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Quaderno Scuola Inoltre

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Quaderno Scuola Inoltre
Quaderno
Scuola
Inoltre
NO.1 / 2014
EDITORIALE
3
Editoriale
CRESCERE INSIEME:
VOI… NOI!
La redazione
Premessa: da quando è nata, Scuola InOltre si è sempre
adeguata ai tempi ed ha sempre trovato puntuali risposte.
Ciò è accaduto anche quest’anno. Conveniamo, cambiare –
spesso e (affatto) volentieri – genera disorientamento. Ancor più quando le cose funzionano. Talvolta però è proprio
quando le cose vanno (ancora) bene, che si devono prendere decisioni coraggiose. Tergiversare e rimandare sarebbe rischioso, perché – per una decisione efficace – potrebbe essere troppo tardi. È vero anche che cambiare è fattore
motivante, perché dà slancio ed energia, induce a tirar fuori il meglio di sé… e spesso è sinonimo di novità.
Dalla sua nascita – per la precisione sette anni fa, non sembra vero! – il Quaderno InOltre naviga in rassicuranti acque e a vele spiegate. Questo è stato possibile perché ogni
anno nel Quaderno qualcosa è cambiato e, come spesso avviene, nemmeno ce ne siamo accorti o non ci abbiamo fatto
caso. Forse piccoli e impercettibili mutamenti, che hanno
permesso però al Quaderno di mantenere la giusta rotta.
Quest’anno l’ha fatto certamente in modo più sorprendente rispetto agli anni precedenti, ma sempre di cambiamenti
si è trattato. Le novità del Quaderno che appaiono subito
all’occhio sono almeno due: la composizione della redazione e la veste grafica.
Chi non conosce il detto “squadra vincente, non si cambia”? È pur vero che è un detto e che – in quanto tale – va interpretato. Perché la realtà, lo sappiamo tutti, è ben diversa.
Un detto può essere un auspicio, ma non può essere una
regola assoluta, applicabile a tutti e a tutte le circostanze.
Nello sport (ma non solo) gli esempi si sprecano, soprattutto nei cambiamenti di allenatori, di giocatori, di direttori sportivi e via discorrendo. Ecco! Qualcosa di analogo è successo anche nella redazione del nostro Quaderno.
Il duo Mauro e Michel – vere e proprie locomotive, che
hanno fatto la storia del nostro progetto giornalistico –
hanno lasciato la redazione per altre mansioni, forse meno eccitanti, ma altrettanto importanti e necessarie. A loro
vanno i nostri ringraziamenti per quanto hanno fatto in
questi anni con impegno, entusiasmo e competenza. Basta sfogliare qualche numero del Quaderno, che ognuno
dovrebbe conservare con cura nella propria libreria, per
rendersene conto. Bontà che, come un buon vino, aumenta
con lo scorrere del tempo.
Giriamo pagina e parliamo della grafica, la seconda novità
di quest’anno. Perché la si è voluta cambiare? Non andava bene quella di prima? Certo che andava bene, ci mancherebbe! Tuttavia si è voluto andare (In)oltre e fare delle
scelte coraggiose, che rompessero con il passato e che facessero da spartiacque rispetto all’esperienza precedente.
È così che la nuova redazione – alla comodità della continuità – ha detto di no, optando per qualcosa di nuovo e di
radicalmente diverso. A qualcuno tutto ciò può apparire
improvvido, il modo migliore per complicarsi la vita. C’è
chi avrebbe scelto di stare sul primo “danno”, perché – di
fronte ad un cambiamento – si sa quello che si lascia, ma
non si sa quello che si trova. Per altri invece – come per la
nuova redazione – è stata la scelta giusta (vada come vada,
sarà la storia a decretarne il successo o meno). Apparentemente giusta anche perché, nello studio della nuova grafica del Quaderno, si è voluto coinvolgere alcuni giovani in
formazione e più precisamente una classe del Centro scolastico per le industrie artistiche CSIA di Lugano. L’idea è
stata accolta con entusiasmo, sia perché s’innestava perfettamente nel percorso di formazione della classe coinvolta,
sia perché conteneva elementi di novità e di utilità. Di novità (per gli allievi CSIA) del contesto di Scuola InOltre, a
loro del tutto sconosciuto; di utilità, poiché i progetti non
erano fine a se stessi (esercizi puramente teorici, senza una
loro applicazione concreta, destinati al confino in qualche
cassetto della scuola). Dei quattro progetti presentati – peraltro tutti molto interessanti -, è stato scelto il migliore. O
meglio, quello che più degli altri si sposava con le finalità
e il contesto di Scuola InOltre. Abbiamo voluto ricordare
questo aspetto, per dire – sempre che ce ne fosse bisogno –
che il nuovo Quaderno è anche un po’ loro (CSIA).
Del Quaderno, sì, sono cambiate la redazione e la veste
grafica, ma non certo gli obiettivi e i suoi contenuti. Quelli
davvero sono gli stessi, ci mancherebbe altro. Per dirla in
breve: la forma cambia, ma la sostanza rimane. L’obiettivo primo di dare voce alle persone, direttamente o indirettamente legate alle Strutture carcerarie, rimane ben saldo.
4
CAPITOLO
Come ben saldi sono i contenuti da pubblicare, in particolare quelli riguardanti le molteplici attività di Scuola InOltre: corsi annuali, moduli tematici, conferenze, spettacoli e
concerti ecc. . Questi contributi sono molti e sono interessanti e con il Quaderno li si vogliono valorizzare. Sono un
patrimonio che dobbiamo condividere anche con gli altri.
Con chi sta In e con chi sta Oltre. Solo così si può crescere:
insieme, voi e noi!
Ah, che sbadati! Dimenticavamo di completare le novità
di questa edizione. La terza: da quest’anno la stampa del
Quaderno è stata eseguita dal laboratorio-stamperia della
Strutture carcerarie. Si è rinunciato quindi ai servizi di una
tipografia privata. Con i vantaggi economici che possiamo immaginare; con il risultato (molto apprezzato!), che
è lì da vedere. La quarta e ultima novità è il cambiamento
del nome: il Corriere InOltre va in archivio e d’ora in poi
si chiamerà Quaderno Scuola InOltre. Non foss’altro per il
suo aspetto, che ricorda i quaderni di scuola dei tempi che
furono.
E allora… non ci rimane che dire grazie a tutti coloro che
hanno contribuito alla pubblicazione di questa edizione
ed augurare a tutti i lettori buona lettura di questa settima edizione del nostro giornalino e la prima del Quaderno
Scuola InOltre.
09
ARTICOLO DI FONDO
10
PATRONATO
11
DIREZIONE
29
13
FORMAZIONE
PROFESSIONALE
31
Tecnologo di stampa
33
Cultura generale tirocinio
FORMAZIONE
CULTURALE
35
37
15
Educazione visiva
16
Educazione fisica
18
Informatica
21
Cultura generale
22
Cura della casa
23
Educazione alimentare
e attività tessile
24
Atelier di cucito
25
Italiano
26
Francese
27
Inglese
CERTIFICAZIONI
Certificazioni lingue
e informatica
INDICE
39
59
MODULI
ALTRI
CONTRIBUTI
41
Cura del verde
42
Cura degli spazi comuni
61
Capo sorvegliante
43
Condividi un pranzo
62
Suor Rita
44
Creo un’azienda
63
Capellano carcerario
47
65
67
SCUOLA INOLTRE
IN PILLOLE
Primi passi di Scuola
InOltre
68
Scuola InOltre
in cifre
70
Scuola InOltre
incontro il CSIA
EVENTI
49
Conferenza sul bosco
50
Testimonianza di
Mauro Gianetti
52
Testimonianza di
montagna
54
Conferenza sulla
fotografia
56
Spettacolo mentalist
58
Pro Juventute - Aria
sottile
7
ARTICOLO DI FONDO
Articolo di fondo
LA STRADA MAESTRA PER
UN FUTURO INDIPENDENTE
di Norman Gobbi, Consigliere di Stato
e Direttore del Dipartimento delle Istituzioni
L’espressione “certezza della pena” è fondamentale per
ogni ordinamento giuridico in quanto il detenuto deve sapere esattamente il giorno in cui la sua pena sarà espiata, se
potrà godere di eventuali benefici temporanei (permessi) e
di eventuali misure alternative nell’ambito della rieducazione. La pena risulta essere nel nostro Paese certa, così come il fatto che essa vada scontata al fine di perseguirne la
finalità rieducativa e formativa. Scopi perseguibili con un
processo di cambiamento in grado di facilitare il reinserimento del detenuto nella società. Il carcere diventa quindi
– anche grazie a lodevoli progetti quale la Scuola InOltre –
un luogo che aiuta a sviluppare le capacità relazionali e l’apprendimento.
La Scuola InOltre è in tal senso un’opportunità che proietta coloro che sono momentaneamente “in” carcere, “oltre”: ovvero verso un futuro di libertà. Una via, quella della
formazione, che garantisce indipendenza e emancipazione
del detenuto una volta espiata la pena e che si sposa appieno
con l’art. 75 cpv. 1 del Codice penale che recita “L’esecuzione della pena deve promuovere il comportamento sociale
del detenuto, in particolare la sua capacità a vivere esente
da pena… ”.
Investire nella formazione rappresenta in questo senso la
strada maestra per garantire ai detenuti un futuro indipendente e senza rischio di recidiva.
9
10
PATRONATO
Patronato
GOT TO MOVE ON…
di Alba Jo Brand, operatrice sociale
Ufficio assistenza riabilitativa
La mia avventura con Scuola InOltre è iniziata formalmente lo scorso novembre, ovvero da quando ho preso parte alla Direzione operativa e sebbene conoscessi già qualche modalità, posso dire che non si smette mai di imparare,
nemmeno quando si sta dalla parte di chi organizza!
Devo ammettere che da quando mi è stato chiesto di preparare un articolo per questa edizione del Quaderno
InOltre, purtroppo tempo, parole e ispirazione mi sono
venute a mancare. Poi però mi sono detta, perché non continuare sull’onda del mio primo intervento per il giornale?
In effetti, quando si tratta di scrittura, oltre a preavvisi,
rapporti e lettere amministrative, le mie parole (“words”,
poiché uso la mia lingua madre, l’inglese) sono perlopiù
dedicate alla musica, in particolare all’Hip Hop. Vi propongo quindi un testo che ho scritto di recente e che può
(o almeno spero) far riflettere tutti i lettori su quanto sia
importante guardare avanti, esprimendo ciò che spesso e
volentieri teniamo dentro.
I’m staring at these empty pages
and words are running through my head
everything that has been left unsaid,
I should get them all out but instead
I keep holding back waiting for this rain to be over
always looking over my shoulder, as I keep growing older
Lost within myself and everything I felt
lies that I just can’t stand and that were never dealt
I know I should be moving on but
I need a rainbow I can look upon
so I can take care of what’s left undone
I need to stop being afraid, I need to make an escape
and give my thoughts a little shape
It’s been way too long and nothing’s holding me back
I gotta let it all out, move on and stop looking back
I gotta move a little forward, I need to look ahead
step by step with every word that is said
And now as I look at these pages filled with ink
I say to myself: it was easy don’t you think?
DIREZIONE
11
Direzione
METTERE IN CAMPO
IL MEGLIO DI SÉ
di Claudio Zaninetti, Direttore SPAI di Locarno
Mi sembra ancora ieri che si stava tribolando sul nome da
dare alla neonata scuola, che sarebbe iniziata di lì a poco.
Come quei genitori che, incalzati dalla incombente arrivo
del nascituro, non hanno ancora deciso quale nome dargli.
E all’eco di stridenti vagiti della creatura, nel frattempo venuta alla luce, di punto in bianco, ecco spuntare un (il) nome: Scuola InOltre (SIO)! Correva l’anno 2006. Già, otto
anni or sono.
Da non crederci, eppure sono lì da vedere. O meglio, da
contare e anzitutto da gustare. Sì, da gustare e da assaporare con mal celata fierezza, come di fronte ad un primo piatto appena cucinato, con cura e passione. È lì, sul tavolo, davanti all’ospite – fumante e profumato, che chiede solo di
essere goduto – da cui stiamo attendendo un parere. Il giudizio. Due parole di circostanza, che non guastano mai, gli
sguardi che si incrociano. Furtivi, interrogativi… vigili. Il
tempo per l’ospite di portare il primo bocconcino alle labbra. Lentamente. Cala il silenzio. L’attesa di qualche attimo… ed ecco il verdetto: ot-ti-mo; me-ra-vi-glio-so; complimenti, ma come hai fatto? Ma cosa ci hai messo dentro?
Davvero, mai gustato piatto migliore! Mi daresti la ricetta
prima di partire? “Ti sè un bülo!” (Sei un grande!). Esternazioni schiette, sincere, non certo di comodo. Tutto vero.
Vero, come il corale apprezzamento levatosi da più parti
nei confronti della SIO, sia interno che esterno alle strutture carcerarie. Già da quando ha mosso i primi passi. Passi forse un po’ timorosi all’inizio, come è giusto che fosse,
ma pur sempre nella direzione maestra. Vero, come il convinto sostegno delle Autorità e di chi ha responsabilità di
direzione. Vero, come l’impegno messo in campo da tutti:
dal personale insegnante e no. Né sono testimoni anche i
corsisti, con la loro partecipazione costante e attiva. Anche
nei periodi meno facili, in cui si sono dovute prendere delle
decisioni, che potevano in qualche modo ridimensionare il
senso e la sostanza della SIO. Ma così non è stato.
Si sono dovute fare delle rinunce, si sono dovuti apportare
dei cambiamenti (meglio ancora, degli aggiustamenti), che
però non hanno intaccato la struttura, gli obiettivi e la filosofia della (nostra) scuola. Quella che io considero – a torto
o a ragione – sottosede della SPAI Locarno. Sotto, non cer-
to per importanza, ci mancherebbe! Questo per dire che
la SIO non è un’isola sperduta nel mare. No, è parte di un
tutto. È uno dei tanti sottosistemi di un sistema più grande. Un po’ come le scatole cinesi. Certamente ancora più
complesso, ma il concetto ed il meccanismo è quello.
In ottica futura, che cosa bolle in pentola? Beh, prima di
tutto si fa tesoro delle esperienze passate. Intanto l’impianto su cui poggia SIO è solido e credo risponda bene alle esigenze dell’utenza. Basta osservare il numero di iscritti, il tasso di presenza alle lezioni e l’apprezzamento dato
dai partecipanti. L’offerta è piuttosto ampia e dà sufficienti
garanzie. Mi riferisco alla sua suddivisione in quattro categorie: apprendistati, corsi di cultura generale, moduli tematici e conferenze-eventi. Per cui ci sono le premesse per
proseguire su questa strada ed essere fiduciosi.
