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IL PARADOSSO SPORTIVO

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IL PARADOSSO SPORTIVO
PRIMOPIANO antiossidanti
PRIMO
PIANO
antiossidanti
antiossidanti i risultati della ricerca
Lo sport, quando
praticato in eccesso,
aumenta lo stress
ossidativo.
Il rischio di lesioni
su base ossidativa
è legato all’attività fisica
intensa e irregolare,
ma può essere
scongiurato con un
allenamento graduale
di Eugenio Luigi Iorio
Presidente
Osservatorio Internazionale
dello Stress Ossidativo
IL PARADOSSO
SPORTIVO
opo il “paradosso francese”,
che ha consacrato il moderato consumo di vino rosso –
con i suoi numerosi antiossidanti –
come valida arma preventiva nei
confronti delle malattie cardiovascolari, un nuovo paradosso, quello
“sportivo”, sembra mettere in
discussione l’antico aforisma “mens
sana in corpore sano”. Infatti, a
seconda di come viene svolto,
l’esercizio fisico può trasformarsi da
valido strumento di prevenzione a
causa di patologia. Così, se una corretta attività sportiva migliora la qua-
D
lità della vita e contribuisce a ridurre
la morbilità e la mortalità per cardiovasculopatie, tumori e numerose
malattie cronico-degenerative, un
esercizio fisico incongruo può alterare il normale bilancio ossidativo, predisponendo all’invecchiamento precoce ed alle cosiddette patologie da
stress ossidativo, dall’ictus cerebrale all’infarto del miocardio, dal diabete mellito all’obesità, dal morbo di
Parkinson alla malattia di Alzheimer,
dal morbo di Crohn all’artrite reumatoide, dall’AIDS al cancro, e così via.
Lo stress ossidativo – come si è più
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Collegamento
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volte ribadito – è una particolare
condizione indotta da un’accentuazione in senso pro-ossidante dell’equilibrio dinamico fra processi
ossidativi e antiossidanti che hanno
luogo continuamente in ogni cellula, quale espressione fisiologica
delle complesse trasformazioni biochimiche del metabolismo terminale. Questa condizione di squilibrio
si estrinseca sostanzialmente attraverso l’accentuazione della perossidazione dei substrati organici
(lipidi, amminoacidi, proteine,
nucleotidi, etc.) da parte di agenti
ossidanti, quali le specie reattive
dell’ossigeno (ROS).
Nel corso dell’attività fisica strenua,
specialmente se aerobica, i processi perossidativi interessano sia le
fibre muscolari scheletriche in attiva
contrazione che la matrice extracellulare. Pertanto, le conseguenze del
danno ossidativo si ripercuotono
non solo sul muscolo (predisposizione alle lesioni traumatiche, flogistiche e da overuse) ma anche sul tessuto connettivo dell’apparato locomotore (flogosi articolari e periarticolari, tendiniti, borsiti) e sulle cellule
ematiche eventualmente migrate o
stravasate. A questo proposito, sono
ben note le lesioni a carico delle
membrane dei leucociti (con conseguente riduzione dell’efficacia delle
difese immunitarie e maggiore predisposizione alle malattie infettive) e
degli eritrociti (emolisi con conseguente riduzione della capacità di
trasporto dell’ossigeno al sistema
muscolo-scheletrico).
Ognuno di questi eventi può provocare, direttamente o indirettamente,
una riduzione delle prestazioni sia
in soggetti che prendono parte a
normali programmi di fitness sia in
atleti professionisti.
Sulla base di tali evidenze, appare
chiaro che chiunque pratichi attività
sportiva con regolarità ed impegno
dovrebbe sottoporsi periodicamente ad una valutazione dello stress
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nuovo
Collegamento
ossidativo, allo scopo di ottimizzare
e personalizzare il proprio programma di allenamento e, eventualmente, raggiungere migliori prestazioni
grazie ad una migliore comprensione della propria fisiopatologia
muscolare, senza correre i rischi
delle lesioni da radicali liberi.
Poiché lo stress ossidativo negli
atleti è sempre la risultante di un’aumentata produzione di specie chimiche reattive e/o di una compromissione delle difese antiossidanti,
qualsiasi valutazione dovrebbe
tener conto di ambedue le componenti patogenetiche.
Nell’ambito del panel di test messi
a punto specificamente per monitorare il bilancio redox negli sportivi, il
d-ROMs test ed il BAP test rappresentano strumenti diagnostici molto
affidabili. Infatti, mentre il primo fornisce informazioni sulla capacità
ossidante totale del siero/plasma
(espressione della produzione di
radicali liberi ed altre specie reattive da parte delle cellule), il secondo consente di valutare l’efficienza
dei sistemi di difesa antiossidanti
disponibili nella parte non corpuscolata del sangue.
Il d-ROMs test, nel panorama delle
opzioni attualmente disponibili per
la valutazione dello status pro-ossidante, è senza dubbio il più idoneo
da praticare negli sportivi. Esso,
infatti, come dimostrano le numerose evidenze finora accumulatesi,
consente di valutare il livello dei
metaboliti reattivi dell’ossigeno
(ROM) e, in particolare, la concentrazione degli idroperossidi e delle
cloroammine nel siero o nel plasma.
