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Mauro Covacich La sposa

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Mauro Covacich La sposa
Mauro Covacich
La sposa
Bompiani, 2014
Pagine 185
ISBN 9788845275890
La sposa © 2014 Bompiani
Assaggio di lettura: pagine 7-9
Diritti stranieri:
Sara Cremaschi
[email protected]
LA SPOSA
(ritratti 1)
Le ha fatto cenno di salire e lei si è tuffata dentro. Che fortuna trovare
qualcuno disposto a fermarsi con questo tempo, ti notano all’ultimo
momento e tirano dritti. Hanno paura di mettere il piede sul freno,
o che gli inzuppi i sedili. Ancora un minuto e avrebbe rinunciato,
invece adesso è qui al calduccio, lei e il suo vestito, insieme al tizio
baffuto. Thank you. Tesekkur ederim. No turkish? Where do you
come from? Niente, non è riuscita a cavargli altro che un sorriso a
denti stretti. Eppure sembrava proprio turco, ci avrebbe scommesso.
E allora di dov’è? Siria? Libano? Sarebbe bastata un’occhiata alla targa,
se solo non fosse piovuto in quel modo e non fosse stata così felice di
vederlo accostare. C’è stato un momento in cui stava per rinunciare.
Il buio, le sventagliate dei tir, tutta quell’acqua nebulizzata dentro cui
procedeva compressa la vita degli automobilisti. Un’improvvisa sensazione di ostilità. Conto fino a sessanta e poi torno sui miei passi. Per
raggiungere l’autostrada dal centro aveva impiegato meno di mezz’ora:
avrebbe cercato un alberghetto e sarebbe ripartita con le prime luci
del giorno. Invece è arrivato lui.
Cosa lo ha spinto a fermarsi? Non è detto che sia stato il vestito, alle
volte è proprio quello a farli scappare. Una donna vestita da sposa
cos’è in sostanza, è davvero una sposa? Forma e sostanza, ha sempre
lavorato su questo. Prendi una foglia di platano e la ritagli in modo
che sembri una foglia di ulivo: cos’è ora, una foglia di platano o una
foglia di ulivo? Fai un pene all’uncinetto: cos’è, una presina o un pene?
Guida rilassato, una mano sulla parte bassa del volante, l’altra appoggiata alla leva del cambio, le tre dita esterne a reggere il telefonino
come per un uso imminente, anche se nei venti minuti trascorsi da
quand’è salita non ha effettuato né ricevuto alcuna chiamata, e ora
si trova a pensare che, in fondo, quel piccolo Nokia non proprio di
nuova generazione è l’unica prova che il suo angelo coi baffi non sia
muto. Ma che importa, il progetto non prevede che lei parli con tutti
coloro che le offrono un passaggio. Spostarsi insieme dentro una notte
piovosa, rinchiusi nella stessa navicella che si allontana rapida dalla
peri· feria di Istanbul verso le vastità siderali dell’Asia, non è già una
forma intima di condivisione? Non stanno già comunicando? Decide
di staccare per un po’ la presa sulle cose e si abbandona con la testa
appoggiata al finestrino assaporando il soffio caldo del climatizzatore
tra i capelli.
Solo adesso che è sola il viaggio è cominciato davvero, lo ha capito
appena si sono salutate. Anche Silvia è stata subito d’accordo. Due
ragazze che fanno l’autostop in abito nuziale sembrano due ragazze
vestite in maschera – un’apparizione in bilico tra la rievocazione folk
e la goliardata – una ragazza che fa l’autostop in abito nuziale invece è
una sposa. Subito per tutti nient’altro che questo: una sposa che aspetta
seduta sul guard rail. Separandosi, avrebbero valorizzato al meglio il
potenziale simbolico della loro performance. Tutta la vulnerabilità e la
baldanza e la fiducia di una giovane donna che si offre in matrimonio
al mondo. L’immagine stessa della purezza gettata tra le braccia del
prossimo. Qualcuno avrebbe detto nelle fauci del prossimo, ma il loro
progetto era nato proprio per contestare il cinismo paranoide delle
società avanzate. È la paranoia il nostro peggior nemico, uomini e
donne che inaridiscono bunkerizzati in casette dotate di panic room
e circuito di videosorveglianza. Se ti esponi al contatto casuale con un
bel sorriso l’altro ti premierà. Ha le prove, viaggia così da sempre. Il
pellegrino non ha ragione di temere gli esseri umani, meno che meno
se è una novella sposa. Ogni passaggio un matrimonio, sporcando il
vestito ma rinnovando, quasi esasperando, l’illibatezza.
CONTINUA A PAG.9
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