Ciò non toglie che occorre riflettere su alcuni elementi di
criticità. Tanto per fare un esempio quello relativo alla soppressione del modulo “Civica e istituzioni” a causa delle
mancate iscrizioni. Non posso negare che mi è dispiaciuto
non po’. Quello che è giusto, è ragionare sui perché dell’intoppo. Gli obiettivi e i contenuti erano in linea con i bisogni dell’utenza? Forse qualcosa è mancato nella comunicazione? Oppure nella programmazione? Mah, vedremo!
Comunque le dee nuove non mancano. Come si suol dire,
sono in ghiacciaia e aspettano solo di essere raccolte.
Vorrei concludere con tre considerazioni. La prima riguarda la rete di collaborazioni, che in questi anni è sempre più
cresciuta, in quantità e qualità. Internamente come all’esterno di SIO. Come dire: l’esperienza aiuta a fare di più e
soprattutto meglio. Senza nulla togliere a nessuno, vorrei
a mo’ d’esempio sottolineare la bontà del programma delle
Conferenze-eventi. Sia per i contenuti sia per l’autorevolezza degli ospiti intervenuti. Difficile non leggere questo
loro coinvolgimento – spontaneo e convinto – come implicita condivisione dei nostri obiettivi. Una sorta di loro
identificazione a questo nostro progetto.
La seconda riguarda la mia partecipazione alla prima lezione del modulo Condividi un pranzo. L’argomento era
l’Alimentazione sportiva, con l’obiettivo finale di preparare un pranzo tematico. Invitato, ho partecipato molto
12
DIREZIONE
volentieri al pranzo, traendone una gran bella impressione
almeno su tre piani: il risultato (ottimo menu!); l’organizzazione (ognuno aveva un ruolo specifico, che ha ricoperto
con ordine e precisione); e l’atmosfera (aleggiava uno spirito sereno, costruttivo e collaborativo). SIO è anche questo.
La terza e ultima riguarda la formazione professionale ed
in particolare l’esame di fine tirocinio di Cultura generale: per inciso, ricordo che a giugno hanno concluso il loro
tirocinio due candidati. Quest’anno ho assunto il ruolo di
esperto in occasione delle presentazioni dei Lavori di approfondimento (LA). Il titolo del LA dell’apprendista Addetto di cucina è Avvenimenti di potere: senza dubbio un
tema tanto interessante, quanto intrigante. L’esame orale è
suddiviso in due parti: la presentazione da parte del candidato e le domande del docente e dell’esperto. Devo confessare che è stato un momento molto interessante (e la cosa
non è sempre così!) e occasione di apprendimento personale, confermando il principio che insegnando si impara.
Interessante non certo solo per il tema, bensì anche per la
preparazione del candidato. Senza entrare nello specifico
dell’esame, in questo frangente ho percepito chiara la sensazione che per il candidato la Cultura generale – talvolta,
a torto, considerata il due di picche della formazione scolastica – era importante e contava, tanto quanto le altre materie. E per la quale valeva la pena darci dentro, mettere in
campo il meglio di sé. E aggiungo: qui e ora, dentro e fuori… sempre e ovunque!
13
Formazione culturale
FORMAZIONE CULTURALE
Educazione visiva
… AD ESSERE SÈ STESSI!
Nelle lezioni di Educazione visiva si disegna e si dipinge,
ma sono anche un momento di scambio di idee e di punti di
vista. Uno degli atout di questa materia è senz’altro quello
di poter fare conversando (magari scherzando, divertendosi e… sfogandosi). Parlando di politica, di attualità, della
vita o della morte, di arte e di musica, di sport e di cinema
e anche di cose più banali. Tutto ciò aiuta a conoscersi meglio, a favorire e rafforzare i rapporti di amicizia e di stima reciproca. Ad aprirsi all’altro ed ad altre realtà, ad altri
modi di pensare, a mettersi in gioco attraverso il confronto
anche tra persone distanti sul piano biografico, culturale,
politico o religioso. A scaricare le tensioni e ad essere se
stessi.
Di regola il programma segue diverse piste, a dipendenza anche delle esigenze e degli interessi del momento, della classe o del docente: dalle prime basi di teoria del colore (colori principali, colori secondari, colore come forma,
bianco e nero) a quella della copia dal vero, dalle nozioni teoriche della forma al disegno libero e via discorrendo. Spesso l’interesse e la partecipazione dei corsisti sono
esemplari, perché (secondo un meccanismo compensatorio) costituisce un momento di serenità e di libertà, che fa
bene allo spirito e – in seconda battuta – anche al corpo.
Alla faccia anche di qualche limite logistico (aula piccola),
che non impedisce affatto al docente e alle classi di dare il
meglio di sé e di trarre il massimo da ciò che dispongono.
La capacità di adattamento e di organizzazione è un’arte,
che (purtroppo) non tutti possono vantare!
Complessivamente i risultati, verificabili attraverso i progressi degli allievi, sono positivi. È sempre difficile quantificarli con precisione, perché occorre tener conto di tutta
una serie di fattori: il livello di scolarizzazione, talvolta ridotta all’osso, lo slancio emotivo, che qualcuno ha ed altri
no, per cui l’arte del pennello è assurta a hobby ed autentica passione; altri ancora sono completamente a digiuno e
l’Educazione visiva è l’inizio di una nuova avventura. Però, ciò che li unisce, è la brama di tentare, di misurarsi, di
sperimentare, di imparare e… arrivare!
15
16
FORMAZIONE CULTURALE
Educazione fisica
UNA CRESCITA PERSONALE
GRAZIE ALLO SPORT
di Vera Banchini, docente
Dall’anno scolastico 2012/2013 insegno educazione fisica a
minorenni e donne presso la Scuola InOltre. In quell’anno
ero di fronte ad una condizione difficile avendo un solo allievo minorenne da seguire settimanalmente. In questa fase nonostante la paura iniziale posso dire di aver instaurato
settimana dopo settimana un rapporto di reciproca fiducia
tra docente e allievo.
Ora nell’anno 2013/2014 ho un gruppo di 4-8 persone con
la possibilità di svolgere attività più variate, dove oltre allo
sport si possono far crescere delle dinamiche interpersonali positive. Proprio in questo senso ho visto in questi mesi
un netto miglioramento dei rapporti delle allieve tra loro e
con il docente.
Il programma d’insegnamento è basato principalmente sulle esigenze degli allievi/delle allieve. Di regola viene
svolta una parte di resistenza della durata di 45 minuti e a
seguire viene di solito scelto un gioco. I preferiti sono volano, pallavolo, basket, unihockey.
Inoltre alcune allieve hanno chiesto un programma di allenamento personalizzato da poter svolgere autonomamente durante la settimana in cella.
In generale, sia nella parte di resistenza fisica sia nella parte
ludica, le corsiste sono motivate a cercare delle relazioni tra
loro. Si aiutano, si incoraggiano e si divertono in compagnia sfruttando la possibilità di stare in gruppo.
Una realtà, dunque positiva che a mio modo di vedere permette una crescita personale delle allieve-detenute proprio
grazie allo sport.
FORMAZIONE CULTURALE
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DUBBI E TIMORI…
COME NEVE AL SOLE
di Stefano Jelmorini, docente
Leggendo questo titolo, qualche allievo avrà pensato “finalmente, gli sta bene” . Qualche genitore si sarà preoccupato pensando che, nella scuola frequentata dal proprio
figlio/a, qualche personaggio poco raccomandabile abbia
ricevuto il delicato compito di insegnante/educatore, risultando poi indegno del compito assegnatogli; non sarebbe la prima volta. Altri, non particolarmente ben disposti
verso la classe dei docenti, si saranno fermati al titolo per
vedersi confermate le loro consolidate opinioni negative.
Per fortuna il titolo si riferisce a tutt’altro. Infatti da 8 anni, per iniziativa di alcuni colleghi (in particolare di Mauro
Broggini) è stata creata una struttura di corsi, da svolgere
presso il carcere della Stampa, a favore di quelle persone
che devono scontare dei periodi di pena più o meno lunghi.
Una iniziativa particolarmente lodevole e carica di aspetti
umani molto importanti sia per chi tiene i corsi che per chi
vi partecipa e si trova in condizione di mancanza di libertà.
A me è stato assegnato il compito di tenere lezioni di ginnastica e sport. Non nascondo che, prima di iniziare questa
esperienza, mi ero posto diverse domande e avevo anche
qualche timore. Che ambiente mi troverò? Come saranno
i rapporti con persone che, per provenienza, trascorsi ed
esperienze di vita sono così diverse? Il mio ruolo sarà accettato o diventerò il bersaglio di rancori repressi verso il
mondo esterno? Sarei stato capace di svolgere il mio compito facendo astrazione dei motivi che hanno portato in
carcere le persone? Tante domande, dubbi e timori.
Ebbene, dopo aver vissuto questa esperienza con i corsi al
carcere della Stampa, posso dire con soddisfazione che i
mie dubbi e timori si sono sciolti come neve al sole. L’ambiente di lavoro è piacevole e i rapporti sono corretti. A
volte vedo che qualcuno è preoccupato e preso dai suoi
problemi. Li posso capire. La permanenza in carcere per
alcuni è più pesante che per altri. La famiglia, i figli che crescono senza poterli seguire, gli anni di carcere che ancora
mancano da scontare e tanti altri pensieri. Da parte mia
non posso fare granché. Mi limito a rispettare il loro stato
d’animo.
Per quanto riguarda le lezioni non si tratta evidentemente di pensare alle tradizionali lezioni scolastiche. In quella
forma non avrebbero senso e non sarebbero adatte considerando la tipologia dei partecipanti, le loro caratteristiche
e la condizione nella quale si trovano.
Giochi si squadra, attività sulla cyclette, esercizi sul tappetino sono solo alcuni esempi di modalità di svolgimento
dell’attività fisica.
In conclusione, posso dire che considero questa esperienza
per me molto arricchente, in particolare sul piano umano.
Non voglio certo sminuire la gravità di quanto ha portato
in carcere le persone con le quali ho a che fare. Credo però
di essere ora più cosciente che, a volte, la linea che separa il
bene dal male, la libertà o la prigione non è poi sempre così
netta.
18
FORMAZIONE CULTURALE
Informatica
di Neil Otupacca, docente
“Pronto?! Ciao William… Ciao Neil, tutto ok?… senti, ci
sarebbe una supplenza alla Scuola InOltre, si tratta di alcune lezioni di Burotica per i detenuti del penitenziario La
Stampa, ti interessa?… Usti !!!… certo che sì”.
Questo, in sunto, l’incipit della mia esperienza alla Scuola
InOltre. Sono per natura curioso e mi entusiasma, a volte con una certa dose di incoscienza, tutto quanto rappresenta una nuova sfida… termine per definizione stimolante, ancor più se quest’ultima è “strana”. Insegnare in un
penitenziario è qualcosa di oggettivamente inusuale, per
questo non solo ho dato la mia disponibilità, ma ho anche
espresso il mio forte desiderio ed entusiasmo nel poter cogliere questa occasione, sia professionale che umana.
Il passo successivo, dopo aver preso contatto prima con
la titolare del corso e poi con Claudio Zaninetti e Mauro
Broggini, è stata la visita di “ricognizione” ai due istituti di
pena: “Farera” e “La Stampa”.
Il sopralluogo non ha fatto altro che galvanizzarmi ancor
più… non si tratta di una questione morbosa, ma piuttosto
della prospettiva di poter beneficiare di una visione privilegiata su una realtà che, fortunatamente per i più, è remo-
ta (o quantomeno marginale) a chi può e si confronta unicamente con la propria quotidianità. Le aspettative erano
tangibili… niente di predefinito, anzi, esattamente il contrario: speravo in qualcosa di inatteso che potesse regalarmi nuove consapevolezze. Devo dire che, da questo punto
di vista, l’obiettivo è stato centrato in pieno e forse (in)oltre.
Nei mesi passati mi si è palesata una pletora di personalità assolutamente incredibili ed un’infinità di vicissitudini
soggettive che mai avrei immaginato. Va da se che non è
mio diritto fare domande personali, e mai mi sono permesso, ma con il passare del tempo, le storie sono arrivate spontanee.
Un altro aspetto particolare del docente in un carcere è
quello di dover fornire un servizio senza giudicare, un obbligo etico non farlo… un sollievo non esserne costretti.
Questo è stato un punto interrogativo, e una questione di
“coscienza”, che mi sono posto prima di iniziare questa
esperienza.
È ovvio che io ritenga giusto espiare le proprie colpe, e non
nego di essermi chiesto come avrei reagito trovandomi davanti a detenuti che hanno commesso reati particolarmente
FORMAZIONE CULTURALE
efferati, soprattutto a fronte dei danni irreparabili causati
alle vittime. Ad incentivare questi interrogativi ci sono poi
stati alcuni commenti di amici e colleghi più o meno favorevoli a legittimare questo genere di “agevolazioni” a dei
detenuti che… “producono anche dei costi”.
Mi compiaccio che il mio principio di “non giudicare” non
si sia dimostrato solo teorico, per la verità, comportarmi
come se mi trovassi in una “normale” scuola è stato un atteggiamento del tutto naturale.
C’è inoltre anche un aspetto meramente pragmatico: tutte
queste persone, prima o poi, torneranno in libertà… è più
saggio cercare un recupero e una reintegrazione oppure
esacerbare frustrazioni e risentimenti che, verosimilmente, condurranno più facilmente a delle recidive?
Beh, mi rendo conto di quanto possa apparire utopico e
velleitario, ma come recitava il popolare aforisma di Dostoevskij, “Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni”… faide e “Legge del taglione” hanno
ampiamente dimostrato di essere solo fonte di un problema senza fine…
19
Siamo già al quarto anno
di vita del corso all’interno
del quale si impara a
creare una pagina Web per
internet, utilizzando sia
html sia i fogli di stile css.
Ecco un esempio:
20
FORMAZIONE CULTURALE
Per creare una pagina come
quella vista prima bisogna
lavorare su 2 files distinti,
il primo (index. html)
conterrà tutte le scritte che
appariranno nella pagina
finale, mentre il secondo
(stile. css) fornirà le regole
per visualizzare tale
pagina (colore, grandezza
del testo, posizione degli
elementi … ). A destra, nel
dettaglio i 2 files con alcune
spiegazioni basilari.
