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Angoli orientati e radianti, verso una nuova

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Angoli orientati e radianti, verso una nuova
 Prof.ssa Garagnani Elisa -­‐ ISIS Archimede Passo 1: Orientiamo gli angoli Ricordiamo la vecchia definizione statica di angolo: L'angolo è ciascuna delle due parti in cui un piano viene diviso da due semirette giacenti in esso e aventi la stessa origine. L'origine si chiama vertice e le due semirette lati dell'angolo. Questa definizione non è adatta per descrivere tutte le situazioni. Per esempio, nell’avvitare una vite si descrive un angolo (in senso orario) che può essere maggiore di un angolo giro, mentre per svitare occorre ruotare in senso antiorario. Ѐ più utili, quindi, collegare il concetto di angolo con quello di rotazione, cioè al movimento che porta uno dei lati dell’angolo a sovrapporsi all’altro. In vista delle nuove nozioni, quindi, d’ora in avanti sarà utile osservare un angolo da un nuovo punto di vista, non statico, ma appunto dinamico: sarà utile ripensare un angolo come descritto dalla rotazione di un suo lato intorno al vertice. Un angolo può essere quindi orientato, cioè si può stabilire, convenzionalmente, un ordine tra i due lati, ovvero quale dei due lati sia il primo e quale il secondo; fatto questo, risulta individuato anche un “verso di percorrenza” dal primo al secondo lato, che può essere orario o antiorario. In matematica si considerano positivi gli angoli orientati in verso antiorario, negativi quelli in verso orario. Nella figura seguente vediamo due esempi di angoli orientati, quello a sinistra positivamente, mentre quello a destra negativamente. Osserva anche i seguenti esempi: 1 2 Introduzione alle funzioni goniometriche Sarà poi utili disporre gli angoli su un piano cartesiano: in matematica si usa la convenzione di rappresentare un angolo ponendo il vertice nell’origine e il primo lato sul semiasse positivo delle ascisse. Un angolo viene allora detto in posizione normale quando è riferito ad un sistema di assi cartesiani ortogonali rispetto al quale il vertice coincide con l’origine degli assi e il primo lato coincide con il semiasse delle ascisse positive, come illustrato in figura. Tenendo conto di ciò e delle convenzioni sull’orientazione, in figura vediamo come si rappresentano un angolo positivo di 45° uno (negativo) di −60°. Vediamo ora come sia possibile introdurre angoli maggiori di un angolo giro. Fissiamo l’attenzione su un angolo (orientato) in cui il primo lato è la semiretta a e il secondo lato è la semiretta b, descritto dalla rotazione in senso antiorario della semiretta a. Sia α la misura in gradi dell’angolo. Se supponiamo che la semiretta a, nella sua rotazione in senso antiorario, non si fermi la prima volta che raggiunge b ma percorra un giro completa fino a ritornare nuovamente in b, si genera ancora un angolo in cui il primo lato è a e il secondo lato è b, ma a questo nuovo angolo dovremo assegnare una misura che tenga conto del giro in più fatto. Ѐ naturale assegnare a tale angolo la misura (in gradi) di α + 360°, dove il segno positivo tiene conto del fatto che il giro in più è stato effettuato in senso antiorario. Se la semiretta a ruotasse invece in senso orario fino a raggiungere b, allora verrebbe descritto