Comments
Description
Transcript
Diapositiva 1 - fabiobonoli .it
La matematica al voto Liceo Scientifico “A. Righi” – Cesena 12/04/2013 prof. Fabio Bonoli www.fabiobonoli.it Nel paese di Xlandia si svolsero le elezioni. Gli schieramenti erano solo due: il Partito Degli Agnelli, i cui intenti erano il rilancio dell’occupazione al pascolo con sgravi fiscali per i piccoli ovili e la tutela dei più deboli, ma essendo pecore avevano grandi problemi di apparato dirigente e leadership; il Popolo Dei Lupi, i cui capi sostenevano l'abolizione delle tasse e il federalismo della foresta. Secondo i sondaggi sarebbero andati a votare tutti gli abitanti. Ma il giorno prima delle elezioni, detto anche No PropagandaDay, un giovane matematico uscì di casa e gridò: "Perché andare a votare domani? A che servirà mai? Il mio voto avrà davvero valore, soltanto se si raggiungerà la parità dei voti. Cittadini di Xlandia, dimostrate la vostra intelligenza boicottando le elezioni!!" E così il giovane matematico si ritirò... Il giorno delle elezioni arrivò, ma nessuno si presentò ai seggi. Tutti i cittadini di Xlandia erano stati ammaliati e convinti dalla logica ferrea del giovane matematico, il quale, allo scadere della tornata elettorale sembrò essere abbastanza soddisfatto. Ma si sbagliava: poiché in mancanza di un governo, è difficile mettere d'accordo lupi e agnelli. Vince la maggioranza «Democrazia» è un termine piuttosto generico, che in Grecia significava soltanto «governo del popolo». Esso ha oggi acquistato il significato di «governo della maggioranza». Infatti, in genere, la votazione a maggioranza viene considerata come il mezzo attraverso cui il popolo governa. Sia direttamente, scegliendo fra alternative in un referendum, sia indirettamente, scegliendo fra candidati in una elezione. Che le cose non siano così semplici è dimostrato dal paradosso delle elezioni del 2000 negli Stati Uniti. E’ stato eletto alla presidenza George W. Bush, che aveva ottenuto un numero di voti minore del suo oppositore Al Gore. Il primo problema da affrontare è, dunque, se la riduzione del governo del popolo a governo della maggioranza sia logicamente giustificabile. Nel 1952 l’economista Kenneth May ha dimostrato matematicamente che la votazione a maggioranza è l’unico procedimento di scelta fra due candidati che soddisfi le seguenti condizioni: 1)Libertà di scelta: ciascuno è libero di votare per il candidato che preferisce. 2)Dipendenza dal voto: il risultato di una votazione è determinato unicamente dai voti dati ai candidati. 3)Monotonicità: se un candidato vince in una votazione prendendo un certo numero di voti, vince anche in ogni votazione in cui prenda più voti (a parità di votanti). 4)Anonimato: non ci sono votanti privilegiati. Poiché le assunzioni precedenti sono contenute implicitamente nel concetto di democrazia, il teorema di May dimostra che non ci sono alternative democratiche alla votazione a maggioranza, nel caso di due soli candidati. Il paradosso di Condorcet Per trovare un vero paradosso dobbiamo risalire a Marie Jean Antoine Nicolas de Caritat, meglio noto come marchese di Condorcet (1743-1794). E se le alternative sono più di 2? In presenza di più alternative, un’idea semplice era votarle due a due, e scegliere quella che avesse riportato la maggioranza contro tutte le rimanenti. Condorcet mostrò che, purtroppo, non è detto che una tale alternativa ci sia: la votazione può infatti produrre un ordine sociale circolare. Per illustrare il paradosso, consideriamo un’altra delle elezioni presidenziali statunitensi: quella del 1976. Allora Jimmy Carter vinse su Gerald Ford, che aveva ottenuto la nomination repubblicana vincendo su Ronald Reagan. Ma i sondaggi dicevano che Reagan avrebbe vinto su Carter (come poi successe effettivamente, benché con un diverso elettorato, nel 1980). Una situazione circolare, in cui tre candidati sono in grado di vincere uno sull’altro Il paradosso di Condorcet non lascia scelta. O si votano tutte le alternative una contro l’altra, e allora può ovviamente succedere che nessuna ottenga la maggioranza. Oppure si votano le varie alternative in un certo ordine, e allora la vincitrice dipende dall’ordine scelto. Poiché la votazione a maggioranza su più di due alternative è un sistema