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Diapositiva 1 - fabiobonoli .it
La matematica al voto
Liceo Scientifico “A. Righi” – Cesena
12/04/2013
prof. Fabio Bonoli
www.fabiobonoli.it
Nel paese di Xlandia si svolsero le elezioni.
Gli schieramenti erano solo due:
il Partito Degli Agnelli, i cui intenti erano il rilancio
dell’occupazione al pascolo con sgravi fiscali per i
piccoli ovili e la tutela dei più deboli, ma essendo
pecore avevano grandi problemi di apparato dirigente
e leadership;
il Popolo Dei Lupi, i cui capi sostenevano l'abolizione
delle tasse e il federalismo della foresta.
Secondo i sondaggi sarebbero andati a votare tutti gli
abitanti.
Ma il giorno prima delle elezioni, detto anche No
PropagandaDay, un giovane matematico uscì di casa
e gridò: "Perché andare a votare domani? A
che servirà mai? Il mio voto avrà davvero
valore, soltanto se si raggiungerà la parità
dei voti. Cittadini di Xlandia, dimostrate la vostra
intelligenza boicottando le elezioni!!" E così il giovane
matematico si ritirò...
Il giorno delle elezioni arrivò, ma nessuno si presentò
ai seggi. Tutti i cittadini di Xlandia erano stati
ammaliati e convinti dalla logica ferrea del giovane
matematico, il quale, allo scadere della tornata
elettorale sembrò essere abbastanza soddisfatto. Ma
si sbagliava: poiché in mancanza di un governo, è
difficile mettere d'accordo lupi e agnelli.
Vince la maggioranza
«Democrazia» è un termine piuttosto generico, che in Grecia
significava soltanto «governo del popolo».
Esso ha oggi acquistato il significato di «governo della
maggioranza». Infatti, in genere, la votazione a maggioranza
viene considerata come il mezzo attraverso cui il popolo
governa. Sia direttamente, scegliendo fra alternative in un
referendum, sia indirettamente, scegliendo fra candidati in
una elezione.
Che le cose non siano così semplici è dimostrato dal paradosso
delle elezioni del 2000 negli Stati Uniti. E’ stato eletto alla
presidenza George W. Bush, che aveva ottenuto un numero di
voti minore del suo oppositore Al Gore.
Il primo problema da affrontare è, dunque, se la riduzione del
governo del popolo a governo della maggioranza sia
logicamente giustificabile.
Nel 1952 l’economista Kenneth May ha dimostrato
matematicamente che la votazione a maggioranza è l’unico
procedimento di scelta fra due candidati che soddisfi le seguenti
condizioni:
1)Libertà di scelta: ciascuno è libero di votare per il candidato che
preferisce.
2)Dipendenza dal voto: il risultato di una votazione è determinato
unicamente dai voti dati ai candidati.
3)Monotonicità: se un candidato vince in una votazione prendendo
un certo numero di voti, vince anche in ogni votazione in cui prenda
più voti (a parità di votanti).
4)Anonimato: non ci sono votanti privilegiati.
Poiché le assunzioni precedenti sono contenute implicitamente nel
concetto di democrazia, il teorema di May dimostra che non ci
sono alternative democratiche alla votazione a maggioranza, nel
caso di due soli candidati.
Il paradosso di Condorcet
Per trovare un vero paradosso dobbiamo risalire a Marie Jean Antoine Nicolas
de Caritat, meglio noto come marchese di Condorcet (1743-1794).
E se le alternative sono più di 2?
In presenza di più alternative, un’idea semplice era votarle due a due, e
scegliere quella che avesse riportato la maggioranza contro tutte le rimanenti.
Condorcet mostrò che, purtroppo, non è detto che una tale alternativa ci sia: la
votazione può infatti produrre un ordine sociale circolare.
Per illustrare il paradosso, consideriamo un’altra delle elezioni presidenziali
statunitensi: quella del 1976. Allora Jimmy Carter vinse su Gerald Ford, che
aveva ottenuto la nomination repubblicana vincendo su Ronald Reagan. Ma i
sondaggi dicevano che Reagan avrebbe vinto su Carter (come poi successe
effettivamente, benché con un diverso elettorato, nel 1980).
Una situazione circolare, in cui tre candidati sono in grado di vincere
uno sull’altro
Il paradosso di Condorcet non lascia scelta.
O si votano tutte le alternative una contro l’altra, e allora può
ovviamente succedere che nessuna ottenga la maggioranza.
Oppure si votano le varie alternative in un certo ordine, e allora la
vincitrice dipende dall’ordine scelto.
