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Israele: pronti a fermarci

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Israele: pronti a fermarci
.
T1 T2 TS VS PR CV PI
* Domani con La Stampa: I PUFFI - Uscita 4: LA PUFFETTA -
Solo 5,95 €
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LA STAMPA
QUOTIDIANO FONDATO NEL 1867
SABATO 17 GENNAIO 2009 • ANNO 143 N. 16 • 1,00 € IN ITALIA (PREZZI PROMOZIONALI ED ESTERO IN ULTIMA) SPEDIZIONE ABB. POSTALE - D.L. 353/03 (CONV. IN L. 27/02/04) ART. 1 COMMA 1, DCB - TO www.lastampa.it
Prima intesa tra i ministri
Missionario della Consolata
Nelle medie di Torino
Incentivi per l’auto
Via libera dalla Ue
Prete piemontese
ucciso in Kenya
Uno su tre rischia
la bocciatura
Previste misure di rottamazione
e agevolazioni fiscali. Scajola: l’Italia
farà la sua parte contro la crisi
Padre Bertaina, cuneese, vittima
di una rapina: picchiato e soffocato
nell’istituto di filosofia che fondò
La stretta sui voti della Gelmini
Basta l’insufficienza in una sola
materia per ripetere l’anno
Cassi e Pozzo A PAGINA 23
Bosonetto, Franco, Mondo, Scola PAG. 6
Martinengo A PAGINA 49
Accordo con gli Usa per controllare i tunnel di Gaza da dove passano le armi, Gerusalemme oggi vota sul cessate il fuoco
Israele: pronti a fermarci
Guerra in tv, bufera su Santoro. Fini: indecente. L’ambasciatore Meir: vergognoso
L’operazione «Piombo fuso» nella Striscia di Gaza è al
termine: dopo tre settimane e
1143 vittime palestinesi, oggi il
governo israeliano potrebbe
decidere una tregua. Negli Stati Uniti il ministro degli Esteri
Livni ha firmato un’intesa con
la Rice per un controllo più incisivo sui tunnel di armi destina-
I
ENZO
BIANCHI
CRISTIANI
ED EBREI
FRATELLI
DIVISI
O
ggi, 17 gennaio,
vigilia della settimana di preghiera per l'unità visibile di tutte le
confessioni cristiane, ebrei e
cristiani avrebbero dovuto
celebrare insieme la giornata dedicata al dialogo religioso tra loro. Questa iniziativa,
voluta e perseguita da quel
gruppetto sparuto che a partire dal Concilio Vaticano II
si era particolarmente impegnato nell’incontro, nella conoscenza e nel confronto con
gli ebrei (il Sae, la Comunità
di Bose e il sottoscritto, altri
pionieri del dialogo ecumenico...), trovò poi nel 1990
un’istituzione precisa e fissa
grazie allo stimolo di mons.
Alberto Ablondi, vescovo incaricato per l’ecumenismo di
parte cattolica in Italia.
Un’iniziativa «italiana», che
fu più tardi assunta da altre
Chiese europee, un’iniziativa
convinta: nel dialogo tra le
Chiese cristiane non si poteva dimenticare il dialogo con
gli ebrei, i nostri fratelli (l’aggiunta dell’aggettivo «maggiori» ha solo un senso affettivo), perché noi e loro siamo
stati generati sulla radice
santa dell’Israele che è in alleanza eterna e mai revocata
con il Dio uno, vivente e vero.
Sappiamo che il dialogo
tra ebrei e cristiani è asimmetrico.
CONTINUA A PAGINA 29
te ad Hamas. Dopo la lite tra
Annunziata e Santoro ad Annozero, è bufera sul conduttore di
RaiTre. Per l’ambasciatore
israeliano Meir è uno «spettacolo vergognoso». Per il presidente della Camera, Fini, «indecente».
Baquis, Grignetti, Iacoboni,
Quirico e Santolini DA PAG. 2 A PAG. 5
L’AMMAINABANDIERA DI SILVIO
L
S
CONTINUA A PAGINA 28
CONTINUA A PAGINA 8
CONTINUA A PAGINA 29
“500 mila euro a settimana? Non mi bastano”
a morale: c’è sempre un emiro
più emiro di te. Se il figlio prediletto Kakà si trasferirà nell’harem dello sceicco di Manchester, Ber-
Il Paese
dei tribunali
part-time
lusconi avrà applicato a se stesso il
principio sul quale ha impostato la vita: ogni uomo ha un prezzo. Anche lui.