largamente applicato in organi locali, nazionali e internazionali, l’interesse del paradosso è evidente. Fra l’altro, esso spiega le cosiddette battaglie procedurali sull’ordine delle votazioni. Quando l’ordine sociale generato dalla votazione per maggioranza diventa circolare? Accade quando ogni alternativa è considerata la peggiore da qualcuno. Questo produce un’incompatibilità fra libertà individuale, che permette a ciascuno di scegliere un qualunque ordine di preferenze, e armonia sociale, che richiede invece una certa uniformità fra gli ordini individuali. Ciò spiega sia l’adeguatezza della votazione a maggioranza nei momenti di stabilità politica, sia la sua impotenza nei momenti di crisi. Nei primi esistono alternative che nessuno considera le peggiori: quelle di centro. Nei secondi la radicalizzazione delle preferenze crea invece le condizioni per il paradosso. Che fare? C’è la votazione a pluralità: si presentano tutte le alternative simultaneamente, ciascun votante ne sceglie una, e vince quella che riceve il maggior numero di voti. Nel 1781 Jean-Charles de Borda (1733-1799) scoprì che pluralità e maggioranza sono fra loro incompatibili. Ad esempio, si considerino quindici votanti, che debbano scegliere rispetto alle alternative A, B e C. Supponiamo che gli ordini di preferenze individuali siano i seguenti: 6 A B C 4 B C A 5 C B A Quando si pongano in votazione le alternative a pluralità, A vince su C per 6 a 5, e C vince su B per 5 a 4. Quando invece si pongano in votazione le alternative a maggioranza, allora B vince su C per 10 a 5, e C vince su A per 9 a 6. I due sistemi di votazione producono dunque ordini sociali contrapposti. Borda non si accorse che la votazione a maggioranza poteva non essere transitiva, anche perché nell’esempio precedente lo è: B vince su A per 9 a 6. Egli individuò invece un problema nel fatto che nella votazione a pluralità si considera soltanto una parte dell’informazione contenuta nei vari ordini di preferenza individuali: precisamente, la prima alternativa. Un possibile rimedio: sistemi di voto pesato, in cui i votanti associano, direttamente od indirettamente, dei pesi numerici alle varie alternative. Ad esempio, si danno n punti alla prima di n alternative, n–1 punti alla seconda, e via scalando. La costruzione dell’ordine sociale si effettua, in questo caso, sommando i pesi delle alternative nei vari ordini individuali. Ma, anche, i sistemi di voto pesato presentano situazioni paradossali. Il risultato dipende dall’assegnazione dei pesi. Consideriamo l’assegnamento canonico 3 A B C 2 B C A A 3*3+2*1=11 B 3*2+2*3=12 C 2*2+3*1=7 A perde su B per 11 a 12. Poiché l’alternativa C non solo è l’ultima in assoluto, con 7 punti, ma non è preferita da nessun votante a B, si potrebbe pensare che la presenza di C sia irrilevante per la vittoria di B. Essa risulta invece determinante. Se infatti l’alternativa C venisse eliminata, allora si rimane con tre votanti che preferiscono A a B e due che preferiscono B ad A. Questa volta, dunque, A vince su B per 8 a 7. 3 A B A 3*2+2*1=8 2 B A B 2*2+3*1=7 Problemi di questo genere hanno reso i sistemi di voto pesato, che in ogni caso sono più complicati di quelli a maggioranza, poco praticabili. Oggi essi sono usati quasi esclusivamente in multicompetizioni sportive, quali il decatlon. In questo caso le alternative sono gli atleti in gara, i votanti le varie competizioni, le preferenze gli ordini di arrivo, e i pesi i punteggi assegnati. Il teorema di Arrow I paradossi di Condorcet e Borda misero in evidenza le difficoltà dei sistemi di votazione , senza peraltro fermare la storia. La democrazia si dimostrò storicamente ineluttabile. L’argomento di Condorcet fu riaffrontato nel 1951 da Kenneth Arrow, un giovane economista, che aveva studiato logica matematica con Alfred Tarski. In altre parole, Arrow si pose il problema se si possa trovare almeno un sistema di votazione che permetta di estendere la transitività dalle preferenze individuali a quelle sociali. Fino ad allora, sia gli idealisti alla Kant che i razionalisti avevano supposto che l’ordine sociale esistesse, e differivano soltanto nel credere che esso fosse, rispettivamente, indipendente o deducibile dagli ordini individuali. Il realista Arrow scoprì invece che entrambi avevano torto, perché l’ordine sociale non esiste. Il teorema di Arrow Più precisamente, egli dimostrò che nessun sistema di votazione che soddisfi le seguenti condizioni preserva la transitività delle preferenze: 1)Libertà di scelta: ogni ordine transitivo di preferenze individuale è accettabile. 