Poiché la votazione a maggioranza su più di due alternative è un
sistema largamente applicato in organi locali, nazionali e
internazionali, l’interesse del paradosso è evidente. Fra l’altro,
esso spiega le cosiddette battaglie procedurali sull’ordine delle
votazioni.
Quando l’ordine sociale generato dalla votazione per maggioranza
diventa circolare?
Accade quando ogni alternativa è considerata la peggiore da qualcuno.
Questo produce un’incompatibilità fra libertà individuale, che
permette a ciascuno di scegliere un qualunque ordine di preferenze, e
armonia sociale, che richiede invece una certa uniformità fra gli ordini
individuali.
Ciò spiega sia l’adeguatezza della votazione a maggioranza nei momenti di
stabilità politica, sia la sua impotenza nei momenti di crisi. Nei primi
esistono alternative che nessuno considera le peggiori: quelle di centro. Nei
secondi la radicalizzazione delle preferenze crea invece le condizioni per il
paradosso.
Che fare?
C’è la votazione a pluralità: si presentano tutte le alternative
simultaneamente, ciascun votante ne sceglie una, e vince quella che riceve
il maggior numero di voti.
Nel 1781 Jean-Charles de Borda (1733-1799) scoprì che pluralità e
maggioranza sono fra loro incompatibili.
Ad esempio, si considerino quindici votanti, che debbano scegliere rispetto
alle alternative A, B e C. Supponiamo che gli ordini di preferenze individuali
siano i seguenti:
6
A
B
C
4
B
C
A
5
C
B
A
Quando si pongano in votazione le alternative a pluralità, A vince su C per 6 a
5, e C vince su B per 5 a 4. Quando invece si pongano in votazione le
alternative a maggioranza, allora B vince su C per 10 a 5, e C vince su A per 9
a 6. I due sistemi di votazione producono dunque ordini sociali contrapposti.
Borda non si accorse che la votazione a maggioranza poteva non essere
transitiva, anche perché nell’esempio precedente lo è: B vince su A per 9 a 6.
Egli individuò invece un problema nel fatto che nella votazione a
pluralità si considera soltanto una parte dell’informazione contenuta
nei vari ordini di preferenza individuali: precisamente, la prima
alternativa.
Un possibile rimedio: sistemi di voto pesato, in cui i votanti associano,
direttamente od indirettamente, dei pesi numerici alle varie alternative.
Ad esempio, si danno n punti alla prima di n alternative, n–1 punti alla
seconda, e via scalando.
La costruzione dell’ordine sociale si effettua, in questo caso, sommando i pesi
delle alternative nei vari ordini individuali.
Ma, anche, i sistemi di voto pesato presentano situazioni
paradossali. Il risultato dipende dall’assegnazione dei pesi.
Consideriamo l’assegnamento canonico
3
A
B
C
2
B
C
A
A
3*3+2*1=11
B
3*2+2*3=12
C
2*2+3*1=7
A perde su B per 11 a 12.
Poiché l’alternativa C non solo è l’ultima in assoluto, con 7 punti, ma non è
preferita da nessun votante a B, si potrebbe pensare che la presenza di C sia
irrilevante per la vittoria di B. Essa risulta invece determinante.
Se infatti l’alternativa C venisse eliminata, allora si rimane con tre votanti che
preferiscono A a B e due che preferiscono B ad A. Questa volta, dunque, A vince su
B per 8 a 7.
3
A
B
A
3*2+2*1=8
2
B
A
B
2*2+3*1=7
Problemi di questo genere hanno reso i sistemi di voto pesato, che in ogni caso
sono più complicati di quelli a maggioranza, poco praticabili. Oggi essi sono usati
quasi esclusivamente in multicompetizioni sportive, quali il decatlon. In questo
caso le alternative sono gli atleti in gara, i votanti le varie competizioni, le
preferenze gli ordini di arrivo, e i pesi i punteggi assegnati.
Il teorema di Arrow
I paradossi di Condorcet e Borda misero in evidenza le difficoltà dei sistemi di
votazione , senza peraltro fermare la storia.
La democrazia si dimostrò storicamente ineluttabile.
L’argomento di Condorcet fu riaffrontato nel 1951 da Kenneth Arrow, un
giovane economista, che aveva studiato logica matematica con Alfred Tarski.
In altre parole, Arrow si pose il problema se si possa trovare almeno un
sistema di votazione che permetta di estendere la transitività dalle
preferenze individuali a quelle sociali.
Fino ad allora, sia gli idealisti alla Kant che i razionalisti avevano supposto che
l’ordine sociale esistesse, e differivano soltanto nel credere che esso fosse,
rispettivamente, indipendente o deducibile dagli ordini individuali.
Il realista Arrow scoprì invece che entrambi avevano torto, perché l’ordine
sociale non esiste.