In particolare, gli idroperossidi sono
universalmente riconosciuti essere
tra i “marcatori” più affidabili dello
stress ossidativo. Essi, inoltre,
essendo dotati di una certa capacità ossidante, in determinate condizioni, non infrequenti nell’atleta
sotto sforzo, quali una transitoria
acidosi, possono subire la scissio-
ne in radicali liberi altamente reattivi (alcossili e perossili) per l’azione
catalitica del ferro, liberato dalle
proteine plasmatiche (reazione di
Fenton). Per questo, gli idroperossidi sono considerati anche importanti amplificatori del danno e, pertanto, il loro livello va rigorosamente
tenuto sotto controllo.
I risultati degli studi finora condotti
indicano che coloro i quali praticano regolarmente attività fisica, sia a
livello amatoriale che professionale,
presentano un livello di ROM generalmente inferiore a quello individuato nella popolazione generale di
riferimento (<250 U CARR). Questo
dato riflette probabilmente il bilancio ottimale tra produzione ed eliminazione di specie chimiche reattive
in questi soggetti, quale diretta conseguenza di un corretto programma
di training. I dati attualmente disponibili, inoltre, indicano che il livello
di ROM aumenta in seguito ad
esercizio muscolare, rispetto ai
valori basali, misurati a riposo.
Questa evidenza, probabilmente, è
l’espressione biochimica più tangibile dell’aumento dell’attività aerobica conseguente ad un esercizio
fisico strenuo.
Tuttavia, i soggetti adeguatamente
allenati mostrano valori del d-ROMs
test più bassi di quelli abitualmente
riscontrabili in soggetti non allenati,
i quali, probabilmente, hanno un
sistema di difesa antiossidante
meno efficiente.
In tale contesto, è interessante rilevare che i livelli di ROM si correlano
direttamente con l’intensità dell’esercizio eseguito. Infatti, i valori più elevati di d-ROMs test sono stati osservati dopo una gara ciclistica di gran
fondo. Questi valori potrebbero indicare una condizione patologica
oppure una scarsa capacità di recupero dopo uno sforzo intenso ovvero
un allenamento inadeguato.
Ancora degno di nota è il fatto che gli
atleti sottoposti a trattamento antios-
PRIMOPIANO antiossidanti
Incremento di livello di radicali liberi dopo
una gara ciclistica di gran fondo (150
km). Il rientro ai valori normali si realizza
dopo dieci giorni e in seguito ad assunzione di un integratore antiossidante
sidante mostrano una più rapida tendenza al recupero dei valori basali
dopo sforzo, indicando che un tale
approccio può essere realmente efficace negli atleti per compensare le
alterazioni – create per effetto dell’intensa e/o prolungata attività fisica –
fra produzione ed eliminazione di
radicali liberi. Queste ed altre osservazioni indicano che il d-ROMs test
costituisce un metodo semplice ed
affidabile non solo per prevenire e
monitorare lo stress ossidativo ma
anche per “personalizzare” i programmi di allenamento e l’integrazione antiossidante in tutti gli sportivi. A
questo proposito, occorre rilevare
come i dati forniti da questo test si
correlino in maniera inversa con
quelli del TAS (Total Antioxidant Status), a conferma che un’aumentata
produzione di ROM negli sportivi è
spesso anche una conseguenza
della ridotta efficienza della barriera
antiossidante.
In definitiva, poiché lo stress ossidativo è responsabile di alterazioni
funzionali e/o strutturali della cellula, che non risparmiano neppure il
DNA, depositario dell’informazione
genetica, è di vitale importanza che
chiunque pratichi con regolarità ed
impegno una qualche attività spor-
tiva si sottoponga ad una valutazione globale dello stress ossidativo.
Questo obiettivo è oggi a portata di
mano dei medici sportivi e degli
allenatori grazie all’innovativo panel
messo a punto dal chimico pientino
Carratelli che consente di determinare “in tempo reale” ed in maniera
estremamente precisa sia la produzione di specie reattive (es.
mediante d-ROMs test) che l’efficienza dei sistemi antiossidanti (es.
mediante BAP test).
La medesima strategia, infine, può
essere particolarmente utile allo
scopo di ottenere un indice della
condizione psico-fisica dell’atleta
durante la fase di riposo o nel corso
di una stagione di attività competitiva, dopo intensi sforzi fisici. Infatti,
un’alterazione del bilancio ossidativo (elevati valori del d-ROMs test
e/o ridotti livelli del BAP test)
potrebbe suggerire l’esistenza di
una condizione sub-clinica di patologia in atto o una scarsa capacità
di recupero, sulla base della quale
mettere in atto un programma di
allenamento “tagliato su misura”
per ogni singolo atleta.
L’impiego di queste tecniche altamente innovative consente oggi di
valutare se il regime di allenamento
è adatto e, eventualmente, mettere
in atto misure correttive per ottimizzarlo, anche basate su miglioramenti dello stile di vita o su un più
razionale impiego di integratori
antiossidanti. Ovviamente, l’esempio vale molto più di mille suggerimenti. È per questo motivo che un
gruppo di 14 farmacisti di media età
(range 28-60 anni) si è allenato per
dodici mesi e ha recentemente partecipato alla 40a Edizione della New
York City Marathon. Tutti i neo-atleti
hanno portato a termine l’impresa. Il
tempo migliore è stato 3h 38’. Niente male per un “dilettante”. E i radicali liberi? Tranne un caso, tutti rigorosamente nella norma già 36 ore
dopo il termine della gara. Morale
della favola: un allenamento graduale consente di trarre tutti i benefici dell’attività sportiva ed abbassa
nel contempo il rischio di lesioni su
base ossidativa, legate spesso
all’improvvisazione e ad un’attività
fisica strenua ed irregolare.
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