2)Dipendenza dal voto: il risultato della votazione è determinato univocamente dai voti dati. 3)Monotonicità: se un’alternativa vince in una votazione, continua a vincere in ogni votazione in cui prenda più voti. 4)Rifiuto della dittatura: non esiste nessuno le cui preferenze individuali dettino il risultato di ogni votazione, indipendentemente dalle preferenze degli altri votanti. Il teorema di Arrow mostra che il teorema di May non si può estendere a più di due alternative. Benché questo risultato sia appunto un teorema, lo si chiama spesso paradosso, in inglese suona bene “Arrow’s paradox “. Il teorema di Arrow sta ora alla base della cosiddetta teoria delle scelte sociali. Nel 1972 Arrow vinse il premio Nobel per l’economia. Il fatto che un teorema di scienze politiche come quello di Arrow, sull’impossibilità di un sistema democratico di votazione, gli abbia fruttato un premio Nobel per l’economia, non deve stupire. Per la sua natura astratta il risultato si applica a qualunque situazione in cui sia necessaria una scelta collettiva fra un insieme limitato di alternative. Ad esempio: di prodotti in un mercato, di politiche aziendali in un consiglio di amministrazione, di rappresentanti in un’assemblea di azionisti... Il teorema di Arrow rende dunque manifesta una difficoltà nel passaggio dalla microeconomia dei soggetti individuali, quali produttori e consumatori, alla macroeconomia dei gruppi, quali i mercati. Quanto alle conseguenze filosofiche del teorema di Arrow, Paul Samuelson, premio Nobel per l’economia nel 1970: «la ricerca della democrazia perfetta da parte delle grandi menti della storia si è rivelata la ricerca di una chimera, di un’autocontraddizione logica». In secondo luogo, Samuelson traccia un parallelo: «La devastante scoperta di Arrow è, per la politica, ciò che il teorema di Gödel è per la matematica». In particolare, entrambi i risultati mostrano limitazioni intrinseche dei rispettivi campi, distruggendo così ingenue illusioni. Il teorema di Arrow ha reso esplicite alcune condizioni minimali del concetto di democrazia e ha dimostrato che non esiste nessun sistema di votazione che le soddisfi contemporaneamente. Ciò spiega la proliferazione delle leggi elettorali nei vari paesi e la disparità di vedute su di esse da parte dei partiti politici. Prima di votare, bisogna infatti distribuire i seggi fra i collegi elettorali sulla base della loro popolazione. E dopo il voto, bisogna distribuire i seggi fra i partiti sulla base dei voti da loro ottenuti. Poiché il numero dei seggi è ovviamente molto inferiore al numero di elettori, la divisione non darà in genere come risultato un numero intero. Per motivi di equità, si dovrebbe applicare un principio di proporzionalità: il numero di seggi assegnato ad un collegio o ad un partito dovrà essere una approssimazione della divisione. Ad esempio, se i seggi da distribuire sono 10 e un collegio ha un terzo della popolazione, i seggi ad esso assegnati dovranno essere 3 o 4. 1. I collegi con più elettori non dovrebbero ricevere meno seggi dei collegi con meno elettori, 2. I partiti con più voti non dovrebbero ricevere meno seggi dei partiti con meno voti. 3. Inoltre, questo dovrebbe valere sia per le situazioni sincroniche relative ad una singola elezione, misurate dalle percentuali, che per le situazioni diacroniche relative ad elezioni in tempi diversi, misurate dai rapporti fra le percentuali. Come ormai possiamo aspettarci, queste condizioni sono difficili da soddisfare. Purtroppo, nel 1982 Michel Balinsky e Peyton Young hanno dimostrato che non esiste nessun metodo di distribuzione dei seggi che soddisfi i princìpi di proporzionalità e di monotonicità. Proporzionale o maggioritario? I teoremi di Arrow e di Balinsky e Young hanno inferto colpi mortali al principio di proporzionalità. Molte democrazie l’hanno abbandonato. Purtroppo, i sistemi maggioritari non stanno meglio di quelli proporzionali. Ad esempio, nel maggioritario secco è