Il teorema di Arrow
Più precisamente, egli dimostrò che nessun sistema di votazione che soddisfi le
seguenti condizioni preserva la transitività delle preferenze:
1)Libertà di scelta: ogni ordine transitivo di preferenze individuale è accettabile.
2)Dipendenza dal voto: il risultato della votazione è determinato univocamente
dai voti dati.
3)Monotonicità: se un’alternativa vince in una votazione, continua a vincere in
ogni votazione in cui prenda più voti.
4)Rifiuto della dittatura: non esiste nessuno le cui preferenze individuali dettino
il risultato di ogni votazione, indipendentemente dalle preferenze degli altri
votanti.
Il teorema di Arrow mostra che il teorema di May non si può
estendere a più di due alternative.
Benché questo risultato sia appunto un teorema, lo si chiama spesso
paradosso, in inglese suona bene “Arrow’s paradox “.
Il teorema di Arrow sta ora alla base della cosiddetta teoria delle scelte
sociali. Nel 1972 Arrow vinse il premio Nobel per l’economia.
Il fatto che un teorema di scienze politiche come quello di Arrow,
sull’impossibilità di un sistema democratico di votazione, gli abbia
fruttato un premio Nobel per l’economia, non deve stupire.
Per la sua natura astratta il risultato si applica a qualunque situazione in
cui sia necessaria una scelta collettiva fra un insieme limitato di
alternative. Ad esempio: di prodotti in un mercato, di politiche aziendali
in un consiglio di amministrazione, di rappresentanti in un’assemblea di
azionisti...
Il teorema di Arrow rende dunque manifesta una difficoltà nel
passaggio dalla microeconomia dei soggetti individuali, quali
produttori e consumatori, alla macroeconomia dei gruppi, quali
i mercati.
Quanto alle conseguenze filosofiche del teorema di Arrow, Paul
Samuelson, premio Nobel per l’economia nel 1970: «la ricerca della
democrazia perfetta da parte delle grandi menti della storia si è
rivelata la ricerca di una chimera, di un’autocontraddizione
logica».
In secondo luogo, Samuelson traccia un parallelo: «La devastante
scoperta di Arrow è, per la politica, ciò che il teorema di Gödel è per
la matematica». In particolare, entrambi i risultati mostrano
limitazioni intrinseche dei rispettivi campi, distruggendo così
ingenue illusioni.
Il teorema di Arrow ha reso esplicite alcune condizioni minimali
del concetto di democrazia e ha dimostrato che non esiste
nessun sistema di votazione che le soddisfi contemporaneamente.
Ciò spiega la proliferazione delle leggi elettorali nei vari paesi e
la disparità di vedute su di esse da parte dei partiti politici.
Prima di votare, bisogna infatti distribuire i seggi fra i collegi
elettorali sulla base della loro popolazione.
E dopo il voto, bisogna distribuire i seggi fra i partiti sulla base dei voti da
loro ottenuti. Poiché il numero dei seggi è ovviamente molto inferiore al
numero di elettori, la divisione non darà in genere come risultato un
numero intero.
Per motivi di equità, si dovrebbe applicare un principio di
proporzionalità: il numero di seggi assegnato ad un collegio o ad un
partito dovrà essere una approssimazione della divisione. Ad esempio, se
i seggi da distribuire sono 10 e un collegio ha un terzo della popolazione,
i seggi ad esso assegnati dovranno essere 3 o 4.
1. I collegi con più elettori non dovrebbero ricevere meno seggi
dei collegi con meno elettori,
2. I partiti con più voti non dovrebbero ricevere meno seggi dei
partiti con meno voti.
3. Inoltre, questo dovrebbe valere sia per le situazioni
sincroniche relative ad una singola elezione, misurate dalle
percentuali, che per le situazioni diacroniche relative ad
elezioni in tempi diversi, misurate dai rapporti fra le
percentuali.
Come ormai possiamo aspettarci, queste condizioni sono difficili
da soddisfare.
Purtroppo, nel 1982 Michel Balinsky e Peyton Young hanno
dimostrato che non esiste nessun metodo di distribuzione dei
seggi che soddisfi i princìpi di proporzionalità e di monotonicità.
Proporzionale o maggioritario?
I teoremi di Arrow e di Balinsky e Young hanno inferto colpi mortali
al principio di proporzionalità. Molte democrazie l’hanno
abbandonato.
Purtroppo, i sistemi maggioritari non stanno meglio di quelli
proporzionali.
Ad esempio, nel maggioritario secco è possibile che un partito
con quasi il 50% dei voti non prenda neppure un seggio, e
che ogni seggio vada invece a partiti locali con una minima
rappresentanza.
