamano. Ci vestiamo come voi, mangiamo come voi. Crediamo molto nei santi, ogni 13 giugno andiamo a Padova, sappiamo che dobbiamo essere là perché c'é lui. Noi ragazze non abbiamo molta libertà e ci sposiamo tra di noi, anche tra cugini. IL CAMPO Perchè non usciamo dal campo? Quando sono al campo non ho voglia di far niente, ma se usciamo in qualsiasi posto, no. Io vorrei sempre andare da qualche parte, tanto il computer lo possiamo portare? Noi non frequentiamo persone fuori dal campo, neanche di altri campi. Noi giovani siamo nati tutti insieme, ma poi siamo cresciuti, loro con delle regole, noi con le nostre. Sai qual é stata la rovina dei Sinti? I CAMPI. Io quando mi sposo voglio andare via da questo campo, in un altro, anche se poi vengo a trovarli. Anche se qualcuno dice che il campo fa schifo, sa che non può stare lontano più di due giorni. IL MATRIMONIO: UOMINI E DONNE Prima si sposavano a 12-14 anni come mia zia; mia madre si é sposata a 19 anni; adesso ci si sposa dopo, quando hai anche 20 anni, ma sai perché? Per la libertà. Non é che puoi andare fuori a ballare, ma puoi uscire con un'altra amica anche lei sposata. Se io mi metto insieme ad una persona é perché hai un futuro. Stai insieme poi ti prendi. Voglio che il mio uomo comandi, che abbia i pantaloni. Se devo comandare io, tanto vale che non mi sposo neanche. Alcuni si fanno uomini grandi, che grandi non sono, e comandano troppo, anche così non mi va bene. Se va via una notte, se beve anche se io non voglio un uomo che beve, quando torna, la prima volta, trova la porta chiusa e la valigia fuori, perché io non mi fido più: dove sei stato una notte? I SINTI E I GAGI I gagi lavorano, hanno una casa, e possono pagarsi i vestiti, la luce, se vogliono andare da qualche parte ci possono andare, i sinti invece no, é più difficile la vita dei sinti. I gagi non mi piacciono per il loro carattere, perché certi sono proprio cattivi. Per i sinti la cosa più brutta é il campo, stare fermi, E' BRUTTO ESSERE SINTI E STARE FERMI. Quando parliamo diciamo che prima era più bello, giravamo sempre e non ci mandavano via. Non é più come prima perché é cambiato il mondo, é cambiata la gente. E' anche per la politica, ma é perché siamo zingari. Ma io se vado in centro e mi vesto bene, passo da gagio. Io non mi fido dei gagi, ti parlano male. Avevo un'amica gagi, quando andavo a trovarla, si nascondeva, e se parlava con me aveva tremila occhi. Su tremila ce ne sono due buoni. Io non mi trovo forse perché non mi sono mai trovata con un'amica vera. Chiacchierando con DANIELE I gagi non si vergognano di stare con i Sinti, sono i Sinti che si vergognano quando stanno con i gagi. Ma ci sono delle persone troppo brave, noi abbiamo tanti amici che ci vengono a trovare, stanno con noi, mangiano con noi, nei nostri piatti. A me piace divertirmi, stare tutti insieme, suonare la chitarra. Quest’inverno ho deciso che dovevo imparare, mi sono chiuso dentro, non uscivo più, finchè non sono riuscito a suonare la musica del Ciclone. Io non fatto così. Quando andavo a scuola stavo male, mi vergognavo quando mi interrogavano, diventavo di tutti i colori, ma adesso che non ci vado più, mi dispiace. So parlare ma non so scrivere tanto bene, insomma così così. Poi ho fatto un corso per muratore, ho lavorato ma mi pagavano niente. Vado anche per ferro, quando c’è del lavoro io vado. La vita del Sinto non è brutta, è una bella vita. In inverno stai fermo, hai l’acqua calda, stai caldo e in estate vai in giro. Io ormai ho visto tantissimi posti. Io, quando conosco delle persone nuove lo dico sempre che sono un Sino, non mi vergogno, anzi sono contento. La cosa che abbiamo perso di più è la lingua, noi giovani capiamo qualcosa, ma non sappiamo parlare. DESI INTERVISTA NONNO FLORIANO Noi giovani vogliamo sapere la vostra storia, come vivevate alla nostra età. -Avevi libertà? No, no papà non voleva perché avevano paura dei gagi. Era più tirata la faccenda dello zingaro con il non-nomade avevano paura che ci prendevano e ci portavano via. -Perché ti sei sposato giovane? Perché ho visto che tutti i miei cugini si erano sposati anche se avevano un anno in più, allor ami sono sposato anch’io. Una vitaccia così!! -Che lavoro c’era per i sinti a quei tempi? Niente non ci volevano a lavorare; se ti vedevano passare ti dicevano “vai a lavorare, zingron!” Però lavoro non te lo davano perché è sempre la faccenda della non stima che hanno paura che noi rubiamo e quelle cose lì. Niente lavoro, il lavoro erano le giostre, le facevano i nostri papà in legno, il circo, chi lavorava nel circo, vendevamo dei fiori di carta o ombrellai, lavoro tutto in proprio. -Perché hai smesso di girare? E’ stata la legge a farci fermare, hanno fatto i