possibile che un partito con quasi il 50% dei voti non prenda neppure un seggio, e che ogni seggio vada invece a partiti locali con una minima rappresentanza. Un altro paradosso dei sistemi maggioritari può essere efficacemente illustrato in termini di gelatai. Supponiamo dunque di trovarci su una spiaggia assolata lunga 1 Km colma di bagnanti accaldati e che arrivino due gelatai a vendere i loro prodotti. Per i bagnanti, la loro collocazione più sensata sarebbe che entrambi si ponessero a 250 m dagli estremi della spiaggia, cioè a 1/4 e a 3/4. In tal modo, infatti, nessun bagnante dovrebbe fare più di 250 m per raggiungere il più vicino dei gelatai. Ma i gelatai ragionano diversamente: a loro conviene porsi il più possibile vicini fra loro per contendersi i bagnanti della zona intermedia, visto che quelli agli estremi andranno in ogni caso a comprare il gelato dal più vicino. Il che è ciò che spesso accade per i candidati o i poli dei sistemi maggioritari, che finiscono per risultare indistinguibili nei loro programmi politici. Il paradosso sta, ovviamente, nel fatto che allora non ha senso scomodarsi a scegliere fra 2 candidati che propongono lo stesso programma. Un sistema elettorale è un insieme di norme che regolano la competizione elettorale tra candidati e tra partiti e regolano il passaggio dai voti ai seggi. I sistemi elettorali non sono mai “neutri” Al contrario, “i sistemi elettorali sono lo strumento più manipolativo della politica” (Sartori) a causa •dei loro effetti sul sistema dei partiti •dei limiti e degli incentivi che offrono ai candidati, ai partiti e agli elettori I sistemi maggioritari Vincono i candidati o i partiti che ottengono il maggior numero di voti • Maggioranza relativa • Maggioranza assoluta Ve ne sono 8 tipi: Maggioritario uninominale a turno unico Voto alternativo Conteggio di Borda Sistemi maggioritari a doppio turno Voto singolo non trasferibile Voto di blocco Voto di blocco di partito Voto supplementare Maggioritario uninominale a turno unico • Sistema a maggioranza relativa (plurality) in collegi uninominali • Gli elettori possono votare per un solo candidato all’interno di un collegio uninominale. Viene eletto il candidato che ottiene il maggior numero di voti • Usato in UK, USA, Canada, India, Nigeria, Zambia, ecc. Vantaggi e svantaggi: •Semplice •Rapporto diretto eletto – elettori •Sproporzionalità (divario tra la proporzione dei voti e la proporzione dei seggi ottenuti dai partiti) •Sfavorisce i piccoli partiti (minoranze sotto-rappresentate, salvo quando geograficamente concentrate) •Può accadere che vinca più seggi il partito che in realtà ha meno voti (è quindi importante non solo quanti voti si ottengono, ma anche dove si ottengono) Voto alternativo • Sistema a maggioranza assoluta in collegi uninominali • Gli elettori classificano uno o più candidati o partiti in ordine di preferenza (voto ordinale). Viene eletto il candidato che ottiene la maggioranza assoluta delle prime preferenze. Se nessuno la ottiene, il candidato con il minor numero di prime preferenze viene eliminato e le sue schede vengono ridistribuite secondo le successive preferenze. Il processo viene ripetuto finché un candidato non ottiene la maggioranza assoluta. • Usato in Australia, Fiji, Irlanda (presidenziali) Vantaggi e svantaggi: •Rapporto diretto eletto- elettori •Gli elettori possono manifestare interamente le loro preferenze (meno incentivi a votare strategicamente) •Complicato Conteggio di Borda • Sistema a maggioranza assoluta in collegi uninominali o plurinominali • Gli elettori classificano tutti i candidati o i partiti in ordine di preferenza (voto ordinale) • Vince il candidato con il maggior “punteggio” Vantaggi e svantaggi: •Favorisce i candidati che godono di un vasto consenso •Incoraggia la ricerca del consenso e favorisce i candidati moderati •Incoraggia il voto strategico Doppio turno a maggioranza assoluta • Sistema a maggioranza assoluta in collegi uninominali (può venire usato in collegi plurinominali: in questo caso si vota per il partito ed il partito che vince prende tutti i seggi a disposizione) • Gli elettori dispongono di un singolo voto • Al primo turno viene eletto il candidato che ottiene la maggioranza assoluta; se nessuno la ottiene, i due candidati più