un angolo la cui misura (in gradi) sarebbe α — 360°, infatti la misura assoluta dell’angolo sarebbe 360° — α, mentre la misura relativa ne è l’opposto perché la rotazione è avvenuta questa volta in senso orario, cioè nel verso che convenzionalmente è stato scelto come negativo. Prof.ssa Garagnani Elisa – ISIS Archimede Più in generale, se la semiretta a ruota in senso antiorario fino a sovrapporsi alla semiretta b, in funzione del numero di giri effettuati otterremo angoli le cui misure in gradi sono, ordinatamente: α , α + 360°, α + 2·∙ 360°, α + 3·∙ 360°, α + 4·∙ 360°, … Se, invece, la semiretta a ruota in senso orario fino a sovrapporsi alla semiretta b, in funzione del numero di giri effettuati otterremo angoli le cui misure in gradi sono, ordinatamente: α , α — 360°, α — 2·∙ 360°, α — 3·∙ 360°, α — 4·∙ 360°, … Gli infiniti angoli che così si ottengono possono dunque essere rappresentati in forma sintetica con la scrittura: 𝛼 + 𝑘 · 360° al variare di 𝑘 ∈ ℤ Attenzione. D’ora in poi, affinché due angoli orientati siano uguali è necessario che le rotazioni che li hanno generati siano concordi nella direzione e abbiano uguale ampiezza. Esempi. Nelle seguenti figure puoi osservare alcune misure di angoli orientati, posti in posizione normale (ricorda che il primo lato è sempre quello sull’asse x). L’interpretazione dinamica di un angolo come descritto dalla rotazione di una semiretta intorno al suo vertice apre, quindi, alcuni nuovi scenari: 1. Da una parte pone il problema di precisare il concetto di misura di un angolo in modo da ottenere conto del verso della rotazione e porta così a introdurre il concetto di misura relativa (cioè con segno) di un angolo. 2. Dall’altra parte apre la possibilità di estendere il concetto stesso di angolo considerando angoli maggiori di un angolo giro. 3 4 Introduzione alle funzioni goniometriche Passo 2: Un nuovo modo di misurare gli angoli. I radianti. Gli angoli piani si possono misurare in gradi sessagesimali, antica modalità che ereditiamo, pare, dai Babilonesi. La ragione, infatti, della divisione in 360 parti dell'angolo giro è riconducibile all'uso astronomico che i Babilonesi facevano di questa misura: dato che il sole compie un giro completo sulla volta celeste nell'arco di un anno (a quel tempo stimato di circa 360 giorni), un grado corrisponde all’incirca allo spostamento del sole sull'eclittica in un giorno. Un grado sessagesimale (indicato con il simbolo ° posto dopo il numero e denotato sulle calcolatrici con DEG è la 360a parte dell’angolo giro. Suoi sottomultipli sono i primi e i secondi: un primo è la sessantesima parte di un grado, e un secondo è la sessantesima parte di un primo, cioè la 3600a parte di un grado. In tale sistema, per noi abituale, l’angolo piatto misura 180°, l’angolo retto 90° e, naturalmente, l’angolo giro misura 360°. L’angolo interno di un triangolo equilatero misura 60°; l’angolo al centro di una circonferenza che insiste sul lato di un pentagono regolare in essa inscritto è di 72°… Per quanto riguarda le frazioni di grado, esse possono essere determinate in due modi distinti: Primi e secondi: Si tratta di un sistema sessagesimale: 13° 25’ 45” Frazioni decimali: 13,84583° Infatti: 25
45
49 845
13° 25’ 45” = 13 +
+
°=
° = 13,84583° 60 3600
3600
