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09-Dispositivi di manovra e protezione

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09-Dispositivi di manovra e protezione
UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI MESSINA
Dipartimento di Ingegneria
Contrada Di Dio I, 98166 – Villaggio S. Agata Messina
Appunti Corso di Sistemi Elettrici
Capitolo 09 Dispositivi di manovra e protezione
Anno Accademico 2015-2016
prof. ing. Bruno Azzerboni
Fonti:
Manuali, guide e cataloghi
ABB, bTicino, Gewiss, Merlin Gerin
Schneider, Siemens
Web:
www.elektro.it,
www.voltimum.it
www.electroyou.it
Sommario
9. Dispositivi di manovra e protezione
9.1 Classificazione delle apparecchiature
4
4
9.1.1 Classificazione in base alle funzioni svolte
4
9.1.2 Classificazione in base alle modalità di manovra
4
9.1.3 Classificazione in base al sistema elettrico
5
9.1.4 Classificazione in base all’ambiente d’installazione
5
9.2 Definizioni e dati di targa
5
9.2.1 Sezionatore
5
9.2.2 Interruttore
5
9.2.3 Fusibile
6
9.2.4 Apparecchio di manovra e di protezione con fusibili
6
9.2.5 Contattore e avviatore
7
8.2.6 Dati di targa
7
9.3 Fusibili
8
9.3.1 Generalità
8
9.3.2 Criteri costruttivi
8
9.3.3 Principio di funzionamento
8
9.3.4 Grandezze nominali
9
9.4 Interruttore Differenziale
13
9.4.1 Principio di funzionamento
13
9.4.2 Classificazione degli interruttori differenziali
16
9.4.3 Caratteristiche funzionali degli interruttori differenziali
18
9.4.4 I vari tipi d’interruttori differenziali
20
9.4.5 Protezione dalle sovracorrenti
20
9.4.6 Interruttori differenziali puri
21
9.4.7 Interruttori differenziali per uso domestico e similare
23
9.4.8 Interruttori differenziali per uso generale
23
9.4.9 Interruttori differenziali a funzionamento dipendente o indipendente dalla tensione di rete
23
9.4.10 Selettività tra interruttori differenziali
24
9.4.11 Interventi intempestivi
26
9.4.12 Correnti di dispersione capacitive verso terra
26
9.4.13 Sovratensioni di origine atmosferica o di manovra
26
9.4.14 Correnti di spunto
27
9.4.15 Correnti di dispersione alla presenza di armoniche
27
9.4.16 La scelta della corrente differenziale nominale
27
9.4.17 La tenuta alle sovratensioni degli interruttori differenziali
27
9.4.18 Sovratensioni
28
9.4.19 La tenuta degli interruttori differenziali alle sovratensioni di manovra e di origine atmosferica
29
2
9.4.20 L'interruttore differenziale e la fulminazione diretta
30
9.4.21 Interruttori differenziali e sistema TN
30
9.5 Sezionatore, interruttore di manovra e interruttore di manovra-sezionatore
31
9.5.1 Generalità
31
9.5.2 Grandezze nominali
32
9.5.3 Caratteristiche funzionali e costruttive del sezionatore
33
9.5.4 Caratteristiche funzionali dell’interruttore di manovra e dell’interruttore di manovra – sezionatore
34
9.5.5 Caratteristiche costruttive
35
9.5.6 Unità combinata sezionatore con fusibili e fusibile – sezionatore
35
9.5.7 Interruttore di manovra con fusibili
35
9.5.8 La tenuta alle sovracorrenti
35
9.5.9 Verifica della tenuta al corto circuito
36
9.6 Interruttore automatico, sganciatore
37
9.6.1 Generalità
37
9.6.2 Classificazione
37
9.6.3 Sganciatori
38
9.6.4 La scelta degli sganciatori
40
9.6.5 Tecniche di interruzione
40
9.6.6 Principali grandezze e caratteristiche elettriche
41
9.6.7 Interruttori per uso domestico
42
9.6.8 Interruttori per uso industriale
43
9.6.9 Caratteristiche d’intervento
47
9.6.10 Selettività delle protezioni
55
9.6.11 Definizione di selettività e tipologie
55
9.6.12 Selettività amperometrica per sovraccarico
57
9.6.13 Selettività amperometrica in corto circuito
58
9.6.14 Selettività amperometrica fra interruttori rapidi e interruttori limitatori (selettività energetica)
60
9.6.15 Selettività cronometrica
61
9.6.16 Classificazione e caratteristiche degli interruttori selettivi
63
9.6.17 La regolazione degli sganciatori
64
9.6.18 Regolazione degli interruttori selettivi di tipo elettromeccanico
64
9.6.19 La regolazione degli interruttori selettivi a microprocessore
66
9.6.20 Selettività mista
67
9.6.21 Esempi di selettività
68
9.6.22 Protezione serie (o di "back-up" o protezione di sostegno)
74
9.6.23 Criteri di scelta di scelta di un interruttore automatico
79
9.6.24 L’intervento automatico su sovraccarico e cortocircuito
79
9.6.25 Scelta della corrente nominale
81
9.6.26 Scelta delle caratteristiche di limitazione delle sollecitazioni di cortocircuito
81
3
9. Dispositivi di manovra e protezione
9.1 Classificazione delle apparecchiature
9.1.1 Classificazione in base alle funzioni svolte
Fondamentalmente un apparecchio elettrico deve assolvere due funzioni: una funzione che potremmo definire "statica"
in cui l’apparecchio deve essere in grado di condurre qualsiasi corrente che possa interessare il circuito, garantire
l’isolamento "parallelo" tra i conduttori attivi e verso le masse e assicurare l’isolamento "verticale" del circuito a monte
rispetto quello a valle, e una funzione che chiameremo "dinamica" in cui l’apparecchio deve essere in grado di stabilire
o interrompere, in presenza di corrente, la continuità elettrica tra le varie parti del circuito.
a) Funzioni statiche:
condurre qualsiasi corrente fino alla corrente nominale del carico e ad una corrente di sovraccarico ben
definita ;
condurre correnti di corto circuito fino ad un determinato valore ;
assicurare l’isolamento parallelo, alla tensione d’esercizio, e per determinate sovratensioni di origine
interna o esterna ;
garantire nella posizione di aperto l’isolamento verticale tra le parti dell’impianto a monte e le parti
dell’impianto a valle ai fini del funzionamento ;
garantire la separazione (sezionamento), ai fini della sicurezza, con precise condizioni di distanza dei
contatti, d’isolamento e di mantenimento della posizione dei contatti.
b) Funzioni dinamiche:
stabilire qualsiasi corrente fino alla corrente nominale del carico e ad una determinata corrente di
sovraccarico ;
stabilire correnti di corto circuito fino ad un determinato valore ;
interrompere qualsiasi corrente fino alla corrente nominale del carico ed ad una determinata corrente di
sovraccarico ;
interrompere le correnti di corto circuito.
Fig. 9.1 - Segni grafici di apparecchi di manovra e di relè termico
9.1.2 Classificazione in base alle modalità di manovra
Le modalità di azionamento degli apparecchi per ottenere il movimento dei contatti (distacco o contatto), classificate
secondo la Norma CEI 17-5, sono le seguenti:
Manovra manuale dipendente - manovra ad accumulo di energia che trae origine dal lavoro manuale,
accumulato e liberato in una sola operazione, in modo che la velocità e la forza della manovra siano
indipendenti dall’azione dell’operatore;
Manovra dipendente mediante sorgente esterna - l’energia per la manovra è ottenuta con dispositivi
come solenoidi, motori elettrici, pneumatici ecc.;
Manovra ad accumulo d’energia - l’energia necessaria alla manovra è accumulata nel meccanismo stesso
prima della manovra;
4
9.1.3 Classificazione in base al sistema elettrico
Per la scelta di ogni dispositivo devono essere forniti almeno i seguenti dati:
le condizioni ambientali e la funzione a cui l’impianto è destinato ;
il tipo di sistema (monofase, trifase senza o con neutro) e la classificazione in base alla connessione a terra
(TT, TN, IT);
la tensione e la frequenza;
la corrente d’impiego del circuito ;
la corrente di sovraccarico che non deve far intervenire in modo intempestivo il dispositivo contro le
sovracorrenti ;
la portata delle condutture nelle condizioni d’impiego ;
l’energia specifica passante ammissibile dalla conduttura e dagli altri componenti l’impianto ;
la corrente di corto circuito massima presunta nel punto d’installazione degli apparecchi e, se necessario, la
corrente di corto circuito minima all’estremità della conduttura da proteggere ;
il tipo di provvedimento adottato per la protezione delle persone contro i contatti diretti e indiretti ;
le esigenze di continuità del servizio.
9.1.4 Classificazione in base all’ambiente d’installazione
I dispositivi devono essere scelti in base all’ambiente di posa e in relazione al loro grado di compatibilità con le
condizioni ambientali esistenti nel luogo d’installazione che possono riguardare:
la natura dell’atmosfera e dell’ambiente (temperatura, umidità, presenza di polveri, di sostanze corrosive,
insetti, ecc.);
le sollecitazioni meccaniche ;
le sollecitazioni termiche ;
l’irraggiamento.
Questa classificazione riguarda direttamente gli apparecchi che però normalmente vengono installati all’interno di
contenitori sui quali vengono in gran parte trasferite le sollecitazioni alle quali gli apparecchi sono soggetti. Ogni
custodia, in relazione alla tenuta alle sollecitazioni a cui è sottoposta, è individuata secondo il noto metodo di
classificazione del grado di protezione IPXX dove la prima cifra indica la protezione alla penetrazione dai corpi solidi e
la seconda cifra alla penetrazione dell’acqua. A tal fine è utile ricordare che non è sempre conveniente intervenire sul
componente per adattarlo alle specifiche condizioni ambientali di installazione, ma spesso risulta più semplice
migliorare le caratteristiche dell’ambiente stesso, come ad esempio migliorando la ventilazione o il raffreddamento o
trasferendo il componente, ad esempio un quadro elettrico, fuori dall’ambiente non adatto alla sua installazione.
9.2 Definizioni e dati di targa
Prima di descrivere dettagliatamente, nei prossimi capitoli, i singoli apparecchi, si ritiene utile, per avere una visione di
assieme, fare una panoramica su definizioni e dati di targa.
9.2.1 Sezionatore
La Norma CEI 17-11, art. 2.1.4 dà del sezionatore la seguente definizione:
‘Apparecchio meccanico di manovra che, per ragioni di sicurezza, assicura, nella posizione di aperto, una distanza di
sezionamento che soddisfa a condizioni specificate. Un sezionatore è capace di aprire e chiudere un circuito quando la
corrente interrotta o stabilita è d’intensità trascurabile, o quando la manovra non produce alcun cambiamento
apprezzabile della tensione ai suoi terminali. Esso è inoltre capace di portare, nella posizione di chiuso, la corrente
corrispondente alle condizioni normali di circuito e di portare, per una durata specificata, correnti corrispondenti a
condizioni anormali di circuito, come ad esempio quelle di corto circuito’.
9.2.2 Interruttore
A seconda del tipo di utilizzo gli interruttori sono oggetto di diversi fascicoli normativi. Di seguito saranno specificate
le definizioni indicate dalle relative Norme di riferimento.
Interruttore (meccanico) di manovra (Norma CEI 17-11, art. 2.1.3) - "Apparecchio meccanico di
manovra destinato a stabilire, portare e interrompere correnti in condizioni normali di circuito, comprese
eventuali condizioni specificate di sovraccarico in servizio ordinario, così come a portare per una durata
specificata, correnti in condizioni anormali di circuito, come ad esempio quelle di corto circuito”.
Interruttore - sezionatore (Norma CEI 17-11, art. 2.1.5) – “Interruttore di manovra che, nella posizione
di aperto, soddisfa alle prescrizioni della distanza di sezionamento specificate per un sezionatore”
5
Interruttore automatico (meccanico) (Norma CEI 17-15, art. 2.1.4) – “Apparecchio meccanico di
manovra capace di stabilire, portare e interrompere correnti in condizioni normali del circuito ed inoltre di
stabilire, portare per una durata specificata e interrompere automaticamente correnti in condizioni anormali
specificate del circuito, ad esempio quelle di corto circuito”.
Interruttore automatico di sovracorrente per usi domestici e similari (Norme CEI 23-3, art. 2.2.1
dell’allegato) - “Apparecchio meccanico d’interruzione destinato a connettere all’alimentazione un circuito
ed a disconnetterlo, mediante operazione manuale, o ad aprire il circuito automaticamente, quando la
corrente superi un valore predeterminato”.
Interruttore differenziale per uso domestico e similare (Norme CEI 23-18, art. 2.1.01) – “Dispositivo
meccanico destinato a connettere e a disconnettere un circuito all’alimentazione, mediante operazione
manuale, e ad aprire il circuito automaticamente quando la corrente differenziale supera un valore
predeterminato”.
Interruttore differenziale con sganciatori di sovracorrente per uso domestico e similare (Norme CEI
23-8, art. 2.3.01) – “Interruttore differenziale .... con sganciatori di sovracorrente incorporati capaci di
provocare automaticamente l’apertura del circuito principale quando la corrente superi un valore
predeterminato”.
Combinazione d’interruttore differenziale e dispositivo di protezione contro i corto circuiti (Norma
CEI 23-18, art. 2.2.01) – “Insieme formato da un interruttore differenziale senza sganciatori di
sovracorrente e da un dispositivo di protezione contro i corto circuiti (dispositivo associato). Nel seguito si
usa per brevità il termine combinazione.....”.
9.2.3 Fusibile
Dispositivo d’interruzione che, mediante la fusione di uno o più elementi fusibili a tal fine progettati e proporzionati,
apre il circuito nel quale è inserito interrompendo la corrente quando essa supera un valore specificato per una durata
sufficiente. Il fusibile comprende tutte le parti che costituiscono il dispositivo completo.
9.2.4 Apparecchio di manovra e di protezione con fusibili
Si riportano di seguito le definizioni delle principali combinazioni con fusibili ottenute per integrare le prestazioni e le
funzioni di specifici apparecchi:
Unità combinata con fusibili (Norma CEI 17-11, art. 2.1.7) – “Apparecchio realizzato da un costruttore, o
secondo le sue istruzioni, risultante dalla combinazione, in assieme unico, o di un interruttore di manovra, o
di un sezionatore, o di un interruttore-sezionatore, con uno o più fusibili” ;
Sezionatore con fusibili (Norma CEI 17-11, art. 2.1.9) – “Apparecchio costituito da un sezionatore nel
quale uno o più poli hanno in serie un fusibile, in un assieme unico” ;
Interruttore di manovra con fusibili (Norma CEI 17-11, art. 2.1.8) – “Apparecchio costituito da un
interruttore di manovra nel quale uno o più poli hanno in serie un fusibile, in un assieme unico” ;
Interruttore con fusibili incorporati (Norma CEI 17-5 art. 2.1.5) -‘Combinazione di interruttore
automatico e fusibili in un assieme unico, con fusibile in serie ad ogni polo destinato ad essere connesso ad
un conduttore di fase’.
Fusibile - sezionatore (Norma CEI 17-11, art. 2.1.11) – ‘Sezionatore nel quale una cartuccia o un
portafusibile con la sua cartuccia forma il contatto mobile del sezionatore’ ;
Fusibile - interruttore (Norma CEI 17-11, art. 2.1.10) – ‘Interruttore di manovra nel quale una cartuccia o
un portafusibile con la sua cartuccia forma il contatto mobile dell’interruttore’.
6
9.2.5 Contattore e avviatore
Si riportano le definizioni relative sia al contattore, sia agli avviatori:
Contattore (Norma CEI 17-3, art. 1.2.03) – “Dispositivo meccanico di manovra, generalmente previsto per
un numero elevato di operazioni, avente una sola posizione di riposo ...., ad azionamento non manuale,
capace di stabilire, sopportare ed interrompere correnti in condizioni ordinarie del circuito e in condizioni
di sovraccarico. La posizione di riposo corrisponde ordinariamente alla posizione di apertura dei contatti
principali. Quando la posizione di riposo corrisponde alla posizione di chiusura dei contatti principali, il
contattore si definisce come chiuso in riposo”;
Avviatore (Norma CEI 17-7, art. 1.2.03) – “E’ l’insieme di tutti i dispositivi di manovra necessari ad
avviare ed arrestare il motore, in combinazione con appropriati dispositivi di protezione contro i
sovraccarichi” ;
Avviatore diretto (Norma CEI 17-7, art. 1.2.04) – “Avviatore che inserisce direttamente il motore sulla
linea e applica la tensione della linea di alimentazione ai morsetti del motore in una sola operazione ;
Avviatore invertitore (Norma CEI 17-7, art. 1.2.05) – “Avviatore previsto per invertire il senso di
rotazione del motore mediante l’inversione delle connessioni di alimentazione, mentre il motore è in
marcia”.
8.2.6 Dati di targa
I dati di targa sono l’insieme delle informazioni minime necessarie per l’identificazione di un’apparecchiatura. Per
questo motivo la targa deve essere visibile anche quando l’apparecchio è montato. Non tutte le informazioni relative al
prodotto possono essere inserite nei dati di targa, per queste si rimanda normalmente alla documentazione che
accompagna ogni dispositivo elettrico.
7
9.3 Fusibili
9.3.1 Generalità
Il fusibile è un dispositivo di protezione contro i sovraccarichi e i corto circuiti. E’ caratterizzato da un’estrema
semplicità costruttiva, da costi piuttosto contenuti e dal fatto di possedere un elevato potere d’interruzione. Accanto a
questi lati positivi ne presenta anche alcuni negativi: quando interviene, non assicura la contemporanea interruzione di
tutte le fasi del circuito, i tempi di ripristino sono relativamente lunghi, non esistono dimensioni unificate. Le Norme
CEI distinguono i fusibili per la bassa tensione (<1000V) in fusibili per uso da parte di persone addestrate (applicazioni
industriali con correnti nominali superiori ai 100 A) e fusibili per uso da parte di persone non addestrate (applicazioni
domestiche e similari) che però possono essere usati anche in applicazioni industriali.
9.3.2 Criteri costruttivi
Normalmente la componente fusibile è racchiusa in contenitori isolanti muniti, alle estremità, di contatti (l’insieme di
questi elementi viene comunemente chiamata "cartuccia" e costituisce la parte da sostituire dopo l’intervento della
protezione) per il collegamento con il supporto che verrà poi inserito, mediante morsetti, al circuito da proteggere.
L’elemento fusibile, di materiale conduttore, può essere di forma e materiale differente secondo l’utilizzo. Possono
essere ad esempio in argento puro (materiale con un’ottima conducibilità elettrica e termica e caratterizzato da un alto
punto di fusione) e possono avere sezioni variabili per realizzare differenti condizioni di riscaldamento e quindi di
fusione (si ottiene così la protezione sia contro i sovraccarichi di piccola e media intensità e di lunga durata, sia contro
le correnti di corto circuito di elevata intensità e di breve durata). Frequente è l’utilizzo di riempitivi della cartuccia
ottenuti con sabbia a base di quarzo posta entro involucro isolante del fusibile che può essere in ceramica, porcellana o
vetro ecc.. In alcune soluzioni costruttive l’intervento del fusibile può essere segnalato da dispositivi indicatori e può,
tramite l’intervento di un percussore (meccanicamente o elettricamente tramite un contatto) agire sul funzionamento di
altri apparecchi (ad esempio potrebbe aprire un interruttore, accendere una lampada spia, ecc..). Il percussore è un
dispositivo meccanico, interno alla cartuccia, che in genere utilizza, in fase d’intervento dell’elemento fusibile, l’energia
accumulata in una molla precompressa.