votati vanno al secondo turno (ballottaggio) e vince quello che ottiene più voti (che, quindi, coincidono con la maggioranza assoluta dei voti validi) • Usato in Francia (presidenziali) Doppio turno a maggioranza relativa • Sistema a maggioranza relativa in collegi uninominali • Gli elettori dispongono di un singolo voto • Al primo turno viene eletto il candidato che ottiene la maggioranza assoluta; se nessuno la ottiene, tutti i candidati che superano una certa soglia vanno al secondo turno e vince quello che ottiene più voti (che, quindi, non coincide necessariamente con la maggioranza assoluta dei voti validi) • Usato in Francia (parlamentari) Vantaggi e svantaggi: •Permette all’elettore di votare in maniera sincera al primo turno ed in maniera strategica al secondo •È costoso organizzare due turni •Sproporzionalità Voto singolo non trasferibile • Sistema a maggioranza relativa in collegi plurinominali • Ogni partito presenta una lista di candidati e gli elettori ne votano uno • Vengono eletti i candidati che ottengono il maggior numero di voti • Usato in Giappone dal 1948 al 1993 Vantaggi e svantaggi •Genera risultati più proporzionali •Penalizza meno le minoranze ed i partiti piccoli •Non incentiva la moderazione e gli accordi coalizionali •Incentiva il voto strategico •I partiti devono fare attenzione a non disperdere i loro voti presentando troppi candidati Voto di blocco • Sistema a maggioranza relativa in collegi plurinominali • Gli elettori hanno a disposizione tanti voti quanti sono i seggi da assegnare • Ogni partito presenta una lista di candidati e gli elettori ne votano tanti quanti sono i seggi da assegnare (possono votare anche candidati di partiti diversi) • Vengono eletti i candidati che ottengono il maggior numero di voti • Usato in Kuwait, Laos, Libano, Siria, ecc. Svantaggio: se gli elettori concentrano i voti sui candidati dello stesso partito, può causare risultati fortemente disproporzionali Voto di blocco di partito • Sistema a maggioranza relativa in collegi plurinominali • Gli elettori hanno a disposizione un solo voto da attribuire ad una lista di partito • Il partito che ottiene il maggior numero di voti conquista tutti i seggi • Usato in Camerun, Chad, Singapore, Gibuti, ecc. [collegio elettorale presidenziale USA] Svantaggio: tende a produrre risultati altamente disproporzionali Voto supplementare • Sistema a maggioranza assoluta in collegi uninominali • Gli elettori devono classificare minimo un candidato e massimo due in ordine di preferenza • Viene eletto subito il candidato che ottiene la maggioranza assoluta delle prime scelte • Se nessuno la ottiene, vengono eliminati tutti i candidati tranne i due più votati • I voti di seconda scelta dei candidati eliminati vengono poi attribuiti ai due rimasti in gioco. • Vince il candidato che ottiene più voti • Usato in Sri Lanka (presidenziali, ma con tre referenze),per il sindaco di Londra, ecc. I sistemi proporzionali Lo scopo è ottenere una proporzionalità tra voti e seggi in collegi plurinominali. V votanti S seggi da attribuire x1 , x 2 ,..., xn partiti S(x 1 ) S ( x 2 ) ... S ( xn ) S V(x 1 ) V ( x 2 ) ... V ( xn ) V semplifichiamo, non consideran do schede nulle o bianche V S in una democrazia rappresentativa S(x i ) V ( x i ) S V S (x i ) V (x i ) S / V M a S/V non è intero ed è molto piccolo, quindi S ( x i ) non è intero. I sistemi proporzionali Come attribuire i seggi? ◦ Utilizzando calcoli che prevedono quote o divisori Due tipi principali: ◦ Rappresentanza proporzionale di lista ◦ Voto singolo trasferibile Vantaggi e Svantaggi: •Generano risultati proporzionali •Meno incentivi a votare strategicamente •Spesso i partiti piccoli hanno forte potere di ricatto •Legame debole tra elettori ed eletti I sistemi proporzionali di lista • Ogni partito presenta una lista di candidati in ciascun collegio plurinominale ed ottiene un numero di seggi in proporzione alla sua percentuale complessiva di voti; •I seggi vengono poi distribuiti tra i candidati della lista secondo differenti criteri: ◦ formula per la distribuzione dei seggi (quote o divisori) ◦ dimensione collegio ◦ soglie elettorali ◦ tipo di lista (chiusa o aperta) Ampiezza del collegio e soglie elettorali • L’ampiezza del collegio (M) è il numero di rappresentanti