Nella pratica comune, il secondo modo è diventato più frequente. Le calcolatrici e la maggior parte dei software di calcolo usano questa seconda rappresentazione. La base 60 non facilita i calcoli per le misure non intere, perché contrasta la nostra abitudine a suddividere in decimi e centesimi o in multipli di 10; perciò è in uso anche un sistema di misura degli angoli in gradi centesimali: un grado a
centesimale (indicato con GRAD sulle calcolatrici) è la 400 parte dell’angolo giro, e i suoi sottomultipli sono misurati in decimi e centesimi. L’angolo retto misura perciò 100 gradi centesimali, l’angolo piatto 200. Esiste tuttavia un altro modo di misurare gli angoli molto più naturale non appena se ne siano comprese le motivazioni di origine geometrica e fisica. In matematica viene, infatti, usata più abitualmente la misura lineare degli angoli, che ha come unità di misura il radiante (RAD sulle calcolatrici). Tale modalità di misurazione si fonda sulla corrispondenza biunivoca che sussiste tra gli angoli al centro di una circonferenza prefissata e gli archi corrispondenti, corrispondenza che consente di trasferire il problema della misura dall’angolo all’arco che gli corrisponde in una circonferenza avente centro nel suo vertice. L'ampiezza di un angolo orientato è, infatti, strettamente connessa alla lunghezza dell'arco che i suoi lati staccano sulle circonferenze aventi centro nel vertice dell'angolo stesso. Queste lunghezze dipendono Prof.ssa Garagnani Elisa – ISIS Archimede dall’ampiezza dell’angolo considerato e dal raggio della circonferenza considerata. Vediamo i dettagli di tale dipendenza. Consideriamo una circonferenza di raggio r e su di essa un arco s che sottende un angolo di α° (ovviamente l'angolo è ancora misurato in gradi!). Ci chiediamo ora: quant'è lungo l'arco s? Sicuramente sappiamo rispondere per angoli particolari: Ø
Ø
Ad un angolo al centro nullo, di ampiezza 0°, corrisponde un arco nullo (di lunghezza 0); In una circonferenza di raggio r, all’angolo giro (di ampiezza 360°) corrisponde come arco l’intera circonferenza (di lunghezza 2πr). In generale sappiamo, per un noto risultato della geometria euclidea, che: In una circonferenza di raggio r fissato, le lunghezze degli archi sono direttamente proporzionali alle ampiezze degli angoli al centro corrispondenti. In particolare, vale la proporzione: 𝑙 ∶ 𝛼° = 2𝜋𝑟 ∶ 360°. nella quale l indica la lunghezza dell’arco s corrispondente di 𝛼 e è la lunghezza della circonferenza stessa, cioè ne segue che la lunghezza di un arco corrispondente ad una angolo di ampiezza 𝛼° vale: 𝑙=
2𝜋
∙ 𝛼° ∙ 𝑟 360
𝑙=
𝜋
∙ 𝛼° ∙ 𝑟 180
equivalentemente: Determinare, in una circonferenza di raggio r, le lunghezze degli archi corrispondenti agli angoli di ampiezza 30°, 60°, 90° e 180°. Per quanto visto, la lunghezza dell’arco corrispondente a 30° è 𝑙=
𝜋
𝜋
𝜋
∙ 𝛼° ∙ 𝑟 =
∙ 30 ∙ 𝑟 = 𝑟 . 180
180
6
La lunghezza dell’arco corrispondente a 60° è 𝑙=
𝜋 ∙ 60
𝜋
∙ 𝑟 = 𝑟 . 180
3
Le lunghezze degli archi si possono anche determinare direttamente pensando a quale parte dell’angolo giro (e quindi della circonferenza) si sta considerando. Ad esempio, poiché l’angolo di ampiezza 90° è la quarta parte dell’angolo giro, l’arco corrispondente sarà la quarta parte dell’intera circonferenza: 𝑙=
2𝜋𝑟 𝜋
= 𝑟 . 4
2
!
Infine l’angolo piatto corrisponde alla semicirconferenza, di lunghezza 𝑙 = 𝑟 . !