ANNOZERO,
EMOZIONI
E SENTIMENTO
N
on conosco personalmente Lucia Annunziata, nonostante abbiamo
più o meno la stessa età, proveniamo da ambienti politici affini, scriviamo sullo stesso giornale. In vita mia le ho parlato due o
tre volte al telefono, per lavoro.
KAKÀ AL MANCHESTER CITY: VENGO, MA VOGLIO IL 20% IN PIÙ. BERLUSCONI: ALLA FINE DOVRÒ VENDERLO
MASSIMO GRAMELLINI
Raphaël Zanotti
ono le 12,04. Al tribunale di Cosenza il giudice
Biagio Politano chiude
il fascicolo che ha davanti e
gli avvocati sciamano fuori
dall’aula. Per oggi, nella città
calabrese, le
udienze penali chiudoDelitto
no i battenti.
Meredith
Si ricomincia domani.
Al tribunale
di Milano, invece, sono le
12,50. Il signor Costanzo Maletti
prende il cellulare e chiaAmanda,
ma: «Mi sa
che anche
sorrisi
oggi non se
in
aula
ma
ne fa niente». Poi si
senza tv
volta e spieArmand-Pilon
ga: «Sono
A PAGINA 17
qui per mio
nipote. È testimone a
Processo
questo proSandri
cesso per lesioni,
ma
l’hanno già
chiamato
due volte e
in entrambe
le occasioni
ha perso un
giorno di lavoro senza
che riuscisL’agente
sero a sentiraccusato
lo. Così questa volta ha di omicidio
m a n d a t o volontario
me: se vedo
Milone
che stiamo
A PAGINA 18
quagliando,
lo avverto e
lui viene». E il pomeriggio?
«Ah, no, finita la mattina lo rimandano». A Venezia idem.
A Napoli pure. A Caltanissetta anche. È così in tutta Italia.
LUCA
RICOLFI
Kakà stasera sarà in campo contro la Fiorentina: potrebbe essere l’ultima volta in rossonero
INCHIESTA
Bandinelli e Zonca ALLE PAG. 36 E 37
MARCO NEIROTTI
Il ritorno della banda Cavallero
M
itici, davvero mitici». E non parlano di palestrati o siliconate da «Grande Fratello». Parlano della più organizzata, geniale, spudorata gang di rapinatori degli Anni Sessanta. Questi affascinanti assaltatori di banche stanno tra i diciassette e i quarant’anni: il più vecchio è nato quando i
suoi idoli erano già stati arrestati. Non li hanno esaltati fiction o cinema d’azione, microfono, telecamera
o cattedra offerti a un passato di sangue. Li ha avvolti, giorno per giorno, il ricordo nel bar, nel quartiere
di periferia torinese. Hanno ascoltato, ammirato, si
sono sentiti piccoli e hanno comperato un vecchio
film d’autore senza sapere che era d’autore: «BandiIN FARMACIA
ti a Milano», di Carlo Lizzani, con Gian Maria Volontè. Storia della banda Cavallero, delle sue prodezze,
della sua cattura. E si sono messi persino a brindare
allo stesso modo dopo ogni colpo.
Di quelli d’un tempo uno è morto e gli altri si sono
dispersi in un anonimato faticoso. Quelli di oggi - sono quattro - li ha portati in carcere un’operazione
del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Piacenza
dopo un’indagine - con i colleghi di Torino e Como che chiude sì un momento investigativo, ma ne scoperchia un altro che volteggia tra sociologia e criminologia.
CONTINUA A PAGINA 19
IN FARMACIA
.