9.3.3 Principio di funzionamento
Il fusibile può intervenire a causa di un sovraccarico o a causa di un corto circuito. Alla presenza di sovraccarichi i
tempi d’intervento del fusibile devono essere inversamente proporzionali alla corrente stessa. Viene, infatti, sfruttata la
buona conducibilità termica dell’elemento fusibile che si riscalda in modo uniforme (per intervenire essi devono, infatti,
immagazzinare una certa quantità di energia termica, necessaria per il riscaldamento dell’elemento fusibile e per la sua
successiva fusione ed evaporazione), anche nei punti a sezione più piccola, e interviene in tempi compresi tra i secondi
e le ore. Il riscaldamento è in parte rallentato anche dalla presenza del materiale di riempimento che trasferisce
all’ambiente il calore sviluppato per effetto Joule. Alla presenza di correnti di corto circuito che devono essere interrotte
in tempi brevi, la temperatura sale più rapidamente nelle zone a sezione ristretta (essendo più elevata la resistenza
elettrica e minore la capacità termica rispetto alle altre parti dell’elemento fusibile) e in questo caso il materiale
riempitivo non è in grado di trasferire all’esterno il calore prodotto. Nei punti a sezione più piccola la temperatura di
fusione è raggiunta in tempi molto brevi e si hanno così dei punti deboli in cui avvengono più fusioni con formazione di
diversi archi, in serie tra loro, che facilitano l’interruzione della corrente.
L’estinzione dell’arco è inoltre agevolata dall’azione di raffreddamento del materiale riempitivo nel quale, assorbendo
calore, si hanno formazioni vetrose e sviluppo di gas con conseguente aumento della resistenza elettrica che determina
prima la diminuzione e poi l’annullamento della corrente elettrica. In questa fase la corrente si discosta notevolmente
dall’andamento presunto e il valore di picco non è raggiunto. Il fusibile dimostra di possedere una notevole azione
limitatrice sulla corrente di corto circuito.
8
9.3.4 Grandezze nominali
Tensione nominale Un - è il massimo valore della tensione cui può essere sottoposto il fusibile.
I valori normalizzati sono:
a) per uso domestico: 230, 400, 500 V
b) per uso industriale: 230, 300, 500, 600 V
Corrente nominale In - è la corrente che il fusibile può sopportare senza fondere e senza che avvengano riscaldamenti
anormali. I valori normalizzati dei fusibili per impiego da parte di personale addestrato e non addestrato sono 2, 4, 6, 8,
10, 12, 16, 20, 25, 32, 40, 50, 63, 80 e 100 A mentre i valori normalizzati dei fusibili per l’impiego da parte del solo
personale addestrato sono 125, 160, 200, 250, 315, 400, 500, 630, 800, 1000 e 1500 A.
Corrente convenzionale di non fusione Inf - è il valore massimo di corrente che il fusibile è in grado di sopportare per
un determinato tempo senza fondere.
Corrente convenzionale di fusione If - è il minimo valore di corrente che provoca la fusione dell’elemento entro un
determinato intervallo di tempo (per i fusibili aM non sono indicati i valori di Inf e If, è invece specificata la
caratteristica tempo-corrente di sovraccarico).
Corrente nominale In
(A)
Tempo
convenzionale
(h)
Correnti convenzionali
If
Inf
Valori allo
studio
Valori allo
studio
Tab. 9.1a - Correnti convenzionali di fusione If non fusione Inf dei fusibili gG e gM.
Potere d’interruzione
- valore massimo di corrente che il fusibile è in grado di interrompere in condizioni specificate.
Tipo impianto Tensione nominale (V)
Potere di interruzione minimo
(kA)
Domestico
Industriale
Tab. 9.1.b - Valori minimi ammessi per il potere di interruzione
9
Potenza dissipata dalla cartuccia - potenza dissipabile dalla cartuccia alla corrente nominale.
Caratteristiche tempo corrente - in relazione alla caratteristica d’intervento (fig. 9.2) i fusibili sono classificati
in:
a) per uso generale (gG) che sono in grado di interrompere tutte le correnti fra il valore minimo che provoca la
fusione dell’elemento e il potere d’interruzione nominale;
b) protezione di circuiti di alimentazione di motori che sono in grado di interrompere tutte le correnti fra il
valore minimo che provoca la fusione dell’elemento e il potere d’interruzione nominale;
c) fusibili per uso combinato (aM), detti anche di ‘accompagnamento motori’, che sono in grado di
interrompere le correnti comprese tra un particolare valore di sovracorrente e quella relativa al potere di
interruzione nominale. Le correnti inferiori devono essere interrotte mediante un ulteriore dispositivo come
ad esempio una combinazione contattore - relè termico. Questo tipo di fusibili viene impiegato quando sono
in gioco elevate correnti di spunto. Per questo tipo di fusibili le caratteristiche di intervento sono definite
normalmente come multipli della corrente nominale in funzione del rapporto I/In. La caratteristica è
individuabile dai valori k0=1,5, k1=4, k2=6,3. Il fusibile può intervenire all'interno della coppia di valori
tempo corrente compresi nella zona definita dalle curve di prearco e di funzionamento. A volte i costruttori
forniscono la sola curva di funzionamento senza quella di prearco (fig.9.2).
Importante, per un corretto uso dei fusibili, è conoscere dai costruttori la temperatura alla quale sono riferite le
caratteristiche d’intervento. Normalmente ci si riferisce alla temperatura ambiente di 20°C (caratteristiche
normalizzate), per temperature diverse i tempi d’intervento cambiano ed è quindi necessario determinare i nuovi tempi
di intervento che si vengono a stabilire.
Caratteristica di prearco:
intervallo di tempo che intercorre tra l'inizio di una sovracorrente e l'istante in cui l'elemento fusibile fonde con
formazione dell'arco.
Caratteristica di funzionamento:
intervallo di tempo che intercorre tra l'inizio di una sovracorrente e l'istante in cui questa è interrotta (tempo di
prearco più tempo di arco).
Fig. 9.2a - Caratteristica di intervento di un fusibile gG
10
Fig. 9.2b - Caratteristica di intervento di un fusibile aM
Energia specifica (impulso Termico) - rappresenta il massimo valore di energia passante durante il tempo di
intervento del fusibile le tabelle 9.1c e 9.1d riportano i valori di I2t previsti dalle norme rispettivamente per i
fusibili aM e gG.
Tensione
nominale Un
(V)
I2t massimo (A2s)
Tab. 9.1c - Cartucce aM. Valori massimi di energia passante per tempi non superiori a 0,01 s
11
Corrente
nominale In
(A)
16
20
25
32
40
50
63
80
100
125
160
200
250
315
400
500
630
800
1 000
1 250
I2t minimo
(A2s)
I2t massimo
(A2s)
300
500
1 000
1 800
3 000
5 000
9 000
16 000
27 000
46 000
86 000
140 000
250 000
400 000
760 000
1 300 000
2 250 000
3 800 000
7 840 000
13 700 000
1 000
1 800
3 000
5 000
9 0000
16 0000
27 0000
46 0000
86 0000
140 0000
250 0000
400 0000
760 0000
1 300 000
2 250 000
3 800 000
7 500 000
13 600 000
25 000 000
47 000 000
Tab. 9.1d - Cartucce gG. Valori minimi e massimi dell'energia specifica di prearco per tempi di 0,01 s
12
9.4 Interruttore Differenziale
L’interruttore differenziale per la protezione dai contatti diretti e indiretti è un dispositivo in grado di aprire un
circuito quando si manifesta una differenza di correnti superiore a un determinato valore limite in seguito ad un guasto a
terra.
9.4.1 Principio di funzionamento
In figura è schematizzato il principio di funzionamento di un interruttore differenziale monofase. Lo sganciatore
differenziale è composto essenzialmente da un nucleo magnetico toroidale su cui sono avvolte due bobine, che sono
collegate in serie con la linea da proteggere, e da una bobina di rilevazione differenziale che agisce sull’organo di
comando. Le due bobine sono avvolte nello stesso senso in modo che le forze magnetomotrici da esse generate, quando
in condizioni normali sono attraversate da correnti uguali in valore efficace ma di verso opposto, siano uguali ed
opposte, tali quindi da generare nel nucleo un flusso risultante nullo. Non si avrà perciò alcuna forza elettromotrice
indotta di tipo trasformatorico e il relè di sgancio non interverrà. Se l’isolamento dell’utilizzatore protetto dal
dispositivo cede, una corrente di guasto Ig è convogliata verso terra e le correnti che circoleranno attraverso le due
bobine non saranno più uguali in valore efficace e genereranno quindi una corrente differenziale ID=I1-I2. Il flusso
magnetico risultante nel nucleo non sarà più nullo e la sua variabilità nel tempo indurrà nella bobina differenziale una
forza elettromotrice che farà circolare la corrente I. Tale corrente, andrà a interessare l’organo di comando dello
sganciatore differenziale provocando l’apertura del circuito guasto se la corrente differenziale supera il valore di soglia.
Caratteristiche costruttive e funzionamento dell'interruttore differenziale
13
Interruttori differenziali
In un sistema trifase senza neutro la somma vettoriale delle tre correnti in assenza di guasto verso terra, anche alla
presenza di carichi squilibrati è sempre uguale a zero. Il dispositivo differenziale trifase è sensibile alla somma
vettoriale delle tre correnti e interviene per un guasto a terra quando è superata dalla corrente differenziale la soglia
d’intervento dello sganciatore. Nei sistemi trifase con neutro la somma vettoriale delle tre correnti è uguale e opposta a
quella che circola sul neutro e quindi la somma delle quattro correnti è sempre uguale a zero; l’interruttore differenziale
anche in questo caso interviene solo in caso di guasto a terra.
14
L’interruttore differenziale deve essere munito di un tasto di prova con una corrente di prova che secondo le norme può
essere al massimo 2,5IDn. La prova eseguibile con questo tasto intende verificare che il rivelatore differenziale e il
dispositivo di sgancio siano ancora in grado di segnalare una corrente differenziale e di interrompere il circuito. Questa
però è una prova che non permette di stabilire se è rispettata la caratteristica d’intervento dell’interruttore differenziale
(questa verifica deve essere eseguita mediante appositi strumenti).
I costruttori in ogni caso consigliano di provare gli interruttori differenziali col tasto di prova almeno una volta al mese
perché si è notato che la percentuale di guasti dei dispositivi così provati si riduce rispetto a quelli non provati con
questa frequenza.
Interruttore differenziale aperto
1 Morsetti di ingresso
2 Morsetti di uscita (verso il carico)
3 Pulsante di inserimento
4 Contatti di interruzione
5 Solenoide che tiene chiusi i contatti
6 Trasformatore di corrente (sensore)
7 Circuito elettronico amplificatore
8 Pulsante di test
9 Filo (arancio) che alla pressione di test è attraversato da una corrente sbilanciata
Nei piccoli interruttori modulari per attivare lo sganciatore a basso consumo può essere sufficiente l'energia fornita dalla
stessa corrente di guasto mentre per gli interruttori di taglia superiore, a causa delle maggiori energie di sgancio
necessarie, può essere indispensabile ricorrere a un apposito amplificatore di segnale. L'amplificatore può essere di tipo
meccanico, associato a uno sganciatore di basso consumo oppure di tipo elettronico con alimentazione ausiliaria
derivata direttamente dal circuito protetto.
L'interruttore differenziale può essere utilizzato come protezione dai contatti indiretti, come protezione addizionale
dai contatti diretti e come protezione contro gli incendi causati dagli effetti termici dovuti alle correnti di guasto
verso terra.
Per operare una scelta oculata fra le numerose proposte offerte dai costruttori può essere utile conoscere le
caratteristiche tecniche fondamentali regolamentate dalle norme di prodotto CEI EN 60947-2 e 61008.
15
9.4.2 Classificazione degli interruttori differenziali
Gli interruttori differenziali per usi domestici e similari devono ottemperare ai dettami normativi, le prescrizioni
generali sono quelle della Norma CEI EN 61008-1 (CEI 23-42) per gli interruttori senza sganciatori di sovracorrente
incorporati e della Norma CEI EN 61009-1 (CEI 23-44) per quelli con sganciatori di sovracorrente incorporati.
A seconda degli sganciatori di cui sono dotati, gli interruttori differenziali si dividono in:
interruttori differenziali puri, interruttori senza sganciatori di sovracorrente incorporati, dotati del solo
sganciatore differenziale che intervengono in modo automatico solo per guasti a terra;
interruttori differenziali magnetotermici, interruttori con sganciatori di sovracorrente incorporati, costituiti da
un interruttore automatico, da uno sganciatore differenziale e da uno sganciatore di massima corrente; servono
per la protezione combinata dai guasti a terra e dalle sovracorrenti;
interruttori differenziali con toroide separato, sono impiegati negli impianti industriali caratterizzati da forti
intensità di corrente. Sono realizzati con relè, costituiti da un toroide sul quale è disposto l’avvolgimento di
rilevazione della corrente differenziale, che viene utilizzato per comandare il meccanismo di sgancio di un
interruttore o di un contattore di linea.
Un’importante distinzione viene anche fatta in funzione del comportamento dell’interruttore differenziale in presenza di
deformazioni della forma d’onda della corrente rispetto a quella sinusoidale.
differenziali di tipo AC
, sono interruttori che funzionano correttamente entro i limiti stabiliti dalle
norme solo in presenza di correnti di guasto verso terra di tipo alternato. Essi quindi intervengono
correttamente per correnti di tipo sinusoidale applicate istantaneamente o lentamente crescenti. La particolare
caratteristica del circuito magnetico, realizzato con materiali aventi cicli d’isteresi molto ripidi, li rende poco
sensibili alle correnti verso terra con componenti continue. Il ciclo d’isteresi e il segnale di guasto si riducono
rendendo poco probabile l'intervento del dispositivo per questi tipi di correnti. Sono idonei a proteggere gli
usuali impianti che alimentano utenze di tipo termico o elettromeccanico e gli apparecchi con parti elettroniche
ma che non comportano modificazioni significative della forma d'onda.
differenziali di tipo A
, sono interruttori che funzionano correttamente entro i limiti stabiliti dalle norme
in presenza sia di correnti di guasto verso terra di tipo alternato sia di tipo alternato con componenti pulsanti
unidirezionali applicate istantaneamente o lentamente crescenti. Sono quindi adatti sia per le correnti di tipo
sinusoidale sia per le correnti pulsanti con componente continua. Il circuito magnetico presenta un ciclo
d’isteresi molto più inclinato e ristretto rispetto a quello del tipo AC. Un guasto verso terra alla presenza di
correnti con componenti continue non modifica significativamente il ciclo di isteresi e il segnale di guasto è in
grado di far intervenire correttamente il dispositivo differenziale. Sono raccomandabili in impianti in cui sono
installati circuiti raddrizzatori o componenti elettronici che possono determinare verso terra correnti
raddrizzate. Essendo abbastanza arduo determinare la presenza di tali condizioni, nei casi più ambigui può
essere conveniente installare tali tipi di dispositivi che sono, come si è detto, adatti anche alla protezione contro
le usuali correnti di dispersione alternate sinusoidali.
Cicli di isteresi dei materiali magnetici utilizzati per la realizzazione di interruttori differenziali di tipo AC e di tipo A.
Il circuito magnetico dei dispositivi di tipo A presenta un ciclo di isteresi molto più inclinato e ristretto rispetto a quello
di tipo AC.
16
differenziali di tipo B
, Sono dispositivi che uniscono alle caratteristiche di intervento del tipo A anche la
possibilità di interrompere correnti aventi la forma d'onda di figura, tipicamente presenti a valle di
raddrizzatori trifase con collegamento a ponte di Graetz o a stella. In tali dispositivi sono in genere presenti due
toroidi, il primo per rilevare le correnti di tipo alternato e pulsante unidirezionale, il secondo per rilevare quelle
di tipo continuo. Essi sono necessari dove siano utilizzati apparecchi con alimentatori elettronici, negli
impianti industriali su macchine dotate di azionamenti elettronici di potenza;
Forme d'onda delle correnti con le quali sono provati i tre tipi di interruttori differenziali
, apparecchi immuni da scatti intempestivi a causa di
differenziali immuni da interventi intempestivi
onde di corrente di tipo impulsivo che circolano attraverso le capacità in aria che si creano fra l'impianto e la
terra, causate da sovratensioni di origine atmosferica o da manovre di grossi carichi sulla rete di alimentazione
Esempi di targhe
Un’ulteriore classificazione degli interruttori differenziali è basata sul ritardo di apertura dello sganciatore differenziale:
differenziali di tipo generale G, privi di ritardo intenzionale poiché l’apertura avviene istantaneamente solo
con il ritardo dovuto alla velocità di allontanamento dei contatti;
differenziali di tipo selettivo S
, con intervento intenzionalmente ritardato in sede costruttiva, sono
utilizzati quando occorre realizzare la selettività differenziale tra dispositivi in cascata
Nel campo degli interruttori differenziali di potenza esistono anche quelli regolabili, l’operatore può tarare il dispositivo
scegliendo il tempo d’intervento tra diversi valori prefissati (per apparecchi rispondenti alla norma CEI EN 60947-2).
17
9.4.3 Caratteristiche funzionali degli interruttori differenziali
Sono stabilite dalle norme tecniche di prodotto. Esse sono:
numero dei poli: 2P, 3P, 4P;
tensione nominale: valore di tensione per la quale l’interruttore è destinato a funzionare
corrente nominale (In): valore di corrente che l’apparecchio è in grado di portare ininterrottamente. La scelta
dipende dal valore della corrente d’impiego del circuito; per impianti domestici e similari i valori più comuni
sono 6, 10, 16, 20, 25, 32, 40, 50, 63, 80, 100, 125 A
corrente differenziale nominale d’intervento Idn
(Norme CEI EN 61008-1 e CEI EN 61009-1)
minimo valore della corrente differenziale che determina l’apertura dei contatti entro tempi specificati. I valori
normalizzati sono 0,01, 0,03, 0,1, 0,3, 0,5, 1 A;
Si dicono a bassa sensibilità gli apparecchi con Idn>0,03 A, ad alta sensibilità quelli con Idn<0,03 A
corrente differenziale nominale di non intervento Idn0
(Norme CEI EN 61008-1 e CEI EN 61009-1)
valore massimo della corrente differenziale che sicuramente non provoca l’apertura dei contatti. Il valore
normalizzato, anche se sono ammessi valori diversi, è Idn0=0,5Idn
Limiti d’intervento e di non intervento dei dispositivi differenziali
tempo d’intervento: è l’intervallo di tempo tra l’istante in cui si raggiunge il valore di corrente differenziale
Idn e l’istante in cui avviene l’apertura dei contatti
Tipo di
Dispositivo
Idn [A]
Tempi massimi d’intervento in secondi per
1IDn
2IDn
5IDn
0,25 A
Alta
sensibilità
0,005
0,010
0,030
5
5
0.5
1
0,5
0,2
-------
0,04
0,04
0,04
Bassa
sensibilità
0,1
0,3
0,5
1
2
2
2
2
0,2
0,2
0,2
0,2
0,04
0,04
0,04
0,04
---------
Correnti nominali differenziali normalizzate e tempi massimi d’intervento degli interruttori differenziali
18
caratteristica d’intervento: è la curva, tracciata sul piano cartesiano, che lega il tempo d’intervento t del
dispositivo, alla corrente differenziale Id. Definisce i valori corrente differenziale/tempo d’intervento che
caratterizzano il funzionamento del dispositivo.