5 6 Introduzione alle funzioni goniometriche In realtà la relazione trovata: 𝑙=
𝜋
∙ 𝛼° ∙ 𝑟 180
esprime un altro fatto notevole: se invece del raggio della circonferenza fissiamo l’ampiezza dell’angolo al centro e consideriamo ora due circonferenze concentriche Γ e Γ’ di raggi r e r’, la lunghezza dell’arco è direttamente proporzionale al raggio. Cioè, in corrispondenza del medesimo angolo al centro 𝛼 avremo l’arco AB di lunghezza l su Γ e l’arco A’B’ di lunghezza l’ su Γ’, e sono valide le due seguenti relazioni: 𝑙=
𝜋
∙ 𝛼° ∙ 𝑟 180
𝑙′ =
𝜋
∙ 𝛼° ∙ 𝑟′ 180
Possiamo anche scrivere 𝑙
𝜋
=
∙ 𝛼° 𝑟 180
𝑙′
𝜋
=
∙ 𝛼° 𝑟′ 180
Otteniamo così la relazione che ci interessa: 𝑙
𝑙′
= = costante = 𝛼(radianti) 𝑟 𝑟′
Tale rapporto non dipende, quindi, dalla particolare circonferenza, ma solo dall’angolo al centro considerato: può quindi essere utilizzato come criterio per la misura degli angoli. L’ampiezza di un angolo espressa in radianti si calcola dividendo la lunghezza dell’arco corrispondente per il raggio: lunghezza dell' arco corrispondente
ampiezza di un angolo (in radianti) =
𝑟
Prof.ssa Garagnani Elisa – ISIS Archimede Qual è il rapporto 𝑙 𝑟 determinato dagli angoli di ampiezza 30°, 60°, 90° e 180°. Per quanto visto in precedenza, per 30° si ottiene il rapporto 𝜋
𝑙 6 𝑟 𝜋
=
= , 𝑟
𝑟
6
e questo valore, come ci aspettavamo, non dipende più dal particolare raggio r della circonferenza. !
!
!
!
!
!
!
!
Per 60° si ottiene il rapporto = . Per 90° si ottiene il rapporto = . !
Per 180° si ottiene il rapporto = 𝜋. !
!
Se un arco ha lunghezza uguale al raggio della circonferenza, il rapporto è uguale a 1. Viene chiamata !
radiante l’ampiezza dell’angolo corrispondente a tale arco. Per quanto abbiamo detto, tale ampiezza è la stessa qualunque sia la circonferenza considerata. Ѐ il radiante la nuova unità di misura degli angoli. DEFINIZIONE. Si chiama radiante l’ampiezza dell’angolo al centro corrispondente ad un arco di lunghezza uguale al raggio della sua circonferenza. In particolare, considerando la circonferenza di raggio unitario: 7 8 Introduzione alle funzioni goniometriche Ad esempio, l’angolo piatto misura π radianti. A partire dalla misura in radianti dell’angolo piatto e considerando quale frazione dell’angolo piatto è l’angolo in esame, si ricava la corrispondenza gradi-­‐
radianti per gli angoli di uso più frequente. Ad esempio, poiché 120° rappresenta i 2/3 di un angolo piatto, !
la sua misura in radianti è 𝜋. !
Quali sono i vantaggi di adottare il radiante come unità di misura? o
A prima vista un radiante è un angolo strano. Esso però consente di avere formule trigonometriche molto più semplici di quelle che si avrebbero adottando come unità di misura per gli angoli i gradi sessagesimali o altre unità. Un primo esempio:
Abbiamo visto che considerando gli angoli misurati in gradi sessagesimali, la misura dell’arco corrispondente su una circonferenza di raggio r, è 𝑙=
𝜋
∙ 𝛼° ∙ 𝑟 180
Con la definizione di radiante data risulta, invece, che, per le circonferenze di raggio unitario, il numero che esprime l'angolo al centro in radianti esprime, nello stesso tempo, anche la lunghezza dell'arco che tale angolo al centro sottende. Per circonferenze di raggio r qualsiasi, vale più in generale: 𝑙 = 𝛼!"# ∙ 𝑟 Vi vedo, quindi, già apprezzare il fatto che misurare gli angoli in radianti rende molto più semplice la costante di proporzionalità tra lunghezza d'arco e raggio della circonferenza! A partire da ciò incontreremo diverse formule di un’elegante semplicità, purché gli angoli siano 𝑠𝑒𝑛 𝑥
misurati in radianti (l’anno prossimo vedremo che lim𝑥→0
= 1 e da ciò seguirà che la derivata della funzione seno è semplicemente il coseno …) o
𝑥
Un altro aspetto importante è che la misura in radianti di un angolo è un numero puro, ossia è adimensionale, dato che esprime il rapporto fra due lunghezze. Questo spiega anche il perché del
fatto che quando un angolo è dato in radianti generalmente non si indica "l'unità di misura" (cioè non
si mette un simbolo come °). A volte si usa l'abbreviazione rad (ad esempio 60° è π/3 rad, quindi
circa 1.0472 rad), ma, per quanto detto, questo non è necessario.