LASTAMPA
SABATO 17 GENNAIO 2009
CRISTIANI ED EBREI
FRATELLI DIVISI
ENZO BIANCHI
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
N
oi cristiani abbiamo bisogno di dialogare con loro e di guardarli come
popolo di Dio nella storia, mentre
gli ebrei a livello teologico non hanno un eguale bisogno di noi; infatti,
terminato il tempo della teologia del disprezzo
nei loro confronti, noi abbiamo iniziato ad abbozzare una teologia dell’ebraismo, mentre sappiamo di non poter pretendere un cammino
speculare da parte loro. Per noi cristiani «l’Israele di Dio» (Gal 6,16), cioè gli ebrei credenti e
confessanti Dio (e solo Dio li conosce in verità),
ci sta accanto in attesa del compimento delle
promesse di Dio, che possiamo accelerare solo
attraverso la preghiera.
Non bisogna d’altra parte dimenticare che,
dopo lo «scisma» tra ebrei e cristiani alla fine
del I secolo e fino all’ora del Concilio Vaticano
II, noi abbiamo pregato inoculando nelle nostre
preghiere sovente disprezzo e a volte vero e proprio odio nei confronti degli ebrei. Basterebbe
ricordare che il Venerdì Santo pregavamo «per
i perfidi giudei» e per loro non ci inginocchiavamo, ma addirittura facevamo baccano con le raganelle, strumento sinistro in uso solo nei giorni
santi. Poi venne la fine del disprezzo, soprattutto grazie a Giovanni XXIII, che tolse dalla liturgia l’aggettivo «perfidi» e chiese che si pregasse
solo «per i giudei». Da allora è stato fatto un
cammino impensabile anche per noi addetti ai
lavori e, in un certo senso, impegnati nel dialogo
ecumenico: lo dimostrano i testi del Vaticano II
(in particolare la dichiarazione Nostra Aetate),
la riforma liturgica, le parole sull’«alleanza mai
revocata» pronunciate da Giovanni Paolo II nella sua visita del 1980 alla sinagoga di Magonza,
la preghiera comune fatta nel 1986 nella sinagoga di Roma, fino ai recenti incontri di Benedetto
XVI con gli ebrei. Va riconosciuto: è stato un
cammino imprevedibile e molto più rapido dello
stesso cammino ecumenico tra cristiani!
E tuttavia oggi questa giornata di dialogo non
sarà celebrata congiuntamente perché gli ebrei
italiani ne hanno chiesto una «sospensione», in
quanto la preghiera per gli ebrei formulata in sostituzione di quella presente nel Messale Romano promulgato da Giovanni XXIII (1962) è stata
letta come offensiva da parte di alcuni rabbini e
di gruppi di ebrei italiani. Cerchiamo dunque di
comprendere con molta semplicità i problemi in
gioco. Nella preghiera per gli ebrei contenuta nell’antico Messale Romano, sulla quale era già intervenuto Giovanni XXIII togliendo l’aggettivo
«perfidi», rimanevano formulazioni non soddisfacenti: «Preghiamo per i giudei, affinché il Signore
nostro Dio tolga dai loro cuori il velo, e anch’essi
riconoscano Gesù Cristo nostro Signore... Dio onnipotente, che non rigetti dalla tua misericordia
neppure i giudei, esaudisci le preghiere che ti rivolgiamo per questo popolo accecato affinché, riconoscendo la luce della tua verità che è Cristo,
siano strappati alle loro tenebre». È vero che queste espressioni sono eco di parole e di pensieri
presenti nelle Scritture, ma lo è altrettanto che il
giudizio in esse formulato sugli ebrei può essere
da loro recepito come offensivo. Occorre però ricordare - e per ora nessuno l’ha fatto - che queste
osservazioni valgono anche per altri testi delle
preghiere cristiane. Anche per i non cristiani si
pregava (e si continua a pregare, secondo il Messale di Pio V) «affinché Dio onnipotente tolga l’iniquità dai loro cuori in modo che, abbandonati i loro idoli, si convertano al Dio vivente e vero». E in
molte altre formule di preghiera della liturgia delle Ore si trovano parole simili; senza contare che,
se uno conoscesse le preghiere della liturgia ortodossa, sarebbe ancora più imbarazzato di fronte
all’antigiudaismo in esse ancora oggi presente.
