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VACLAV HAVEL Il poeta ragazzino che sfidava il

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VACLAV HAVEL Il poeta ragazzino che sfidava il
38
MERCOLEDÌ 7 APRILE 2010
➔ Cultura
L’ECO DI BERGAMO
❈ Il cliché organizza la vita, espropria l’identità delle persone,
diventa governante, avvocato della difesa, giudice e legge
Vaclav Havel
VACLAV HAVEL
Il poeta ragazzino
che sfidava il regime
Adolescente, era nel gruppetto letterario «Classe ’36»
«Avessimo avuto 5 anni in più saremmo finiti in carcere»
o letto in biblioteca / versi si intuisce l’aspirazione di Ha- cono: - Qui il lavoro ce l’hai, / non samolti libri arguti sul so- vel ad un socialismo dal volto umano. prai cos’è il destino / di un disoccucialismo. / … / Ma O, almeno, la sconfessione di un so- pato -".
Nella ancora successiva raccolta Almentre poi rincasavo in cialismo che ostentava grandi princitram / con la testa pie- pi di egualitarismo e liberazione dei le soglie della primavera (1956), quanna di concetti, / mi son popoli, e nei fatti era incapace della do Havel ha conosciuto Olga Šplíchareso conto / che tutti più semplice «umanità», di naturale lová, la donna che sarebbe diventata
quei grandi concetti / sull’ordine più solidarietà umana, di concreta mora- sua moglie, i temi lirici e d’amore si
perfetto che / esista al
lità.
Un
socialismo mescolano, ancora, con quello politimondo, / sono solo ridico«senz’anima». Nella stes- co: «È l’imbrunire – sulla torre panole costruzioni di carta / se
sa raccolta Fremiti, da cui ramica / s’accende la stella rossa, / a
Un saggio di
per i loro araldi non è natesto in apertura, si ve- ricordare agli innamorati, / negli atAngelo Bonagura il
turale / cedere il posto in
da anche, per esempio, timi di felicità, / il modo in cui devoesplora
tram / a una signora anziaquesta Al termine di una no pensare, / lavorare e vivere». Irona / o aiutare una vecchisplendida domenica: «Era nia meno amara, più sorridente e saun aspetto poco
na a raccogliere / le mele
una splendida domenica lutare, lo stesso Havel ha riservato, neconosciuto
cadute lungo il marciapie/ di settembre nel parco, io gli anni della maturità, alla sua attide».
e un amico / notammo vità poetica giovanile: Per mia grande
della biografia
Tutti conosciamo Václav
uno sconosciuto, a terra, / fortuna, ha scritto, «a quell’epoca i dedel futuro
Havel come lo scrittoreche lottava tra la vita e la butti poetici non venivano accolti col
presidente della
presidente della Cecoslomorte. / Lo portammo dal favore con cui sono accolti oggi, cosicvacchia del dopo-muro e
medico più vicino, / un ché ora non mi tocca vergognarmi di
Cecoslovacchia
poi della neonata Repubvecchio austero. / Lo visitò fronte ai frequentatori di rivendite di
blica Ceca. Assai meno noper un’ora / gli fece varie libri usati…». Ma, osserva giustamento lo Havel poeta ragazzino, che nei iniezioni / lo rifocillò e gli diede da te Bonaguro, resta comunque imporprimi anni ’50 partecipava al gruppet- bere / (l’ultimo caffè che aveva in ca- tante sottolineare «la passione con cui
to letterario «Classe del ‘36». Un grup- sa). / Io e il mio amico cominciammo quei «Ragazzi del ‘36» sfidarono l’ipo di giovanissimi, tutti nati appunto / a temere / di dover sborsare una bel- deologia dominante cercando la pronel ’36, «mossi dal desiderio di col- la somma / e ci chiedevamo dove pria strada, «perquisendo» gli antiquativare il proprio talento letterario in- avremmo trovato / i soldi per pagare. ri per scovare libri messi all’indice dal
dipendentemente dalle rigide maglie / E quando poi ci diede la ricetta / per regime, andando a incontrare personalmente i singoli poedella cultura ufficiale, anche se la mag- farlo ricoverare in ospedati…». Importante ed integior parte di loro avrebbe potuto pub- le / ci infilò un biglietto da
ressante, altresì, andare a
blicare solo negli anni ‘60». Questo 25 corone: / per il taxi…
I giovani
rintracciare i prodromi, la
Havel ragazzino, già voce di un certo borbottò / e arrossì persicercavano la
preistoria, espressa in queparticolare tipo di dissenso, è ora illu- no: / Dopo alcuni mesi legloro strada
sta forma poetica, di quelminato da un saggio di Angelo Bona- gemmo / che quel medico
la sensibilità, tensione etiguro, Havel poeta tra i “ragazzi del / era stato condannato a
frugando nei
ca, inclinazione alla dife’36”, apparso sull’ultimo numero del- morte / per tradimento e
negozi degli
sa dei diritti e valori umala rivista «La Nuova Europa». Nume- attività sovversiva. / Alloni, che saranno stella poro di particolare significato, che si fre- ra penso di aver capito /
antiquari, alla
lare per lo Havel maggiore
gia in copertina del titolo «50 anni»: per la prima volta vagacaccia dei libri
e più noto: il drammaturappunto quelli compiuti, quest’anno, mente / cosa sia pena di
messi all’indice
go e l’uomo politico. Prodalla testata. Il gruppo, ha ricordato lo morte».