Inoltre disporre di una misura angolare adimensionale rende fattibili le operazioni algebriche alle
quali siamo abituati. Se infatti un angolo x fosse espresso in gradi, il termine x non potrebbe essere
2
3
aggiunto al termine x o x perché non sarebbero omogenei! … questo è il motivo per cui le funzioni
goniometriche sono sviluppabili coi polinomi di Taylor solo se gli angoli si considerano in radianti! …
cosa sono i polinomi di Taylor? ... non preoccupatevi … diamo tempo al tempo …
In conclusione l’introduzione del radiante è un'utile convenzione che sfrutta la geometria della circonferenza (e per questo motivo, semplifica di molto le cose...). Insomma è un modo per fare i conti in modo più semplice… e, quindi, aggiungerei più elegante! Ammetto che qualcuno non sarà d’accordo su questa affermazione, ma vi assicuro che in matematica moltissimi calcoli sfruttano il sistema dei radianti… abbiate pazienza e ne apprezzerete i vantaggi e magari la bellezza! Prof.ssa Garagnani Elisa – ISIS Archimede NOTA. Nella maggior parte dei casi, fino a che un problema non ha una diretta applicazione pratica, il numero π si lascia indicato così com’è nelle formule. π, che rappresenta il rapporto costante tra la circonferenza e il suo diametro, è infatti un numero irrazionale e, quindi, ha infinite cifre decimali non periodiche: 𝜋 = 3,14159265358979323846 … Ogni sostituzione del simbolo π con un valore decimale comporta necessariamente un’approssimazione e, quindi, è meglio rimandarla il più possibile. Ora possediamo la chiave per lavorare con le funzioni goniometriche in ambito analitico: la misura degli angoli orientati in radianti, che si basa sulla corrispondenza biunivoca tra angoli al centro e archi di una circonferenza, e sulla definizione di lunghezza di una linea curva. Passando attraverso un’estensione del concetto di misura delle lunghezze, possiamo associare ora ad OGNI angolo piano un numero reale che ne dà la misura, numero esprimibile con le nostre abituali convenzioni di rappresentazione e calcolo in base decimale. !
Notazione. D’ora in poi identificheremo un angolo con la sua misura; scriveremo per esempio 𝛼 = , !
oppure 𝛼 𝜖 0; 𝜋 per indicare che α è un angolo la cui misura (in radianti) è compresa tra 0 e π. 9 10 Introduzione alle funzioni goniometriche La circonferenza goniometrica. Una nuova definizione delle funzioni Seno e Coseno Le nostre definizioni date all’inizio di Seno e Coseno in realtà non sono ancora complete. Quello che abbiamo fatto finora è stato, infatti, considerare solamente angoli ACUTI (come sono, infatti, gli angoli non retti di un triangolo rettangolo). Ricordiamoci: Abbiamo introdotto Seno e Coseno come lunghezze dell'ombra di un bastone inclinato di lunghezza 1, rispettivamente sotto un raggio di luce verticale (cos α) e un raggio di luce orizzontale (sin α). Lo raffiguriamo nel disegno qui a fianco, piazzando un estremo del bastone (rosso) nell'origine di un sistema di coordinate cartesiane e riportando "le ombre" (o meglio proiezioni) lungo gli assi cartesiani. Consideriamo, cioè, l’angolo in quella che abbiamo chiamato posizione normale. Nella nuova definizione dinamica di angolo abbiamo visto che si può aumentare l' angolo α ruotando il bastone rosso come una lancetta di orologio. La punta della lancetta descrive una circonferenza di raggio 1 e centro nell’origine detta "circonferenza goniometrica", la cui equazione nel piano cartesiano è __________________________________. Possiamo ruotare la lancetta, cioè il raggio rosso della circonferenza goniometrica, anche oltre la linea verticale. In tal caso la posizione del raggio è descritta, come nella figura a fianco a sinistra, da un angolo ottuso. Anche in questo caso possiamo, come sopra, riportare le proiezioni sugli assi cartesiani e definire così Seno e Coseno per un angolo ottuso tramite le coordinate del punto P, intersezione tra il secondo lato dell’angolo e la circonferenza goniometrica. cos 𝛼 = 𝑥! sen 𝛼 = 𝑦! Se continuiamo a ruotare il raggio rosso, possiamo rappresentare qualsiasi angolo , e in tutti questi casi il nostro procedimento ci fornirà un valore univocamente determinato per il Seno e per il Coseno indicandoci anche il loro segno. Prof.ssa Garagnani Elisa – ISIS Archimede Il segno di Seno e Coseno dipende dal quadrante in cui si trova il raggio che rappresenta l'angolo α. !