eletti in un collegio • Tutti i sistemi proporzionali utilizzano collegi plurinominali, ma la dimensione media varia (in Cile ampiezza media di un collegio è M = 2, nei Paesi Bassi e Slovacchia: collegio nazionale unico con M = 150) • L’ampiezza del collegio è la variabile chiave che determina la proporzionalità di un sistema elettorale: tanto maggiore è l’ampiezza del collegio, tanto maggiore è il grado di proporzionalità • La soglia elettorale è la percentuale minima di voti che un partito deve ottenere per vincere un seggio • Il valore della soglia ha un effetto rilevante sulla proporzionalità del sistema elettorale: quando la soglia elettorale è alta, la proporzionalità del sistema elettorale è bassa (ma dipende da M) Tipi di lista • Quali candidati nella lista ottengono i seggi vinti dal partito? Dipende dal tipo di lista: •Lista chiusa (o bloccata): l'ordine dei candidati eletti è determinato dal partito e gli elettori non possono esprimere una preferenza per un particolare candidato. I seggi sono assegnati secondo l’ordine della lista di partito •Lista aperta: gli elettori possono indicare non solo il loro partito preferito, ma anche il loro candidato (o candidati) favorito all’interno di quel partito. I seggi sono assegnati ai candidati del partito che ottengono il maggior numero di preferenze •Lista libera: gli elettori esprimono più voti per candidati di una singola lista di partito o di liste di partito diverse. I seggi sono assegnati a ciascun partito in proporzione al numero totale di voti, e poi attribuiti ai candidati che ottengono il maggior numero di voti Gli elettori hanno grande liberta di scelta Formule elettorali: quote e divisori Ogni sistema proporzionale necessita di criteri per determinare il numero di seggi da assegnare a ciascun partito Tali criteri possono essere di due tipi: ◦ Quote (o quozienti): il quoziente indica il numero di voti che garantisce un seggio ad un partito in un determinato collegio elettorale ◦ Divisori: si divide il numero totale di voti ottenuti da ciascun partito in un collegio per una serie di numeri (divisori) al fine di ottenere dei quozienti; i seggi sono assegnati ai partiti che hanno i quozienti più elevati Formule elettorali: quote Quozienti (in ordine di maggiore proporzionalità): 1. Hare voti validi / M (Italia C&S 2006, Germania, Brasile) 2. Droop voti validi / M+1 (Slovacchia, Lussemburgo) Come funziona? • si calcola la quota • si divide il numero di voti di ciascun partito per la quota • la parte intera della divisione rappresenta i seggi che spettano ad ogni partito • i seggi rimanenti vengono assegnati ai partiti coi resti più elevati) Hare minimum S ( x i ) V ( x i ) S / V Hare maximum S ( x i ) int(V ( x i ) S / V ) 1 S 1 ) V La condizione Droop min è più stretta della Hare min. La legge elettorale proporzionale corretta soddisfa Droop min e la Hare max. Droop minimum S ( x i ) int(V ( x i ) Formule elettorali: divisori Divisori (in ordine di maggiore proporzionalità): Sainte Laguë 1, 3, 5, 7, 9 ... (Lettonia) Sainte Laguë modificata 1.4, 3, 5, 7, 9 ... (Norvegia 1953-88, Svezia 1952-69) d’Hondt 1, 2, 3, 4 ... (Finlandia, Spagna, Bulgaria, Capo Verde, Paesi Bassi, Italia Senato 1948-92, Italia Camera 1994-2001) Come funziona? • si divide il numero di voti di ciascun partito per i numeri suddetti • i seggi sono assegnati ai partiti che ottengono, dalla divisione, le cifre maggiori • Non vi sono mai seggi residui Voto singolo trasferibile • Sistema proporzionale con voto di preferenza ordinale senza liste di partito in collegi plurinominali • Gli elettori devono classificare uno o piu candidati in ordine di preferenza • I candidati che superano una determinata quota (spesso Droop o Hare) di voti come prima scelta vengono eletti immediatamente • Se un numero di candidati inferiore ai seggi del collegio ha raggiunto la quota necessaria ad essere eletto direttamente, allora si elimina il candidato che ha ottenuto il minor numero di prime scelte ed i suoi voti, insieme a quelli ottenuti in eccedenza dai candidati già eletti, vengono ridistribuiti secondo le preferenze successive ai candidati rimanenti finché non si assegnano tutti i seggi • Usato in Australia (senato), Irlanda e Malta I sistemi misti • Gli elettori eleggono i loro