Dunque innanzitutto occorrerebbe una vera
revisione di tutte le preghiere cristiane indirizzate a Dio per gli uomini non cristiani, appartenenti
ad altre religioni, non credenti... La preghiera de-
v’essere sempre piena di rispetto, di amore, non
deve mai esprimere giudizi di condanna degli uomini. Sì, occorre da parte di tutte le Chiese una
revisione affinché le formule di preghiera obbediscano realmente all’adagio tradizionale «lex
orandi lex credendi», siano conformi al Vangelo,
al messaggio cristiano, siano preghiere che lo
Spirito Santo possa assumere nella verità di un
Dio che è carità.
Una volta ricordata questa esigenza, occorre
anche essere chiari sulla fede dei cristiani: quando essi pregano, pregano il Dio vivente sempre attraverso Gesù Cristo e in comunione con lo Spirito Santo. Questo significa che pregano non come
gli ebrei, pur indirizzando la preghiera al Dio di
Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ma lo fanno con
Gesù, da loro confessato Signore, Cristo e Salvatore del mondo; lo fanno credendo che Gesù è la
realizzazione delle promesse fatte ai padri, credendo che egli verrà presto nella gloria, e il suo
giorno sarà «il giorno di Adonaj». Di conseguenza, i cristiani nella loro preghiera intercedono
per tutti gli uomini, chiedono che «tutti siano salvati e giungano alla conoscenza della verità»
(1Tm 2,4); e poiché essi amano con tutto il cuore
Gesù Cristo loro speranza, desiderano che la loro
beatitudine nel sentirsi discepoli, fratelli di Gesù
e figli di Dio in lui Figlio di Dio, sia condivisa dagli
altri uomini. Non possono fare altrimenti, se non
vogliono aprirsi a una schizofrenia nella fede,
mettendo tale fede tra parentesi ogni volta che
pregano per gli ebrei.
E allora? Le preghiere che sono state proposte
lo scorso anno in sostituzione di quelle pre-conciliari e che sono state rifiutate da alcuni ebrei suonano così: «Preghiamo per gli ebrei. Il Signore
Dio nostro illumini i loro cuori affinché riconoscano Gesù Cristo Salvatore di tutti gli uomini... Dio
onnipotente ed eterno, tu che “vuoi che tutti gli
uomini siano salvati e giungano alla conoscenza
della verità” (1Tm 2,4), concedi propizio che, entrando la pienezza dei popoli nella tua Chiesa, tutto Israele sia salvato (cf. Rm 11,25-27)». Ora, que-
ANNOZERO, EMOZIONI E SENTIMENTO
LUCA RICOLFI
SEGUE DALLA PRIMA PAGINA
P
erò stamattina la prima cosa che ho
fatto quando sono arrivato nel mio
ufficio all’università è stata di procurarmi il suo numero e chiamarla.
Avevo visto la trasmissione di Santoro sulla guerra israelo-palestinese a Gaza,
ed ero rimasto sbalordito.
Sbalordito per la partigianeria della trasmissione, accuratamente costruita per vedere le buone ragioni dei palestinesi e ignorare
quelle degli israeliani. Sbalordito per il pochissimo spazio concesso al ragionamento e
l’enorme spazio lasciato alle viscere. Sbalordito per la strumentalizzazione del genuino e
umanissimo dolore di due ragazze, una palestinese e una israeliana, cinicamente buttate
nell’arena come fanno gli organizzatori di
combattimenti fra galli. Sbalordito per l’incapacità di Santoro di ascoltare una critica (a
mio parere giustissima, ma comunque cortese e civile) all’impostazione della sua trasmissione. Sbalordito per la violenza con cui il conduttore, abusando del suo potere, ha più volte
coperto la voce di chi esprimeva, o meglio tentava di esprimere, opinioni non conformi (Lu-
cia Annunziata, prima; Tobia Zevi verso la fine
della trasmissione). Sbalordito per le parole
sprezzanti con cui Santoro ha risposto alle argomentazioni di Lucia Annunziata, accusata di
ripetere «le solite scemenze» su Annozero, e addirittura di voler acquisire meriti presso qualche potente (presso chi? che cos’è questo modo
obliquo di alludere?). Sbalordito di fronte al comizio finale, in cui Santoro si produceva in una
eruzione di indignazione, accusando tutto e tutti (tranne se stesso, eroe incontaminato) di non
aver fatto nulla per fermare la guerra.