campi perché non volevano che ci fermavamo nelle piazze, dietro le stradine non volevano allora ci hanno fatto i campi e facendo il campo ci hanno ammazzati. Siamo come gli uccellini nelle gabbie siamo chiusi dentro e basta. Non c’è più neanche la confraternita di trovare altri zingari, non c’è più niente, hai perso gli amici e i gagi fin che avevano quel di che per venirti a trovare per fare quello che li interessava a loro per tirare su la loro legge poi dopo basta, non li vedi più neanche uno. E neanche più i sinti perché ci siamo persi uno di qua, e uno di là ognuno bada alla sua casa. Hanno fatto male a fare i campi. -Erano più belli quei tempi o questi? Erano più belli i nostri tempi perché eri libero potevi andare dove volevi, nessuno ti diveda niente, per 48 ore potevi sostare in tutta italia. Era bello sì, uno poteva andare dove voleva, invece adesso io parto da Bologna e vado al mare mi danno il foglio di via, diffida per vagabondaggio. E che sono vagabondo io? No, eppure te la danno, allora bisogna stare nel campo. -Avevi degli amici giagi? Amici gagi, quando lavoravo col circo sì, avevo l’arena da lavorare allora sì, erano tutti amici. Dopo, quando andavi via, però, che non lavoravi più, anche se tornavi indietro, erano zingari lo stesso, non è che ti trattano sei l’artista, sei questo, sei l’altro, no, quando sei via dal lavoro, basta, tu sei uno zingaro, abiti in roulotte. Pensaci. Sempre zingaro. -Come ti divertivi? Andavo al cinema, a pescare. -Che cosa vuoi insegnare ai giovani dei modi di vivere, delle tradizioni e dei valori dei Sinti? Ormai la tradizione è tutta persa, il campo ha perso tutte le tradizioni, non puoi mica insegnarci a andare a manghel, camminare, sapere girare la strada che non vai dove sono i carabinieri cattivi, non puoi mica insegnarci niente, sei fisso qui, basta. I ragazzi di adesso devono trovare del lavoro, ma lavoro non ce ne danno perché sempre zingari siamo. Però si tenta, in nero, come fanno con i marocchini, facciamo anche noi. Però è un brutto sistema essere zingaro, essere zingaro è bello perché è di sangue nobile, sono come gli uccellini, i zingari, volano dappertutto, una bella vita sarebbe stata, solo che è chiuso, ormai fine. Questi racconti, queste dinamiche di interrelazione fanno emergere modalità di adattamento e strategie di sopravvivenza messe in atto da un popolo, oggetto di pregiudizi, che vive, allo stesso tempo , sentimenti di attrazione e repulsione, nei confronti della società e che talvolta cerca di difendersi da un inarrestabile processo di assimilazione. La società multiculturali ci pone davanti problemi di convivenza che è necessario capire profondamente per valorizzare le culture minoritarie e difenderle da false idee e prevaricazioni, per arrivare a realizzare una dimensione collettiva dove si possano condividere valori ed eredità culturali. il gruppo dei Sinti si trova in una situazione forzatamente stretta tra esclusione ed assimilazione: conservare le proprio abitudini di vita, e accettare la progressiva ghettizzazione o rinunciare agli aspetti più significativi della propria cultura. Il conflitto vissuto dai Sinti, come per altri gruppi, è tra un futuro che è solo un immediato domani e che non offre opportunità, e un passato che è nostalgia e rimpianto. La loro comunque è una lotta alla sopravvivenza. Spesso i giovani vivono un conflitto profondo tra il voler essere cittadino a tutti gli effetti e nello stesso tempo Rom o Sinto, il desiderare di essere riconosciuto con la propria identità e la paura di perderla, che porta d una scarsa fiducia nei confronti della società e ad un atteggiamento passivo e fatalista nei confronti del futuro. Dopo la scuola dell’obbligo non c’è investimento nel futuro, si iniziano a temere i confronti con la diversità, la paura dell’emarginazione e di sentirsi inadeguati alla realtà. L’impossibilità di superare questi ostacoli produce tra i giovani atteggiamenti di sfiducia in se stessi, demotivazione, scoraggiamento, senso di inferiorità che peggiorano sempre di più la loro immagine di sé. Il giovane sinto di trova a dover affrontar un problema di identità relativo a “ chi sono”, “cos’ero prima” e “cosa sarò domani”. Per superare questa frammentarietà e la conflittualità che caratterizzano l’immagine che i giovani hanno di se occorre quindi considerare l’identità come una risorsa. Per potenziarla, in una prospettiva di empowerment, va compresa la complessità e la diversità dei modi di essere, allo scopo di comprendere e valorizzare la percezione che i giovani hanno della loro condizione esistenziale e sociale, riflettendo però sul fatto che L’INDIVIDUO SI GIUDICA ALLA LUCE DEL MODO CON CUI EGLI PERCEPISCE DI ESSERE GIUDICATO DAGLI ALTRI.