Caratteristiche d’intervento di un interruttore differenziale
potere di chiusura e di interruzione differenziale nominale Idm
(Norme CEI EN 61008-1 e CEI EN 61009-1)
è il valore efficace della componente alternata della corrente presunta differenziale che un interruttore
differenziale può stabilire, portare ed interrompere in condizioni specificate. Il valore minimo di Idm è 10 In
oppure 500A scegliendo il valore più elevato.
potere di chiusura e di interruzione nominale Im
(Norma CEI EN 61008-1)
è il valore efficace della componente alternata della corrente presunta, assegnato dal costruttore, che un
interruttore differenziale può stabilire, portare e interrompere in condizioni specificate. Il valore minimo di Im è
10 In oppure 500A scegliendo il valore più elevato.
potere di corto circuito nominale condizionale Inc
(Norma CEI EN 61008-1)
massimo valore efficace di corrente presunta che il dispositivo, protetto da un dispositivo di protezione contro i
cortocircuiti (interruttore automatico o fusibili), è in grado di sopportare in condizioni specificate senza subire
danni che ne compromettano la funzionalità. Fino a 10 kA i valori normalizzati sono: 3-4-5-10 kA mentre oltre
i 10 kA e fino a 25 kA il valore preferenziale è 20 kA.
corrente di cortocircuito nominale condizionale differenziale Idc
(Norma CEI EN 61008-1)
è il valore di corrente presunta differenziale che un interruttore differenziale, protetto da un dispositivo di
protezione contro il cortocircuito, può sopportare in condizioni specificate senza subire modificazioni che ne
compromettano la funzionalità. I valori normali sono gli stessi di Inc.
19
9.4.4 I vari tipi d’interruttori differenziali
In relazione ad alcuni parametri caratteristici si possono individuare diversi esemplari d’interruttori differenziali.
In tabella sono raccolte le più diffuse tipologie di prodotto offerte dal mercato.
Parametri di classificazione
Tipologia
Senza sganciatori di sovracorrente
(Puri)
Protezione dalle sovracorrenti
Magnetotermico - differenziali
Adattabili (DDA) a interruttori
magnetotermici a cura dell'installatore
Uso domestico e similare
Destinazione d'uso
Uso generale
Con
funzionamento
dipendente
Modalità di intervento in funzione
della tensione di rete
Con funzionamento indipendente
Tipo AC
Tipo di corrente di dispersione
Tipo A
rilevata
Tipo B
Con ritardo intenzionale (selettivi)
Ritardo d’intervento
Senza ritardo intenzionale
Regolabili
Regolazione
Non regolabili
Monoblocco
Componibilità
Assiemabili
Classificazione degli interruttori differenziali
9.4.5 Protezione dalle sovracorrenti
Gli interruttori differenziali devono essere provvisti di protezione contro le sovracorrenti. Riguardo a tale protezione si
suddividono in differenziali senza sganciatore magnetotermico (differenziali puri), adattabili (assiemabili
dall'installatore) o con protezione magnetotermica incorporata.
Le varie tipologie di interruttori differenziali
20
9.4.6 Interruttori differenziali puri
Quando l'interruttore differenziale è puro (senza sganciatori di sovracorrente incorporati) deve essere protetto contro i
sovraccarichi e i cortocircuiti. Le norme (CEI EN 61008-1) stabiliscono le prove che il costruttore deve eseguire per
stabilire il corretto coordinamento tra l'interruttore differenziale e il dispositivo di protezione contro il cortocircuito
(SCPD - Short Circuit Protective Device, indifferentemente un fusibile o un interruttore automatico). Gli interruttori
differenziali puri associati ad opportuni SCPD, devono infatti poter sopportare i valori di energia specifica passante (I2t)
e di corrente di picco (Ip) che sono dichiarati dal costruttore. L'SCPD deve cioè essere scelto con caratteristiche di
limitazione dell'energia specifica passante I2t e della corrente di picco Ip non superiori a quelli specificamente dichiarati
dal costruttore per l'interruttore differenziale.
Ad esempio, con riferimento alle figure seguenti, confrontando le caratteristiche di limitazione dell'SCPD coi valori di
I2t (50000 A2s) e di Ip (4500 A) sopportati dall'interruttore differenziale, si può rilevare il valore massimo di corrente
(4000 A) per il quale il dispositivo differenziale risulta protetto contro il cortocircuito.
Coordinamento dell'interruttore differenziale con il dispositivo di protezione contro il cortocircuito (SCPD).
Verifica dell'I2t
Coordinamento dell'interruttore differenziale con il dispositivo di protezione contro il cortocircuito (SCPD).
Verifica del valore di picco della corrente di cortocircuito limitata dallo SCPD
21
All’associazione SCPD e interruttore differenziale il costruttore fornisce il valore della corrente di cortocircuito
nominale condizionale Inc e della corrente di cortocircuito nominale condizionale differenziale I∆c, valori che non
devono essere rispettivamente inferiori alla corrente di cortocircuito Icc presunta immediatamente a valle
dell'interruttore differenziale e alla massima corrente di guasto a terra IF nel punto di installazione (figura sotto). Le due
verifiche sono necessarie nei sistemi di tipo TN perché la corrente di guasto verso terra presenta le caratteristiche di una
vera e propria corrente di cortocircuito (che può assumere valori anche molto elevati ad esempio nel quadro generale
immediatamente a valle di trasformatori di grande potenza). Nei sistemi TT, invece, dove la corrente di guasto a terra è
limitata dalla resistenza di terra del neutro e dalla resistenza dell'impianto di terra dell'utente, è generalmente sufficiente
verificare solo la prima condizione.
Coordinamento dell'interruttore differenziale combinato con
un dispositivo di protezione contro il cortocircuito (SCPD)
In aggiunta alla protezione contro i cortocircuiti deve essere prevista anche una protezione contro i sovraccarichi. Nella
figura seguente è riportato un esempio di coordinamento corretto e scorretto dell'interruttore differenziale puro con
opportuni dispositivi di protezione contro il sovraccarico. In ogni caso il costruttore deve fornire indicazioni per la
corretta scelta di uno o più dispositivi idonei alla protezione contro le sovracorrenti.
Esempio di coordinamento fra interruttore differenziale puro e
dispositivi di protezione contro il sovraccarico
Nel secondo caso la corrente nominale (In) dell’interruttore differenziale (valore di corrente che l’apparecchio è in
grado di portare ininterrottamente) è inferiore alla somma delle correnti nominali dei magnetotermici, nell’ipotesi di
carichi con f.d.p. uguali o leggermente diversi, per cui nel differenziale potrebbe circolare una corrente maggiore di
25A non sopportabile dall’interruttore stesso.
22
9.4.7 Interruttori differenziali per uso domestico e similare
Sono apparecchiature destinate a un'utenza non esperta e per questo motivo sono normalmente di tipo monoblocco con
protezione magnetotermica incorporata oppure adattabili, del tipo assiemabile direttamente dall'installatore (norma EN
61009). Gli interruttori differenziali con sganciatore magnetotermico incorporato svolgono la doppia funzione di
protezione delle condutture e di se stessi eliminando quindi tutte le problematiche inerenti il coordinamento SCPD interruttori differenziali puri. I blocchi differenziali adattabili devono essere cablati con un idoneo interruttore
magnetotermico direttamente dall'installatore conformemente alle istruzioni fornite dal costruttore. Il dispositivo svolge
la funzione di rilevazione della corrente differenziale e di comando del cinematismo di sgancio dell'interruttore di
protezione dalle sovracorrenti. A cura del costruttore deve essere impedito l'accoppiamento di interruttori automatici
aventi una determinata corrente nominale con un blocco differenziale a corrente massima inferiore e con blocchi
differenziali aventi un numero di poli maggiore. L'assemblaggio dei due componenti deve in ogni caso essere facile e
sicuro e deve essere impedito un montaggio scorretto. L'accoppiamento deve avvenire una sola volta e, per evitare
modifiche all'insieme tali da comprometterne la sicurezza, la separazione tra i due blocchi deve essere possibile solo
rompendo o danneggiando in modo evidente gli elementi di fissaggio. Sul blocco differenziale deve essere riportato in
modo visibile, anche dopo il montaggio, il simbolo riportato in figura. Le caratteristiche del prodotto assemblato si
presentano identiche al tipo monoblocco eliminando anche in questo caso la necessità di particolari verifiche per quanto
concerne il coordinamento con l'SCPD.
Simbolo che deve essere riportato sui blocchi differenziali assiemabili con interruttore magnetotermico e che deve
essere ben visibile anche dopo il montaggio.
9.4.8 Interruttori differenziali per uso generale
Gli interruttori differenziali per uso generale devono essere conformi alle norme CEI EN 60947-2. Le esigenze di
sicurezza, congiuntamente a quelle di continuità di servizio, ne hanno favorita la diffusione, soprattutto dispositivi
differenziali di tipo elettronico, negli ambienti di tipo industriale. Normalmente sono di tipo regolabile e quindi possono
essere installati solo in impianti condotti da personale addestrato. La regolazione a gradini o continua sia della corrente
differenziale sia dei tempi d’intervento li rende particolarmente flessibili e adatti a realizzare la selettività di intervento.
9.4.9 Interruttori differenziali a funzionamento dipendente o indipendente dalla tensione di rete
La protezione delle persone può essere attuata solo con apparecchi in grado di funzionare anche quando,
interrompendosi il neutro, ma alla presenza di tensioni pericolose, può mancare l'alimentazione a eventuali dispositivi di
amplificazione. Con gli sganciatori differenziali a relè polarizzato siamo in grado di ottemperare a tale necessità mentre
questo non è solitamente possibile con interruttori di tipo elettronico. L'uso di tali dispositivi è consentito solo se
installati su circuiti (ad esempio circuiti terminali protetti da differenziali elettronici ad alta sensibilità da 10 mA)
protetti da interruttori differenziali con sganciatori a relè polarizzato. L'impiego dei dispositivi di tipo elettronico è
previsto dalle norme che però richiedono dispositivi di apertura in caso di mancanza o abbassamento della tensione di
rete e l'impossibilità di richiusura automatica al ritorno della stessa. Tali prerogative se da un lato forniscono una
sufficiente garanzia di sicurezza dall'altro impediscono la diffusione di tali tipi di sganciatori elettronici problemi legati
alla necessità di dover riarmare l'interruttore ad ogni interruzione della rete di alimentazione.
23
9.4.10 Selettività tra interruttori differenziali
La selettività di un sistema di protezione presuppone, in caso di guasto, che a intervenire sia il dispositivo più vicino al
punto di guasto mentre il resto dell'impianto deve continuare a funzionare regolarmente. La selettività differenziale può
essere orizzontale o verticale. Per garantire la selettività orizzontale è sufficiente suddividere e proteggere i circuiti
singolarmente affinché, in caso di guasto, sia posto fuori servizio solo il circuito effettivamente interessato dalla
corrente di dispersione.
Esempio di selettività orizzontale fra interruttori differenziali
Se ogni circuito è protetto singolarmente da un proprio interruttore differenziale magnetotermico in caso di guasto
interviene soltanto l'interruttore del circuito interessato dal guasto.
Fra due interruttori differenziali installati in serie, interessati cioè dalla stessa corrente di dispersione, è garantita la
selettività verticale solo se il tempo massimo di intervento del dispositivo a valle è inferiore al tempo minimo di non
intervento di quello posto a monte.
Esempio di selettività verticale fra interruttori differenziali
Per ottenere la selettività, la caratteristica tempo-corrente di non intervento del dispositivo installato a monte deve
essere al di sopra di quella di intervento del dispositivo a valle e la corrente differenziale nominale del dispositivo a
monte non deve essere inferiore a tre volte la corrente differenziale nominale del dispositivo installato a valle.
24
Per ottenere la selettività degli interruttori a uso domestico e similare le norme prevedono un interruttore con ritardo
d’intervento intenzionale denominato di tipo S da installare a monte rispetto a quelli per uso ordinario che invece sono
chiamati di tipo G.
Tempi di Corrente differenziale
intervento
500 A
2∆
5∆
∆
(s)
massimo
0,50
0,20
0,04
0,04
Selettivo (S)
minimo
0,13
0,06
0,05
0,04
Ordinario (G)
massimo
0,30
0,15
0,04
0,04
Confronto dei tempi di intervento di interruttori differenziali
di tipo selettivo (S) e di tipo ordinario (G)
Tipo
Affinché la selettività sia garantita il dispositivo di tipo S deve però avere una corrente nominale differenziale di almeno
tre volte superiore rispetto a quella del dispositivo installato a valle.
Selettività verticale tra interruttori differenziali
Per ottenere selettività devono essere verificate le seguenti condizioni:
1) la caratteristica tempo-corrente di non intervento del dispositivo installato a monte deve situarsi al di sopra di
quella di intervento del dispositivo a valle
2) La corrente differenziale nominale del dispositivo a monte non deve essere inferiore a tre volte la corrente
differenziale nominale del dispositivo installato a valle
Questa condizione non garantisce comunque la selettività per correnti di dispersione di alcune decine di ampere tipiche
dei guasti franchi a terra. La selettività ad esempio non può essere ottenuta con differenziali di tipo S nei sistemi TN
dove le correnti in gioco sono dell'ordine delle centinaia di ampere. In questi casi è necessario ricorrere a dispositivi con
tempo di ritardo regolabile, utilizzabili in ambienti di tipo industriale solo alla presenza di personale addestrato. Gli
interruttori differenziali a uso industriale essendo regolabili in corrente e tempo di intervento permettono di ottenere una
completa selettività su più livelli.
Da non dimenticare comunque che il tempo di ritardo massimo non deve essere superiore nei sistemi TN a 0,4 s per
utilizzatori mobili e 5s per le linee di distribuzione mentre nei sistemi TT a 1s. Come si può vedere dalla figura seguente
non può invece essere ammesso nessun ritardo d’intervento se il dispositivo differenziale è impiegato anche per la
protezione addizionale contro i contatti diretti.
25
Protezione addizionale contro i contatti diretti
Massimi tempi di intervento per dispositivi differenziali che attuano la protezione addizionale contro i contatti diretti
confrontati con le curve di pericolosità della corrente elettrica. La caratteristica tempo-corrente del differenziale da 10
mA è contenuta interamente nella zona 1 caratterizzata da effetti fisiologici generalmente non pericolosi mentre il
differenziale da 30 mA presenta una zona nella quale non c'è protezione contro il pericolo di arresto respiratorio e la
tetanizzazione muscolare
9.4.11 Interventi intempestivi
In particolari circostanze gli interruttori differenziali possono essere soggetti a interventi intempestivi. Sono situazioni
piuttosto fastidiose che l'utente, pregiudicando la sicurezza dell'impianto, potrebbe maldestramente risolvere
disattivando l'interruttore differenziale. Le cause più comuni di un tal evento sono di seguito brevemente descritte.
9.4.12 Correnti di dispersione capacitive verso terra
Piccole correnti verso terra di natura capacitiva sono fisiologiche anche in un impianto sano. Anche gli apparecchi sono
soggetti a correnti di dispersione verso terra perché l'impedenza d'isolamento non è mai infinita. La presenza di filtri
verso terra, sempre più diffusi per motivi di compatibilità elettromagnetica, può accentuare tale fenomeno. Se la
corrente di dispersione supera determinati valori, il dispositivo differenziale può intervenire intempestivamente. Per
limitare la corrente di dispersione, essendo la risultante della corrente verso terra la somma vettoriale delle correnti di
dispersione sulle tre fasi, si possono suddividere i circuiti sulle varie fasi. In ogni caso, per evitare interruzioni
indesiderate, la corrente di dispersione che interessa ogni singolo interruttore differenziale deve essere mantenuta
inferiore alla metà della sua corrente nominale differenziale ripartendo eventualmente gli utilizzatori su più circuiti.
9.4.13 Sovratensioni di origine atmosferica o di manovra
Altre cause d’intervento inopportuno possono dipendere da sovratensioni atmosferiche o di manovra. In particolare
quelle di origine atmosferica, soprattutto quelle dovute alla fulminazione diretta o indiretta delle linee aeree di
alimentazione dell'impianto, sono le più insidiose. La sovratensione, caricando le capacità verso terra dell'impianto
oppure provocando una scarica in aria, può determinare una corrente verso terra in grado di far intervenire il dispositivo
differenziale. Tale fenomeno può essere particolarmente seccante nelle zone soggette a frequenti temporali. Gli
interruttori ritardati di tipo S sono normalmente insensibili a tali fenomeni transitori e più adatti a resistere alle
sovratensioni rispetto a quelli di uso generale.
26
9.4.14 Correnti di spunto
Correnti di avviamento elevate possono suscitare un flusso risultante a causa di possibili differenze tra gli avvolgimenti
del toroide anche se la somma delle correnti è zero. fino a sei volte la corrente nominale dell'interruttore non ci sono
normalmente problemi, per correnti superiori, con l'inserzione di trasformatori o la partenza di motori, si possono
invece avere interventi intempestivi.
9.4.15 Correnti di dispersione alla presenza di armoniche
Le correnti capacitive verso terra aumentano alla presenza di armoniche (in particolare la terza) determinando anche in
questo caso la possibilità di interventi intempestivi.
9.4.16 La scelta della corrente differenziale nominale
L'interruttore differenziale può essere convenientemente utilizzato per la protezione dai contatti indiretti, per una
protezione addizionale contro i contatti diretti e contro l'innesco d'incendio. Per la protezione contro i contatti indiretti
occorre distinguere tra sistema TT e sistema TN. Nel primo caso, sistema TT, è sufficiente verificare la nota relazione
I∆n≤UL/RE dove UL è la tensione limite ammessa e RE la resistenza di terra con un tempo massimo d’intervento del
dispositivo differenziale di 1s. Nel sistema TN l'impiego del differenziale potrebbe non essere necessario essendo
normalmente possibile soddisfare la nota relazione I(0,4s) ≤U0/Zs utilizzando interruttori magnetotermici (U0 è la
tensione di fase e ZS l'impedenza dell'anello di guasto dell'ordine dei milliohm). L'interruttore differenziale potrebbe
però essere utile per eliminare eventuali correnti, anche piuttosto elevate, che potrebbero permanere verso terra con la
possibilità di formazione di punti caldi e inutile spreco di energia (interruttori con correnti differenziali nominali di 0,51A installati ad esempio sul quadro generale). Per la protezione addizionale contro i contatti diretti, un interruttore con
corrente differenziale nominale minore o uguale a 30 mA può essere sufficiente per difendere le persone dai pericoli di
contatti che provocano effetti fisiologici rilevanti ma generalmente reversibili mentre garantire una protezione maggiore
si rendono indispensabili differenziali con correnti non superiori a 10 mA. Essendo questo tipo di dispositivi di tipo
elettronico, come detto in precedenza sono installabili soltanto a valle di interruttori differenziali con relè polarizzato.
Da ricordare infine che per quanto riguarda la protezione contro l'innesco d'incendio le norme prevedono una corrente
nominale differenziale non superiore a 500 mA.
9.4.17 La tenuta alle sovratensioni degli interruttori differenziali
L'uso dell'interruttore differenziale ha assunto negli ultimi tempi, principalmente nei sistemi di tipo TT dopo
l'introduzione della legge 46/90, una veste da prim'attore per quanto riguarda la protezione dai contatti indiretti. Sotto la
spinta di un tale successo e in forza del costante progresso tecnologico degli ultimi anni le case costruttrici hanno
sviluppato apparecchiature sempre più sofisticate ed affidabili che riescono a soddisfare la maggior parte delle esigenze
impiantistiche. Con l'utilizzo sempre più frequente si sono però evidenziati anche i punti deboli di queste
apparecchiature, punti deboli che devono essere attentamente valutati per un corretto esercizio dell'impianto. La tenuta
degli interruttori differenziali alle sovratensioni di origine interna o esterna è uno dei punti critici da esaminare se si
vuole evitare l'intervento intempestivo o, nella peggiore delle ipotesi, il danneggiamento irreversibile dell'interruttore
differenziale.