!
Se α è fra 0 e ! (cioè tra 0° e 90°)
Se α è fra
(il raggio è nel primo quadrante),
(il raggio è nel secondo quadrante),
sin α e cos α sono entrambi positivi. sin α è positivo e cos α è negativo. !
e 𝜋 (cioè tra 90° e 180°)
!
!
Se α è fra 𝜋 e ! 𝜋 (cioè tra 180° e 270°)
Se α è fra 𝜋 e 2𝜋 (cioè tra 270° e 360°)
(il raggio è nel terzo quadrante),
(il raggio è nel quarto quadrante),
sin α e cos α sono entrambi negativi. sin α è negativo e cos α è positivo. !
Possiamo anche continuare a ruotare il raggio, ma non otterremo niente di nuovo: un angolo di 370° non è diverso da 10° − per cui anche le funzioni trigonometriche coincidono, ad es. sin(370°) = sin(10°). Anche ruotando il raggio in senso inverso e riducendo α fino a raggiungere i numeri negativi non troveremo niente di nuovo: anche le funzioni trigonometriche di un angolo di −10° non sono diverse da 350°, ad es. sin(−10°) = sin(350°). 11 12 Introduzione alle funzioni goniometriche Come mai vogliamo definire Seno e Coseno per qualsiasi angolo, e perché lo facciamo così? Soprattutto per scopi pratici. Angoli fra 90° e 180° (cosiddetti ottusi) sono presenti in molte applicazioni. E se il raggio rosso è orientato verso destra e inclinato di 1° verso il basso, è molto più semplice indicare l'angolo con −1° piuttosto che con 359°. Questa convenzione però ha anche delle conseguenze teoriche. Ad esempio la somma di due angoli è un angolo. Se α e β sono due angoli (cioè descrivono due posizioni del nostro raggio), anche α + β sarà un angolo, poiché abbiamo ammesso qualsiasi valore. Come vedremo nel prossimo paragrafo, con l'ausilio della circonferenza goniometrica possiamo dimostrare una serie di proprietà basilari delle funzioni trigonometriche. La circonferenza goniometrica è uno strumento importante per la comprensione di Seno e Coseno . Una delle proprietà che si ricavano dalla circonferenza goniometrica riguarda il codominio di Seno e Coseno: i valori di queste funzioni non possono mai essere minori di −1 o maggiori di 1. Questo si deduce immediatamente dal fatto che le proiezioni del nostro raggio (di lunghezza 1) sugli assi non possono essere più lunghe del raggio stesso. Concludiamo quindi che per qualsiasi angolo α si ha −1 ≤ sen 𝛼 ≤ 1 −1 ≤ cos 𝛼 ≤ 1 Abbiamo, quindi, definito due funzioni di dominio ℝ e suriettive nel codominio −1; 1 . sen ∶ ℝ ⟶ −1; 1 cos ∶ ℝ ⟶ −1; 1 Domanda. Tali funzioni sono anche iniettive? ______________________________________ 
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