Ma non era il mio sbalordimento che volevo
comunicare a Lucia. Era la mia gratitudine come telespettatore e cittadino. Lucia ha fatto la
cosa giusta non solo ad andarsene quando è stata offesa e ricoperta di male parole dal padrone
di casa, ma ha fatto bene ad assumersi - finché
ha avuto la forza di nuotare controcorrente - il
compito, inevitabilmente sgradito e poco «in»
dentro quella trappola mediatica, di provare a
riportare tutti alla ragione, mettendo fra parentesi le emozioni estreme. Io sono grato a Lucia
Annunziata, perché ha tentato di ricordarci
una cosa fondamentale: se abbiamo qualche
speranza di spegnere gli odi e le incomprensioni che sconvolgono il mondo, in Palestina come
nella nostra povera Italia, è in quanto troviamo
il modo di raffreddare gli animi, di dar voce a
chi ancora cerca di capire le ragioni dell’altro, e
di toglierne a chi gli animi cerca di scaldarli, e
sa esprimere solo odio, rancore, rabbia, indignazione a senso unico.
Le emozioni, specialmente quelle più o meno
artificiosamente esasperate dalla tv, sono quasi sempre brevi, violente, cieche, con un retrogusto amaro. Ecco, c’erano tante emozioni ieri
da Santoro, ma così poco sentimento. Perché
chi pensa solo a esprimere, a buttar fuori le sue
emozioni, può amare o odiare, essere felice o disperato, ma non ha sentimento. Il sentimento
comincia quando riesci, almeno un po’, ad essere anche nella testa e nel cuore dell’altro. Quando ascoltare ti interessa di più che parlare.
Quando il dolore del tuo nemico diventa anche
un po’ tuo. Quando sei capace di patire con lui.
È a questo, a trasformare le emozioni in sentimento, che serve il richiamo alla ragione, un richiamo che nello zoo di Annozero molti ospiti
avrebbero accettato di buon grado, se solo il domatore non avesse preferito aizzarli, gli uni
contro gli altri.
Non so che cosa pensiate voi, cari lettori. Ma
dopo tanti anni che seguo la politica, compresa
quella che tormenta Israele e la Palestina, io mi
sono convinto che se i grandi drammi del mondo non si risolvono mai è anche perché, in questo mondo, la gente normale, umile e semplice,
Lettere e Commenti 29
sta formulazione non è intitolata «Per la conversione degli ebrei» (come quella del 1962), non contiene nessun giudizio, nessuna offesa contro Israele, contro il popolo di Dio, il popolo delle alleanze
e delle benedizioni; inoltre - occorre dirlo onestamente - non chiede agli ebrei la conversione come
passaggio dall’ebraismo alla Chiesa cristiana. Le
espressioni della preghiera sono bibliche, come
abbiamo segnalato attraverso le citazioni poste
tra parentesi, e fanno parte della fede cristiana. I
cristiani sperano, desiderano e quindi pregano
perché tutti gli uomini giungano alla conoscenza
della verità, perché tutti siano salvati, e sperano
che, al momento escatologico dell’ingresso di tutte le genti nella pienezza (pleroma), tutto Israele
sia salvato. Una parte di Israele ha accolto Cristo
(i giudei cristiani tra i quali gli apostoli, i discepoli,
lo stesso Paolo ieri, e altri giudei cristiani oggi),
un’altra parte non l’ha accolto, ma la speranza è
che tutto Israele conosca la salvezza, come e
quando vuole Dio. Dunque questa preghiera non
chiede né una missione, né tanto meno un proselitismo verso gli ebrei. E se c’è una preghiera perché gli ebrei siano salvati e giungano a riconoscere colui che noi cristiani crediamo il Cristo, il Messia promesso a loro prima che a noi, non si pensi a
un'imposizione né tanto meno a una strategia per
la loro conversione. Quando preghiamo, ogni nostro desiderio è sempre sottomesso al: «Sia fatta,
o Dio, la tua volontà», quindi non la nostra!