Se siete riusciti a leggerli
fino in fondo significa
che queste strane scritte
hanno suscitato un certo
interesse. Quindi, se
possedete delle minime
conoscenze informatiche
e l’argomento vi affascina,
perché non iscrivervi per il
prossimo anno?
FORMAZIONE CULTURALE
21
Cultura generale
LIBERTÀ
Mauro Broggini, ideatore Scuola InOltre
A qualcuno forse potrà sembrare strano, ma – da quando
ho cominciato a lavorare nel penitenziario cantonale – uno
dei temi che hanno occupato più spesso i miei pensieri è la
libertà.
Secondo la prima definizione che trovo – sulla sempre utile
pagina di Wikipedia – si tratta della «condizione per cui un
individuo può decidere di pensare, esprimersi ed agire senza costrizioni, usando la volontà di ideare e mettere in atto
un’azione, ricorrendo ad una libera scelta dei fini e degli
strumenti che ritiene utili a metterla in atto». Semplificando un poco, quindi, la libertà è strettamente associata alla
possibilità di scegliere.
Proseguendo il percorso da questo primo punto fermo,
l’interrogativo si sposta così su quali siano – al giorno
d’oggi – gli oggetti verso i quali decidiamo di indirizzare
questo nostro esercizio di scelta. Se però cerco una risposta
osservando il dibattito politico e le notizie che ci giungono
dai mezzi di informazione, l’impressione è che la tendenza sia di utilizzare la nostra libertà di scelta in una maniera
molto limitata – e limitante.
Il modello di libertà che prevale, infatti, sembra uscito dritto dritto dai sogni di un adolescente – o dal video di un
qualsiasi rapper americano. L’uomo libero, secondo queste
raffigurazioni dominanti, è colui che non ha vincoli né legami – sociali, politici o affettivi –, colui che può permettersi di soddisfare qualsiasi capriccio e ha la possibilità, in ogni
momento, di fare qualsiasi cosa gli passi per la testa – naturalmente senza dovere rendere conto a nessuna autorità.
Avrete capito che questa idea di libertà non mi soddisfa
particolarmente, ma non voglio annoiarvi con una condanna morale; in fondo – come ha detto una volta un amico
filosofo – sarebbe disonesto negare che l’ultimo modello
della Maserati è bellissimo e desiderabile. Sognare di possedere oggetti materiali non ci rende persone peggiori, ma
nemmeno – questo è certo – persone migliori. Il problema
sul quale voglio attirare la vostra attenzione, infatti, è il tipo di persone che non diventeremo, se ci accontentiamo di
assecondare solo questa idea di libertà.
Da questo punto di vista, il carcere – come accade anche
con l’esperienza della malattia, che ho potuto vivere perso-
nalmente – porta in sé un’occasione per superare una visione limitante della libertà. Allontanati dai rumori di fondo
e dalle seduzioni, restiamo soli con noi stessi e scopriamo
che molti tratti del nostro carattere non sono il frutto di
una scelta che ci ha visti protagonisti consapevoli. Sono
caratteristiche che abbiamo ereditato dall’ambiente dove
siamo nati, dalle convinzioni di chi ci ha cresciuti, dalle
pressioni che le circostanze hanno esercitato su di noi; solo
raramente – se ci pensate bene – quel che siamo deriva da
una libera scelta, da un vero progetto di vita.
Quel che auguro a ognuno di voi – e a ognuno di noi – è
perciò molto semplice. Sarebbe bello che questo tempo sospeso, questo periodo trascorso a distanza dal resto della società, ci offrisse l’occasione per esercitare la nostra libertà su pensieri che davvero la meritano, e sono in grado
di renderci persone migliori. Perché essere liberi, nella sua
forma più alta, significa imparare a scegliere a cosa pensare.
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FORMAZIONE CULTURALE
Cura della casa
… UN’EMOZIONE NUOVA
di Tamara Cadra, docente
La “Farera” è una delle mie attività settimanali per le quali
l’entusiasmo è rimasto immutato nel corso degli anni. Nel
corso dell’anno i minori ospitati sono stati pochi e dunque in loro assenza io mi dedico alle donne che soggiornato a Cadro. L’attività proposta è strutturata in base alle
esigenze/desideri delle signore e alle possibilità offerte dalla struttura. Ogni martedì i menu variano… da quello più
commerciale (hamburger e pommes frites), a quello più salutare o a quello un po’ più caraibico… tutti molto apprezzati! Il piatto più atteso e speciale è sempre quello “Domenicano”. “… quando cucino… esto encandata… ”
Il gruppo sa districarsi ed organizzarsi bene durante le attività e tra loro c’è una buona collaborazione, questo in
parte è dovuto alla lunga permanenza di alcune di loro, le
“nuove” si adattano e si attivano al meglio. Durante l’estate scorsa ho vissuto una grande emozione… Arrivata al 4°
piano per la mia lezione la guardia ha aperto le porte delle camere e chi vedo sbucare… 70 centimetri di dolcezza!
L’emozione è stata forte… In quel periodo le donne erano
numerose e all’interno del gruppo non sempre tutto filava
liscio… ma questo bel fiorellino riusciva a mettere di buon
umore e riequilibrare il tutto! Ogni martedì è un’emozione nuova!
FORMAZIONE CULTURALE
FORMAZIONE CULTURALE
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Educazione alimentare e attività tessile
FANTASIA, MA NON SOLO!
di Francesca Bernasconi, docente
Da sempre le lezioni sono (anche) un momento di ascolto.
Attento e rispettoso. Anche per il docente. Ed è con attenzione e vivo interesse che si ascoltano i loro (delle allieve)
racconti, che trasportano chi ascolta in realtà nuove! Sicuramente è un’esperienza di reciproco arricchimento.
Passano gli anni e le sensazioni sono le stesse. Cambiano le
corsiste e le preoccupazioni sono le stesse: la paura di essere giudicate per quello che hanno fatto e non per quelle che
sono. È un›ansia che le accompagna come un’ombra, giorno dopo giorno. Sempre. Per certi versi – forse – è anche
giusto così. Forse!
Le lezioni di attività tessile (meglio ancora, a. creativa) sono per le corsiste una boccata d’ossigeno. In cui il tempo
vola, si chiacchiera e si impara allo stesso tempo, lavorando. Da sempre una difficoltà è la lingua, ma non è certo un
ostacolo insormontabile. Anzi!
Un denominatore comune, negli anni che scorrono (o corrono), è la voglia di imparare. Imparare a fare cose a Scuola
InOltre che, per la loro semplicità, avrebbero potuto essere
fatte anche fuori (Oltre). E se questi piccoli lavoretti fossero stati fatti fuori, forse qualcuna (allieva) non sarebbe lì a
farli dentro (In). Chissà!
Ma che cosa sono questi lavoretti? Sono oggetti semplici,
piccoli recipienti, portafrutta, piatti, tazzine ecc. . Spesso
ornamentali, da esporre. Da regalare a un amico, ad un conoscente… a te stessa. Oggetti costruiti con materiale di
scarto, semplice, riciclato. Forse di poco conto ma – per
le specifiche necessità – di valore: carta, vecchi giornali,
brandelli di stoffa, pezzi di plastica… tutto potrebbe far
al caso. Di per sé sono poca cosa, ma è il modo con cui li
si modellano, che dà loro forma compiuta e un senso. E
dall’inventiva, che nelle lezioni di attività creative ognuno
può sviluppare. Ecco quindi un primo obiettivo del corso:
sviluppare la fantasia, che talvolta si ignora di avere, ma che
spesso si ha dentro. E allora voilà un secondo di obiettivo:
favorire la presa di coscienza delle proprie potenzialità, così da accresce la consapevolezza di sé e l’autostima. Non
c’è il due senza il tre e dunque ecco il terzo obiettivo: poter
esercitare e affinare le abilità manuali. Perché accostare i
vari elementi, oltre che al collante della fantasia e delle buo-
ne idee, necessita precisione, coordinazione dei movimenti, costanza, autocontrollo e concentrazione. E sì, l’attività
creativa non è buttar lì le cose, così come viene… viene.
Tanto per far passare il tempo, perché qualcosa, bene o male, ne uscirà.
Ciò no di meno l’improvvisazione è un ingrediente imprescindibile, non deve però essere l’unica costante. Improvvisazione fa rima con organizzazione, per cui creare è sì
libertà del pensare e del fare, ma è anche ordine, precisione,
continuità all’interno di un programma ben definito. È un
mix di elementi che fanno del corso di attività creative un
utile investimento, necessario… e vincente!
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FORMAZIONE CULTURALE
Atelier di cucito
HO IMPARATO CHE
IL MONDO È GRANDE
di Lorenza Dadò, docente
Quando poco meno di un anno fa ho preso la decisione di
lasciare il lavoro che stavo svolgendo non pensavo certo che
sarei approdata a Scuola InOltre. La conoscevo già, un’amica e collega ci lavorava, ma immaginare che sarebbe toccato
proprio a me sostituirla, proprio non me lo sarei aspettata.
Quando mi è stato proposto ero un po’ titubante, mille domande ronzavano nella mia testa… così ho chiesto di poter svolgere una lezione di prova; sono rimasta entusiasta
di questa avventura che stava per iniziare. Se imparare le
piccole regole della vita all’interno del carcere inizialmente
non è stato facile, ora che sono state integrate, tutto funziona per il meglio. Bisogna sempre stare attenti alle piccole
cose che a casa sembrano scontate mentre qui non lo sono
ed è proprio per questo motivo che si impara ad apprezzarle
fino in fondo. È un’esperienza che a volte lascia senza energie. Quando mi siedo in auto per tornare a casa, traggo un
profondo respiro e mi accorgo di quanto principalmente ho
ricevuto e ringrazio per l’occasione che mi è stata offerta
sperando che anch’io, nel mio piccolo, sia riuscita a ricambiare. Ho imparato a conoscermi meglio, ho imparato che
il mondo è grande, pieno di colori, di forme, di idee, di persone diverse da quelle che frequento ogni giorno, ma forse
nemmeno così tanto, in ogni caso ho imparato che sono altrettanto degne di rispetto, considerazione e amore. Grazie
per darmi ogni settimana questa splendida possibilità.
FORMAZIONE CULTURALE
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Italiano
IL DESIDERIO DI IMPARARE
UNA NUOVA LINGUA
ITALIANO
À LA CARTE
di Antonello Buono,
docente italiano di base
di Ilaria Bianchi Nencioni,
Al termine dell’esperienza vissuta lo scorso anno, quale docente del modulo “Conoscere la Svizzera”, era maturato in
me il desiderio di poter rivivere “quei momenti” nella veste
di insegnante nella Scuola InOltre; non nascondo quindi di
aver provato una certa soddisfazione e sorpresa quando, alla fine di agosto, la direzione della Scuola mi ha proposto di
insegnare agli ospiti della Stampa al corso base di italiano. E
quel “clima ideale”, quella sensazione di sentirti comunque
a tuo agio fra quelle quattro pareti li ho potuti assaporare
di nuovo, nel corso del mese di settembre, alla ripresa delle
lezioni; stessa aula, stessi muri un po’ grigi, ma immutati
l’interesse e la curiosità manifestati dai sette iscritti inizialmente al corso.
Provenienti da sei Paesi diversi di tre differenti continenti il
loro livello di conoscenza della lingua italiana è apparso sin
dall’inizio piuttosto eterogeneo: quelli di madrelingua spagnola sicuramente avvantaggiati rispetto a coloro i quali,
non conoscendo appieno il nostro alfabeto, hanno dovuto
imparare a memoria ogni vocabolo ed il relativo significato.
Con il passare dei mesi il numero dei presenti ha subito frequenti variazioni, alcuni sono giunti a fine pena, altri sono
stati trasferiti in altre strutture, nuovi se ne sono aggiunti
ma invariato è rimasto lo spirito che ha animato i corsisti
all’interno della classe, il desiderio di imparare una nuova
lingua segno inequivocabile della voglia di capire e farsi capire e quindi di volersi integrare nella nostra realtà.
Le testimonianze presentate in queste pagine sono il frutto dell’impegno profuso durante due lezioni da tre corsisti
che, invitati a illustrare con uno scritto le proprie radici e
tradizioni, hanno deciso di comune accordo di presentare delle ricette riguardanti alcuni piatti tipici dei loro Paesi
d’origine; redatte in un primo momento rispettivamente in
inglese, in tedesco e in spagnolo sono state successivamente tradotte dagli stessi allievi in italiano a testimonianza del
buon livello di conoscenza linguistica raggiunto.
Leggendole, devo ammettere, mi è venuta una certa voglia
di cimentarmi fra i fornelli per gustare quei profumi e sapori ancora a me sconosciuti. Spero che la stessa curiosità verrà condivisa dai lettori del Quaderno InOltre.
L’anno scolastico sta volgendo al termine, ed è ora di bilanci. Questa è stata la mia seconda esperienza di insegnamento nella scuola InOltre: tre anni fa ho insegnato Storia,
quest’anno Italiano. Avrebbe dovuto essere un corso per
avanzati, ma si è trasformato in un corso di “Italiano à la
carte”. Il menu a discrezione di ogni studente, in base al
suo fabbisogno nutrizionale. Più impegnativo per il cuoco,
ma anche più ricco di variabili e stimolante.
Spero di essere riuscita a soddisfare anche i palati più raffinati (penso a Steve, il filosofo del gruppo) e di non aver
tediato nessuno con la poco indigesta grammatica italiana
(Shishai, Karim, Duc, Sami perdonatemi!); in ogni caso mi
consola pensare di non aver avvelenato nessuno…
Non dimenticherò mai la mia esperienza alla Scuola InOltre, i miei “allievi” con cui ho trascorso molte ore di lezione
e con cui ho diviso emozioni e sensazioni intense.
Desidero regalare a tutti coloro che leggono, e in particolare alla mia miniclasse, questa splendida poesia di Nazim
Hikmet, un uomo e poeta straordinario condannato a una
lunga detenzione in carcere per la sua opposizione al regime di Atatürk.
docente italiano approfondito
Arrivederci
fratello mare
Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare
mi porto un po’ della tua ghiaia
un po’ del tuo sale azzurro
un po’ della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino di mare
eccoci con un po’ più di speranza
eccoci con un po’ più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare.
Varna, 1951
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FORMAZIONE CULTURALE
Francese
di Belinda Besomi, docente
La scuola ci salva dai pregiudizi, dall’ignoranza, dalla stupidità, dall’immobilità, dal fatalismo. La Scuola InOltre,
con più forza ancora.