dromi, radici, prime manistesso Havel, «è durato dal 1951 al
Nella successiva raccoldal regime
festazioni che sono già
1953 circa. Facevamo uscire una rivi- ta Spazi e tempi, contechiare in questi versi: cersta dattiloscritta, organizzavamo con- nente, informa Bonaguro,
vegni… Se avessimo avuto cinque an- poesie della primavera del ’56, dedi- to acerbi, ingenui, insofferenti di reni in più saremmo finiti con assolu- cata alla figlia di Karel Schulz, scrit- gole e rime, ma capaci di rendere uno
ta certezza in carcere a Mirov, per co- tore inviso al regime per la sua stretta sbigottimento quasi istintivo, una rise del genere a quei tempi si poteva- vicinanza al pensiero cattolico, si leg- bellione e repulsione «naturali», sponno prendere tranquillamente vent’an- ge questa Notte di primavera: «…Fi- tanei, presi qui alle loro radici, verso
ni».
niti in un campo di concentramento / un sistema politico iniquo.
Già in queste giovanili raccolte di siberiano, al cortile d’ingresso / ti diVincenzo Guercio
H
Vaclav Havel, scrittore, drammaturgo e presidente della
Cecoslovacchia all’indomani della caduta del Muro di Berlino
l’intervista ➔ Padre Romano Scalfi e Marta Dell’Asta
Russia cristiana, cinquant’anni al servizio della cultura
Padre Romano
Scalfi
Cinquant’anni fa, nel gennaio 1960, usciva il primo numero di una rivista destinata ad informare, per mezzo secolo, i lettori italiani su una cultura russa e dell’Est Europa ben lontana da quella ufficiale e di regime: Russia cristiana ieri e oggi. Fondatori tre sacerdoti studiosi della Chiesa e della religiosità orientale: Nilo Cadonna, Pietro Modesto e il bergamasco padre Romano Scalfi. Nel corso di questo mezzo secolo, la rivista sarà ribattezzata L’Altra Europa
e, infine, La Nuova Europa, allargando i propri interessi ai
diversi paesi dell’Est europeo, e passando dalle 32 pagine iniziali alle 112 attuali. Sulla vita di questa testata ponte fra Est e Ovest, organo della Fondazione «Russia Cristiana», abbiamo sentito padre Scalfi e Marta Dell’Asta,
attuale direttrice responsabile.
Come è cambiata la rivista in
questi 50 anni?
Dell’Asta: «Direi che quanto a
motivazioni ha conservato una
continuità straordinaria perché
era nata da un interesse, un amore per la cultura religiosa russa e
dal desiderio di collaborare all’unità delle Chiese. All’interno di
questa continuità c’è stato un allargamento delle tematiche, dovuto alla caduta di tante barriere: intendo
soprattutto l’apertura degli archivi,
che permette di ricostruire sempre più
precisamente segmenti di storia del Novecento, vuol dire il recupero della memoria di tanti martiri della fede
un tempo sconosciuti, la riscoperta di materiali che erano inediti, nascosti o requisiti dai servizi di sicurezza».
A che funzioni ha cercato di assolvere la rivista? A quali voci e culture, magari sommerse e conculcate, ha cercato di dare
spazio e diffusione?
Scalfi: «Quando nel 1960 abbiamo cominciato a tradurre i pensatori religiosi russi che nessuno pubblicava in Urss
e neanche all’estero, era chiaro l’obiettivo di mettere a
disposizione della cultura occidentale e in particolare italiana dei tesori di pensiero estremamente interessanti an-
che per noi. Lo stesso è stato poco più tardi, quando è nato il fenomeno del dissenso, che ha prodotto una ricchezza straordinaria di riflessioni sulla società, la politica, l’uomo. Nella loro diffusione la nostra rivista è stata pioniera».
Come si è evoluto il ruolo della rivista dopo il crollo dell’Urss?
Dell’Asta: «Oggi la sfida è trovare nella cultura russa,
segnata al tempo stesso dal post-comunismo e dal post-moderno, quelle scintille di creatività che non mancano mai,
e però non trovano spazio sui media. Un esempio tra i più
recenti è la scoperta e la valorizzazione, per il
pubblico italiano, di un regista come Pavel Lungin. Oppure la traduzione dei
finissimi saggi letterari della
poetessa Ol’ga Sedakova».
Nella vostra missione c’è anche quella di ponte fra Europa
dell’Est e dell’Ovest. Difficoltà?
Risultati?