E infine vorrei ricordare che in ogni caso gli
ebrei stessi pregano come preghiamo noi, con gli
stessi Salmi, perché gli idolatri conoscano il vero
Dio, perché tutte le genti della Terra riconoscano
il Dio di Israele, perché - come dice il profeta
Isaia - tutti i popoli della Terra vengano in pellegrinaggio ad adorare il Dio unico a Gerusalemme. Di più, anche gli ebrei nella preghiera delle «Diciotto benedizioni», ed esattamente nella
dodicesima, la cosiddetta benedizione «contro gli
eretici (minim)», secondo la volontà di rabban
Gamaliel (90 d. C.), che ha introdotto il termine
minim in riferimento ai cristiani, pregano: «Non
ci sia speranza per gli eretici»...
Non si esageri dunque la decisione della sospensione di questa giornata, nessuno si offenda;
si prenda però atto che per ora è difficile comunicare la nostra fede e le nostre intenzioni, e che secoli di diffidenza non sono ancora cancellati del
tutto. Agli amati fratelli ebrei - ai quali ci uniscono
l’invocazione di Dio, le sante Scritture contenenti
la parola di Dio e soprattutto il Salterio pregato e
cantato ogni giorno nelle loro sinagoghe e nei nostri monasteri, cioè ci unisce la speranza che «il
Signore mandi colui che ha destinato come Messia» (At 3,20) - noi dobbiamo dire tutto il nostro
amore, dobbiamo saper rinnovare la richiesta di
perdono per l’ostilità che abbiamo nutrito nei loro
confronti, ma chiediamo anche di capire la nostra
fede: il loro desiderio-amore per il Dio loro rivelato è lo stesso desiderio-amore nostro nel confessare che «Gesù ha narrato Dio» (cf. Gv 1,18) definitivamente e che per noi egli è Messia, Signore e Salvatore. Come gli ebrei desiderano che la loro fede
sia condivisa dalle genti, così anche noi desideriamo che lo sia la nostra fede, ma rispettiamo le vie
diverse, non imponiamo nulla né chiediamo agli
altri di fare la volontà di Dio nel modo che spetta a
noi attuare. Tutto questo senza però mai dimenticare il vincolo indistruttibile che ci lega: cristiani
ed ebrei siamo entrambi figli dell’alleanza perenne con Dio, figli dell’Israele dell’alleanza al Sinai,
dell’alleanza con David... Sì, siamo fratelli - potremmo dire - «gemelli», perché abbiamo gli stessi padri, e siamo chiamati a vivere la speranza che
ci unisce nella differenza che ci separa, fino al
tempo escatologico, quando Dio darà compimento a tutte le sue promesse.
che vorrebbe solo amare, lavorare e vivere in
pace, non conta nulla e non ha quasi mai voce.
Mentre contano moltissimo tutti coloro che la
voce la sanno alzare, che sanno farsi sentire,
scaldare gli animi, seminare odio, incomprensione, fanatismo. E in questo loro delirio di onnipotenza cercano ogni volta di trascinare anche
i semplici e gli ignari, colpevolizzando chi non
capisce e intimidendo chi non ci sta.
È uno spettacolo triste, che va in scena da
tempo immemorabile e produce solo odio e morte, checché ne pensino i suoi ambiziosi produttori e registi. Lucia ha fatto bene a ricordarcelo, a
mettersi di traverso, a dire «io non ci sto», sobbarcandosi la parte di quella che rompe il gioco e
quindi è giudicata «stronzissima» (così si è ironicamente autodefinita lei stessa) da chi il gioco lo
ha organizzato e truccato. Peccato non ce l’abbia
fatta, perché - se avesse vinto lei - la trasmissione di Santoro avrebbe potuto prendere un’altra
piega e diventare un contributo alla comprensione reciproca, anziché l’ennesima istigazione all’odio. Santoro l’ha conclusa dicendo che nessuno fa nulla per fermare la guerra, e rivendicando
- almeno lui - di aver tentato di fare qualcosa.
Penso sia vero esattamente il contrario: molti,
come Manuela Dviri e tante associazioni silenziose, stanno facendo quel che possono per tenere
accesa la speranza del dialogo, nonostante tutto
e tutti. Quanto a Santoro, un’occasione per aiutare la pace l’avrebbe avuta: non fare una trasmissione come quella che ha fatto, e avere un po’ più
di rispetto per chi ha opinioni diverse dalle sue.
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