I corsisti entrano in classe come delle cipolle: strati d’inquietudine, di rancore, di tristezza, di paura, di rassegnazione, di presente minaccioso, di futuro condannato.
Per sbucciare la cipolla bisogna fare in maniera che la lezione suoni un risveglio, che la conoscenza s’incarni nel presente del corso. Qui, ora, in questa classe.
Nello scorso mese di maggio alcuni corsisti hanno sostenuto e passato dignitosamente l’esame A2 (sono sei i livelli di competenza del Quadro Comune Europeo di Riferimento per la conoscenza delle lingue, il livello A2 attesta
che si è in grado di comunicare scambi d’informazione su
argomenti familiari e comuni. Si riesce ad esprimere bisogni immediati e descrivere in termini semplici aspetti della propria vita e dell’ambiente circostante) eppure, mi si
è chiesto di esser maggiormente rigorosa su taluni aspetti grammaticali e ortografici. Solitamente un approccio
omeopatico (curare il male con il male a piccole dosi) verso la materia è efficace: paura della grammatica? Facciamo grammatica! Riluttanza per la letteratura? Leggiamo!
Paura di non comprendere? Immergiamoci nei testi.
La Scuola InOltre stimola tuttavia a intraprendere altri
percorsi, a tentare prospettive con nuovi punti di fuga per
convergere verso la materia, poiché sovente chi sta dietro
il banco ha investito tutte le facoltà dell’intelligenza nella
furbizia delittuosa a scapito di traguardi più rispettabili, e
fatica ad aver fiducia nelle proprie capacità. Escludere l’eventualità di un progresso è comodo: permette di sopprimere gli inconvenienti dello sforzo. Rimettersi in gioco è
faticoso, bisogna scrollarsi via la rassicurante convinzione
di non farcela. Ed ecco allora che seguire didascalicamente
“une méthode” può rivelarsi fatale. Pronomi relativi, complementi oggetto, tempi verbali, comparativi,… tutto si aggroviglia in un’indigesta sbobba scoraggiante.
Si guarisce dalla “somaraggine”, ma non si cicatrizza mai
completamente dalle ferite che ci ha inflitto. Come insegnante posso scegliere se continuare a grattare laddove fa
male oppure mettere del balsamo… È vero: poi a fine anno
taluni faticano ancora con gli ausiliari, non riescono a riconoscere un tempo verbale, la pronuncia è faticosamente comprensibile,… ma non hanno mollato. Sono sempre
venuti a lezione. Un traguardo che richiede coraggio e costanza degni di tutti i livelli di competenza del QCER.
Spero che ogni corsista sia fiero della qualità che il proprio
contributo ha conferito all’insieme.
Io lo sono. Eccome! Siete dei grandi! Grazie.
«La connaissance de l’homme
est à la base de tout succès».
Charlie Chaplin
FORMAZIONE CULTURALE
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Inglese
È ORA DI CONGEDARMI…
di Linda Chiesa-Pegler, docente
Faccio fatica a pensare che siano passati cinque anni da
quando, un po’ ansiosa, ho iniziato ad insegnare inglese
alla Scuola InOltre.
Mi avvicinavo alla fine della mia carriera e mi riempiva di
soddisfazione ed energia l’idea di lavorare in un ambiente
molto diverso da quello al quale ero abituata e con allievi
provenienti da varie parti del mondo. Ho iniziato la mia
carriera con delle classi multilingue ed ora sono in procinto di chiudere il cerchio nello stesso modo.
E quali saranno i ricordi che porterò via con me?
Ricorderò quegli allievi che trovarono e trovano molto difficile la mia lingua, ma con una grande determinazione, fecero o fanno piccoli ma importanti progressi. Ricorderò il
senso di trepidazione quando aprii la pagina web dell’Università di Cambridge e constatai che tutti i miei studenti
che avevano affrontato un esame di inglese a livello B2 e C1
avevano superato la prova. Mi ricordo ancora l’urlo di gioia
che feci! Ricorderò le discussioni interessanti che ho avuto,
in modo particolare con il mio gruppo di studenti del venerdì, e come quelle discussioni mi abbiano fatto riflettere
parecchio su tanti aspetti della vita. Ricorderò la cortesia e
il rispetto degli studenti nei miei confronti e la fiducia che
alcuni hanno mostrato confidandomi le loro preoccupazioni, le loro speranze e i loro timori verso il passato, il presente e il futuro. Ma soprattutto ricorderò come mi sono
divertita durante le lezioni e le abbondanti risate… Quelle
mi mancheranno più di qualsiasi altra cosa.
Ringrazio sentitamente quelle persone che hanno creduto in me e mi hanno dato questa grande opportunità;
ringrazio il miei colleghi, in modo particolare quelli che
condividevano il mio orario di lavoro. Mi mancheranno le
chiacchierate fatte mentre camminavamo lungo il corridoio che porta alla Stampa! Ringrazio, fra coloro che lavorano presso il penitenziario, quelli che hanno incoraggiato
sia gli studenti sia me nel nostro lavoro; ma prima di tutto,
ringrazio i miei studenti passati e presenti. Non vi dimenticherò.
Have 5 years really gone by since I slightly nervously
walked into my first English class at Inoltre? As I approached the end of my career, I was delighted to be given the
chance to work in very different surroundings from those I
had previously worked in and to go back to teaching where
I had started out many years before; teaching multilingual
rather than monolingual classes. Now that this final phase
of my career has come to an end, what memories will I take away?
As I look back over those years, I remember the students
who found and find English really difficult but, with great
determination, and despite worries about their and their
family’s situation,made or make progress slowly but surely.
I remember the trepidation as I opened up the University
of Cambridge web page to check the exam results of those
who had taken B2 and C1 level exams in English, and the
whoop of delight as I read that they had all passed. I remember the really interesting discussions about so many aspects
of life, particularly with my Friday group of advanced students, which have made me think about many things from
a different angle. I remember the courtesy and respect the
students treated me with, and the trust some of them placed in me by opening up about their worries, hopes and fears about the past, present and future. I remember the help
that the more gifted at languages gave to those struggling,
but most of all I remember the fun and laughter during the
lessons. That I will miss most of all.
A big thank you to those who initially believed in me enough to give me the oppportunity to do this work, and to
my colleagues at Inoltre, particularly those sharing similar working hours; I really enjoyed the chats as we walked
down the long corridor together! Thank you to those working in the prison who supported the students and me in our
work, but most of all, thank you students past and present.
You will not be forgotten.
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Formazione professionale
FORMAZIONE PROFESSIONALE
31
Tecnologo di stampa
ESPERIENZA PROFESSIONALE
E UMANA POSITIVA… LA RIFAREI
di Stefano Crivelli, docente conoscenze professionali
Nell’agosto del 2011 la Divisione per la formazione professionale mi incaricò di aiutare a formare un giovane ospite del Penitenziario cantonale della Stampa che aveva iniziato un tirocinio quadriennale quale tecnologo di stampa
(stampatore offset).
Come in qualsiasi tirocinio, anche in questo caso la formazione doveva avvenire in tre distinti momenti:
Formazione pratica, da tenersi presso i laboratori di stampa e legatoria siti nel carcere.
Formazione teorica, (conoscenze generali e conoscenze
professionali), da tenersi presso le aule di teoria nel carcere.
Corsi interaziendali, che sono dei corsi di formazione pratica che normalmente vengono gestiti dalle associazioni di
categoria in un luogo centralizzato. Per ovvie ragioni questi corsi si sono organizzati e svolti presso i laboratori della
Stampa.
Diversi anni orsono ebbi occasione di avere un contatto
con i laboratori di stampa del penitenziario per una consulenza. Recentemente, in più di un’occasione, ero stato
sul posto quale ispettore di tirocinio per valutare l’idoneità
della struttura e dei formatori a gestire autonomamente un
tirocinio di tecnologo di stampa e di operatore post-press
(legatore). Per la Divisione fu facile decidere di mandarmi
a gestire la formazione teorica nell’ambito delle conoscenze professionali; per me, uomo di prestampa, fu un tantino più difficile dovermi cimentare nell’insegnamento della
stampa vera e propria. Per i non addetti ai lavori non è facile cogliere le differenze fra un poligrafo (colui che si occupa della prestampa), un tecnologo di stampa (colui che con
una macchina da stampa grande o piccola stampa centinaia
o migliaia o milioni di copie tutte uguali) ed un operatore
postpress (colui che taglia, piega, assembla, cuce, incolla e
imballa opuscoli, pieghevoli, libri, ecc. ). Risulta più facile
capire le differenze fra un piastrellista, un posatore di pavimenti, un imbianchino, ecc. , eppure sono professioni altrettanto affini fra loro!
Comunque, facendo di necessità virtù e sfruttando le conoscenze acquisite in anni di militanza nelle arti grafiche a
tutto tondo, spero di essere riuscito a gestire il piano d’insegnamento così come richiesto dall’ordinanza federale.
Insegnare al carcere è sicuramente diverso che insegnare in
una scuola, tuttavia ci sono parecchie analogie.
Di simile ci sono le lezioni e il materiale da preparare, gli
orari e i ritmi scolastici, i compiti e i test da correggere, i cali di rendimento più o meno ciclici della persona in formazione da gestire, le note da attribuire.
Di diverso ho trovato che la classe è composta da una sola
persona. Apprezzo il fatto di poter lavorare per tre ore di
seguito senza che nessuno venga a disturbare (telefonini
lasciati in ricezione, che pace!). Mi sono adattato a dover
cambiare frequentemente l’aula per vari motivi, a disporre
di supporti didattici (computer, beamer, programmi informatici) né recentissimi, né sempre funzionanti al 100%. Se
manca una “scarpa” per alimentare simultaneamente più
di un’apparecchiatura o manca un semplice pennarello per
la lavagna bianca, oppure serve una bucatrice per i fogli,
non ci si può rivolgere al bidello come si fa a scuola.
Di molto diverso c’è l’accesso all’aula di lavoro (devo passare una decina fra porte e cancelli) dunque l’impossibilità
di andare e venire a piacere come nella scuola normale; ciò
32
FORMAZIONE PROFESSIONALE
significa preparare le lezioni in modo meticoloso e completo; portare tutto l’occorrente ma solo l’indispensabile.
Posso utilizzare solamente una chiavetta USB con uno
speciale codice che la autorizza ad essere riconosciuta dal
computer dell’aula di teoria. Siccome l’alunno non può
spostarsi, la necessità di disporre di molti filmati didattici che illustrano e spiegano i funzionamenti ed i processi
che normalmente si possono andare a vedere presso le varie aziende del settore, diventa irrinunciabile. A tale scopo,
non sempre si può far capo a youtube; alcuni filmati li ho
prodotti personalmente con la collaborazione dei colleghi
di scuola o di qualche azienda esterna che voglio ringraziare pubblicamente.
Conciliare i ritmi frenetici che si trovano all’esterno con
quelli assai più tranquilli dell’interno e tuttavia trovare il
mezzo di preparare convenientemente l’apprendista per la
vita professionale che lo attende è forse il compito più impegnativo che noi tutti i formatori coinvolti dobbiamo affrontare.
Nella mia carriera d’insegnante ho conosciuto parecchi
apprendisti “speciali”, come giovani con delle difficoltà particolari, oppure chi segue una seconda o una terza
formazione e che non ha la medesima età dei compagni.
In tutti questi casi l’approccio è diverso da quello che si
ha con un apprendista convenzionale. Il modo di gestire
un apprendista in carcere è ulteriormente diverso. Bisogna
considerare che ha più tempo per dedicarsi allo studio ma
non ha nessuno con cui confrontarsi o condividere il cammino di apprendimento; se ha delle richieste da farmi deve
aspettare la prossima volta che mi rivede e questo accade di
regola ogni due settimane se non di più, per via delle ferie
scolastiche o per altri motivi.
In queste condizioni non sempre è facile tenere alta la motivazione di un apprendista. Quando se ne avverte un calo,
si scopre che le origini sono assolutamente diverse da quelle che potrebbero influire su un giovane che vive a casa ed
individuarne le cause risulta difficilmente possibile.
Malgrado queste problematiche posso affermare che
quest’apprendistato sta procedendo bene, che la persona in
formazione è impegnata e prende sul serio ciò che ha deciso di intraprendere, che la collaborazione che ho trovato
all’interno della struttura, compatibilmente alle limitazioni del caso, è ottima.
L’esperienza professionale ed umana è positiva e se mi venisse richiesto la rifarei, anche se mi pesa dover percorrere
quella brutta strada che, attraverso il Piano della Stampa,
porta alla struttura carceraria, soprattutto durante la brutta stagione, soprattutto in sella alla mia bici.
FORMAZIONE PROFESSIONALE
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Cultura generale - tirocinio
PER APPRENDISTI, IL LAVORO
DI APPROFONDIMENTO
di Patrizio Maggetti, docente
Anche quest’anno giunge puntuale, il momento di portare
un piccolo contributo per la stesura del Quaderno InOltre. Se da un canto, l’appuntamento con questa attività è
sempre piacevole e costruttivo, d’altra parte significa, che
un altro anno scolastico volge al termine e che per il sottoscritto, si conclude un’altra stagione in veste di docente
di cultura generale per gli apprendisti, di questa particolare struttura. Ho già avuto modo di esprimermi, in modo
abbastanza approfondito, sul contenuto dei programmi di
cultura, in altre edizioni del Quaderno, ma desidero tornare sull’argomento e soprattutto sulla stesura del LA, da
parte degli apprendisti stessi.
La cultura generale, a dipendenza degli anni scolastici frequentati, tocca argomenti e aree diversi. Una di queste aree
si chiama “società” e comprende vari aspetti che vengono
approfonditi. Tra questi aspetti ci sono: la cultura, l’ecologia, il diritto, l’economia, l’etica, la storia, la tecnologia, …
A dipendenza delle tematiche trattate, si privilegiano alcuni aspetti, piuttosto che altri.
Faccio un esempio: nella tematica riguardante l’ambiente verrà considerato l’aspetto ecologico, nella tematica sui
mezzi di trasporto oltre all’aspetto ecologico, verrà approfondito anche il punto di vista tecnologico.
Oltre alle tematiche, il lavoro di approfondimento occupa
una fascia importante del tirocinio, sia per quanto riguarda
il tempo utilizzato (fino a 48 ore lezione), sia per le energie
profuse, sia per l’importanza a livello di valutazione per la
nota finale di cultura generale.