rappresentanti attraverso due sistemi diversi, uno maggioritario e uno proporzionale. • Due tipi di sistemi misti: ◦ Indipendenti: l’applicazione di una formula elettorale non dipende dal risultato prodotto dall’altra. Es.: Giappone e Russia (225 deputati con plurality uninominale e 225 con proporzionale di lista in collegio plurinominale nazionale) ◦ Dipendenti: l’applicazione della formula proporzionale dipende dalla distribuzione dei seggi o dei voti prodotta dalla formula maggioritaria; la componente proporzionale compensa la disproporzionalità generata dalla componente maggioritaria. Es. Germania e Nuova Zelanda Bundestag tedesco • Ogni elettore ha due voti: uno per il candidato nella parte maggioritaria, l’altro per il partito nella parte proporzionale • Tutti i partiti che abbiano raggiunto almeno il 5% dei voti (proporzionali) o che abbiano vinto almeno in 3 collegi uninominali sono ammessi al riparto proporzionale • La metà dei seggi (299 su 598) sono assegnati nei collegi uninominali, l’altra metà con sistema proporzionale Hare in collegi plurinominali a livello di Länder • Il risultato è completamente proporzionale perché ad ogni partito sono attribuiti tanti seggi quanti gli spetterebbero con i voti (proporzionali) che ha ottenuto: tutti i candidati “uninominali” vengono eletti, poi gli altri secondo l’ordine in lista fino al numero di seggi che spettano ad ogni partito in ogni Länder Presidenziali USA • Gli elettori hanno a disposizione un solo voto • In ogni Stato, vince il candidato che ottiene la maggioranza relativa dei voti • In ogni Stato, chi vince ottiene tutti i grandi elettori di quello Stato (= n. deputati + 2 senatori) • A livello federale, vince chi ottiene la maggioranza assoluta dei grandi elettori Francia • Doppio turno con ballottaggio per l’elezione del Presidente • Doppio turno con soglia di sbarramento al 12,5% degli aventi diritto per l’Assemblea Nazionale Spagna • 350 seggi in 52 circoscrizioni • Circoscrizioni piccole (da 1 a 30 seggi, media 7) • Proporzionale d’Hondt con liste bloccate • Soglia del 3% a livello di circoscrizione Italia 1994-2001 Camera dei Deputati (630 seggi) ◦ 475 seggi (75%) con maggioritario uninominale a turno unico ◦ 155 seggi (25%) con PR circoscrizionale (quoziente di Hare e resti piu alti) 26 circoscrizioni due schede separate liste chiuse soglia di sbarramento 4% nazionale scorporo parziale dei voti degli eletti con l’uninominale Senato (315 seggi) ◦ 232 seggi (75%) con maggioritario uninominale a turno unico ◦ 83 seggi (25%) con PR regionale (metodo d'Hondt): tutti i voti che non sono serviti per eleggere un candidato (quindi tutti i voti, tranne quelli del candidato vincitore all’uninominale) sono sommati su base regionale, partito per partito (quindi i candidati devono essere tra loro collegati) -> ripartizione proporzionale su base regionale: ‘cifra elettorale’ di un partito pari alla somma dei voti all’uninominale nella regione ma scorporo completo dei voti degli eletti con l’uninominale -> una scheda sola, senza liste/voto differenziato: eletti i migliori candidati perdenti all’uninominale per ciascun partito Italia 2006-? Camera dei Deputati (630 seggi) ◦ PR con liste bloccate: “quoziente naturale” (Hare) e piu alti resti 617 seggi in 26 circoscrizioni plurinominali (3 < M < 44) 1 seggio in Valle d’Aosta (M = 1) 12 deputati eletti con liste aperte in una Circoscrizione Estero ripartita in: Europa (6 seggi), America meridionale (3), America settentrionale e centrale (2), Africa, Asia, Oceania e Antartide (1) ◦ premio di maggioranza: 340 [55%] seggi (277 alle opposizioni) ◦ soglie di sbarramento: 10% per le coalizioni purché almeno una delle sue liste superi il 2%, e 4% per le liste non coalizzate, salvo liste di minoranze linguistiche Italia 2006-? Senato della Repubblica (315 seggi) ◦ base regionale per: circoscrizioni, soglie, premio di coalizione e attribuzione seggi ◦ PR con liste bloccate: “quoziente naturale” (Hare) e piu alti resti 302 seggi in 20 circoscrizioni plurinominali (2 Molise < M < 47 Lombardia) 7 seggi in collegi uninominali (M=1: uno in Valle d’Aosta + sei in Trentino) 6 senatori eletti con liste aperte in Circoscrizione Estero ripartita in: Europa (2 seggi), America meridionale (2), America settentrionale e