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UBRIACO DENTRO IL VEICOLO FERMO Se le

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UBRIACO DENTRO IL VEICOLO FERMO Se le
UBRIACO DENTRO IL VEICOLO FERMO
Se le nozioni di circolazione e guida sono ormai notorie e pacificamente individuate, maggiore attenzione
occorre invece prestare nel caso in cui si voglia contestare la violazione di cui all’art. 186 Codice della Strada
(guida sotto l’influenza dell’alcool) qualora il mezzo venga rinvenuto fermo o in sosta dall’operatore di Polizia.
Si tratta di ipotesi a prima vista di scarsa rilevanza (il caso tipico è costituito da colui il quale viene sorpreso,
ebbro, all’atto di dormire all’interno dell’abitacolo) ma che in realtà possono ricorrere molto più di frequente
nella pratica quotidiana. Si ipotizzi, ad esempio, il caso di quell’automobilista sfuggito al controllo e poi
rintracciato subito dopo (una volta sceso dal mezzo) ma in evidente stato di alterazione dovuto all’assunzione
di sostanze alcoliche: sarà possibile, in questi casi, contestare il reato in oggetto? L’analisi prende le mosse dal
comma 1 dell’art. 186 C.d.S. che fa divieto di guidare in stato di ebbrezza. Come poi spiegato dalla
giurisprudenza, citiamo ad esempio la recente pronuncia n. 45898 del 2010 della Cassazione, la “guida”
consiste nell’esercizio della facoltà umana di controllo e di dominio di un veicolo semovente di modo che il
soggetto che guida sia in grado di utilizzare adeguatamente gli strumenti che ne determinano il moto e la stasi;
in altri termini, è necessario che “l’agente utilizzi il veicolo governando la spinta dinamica del motore”. Tale
nozione si rivela assai utile ai fini dell’esposizione della materia qui trattata.
La Suprema Corte, infatti, partendo da siffatti concetti è giunta a chiarire i requisiti necessari a ritenere
correttamente contestata la violazione in argomento.
Recentissimo e ben chiaro è il dictum dell’ultimo arresto in proposito (Cass., Sez. IV Penale, n. 5404 del 10
febbraio 2012): “Il reato di guida in stato di ebbrezza è integrato anche nel caso in cui il conducente si trovi a
bordo di un veicolo in sosta, in alterate condizioni psicofisiche, quando sia provato che abbia movimentato, in
precedenza, il veicolo che si trovi in area pubblica”. Nell’occasione è stata accolta l’impugnazione presentata
dalla Procura di Torino avverso l’assoluzione di un giovane sorpreso sulla pubblica via in stato di ebbrezza
alcolica e privo di conoscenza, seduto al posto di guida dell’auto in sosta e col motore acceso. Secondo il
giudice di prime cure il fatto-reato era insussistente poiché il mezzo non si trovava in movimento. Osserva
invece la Corte che non è una valutazione statica - bensì dinamica - quella che va compiuta in questi casi. Vale
a dire, l’analisi delle risultanze processuali dovrà essere volta ad appurare se la persona sorpresa a bordo del
veicolo avesse in precedenza comunque guidato o meno.
Andrà perciò acquisita la dimostrazione “della deliberata movimentazione del veicolo in area pubblica” tale da
creare pericolo o intralcio alla circolazione. Vengono all’uopo fissati alcuni indici utili a meglio supportare le
scelte e le valutazioni dell’operatore in sede di contestazione:
posizione e stato dell’autovettura, cercando di comprendere come possa essere giunta in quel luogo, luogo di
residenza del trasgressore e luogo di partenza e di destinazione (1)
Qualora dall’esame di questi ed altri elementi utili in tal senso emerga che il conducente comunque era in
stato di alterazione nel momento in cui si era posto alla guida, sebbene poi sorpreso in una fase di stasi del
veicolo, allora sarà legittimamente contestabile il reato di cui all’art. 186 C.d.S.
Detta pronuncia si pone sulla scia di un consolidato orientamento poco prima ancora ribadito in un paio di
occasioni nel corso dell’anno passato.