L’apprendista che svolge questo lavoro, viene portato ad
agire in modo autonomo, deve saper gestire le varie fasi che
questa attività richiede: scelta dell’argomento da trattare,
ricerca e utilizzo del materiale idoneo, pianificazione del
tempo per la stesura dell’opera, nelle sue varie parti (introduzione, sviluppo capitoli, conclusioni, … ).
A differenza di altri centri professionali, in questo particolare contesto, reperire materiale per il LA non è sempre
facile. Bisogna dire, ad onore del vero, che il Penitenziario è dotato di una biblioteca assai fornita, ma non sempre,
anche a dipendenza dell’argomento scelto, si può fare riferimento a questa struttura per attingere materiale vario.
Quindi una risorsa importante, risulta essere il docente
che viene coinvolto nella ricerca del materiale, da procurare, per lo sviluppo del lavoro di approfondimento. È su
questo punto particolare, che desidero chinarmi ed esprimere qualche mia riflessione.
Nei centri professionali, di solito si è confrontati con classi
abbastanza numerose, perciò diventa più difficile proporsi
come risorsa (anche per motivi organizzativi temporali), il
nostro compito è più di coordinatori e supervisori.
In Penitenziario, invece, la figura del docente assume ruoli
di risorsa in modo decisamente marcato.
Da una lezione all’altra, coloro che svolgono il LA, chiedono di poter ottenere documentazione varia e al momento
della ricezione del materiale richiesto, sorgono le eventuali
critiche in merito ai contenuti degli stessi. È in questa fase dei lavori, molto arricchente, che nasce, o si sviluppa,
un’interazione, privilegiata, con gli apprendisti. Attraverso i loro commenti, le loro suggestioni, le richieste varie, il
docente si può rendere conto, in modo più approfondito, di
chi si trova di fronte e di quali meccanismi muovono certi
ragionamenti e modalità di comportamento delle persone
con cui ha a che fare. Posso dire senza peccare di esagerazione che si sviluppa e si mette in atto una certa empatia. Si
perfezionano strategie varie di interazione.
Con ciò non voglio dire, che con questi meccanismi, non ci
sono più segreti, e l’interlocutore, appare di una trasparenza diamantina, lungi da me pensare che la psiche umana sia
sotto il nostro controllo nelle sue varie sfaccettature.
Ritengo comunque che l’esercizio svolto in qualità di risorsa aiuti moltissimo nella reciproca comprensione.
Posso portare anche qualche esempio, dall’apparenza banale, ma alla resa dei conti, tutt’altro che riduttivo.
L’apprendista richiede immagini che raffigurano una grande città. Il docente (il sottoscritto) s’impegna a portare
queste immagini. Un primissimo problema, di poco conto,
è il numero delle immagini da portare: una, due, cinque?
Problema risolto immediatamente: più immagini ci sono,
meglio è.
Secondo, e focale quesito: qual è l’immagine che rappresenta meglio la grande città?
34
FORMAZIONE PROFESSIONALE
È proprio vero che la rappresentazione di grande città del
docente è anche quella dell’apprendista?
Cosa porta l’insegnante: un centro finanziario con i grattacieli, uno svincolo autostradale con intreccio di almeno
8 strade, un passaggio pedonale a mezzogiorno con una
quantità di pedoni che attraversano la strada … ?
Il docente arriva alla lezione successiva con il materiale e
nel momento della consultazione da parte dell’apprendista
succede la cosa interessante, che arricchisce tutti e che, soprattutto, migliora la comprensione, l’interazione e la conoscenza fra individui.
L’apprendista comincia a dire: mah, non pensavo proprio
così, non c’è un’immagine dove si vedono degli agglomerati abitativi un po’ più estesi …
A questo punto, mi accorgo, di come a volte consideriamo il
nostro, come un punto di vista decisamente fisso, preponderante e abbastanza inattaccabile, invece non sempre è così.
Quando scopri altre vie d’interpretazione e di raffigurazione, grafica e mentale, di alcuni fenomeni, o situazioni,
ti senti, in un primo momento, un po’ frastornato e sminuito, ma poi ti pervade un senso di gioia, arricchimento e
completezza.
Viva il LA.
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Certificazioni
CERTIFICAZIONI
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Certificazioni lingue e informatica
Quest’anno solo 6 dei 7 candidati interessati hanno potuto svolgere l’esame di certificazione: 3 per le lingue e altrettanti per informatica. Infatti il candidato della prova
di Italiano ha dovuto rinunciarvi per lo scarso numero di
iscritti.
Al momento non abbiamo i risultati finali, perché gli esami
si sono svolti a stampa avvenuta di questo primo numero
de il Quaderno di InOltre. Da quello che si è potuto riscontrare dall’impegno e la motivazione dei candidati, le
prospettive sono senz’altro favorevoli e ci si attende un autentico en plein.
MATERIA
DENOMINAZIONE
CERTIFICAZIONE
ENTE
CERTIFICATORE
NUMERO
CAND.
LIVELLO
MODULO
ESITO
ESAMI
Ita.
Esame CILS (Certificazione di Italiano come
Lingua Straniera)
www. cils. unistrasi.
it
Università per
Stranieri di Siena
1
B2
Non
Svolto
Fran.
DELF – Diplôme
d’Etudes en Langue
Française
DALF – Diplôme
Approfondi de Langue
Française
www. delfdalf. ch
Centro d’esame
Grigioni e Ticino
c/o Istituto cantonale
di economia e commercio
Viale Stefano
Franscini 32
CH-6501 Bellinzona
1
A2
Giugno
2014
Ingle.
First Certificate in
English (FCE) e
Cambridge of Proficiency in English
(CPE)
Centro d’esami
Cambridge Svizzera
Italiana, c/o SUPSI
www. cambridge-ticino.
ch
2
1 FCE (B2)
1 CPE (C2)
Luglio
2014
Info.
ECDL - European Computer Driving Licence
Foundation
www.ecdl.ch
Centro Test Scuola
InOltre
3
Web editing
Giugno
2014
39
Moduli
MODULI
Cura del verde
PROGRAMMA SVOLTO
di Kiwy Varalli, docente
Le lezioni si sono svolte in due parti: teorica e pratica. Nella prima si sono sviluppati gli obiettivi della lezione, con
dispense ed illustrazioni; nella seconda si sono messi in
opera i contenuti presentati nella parte teorica.
Manutenzione superfici
Lavori di manutenzione
delle superfici e capirne il
funzionamento, come la
sarchiatura, vangatura e
fresatura.
Concimazione
Concimazione naturale e
chimica, attraverso l’apporto di materiale organico
e lo spargimento di concime specifico; conoscenza
del diverso impiego sulle
diverse stagioni.
Potature
Potature di piante perenni,
arbustive ed arboree.
Piantagione
Modo corretto di
procedere con diverse
piantagioni,
di annuali, perenni, arbusti
ed ortaggi.
Manutenzione
Come intervenire durante
l’anno nella normale
manutenzione dei giardini.
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42
MODULI
Cura degli spazi comuni
ESPERIENZA ALL’INSEGNA DEL
RISPETTO E DELLA COLLABORAZIONE
di Vito De Vito, docente
E cinque. Infatti è il quinto anno consecutivo che mi è stato proposto di tenere il corso “Cura degli spazi comuni”
presso il penitenziario la Stampa di Lugano. A partecipare
sono i cosiddetti “scopini”, ossia quegli ospiti del penitenziario a cui sono stati assegnati compiti di gestione (ordine, pulizia, controllo ecc. ) degli spazi comuni delle varie
sezioni.
Evidentemente ho accettato con molto piacere, visto soprattutto l’apprezzamento favorevole dei corsisti: l’interesse e la partecipazione sono stati sempre al top: è difficile
chiedere loro di più! A ciò va aggiunta la mia esperienza
positiva, sia professionale che umana. Credo che anch’io
– al pari dei corsisti – abbia imparato molto, grazie ai puntuali contributi dei corsisti stessi, come pure sul piano didattico. Infatti grazie a Scuola InOltre ho potuto (e soprattutto dovuto) sperimentare soluzioni didattiche “nuove”,
che ho in parte applicato – secondo il processo del transfer
– nella mia pratica corrente di insegnamento alla SPAI Locarno. Per cui, a trarre giovamento da questa pluriennale
esperienza, non sono solo io, bensì anche i giovani che in
questa sede seguono i tirocini di Operatori di edifici e di infrastrutture (custodi) e di Operatori per la pulizia ordinaria
e manutentiva.
Per concludere mi preme sottolineare ancora tre cose. Primo: quest’anno, come in passato, ho rilevato quanto sia
stato apprezzato il materiale didattico che ho preparato.
Secondo: ho notato il rispetto e una buona collaborazione
tra di loro (i corsisti), aspetto questo che mi ha colpito in
modo positivo e che certamente incide positivamente sul
clima del gruppo-classe (dello star bene), favorendo il processo di apprendimento dei singoli. Terzo: per quanto riguarda il programma svolto, in accordo anche con la direzione delle strutture carcerarie, quest’anno si sono trattate
le tematiche (vedi colonna a destra) con i rispettivi obiettivi.
I contenuti
1. Le conoscenze di base
della pulizia
2. La sporcizia non
aderente
3. La sporcizia aderente
4. L’igiene
5. Sicurezza sul lavoro
6. Protezione ambiente
7. Smaltimento dei rifiuti
Gli obiettivi
1. Acquisire nuovi metodi
di pulizia
2. Essere in grado di abbinare giusti metodi ai
rispettivi sistemi di
pulizia e di trattamento
3. Conoscere le basi
dell’igiene in riferimento
alle pulizie
4. Raggiungere buoni
risultati, contenendo costi,
dispendio di energie
e rispetto dell’ambiente.
MODULI
Condividi un pranzo
TEMI IMPORTANTI
PER IL LORO FUTURO
di Campani Paolo, docente
Si e concluso ieri (ndr. 3 febbraio 2014) il corso «Condividi
un pranzo “, svoltosi al carcere la Stampa di Lugano.
Come mia prima esperienza in questo ambito, sono rimasto colpito dall’interesse costante e entusiasta, del gruppo
partecipante.
Il gruppo “scopini”, nella fase teorica, si è dimostrato
molto interessato ai vari argomenti trattati e le domande
sull’argomento sono risultate molto copiose.
Gli è stata consegnata da parte mia tutta la documentazione
dei temi trattati molto importanti anche per il loro futuro.
Oltre alla teoria abbiamo fatto cucina pratica e composto
dei menù giornalieri.
Abbiamo iniziato con un menù per gli sportivi, seguito da
un menu per vegetariani e per finire un menù per eventi
speciali.
I partecipanti si sono impegnati in preparazioni di pasta
fresca, impasti per torte e pasticcini. Inoltre hanno potuto
tastare diverse preparazioni possibili con l’utilizzo degli
alimenti che possono acquistare nel loro spaccio.
Ringrazio lo staff del carcere e in particolare i furieri Villa
e Laghi e lo staff della cucina per il loro appoggio riguardo
la merce fornita. Grazie!
Il corso si è svolto in tre
diverse giornate, con tre
argomenti principali:
1. Alimentazione sana
2. Vari tipi di alimentazione
3. Tipologie di problemi
che si riscontrano
nell’utilizzo di una
alimentazione scorretta.
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MODULI
Creo un’azienda
PRIMA VISITA AL PENITENZIARIO
di Marco Mastelli, docente
La Farera. Con Mauro Broggini entro nel carcere denominato La Farera, che secondo le normative europee sostituisce, in Ticino, le carceri pretoriali. Questa struttura accoglie i minorenni e le donne in attesa di giudizio. Ero già
stato qui a fine gennaio solo per la riunione di fine semestre
con gli altri docenti della Scuola InOltre
La prassi, prima di entrare nella struttura, è la seguente:
controllo dei documenti d’identità e consegna del badgelasciapassare per poter aprire le numerose porte che si intercalano e consentono gli accessi ai piani.
Nel carcere La Farera, il più recente incontriamo Lorenza
Dadò, animatrice del corso di cucito, in compagnia di due
donne detenute; sono le prime che vedo e saluto. Stanno
per iniziare l’attività del pomeriggio. Sorridono e mi guardano più volte come incuriosite; mi chiedono se desidero
un caffè o un succo d’arancia visto che una delle due armeggia con uno spremiagrumi. Ringrazio ma sto bene così. La sala dell’atelier è spaziosa, luminosa con una libreria
colma di libri datati ed enciclopedie per ragazzi, fumetti e
romanzi; c’è una macchina per il caffè e alle pareti sono appesi grandi disegni che ritraggono soli che sorridono.
Con Mauro salgo sul terrazzo del quinto piano per vedere
dove le detenute possono prendere aria per un’ora al giorno. Prima, però, mi fa entrare in una cella per vedere che
sensazione provo. La cella è spaziosa, spartana, pulita; c’è
l’essenziale: un letto un angolo WC dietro il letto; una parete con delle mensole e un finestra ampia con sbarre d’acciaio che ostacolano la vista sul bel paesaggio invernale e
che fanno filtrare luce e sole; venerdì 13 febbraio, festa degli
innamorati, è una giornata di sole quasi primaverile; non
provo ansia in cella perché la mia sosta è di qualche minuto.
Ma qui sei fuori dal mondo. Non so perché ma questa cella mi ricorda il servizio militare. Mi ricorda quei militi che
avevano patito giorni grami nelle celle di rigore. E mi ricorda anche le celle di monaci cistercensi visitate tanto tempo
fa quando ero studente a Pavia. Strana associazione d’idee.
Saliamo all’ultimo piano scortati da alcune guardie che
stanno accompagnando quattro donne detenute. Anche
loro ci salutano; anche loro sembrano essere serene. Fuori uno scorcio su Lugano che dietro le sbarre è ancora più
tentatrice. La differenza la fanno il filo spinato attorcigliato e i quintali di sbarre d’acciaio.
Le guardie, numerose, che ti aprono le porte, sono (angeli)
custodi. Salutano fanno battute con Mauro che contraccambia.
La Stampa. Il carcere La Stampa è la parte più vecchia di
tutto il penitenziario; ci incamminiamo per un lungo corridoio che sembra il ventre della balena; corridoio lungo di
un colore freddo chiaro con tante porte a destra e a manca.
Salutiamo le guardie in fondo in un locale sulla sinistra;
dovrebbero essere tre ma ci accolgono solo in due; è da loro che bisogna passare prima di andare in aula per sapere le
ultime novità: corsisti ammalati, in infermeria, a colloquio
con l’avvocato.