Un altro paradosso dei sistemi maggioritari può essere efficacemente
illustrato in termini di gelatai.
Supponiamo dunque di trovarci su una spiaggia assolata lunga 1 Km
colma di bagnanti accaldati e che arrivino due gelatai a vendere i loro
prodotti.
Per i bagnanti, la loro collocazione più sensata sarebbe che entrambi si
ponessero a 250 m dagli estremi della spiaggia, cioè a 1/4 e a 3/4.
In tal modo, infatti, nessun bagnante dovrebbe fare più di 250 m per
raggiungere il più vicino dei gelatai.
Ma i gelatai ragionano diversamente: a loro conviene porsi il più
possibile vicini fra loro per contendersi i bagnanti della zona intermedia,
visto che quelli agli estremi andranno in ogni caso a comprare il gelato
dal più vicino.
Il che è ciò che spesso accade per i candidati o i poli dei sistemi maggioritari,
che finiscono per risultare indistinguibili nei loro programmi politici.
Il paradosso sta, ovviamente, nel fatto che allora non ha senso scomodarsi
a scegliere fra 2 candidati che propongono lo stesso programma.
Un sistema elettorale è un insieme di norme che
regolano la competizione elettorale tra candidati e tra
partiti e regolano il passaggio dai voti ai seggi.
I sistemi elettorali non sono mai “neutri”
Al contrario, “i sistemi elettorali sono lo strumento
più manipolativo della politica” (Sartori) a causa
•dei loro effetti sul sistema dei partiti
•dei limiti e degli incentivi che offrono ai candidati,
ai partiti e agli elettori
I sistemi maggioritari
Vincono i candidati o i partiti che ottengono il maggior numero
di voti
• Maggioranza relativa
• Maggioranza assoluta
Ve ne sono 8 tipi:
Maggioritario uninominale a turno unico
Voto alternativo
Conteggio di Borda
Sistemi maggioritari a doppio turno
Voto singolo non trasferibile
Voto di blocco
Voto di blocco di partito
Voto supplementare
Maggioritario uninominale a turno unico
• Sistema a maggioranza relativa (plurality) in collegi
uninominali
• Gli elettori possono votare per un solo candidato
all’interno di un collegio uninominale. Viene eletto il
candidato che ottiene il maggior numero di voti
• Usato in UK, USA, Canada, India, Nigeria, Zambia, ecc.
Vantaggi e svantaggi:
•Semplice
•Rapporto diretto eletto – elettori
•Sproporzionalità (divario tra la proporzione dei voti e la
proporzione dei seggi ottenuti dai partiti)
•Sfavorisce i piccoli partiti (minoranze sotto-rappresentate, salvo
quando geograficamente concentrate)
•Può accadere che vinca più seggi il partito che in realtà ha meno voti
(è quindi importante non solo quanti voti si ottengono, ma anche dove
si ottengono)
Voto alternativo
• Sistema a maggioranza assoluta in collegi uninominali
• Gli elettori classificano uno o più candidati o partiti in ordine di
preferenza (voto ordinale).
Viene eletto il candidato che ottiene la maggioranza assoluta
delle prime preferenze. Se nessuno la ottiene, il candidato con
il minor numero di prime preferenze viene eliminato e le sue
schede vengono ridistribuite secondo le successive preferenze.
Il processo viene ripetuto finché un candidato
non ottiene la maggioranza assoluta.