centrale (1), Africa, Asia, Oceania e Antartide (1) ◦ premio di maggioranza: 55% dei seggi in ciascuna regione ◦ soglie di sbarramento regionali per: 20% per le coalizioni, 3% per le liste di coalizioni e 8% per le liste non coalizzate (o coalizzate in coalizioni che non abbiano ottenuto il 20%) Esistono metodi statistici in grado di rivelare irregolarità nelle votazioni politiche? L'idea di fondo è che quando una base di dati numerici viene manipolata, perde alcune sue caratteristiche che invece sono ricorrenti in basi di dati raccolte “naturalmente”. Un esempio di ciò è la recente riscoperta della legge di Benford come potenziale strumento di rivelazione delle frodi. Nella sua formulazione originale, la legge di Benford o legge della prima cifra, stabilisce che i dati numerici ricavati da molte, ma non da tutte, situazioni reali hanno una distribuzione della prima cifra ben definita. Da una ventina di anni circa si è riusciti a estendere la legge di Benford per cercare di capire quando la distribuzione della prima cifra si discosta da quella “naturale” per effetto di una manomissione, come nel caso delle frodi alle assicurazioni, le fase dichiarazioni dei redditi o ancora i risultati delle elezioni. Tuttavia, la validità di questa legge come metodo per scoprire frodi elettorali è stato messa in dubbio. Quattro ricercatori dell’Università di Vienna hanno pubblicato su arxiv.org (l’archivio ad accesso libero di articoli accademici di fisica e matematica) un test statistico che permette di scoprire le tracce delle manipolazioni elettorali. Spiccano invece i dati di Russia e Uganda, che mostrano una curiosa “nuvola” di collegi che mostrano contemporaneamente un’altissima affluenza alle urne e un’altissima percentuale di voti per il partito vincente – inclusa una non trascurabile concentrazione di collegi che registra sia il 100% di affluenza alle urne che il 100% di voti per il partito di maggioranza. Chiaramente collegi molto sospetti. I ricercatori hanno allora costruito un modello matematico che tiene conto di tre tipi possibili di collegio elettorale: quelli dove tutto avviene correttamente, quelli dove nelle urne alcuni voti sono rimpiazzati con voti per il partito vincente, ma senza alterare il numero delle schede (frode incrementale) e quelli dove invece viene riportato senza mezzi termini un 100% di votanti unanimi per il partito risultato vincente (frode assoluta). In questo modo sono riusciti a stimare quantitativamente i brogli per ciascuna elezione. Le elezioni svizzere, austriache, finlandesi, inglesi, statunitensi e spagnole, nonostante le differenti impronte digitali e le spesso forti differenze di orientamento politico tra le varie località, possono tutte essere spiegate limpidamente da un modello in cui pressoché tutti i collegi sono onesti. E in Russia? Lì il modello stima che nel 2011 circa il 64% dei collegi ha subito una sostituzione di schede, e il 5% una frode assoluta. Per le presidenziali del 2011 in Uganda i dati sono quasi altrettanto gravi: 45% di urne parzialmente falsificate, e 1% di frodi assolute. Gli autori dello studio hanno analizzato anche le precedenti elezioni in Russia, mostrando che anch’esse erano ampiamente truccate (ma molto meno che nel 2011): 32% complessivo di collegi fraudolenti nel 2003 e 34% nel 2007. Anche i dati delle famose elezioni presidenziali del 2000 in Florida, dove c’erano state parecchie accuse di brogli a favore di George W. Bush, sono stati analizzati, ma in questo caso dai dati non risulta nessuna traccia ovvia di inquinamento elettorale. È una prova conclusiva? No. Alcuni casi risultati apparentemente fraudolenti potrebbero derivare da pochi collegi con popolazioni particolari: per esempio località abitate quasi esclusivamente da militari. Il team di Klimek ammette che il metodo non permette una dimostrazione inconfutabile, ma aggiunge: “Quei numeri richiedono comunque una spiegazione – e abbiamo dimostrato che niente li spiega meglio dell’ipotesi dei brogli”. Bibliografia P. Odifreddi C’era una volta il paradosso Einaudi M. Regalia Elezioni e sistemi elettorali Mc.Graw&Hill, 2011 A. Bernardo, M. Pedone La matematica delle elezioni matematicamente.it arxiv.org(l’archivio ad accesso libero di articoli accademici di fisica e matematica)