27
9.4.18 Sovratensioni
Le sovratensioni possono essere di tipo impulsivo di origine esterna, conseguenti a fenomeni atmosferici, oppure
temporanee o transitorie di origine interna, causate da guasti in BT o in AT/MT o da manovre sugli impianti.
a) sovratensione temporanea a frequenza di rete
b) sovratensione transitoria
c) sovratensione impulsiva di origine atmosferica
9.4.18.1 Sovratensioni di origine atmosferica
Le fulminazioni dirette o indirette sulla linea elettrica di distribuzione dovute a fenomeni temporaleschi possono dar
luogo a sovratensioni, anche a fronte molto ripido e a frequenza dell'ordine delle decine di kilohertz, che generano
impulsi di corrente attraverso le capacità costituite dai conduttori dell'impianto verso terra. Queste capacità, pur essendo
piuttosto piccole, dell'ordine di qualche decina di nanofarad, determinano correnti di dispersione verso terra che in
alcuni casi, rivelate dal toroide, possono provocare l'intervento indesiderato dell'interruttore differenziale.
9.4.18.2 Sovratensioni provocate da manovre sugli impianti
Sono sovratensioni della durata di pochi microsecondi, oscillatorie e smorzate, causate da manovre sull'impianto come
ad esempio l'inserzione o la disinserzione di carichi. Possono essere generate dall'intervento sul lato BT di apparecchi di
tipo limitatore oppure anche da interventi di dispositivi di protezione sulla parte primaria del trasformatore MT/BT.
Anche in questo caso si può avere un intervento inopportuno dell'interruttore differenziale.
9.4.18.3 Sovratensioni temporanee
Sono sovratensioni a frequenza industriale, generate da guasti che interessano l'impianto in BT oppure in AT/MT, di
durata relativamente lunga. Di queste sovratensioni devono tener conto i costruttori quando dimensionano gli isolamenti
delle apparecchiature di bassa tensione.
28
9.4.19 La tenuta degli interruttori differenziali alle sovratensioni di manovra e di origine atmosferica
In relazione agli interventi indesiderati provocati da sovratensioni, gli interruttori differenziali sono classificati dalla
norma CEI EN 61008-1 in differenziali di tipo generale con resistenza normale agli interventi intempestivi e interruttori
differenziali a resistenza aumentata (selettivo - tipo S). Per accertare la tenuta alle sovratensioni di origine interna
dovute a manovre sugli impianti sia i differenziali di tipo generale, sia quelli di tipo S sono sottoposti a dieci impulsi di
corrente oscillatoria smorzata che presenta una forma d'onda con le caratteristiche di figura. L'impulso di corrente deve
essere misurato e regolato usando un interruttore differenziale supplementare dello stesso tipo con la stessa In e la stessa
Idn per soddisfare le seguenti condizioni:
Valore di picco: 200 A (ridotto a 25 A per Idn < 10mA)
Tempo virtuale alla cresta: 0,5 microsecondi
Durata dell'onda oscillatoria seguente: 10 microsecondi
Ogni picco successivo: circa il 60% di quello precedente
Forma d'onda di corrente oscillatoria smorzata per la prova di tenuta degli interruttori differenziali di tipo generale
(tipo G) e con resistenza aumentata contro gli interventi intempestivi (tipo S)
Se l'interruttore differenziale è di tipo S, resistente agli interventi intempestivi anche in caso di sovratensioni di origine
atmosferica, oltre agli impulsi di corrente con le caratteristiche della figura precedente è sottoposto anche a dieci
impulsi di corrente con la forma d'onda della figura seguente.
La prova deve essere eseguita alle seguenti condizioni:
Valore di picco: 3000 A
Tempo virtuale alla cresta: 8 microsecondi
Tempo virtuale all'emivalore: 20 microsecondi
Picco della corrente inversa: inferiore al 30% del valore di picco
Forma d'onda di corrente impulsiva per la prova di tenuta degli interruttori differenziali con resistenza aumentata alle
sovratensioni (tipo S)
29
Il dispositivo sottoposto agli impulsi di corrente deve resistere senza intervenire e senza danneggiarsi e, superata la serie
di prove previste, deve continuare a funzionare correttamente alla sua Idn. Le prove descritte valgono per tutti gli
interruttori differenziali con (CEI EN 61009-1) o senza (“differenziali puri”) sganciatori di sovracorrente (CEI EN
61008-1). Le stesse prove con onda di tipo oscillante sono previste anche dalla Norma CEI EN 60947-2 che si occupa
anche degli interruttori differenziali di tipo scatolato. Oltre a questa prova è però prevista anche una ulteriore prova con
corrente impulsiva di forma 8/20 microsecondi e valore di picco di 250 A.
9.4.20 L'interruttore differenziale e la fulminazione diretta
Quanto fin qui descritto, si riferisce a sovratensioni di origine interna o di origine esterna dovute a una fulminazione
indiretta avvenuta nelle vicinanze della linea. Se però il fulmine cade direttamente sulla linea che entra nell'edificio
(fulminazione diretta) la sovratensione non possiede più la forma 8/20 microsecondi utilizzata per provare l'interruttore
differenziale di tipo S, ma assume la forma 10/350 microsecondi con un valore di picco maggiore e porta con sé
un'energia sufficiente a danneggiare irreparabilmente anche il differenziale di tipo S.
Forma d'onda di corrente impulsiva tipica di una sovratensione originata da fulminazione diretta
Il problema non può essere ignorato quando la frequenza di fulminazione diretta della linea è elevata e non può più
essere risolto installando dispositivi di tipo S ma solamente installando a monte dell'interruttore differenziale adeguati
limitatori di sovratensione (SPD – Surge Protective Device).
9.4.21 Interruttori differenziali e sistema TN
Il vantaggio dei sistemi TN è quello di utilizzare i dispositivi di massima corrente per la protezione dai contatti indiretti:
ricorrere agli interruttori differenziali vuol dire rinunciare a questo vantaggio. Bisogna ricordare che questi dispositivi
possono essere utilizzati solo nei sistemi TN-S poiché nei sistemi TN-C l’uso combinato del conduttore di neutro e di
protezione ne impedirebbe il funzionamento in caso di guasto a terra. Nei sistemi TN si è detto che un guasto franco a
terra costituisce un corto circuito monofase a terra quindi la corrente differenziale corrisponde a una corrente di corto
circuito. L’interruttore deve essere capace di interromperla poiché si è in presenza proprio di una corrente differenziale.
Come per un interruttore magnetico contro il cortocircuito è stabilito il potere d’interruzione, cosi per l’interruttore
differenziale deve essere specificato il potere d’interruzione differenziale. Se il dispositivo non è dotato di sganciatori di
sovracorrente nei sistemi TN occorre verificare che il potere d’interruzione differenziale sia maggiore della corrente
presunta di cortocircuito monofase a terra. In alternativa il dispositivo differenziale deve essere associato a un
dispositivo di protezione di massima corrente capace di assicurare la protezione di tutto il circuito compreso il
differenziale in situazione di cortocircuito (il coordinamento tra i vari dispositivi deve essere dichiarato dal costruttore).
30
9.5 Sezionatore, interruttore di manovra e interruttore di manovra-sezionatore
9.5.1 Generalità
Per garantire la sicurezza durante lavori eseguiti sugli impianti elettrici, occorre prendere alcuni provvedimenti di cui
uno, fondamentale, è il sezionamento dei circuiti (in alcuni casi e seguendo particolari procedure è possibile lavorare su
parti in tensione). Nonostante sempre più sovente la funzione di sezionamento sia svolta da apparecchi che hanno anche
compiti di manovra e di protezione il sezionatore trova in molti casi la sua giusta collocazione. Devono essere protetti a
monte da interruttori o fusibili con essi coordinati (protezione di backup) come viene indicato dalle tabelle dei
costruttori. Di seguito sarà descritto, anche se brevemente, il sezionatore nelle sue parti e caratteristiche per poi passare
a esporre le particolarità costruttive e funzionali degli interruttori di manovra-sezionatori.
Fig. 9.3 - Definizioni e simbologia grafica dei sezionatori, interruttori di manovra - sezionatori e combinazioni con
fusibili
31
9.5.2 Grandezze nominali
Le grandezze nominali per i sezionatori di seguito elencate sono definite nella Norma CEI 17-11.
tensione nominale d’impiego, Ue (V);
tensione nominale d’isolamento, Ui (V);
corrente nominale d’impiego, Iµ (A) è la corrente definita dal costruttore tenendo conto della tensione
nominale, della frequenza nominale, del servizio nominale, della categoria di utilizzazione e del tipo di
custodia di protezione;
corrente nominale termica convenzionale, Ith (A);
corrente nominale termica in involucro, Ithe (A);
frequenza nominale, f (Hz);
servizio normale (8 ore oppure ininterrotto);
potere nominale di chiusura o potere di stabilimento, potere nominale di interruzione - vengono espressi
quali multipli della corrente nominale d’impiego in funzione della gravosità del servizio (categoria
d’impiego);
corrente nominale di breve durata ammissibile Icw - è la corrente che un interruttore è in grado di portare,
senza danneggiarsi, nella posizione di chiuso per una durata specificata nelle condizioni prescritte di
utilizzazione e di comportamento;
potere nominale di chiusura su corto circuito, Icm (kA) - si riferisce agli interruttori di manovra e agli
interruttori di manovra sezionatori per un’operazione di chiusura su specificati valori di cresta di correnti di
corto circuito. Non è definibile un potere d’interruzione durante un corto circuito perché non è richiesto per
queste apparecchiature. Quando questo dato non è indicato dal costruttore si deve intendere almeno pari
alla corrente di picco corrispondente Icw;
corrente nominale di corto circuito condizionata da fusibile o interruttore automatico Icd - è la corrente
presunta che l’apparecchio associato con un fusibile può sopportare, senza danneggiarsi, per la durata
dell’operazione di quest’ultimo, nelle condizioni di prova specificate;
categorie di utilizzazione AC - definiscono la gravosità delle condizioni d’utilizzazione e vengono
rappresentate con due lettere indicative del tipo di circuito in cui l’apparecchio può essere installato e con
un numero di due cifre indicativo del tipo di utilizzazione e delle modalità di manovra previste;
durata meccanica e durata elettrica - la durata meccanica esprime il numero di cicli (un singolo ciclo è
costituito dall’insieme di un’operazione di chiusura e di una di apertura e chiusura) a vuoto che
l’apparecchio è in grado di effettuare senza revisioni o sostituzioni di parti meccaniche (è ammessa la
manutenzione ordinaria). Anche la durata elettrica è espressa in cicli ed esprime la resistenza dei contatti
all’usura elettrica con operazioni sotto carico alle condizioni specificate dalle Norme.
32
1) Norma di riferimento
2) Attitudine al sezionamento (se l’apparecchio non è idoneo al sezionamento invece del simbolo è riportata la
scritta “non aprire sotto carico”.
3) Marchio di fabbrica
4) Sigla che designa il tipo o la serie
5) Correnti nominali d’impiego riferite alle rispettive tensioni nominali e alle categorie di utilizzo
6) Frequenza nominale ( per corrente continua è indicata la sigla c.c.)
7) Tipo di fusibile (solo per le unità combinate)
8) Grado di protezione
9) Indicazione della posizione di aperto e di chiuso
Fig. 9.4 - Dati di targa di un sezionatore
La tensione nominale d’impiego, Ue (V) e la corrente nominale d’impiego, Iu (A), come sappiamo, non devono
essere inferiori alla tensione e alla corrente del circuito. Per i sezionatori da manovrare a vuoto questa coppia di dati
è da considerarsi come i massimi valori che non devono essere superati rispettivamente con la tensione nominale
d’isolamento, Ui (V) e con la corrente nominale termica convenzionale, Ith (A). Per gli interruttori invece,
dipendendo la corrente di impiego dalla categoria di utilizzazione e dalla tensione di impiego, si possono avere
diverse coppie di valori.
9.5.3 Caratteristiche funzionali e costruttive del sezionatore
Il sezionatore è un apparecchio meccanico che assicura, nella posizione di aperto, una distanza di sezionamento
(distanza tra i contatti) tale da garantire la sicurezza. E’ un’apparecchiatura che può aprire e chiudere un circuito quando
la corrente interrotta o stabilita è d’intensità trascurabile o quando la manovra non produce un cambiamento
significativo della tensione ai terminali (praticamente a vuoto). Nella posizione di chiuso è in grado di portare la
normale corrente del circuito e, per una durata specificata, anche una corrente anormale del circuito come ad esempio
una corrente di corto circuito. Alla chiusura deve essere in grado di sopportare correnti di corto circuito per una durata
convenzionale di 1s (Icw). Ogni sezionatore deve essere munito di un dispositivo atto a indicare la posizione assunta dai
contatti mobili anche in condizioni anormali come ad esempio in caso di saldatura dei contatti. Un’indicazione di questo
tipo è superflua se la separazione dei contatti è chiaramente visibile dall’esterno. La Norma 64-8 richiede tra l’altro che
la segnalazione sia attivata solo quando sia stata raggiunta la effettiva posizione di sezionamento dei contatti in apertura
su ogni polo del dispositivo. Per quanto riguarda la distanza di sezionamento da adottare, le Norme, a proposito del
grado di esposizione dell’impianto elettrico alle sollecitazioni di tipo impulsivo sugli isolanti (queste sollecitazioni
dielettriche possono essere di origine esterna dovute a fulminazioni o interna dovute a manovre sui circuiti), suddivide
l’impianto in zone. Per ogni zona e in funzione della tensione verso terra del sistema, sono individuati particolari valori
di tensione di riferimento per i quali deve essere garantita la tenuta dell’isolamento. Dal punto di vista costruttivo il
sezionatore è un apparecchio molto semplice.
33
Non è dotato di dispositivi per l’interruzione della corrente e nemmeno di meccanismi per lo scatto rapido o automatico.
Il sezionatore è, infatti, un’apparecchiatura a manovra ‘dipendente’ in cui la posizione e la velocità di movimento dei
contatti mobili dipendono dall’operatore. Il sezionamento può essere ottenuto con dispositivi unipolari affiancati, anche
se le Norme consigliano di utilizzare apparecchi multipolari per il sezionamento contemporaneo di tutti i poli del
circuito.
9.5.4 Caratteristiche funzionali dell’interruttore di manovra e dell’interruttore di manovra – sezionatore
L’interruttore di manovra (interruttore non automatico) differisce dal sezionatore perché è in grado di stabilire e di
interrompere la corrente di carico, tenendo anche conto di sovraccarichi momentanei. L’interruttore di manovra
sezionatore, così com’è definito dalle Norme CEI 17-11 art. 2.1.3, “...è un apparecchio meccanico di manovra in grado
di stabilire, portare ed interrompere correnti in condizioni normali del circuito, comprese eventuali correnti specificate
di sovraccarico in servizio ordinario, così come a portare, per una durata specificata, correnti in condizioni anormali del
circuito, come ad esempio quelle di corto circuito”. Sono apparecchi che, non essendo dotati di dispositivi di sgancio
automatico, non possono essere utilizzati per la protezione automatica contro le sovracorrenti (il potere d’interruzione è
generalmente insufficiente sui corto circuiti). È denominato interruttore di manovra/sezionatore quando (norme CEI 1711 art. 2.1.5) “...nella posizione di aperto soddisfa alle prescrizioni della distanza di sezionamento specificate per un
sezionatore”. Essendo apparecchi destinati a chiudere un circuito è molto importante conoscere il valore del potere di
chiusura (Icm). Devono, infatti, essere in grado di sopportare, onde evitare che possano danneggiarsi e diventare causa di
pericolo per le persone, le sollecitazioni dinamiche e termiche più gravose che possano derivare da tale manovra,
compresa la chiusura su corto circuito. Come per il sezionatore devono inoltre essere in grado di sopportare una
corrente di corto circuito per un tempo prefissato convenzionale di 1s (Icw). Sono impiegati principalmente come
interruttori generali di sottoquadri, come organi di manovra e sezionamento di linee, di sbarre o di gruppi di
apparecchiature, come un congiuntore di sbarre che un complesso di manovra e protezione di un motore.
Natura
della
corrente
Categorie di utilizzazione
Categoria di utilizzazione
Applicazioni tipiche
Manovra
frequente
Corrente
Alternata
Corrente
continua
Manovra non
frequente
Stabilimento e interruzione a vuoto
Manovra di carichi resistivi con sovraccarichi di modesta
entità
Manovra di carichi misti resistivi e induttivi con
sovraccarichi di modesta entità
Manovra di motori o altri carichi altamente induttivi
Stabilimento e interruzione a vuoto
Manovra di carichi resistivi con sovraccarichi di modesta
DC-20A
DC-20B
entità
DC-21A
DC-21B
Manovra di carichi misti resistivi e induttivi con
DC-22A
DC-22B
sovraccarichi di
DC-23A
DC-23B
modesta entità (per es. motori in derivazione)
Manovra di motori o altri carichi altamente induttivi
Tab. 9.2 - Categorie di utilizzazione degli interruttori di manovra
AC-20A
AC-21A
AC-22A
AC-23A
AC-20B
AC-21B
AC-22B
AC-23B
34
9.5.5 Caratteristiche costruttive
Costruttivamente una prima classificazione può essere fatta in base ai contatti mobili che possono essere del tipo
autostringente o non autostringente. La differenza fondamentale consiste nel fatto che in quelli di tipo autostringente,
sfruttando le forze generate dalle stesse correnti, si può aumentare la compressione sui contatti. Si ha così il vantaggio, a
parità di altre condizioni rispetto al tipo non autostringente, di poter lavorare con correnti di breve durata di valore più
elevato. Nel tipo non autostringente, infatti, quando si è alla presenza di sollecitazioni dinamiche generate da correnti
elevate che tendono ad aprire i contatti, esiste la difficoltà di mantenere la corretta posizione di chiusura con la sola
forza delle molle. La manovra dell’apparecchio è del tipo ad accumulo d’energia denominata a “scatto rapido” e
l’energia utilizzata per l’apertura è originata dal lavoro manuale dell’operatore che comprime, tramite opportuni
cinematismi, una molla. In fase di manovra l’energia accumulata è liberata repentinamente in modo che la velocità e la
forza siano indipendenti dalla forza esercitata dall’operatore (manovra indipendente). Gli apparecchi per correnti
d’impiego superiori a 200¸ 400A, sono dotati di celle di deionizzazione (celle “dejon”) per l’estinzione dell’arco simili a
quelle utilizzate per gli interruttori automatici. Per correnti fino a 200¸ 400A e con correnti di breve durata non elevate
(5¸10kA) l’apparecchio più diffuso è quello cosiddetto “a pacco” con manovra rotativa mentre, per correnti superiori
piuttosto diffuso e quello comunemente denominato “aperto”.
9.5.6 Unità combinata sezionatore con fusibili e fusibile – sezionatore
Il sezionatore con fusibili è un apparecchio costituito da un sezionatore e, per ciascun polo, da un fusibile in serie a
formare un assieme unico. Diverso è il fusibile - sezionatore nel quale una cartuccia o un portafusibile con la propria
cartuccia forma il contatto mobile dell’apparecchio. Questi apparecchi sono utilizzati per garantire la sicurezza in fase
di sostituzione delle cartucce fusibili quando a esse viene assegnato il compito di protezione delle condutture dai corto
circuiti ( più raramente anche dai sovraccarichi). Non possono essere impiegati per manovre di apertura e chiusura di un
circuito sotto carico.