In Cass. n. 17238 del 4 maggio 2011, è stato giudicato legittimo il sequestro preventivo del mezzo sebbene il
conducente fosse stato controllato (con esito positivo) quando era al posto di guida col motore acceso e già in
procinto di iniziare la marcia. La Corte presuppone, invero, “un arrivo sul posto ed una ripartenza del veicolo”
con la conseguenza che il sopraggiungere dell’auto sul luogo della (successiva) sosta e l’intenzione di ripartire
una volta riavviato il motore ben integravano i presupposti del reato.
In Cass. n. 17465 del 5 maggio 2011, la Corte invece si focalizza sull’esame della condotta di guida. Vero è che
nell’occorso il mezzo era stato trovato fermo col conducente addormentato ma, vuoi per il luogo
(corsia di emergenza di un’autostrada) vuoi per il mancato rinvenimento di alcolici all’interno dell’auto (ecco
un altro criterio operativo fornito da giudici di legittimità), le giustificazioni dell’imputato (aver assunto una
bevanda alcolica solo dopo essersi fermato) non sono state ritenute attendibili.
Questo orientamento può dirsi sicuramente pacifico (2), essendo però noto (anche alle cronache) un isolato
pronunciamento. Ci riferiamo a Cass., Sez. IV Penale, sent. n. 10979 del 15 marzo 2007. Il caso - ripreso anche
dai media - riguardava quell’automobilista messosi a dormire (in stato di ebbrezza) nell’auto ferma e col
motore acceso al fine di permettere il funzionamento dell’impianto di riscaldamento. La Corte, allora,
ponendosi in contrasto con quanto fin lì (ma anche dopo) sostenuto, ritiene che “l’essere sorpresi, seppur
in stato di ebbrezza, nell’atto di dormire, all’interno della propria autovettura, quand’anche il motore della
stessa sia acceso per consentire il funzionamento dell’impianto di riscaldamento interno, non è fatto
riconducibile all’anzidetta fattispecie contravvenzionale, che appare circoscritta al fatto “dinamico” della
guida, costituito anche soltanto dal porsi alla guida, azionando i congegni idonei ad imprimere il movimento”.
Leggendo tra le righe si apprende però che la scelta di annullare la decisione di primo grado (che aveva
ritenuto colpevole l’imputato) deriva dalla circostanza che essa risultava “carente di motivazione in ordine ai
momenti che hanno preceduto l’accertamento della presenza del (omissis) all’interno dell’autovettura
parcheggiata con il motore acceso”. Per tali motivi crediamo che, alla fin fine, una grossissima divergenza
dall’orientamento consolidato non sia esattamente rinvenibile.
Per onor di cronaca riferiamo anche di un’analoga sentenza del Tribunale Penale di Venezia, datata 8
febbraio 2001: anche in tal caso il giudice non ha ritenuto che vi fossero elementi sufficienti a provare la
sussistenza del reato ex art. 186 C.d.S.
Questi criteri sono stati ad esempio utilizzati nel caso esaminato da Cass. Pen., Sez. IV, sent. n. 10476 del 20
gennaio 2010: nella fattispecie, l’auto era stata collocata in modo tale da intralciare il fluire dalla circolazione
dal suo conducente, ebbro e dormiente all’interno dell’abitacolo. Per cui, analizzando la posizione del veicolo,
la residenza dell’imputato (in una zona diversa della città) e il percorso di guida programmato (non portato a
termine) la Corte ha ritenuto che costui si fosse posto alla guida in condizioni pregiudicate.
Si vedano altresì Cass., Sez. II, sent. n. 3569 del 17 febbraio 2006 (secondo cui “Il divieto di guidare in stato di
ebbrezza è sancito dall’art. 186 del nuovo Codice della Strada senza alcuna limitazione, e quindi sussiste anche
se lo spazio percorso sia ridotto o se il veicolo si trovi con il motore spento, sussistendo in entrambi i casi la
pericolosità della condotta”) nonché Cass., Sez. IV, sent. n. 37631 del 25 settembre 2007 (“In materia di
circolazione stradale, deve ritenersi che la “fermata” costituisca una fase della circolazione, talché è del tutto
irrilevante, ai fini della contestazione del reato di guida in stato di ebbrezza, se il veicolo condotto
dall’imputato risultato positivo all’alcoltest fosse, al momento dell’effettuazione del controllo, fermo ovvero in
moto”).
29.11.2013
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