• Usato in Australia, Fiji, Irlanda (presidenziali)
Vantaggi e svantaggi:
•Rapporto diretto eletto- elettori
•Gli elettori possono manifestare interamente le loro
preferenze (meno incentivi a votare strategicamente)
•Complicato
Conteggio di Borda
• Sistema a maggioranza assoluta in collegi uninominali o
plurinominali
• Gli elettori classificano tutti i candidati o i partiti in ordine di
preferenza (voto ordinale)
• Vince il candidato con il maggior “punteggio”
Vantaggi e svantaggi:
•Favorisce i candidati che godono di un vasto consenso
•Incoraggia la ricerca del consenso e favorisce i candidati
moderati
•Incoraggia il voto strategico
Doppio turno a maggioranza assoluta
• Sistema a maggioranza assoluta in collegi uninominali (può
venire usato in collegi plurinominali: in questo caso si vota per il
partito ed il partito che vince prende tutti i seggi a disposizione)
• Gli elettori dispongono di un singolo voto
• Al primo turno viene eletto il candidato che ottiene la
maggioranza assoluta; se nessuno la ottiene, i due
candidati più votati vanno al secondo turno (ballottaggio) e
vince quello che ottiene più voti (che, quindi, coincidono con la
maggioranza assoluta dei voti validi)
• Usato in Francia (presidenziali)
Doppio turno a maggioranza relativa
• Sistema a maggioranza relativa in collegi uninominali
• Gli elettori dispongono di un singolo voto
• Al primo turno viene eletto il candidato che ottiene la
maggioranza assoluta; se nessuno la ottiene, tutti i candidati
che superano una certa soglia vanno al secondo turno e
vince quello che ottiene più voti (che, quindi, non coincide
necessariamente con la maggioranza assoluta dei voti validi)
• Usato in Francia (parlamentari)
Vantaggi e svantaggi:
•Permette all’elettore di votare in maniera sincera al
primo turno ed in maniera strategica al secondo
•È costoso organizzare due turni
•Sproporzionalità
Voto singolo non trasferibile
• Sistema a maggioranza relativa in collegi plurinominali
• Ogni partito presenta una lista di candidati e gli elettori ne
votano uno
• Vengono eletti i candidati che ottengono il maggior
numero di voti
• Usato in Giappone dal 1948 al 1993
Vantaggi e svantaggi
•Genera risultati più proporzionali
•Penalizza meno le minoranze ed i partiti piccoli
•Non incentiva la moderazione e gli accordi coalizionali
•Incentiva il voto strategico
•I partiti devono fare attenzione a non disperdere i loro
voti presentando troppi candidati
Voto di blocco
• Sistema a maggioranza relativa in collegi plurinominali
• Gli elettori hanno a disposizione tanti voti quanti sono i
seggi da assegnare
• Ogni partito presenta una lista di candidati e gli elettori ne
votano tanti quanti sono i seggi da assegnare (possono
votare anche candidati di partiti diversi)
• Vengono eletti i candidati che ottengono il maggior
numero di voti
• Usato in Kuwait, Laos, Libano, Siria, ecc.
Svantaggio: se gli elettori concentrano i voti sui candidati
dello stesso partito, può causare risultati fortemente
disproporzionali
Voto di blocco di partito
• Sistema a maggioranza relativa in collegi plurinominali
• Gli elettori hanno a disposizione un solo voto da
attribuire ad una lista di partito
• Il partito che ottiene il maggior numero di voti conquista
tutti i seggi
• Usato in Camerun, Chad, Singapore, Gibuti, ecc. [collegio
elettorale presidenziale USA]
Svantaggio: tende a produrre risultati altamente
disproporzionali
Voto supplementare
• Sistema a maggioranza assoluta in collegi uninominali
• Gli elettori devono classificare minimo un candidato e
massimo due in ordine di preferenza
• Viene eletto subito il candidato che ottiene la
maggioranza assoluta delle prime scelte
• Se nessuno la ottiene, vengono eliminati tutti i candidati
tranne i due più votati
• I voti di seconda scelta dei candidati eliminati vengono poi
attribuiti ai due rimasti in gioco.
• Vince il candidato che ottiene più voti
• Usato in Sri Lanka (presidenziali, ma con tre referenze),per
il sindaco di Londra, ecc.
I sistemi proporzionali
Lo scopo è ottenere una proporzionalità tra voti e seggi in
collegi plurinominali.
V  votanti
S  seggi da attribuire
x1 , x 2 ,..., xn partiti
S(x 1 )  S ( x 2 )  ...  S ( xn )  S

V(x 1 )  V ( x 2 )  ...  V ( xn )  V
semplifichiamo, non consideran do schede nulle o bianche
V  S in una democrazia rappresentativa
S(x i )  V ( x i )  S  V
S (x i )  V (x i )  S / V
M a S/V non è intero ed è molto piccolo, quindi S ( x i ) non è intero.
I sistemi proporzionali
Come attribuire i seggi?
◦ Utilizzando calcoli che prevedono quote o divisori
Due tipi principali:
◦ Rappresentanza proporzionale di lista
◦ Voto singolo trasferibile
Vantaggi e Svantaggi:
•Generano risultati proporzionali
•Meno incentivi a votare strategicamente
•Spesso i partiti piccoli hanno forte potere di ricatto
•Legame debole tra elettori ed eletti
I sistemi proporzionali di lista
• Ogni partito presenta una lista di candidati in ciascun
collegio plurinominale ed ottiene un numero di seggi in
proporzione alla sua percentuale complessiva di voti;
•I seggi vengono poi distribuiti tra i candidati della lista
secondo differenti criteri:
◦ formula per la distribuzione dei seggi (quote o
divisori)
◦ dimensione collegio
◦ soglie elettorali
◦ tipo di lista (chiusa o aperta)
Ampiezza del collegio e soglie elettorali
• L’ampiezza del collegio (M) è il numero di rappresentanti
eletti in un collegio
• Tutti i sistemi proporzionali utilizzano collegi plurinominali,
ma la dimensione media varia (in Cile ampiezza media di un
collegio è M = 2, nei Paesi Bassi e Slovacchia: collegio
nazionale unico con M = 150)
• L’ampiezza del collegio è la variabile chiave che determina
la proporzionalità di un sistema elettorale: tanto maggiore è
l’ampiezza del collegio, tanto maggiore è il grado di
proporzionalità
• La soglia elettorale è la percentuale minima di voti che un
partito deve ottenere per vincere un seggio
• Il valore della soglia ha un effetto rilevante sulla
proporzionalità del sistema elettorale: quando la soglia
elettorale è alta, la proporzionalità del sistema elettorale è
bassa (ma dipende da M)
Tipi di lista
• Quali candidati nella lista ottengono i seggi vinti dal
partito? Dipende dal tipo di lista:
•Lista chiusa (o bloccata): l'ordine dei candidati eletti è
determinato dal partito e gli elettori non possono esprimere una
preferenza per un particolare candidato.