Dalle finestre del corridoio vedo i primi detenuti maschi
attorno al campo di calcio. Parlano, si godono pigri il tepore del sole. Ma adesso entriamo anche noi dalla porta che
dà accesso al campo sterrato; qualcuno si avvicina a Mauro
per salutarlo; lui mi presenta.
Sono quasi le 15. L’ora d’aria sta per finire. Noi due entriamo nella palestra dove incontriamo Stefano Jelmorini, docente di educazione fisica per adulti; Mauro ha un regalo
per i detenuti: sono magliette nuove di un bel colore azzurro per chi fa sport o fa parte di una squadra.
In questa ala del penitenziario ci sono anche le due aule
dove incontrerò chi segue il modulo di Civica e chi vuole
mettersi in proprio; sono aule più strette rispetto a quelle
della Farera; incontriamo altri ospiti; Mauro è molto conosciuto qui e stimato per tutte le iniziative che ha promosso. La sua è una vocazione; “il mio debutto come educatore qui è iniziato ben 25 anni fa” mi dice. Dal suo sguardo
filtra emozione e anche orgoglio per quanto realizzato.
“Chiesi al dipartimento dell’educazione di mettere in piedi
un progetto educativo, e le ore arrivarono senza problemi”.
Sono quasi le 15 e 30. Ritorniamo verso l’uscita. Saluto e mi
congedo da Mauro. Con me il responsabile dell’informatica, Gregory, che mi segue fino al posteggio.
MODULI
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PROGRAMMA
Mettersi in proprio, fare l’imprenditore di se stessi, realizzando il sogno della propria vita. Un’idea a cui pensate da
tempo e che volete ora trasformare in progetto concreto.
Questa volta siete voi l’attore principale e volete dare il meglio di voi stessi, dal momento che siete coinvolti, anima e
corpo, nel vostro progetto imprenditoriale.
E allora non dovrete lasciare nulla al caso tra strategie di
marketing (ricerca di clienti a cui proporre e vendere i vostri prodotti e servizi) e amministrazione del vostro business (impresa in senso lato), tra corsi di aggiornamento e
relazioni pubbliche.
L’idea di essere direttore della vostra azienda vi piace molto. Ma non scordatevi che allo stesso tempo reciterete anche la parte dell’impiegato (esecutore del lavoro), della segretaria (amministrazione e contabilità), e del venditore
(distributore e promotore dei vostri prodotti). Tutto, ma
proprio tutto, dipenderà da voi. Questo è il prezzo del successo, compensato ampiamente da molte soddisfazioni,
prima personali e poi, si spera, anche finanziarie.
L’obiettivo finale per voi è quello di vivere del proprio lavoro.
Argomenti
1. Le caratteristiche
dell’imprenditore
2. Studio di casi: no chiken
no party
3. La forma giuridica
dell’azienda
4. Le calcolazioni attraverso un esempio (bilancio, conto economico,
inventario, il bilancio previsionale ecc. )
5. Le assicurazioni
6. Marketing
7. Progetto d’impresa
(l’esame del mercato, gli
attori; la pubblicità; il
lavoro in team e progetti
individuali d’impresa:
l’idea e il prodotto,
l’azienda, il mercato, il
marketing, il finanziamento, i rischi)
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Eventi
EVENTI
Conferenza sul bosco
di Fausto Riva, sezione forsetale cantonale Bellinzona
Quando mi è stata data la possibilità di presentare una relazione sul bosco e l’ambiente ai detenuti della Stampa ho accettato con entusiasmo e un po’ d’apprensione. Trovo molto bello dare la possibilità di condividere opinioni diverse
per riflettere insieme su argomenti comuni anche se non
sempre di stretta attualità. Alla prima esperienza di questo
genere i miei dubbi sono stati da subito quelli di riuscire a
coinvolgere le persone che avrebbero aderito all’invito della direzione partecipando all’incontro; mi è rimasto il dubbio di aver in un certo senso abusato della loro pazienza ed
attenzione.
Ho voluto presentare, malgrado l’ambiente limitato e
chiuso come il carcere, l’immensità dello spazio e del tempo del nostro universo, con la speranza di condividere con
gli ospiti la sensazione di appartenenza alla nostra Terra,
pur in un momento per loro di sofferenza per la privazione
della libertà.
La bellezza del creato la si può apprezzare ovunque poiché
la si vede nelle stelle alzando gli occhi al cielo ma anche in
una tela di ragno o in un’esile pianticella di muschio. Spero
di aver incuriosito i partecipanti che da parte loro si sono
dimostrati molto buoni e comprensivi nei miei confronti.
Sarebbe bello poter vivere le stesse emozioni in natura, nei
nostri boschi, ma forse si può trovare il bello anche nelle
piccole cose e nei gesti quotidiani. Come diceva un detto di
un grande scrittore:
“L’unico vero viaggio
verso la scoperta
non consiste nella ricerca
di nuovi paesaggi,
ma
nell’avere nuovi occhi”
Vorrei trasmettere un caro saluto ai partecipanti all’incontro e un elogio alla direzione del carcere e ai collaboratori
della scuola per l’opportunità che mi è stata data e offerta
agli ospiti della Stampa.
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EVENTI
Testimonianza di Mauro Gianetti
SÌ CERTO, CON PIACERE
di Mauro Gianetti, Manager e ex-corridore professionista
Si certo, con piacere, parole che ti escono dalla bocca quasi
di getto, in risposta ad una domanda a bruciapelo fatta da
una persona simpatica.
Ma… mentre stai pronunciando quelle parole, ti rendi conto che la risposta avrebbe meritato una valutazione più
profonda e intelligente, se non altro almeno qualche riflessione mettere un attimo da parte la bonaria disponibilità e
il desiderio di fare nuove esperienze. Nella frazione di secondo che viene subito dopo aver dato
la risposta, il cervello apre tutti i file per cercare di vedere
se riesce a capire ciò che comporta l’accettare l’invito e le
conseguenze positive e negative che possono scaturirne; in
base a quella analisi magari ti dai un’altra risposta… Ma
ormai è troppo tardi, quella ufficiale è già stampata sul sorriso compiaciuto del tuo interlocutore.
Si certo, con piacere, ho risposto a Mauro Broggini quando
mi ha chiesto di fare una visita ai detenuti del carcere di Lugano e quando ormai avevo accettato, il risultato dell’analisi dei miei file mi ha messo in confusione, e adesso di che
cosa vado a parlare ai detenuti? Parlare di te stesso e della tua carriera implica che devi descrivere quanto hai fatto
di bello e di buono, dei tuoi successi e delle tue imprese,
magari durante la carriera sei pure passato attraverso momenti difficili, per carità, ma vuoi metterli a confronto con
quelli degli interlocutori che avrai davanti? Sì, bello fin che vuoi parlare dei momenti più belli della tua
carriera, ma a chi lo vai a raccontare sono delle persone che
si trovano in carcere.
Come reagiranno ad uno che va lì a raccontargli quanto è
stato bravo o quanto lo è ancora, quanto è famoso, quanto
ha vinto ecc? Come pensi e con quale diritto ti presenti davanti a dei detenuti, a raccontare il bello della tua vita, senza pensare di apparire uno sbruffone?
Gli racconto di tutti i sacrifici che ho dovuto fare per raggiungere i risultati di livello internazionale, per apparire
meno sbruffone? O, magari parlare loro di sacrifici, li irrita perché dai l’impressione che te la stai tirando ancora
di più? Anche perché, in fondo ho fatto tutto con piacere
e passione e se ho fatto dei sacrifici non me ne sono nemmeno accorto. O semplicemente avranno voglia di sentirti
raccontare come hai vinto le gare, o parlare indipendentemente da ciò che gli verrà detto, in quanto sarà un momen-
EVENTI
to nel quale non penseranno alla loro situazione? Eh sì, le
frazioni di secondo sono bastarde, durano pochissimo ma
fanno un casino che non te lo immagini, perché poi, le domande si moltiplicano, da ogni domanda nata in quella maledetta frazione di secondo, ne nascono altre due e così via.
Un turbinio di pensieri e di angoscia mi hanno assalito,
molte altre domande hanno invaso la mia mente, stimolando allo stesso tempo la curiosità di scoprire se fossi in
grado di portare qualcosa di interessante a queste persone
e se fossi riuscito a capire cosa pensano e come vivono realmente la loro situazione.
Alla fine ho deciso che avrei parlato un po’ di tutto, di ciclismo, di successi ed insuccessi e degli impegni umanitari ed
ecologici dei quali mi sono fatto carico, per poi lasciarmi
sorprendere dalle reazioni.
Quando mi sono trovato davanti una platea multietnica
composta di soli uomini che mi guardavano intensamente e
con una certa simpatia, mi sono reso conto che, come spesso capita tra gli uomini, lo sport ha un peso importante.
Per molti di loro l’emozione di conoscere personalmente
un atleta di alto livello non era stata fermata dalle sbarre, ed
era lì e palpabile, forse più che in altre occasioni.
Anche loro come tutti quanti, quando conosciamo qualcuno di conosciuto o famoso, viviamo quella strana e bella
sensazione di gioia o di far parte di persone fortunate o privilegiate, pur lasciando il tempo che trova, in quel momento ti senti meglio ed un po’ importante.
È stato un momento molto toccante, ero riuscito a dare
un’emozione positiva indipendentemente da ciò che avrei
raccontato loro quel pomeriggio.
Come previsto ho parlato brevemente delle gare più belle
della mia carriera ed ho parlato dei progetti umanitari in
Africa, mostrando loro dei video. Credo di essermi sbagliato, avrei dovuto parlare più di sport e meno di altre cose, me ne sono accorto al momento delle domande dell’errore fatto e mi dispiace molto…
Mentre parlavo e mentre mi ponevano le domande, pensavo a loro a come stavano vivendo quella situazione…
Si certo facciamolo, chissà per quanti di loro quelle stesse
parole, erano la causa di trovarsi in carcere ben più a lun-
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go che un pomeriggio di intrattenimento? Chissà quanti di
loro vivono quella situazione, pensando a quanto poco sarebbe bastato se in un quella maledetta frazione di secondo
le cose fossero andate diversamente o se avessero risposto
al contrario, per non trovarsi li.
Ma infondo ho visto tanta voglia di non pensare troppo,
di far passare il tempo in fretta e di lasciare quel posto per
non tornarci mai più. Ho visto e conosciuto persone consapevoli dei loro errori ma che non hanno perso la dignità,
quella vera, anche se in quel contesto si potrebbe confondere con l’arroganza.
Proprio il vedere quella dignità mi ha spinto, prima di andarmene, a chiedere a tutti quanti l’autografo.
Sono felice di aver risposto senza pensare, si certo, con piacere, e ringrazio tutti quanti voi ragazzi, ho appreso più io
da voi che voi da me.
52
EVENTI
Testimonianza di montagna
LA MONTAGNA, UNA GRANDE
MAESTRA DI VITA
di Fiorenzo Dadò, Gran consigliere
e appassionato di montagna
Ogni alpinista ha un suo motivo per scalare la cima di una
montagna, sia esso fisico o spirituale. Personalmente a
spingermi sulle vette di casa nostra e su quelle più alte della Terra, è l’incessante bisogno di confrontarmi con quello
stato di leggerezza e di sublime che solo in montagna riesco a percepire. La montagna e la natura straordinaria che
si è adattata ai suoi pendii, non ho timore a dirlo, sono state
le mie principali guide e fonti di ispirazione, soprattutto
nei momenti più fragili della mia vita. Oggi posso affermare con certezza che in gioventù, quando sarebbe bastato molto poco per perdersi su strade e terreni minati e desolanti, la montagna mi ha aiutato in modo determinante,
mettendomi alla prova e permettendomi di conoscere me
stesso, in particolare imponendomi dei limiti. Oggi sono
quello che sono, nel bene e nel male, grazie anche alle cime
delle montagne. Quando il professor Mauro Broggini mi
ha invitato a tenere una piccola conferenza sull’alpinismo
all’interno del carcere nell’ambito di Scuola InOltre, ade-
rii immediatamente, anche se devo ammettere non senza
un leggero timore. Il carcere per noi che stiamo fuori è un
luogo misterioso e sconosciuto, del quale ci facciamo delle immagini sfuocate soprattutto grazie alla fantasia, agli
stereotipi e magari a qualche filmato che abbiamo visto alla TV. Non immaginiamo neppure lontanamente quel che
accade realmente all’interno, quale sia il concreto processo
di “redenzione” che il carcerato intraprende, più o meno
positivamente, nella sua lunga o corta permanenza dentro
le mura. L’esperienza che ho avuto modo di fare quel giorno è stato senza dubbio un prezioso dono che ho ricevuto
e che mi auguro, almeno in parte, di essere stato in grado
di restituire.
Il mio intento era quello di proiettare un documentario
che avevo preparato dopo la mia ascensione al Cho Oyu in
Himalaya, la sesta montagna più alta al mondo, con i suoi
8201 metri. Quando siamo entrati e ci siamo recati in aula,
sono iniziate le prime difficoltà.
EVENTI
L’apparecchiatura per la proiezione non era assolutamente
adeguata e non vi era neppure la possibilità di sentire l’audio, i commenti e le relative musiche associate. Dopo un
primo momento di smarrimento e irritazione, con l’arrivo degli ospiti, mi sono arrangiato, commentando direttamente le immagine Live, così come capitava.
Devo dire che questo inghippo tecnico si è rivelato nonostante tutto una fortuna, perché, contrariamente a quanto
avrei potuto immaginare, si è verificato qualcosa di sorprendente, direi umanamente meraviglioso, che mi ha particolarmente sorpreso e anche arricchito. Il grande interesse e attenzione che i carcerati hanno mostrato e il livello e
la curiosità delle loro domande ci hanno permesso un’interazione altrimenti impensabile, intavolando un discorso
curioso e variegato, che spero abbia arricchito anche loro.
Se tutto fosse filato via liscio, probabilmente ci saremmo
limitati sul finale a qualche frettolosa domanda di routine,
a tempo oramai scaduto.