9.5.7 Interruttore di manovra con fusibili
Le Norme CEI 17-11 art. 2.1.8 definiscono l’interruttore di manovra con fusibili come “ un apparecchio costituito da un
interruttore di manovra nel quale uno o più poli hanno in serie un fusibile, in un assieme unico”. Può essere impiegato
per le manovre sui circuiti anche a carico e per la protezione contro il sovraccarico e il corto circuito delle condutture.
Un utilizzo tipico è quello previsto per il comando di utilizzatori caratterizzati, alla chiusura del circuito,
dall’assorbimento di una corrente superiore a quella nominale come ad esempio l’inserzione e la disinserzione dei
motori asincroni con rotore in corto circuito.
9.5.8 La tenuta alle sovracorrenti
Le unità combinate con fusibili, provvedendo i fusibili stessi alla protezione degli apparecchi, non presentano problemi
di tenuta alle sovracorrenti e, in questo caso, il potere di interruzione dei fusibili ne esprime la tenuta al corto circuito. I
fusibili dovranno essere scelti tra quelli indicati dal costruttore e comunque con una corrente nominale non superiore
alla corrente nominale termica dell’apparecchio. Gli interruttori e i sezionatori devono essere protetti dai sovraccarichi e
dai corto circuiti per mezzo dei dispositivi di protezione contro le sovracorrenti installati nell’impianto secondo i
seguenti criteri a seconda che ci si riferisca al sovraccarico o al corto circuito:
Protezione contro il sovraccarico - scegliere apparecchi con corrente nominale termica Ith non inferiore
alla corrente nominale dei dispositivi di protezione da sovraccarico posti a monte o non inferiore alla
somma delle correnti nominali di quelli posti a valle (in genere è sufficiente che, se le condutture sono
adeguatamente protette contro i sovraccarichi, gli interruttori abbiano una corrente nominale non inferiore
alla portata IZ dei cavi ai quali sono collegati).
Tenuta al corto circuito - se nel punto di installazione dell’interruttore nel quadro la corrente presunta di
corto circuito è superiore ai 10 kA oppure se la corrente di picco limitato supera i 15 kA (Norma CEI EN
60439-1), la tenuta al corto circuito deve essere obbligatoriamente determinata.
35
9.5.9 Verifica della tenuta al corto circuito
Fig. 9.5 - Condizioni di protezione dal corto circuito di un sezionatore
1.
Se il costruttore indica la corrente nominale di corto circuito condizionata da fusibile o interruttore automatico
Icd è sufficiente installare a monte, o immediatamente a valle, il dispositivo di protezione contro il corto circuito
indicato purché la corrente di corto circuito Icc nel punto di installazione non superi il valore della corrente
condizionale Icd;
>
2.
Se è nota la corrente nominale di breve durata Icw (se questo dato non è noto e l’interruttore sezionatore è
conforme alle Norme CEI 17-11 si deve intendere non inferiore a 12 volte la corrente nominale) e il relativo
tempo t (1s) è sufficiente che I2cw(t) non sia inferiore alla sollecitazione termica di corto circuito I2t lasciata
passare dal dispositivo di protezione dal corto circuito installato a monte e che il potere nominale di chiusura
su corto circuito Icm non sia inferiore alla corrente di picco limitata IPL dal dispositivo stesso:
1
3.
>√
>
(protezione contro le sollecitazioni termiche da corto circuito)
(protezione contro la corrente di picco di corto circuito)
Se il costruttore non fornisce dati di tenuta al corto circuito è necessario che 144 I2n non sia inferiore a I2t
lasciato passare nel circuito dai dispositivi di protezione. In questo caso non è molto agevole la verifica del
potere di chiusura nominale su corto circuito Icm che si potrebbe supporre almeno uguale a 12nIn (CEI EN
60947-1) dove n è il rapporto tra il valore efficace e il valore di picco indicato in tabella 9.3.
>
12 (protezione contro le sollecitazioni termiche da corto circuito)
12 (protezione contro la corrente di picco di corto circuito)
n - rapporto tra il valore efficace e valore di picco indicato in tabella 9.3
Rapporto convenzionale fra valore di picco IP e
valore efficace Icc della corrente di corto circuito
(CEI EN 60947 - 1)
Tab. 9.3
36
9.6 Interruttore automatico, sganciatore
9.6.1 Generalità
L’interruttore automatico è un apparecchio meccanico di manovra capace di stabilire, portare e interrompere correnti in
condizioni normali del circuito e inoltre di stabilire, portare per una durata specifica e interrompere, correnti in
condizioni anormali specificate del circuito, ad esempio quelle di corto circuito. L’interruttore è tra l’altro caratterizzato
dall’avere due posizioni che mantiene in condizione di riposo (dopo la manovra che le ha determinate) senza che sia
necessario un ulteriore apporto di energia. E’ un apparecchio in grado di connettere e disconnettere un circuito
dall’alimentazione mediante un’operazione, manuale o automatica, in genere di tipo indipendente perché permette di
raggiungere le posizioni di aperto e chiuso senza arresto in posizioni intermedie con velocità di apertura/chiusura
svincolata dalla velocità di manovra dell’operatore. La parola ‘automatico’ sta ad indicare un apparecchio che
interviene automaticamente quando è attraversato da una corrente superiore alla sua corrente nominale. Le modalità
dell’intervento dipendono essenzialmente dall’entità della sovracorrente e dalla caratteristica di intervento
dell’interruttore. Ogni interruttore è fornito di due sganciatori di sovracorrente di cui uno (relè termico), a tempo
inverso, provoca l’apertura con un ritardo inversamente proporzionale al valore della sovracorrente, mentre l’altro (relè
elettromagnetico), a intervento istantaneo provoca l’intervento a partire da un determinato valore di sovracorrente
(relativamente elevato) con un tempo pressoché costante.
Fig. 9.6 - Segni grafici d’interruttori automatici magnetotermici e differenziali
9.6.2 Classificazione
In base ai tempi d’interruzione della corrente di corto circuito s’identificano i seguenti tipi d’interruttori:
Limitatore - l’interruzione è molto anticipata rispetto allo zero naturale della corrente;
Rapidi - l’interruzione avviene al primo o al secondo passaggio della corrente per lo zero naturale;
Selettivi - l’interruzione è volutamente ritardata e avviene dopo alcuni periodi per permettere la selettività tra
interruttori posti in serie;
Interruttori aperti o in aria- sono interruttori caratterizzati da notevoli dimensioni e sono impiegati per usi
prevalentemente di tipo industriale. Possiedono correnti nominali, correnti di breve durata e poteri di corto
circuito piuttosto elevati. Sono impiegati come interruttori di macchina a valle dei trasformatori di MT/BT di
generatori e per partenze con elevate correnti di impiego (1000-2000 A);
Interruttore scatolato - sono interruttori in cui la scatola che li contiene, normalmente di materiale plastico,
funge da supporto per le parti meccaniche e da isolante tra le fasi e verso massa e da protezione contro i
contatti indiretti;
Interruttore modulare - sono interruttori impiegati prevalentemente nel civile e nel terziario e sono
caratterizzati da dimensioni modulari unificate. Queste caratteristiche permettono una facile installazione a
scatto su supporti di tipo normalizzato.
37
9.6.3 Sganciatori
Lo sganciatore è un dispositivo che ha il compito, sotto l’influenza di una particolare grandezza, di comandare il rilascio
degli organi di ritegno dell’interruttore e di permetterne l’apertura o la chiusura. In relazione alle grandezze di
alimentazione dei sensori che determinano l’intervento si possono individuare due gruppi fondamentali di sganciatori:
sganciatori di corrente in cui lo sgancio avviene al superamento di un predeterminato valore di corrente;
sganciatori di tensione in cui lo sgancio avviene al passaggio attraverso determinati valori di tensione che
possono essere superiori o inferiori ad un determinato livello di soglia prestabilito.
Una ulteriore classificazione può essere ottenuta in base ai tempi d’intervento degli sganciatori:
sganciatori istantanei in cui l’intervento avviene all’apparire della causa senza nessun ritardo intenzionale;
sganciatori a tempo indipendente in cui è presente una regolazione sul ritardo indipendente dalla grandezza
che ha provocato l’intervento;
sganciatori a tempo inverso in cui lo sgancio dipende dall’inverso della grandezza che ha pilotato lo sgancio.
Un’ultima classificazione può essere fatta in base al tipo di alimentazione degli sganciatori:
sganciatori primari in cui l’alimentazione è derivata direttamente dalla corrente del circuito principale
dell’interruttore;
sganciatori secondari in cui l’alimentazione è ottenuta dalla corrente del circuito primario attraverso un
derivatore o trasformatori di corrente.
Gli sganciatori più diffusi sono i tradizionali di tipo elettromeccanico (magnetici e termici) anche se si vanno sempre di
più diffondendo gli sganciatori elettronici a microprocessore.
9.6.3.1 Sganciatori magnetici
Il dispositivo magnetico è uno sganciatore di tipo istantaneo il cui circuito è concatenato con la corrente del circuito di
potenza che determina, al di sopra di un determinato valore di corrente (a meno delle tolleranze previste dalle Norme),
l’attrazione di un nucleo ferromagnetico che libera gli organi di ritegno dell’interruttore causandone l’apertura. Negli
interruttori di tipo industriale (correnti superiori a 200-250 A) è possibile introdurre dei ritardi sull’apertura agendo
direttamente sui cinematismi o intervenendo con dei dispositivi a tempo.
Fig. 9.7 - Curva d’intervento caratteristica di sganciatore magnetico istantaneo di massima corrente
38
9.6.3.2 Sganciatori termici
E’ un dispositivo cosiddetto a tempo inverso che sfrutta la deformazione di un elemento bimetallico. Il bimetallo è,
infatti, sensibile al passaggio della corrente che lo riscalda provocandone la dilatazione. Essendo questo un dispositivo
sensibile alla temperatura è necessario adottare provvedimenti per compensare l’eventuale variazione della temperatura
ambiente. Negli interruttori di tipo industriale è in genere consentita la regolazione della corrente d’intervento per la
protezione dai sovraccarichi (comunemente chiamata di corto ritardo). Questo consente di adeguare il livello di
protezione ai bisogni del circuito e di ottimizzare la sezione dei cavi.
Fig. 9.8 - Curva d’intervento caratteristica di sganciatore di massima corrente a tempo inverso
9.6.3.3 Sganciatore elettronico di massima corrente
E’ un tipo di sganciatore che si avvale dell’ausilio di trasformatori di corrente in genere inseriti sui poli dell’interruttore
che forniscono sia il segnale, elaborato da un microprocessore, per pilotare lo sganciatore che la potenza necessaria per
l’operazione di sgancio. Offrono diverse possibilità di regolazione dei valori di corrente, dai più semplici, che
permettono di regolare la corrente d’intervento della protezione termica (lungo ritardo) e di quella contro i corto circuiti
(corto ritardo), ai più complessi che offrono la possibilità di regolare sia le correnti sia i tempi di intervento.
Fig. 9.9 – Caratteristica d’intervento dei relè elettronici
39
9.6.4 La scelta degli sganciatori
La scelta è normalmente effettuata sulla base di considerazioni tecnico-economiche, legate alle caratteristiche
dell’impianto da proteggere e della necessità di ottenere una eventuale selettività tra le protezioni. Dal punto di vista
tecnico deve essere garantita la protezione contro i sovraccarichi, contro i corto circuiti e la protezione delle persone
secondo le regole fissate dalle Norme. Dal punto di vista economico gli sganciatori più semplici, quelli a bimetallo,
sono i meno costosi ma offrono, rispetto a quelli elettronici, più costosi, una precisione d’intervento minore. Quelli di
tipo elettronico, tra l’altro, garantiscono la costanza della corrente d’intervento della protezione termica al variare della
temperatura nel punto di installazione mentre, gli sganciatori magnetotermici, intervengono a valori diversi di corrente
in funzione della temperatura raggiunta all’interno del quadro in cui sono installati.
9.6.5 Tecniche di interruzione
In bassa tensione l’interruzione di forti correnti è quasi sempre ottenuta in aria con l’impiego di celle di estinzione del
tipo dejon. I meccanismi di estinzione dell’arco e d’interruzione della corrente avvengono nel modo di seguito indicato:
allungamento dell’arco all’interno delle singole celle di estinzione;
raffreddamento dell’arco per dissipazione di calore nell’aria circostante e sugli elementi ceramici e metallici
delle celle;
frazionamento dell’arco e conseguente riduzione della tensione d’arco al di sotto del valore di stabilità;
aumento della velocità di spostamento dell’arco. Questo effetto può essere ottenuto tramite la configurazione a
corno del contatto mobile, mediante l’utilizzo di materiali ferromagnetici per aumentare il campo magnetico,
mediante l’impiego di materiali che alla presenza di temperature elevate emettono gas che sono in grado di
spingere l’arco nelle celle di estinzione dejon.
Fig. 9.10 - Poteri d’interruzione Icn in funzione della corrente nominale In
Gli interruttori, riguardo alla tecnica d’interruzione, si possono suddividere in due tipologie:
interruttore automatico ‘limitatore’ che sfrutta l’effetto di repulsione tra correnti di verso contrario provocando
un movimento di allontanamento anche del contatto fisso. L’effetto di limitazione, che è sfruttato da tempo nei
fusibili, viene ottenuto con tempi di apertura (tempo che intercorre all’apparire della causa che provoca
l’intervento e l’istante in cui i contatti d’arco si sono separati in tutti i poli) dell’ordine del millisecondo e con
contatti e camere d’arco che introducono nel circuito elevate tensioni d’arco in tempi molto brevi. In questo
modo il valore di cresta è notevolmente inferiore rispetto a quello della corrente presunta. Quasi tutti gli
interruttori della nuova generazione sono di tipo più o meno limitatore per ridurre gli ingombri ed aumentare il
potere d’interruzione (da notare che gli interruttori modulari con piccole correnti nominali da 0,5 a 5 A hanno
la resistenza del polo di valore elevato che limita la corrente di corto circuito presunta senza l’impiego di altri
artifici);
40
interruttori di tipo rapido che sono caratterizzati da una durata di apertura dell’ordine di alcuni millisecondi
per correnti nominali fino a 200 A e la decina di millisecondi per correnti nominali dell’ordine dei mille A.
Fig. 9.11 - Confronto tra la corrente di cresta interrotta da un interruttore limitatore e il valore di cresta della corrente
presunta
9.6.6 Principali grandezze e caratteristiche elettriche
Le grandezze nominali degli interruttori automatici sono descritte nelle Norme CEI 23-3 (Norme per interruttori per uso
domestico), CEI 23-18 (Norme per interruttori differenziali per usi domestici e similari e per interruttori differenziali
con sganciatori di sovracorrente incorporati per usi domestici e similari) ed EN-60947-2 (Norme per interruttori a uso
industriale). Di seguito saranno descritte le principali grandezze nominali relative agli interruttori per uso domestico e
similare e di tipo industriale.
1) Corrente nominale
2) Attitudine al sezionamento
3) Indicazione della posizione di aperto-chiuso
4) Nome del costruttore o marchio di fabbrica
5) Indicazione del tipo e del numero di serie
6) Conformità alla Norma CEI EN 60947-2
7) Categoria di utilizzazione:
A per interruttori senza ritardo di intervento intenzionale,
B per interruttori selettivi (con ritardo di intervento intenzionale di solito
regolabile)
8) Tensioni di impiego nominali Ue
9) Valori della frequenza nominale e limiti dell’eventuale funzionamento in corrente continua
10) Poteri di interruzione nominali di servizio Ics
11) Poteri di interruzione nominali estremi Icu
12) Ui tensione nominale di isolamento – Uimp tensione nominale di tenuta ad impulso - Ta temperatura di riferimento
13) Icw Corrente nominale di breve durata ammissibile
Fig. 9.12 - Dati di targa di un interruttore conforme alle Norme EN-60947-2
41
9.6.7 Interruttori per uso domestico
Tensione nominale d’impiego (Ue) - valore di tensione assegnato dal costruttore al quale si riferiscono le
prestazioni dell’apparecchio. A uno stesso interruttore possono essere assegnati diversi valori di tensione
nominale d’impiego, alle quali corrispondono servizi e prestazioni diverse specificati dal costruttore. I valori
normalizzati dalle Norme CEI 23-3 sono:
230 V per interruttori unipolari e bipolari;
230/400 V per interruttori unipolari;
400 V per interruttori bipolari, tripolari e tetrapolari.
Tensione nominale di isolamento (Ui) – E’ il valore di tensione per il quale sono stati dimensionati gli
isolamenti elettrici dell’interruttore. Se per un apparecchio non è stata indicata la sua tensione di isolamento, si
considera come tale la sua più alta tensione nominale d’impiego.
Corrente nominale d’impiego (In) - Corrente che il dispositivo è in grado di sopportare ininterrottamente ad
una temperatura ambiente prefissata (30°). La norma CEI 23-3 fissa i valori preferenziali della corrente
nominale: 6-10-20-25-32-50-63-80-100-125.
Calibro - valore arrotondato della corrente convenzionale di non intervento (questo dato è stato eliminato dalla
IV edizione della Norma CEI 23-3).
Corrente convenzionale di non intervento (Inf = 1,13 In) – valore di corrente che non provoca l’apertura del
dispositivo per un tempo prefissato. Per I <Inf l’intervento dell’interruttore non avverrà sicuramente prima di
un’ora o di due ore secondo il valore dell’In.
Corrente convenzionale di intervento (If = 1,45 In) - valore di corrente che provoca l’apertura del dispositivo
entro un tempo prefissato. Per I ≥If l’interruttore interverrà sicuramente prima di un’ora o di due ore secondo il
valore dell’In.
In
Corrente nominale
(A)
Inf
Corrente convenzionale di non intervento
(A)
If
Corrente convenzionale di intervento
(A)
In<63A
1.13In
t≥1h
1.45In
t<1h
In≥63A
1.13In
t≥2h
1.45In
t<2h
Tab. 9.4 - Caratteristiche d’intervento degli sganciatori a tempo inverso degli interruttori a uso domestico e
similare (CEI 23-3)
Corrente di intervento istantaneo (intervento magnetico) - minimo valore di corrente che provoca l’apertura
automatica dell’interruttore senza ritardo intenzionale.
Corrente di scambio (Is) - valore di corrente limite, corrispondente all’intersezione tra le caratteristiche
d’intervento di due dispositivi posti in serie, sopra il quale il dispositivo di protezione, generalmente posto a
monte, fornisce la protezione di sostegno (back-up) del dispositivo posto a valle.
Potere di corto circuito - corrisponde al valore efficace della corrente presunta che l’interruttore è in grado di
stabilire, portare e interrompere a condizioni specificate. La Norma descrive due diversi livelli di potere di
corto circuito:
Potere di corto circuito estremo (Icu), per gli interruttori ad uso domestico corrisponde al potere di corto
circuito nominale (Icn) che prevede una serie di aperture automatiche del tipo O-t-CO (O corrisponde ad
un’apertura automatica dell’interruttore, predisposto chiuso, su corto circuito, t un intervallo di attesa
specificato tra due successive operazioni in condizioni di cortocircuito e CO una operazione di chiusura su
corto circuito seguita da un’apertura automatica). L’interruttore dopo una tale sequenza di operazioni deve
essere in grado di sopportare la tensione del circuito, senza il rischio di cedimenti dell’isolante, essere
manovrabile in chiusura ed apertura, anche se potrebbe non essere in grado di portare con continuità la sua
corrente nominale ed infine deve essere in grado di garantire la protezione da sovraccarico.