I seggi sono assegnati secondo l’ordine della lista di partito
•Lista aperta: gli elettori possono indicare non solo il loro partito
preferito, ma anche il loro candidato (o candidati) favorito all’interno di
quel partito. I seggi sono assegnati ai candidati del partito che ottengono
il maggior numero di preferenze
•Lista libera: gli elettori esprimono più voti per candidati di una singola
lista di partito o di liste di partito diverse.
I seggi sono assegnati a ciascun partito in proporzione al numero totale di
voti, e poi attribuiti ai candidati che ottengono il maggior numero di voti
Gli elettori hanno grande liberta di scelta
Formule elettorali: quote e divisori
Ogni sistema proporzionale necessita di criteri per
determinare il numero di seggi da assegnare a ciascun
partito
Tali criteri possono essere di due tipi:
◦ Quote (o quozienti): il quoziente indica il numero di
voti che garantisce un seggio ad un partito in un
determinato collegio elettorale
◦ Divisori: si divide il numero totale di voti ottenuti da
ciascun partito in un collegio per una serie di numeri
(divisori) al fine di ottenere dei quozienti; i seggi sono
assegnati ai partiti che hanno i quozienti più elevati
Formule elettorali: quote
Quozienti (in ordine di maggiore proporzionalità):
1. Hare voti validi / M (Italia C&S 2006, Germania, Brasile)
2. Droop voti validi / M+1 (Slovacchia, Lussemburgo)
Come funziona?
• si calcola la quota
• si divide il numero di voti di ciascun partito per la quota
• la parte intera della divisione rappresenta i seggi che spettano ad ogni
partito
• i seggi rimanenti vengono assegnati ai partiti coi resti più elevati)
Hare minimum S ( x i )  V ( x i )  S / V
Hare maximum S ( x i )  int(V ( x i )  S / V )  1
S 1
)
V
La condizione Droop min è più stretta della Hare min.
La legge elettorale proporzionale corretta soddisfa Droop min e la Hare max.
Droop minimum S ( x i )  int(V ( x i ) 
Formule elettorali: divisori
Divisori (in ordine di maggiore proporzionalità):
Sainte Laguë 1, 3, 5, 7, 9 ... (Lettonia)
Sainte Laguë modificata 1.4, 3, 5, 7, 9 ... (Norvegia 1953-88,
Svezia 1952-69)
d’Hondt 1, 2, 3, 4 ... (Finlandia, Spagna, Bulgaria, Capo
Verde, Paesi Bassi, Italia Senato 1948-92, Italia Camera 1994-2001)
Come funziona?
• si divide il numero di voti di ciascun partito per i numeri
suddetti
• i seggi sono assegnati ai partiti che ottengono, dalla
divisione, le cifre maggiori
• Non vi sono mai seggi residui
Voto singolo trasferibile
• Sistema proporzionale con voto di preferenza ordinale senza liste di
partito in collegi plurinominali
• Gli elettori devono classificare uno o piu candidati in ordine di
preferenza
• I candidati che superano una determinata quota (spesso Droop o
Hare) di voti come prima scelta vengono eletti immediatamente
• Se un numero di candidati inferiore ai seggi del collegio ha
raggiunto la quota necessaria ad essere eletto direttamente,
allora si elimina il candidato che ha ottenuto il minor numero di prime
scelte ed i suoi voti, insieme a quelli ottenuti in eccedenza dai
candidati già eletti, vengono ridistribuiti secondo le preferenze
successive ai candidati rimanenti finché non si assegnano tutti i seggi
• Usato in Australia (senato), Irlanda e Malta
I sistemi misti
• Gli elettori eleggono i loro rappresentanti attraverso due
sistemi diversi, uno maggioritario e uno proporzionale.