Oltre aver sperimentato dall’interno questa realtà, conosciuto l’attività di Scuola InOltre e quindi aver cercato di
trasmettere i valori della montagna attraverso questa opportunità, ho avuto occasione di poter parlare anche con
alcuni giovani che avevo “conosciuto” sulle tristi cronache
dei giornali, scoprendo un’umanità in evoluzione e interessante, che fa ben sperare per il loro futuro. L’attività e
la missione che viene svolta da Scuola InOltre nel nostro
carcere è straordinaria e va a mio giudizio sostenuta e ulteriormente potenziata. Lo dico con convinzione, come
cittadino e come politico, ma se crediamo veramente nelle
potenzialità rigenerative dell’esperienza carceraria per chi
ha commesso dei gravi errori nella vita, allora dobbiamo
realmente fornire anche gli strumenti adeguati affinché ciò
possa concretamente essere messo in pratica, in modo positivo. Se il percorso di “rinascita” di un individuo può essere paragonato alla scalata di una vetta, questo cammino
può avere successo solo se intrapreso con gli strumenti e i
suggerimenti adeguati. Scuola InOltre, per tutto quanto fa
e per la qualità che generosamente offre, è fuori di dubbio
uno di questi.
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54
EVENTI
Conferenza sulla fotografia
ORE 15: LEZIONE DI FOTOGRAFIA
di Katja Snozzi, fotografa
Quando Mauro Broggini mi propose tempo fa di tenere ai
detenuti della Stampa una relazione sulla mia attività di fotografa, confesso di aver avuto parecchie esitazioni. E non
solo perché sapevo di non aver dimestichezza con la parola e qualche – pur lieve mi dicono – difficoltà con la lingua
italiana, ma anche perché gran parte dei temi da me raffigurati (guerre, devastazioni, catastrofi naturali, miseria,
sofferenza umana) mi sembravano quanto meno inadeguati per essere proposti in una realtà carceraria già oberata
assai da altre problematiche.
Queste mie esitazioni trovarono poi conferma il giorno vero e proprio della “visita” alla Stampa. La pioggia, il grigiore della giornata che si rifletteva sul cemento dell’edificio,
il fango e le pozzanghere sul campo interno, lo squallore
dell’area riservata all’ora “libera” degli ospiti della Farera
mi lasciarono perplessa. La natura e l’uomo sembravano
aver fatto comunella per mettere in risalto l’impietosità del
luogo e dell’ambiente. C’era il vuoto, il silenzio, nei corridoi, sulle rampe delle scale, sotto i portici interni. Nelle
celle medesime non il soffio di un’anima viva, quasi a voler
EVENTI
smentire il tanto criticato sovraffollamento delle carceri.
Eppure. Urla improvvise dal reparto femminile vennero a
stroncare questa prima impressione e subito il vuoto si fece
meno intenso. Gruppetti di detenuti e, a una certa distanza, secondini in divisa (ma si chiamano ancora così?) spuntarono da ogni dove e mi lasciarono intendere che l’ora era
venuta. “Lezione di fotografia?”. Un distinto signore (difficile dire se detenuto o funzionario dirigente) mi si avvicinò invitandomi a prender posto nell’apposita saletta dove già sedeva una ventina di persone, sotto l’occhio vigile
di una donna in uniforme, l’unica che segnasse l’eccezione
nella separazione dei generi tradizionalmente voluta dalla
severa disciplina penitenziaria. “Niente lezione, soltanto
una chiacchierata”, mi permisi di far notare agli attenti interlocutori. Avevo portato con me una serie di fotografie
che, memore dei suddetti primi timori, avevo “edulcorato”
anche con scatti di realtà meno cruenti. Il tutto, o quasi, in
bianco e nero, frutto di un’attività pluriennale di fotoreporter in terre più o meno lontane, inviata speciale di giornali o di organizzazioni umanitarie internazionali. “Bianco e nero”, dicevo. Sì, perché in fotografia il bianco e nero
coglie l’essenziale, mettendo in risalto i tratti più espressivi
del soggetto di volta in volta fotografato, poco importa se
un edificio, un ponte, un paesaggio, un animale o uno o
più esseri umani. Ed eccomi, di fatto e nuovamente, confrontata, appunto con altri esseri umani, anch’essi in bianco e nero. Bianco, come il colore dell’innocenza perché in
carcere – come si narra in un celebre film americano – tutti
sono innocenti e nero perché è l’elemento che assorbe e, paradossalmente, evidenzia la luce di ogni colore.
Un incontro (per me) stimolante questa “lezione” di fotografia. Immagini nuove, presenze accattivanti, discorsi
surreali ma istruttivi.
All’uscita, tutti sulla porta mi salutano, con una stretta
di mano. “Tra due giorni esco”, mi sussurra F. B. “Esco
anch’io, ma un po’ dopo” precisa S. V. , senza dire però che
quel dopo non sono né giorni, né mesi, ma anni…
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56
EVENTI
Spettacolo Mentalist
di Federico Soldati, mentalista
«Buongiorno Signor Soldati, che ne direbbe di fare uno
spettacolo alla Stampa?».
Potete immaginare il mio stupore nell’udire queste parole
quando il signor Mauro Broggini, responsabile della Scuola InOltre, mi ha telefonato per invitarmi a fare un’esibizione per i detenuti del carcere ticinese. In un primo momento, infatti, ho pensato che si trattasse di uno scherzo.
Non ero consapevole che all’interno della struttura carceraria ci fossero numerose attività ricreative fra le quali
anche dei momenti culturali e di spettacolo. Presto ho cominciato a digerire la proposta di Mauro e il mio scetticismo iniziale si è subito trasformato in vero e proprio entusiasmo di provare un’esperienza così particolare.
Per presentare al meglio lo spettacolo mi è stato offerto di
fare una visita guidata di tutta la struttura carceraria. Ho
colto al volo questa possibilità, anche per rispondere ad alcuni quesiti che negli anni mi sono posto riguardo alle differenze tra l’immaginario comune di una prigione e la realtà.
Dopo aver superato numerosi controlli e portoni in cemento armato il signor Broggini e una guardia mi hanno
portato direttamente all’interno dell’atrio, dove gli ospiti della struttura camminano liberamente come se fossero
per strada. La prima cosa di cui sono rimasto molto stupito è stata la costatazione che i detenuti possono indossare
i propri vestiti. Io ho sempre creduto che vigesse l’obbligo
di una divisa. Mi ha anche sorpreso il fatto che tutti coloro che mi incrociavano mi salutavano con educazione e
simpatia, quasi come se fossi uno di loro (strano da dire in
questo contesto). In particolar modo mi hanno colpito la
calma e la tranquillità che regnavano pacifiche all’interno
delle mura. Se non avessi saputo di trovarmi all’interno di
una prigione avrei potuto facilmente pensare di trovarmi
in un ordinato e tranquillo ateneo universitario, con persone che ridono, parlano e si occupano di diverse mansioni. Certo, perché durante il giorno all’interno della Stampa
a ogni detenuto è attribuito un mestiere in falegnameria,
in cucina, nella stamperia come anche in altri settori produttivi o logistici. Il nostro sistema penale, a differenza di
quello presente in paesi più conservatori, non crede nella pena come un elemento di espiazione ed emarginazione
del “cattivo” dalla società, bensì è incentrato sull’aspetto
della reintegrazione del detenuto dopo un periodo di riflessione e formazione personale. È diffuso il pensiero che
le condanne inflitte dal codice penale svizzero siano molto leggere. Questo tema è oggetto di discussioni da molti decenni ma è giusto ricordare che già solo l’impatto di
un processo giudiziario sulla vita di una persona ha delle conseguenze indelebili (anche in caso di proscioglimento). Una detenzione poi, anche se di breve durata, ha effetti
negativi sugli affetti, sul piano economico e presenta anche ostacoli di reinserimento nel mondo lavorativo. Sono
quindi dell’avviso che i programmi scolastici e ricreativi
dedicati ai detenuti siano uno strumento importantissimo
per insegnare a riprendere in mano la propria vita, la formazione e il cammino verso una vita onesta e moralmente
corretta.
Meno allegra è stata la parte di visita dedicata alla Farera,
il carcere giudiziario. In questo settore della struttura carceraria i detenuti sotto processo sono chiusi in celle grandi
come un bagno ventitré ore al giorno. Mi sono seriamente
chiesto come una persona claustrofobica possa trascorrere
dei mesi in condizioni così severe.
Il 7 marzo 2014 è finalmente arrivato il giorno prestabilito per lo spettacolo. Per entrare all’interno della prima
barriera ho dovuto consegnare documenti e telefonino e
sottopormi alla perquisizione dell’auto. Chiaramente nel
EVENTI
mio caso è molto difficile da condurre, poiché porto con
me tantissimi attrezzi strampalati dagli usi più improbabili. Con una leggera aria di disorientamento, dopo aver costatato che non vi era nulla di pericoloso, la prima guardia
mi ha lasciato passare attraverso altri due cancelli e tre portoni, fino a farmi arrivare direttamente al centro dell’atrio
principale. Quando mi sono guardato intorno, chiuso in
macchina nel cuore della prigione, non posso nascondere
di aver fatto un sorriso pensando a quali potrebbero essere state le reazioni dei miei conoscenti se mi avessero visto
dall’alto.
Lo spettacolo è iniziato con un caloroso applauso da parte
di un centinaio di detenuti che puntualissimi e ordinati si
sono seduti sulle panchine nella palestra. Ero consapevole
che i loro reati spaziassero dal semplice furto a gravissimi
omicidi, tuttavia l’allegria e la felicità che leggevo nei loro
occhi curiosi di vedere uno spettacolo di mentalismo, mi
facevano percepire un strano senso di sicurezza e fratellanza. L’interesse e l’attenzione che hanno dimostrato per
i miei numeri, come anche l’entusiasmo di essere coinvolti
in prima persona in numeri di lettura del pensiero, mi hanno toccato profondamente e posso dire senza indugio che
lavorare sempre con un pubblico così caloroso e amichevole sarebbe il sogno di ogni artista. Certo, c’è anche stato
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qualche piccolo ostacolo linguistico, dato che gli spettatori
hanno nazionalità completamente diverse fra loro. Tuttavia i detenuti poliglotti, senza esitazione, hanno tradotto
simultaneamente lo spettacolo per i compagni, con la cura
e la professionalità di un traduttore esperto. Ho apprezzato molto la convivialità che si è creata durante la rappresentazione e l’energia positiva con la quale tutti si sono salutati
alla fine mi ha toccato profondamente.
Il mio scopo ultimo era quello di far riflettere i detenuti
su temi quali la psicologia, la memoria, la matematica, e a
incitarli a sperimentare sulla propria pelle le potenzialità
della mente umana. Alla fine dello spettacolo sono moltissimi coloro che mi hanno chiesto di raccomandargli libri e
documenti per apprendere ad ampliare le proprie capacità e
sono convinto che quest’esperienza si tradurrà per molti di
loro in un valore aggiunto per la propria personalità. Moltissimi mi hanno anche chiesto una dedica, per se stessi,
per la fidanzata e per i propri figli.
In conclusione di quest’avventura posso dire di essere uscito dalla struttura carceraria con una sensazione di grande
arricchimento umano. A casa ho ripercorso i momenti più
emozionanti dello spettacolo, le risate degli spettatori, le
emozioni che sono nate e i messaggi che sono stati trasmessi. È un’esperienza che mi ha lasciato il segno.
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EVENTI
Pro Juventute - Aria sottile
di Ilario Lodi, direttore di
Pro Juventute Sivizzera Italiana
Alcuni giorni fa ho avuto l’occasione di potermi recare,
per una visita accompagnata, presso il penitenziario cantonale. Lo confesso: non vi avevo mai messo piede ma la
curiosità (per la struttura? per le persone che la abitano?)
ha sempre, in un modo o nell’altro, trovato un posticino
nella mia mente.
Non avevo nemmeno particolari aspettative su chi vi avrei
incontrato o su cosa avrei potuto sperimentare. Sul piano
dell’organizzazione degli spazi e delle attività non potrei
che pronunciarmi positivamente, in quanto mi è stata fin da
subito chiara la sensazione che tutto fosse – e come potrebbe essere altro? – organizzato in ogni minimo dettaglio.
Ciò che però mi ha colpito è stata la cura con la quale i detenuti sono considerati dal personale, sia quello addetto alla loro sicurezza, sia quello responsabile degli atelier o dei
laboratori. Persone, queste, a mio parere “molto in chiaro”
sulla loro funzione, anche (forse: soprattutto?) sul piano
educativo; persone pazienti, determinate, forse a volte anche – inevitabilmente – dure ma – così mi è sembrato – capaci di assumere la loro funzione fino in fondo, senza reticenze.
Perché mi permetto di sottolineare questo aspetto? Personalmente credo che il concetto del “prendersi cura di… ” si
concretizzi in un esercizio di responsabilità che tutti siamo chiamati ad assumere. In particolare, per quel che mi
concerne, con i bambini e i giovani (il settore del quale mi
occupo professionalmente), ma anche con gli adulti. Non
c’è atto che non sia educativo, nel senso buono o cattivo del
termine e, oltre a ciò, ogni individuo ha il diritto di crescere, e questo durante tutto l’arco della propria vita. Ecco, a
pensarci bene, cosa ho percepito in carcere… : la disponibilità delle persone che vi lavorano a caricare di senso le esperienze (anche quelle quotidiane, anche quelle al limite del
banale) che regolarmente hanno a contatto con i detenuti.
E questa capacità non è certamente frutto del caso, ma di
una esperienza maturata nel corso di molti anni di lavoro… Esperienza professionale, certo… ; soprattutto, però,
consapevolezza (profonda, mi permetto di aggiungere) di
persone che prima di essere agenti di custodia, o responsabili di atelier che devono gestire gli ospiti di un penitenzia-
rio, sono persone che – appunto – si prendono cura di altre
persone. In fondo è proprio di questo ciò di cui tutti abbiamo (chi più e chi meno, ovviamente) bisogno: stare, nel migliore dei modi possibili, con altre persone.
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Altri contributi
ALTRI CONTRIBUTI
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Capo sorvegliante
OGNI GIORNO CERCHIAMO
DI AIUTARE LE PERSONE
di Valentino Lucini, capo sorvegliante
Carcere Giudiziario La Farera
Pensando al passato con una vecchia concezione di carcere
pretoriale ci diremmo cosa c’entra la scuola dentro un istituto preventivo, dove in fondo le persone non sono condannate ma innocenti fino a prova contraria e nella grande maggioranza dei casi le carcerazioni sono relativamente
brevi e non sempre si trasformano in una pena conclamata: la presenza della scuola in questa struttura sembrerebbe
inutile.
Tuttavia dal settembre del 2006 le cose sono profondamente cambiate. Infatti nel Cantone Ticino abbiamo una struttura carceraria dedicata alle persone in attesa di giudizio
con diverse competenze di detenzione preventiva tra cui
anche le donne e i minori.