Potere di corto circuito di servizio (Ics) che prevede una serie di aperture automatiche del tipo O-t-O-t-CO per
l’interruttore unipolare e bipolare e una del tipo O-t-CO-t-CO per gli interruttori tripolari e tetrapolari. Dopo
tale sequenza l’interruttore deve essere in grado di assicurare i requisiti indicati per il potere di corto circuito
estremo e nello stesso tempo anche di continuare a portare con continuità la sua corrente nominale. Icn e Ics
sono legati tra di loro da un rapporto prefissato K che le Norme per gli interruttori di uso domestico, a seconda
del valore di Icn, indicano in:
Icn
Ics/Icn (K)
1
0,75
0,5
Tab. 9.5
42
Quando è importante la continuità di servizio si può scegliere un coefficiente K alto, mentre se la continuità del
servizio è meno importante e la probabilità di corto circuito in prossimità dei morsetti dell’interruttore è
trascurabile si può scegliere un K di valore inferiore.
Caratteristiche d’intervento - descrivono il comportamento dell’apparecchio rispetto al tempo necessario per
l’intervento all’apparire di una sovracorrente. Le caratteristiche, i cui valori minimi sono fissati dalle Norme,
saranno trattate più diffusamente in un paragrafo successivo.
Classe di limitazione – la norma classifica gli apparecchi a uso civile o similare in tre classi di limitazione:
classe 1, classe 2 e classe 3. La classe 3 di limitazione corrisponde al massimo livello di prestazione.
9.6.8 Interruttori per uso industriale
Tensione nominale d’impiego o di servizio (Ue)- è il valore di tensione al quale sono riferite le prestazioni
dell’interruttore.
Tensione nominale di isolamento (Ui) – è il valore di tensione per il quale sono stati dimensionati gli isolamenti
elettrici dell’interruttore. Se per un apparecchio non è stata indicata la sua tensione d’isolamento, si considera
come tale la sua più alta tensione nominale d’impiego.
Corrente nominale ininterrotta (Iu) - rappresenta il valore di corrente che l’interruttore può portare, in servizio
ininterrotto, senza che le sue parti assumano sovratemperature tali da compromettere l’efficienza
dell’apparecchio. Corrisponde in pratica alla portata dell’interruttore.
Corrente nominale (termica) (In) - è il massimo valore di corrente che l’interruttore può portare in servizio
ininterrotto. Corrisponde alla corrente termica (Irth) convenzionale in aria libera, che rappresenta il valore
massimo di corrente che l’interruttore è destinato a portare, conformemente alle prescrizioni imposte dalle
Norme di prodotto sui limiti di sovratemperatura. La In deve essere uguale o minore alla Iu. La corrente
nominale ininterrotta dell’interruttore e la corrente nominale termica del relativo sganciatore devono essere
adatte alle massime correnti d’esercizio che possono transitare in quel punto dell’impianto. In particolare la
corrente In regolata sullo sganciatore deve essere maggiore della corrente d’impiego IB e minore della corrente
ammissibile dal cavo IZ con una corrente convenzionale d’intervento If maggiore o uguale a 1,45IZ.
Potere d’interruzione estremo in cortocircuito (Icu) – è il valore della massima corrente di cortocircuito che
l’interruttore è in grado di interrompere per due volte (secondo il ciclo O-t-CO), alla corrispondente tensione di
impiego. Dopo il ciclo di apertura e chiusura non è più richiesta l’attitudine dell’interruttore a condurre la sua
corrente nominale. Ad uno stesso apparecchio il costruttore può assegnare diversi valori di Icu corrispondenti
ad altrettanti valori di tensione nominale di impiego. Dopo il ciclo d’interruzione l’interruttore deve essere in
grado di portare la sua corrente nominale. Il potere d’interruzione estremo in cortocircuito è espresso in kA (
per la corrente alternata è il valore efficace della componente simmetrica) come il valore della corrente di
cortocircuito presunta interrotta. Esso è normalmente indicato dal costruttore utilizzando valori percentuali del
potere di interruzione nominale estremo di cortocircuito Icu.
Potere d’interruzione nominale di servizio in cortocircuito (Ics) - è il valore di corrente che l’interruttore è in
grado di interrompere per tre volte secondo un ciclo di operazioni di apertura, pausa e chiusura O - 3min - CO 3min - CO ad una data tensione di sevizio (Ue)e ad un determinato fattore di potenza. Il rapporto tra Ics e Icu (K)
deve essere scelto tra i seguenti valori normalizzati: 0,25- 0,5-0,75-1 (per interruttori classificati in cat. A) 0,50,75 (per interruttori classificati in cat. B).
Potere di chiusura nominale in cortocircuito (Icm) – è il valore della massima corrente di cortocircuito che
l’interruttore è in grado di stabilire alla tensione nominale d’impiego e a condizioni specificate e non può
essere inferiore al suo potere di interruzione nominale estremo in cortocircuito Icu, moltiplicato per il fattore ‘n’
riportato nella seguente tabella. Il suo valore è espresso come il massimo valore di picco della corrente
presunta.
Valore minimo del fattore:
ℎ" " #
=
$%
"
4,5<Icu<6
0,7
1,5
6<Icu<10
0,5
1,7
10<Icu<20
0,3
2,0
20<Icu<50
0,25
2,1
50<Icu
0,2
2,2
Tab. 9.6 – Rapporto n tra potere di chiusura e potere di interruzione in cortocircuito e fattore di potenza relativo
(interruttori per c.a.)
Pdi in cortocircuito (kA)
(valore efficace)
Fattore di potenza
(cosf)
43
Corrente nominale di breve durata (Icw) - è la corrente che l’interruttore può portare nella posizione di chiuso
per un tempo breve in condizioni di impiego e comportamento specificate. L’interruttore deve poter portare
tale corrente per tutta la durata del tempo di ritardo previsto per garantire la selettività tra gli interruttori posti
in serie. E’ il valore efficace, in corrente alternata, della corrente di cortocircuito presunta, considerata costante
per tutta la durata del tempo di ritardo previsto. E’ questo un parametro che dà, in un certo senso, la misura
della robustezza e della capacità di smaltimento del calore costituendo quindi un indice oggettivo della qualità
di un’apparecchiatura. Più Icw si avvicina a Icu e più elevate sono la qualità e la prestazione dell’interruttore.
Categoria degli apparecchi - definiscono l’idoneità o meno alla selettività cronometrica in corto circuito. Si
dividono in due categorie: categoria A - non previsti per la selettività cronometrica in corto circuito
(eventualmente è possibile ottenere la selettività amperometrica) rispetto ad altri apparecchi posti in serie
(pertanto per questi interruttori non è indicata la corrente nominale di breve durata), categoria B - previsti per
la selettività cronometrica in corto circuito rispetto ad altri dispositivi con ritardo intenzionale (i valori
preferenziali di tempo di ritardo sono: 0,05-0,1-0,25-0,5-1 s) posti in serie.
Per questi apparecchi deve essere dichiarata la corrente nominale di breve durata Icw perché l’apparecchio deve
essere in grado di sopportare la corrente di corto circuito per un tempo fino ad un secondo senza aprirsi o
danneggiarsi. Per essere classificato di tipo ‘B’ l’interruttore, a seconda della corrente nominale, deve avere il
valore della corrente di breve durata pari a:
≤ 2500
≥ 2500
Icw è il maggiore valore tra 12 In e 5kA
Icw=30kA
Tab. 9.7
Corrente regolata dello sganciatore di massima corrente (Ir)- valore della corrente in base alla quale sono
definite le caratteristiche d’intervento dello sganciatore. È indicata con il campo di regolazione. Il costruttore
deve indicare l’influenza della temperatura ambiente sul valore della corrente d’intervento.
Tensione nominale di tenuta a impulso (Uimp) - è il valore di picco di una tensione a impulso che l’apparecchio
può sopportare in condizioni specificate di prova: a interruttore aperto non si devono verificare scariche tra i
contatti di una stessa fase ne tra fase e massa. Corrisponde al valore di sovratensione, di origine atmosferica o
di altra natura, che l’interruttore è in grado di sopportare.
Caratteristica d’intervento per sovraccarico - le caratteristiche tempo corrente per i sovraccarichi di lunga
durata.
Manovra positiva - deve esser evidenziato il caso di non avvenuto sezionamento come ad esempio quando i
contatti accidentalmente si dovessero saldare tra di loro. Deve essere possibile spostare la leva in posizione di
aperto, ma questa deve portarsi automaticamente in posizione tale da evidenziare che l’operazione di
sezionamento è fallita.
Durata totale d’interruzione - è il tempo impiegato da un interruttore a interrompere, passando dalla posizione
di chiuso a quella di aperto, una corrente di corto circuito. Il tempo totale d’interruzione è dato dalla somma
del tempo di apertura più il tempo d’arco.
tr tempo di intervento del relè
ti tempo di intervento del meccanismo dell’interruttore fino al distacco dei contatti
ta tempo di durata dell’arco
Fig. 9.13 - Durata totale d’interruzione
Il tempo di apertura è l’intervallo di tempo che intercorre tra l’istante in cui viene trasmesso il segnale di apertura e
l’istante corrispondente alla effettiva separazione metallica del circuito. Il tempo d’arco è l’intervallo di tempo che, in
un’operazione di apertura, intercorre tra l’istante di separazione metallica del circuito e l’istante di estinzione dell’arco.
44
Come vedremo in seguito è possibile sfruttare il tempo di apertura per ottenere una protezione di tipo selettivo. Infatti,
per ottenere la selettività tra due apparecchi è necessario aumentare il tempo dell’apparecchio installato a monte in
modo che il nuovo tempo d’intervento sia maggiore del tempo totale di interruzione dell’apparecchio situato a valle.
Fig. 9.14 - Tempo di apertura in una protezione selettiva
Fig. 9.15 - Caratteristica d’intervento di un interruttore automatico
Ir
Corrente regolata
(A)
< 63
≥ 63
Inf
Corrente convenzionale di non intervento
1,05
1,05
-
> 1ℎ
> 2ℎ
If
Corrente convenzionale d’intervento
1,3
1,3
-
< 1ℎ
< 2ℎ
Tab. 9.8 - Caratteristiche di intervento degli sganciatori a tempo inverso degli interruttori ad uso industriale (CEI
EN 60947-2) alla temperatura ambiente di riferimento di 30 gradi centigradi
45
9.6.8.1 Riepilogo definizioni principali
Corrente nominale d’impiego (In)
Potere d’interruzione nominale estremo in corto circuito (Icu)
(CEI EN 60947-2)
Potere d’interruzione nominale di servizio in corto circuito (Ics)
(CEI EN 60947-2)
Potere d’interruzione nominale in corto circuito (Icn)
(CEI EN 60898-1)
Potere di chiusura nominale in corto circuito (Icm)
(CEI EN 60947-2)
Corrente nominale ammissibile di breve durata (Icw)
(CEI EN 60947-2)
Interruttori in categoria di utilizzazione A
(CEI EN 60947-2)
Interruttori in categoria di utilizzazione B
(CEI EN 60947-2)
Corrente che l’interruttore può portare in servizio
ininterrotto per intervalli di tempo maggiori di 8 ore
Valore della massima corrente di corto circuito che
l’interruttore è in grado di interrompere due volte.
E’ PREVISTO che l’interruttore, dopo la prova, porti con
continuità la propria corrente nominale.
Valore della massima corrente di corto circuito che
l’interruttore è in grado di interrompere tre volte.
NON E’ PREVISTO che l’interruttore, dopo la prova, porti
con continuità la propria corrente nominale. Normalmente
è espresso in percentuale di Icu (per esempio 75% Icu)
Valore della massima corrente di corto circuito che
l’interruttore è in grado di interrompere due volte.
NON E’ PREVISTO che l’interruttore, dopo la prova, porti
con continuità la propria corrente nominale.
Un interruttore con determinato valore di Icn è previsto che
abbia in corrispondenza un valore di Ics determinato sulla
base di valori previsti e riportati nella Norma (1.5/1.5; 3/3;
4.5/4.5; 6/6; 10/7.5; 15/7.5; 20/10; 25/12.5 kA)
Valore della massima corrente di corto circuito che
l’interruttore è in grado di stabilire.
Valore espresso come massimo picco della corrente
presunta.
Valore efficace della corrente di corto circuito presunta
che l’interruttore può portare senza danneggiamenti per la
durata del tempo di ritardo previsto.
Massimo valore previsto 30 kA con ritardo fino ad un
secondo.
Interruttori NON PREVISTI per realizzare la selettività
cronometrica in corto circuito.
Non è possibile applicare un ritardo intenzionale
all’intervento dello sganciatore magnetico (di corto
circuito).
Non prevedono, quindi, una Icw.
Interruttori PREVISTI per realizzare la selettività
cronometrica in corto circuito.
E’ possibile applicare un ritardo intenzionale all’intervento
dello sganciatore magnetico (di corto circuito).
E’ garantita, quindi, una Icw.
46
9.6.9 Caratteristiche d’intervento
Definiscono il comportamento dell’interruttore nei confronti del tempo necessario per l’intervento all’apparire di una
sovracorrente. Le caratteristiche, i cui valori minimi sono fissati dalle Norme (vedi paragrafo successivo), sono fornite
dai costruttori sotto forma di curve e devono essere riferiti a un valore della temperatura ambiente. La scala delle
correnti è normalmente espressa quali multipli della corrente nominale (I/In - rapporto tra la corrente che transita e la
corrente nominale dell’interruttore). Le curve sono normalmente due e rappresentano le condizioni estreme ma possono
essere fornite anche mediante una sola curva costruita con i valori medi.
In particolare gli interruttori automatici rispondenti alle Norme CEI 23-3 si differenziano tra loro per il diverso campo
d’intervento istantaneo su cortocircuito (relè elettromagnetico) e sono identificate con le lettere maiuscole B, C, D. Si
può notare dalla figura che segue come tutte e tre le zone tempo/corrente abbiano la stessa zona relativa all’intervento
del relè termico mentre si differenziano solamente per il campo d’intervento istantaneo.
Fig. 9.16 - Zone tempo / corrente degli interruttori automatici B,C,D, secondo le Norme CEI 23-3
I costruttori forniscono le caratteristiche di intervento sotto forma di curve i cui valori oscillano all’interno di una banda
e devono essere contenuti nelle zone tempo/corrente definite dalle Norme.
47
Fig. 9.17 - Zona tempo corrente e caratteristica d’intervento di un interruttore automatico secondo la Norma CEI 23.3
Ta - temperatura ambiente di riferimento: temperatura dell’aria intorno all’interruttore alla quale si riferiscono le
caratteristiche tempo corrente
Inf - corrente convenzionale di non intervento: è il valore di corrente fino al quale, in determinate e specificate
condizioni, non avviene lo sgancio dell’interruttore.
If - corrente convenzionale d’intervento: corrente che in determinate e specificate condizioni provoca lo sgancio
dell’interruttore.
I3 - limitazione della tolleranza della caratteristica d’intervento
I4 - limite inferiore del campo d’intervento istantaneo
I5 - corrente d’intervento istantaneo: minimo valore di corrente che provoca l’apertura automatica dell’interruttore
senza ritardo intenzionale.
Tipo campo di
intervento istantaneo
Corrente
di prova
B, C, D
Inf = 1,13In
B, C, D
If = 1,45In
B, C, D
I3 = 2,55In
tempo limite d’intervento
o non intervento
da freddo
t>=1h (In<=63A)
t>=2h (In>63A)
t<1h (In<=63A)
t<2h (In>63A)
da freddo
1s<t<60s (In<=32A)
1s<t<120s (In>32A)
l’interruttore deve:
non intervenire
intervenire
intervenire
I 4=
3 In
da freddo
non intervenire
5 In
t>0,1s
10In
I 5=
B
5 In
da freddo
intervenire
C
10In
t<0,1s
D
20In
Tab. 9.8 - Zone tempo corrente degli interruttori automatici secondo le Norme CEI 23-3
B
C
D
48
Per comprendere meglio come scegliere l’opportuna caratteristica di intervento prendiamo in considerazione come
esempio la caratteristica di intervento di un interruttore, posto a protezione di una linea, con curva di tipo C che
potrebbe essere fornita da un costruttore di una serie d’interruttori automatici (fig. 12.24).
Fig. 9.18 - Caratteristica d’intervento di tipo C fornita da un costruttore: comportamento in caso di sovraccarico e
corto circuito
Scegliendo ad esempio un interruttore 2 poli 10A in corrispondenza del punto 2 sulle ascisse si può leggere il valore
della corrente che in questo caso vale 2xIn =2x10=20 A (il valore della corrente è espresso in numero di volte la
corrente nominale perché questa caratteristica vale per tutte le correnti nominali della serie di interruttori), sul punto 7 si
può leggere 70A e così via. Dalla curva di intervento si può notare innanzi tutto che la banda relativa all’intervento
istantaneo del relè magnetico è più stretta rispetto a quella limite definita dalle Norme: in questo caso il limite inferiore
è 7xIn invece di 5xIn che è il limite inferiore stabilito dalle Norme. Fino a 70 A l’interruttore non interviene
istantaneamente, interviene istantaneamente e sicuramente per 10 volte In (100 A nell’esempio riportato in figura.
L’interruttore interviene quindi correttamente per la corrente di corto circuito presunta in fondo alla linea di 150 A
perché interviene istantaneamente appunto con una corrente di 100 A) mentre nella fascia tra 7In e 10In può intervenire
istantaneamente oppure no. Prima di 7In l’interruttore non interviene istantaneamente, ma interviene con un ritardo che
dipende dall’andamento della curva d’intervento relativa al relè termico. Nella fascia d’intervento del relè termico ad un
dato valore di corrente (ad esempio nel nostro caso con un interruttore con In =10A in corrispondenza di 2In=20A)
l’interruttore ha un limite inferiore e uno superiore. In un tempo fino a 12 secondi l’interruttore sicuramente non
interviene, interviene sicuramente in un tempo di 1 minuto e 30 secondi, mentre tra i 12 secondi e il minuto e 30
secondi può intervenire oppure no.
49
Nella tabella che segue, sono riportate le caratteristiche d’intervento magnetico dei diversi tipi di sganciatore, con
riferimento alle rispettive Norme, e le applicazioni più usuali dei diversi tipi di protezione.
Intervento secondo la norma di riferimento
Tipo
Curva A
CEI EN-60947-2
(Interruttori per uso
Industriale
. = 3,2 ÷ 4,8
4 ± 20%
CEI EN 60898-1
(CEI 23-3/1)
(Interruttori per Uso
Domestico e Similare)
. =2÷3
. = 3,2 ÷ 4,8
4 ± 20%
. =3÷5
Applicazione
Protezione dispositivi e semiconduttori.
Sovraccarico: termici standard
Protezione di generatori, delle persone e di grandi
lunghezze di cavi.
Sovraccarico: termici standard
Curva B
. = 7 ÷ 10
8 ± 20%
. = 5 ÷ 10
Protezione di cavi che alimentano apparecchi utilizzatori
classici.
Sovraccarico: termici standard
Curva C
. = 10 ÷ 14
12 ± 20%
. = 10 ÷ 20
Protezione di cavi che alimentano apparecchi utilizzatori
a forte corrente di avviamento (motori).
Sovraccarico: termici standard
Curva D
Protezione di cavi che alimentano apparecchi utilizzatori
a forte corrente di avviamento (motori).
. = 9,6 ÷ 14,4
Sovraccarico: termici standard
Curva K
. = 2,4 ÷ 3,6
Protezione di apparecchiature elettroniche.