• Due tipi di sistemi misti:
◦ Indipendenti: l’applicazione di una formula elettorale non
dipende dal risultato prodotto dall’altra. Es.: Giappone e Russia
(225 deputati con plurality uninominale e 225 con
proporzionale di lista in collegio plurinominale nazionale)
◦ Dipendenti: l’applicazione della formula proporzionale
dipende dalla distribuzione dei seggi o dei voti prodotta dalla
formula maggioritaria; la componente proporzionale
compensa la disproporzionalità generata dalla componente
maggioritaria. Es. Germania e Nuova Zelanda
Bundestag tedesco
• Ogni elettore ha due voti: uno per il candidato nella parte
maggioritaria, l’altro per il partito nella parte proporzionale
• Tutti i partiti che abbiano raggiunto almeno il 5% dei voti
(proporzionali) o che abbiano vinto almeno in 3 collegi
uninominali sono ammessi al riparto proporzionale
• La metà dei seggi (299 su 598) sono assegnati nei collegi
uninominali, l’altra metà con sistema proporzionale Hare in
collegi plurinominali a livello di Länder
• Il risultato è completamente proporzionale perché ad ogni
partito sono attribuiti tanti seggi quanti gli spetterebbero con
i voti (proporzionali) che ha ottenuto: tutti i candidati
“uninominali” vengono eletti, poi gli altri secondo l’ordine in
lista fino al numero di seggi che spettano ad ogni partito in
ogni Länder
Presidenziali USA
• Gli elettori hanno a disposizione un solo voto
• In ogni Stato, vince il candidato che ottiene la
maggioranza relativa dei voti
• In ogni Stato, chi vince ottiene tutti i grandi elettori
di quello Stato (= n. deputati + 2 senatori)
• A livello federale, vince chi ottiene la maggioranza
assoluta dei grandi elettori
Francia
• Doppio turno con ballottaggio per l’elezione del
Presidente
• Doppio turno con soglia di sbarramento al 12,5%
degli aventi diritto per l’Assemblea Nazionale
Spagna
• 350 seggi in 52 circoscrizioni
• Circoscrizioni piccole (da 1 a 30 seggi, media 7)
• Proporzionale d’Hondt con liste bloccate
• Soglia del 3% a livello di circoscrizione
Italia 1994-2001
Camera dei Deputati (630 seggi)
◦ 475 seggi (75%) con maggioritario uninominale a turno unico
◦ 155 seggi (25%) con PR circoscrizionale (quoziente di Hare e resti piu alti)
26 circoscrizioni due schede separate
liste chiuse soglia di sbarramento 4% nazionale
scorporo parziale dei voti degli eletti con l’uninominale
Senato (315 seggi)
◦ 232 seggi (75%) con maggioritario uninominale a turno unico
◦ 83 seggi (25%) con PR regionale (metodo d'Hondt):
tutti i voti che non sono serviti per eleggere un candidato (quindi tutti i
voti, tranne quelli del candidato vincitore all’uninominale) sono sommati su
base regionale, partito per partito (quindi i candidati devono essere tra loro
collegati)
-> ripartizione proporzionale su base regionale: ‘cifra elettorale’ di un
partito pari alla somma dei voti all’uninominale nella regione ma scorporo
completo dei voti degli eletti con l’uninominale
-> una scheda sola, senza liste/voto differenziato: eletti i migliori candidati
perdenti all’uninominale per ciascun partito
Italia 2006-?
Camera dei Deputati (630 seggi)
◦ PR con liste bloccate: “quoziente naturale” (Hare) e piu alti resti
617 seggi in 26 circoscrizioni plurinominali (3 < M < 44)
1 seggio in Valle d’Aosta (M = 1)
12 deputati eletti con liste aperte in una Circoscrizione Estero
ripartita in: Europa (6 seggi), America meridionale (3), America
settentrionale e centrale (2), Africa, Asia, Oceania e Antartide (1)
◦ premio di maggioranza: 340 [55%] seggi (277 alle opposizioni)
◦ soglie di sbarramento:
10% per le coalizioni purché almeno una delle sue liste superi il
2%, e 4% per le liste non coalizzate, salvo liste di minoranze
linguistiche
Italia 2006-?