Il Governo ticinese ha deciso sempre nel 2006 di chiudere
la Sezione femminile creando una situazione di gestione
alternativa di donne che si trovano in attesa del processo
dopo la chiusura dell’inchiesta, ma ancora in stato di carcerazione, quello che gli addetti ai lavori chiamano Regime
Ordinario (RO).
Ebbene, se per i minori la procedura penale dice espressamente che devono frequentare la scuola quando si trovano in stato di carcerazione preventiva ed entra in funzione “d’ufficio”, per le donne in RO la frequentazione della
scuola non è obbligatoria.
In ogni caso la scuola all’interno del Carcere Giudiziario è da ritenersi uno strumento di lavoro preziosissimo,
in quanto non solo evita che le persone restino la maggior
parte della giornata in camera, agevolando il lavoro degli
agenti, ma svolge anche un ruolo riabilitativo soprattutto
con i minori che sono cresciuti in un contesto famigliare
estremamente difficile e precario.
La tipologia di minori presenti al CG FAR, tranne qualche eccezione, è costituita da ragazzi e ragazze accusate di
furto appartenenti alla etnia ROM o di ragazzi e ragazze
indigeni accusati di reati di poco conto che però hanno alle
spalle già parecchi fermi di polizia e verbali presso la magistratura dei minorenni.
Attraverso il lavoro della magistratura dei minori, degli
agenti di custodia, il servizio sociale e di tutto il corpo insegnante della scuola l’obiettivo è quello di rinsegnare a
questi ragazzi le regole necessarie per vivere correttamente
nella società.
Senza l’apporto scolastico questo obbiettivo sarebbe sicuramente più difficile da conseguire, basti pensare alla nostra società che evolve sempre più velocemente.
In carcere negli ultimi anni abbiamo anche avuto dei piccoli ospiti. Ovvero bambini e bambine con meno di tre anni che hanno vissuto in carcere con la propria madre, anche
in questo caso la situazione è stata gestita insieme agli insegnanti della Scuola InOltre.
Infatti, mentre le madri frequentavano i corsi i bimbi potevano restare in aula a giocare e in alcuni casi gli insegnanti
stessi si occupavano dei piccoli ospiti.
Naturalmente avere dei piccoli ospiti per gli agenti di custodia è un impegno supplementare a quello che già devono
svolgere normalmente. Visto che il carcere non è un luogo
adatto ai bambini piccoli, la nostra attenzione in questi casi
aumenta notevolmente e il nostro ruolo è quello di salvaguardare la salute di questi bimbi prendendoli a carico per
le necessità primarie come per esempio le cure mediche e i
pasti ecc.
Svolgendo la nostra professione in Team, considerando la
scuola parte di esso, ogni giorno cerchiamo di aiutare le
persone presenti nel nostro istituto con l’obiettivo di aver
placato la rabbia che li ha portati in carcere, sperando che
abbiano colto le opportunità che abbiamo messo a loro disposizione.
Per finire direi che una persona riabilitata è un criminale in
meno sulle strade e che il carcere non è la fine, ma un nuovo inizio.
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ALTRI CONTRIBUTI
Suor Rita
ESSERCI CON IL CUORE
E SENZA PREGIUDIZI
di Suor Rita Freti, Figlia della Carità
di San Vincenzo de Paoli
Il mondo del carcere è un mondo a sé stante, ai margini della società. D’altra parte per chi viene rinchiuso in un penitenziario si dice in dialetto “l’è stai metüt dadenta”, intendendo così che è stato rinchiuso, allontanato dal mondo.
Per chi non conosce questa realtà è difficile capire la vita
all’interno di una prigione e spesso la nostra società, detta
”per bene “, coltiva parecchi pregiudizi nei confronti di chi
deve espiare una pena detentiva.
Come Suora della Carità delle Figlie di San Vincenzo, da
quattro anni, per circa quattro ore alla settimana, sono attiva alla Farera.
Come dappertutto la struttura è solo fredde mura, che non
dicono nulla, ma ciò che rende vivo e animato l’ambiente
sono le persone che vi abitano. Ed è così anche alla Farera.
Durante le ore passate con gli ospiti ho conosciuto parecchie persone, con loro ho passato ore belle e serene e ho
avuto conversazioni ricche di verità e umanità.
Ognuno di noi porta con sé un bagaglio più o meno pesante di sofferenze. Una persona che si trova dietro le sbarre di
un carcere, privata della libertà e in solitudine, sente questo carico più preoccupante e più grave. Eppure durante
la mia presenza ho incontrato donne che hanno cercato di
dare il meglio di loro stesse aprendosi, creando un ambiente bello e sereno, impegnandosi nell’esprimere la loro creatività in lavori manuali, che oltre a servire da passatempo
piacevole possono far scoprire che con un materiale povero
si fanno piccole cose che danno soddisfazione.
Nella mia attività pluriennale con persone bisognose e disagiate ho sempre impostato l’incontro con semplicità, ma
soprattutto con verità, senza giudicare e senza la pretesa di
impartire lezioni sulle mie convinzioni. E così scopro sempre che ogni persona, anche se ha commesso reati, ha in sé
molto da dare e che è molto bello stare con loro, non solo
fisicamente ma anche con il cuore.
Ogni donna o uomo è un pianeta da scoprire è “una storia
sacra”, come dice bene il titolo di un libro di Jean Vanier,
che ha dedicato la sua opera a persone disabili, condividendo la sua vita con loro.
Riprendendo questo concetto di “Storia Sacra” ringrazio
di cuore gli ospiti della Farera che durante il periodo più o
meno lungo che abbiamo trascorso insieme mi hanno fatto
partecipe della loro vita, dei loro momenti di fatica e di dolore e di tutte le loro piccole o grandi gioie.
“Donami o Dio un cuore che ascolta” e alla Farera c’è proprio bisogno di un cuore che sappia ascoltare ed entrare in
sintonia con le persone.
Di tutto questo ringrazio chi mi dà la possibilità di vivere
questi incontri e ringrazio il Buon Dio che ha creato l’uomo e la donna a Sua immagine.
ALTRI CONTRIBUTI
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Capellano carcerario
L’ASSISTENZA SPIRITUALE IN CARCERE:
UNA MARCIA IN PIÙ!
di Michele Ravetta, capellano carcerario
Bisognerebbe essere privati della libertà, quindi detenuti,
per capire seriamente cosa significhi passare dalla libertà
garantita dalla vita civile alla carcerazione decisa dall’autorità giudiziaria. In quest’ultimo ambito si hanno non solo
dei doveri da rispettare ma anche dei diritti; tra questi, l’assistenza spirituale. Faccio una precisazione di termine: non
si tratta di assistenza religiosa perché questo escluderebbe
tutte le confessioni religiose diverse da quella del cappellano; si tratta al contrario di qualche cosa di più ambio, non
vincolato e veicolato da scelte e credenze personali, quindi in ambito carcerario si tratta di un’assistenza spirituale.
In un mondo sempre più variegato, dove lo spostamento
delle persone porta con sé anche lo scambio interreligioso, il cappellano di un carcere deve essere attento a queste
dimensioni ed aprirsi al respiro della spiritualità variegata
che, inevitabilmente, diventa fonte di arricchimento reciproco. Sono sempre di più i detenuti preventivi che chiedono di poter avere un colloquio con me; incontro che mantengo regolare fin tanto che la persona si trova al Farera; è
quanto mai importante essere presente e fedele alla regolarità delle visite in questa prima fase giudiziaria poiché il
proprio mondo personale si frantuma in un istante. Se poi
il suo iter lo condurrà al Penitenziario, allora lascio che sia
la persona stessa a volermi incontrare, sia privatamente che
durante la Messa domenicale, in quanto cambia sensibilmente la gestione dello spazio e del tempo del detenuto, in
un qualche modo al PCT si è più “liberi”.
Il giorno di Natale 2013 dopo aver celebrato la Messa nella
nostra bella chiesa, ho celebrato nuovamente al Farera per
le donne presenti: un’esperienza bellissima, che ci ha visti
commemorare la nascita del Signore in modo semplicissimo, attorno ad un tavolo, nella quotidianità di un carcere.
Al PCT assisto ogni domenica ad un bel gruppo di persone che celebrano con me il culto domenicale, una trentina
circa su un centinaio di presenze, ragazzi che assicurando
anche il servizio all’altare, i “chierichetti” per intenderci,
il lettore ed il sagrestano. La nostra realtà “parrocchiale”
è davvero speciale! Io mi sento molto orgoglioso di questo
servizio e ringrazio il Vescovo emerito Mons. Pier Giacomo Grampa per essere stato così generoso nel designarmi a
questo delicato compito pastorale. Sarà mia intenzione invitare il nuovo Vescovo Valerio a visitare il nostro carcere,
per poterlo incontrare e conoscere personalmente.
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Scuola InOltre in pillole
SCUOLA INOLTRE IN PILLOLE
Primi passi di Scuola InOltre
19 settembre 2005. Una data che rappresenta la pietra angolare dell’avvio di Scuola InOltre (SIO). Seduti attorno
ad un tavolo, Mauro Belotti, Maurizio Albisetti e Mauro
Broggini gettarono le basi del progetto che, un anno dopo,
prese avvio alla Farera; una scuola, destinata inizialmente
ai minorenni in detenzione preventiva. Da allora quel sogno rimane realtà, grazie al lavoro congiunto di tante persone che hanno profondamente creduto, nella possibilità di
offrire – tramite la scuola – momenti di crescita, riflessione, apprendimento e di svago, a persone confrontate con
l’amara esperienza del carcere: minorenni e adulti, uomini
e donne. Da allora si tengono corsi annuali di cultura generale, moduli tematici, formazioni professionali (tirocini)
e eventi vari (conferenze, concerti, spettacoli), che riscontrano da sempre grande apprezzamento. Un ottimo auspicio anche per il futuro.
67
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SCUOLA INOLTRE IN PILLOLE
Scuola InOltre in cifre
ISCRITTI AI CORSI, AI MODULI E ALLA FORMAZIONE PROFESSIONALE
I dati riguardano solo il settore uomini ( La Stampa)
CORSI (09. 2013 – 04. 2014)
ALLIEVI
Informatica
54
Italiano
35
Francese
20
Inglese
55
Educazione visiva
12
Educazione fisica
36
TOTALE
212
MODULI
ALLIEVI
Cura del verde
10
Cura degli spazi comuni
12
Condividi un pranzo
12
Creo un’azienda
15
TOTALE
26
RIASSUNTO
ALLIEVI O PERSONE
IN FORMAZIONE
Corsi
212
Moduli
49
Apprendistati
2
TOTALE
263
SCUOLA INOLTRE IN PILLOLE
DIREZIONE E PERSONALE INSEGNANTE
FUNZIONI
EFFETTIVI
Direzione e coordinamento
4
Docenti (corsi e moduli)
17
Docenti (formazione professionale-CP e CG)
3
Formatori di tirocinio (istruttori)
2
TOTALE
26
69
70
SCUOLA INOLTRE IN PILLOLE
Scuola InOltre incontra la CSIA
di Alberto Bianda, Caposezione
e Sidi Vanetti, Capo progetto
Il nuovo Quaderno Scuola InOltre, un progetto realizzato dagli studenti del terzo anno della sezione Grafica del
CSIA, Centro Scolastico per le Industrie Artistiche.
Durante le due settimane di progetto, settimane previste
dall’orario scolastico in cui ci si concentra completamente su progetti concreti, gli studenti hanno potuto seguire
il percorso progettuale per l’impaginazione di una rivista.
Lo studente non solo impara a progettare una rivista, ma,
con l’aiuto di docenti professionisti, affronta un progetto
complesso e la sua costruzione in modo concreto in un dialogo continuo con un committente reale.
Il primo incontro si è svolto tra i docenti responsabili, Alberto Bianda e Sidi Vanetti, con Mauro Broggini, Claudio
Zaninetti e Malù Cortesi. Dalla discussione si sono subito
chiariti i ruoli e i compiti di ciascuna parte. E così si è potuto definire il Brief, punto di partenza di qualsiasi nuovo
progetto, dove viene definito il destinatario della pubblicazione e il suo scopo.
Il progetto ha coinvolto le due classi del terzo anno di Grafica, suddivise in gruppi di 3/4 studenti.
Da subito ciascuno gruppo ha seguito un percorso progettuale indipendente basato su una prima fase di analisi della
rivista esistente, evidenziando i punti deboli e i punti forti
a livello dei contenuti.
La seconda fase, la più impegnativa e importante, consisteva nella progettazione vera e propria. In questa fase gli
studenti apprendono mantenere una coerenza tra forma e
contenuto.
La terza e ultima fase è stata quella di presentazione in cui
gli studenti hanno presentato al committente i loro progetti mettendo in evidenza i punti forti della loro nuova proposta grafica.
La proposta più convincente agli occhi del committente è
risultata quella che avete tra le vostre mani, per la particolare impaginazione che sottolinea il dialogo presente tra la
parte istituzionale e quella degli allievi della Scuola InOltre. La prima parte, istituzionale dunque, è stata impaginata su una griglia rigida stampata solo in nero e la seconda,
la voce degli studenti, è stata composta da diversi inserti di
formati e materiali differenti.
Con questo progetto, gli studenti non solo hanno appreso
qualcosa della loro professione, ma sono venuti a conoscenza di una situazione sociale ai margini, sconosciuta ai più.
I docenti della sezione di grafica, che hanno seguito i ragazzi durante le 2 settimane di progetto e che qui ringraziamo,
sono Silvie Aceves, Michela Balmelli, Mara Zabarella. Un
particolare ringraziamento va anche a Mauro Broggini e
Claudio Zaninetti per la loro disponibilità e naturalmente
a tutti gli studenti che hanno partecipato con entusiasmo a
questo progetto.
Redazione
Mauro Broggini
Claudio Zaninetti
Grafica
Studenti 3° anno Grafica CSIA Lugano:
Claudia Petrocchi
Mattia Bisi
Oliver Della Santa
Alberto Bianda, Caposezione
Sidi Vanetti, Capo progetto
Stampa
Laboratorio Strutture
carcerarie Lugano-Cadro
Capoarte:
Mario Pellanda e apprendista I.G.
Copyrights ©
Immagine nella pag. 49 di Giorgio Moretti:
© tutti i diritti riservati
Immagini nelle pag. 52 e 53 di Fiorenzo Dadò:
© tutti i diritti riservati
Immagini nelle pag. 54 e 55 di Katja Snozzi:
© tutti i diritti riservati
Quaderno inOltre n.1/2014
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