Scalfi: «Il desiderio di essere un ponte tra la cultura russa e quella italiana è stato realizzato con una certa ampiezza, se contiamo che dall’inizio a questa parte abbiamo
pubblicato una novantina di
saggi di pensatori russi e quasi duecento saggi critici su di
loro. Questo vuol dire che chi
in Italia ha avuto o ha interesse per la cultura russa con buona probabilità prima o poi è passato attraverso la nostra rivista. Questo filone di pensiero non è
morto neanche oggi, ma forse può risultare più problematica la diffusione dell’interesse per questa cultura. In tal
senso il nostro lavoro oggi è su due fronti: quello italiano e quello russo. In entrambi i paesi il primo compito è
quello di risvegliare le coscienze ai “grandi temi” della vita e dello spirito, perché il problema è uguale all’Est come
all’Ovest. Anche per questo esiste da qualche anno l’edizione russa della nostra rivista, più giovane, ma ricca di
prospettive».
V. G.
Le persecuzioni di Stalin
ai sacerdoti greco-cattolici
a persecuzione dei preti di rito provvisori dei martiri, compilati sulla base dei
greco-cattolico e latino non ri- dati a cui abbiamo potuto accedere», grazie alguardò solo l’Ucraina. Quello l’intervenuta accessibilità di alcuni archivi del
che là era avvenuto nel 1946 «si Kgb, «si trovano i nomi di 80 sacerdoti greripeté nella regione transcarpa- co-cattolici e di alcuni laici (oltre a quelli di 17
tica». Il martirio e le persecuzio- sacerdoti cattolici di rito latino)». Il numero
ni subiti dai sacerdoti greco-cat- esatto dei martiri, tuttavia, «potrà essere statolici (e latini) a causa della politica assimi- bilito a conclusione della fase diocesana dei
lazionista e dittatoriale di Stalin è la materia processi». L’ideologia sovietica, spiega Puskás,
di un saggio di László Puskás, apparso nell’ul- «atea per sua natura, voleva eliminare la fetimo numero de La Nuova Europa, rivista in- de in Dio, annientare qualsiasi chiesa e conternazionale di cultura edita dalla Fondazio- fessione nel suo campo d’azione». Così, già nel
ne «Russia Cristiana» di Seriate. Puskás, nato 1945, «in Unione Sovietica le strutture della
nel 1941, è sacerdote di rito grecochiesa cattolica di rito latino non
cattolico a Budapest, figlio di un
esistevano praticamente più». Il
collaboratore di Teodor Rom a.
regime voleva «porre fine anche
Ne parla un
Del martire, cioè, che fu vescovo
all’esistenza delle chiese grecosaggio di László
della diocesi greco-cattolica di
cattoliche, facendole confluire,
Puskás
Mukacevo dal 1944 al 1947, quancon la forza se necessario, nella
do fu assassinato dietro ispiraziochiesa ortodossa russa». Questo
nell’ultimo
ne del governo sovietico.
«non certo per sostenere l’ortodosnumero
della
Stalin, infatti, aveva decretato
sia, ma per rafforzare il proprio porivista
la soppressione della chiesa cattere, come passo tattico verso la
tolica, e la sua totale forzata annesdefinitiva scomparsa della fede».
internazionale
sione alla chiesa ortodossa rusCosì, «il potere ateo desiderava
«La Nuova
sa. Il vescovo Rom a, tuttavia, confar scomparire al più presto anche
tinuò a dichiararsi fedele alla Sanla diocesi greco-cattolica di MukaEuropa»
ta Sede, e spinse la sua diocesi e il
cevo, annessa alla fine del 1944,
suo clero a fare altrettanto. Duranche continuava a restare fedele a
te una visita pastorale rimase ferito in un inci- Roma». Nel ’49, dopo il martirio del vescovo
dente automobilistico provocato. Trasportato Rom a, «la condanna alla fucilazione di divernell’ospedale di Mukacevo, il 1° novembre si sacerdoti, l’arresto "a caso" di altri 35, la re1947 fu avvelenato ad opera della polizia e de- clusione nei lager di una parte consistente del
gli agenti speciali. È divenuto il simbolo del- clero fedele a Roma e il passaggio all’ortodosla resistenza della chiesa cattolica all’oppres- sia dei più deboli», l’obiettivo «sembrava essione staliniana nella regione dei Carpazi. Il sere stato raggiunto».
saggio di László Puskás, coordinatore e proE tuttavia, dopo «l’attacco finale», nel giro
motor iustitiae nel processo di canonizzazio- di cinque o sei anni il numero dei preti aune del vescovo Rom a e dei sacerdoti di egual mentò, perché «dopo la morte di Stalin diverrito che ne condivisero le sorti, illumina e ap- si sacerdoti tornarono dai lager, e si unirono ai
profondisce quanto il suo martirio non sia sta- pastori clandestini, nonostante la costante sorto, appunto, un fatto isolato. «Negli elenchi veglianza degli organi di sicurezza».
L
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