Senato della Repubblica (315 seggi)
◦ base regionale per:
circoscrizioni, soglie, premio di coalizione e attribuzione seggi
◦ PR con liste bloccate: “quoziente naturale” (Hare) e piu alti resti
302 seggi in 20 circoscrizioni plurinominali (2 Molise < M < 47
Lombardia)
7 seggi in collegi uninominali (M=1: uno in Valle d’Aosta + sei
in Trentino)
6 senatori eletti con liste aperte in Circoscrizione Estero
ripartita in: Europa (2 seggi), America meridionale (2), America
settentrionale e centrale (1), Africa, Asia, Oceania e Antartide
(1)
◦ premio di maggioranza: 55% dei seggi in ciascuna regione
◦ soglie di sbarramento regionali per:
20% per le coalizioni, 3% per le liste di coalizioni e 8% per le
liste non coalizzate (o coalizzate in coalizioni che non abbiano
ottenuto il 20%)
Esistono metodi statistici in grado di rivelare irregolarità nelle votazioni
politiche?
L'idea di fondo è che quando una base di dati numerici viene manipolata,
perde alcune sue caratteristiche che invece sono ricorrenti in basi di dati
raccolte “naturalmente”.
Un esempio di ciò è la recente riscoperta della legge di Benford come
potenziale strumento di rivelazione delle frodi. Nella sua formulazione
originale, la legge di Benford o legge della prima cifra, stabilisce che i dati
numerici ricavati da molte, ma non da tutte, situazioni reali hanno una
distribuzione della prima cifra ben definita.
Da una ventina di anni circa si è riusciti a estendere la legge di Benford per
cercare di capire quando la distribuzione della prima cifra si discosta da quella
“naturale” per effetto di una manomissione, come nel caso delle frodi alle
assicurazioni, le fase dichiarazioni dei redditi o ancora i risultati delle elezioni.
Tuttavia, la validità di questa legge come metodo per scoprire frodi elettorali è
stato messa in dubbio.
Quattro ricercatori dell’Università di Vienna hanno pubblicato su arxiv.org
(l’archivio ad accesso libero di articoli accademici di fisica e matematica) un test
statistico che permette di scoprire le tracce delle manipolazioni elettorali.
Spiccano invece i dati di Russia e Uganda, che mostrano una curiosa “nuvola”
di collegi che mostrano contemporaneamente un’altissima affluenza alle urne
e un’altissima percentuale di voti per il partito vincente – inclusa una non
trascurabile concentrazione di collegi che registra sia il 100% di affluenza alle
urne che il 100% di voti per il partito di maggioranza. Chiaramente collegi
molto sospetti.
I ricercatori hanno allora costruito un modello matematico che tiene conto di
tre tipi possibili di collegio elettorale: quelli dove tutto avviene correttamente,
quelli dove nelle urne alcuni voti sono rimpiazzati con voti per il partito
vincente, ma senza alterare il numero delle schede (frode incrementale) e
quelli dove invece viene riportato senza mezzi termini un 100% di votanti
unanimi per il partito risultato vincente (frode assoluta). In questo modo sono
riusciti a stimare quantitativamente i brogli per ciascuna elezione.
Le elezioni svizzere, austriache, finlandesi, inglesi, statunitensi e spagnole,
nonostante le differenti impronte digitali e le spesso forti differenze di
orientamento politico tra le varie località, possono tutte essere spiegate
limpidamente da un modello in cui pressoché tutti i collegi sono onesti.
E in Russia? Lì il modello stima che nel 2011 circa il 64% dei collegi ha subito una
sostituzione di schede, e il 5% una frode assoluta.
Per le presidenziali del 2011 in Uganda i dati sono quasi altrettanto gravi: 45% di
urne parzialmente falsificate, e 1% di frodi assolute.
Gli autori dello studio hanno analizzato anche le precedenti elezioni in Russia,
mostrando che anch’esse erano ampiamente truccate (ma molto meno che nel
2011): 32% complessivo di collegi fraudolenti nel 2003 e 34% nel 2007.
Anche i dati delle famose elezioni presidenziali del 2000 in Florida, dove c’erano
state parecchie accuse di brogli a favore di George W. Bush, sono stati analizzati, ma
in questo caso dai dati non risulta nessuna traccia ovvia di inquinamento elettorale.
È una prova conclusiva? No.
Alcuni casi risultati apparentemente fraudolenti potrebbero derivare da pochi
collegi con popolazioni particolari: per esempio località abitate quasi
esclusivamente da militari.
Il team di Klimek ammette che il metodo non permette una dimostrazione
inconfutabile, ma aggiunge: “Quei numeri richiedono comunque una spiegazione –
e abbiamo dimostrato che niente li spiega meglio dell’ipotesi dei brogli”.
Bibliografia
P. Odifreddi C’era una volta il paradosso Einaudi
M. Regalia Elezioni e sistemi elettorali Mc.Graw&Hill, 2011
A. Bernardo, M. Pedone La matematica delle elezioni matematicamente.it
arxiv.org(l’archivio ad accesso libero di articoli accademici di fisica e
matematica)
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