. = 12
Protezione motori
(senza protezione termica)
Curva Z
± 20%
Curva MA
(1)Tolleranza
ammessa
Tab. 9.9 - Tipi di sganciatori e loro applicazioni
50
51
52
9.6.9.1 Ancora sulle caratteristiche di intervento
53
54
9.6.10 Selettività delle protezioni
9.6.11 Definizione di selettività e tipologie
L’articolo 536.1 della Norma CEI 64-8 è dedicato alla selettività tra dispositivi di protezione contro le sovracorrenti:
“Quando più dispositivi di protezione sono posti in serie e quando le necessità di esercizio lo giustificano, le loro
caratteristiche di funzionamento devono essere scelte in modo da staccare dall’alimentazione solo la parte dell’impianto
in cui si trova il guasto”. In definitiva si dovrà fare in modo che alla presenza di un guasto intervenga unicamente il
dispositivo di protezione installato immediatamente a monte del punto guasto. Gli altri dispositivi attraversati dalla
corrente di guasto dovranno rimanere chiusi e consentire al resto dell’impianto sano di rimanere alimentato. Gli
interruttori automatici di bassa tensione sono suddivisi in due categorie fondamentali: interruttori in scatola isolante e
interruttori di tipo aperto. Entrambe queste tipologie di dispositivi vengono a loro volta classificate in funzione del tipo
d’intervento che può essere istantaneo o selettivo. A questo scopo le Norme fanno corrispondere questa classificazione
a due categorie di utilizzo, rispettivamente A (istantanei) e B (selettivi). Per meglio orientarsi tra funzioni e limiti
concernenti l’impiego degli interruttori selettivi si ritiene utile richiamare alcuni concetti fondamentali riguardanti la
selettività.
Fig. 9.19 - Selettività degli interruttori posti in cascata
La selettività tra apparecchi di protezione è necessaria quando si vuole garantire la massima continuità di servizio in un
impianto elettrico. Lo scopo è di fare in modo che in caso di guasto intervenga esclusivamente la protezione
immediatamente a monte del punto di guasto e non quelle generali. E’ garantita così la continuità del servizio per le
linee dell’impianto non interessate dal guasto.
In altre parole, lo scopo fondamentale della protezione selettiva è quello di "coordinare" l'intervento fra i dispositivi
d’interruzione in modo che un guasto che avvenga in un punto qualunque dell’impianto sia eliminato dal dispositivo
posto immediatamente a monte del guasto. In tal modo è messa fuori servizio soltanto la parte dell’impianto interessata
al guasto, garantendo così la continuità del servizio alla rimanente parte "sana".
La selettività si ottiene coordinando opportunamente le singole caratteristiche d’intervento. Generalmente è richiesta la
selettività nei confronti del:
•
•
•
Sovraccarico.
Corto circuito.
Guasto a terra (dispersione, interruttore differenziale).
La selettività tra due interruttori in cascata (fig. 9.20), può essere totale nel caso in cui l’interruttore a valle (B)
interviene per tutti i valori di sovracorrente fino al limite del proprio potere d’interruzione, parziale nel caso in cui,
superati certi valori di corrente, si ha l’intervento di entrambi gli interruttori (A e B).
In questo caso si definisce il “limite di selettività” (Is) che rappresenta il valore di corrente di sotto al quale interverrà il
solo interruttore a valle e sopra del quale si avrà l’intervento di entrambi gli interruttori.
La selettività, come prescritto dalle Norme CEI EN 60947-2 e CEI EN 60898, può essere verificata confrontando tra
loro le diverse curve caratteristiche d’intervento ed energia fornite dalle case costruttrici degli interruttori.
55
Fig. 9.20 - Distribuzione radiale. Collegamento in cascata degli interruttori
Fig. 9.21 – Selettività totale e parziale
In pratica la protezione selettiva fra due interruttori A e B, disposti in serie in una distribuzione radiale (fig. 9.20), si
realizza quando per un guasto nella conduttura a valle (per esempio la B) interviene solo l'interruttore B
immediatamente a monte del punto di guasto, mentre l'interruttore A (seppur interessato dalla corrente di guasto) non
interviene, consentendo così il regolare funzionamento della conduttura a monte A e di conseguenza di tutte le altre
condutture a valle non interessate dal guasto (come per esempio la C, la D e la E).
La selettività fra due interruttori può riguardare sia la zona dei sovraccarichi sia quella dei corto circuiti.
Per quanto riguarda i sovraccarichi, esiste normalmente una selettività "naturale", amperometrica, per effetto dello
spostamento delle caratteristiche d'intervento dei due interruttori dovuto ai diversi valori delle correnti nominali
(superiore per quello a monte, inferiore per quello a valle).
56
9.6.12 Selettività amperometrica per sovraccarico
Fig. 9.22 – Selettività amperometrica per sovraccarico
Per far si che gli interruttori siano coordinati in maniera selettiva, occorre confrontare su scala bilogaritmica (Icc/t), le
curve d’intervento caratteristiche degli interruttori stessi. La selettività, graficamente, si ha quando la curva
dell’interruttore a monte (A), è a destra della curva dell’interruttore a valle (B). Il punto di intersezione delle due parti
magnetiche delle caratteristiche è il “limite di selettività” (Is).
Per valori inferiori ad (Is) si ha solo l’intervento dell’interruttore a valle (B), al di sopra di (Is) interverranno entrambi gli
interruttori.
La selettività per sovraccarico è sempre garantita se il tempo di non intervento del dispositivo a monte è superiore al
tempo di apertura dell’interruttore a valle per qualunque valore della corrente di sovraccarico. Scegliendo interruttori
con rapporto delle correnti nominali (correnti d’intervento termico) pari o maggiore di due, la selettività per
sovraccarico è sempre garantita.
E’ chiaro, inoltre, che la selettività per sovraccarico può essere migliorata se si dispone di interruttori con le soglie di
intervento termico regolabili.
Questo tipo di selettività si realizza con interruttori rapidi e sprovvisti di dispositivi che consentano la regolazione del
ritardo allo sgancio. Quest’ultima tecnica consente di solito una selettività parziale.
La selettività è quindi ottenuta coordinando opportunamente i valori di corrente nominale della catena di interruttori. In
pratica si deve far in modo che la caratteristica d’intervento a tempo inverso dell’interruttore posto a monte sia in ogni
punto superiore a quella dell’interruttore a valle.
E’ in genere sufficiente che tra A e B esistano almeno due grandezze di differenza tra le rispettive correnti nominali
(valori maggiori per gli interruttori a monte).
La selettività amperometrica è, in effetti, piuttosto difficile da ottenere ed è generalmente garantita solo per i
sovraccarichi e non per i corto circuiti; il risultato è spesso una selettività parziale.
Fig. 9.23 - Selettività amperometrica fra interruttori automatici con diverse correnti nominali.
A è selettivo rispetto a B per sovracorrenti non superiori alla sua soglia inferiore d’intervento magnetico. Se per
esempio InA=250 A e Im1=5xInA si ha selettività in sovraccarico fino a 1250 A.
57
Per quanto riguarda le correnti di corto circuito, la selettività può essere ottenuta coordinando opportunamente gli
interruttori; vale a dire differenziando i valori delle correnti d'intervento o, eventualmente, i tempi d'intervento degli
sganciatori magnetici.
Nella zona dei corto circuiti si possono conseguentemente distinguere i seguenti tipi di selettività:
Selettività amperometrica in corto circuito
Selettività cronometrica
Selettività mista
9.6.13 Selettività amperometrica in corto circuito
Fig. 9.24 – Selettività amperometrica in corto circuito
Per realizzare un efficace livello di selettività tra due interruttori automatici in serie è necessario sceglierli con soglie di
intervento istantaneo (magnetico) le più distanziate possibili tra loro.
La selettività totale è sicura quando la corrente di corto circuito è inferiore alla soglia di intervento magnetico
dell’interruttore installato a monte (Icc<Is). Se la corrente di corto è invece superiore (Icc>Is) si può avere selettività solo
se l’energia specifica lasciata passare dall’interruttore a valle non è sufficiente a provocare lo sgancio dell’interruttore a
monte. In questo caso le curve degli interruttori da confrontare sono quelle che si riferiscono all’energia specifica
passante, considerando la tolleranza del 20% sul valore dell’intervento magnetico.
Sovrapponendo la retta passante per il massimo valore di non attivazione della curva dell’energia specifica lasciata
passare dall’interruttore a valle, si può determinare il nuovo limite di selettività Is, che può essere superiore della soglia
di intervento magnetico dell’interruttore a monte.
In altre parole, la selettività amperometrica in corto circuito si realizza coordinando opportunamente le correnti
d’intervento degli interruttori; in pratica, regolando la soglia d'intervento dello sganciatore magnetico dell'interruttore a
monte A ad un valore ImA superiore a quello ImB dell'interruttore a valle B (fig. 9.25).
Tale condizione è, in genere, facilmente realizzabile in quanto la corrente nominale dell'interruttore a valle B è minore
di quella dell'interruttore a monte A.
Di contro, la selettività è, in genere, soltanto parziale, in quanto, a seconda del valore della corrente di corto circuito
nella conduttura a valle, possono intervenire o solo l'interruttore B oppure B e A contemporaneamente: come risulta
dalla fig. 9.25, la selettività è totale se il guasto avviene nel tratto 2 (corrente di corto circuito inferiore a ImA), è parziale
se il guasto avviene nel tratto 1 (corrente di corto circuito superiore a ImA).
58
t
B
A
Differenza
d'Intervento
A
I
ImB
B
ImA
IccB
1
Corrente di
corto circuito
2
L
Fig. 9.25 - Selettività amperometrica
Fig. 9.25a -Selettività amperometrica (parziale) tra interruttori:
T1=tempo di intervento delle protezioni (scatto istantaneo) dell’ordine di alcuni
centesimi di secondo (0.02-0.04sec);
IL=corrente limite della selettività amperometrica
59
9.6.14 Selettività amperometrica fra interruttori rapidi e interruttori limitatori (selettività energetica)
Si ottiene installando a monte un interruttore di tipo rapido con un tempo di prearco dell’ordine di 2-3 ms e a valle un
interruttore limitatore con tempi di prearco di 0,6-1 ms. La selettività si realizza se l’energia specifica di corto circuito
lasciata passare dall’interruttore posto a valle è minore di quella richiesta per azionare lo sganciatore magnetico
dell’interruttore posto a monte. E’ un tipo di selettività che deve essere dichiarata dal costruttore che la determina
mediante prove di laboratorio ed è in genere possibile fino a prestabiliti valori di corrente presunta di cortocircuito (1015 kA) sempre indicati dal costruttore.
Fig. 9.26 - Selettività amperometrica tra interruttori rapidi e interruttori limitatori. E’ indicata dal costruttore che la
determina mediante prove. Può essere totale o parziale (cioè fino a un certo valore di Icc)
60
9.6.15 Selettività cronometrica
Si realizza assegnando allo sganciatore magnetico dell'interruttore a monte A un tempo d'intervento maggiore di quello
dell'interruttore a valle B (fig. 9.27).
In questo caso la protezione selettiva è totale: qualunque sia il valore della corrente di guasto nella conduttura a valle
interviene solo l’interruttore B. Occorre però che l’interruttore A sia in grado di sopportare la corrente di corto circuito
massima che lo può interessare per la durata corrispondente al ritardo assegnato.
La selettività cronometrica si realizza impiegando, a monte, interruttori “selettivi”, dotati di dispositivi di ritardo
intenzionale dell’intervento.
Essa è più facilmente realizzabile se si impiegano a valle interruttori limitatori.
t
B
A
Ritardo
d'Intervento
A
I
B
IccB
Corrente di
corto circuito
L
Fig. 9.27 – Selettività cronometrica
Fig. 9.27a – Selettività cronometrica (totale) tra interruttori:
T1=tempo massimo di interruzione dell’interruttore B
T2=tempo minimo di non funzionamento dell’interruttore A con riferimento
al tempo di ritardo prescelto
61
Fig. 9.27b – Selettività cronometrica (parziale) tra interruttori scatolati:
IL=corrente limite di selettività pari alla corrente di breve durata dell’interruttore A
Per garantire la selettività totale anche in corto circuito, è necessario che l’interruttore a valle intervenga per valori di
corrente di corto prima dell’interruttore a monte.
Graficamente significa separare le due curve magnetiche degli interruttori che non devono sovrapporsi per tutti i valori
della corrente di corto presunta. La separazione tra le curve si ottiene impostando un ritardo sull’intervento magnetico
dell’interruttore a monte per cui, in caso di guasto, sia l’interruttore a valle ad intervenire.
Selezionando opportunamente le soglie di corrente e i tempi di intervento tra i vari interruttori, è possibile espandere la
selettività a più livelli di protezione. Questo tipo di selettività si ottiene utilizzando a monte interruttori con tempi di
intervento regolabili, ad esempio interruttori elettronici selettivi tipo “E”, “S”, “T”(classificati di categoria B) ed a valle,
a seconda delle esigenze, interruttori elettronici dello stesso tipo o magnetotermici con tempo d’intervento fisso.
Gli interruttori elettronici permettono due diverse regolazioni:
Regolazione del ritardo d’intervento magnetico (Regolazione del tempo)
Regolazione a I2t costante
Regolazione del tempo
Fig. 9.28 – Regolazione del tempo
62
La selettività cronometrica in corto è realizzabile utilizzando interruttori predisposti ad intervenire con ritardo
intenzionale fisso o regolabile. Questo ritardo sul tempo d’intervento permette di distanziare opportunamente le curve
magnetiche creando così un gradino rispetto all’interruttore a valle. In questo modo la selettività è garantita, in quanto,
in caso di corto, sarà l’interruttore con il tempo d’intervento minore a sganciare per primo. Utilizzando interruttori
elettronici di tipo “E”, il valore di ritardo fisso (tA) è uguale a 0.05 sec, per gli interruttori di tipo “S” o “T” il valore
può essere regolato su quattro gradini: 0 - 0.1 – 0.2 – 0.3 sec.
In generale, per questo tipo di regolazioni, l’energia specifica passante aumenta proporzionalmente in funzione del
ritardo impostato. Gli interruttori che intervengono con un ritardo intenzionale durante un corto, perdono ogni
caratteristica di limitazione; è necessario quindi verificare che essi siano in grado di resistere alle sollecitazioni
elettriche e meccaniche dovute al passaggio delle correnti di corto.
Regolazione con I2t costante
Fig. 9.29 – Regolazione con I2t costante
Il secondo tipo di regolazione si può realizzare mantenendo costante il valore dell’energia specifica passante
dell’interruttore. In questo caso la regolazione fa si che la curva di intervento dell’interruttore elettronico assuma un
andamento come quello della figura 9.29. L’eliminazione del gomito inferiore, ottenuta dalla regolazione del tempo
d’intervento a I2t costante favorisce la selettività.
9.6.16 Classificazione e caratteristiche degli interruttori selettivi
La Norma CEI 17-5 classifica gli interruttori in due categorie di utilizzazione.
Categoria A - Con questi apparecchi si può ottenere solo la selettività di tipo amperometrico perché non
dispongono di dispositivi per il ritardo intenzionale dell’intervento per correnti di corto circuito. Gli interruttori
con corrente nominale inferiore a 500-630 A appartengono a questa categoria.
Categoria B - Sono interruttori automatici con dispositivo di ritardo intenzionale. In corto circuito si può
ottenere la selettività cronometrica introducendo tempi di ritardo variabili da 0 a 300 ms. I dispositivi di ritardo
possono essere di tipo elettromeccanico, nei quali si può regolare solo il tempo di prearco, o a microprocessore,
in cui si possono ottenere regolazioni più complesse. Per questi apparecchi deve essere specificata la corrente
nominale di breve durata Icw.
Dati caratteristici degli interruttori da considerare per il coordinamento selettivo sono:
tempo di prearco tp - è il tempo che delimita l’istante t0 di inizio del corto circuito e l’istante tp in cui i contatti
iniziano il movimento di apertura;
tempo d’arco ta - è il tempo che intercorre tra l’istante tp in cui i contatti iniziano il movimento di apertura a
quello in cui l’arco si estingue;
tempo totale di interruzione t1=tp+ta - è il tempo che si frappone fra l’istante dell’insorgere del corto circuito e
l’istante in cui l’interruzione si completa con l’annullamento della corrente;
63
8
energia specifica passante a ritardo nullo 6% = 78 9
- è ricavabile dalla caratteristica I2t/Icc
:
dell’interruttore;
tempo di ritardo introdotto tr - è il tempo che intercorre dal manifestarsi del corto circuito a quello in cui lo
sganciatore riceve il consenso all’inizio dell’operazione di apertura;
tempo totale di prearco tr+t0;
tempo complessivo di interruzione tr+t0+ta;
energia specifica passante nel tempo di ritardo Wr=I2cctr;
energia specifica passante totale Wtot=Wr+Wi.
9.6.17 La regolazione degli sganciatori
La regolazione ideale delle protezioni sarebbe quella che determina l’intervento istantaneo con valori di corrente di
poco superiori alla corrente nominale del circuito da proteggere (valore minimo di corrente e tempo di intervento zero).
In pratica una tale regolazione non è possibile perché occorre consentire ai circuiti protetti di superare alcuni
funzionamenti transitori caratteristici del tipo di carico alimentato (esempio tipico l’alimentazione di un motore
asincrono trifase che assorbe allo spunto una corrente più elevata di quella nominale). Quando è possibile la regolazione
dello sganciatore, la regolazione ideale sarà quella che pone la curva d’intervento la più vicina possibile agli assi
cartesiani senza però interferire con la curva di corrente caratteristica dei transitori del carico e senza intersecarsi con le
curve degli sganciatori posti a valle nel caso si voglia ottenere la selettività verticale delle protezioni. La regolazione
dovrà ovviamente tenere conto delle tolleranze stabilite dalle Norme o, quando fossero inferiori a quelle indicate dalle
Norme (come nel caso degli sganciatori elettronici), dal costruttore.
9.6.18 Regolazione degli interruttori selettivi di tipo elettromeccanico
Con questo tipo d’interruttori si può ottenere un ritardo, regolabile generalmente a gradini, fino a 300 ms. Questo è
generalmente ottenuto agendo su di un dispositivo di tipo meccanico che aumenta l’inerzia del meccanismo di sgancio.
Fig. 9.30 - Regolazione di uno sganciatore elettromeccanico
La massima energia specifica Wtot lasciata passare in corrispondenza di Icn per il tempo di ritardo tr massimo deve essere
sopportabile dall’interruttore e in particolare dal bimetallo del relè termico che è normalmente la parte più debole di
tutto l’apparecchio (per questo motivo, come si è detto, non sono realizzabili interruttori magnetotermici selettivi con
correnti nominali basse). Valutando in W l’energia sopportata dal circuito tra l’interruttore selettivo e il primo
interruttore più a valle, il tempo tr da introdurre si determina con la sequenza di operazioni di seguito indicata (fig.
9.31):
1. Si determina, mediante il diagramma I2t/Icc riferito a tr=0, l’energia specifica passante W0 riferita alla corrente
presunta di corto circuito Icc nel punto di installazione del componente che si vuole proteggere;
2. Si calcola l’energia massima sopportabile dal componente da proteggere ponendo W = (Icw(1s) )2, dove Icw è la corrente
nominale massima ammissibile di breve durata del componente, oppure ponendo W=k2S2 se si tratta di un cavo;
=
6 − 6<
3. Il tempo massimo che si può introdurre nella regolazione è .
Per tempi calcolati che sono inferiori a 100 ms, non essendo disponibile una regolazione più accurata, l’interruttore
selettivo di tipo elettromeccanico non può essere utilizzato per la selettività cronometrica.
64
1. Energia specifica sopportabile (I2cw x 1s) dall’interruttore di manovra:
W=(4000)2 x 1 = 16000000 A2s
2. Energia specifica lasciata passare dall’interruttore per Icc=10000 A:
W0=4 x 106=4 000 000 A2s
4.
Tempo di ritardo massimo ammissibile:
16 − 4 =10>
=
= 0,12 ≅ 100.
100=10>
4. Regolazione da impostare:
t=100ms
Fig. 9.31 - Esempio di regolazione e verifica dell’iquadratoti di uno sganciatore elettromeccanico
65
9.6.19 La regolazione degli interruttori selettivi a microprocessore
In questi dispositivi lo sgancio è ottenuto per mezzo di un elettromagnete controllato da un elaboratore a
microprocessore che elabora i segnali ricevuti dai trasformatori di corrente inseriti di solito nell’interruttore. In base a
questi segnali e alle regolazioni impostate l’elaboratore invia il comando di sgancio all’elettromagnete. Mancando il
bimetallo, che come si è detto costituisce un punto termicamente debole, si possono ottenere valori più alti della
corrente di breve durata ammissibile che fluisce nell’interruttore nel tempo di ritardo impostato e si può variare, entro
ampi limiti, l’intera caratteristica di intervento. A differenza del tipo elettromeccanico si possono impostare liberamente
e con continuità i tempi di ritardo per ottenere la selettività cronometrica. In alcuni modelli dell’ultima generazione è
possibile variare i tempi in misura inversa al quadrato della corrente di corto circuito raggiungendo la selettività con A2s
costanti. L’apparecchio è in questo modo autoprotetto perché quando l’energia specifica passante non è più sopportabile
l’apparecchio interviene rinunciando se necessario alla selettività. L’autoprotezione dall’energia specifica passante e
l’aumentata corrente ammissibile di breve durata hanno permesso di ottenere interruttori selettivi di dimensioni
contenute e con correnti nominali più basse dell’ordine dei 500A.
Fig. 9.32 - Regolazione di uno sganciatore a microprocessore
Con certi interruttori elettronici, pilotati a volte anche con trasformatori di corrente esterni, è possibile ottenere la
cosiddetta selettività logica o di zona. I microprocessori, collegati tra di loro da un filo di connessione, sono in continua
comunicazione tra di loro e ogni interruttore che rileva un guasto lo comunica a quelli immediatamente a monte che
imposteranno automaticamente il tempo di ritardo sufficiente a far intervenire istantaneamente, e quindi selettivamente,
l’interruttore che ha rilevato il guasto.
Fig. 9.33 - Selettività logica pilotata o di zona
66
9.6.20 Selettività mista
E' un tipo di selettività intermedia fra quella amperometrica e quella cronometrica. Si realizza installando a monte
interruttori con sganciatori magnetici provvisti di ritardo "a tempo breve dipendente", il cui intervento dipende cioè
dalla corrente di corto circuito (fig. 9.34).
Con questo tipo di coordinamento si può realizzare la selettività totale e inoltre si riducono le sollecitazioni cui è
sottoposto l'interruttore a monte A conseguenti a elevate correnti di corto circuito per tempi prolungati (come invece
accade con la selettività cronometrica).
t
B
A
Differenza
d'Intervento
Ritardo Breve
d'Intervento
A
I
B
IccB
Corrente di
corto circuito
L
Fig. 9.34 - Selettività mista
Per il corretto coordinamento fra interruttori a monte e a valle ai fini di realizzare la protezione selettiva non sono
sufficienti i soli dati tecnici (ricavabili dai cataloghi) relativi ai singoli interruttori, ma occorrono anche le tabelle di
coordinamento che le Ditte costruttrici ricavano, nei propri laboratori, a seguito di prove sperimentali.
67
9.6.21 Esempi di selettività
Fig. 9.35 – Selettività totale fra fusibili
Fig. 9.36 – Selettività energetica tra interruttori limitatori
68
Fig. 9.37 – Selettività tra un interruttore ritardato di categoria B ed un interruttore scatolato (o fusibili):
A=interruttore di tipo aperto con sganciatori ritardati;
B1=interruttore scatolato normale;
B2=interruttore scatolato limitatore;
C=interruttore di manovra con fusibili.
Fig. 9.38 – Selettività tra un interruttore scatolato normale e un secondo interruttore scatolato (o fusibili):
A=interruttore scatolato normale;
B1=interruttore scatolato normale;
B2=interruttore scatolato limitatore;
C=interruttore di manovra con fusibili.
69
Fig. 9.39 – Selettività tra un interruttore scatolato limitatore e un interruttore scatolato (o fusibili):
A=interruttore scatolato limitatore;
B1=interruttore scatolato normale;
B2=interruttore scatolato limitatore;
C=fusibili.
Fig. 9.40 – Selettività tra fusibili e un interruttore scatolato (o fusibili):
A=fusibili;
B1=interruttore scatolato normale;
B2=interruttore scatolato limitatore;
C=fusibili.
70
Fig. 9.41 – Selettività tra interruttori posti a monte ed a valle di un trasformatore.
Iccbt=corrente di corto circuito presunta sul lato bassa tensione
71
72
73
9.6.22 Protezione serie (o di "back-up" o protezione di sostegno)
La protezione selettiva, proprio perché determina il "fuori servizio" della sola parte "guasta" dell'impianto, viene
adottata in tutti quei casi in cui sono essenziali le esigenze di continuità del servizio.
Di contro risulta, normalmente, più costosa rispetto ad altri tipi di coordinamento fra interruttori. Fra questi rientra la
protezione serie (o di "back-up") che viene utilizzata, per ragioni di convenienza, in quegli impianti in cui l'esigenza
della continuità del servizio non è essenziale. Essa può comportare la contemporanea apertura degli interruttori a valle e
a monte interessati dal guasto, e per questo motivo è in antitesi con la protezione selettiva; rispetto a quest'ultima è però,
come già ricordato, più economica.
La protezione di back-up è la condizione prevista dalla Norma CEI 64-8, che si realizza quando in un impianto si
utilizza un dispositivo di protezione (fusibile o interruttore automatico) con potere di interruzione inferiore alla corrente
di corto presunta, purché a monte del dispositivo stesso ce ne sia un altro con potere di interruzione adeguato in grado di
intervenire in sostegno. Il coordinamento di back-up tra dispositivi di protezione deve essere confermato mediante
specifiche prove di laboratorio non effettuabili dagli utilizzatori o dai progettisti. Per ovviare a questo problema le Ditte
costruttrici mettono a disposizione delle tabelle di coordinamento alle diverse tensioni. Questo tipo di protezione
utilizza di fatto la capacità di limitazione dei dispositivi di protezione in serie.
Quindi, per protezione serie s’intende l'installazione a valle di un interruttore B avente un potere d'interruzione inferiore
alla corrente di corto circuito presunta nel punto d’installazione, purché a monte vi sia un altro interruttore A avente il
necessario potere d'interruzione.
Coordinamento tra fusibili a monte ed interruttore a valle
Volendo realizzare un coordinamento di back-up tra un fusibile e un interruttore, come illustrato in figura 9.42, si
possono confrontare e sovrapporre le rispettive curve di energia. Questo confronto può determinare un punto
d’intersezione P tra le due curve in corrispondenza di un valore di corrente (Ib) detta “corrente di scambio”. Questo
valore determina la corrente al di sotto della quale si ha il solo intervento dell’interruttore ed al di sopra della quale si ha
anche l’intervento del fusibile di sostegno.
Fig. 9.42 – Coordinamento tra fusibili a monte ed interruttore a valle
74
Coordinamento tra interruttori a monte ed a valle
Nel caso di un coordinamento di back-up tra due interruttori in serie, la verifica tra le curve di energia dimostra che non
ci sono punti d’intersezione. Le due curve si estendono fino al limite del potere d’interruzione dei singoli interruttori. La
curva di energia risultante dal coordinamento tra le due apparecchiature è sicuramente più bassa di quelle di ogni
singolo interruttore considerato da solo; questo per l’effetto di limitazione dovuto alle impedenze in serie agli
interruttori. Da tale considerazione ne segue che il potere d’interruzione dell’associazione tra i due interruttori è
superiore a quello dell’apparecchio a valle e può raggiungere il valore di corrente di corto per il quale l’energia passante
dell’associazione è uguale a quella massima sopportabile dall’apparecchio a valle.
Fig. 9.43 – Coordinamento tra interruttori a monte ed a valle
Per realizzare correttamente la protezione serie, il coordinamento fra i due interruttori A e B deve rispondere ai seguenti
requisiti:
•
•
l'interruttore A deve avere un potere d'interruzione superiore o, al limite, uguale alla corrente di corto circuito
presunta nel punto di installazione dell'interruttore B;
l'energia specifica lasciata transitare dall'interruttore a monte A deve essere inferiore o, al limite, uguale a
quelle ammissibili per l'interruttore B e per la conduttura a valle di B.
Se si considerassero invece delle curve rappresentate dalle fasce delimitate dal limite minimo e massimo d’intervento
attorno al valore Ib, si otterrebbe una zona di possibile intervento contemporaneo dei due dispositivi con contemporanea
formazione di due archi in serie. Per correnti molto superiori a Ib, l’interruttore potrebbe anche non intervenire ed essere
totalmente protetto dal fusibile.
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Fig. 9.44 - Back-up - corrente di scambio
In definitiva la protezione di sostegno è applicabile quando non esistono esigenze di selettività e consente di
proteggere impianti sottodimensionati rispetto alla corrente di guasto presunta ottenendo un sensibile risparmio nel
dimensionamento degli interruttori a valle. Per ottenere la protezione di sostegno sono necessarie alcune condizioni
fondamentali:
l’interruttore a monte deve avere un potere d’interruzione almeno pari alla corrente di corto circuito
presunta nel punto di installazione dell’interruttore a valle;
la corrente di corto circuito e l’energia specifica lasciata passare dall’interruttore a monte non devono
danneggiare l’interruttore a valle e le condutture;
i due interruttori devono essere effettivamente in serie in modo da essere percorsi dalla stessa corrente in
caso di guasto.
Le combinazioni adatte per questo tipo di protezione devono in ogni caso essere scelte in base a indicazioni fornite dal
costruttore che deve verificare l’efficienza dell’intero complesso mediante prove pratiche. Il potere d’interruzione
dell’insieme non può, infatti, essere calcolato teoricamente ma può essere definito soltanto mediante prove dirette
eseguite in laboratori altamente qualificati. Per questo motivo il complesso d’interruttori da impiegare per la protezione
di sostegno non può esse composto di apparecchiature fornite da costruttori diversi che in tal caso non ne garantirebbero
l’idoneità.
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In caso di guasto a valle dell’interruttore con potere di corto circuito minore della corrente di corto circuito presunta in
quel punto i due interruttori disposti in serie tra di loro intervengono simultaneamente per un valore di corrente
(corrente di scambio) superiore ad una prefissata soglia.
Tutto ciò conferisce all’insieme e quindi anche all’interruttore a valle un potere di interruzione superiore a quello che lo
stesso potrebbe garantire da solo. Ovviamente un tal sistema non permettere di ottenere la selettività tra i dispositivi ma
permettere di risolvere altre problematiche come ad esempio:
diminuire l’ingombro delle apparecchiature elettriche;
interventi su impianti esistenti anche se non più idonei alle nuove correnti di corto circuito;
risparmio economico sul dimensionamento dei componenti dell’impianto.
Anche con la protezione serie è possibile ottenere una certa selettività: essa è funzione del valore della corrente di corto
circuito nella conduttura a valle. Il limite della selettività è rappresentato dalla "corrente di scambio"; al di sopra di tale
valore intervengono sia A che B (fig. 9.45), al di sotto di tale valore interviene soltanto B (fig. 9.46).
1
1
A
A
B
2
B
C
Icc
3
Icc>Iscambio
Fig. 9.45 - Protezione serie non selettiva
2
C
Icc
3
Icc<Iscambio
Fig. 9.46 - Protezione serie selettiva
Anche per la realizzazione della protezione serie non sono sufficienti i soli dati tecnici dei singoli interruttori desumibili
dai cataloghi. Per una sua corretta applicazione e per conoscere il limite di selettività della serie dei due interruttori,
occorre avere a disposizione i risultati sperimentali (raccolti generalmente in apposite tabelle) ottenuti dalle Ditte
costruttrici nei propri laboratori.
Fig. 9.47 – Selettività parziale fra un interruttore (o un fusibile) ed un secondo interruttore
con protezione serie o di back-up.
IL=potere di interruzione dell’interruttore B;
F=fusibile in alternativa all’interruttore A
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Back-up su tre livelli
Il back-up può essere realizzato su più di due livelli. Qualora fosse richiesto questo tipo di coordinamento è necessario
che si verifichi una della due seguenti condizioni:
Condizione 1:
L’apparecchio a monte (1) deve avere un potere di interruzione tale da garantire un adeguata protezione ad
entrambi gli interruttori a valle (2 e 3). In questo caso è sufficiente che le associazioni tra gli interruttori
1+2 ed 1+3 abbiano un potere di interruzione adeguato alle correnti di corto dell’impianto.
Condizione 2:
In questo caso il coordinamento avviene tra coppie di apparecchi. L’interruttore 1 deve avere un potere di
interruzione tale da garantire la protezione di back-up sull’interruttore immediatamente a valle (2). A sua
volta il secondo interruttor deve essere in grado di proteggere il terzo.
La protezione di back-up è garantita anche se tra il primo apparecchio e l’ultimo non ci sono le condizioni
ideali di coordinamento.
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9.6.23 Criteri di scelta di scelta di un interruttore automatico
Prima di procedere alla definizione dei criteri di scelta dell’interruttore è necessario fare alcune considerazioni a
proposito di sovraccarichi e cortocircuiti.
9.6.24 L’intervento automatico su sovraccarico e cortocircuito
Sovraccarico - L’interruttore non è in grado di distinguere un sovraccarico da una corrente di guasto a terra o
da un corto circuito a elevata impedenza. Sotto l’aspetto dell’intervento automatico un sovraccarico è perciò da
intendersi come una sovracorrente che non è in grado di determinare l’intervento dello sganciatore
elettromagnetico. Abbiamo visto in precedenza le caratteristiche d’intervento degli interruttori automatici;
individuiamo ora le quattro correnti tipiche che caratterizzano lo sganciatore termico (fig. 9.48).
Inf - corrente convenzionale di non intervento: è il valore di corrente fino al quale , in determinate e
specificate condizioni, non avviene lo sgancio dell’interruttore;
If - corrente convenzionale d’intervento: corrente che in determinate e specificate condizioni provoca lo
sgancio dell’interruttore;
I1m - corrente massima di intervento dello sganciatore termico oltre la quale potrebbe intervenire quello
elettromagnetico;
I2m - corrente massima di intervento dello sganciatore termico oltre la quale interviene sicuramente
quello elettromagnetico;
In - Massima corrente che non provoca l’intervento dello sganciatore termico.
Fig. 9.48 - Caratteristica d’intervento di un interruttore automatico
In, Inf, I1m, I2m sono i valori di corrente che caratterizzano l’attitudine dell’interruttore alla corretta protezione da
sovracorrenti di modesta entità
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Cortocircuito - L’interruttore automatico deve poter intervenire correttamente fino al proprio potere
d’interruzione estremo Icu riferito alla sua tensione d’impiego Ue . Il potere d’interruzione di servizio Ics è
normalmente inferiore a quello estremo in modo che sia possibile mantenere in esercizio l’interruttore anche
dopo un primo cortocircuito. Oltre a questo l’interruttore deve garantire anche la limitazione delle
sollecitazioni da cortocircuito. La limitazione dipende fondamentalmente dai tempi d’interruzione. La somma
del tempo di pre-arco (tempo che intercorre tra l’insorgere del guasto e il distacco dei contatti) e di quello
d’arco (tempo necessario ad estinguere l’arco). Il tempo di pre-arco è fondamentale ai fini della limitazione
delle sollecitazioni elettrodinamiche di cortocircuito poiché la corrente di picco limitata si mantiene a valori
inferiori rispetto a quella normale di cortocircuito (fig. 9.11). Quando il tempo di pre-arco è inferiore a 1 ms si
può parlare di interruttori limitatori, se invece il tempo è compreso tra 1 e 4 ms allora sono detti di tipo rapido.
Il tempo di pre-arco influisce anche sulla limitazione dell’energia specifica di cortocircuito (I2t - integrale di
joule) che è importante per valutare l’attitudine dell’interruttore alla protezione contro le sollecitazioni
termiche (la caratteristica di limitazione è rilevabile dal grafico della fig. 9.49). In corrispondenza
dell’intervento termico la caratteristica della curva di limitazione è irregolare in prossimità della corrente Im di
intervento magnetico e non è significativo per correnti fino a 3In (che corrispondono a tempi di interruzione di
circa 3-5 s). Superata la corrente Im, individuabile sul diagramma dal tratto verticale, il tempo d’interruzione è
praticamente costante e l’energia specifica passante aumenta all’incirca in funzione del quadrato della corrente
di cortocircuito effettivamente interrotta. Questa caratteristica I2t/Icc è necessaria, come vedremo in altro
capitolo, per la corretta verifica della protezione dei cavi e per valutare il comportamento selettivo tra
interruttori installati in cascata.
Fig. 9.49 - Caratteristica I2t/Icc- protezione dei conduttori dal corto circuito
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9.6.25 Scelta della corrente nominale
La corrente nominale In deve essere compresa tra il valore della corrente d’impiego IB e il valore della massima corrente
termica Ith del circuito da proteggere che, a seconda dei casi, può essere o la portata massima dei cavi IZ o la corrente
nominale In di apparecchi come gli interruttori di manovra. La corrente nominale ovviamente è relativa alla condizione
di non intervento dello sganciatore termico quando la temperatura ambiente è uguale a quella di riferimento indicata dal
costruttore. Se la temperatura ambiente è maggiore, ad esempio le temperature che si hanno all’interno dei quadri
elettrici, occorre considerare la riduzione della corrente di non intervento e praticare il necessario declassamento
dell’interruttore basandosi su grafici (indicativamente vedere la fig. 9.50) e le tabelle messe a disposizione dai
costruttori e che permettono di determinare la corrente nominale dell’interruttore automatico alla nuova temperatura
ambiente.
Fig. 9.50 - Riduzione della corrente di non intervento di un interruttore magnetotermico all’aumentare della
temperatura (un interruttore automatico con In 10A alla temperatura di 60 °C deve subire una riduzione a 8,9 A).
9.6.26 Scelta delle caratteristiche di limitazione delle sollecitazioni di cortocircuito
La corretta protezione dalle sollecitazioni termiche ed elettrodinamiche di cortocircuito può essere attuata solo se
l’interruttore presenta caratteristiche di limitazione dell’energia specifica passante, adeguate. Un cavo risulta
completamente protetto quando l’energia specifica, A2s non supera il valore K2S2 dove S è la sezione in mm2 e K un
coefficiente che varia da 115 a 143 a seconda del tipo di isolante. In figura 12.55 sono indicati i limiti A e B della
corrente di cortocircuito entro i quali il cavo è adeguatamente protetto; si ricorda (in un prossimo capitolo l’argomento
verrà adeguatamente approfondito) che il valore inferiore, corrente di cortocircuito minima Iccm, ha in genere senso solo
nel caso di linee lunghe. Gli altri componenti risultano correttamente protetti se gli A2s lasciati passare dall’interruttore
non superano la corrente nominale massima ammissibile per la durata di 1 secondo I2cw (1s). La protezione contro gli
effetti elettrodinamici si ha quando la corrente di picco limitata Ipl non supera quella massima ammissibile dal
componente. Per questa verifica occorre disporre della caratteristica Ipl/Ip (fig. 9.51).
Fig. 9.51 - Caratteristica Ipl/Ip
Non disponendo di questa caratteristica ma solo del potere di chiusura Icm si dovrà verificare che i componenti
sopportino delle correnti di picco non inferiori a questo valore (Icm - massimo valore istantaneo di corrente che
l’interruttore è in grado di aprire senza danneggiarsi)
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