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Inizio della vita umana individuale

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Inizio della vita umana individuale
Anna Giuli
Inizio della vita umana individuale
Basi biologiche e implicazioni bioetiche
Tesi di dottorato di ricerca in Bioetica
Università Cattolica del Sacro Cuore
Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli”
Istituto di Bioetica – Roma
Anno accademico 2003–2004
ARACNE
Copyright © MMV
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133 A/B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
88–548–0200–X
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: settembre 2005
INDICE
Introduzione...................................................................................................
9
Capitolo I
L’EMBRIONE UMANO E LE BIOTECNOLOGIE
PERCORSO STORICO
1.1 Introduzione: progresso biotecnologico e “terza cultura” ...................... 13
1.2 L’aborto ................................................................................................... 18
1.3 La riproduzione artificiale extracorporea ............................................... 26
1.3.1 Interventi legislativi .................................................................... 37
1.4 La sperimentazione sugli embrioni ........................................................ 42
1.4.1 Le cellule staminali embrionali .................................................. 45
1.4.2 La clonazione terapeutica ........................................................... 49
1.4.3 Interventi legislativi .................................................................... 54
1.5 La diagnosi genetica prenatale ............................................................... 61
1.6 La clonazione riproduttiva ...................................................................... 66
1.7 I cambiamenti culturali nei confronti dell’embrione umano:
le manipolazioni del linguaggio ............................................................. 68
1.8 Conclusione ............................................................................................ 77
Capitolo II
L’INIZIO DELLA VITA UMANA NEL DIBATTITO BIOETICO
STATO ATTUALE DELLA QUESTIONE, I DIVERSI ORIENTAMENTI
2.1 Introduzione: la complessità del dibattito sulle origini
della vita umana ...................................................................................... 79
2.2 L’identità dell’embrione umano: l’individuo umano e la persona ......... 82
2.2.1 Lo sviluppo del concetto di persona: profilo storico .................. 84
2.3 L’essere umano e la persona nel dibattito bioetico sull’inizio
della vita umana ...................................................................................... 102
2.3.1 L’identificazione fra essere umano e persona:
la prospettiva personalista .......................................................... 104
2.3.2 La separazione fra essere umano e persona ............................... 109
2.4 Il pensiero riduzionista ........................................................................... 111
2.4.1 L’embrione e l’individualità umana ............................................ 114
2.4.2 L’embrione e la formazione del sistema nervoso centrale ......... 134
2.4.3 La presenza di un aspetto umano, i movimenti spontanei,
la viabilità del feto, la nascita ..................................................... 142
2.5 Il pensiero espansionista ......................................................................... 144
2.5.1 La capacità di provare dolore e piacere ...................................... 145
2.5.2 L’embrione come essere di coscienza e di relazione .................. 146
2.5.3 Il riconoscimento da parte di altri ............................................... 149
2.6 Conclusione ............................................................................................ 151
Capitolo III
L’EMBRIONE UMANO: ASPETTI BIOLOGICI
3.1 Introduzione ............................................................................................ 153
A) I DATI SCIENTIFICI
3.2 Il passaggio generazionale nell’uomo .................................................... 154
3.3 La fecondazione nei Mammiferi ............................................................ 156
3.3.1 I protagonisti del processo di fecondazione:
lo spermatozoo e l’ovocita .......................................................... 156
3.3.2 Le tappe del processo di fecondazione ....................................... 184
3.3.3 Specificazione del piano corporeo nell’embrione unicellulare .. 202
3.3.4 La determinazione del sesso ....................................................... 204
3.3.5 Imprinting genomico .................................................................. 207
3.4 L’embriogenesi ....................................................................................... 209
3.4.1 Lo sviluppo dell’embrione preimpianto ..................................... 210
3.4.2 Il cammino dell’embrione dall’ampolla tubarica all’utero:
il colloquio con la madre ............................................................ 216
3.4.3 Il processo d’impianto ................................................................ 219
3.4.4 La gastrulazione: la riorganizzazione delle cellule embrionali .... 222
3.4.5 L’organogenesi e la formazione del sistema nervoso centrale ..... 233
3.5 Il nuovo genoma e lo sviluppo embrionale ............................................ 238
3.5.1 Il genoma umano e l’informazione genetica .............................. 238
3.5.2 L’attività del nuovo genoma e il controllo dell’embriogenesi ... 241
3.5.3 I geni omeotici e la definizione del modello corporeo
dell’embrione .............................................................................. 248
B) L’ANALISI DEI DATI SCIENTIFICI
3.6 L’individualità biologica umana ............................................................. 253
3.6.1 Fusione dei gameti: l’evento “critico” del passaggio
generazionale .............................................................................. 255
3.6.2 Le tappe significative dello sviluppo embrionale e la nuova
individualità biologica umana .................................................... 264
3.7 Le caratteristiche dello sviluppo embrionale .......................................... 270
3.7.1 System biology: networks of life ................................................ 270
3.7.2 Inizio della vita umana nella prospettiva sistemica .................... 273
3.7.3 Sviluppo unitario e progressivo, autonomo, ininterrotto ............ 274
3.8 Conclusioni ............................................................................................. 276
Capitolo IV
IMPLICAZIONI ETICHE
4.1 Introduzione ............................................................................................ 279
4.2 La dignità dell’essere umano agli inizi della sua vita ............................ 280
4.2.1 Il concetto di dignità ................................................................... 280
4.2.2 La tradizione dei diritti umani e l’emergenza
del concetto di dignità umana ..................................................... 283
4.2.3 Quale dignità per la vita umana ai suoi inizi?
L’eredità del passato ................................................................... 290
4.3 L’adeguata protezione dell’embrione umano ......................................... 295
4.3.1 L’embrione umano soggetto vulnerabile,
il caso della ricerca biomedica ................................................... 296
4.3.2 La protezione data all’embrione umano
in ambito biomedico ................................................................... 303
4.3.3 Quale “adeguata” protezione per l’embrione umano? ............... 309
4.4 Conclusioni ............................................................................................. 312
Conclusioni .................................................................................................... 313
Bibliografia .................................................................................................... 317
INTRODUZIONE
Il dibattito bioetico sulla natura, identità e dignità dell’embrione
umano trova la sua origine nelle nuove possibilità di intervento
dell’uomo sulla vita, a seguito dello straordinario progresso nel campo
della genetica e del rapido sviluppo delle biotecnologie, che negli ultimi trent’anni hanno influenzato profondamente la ricerca e l’applicazione biomedica ed hanno segnato profondamente la cultura contemporanea. In questo contesto il tema della vita umana prenatale ha
assunto un ruolo significativo per l’entità delle questioni da esso sollevate — l’identità e il valore della vita umana precoce; la liceità della
sua manipolazione; i possibili sfruttamenti delle categorie più vulnerabili — e per le rilevanti implicazioni non solo in ambito sanitario ma
per l’intera società e per il futuro stesso dell’uomo.
La questione dell’inizio della vita umana è stato ed è tuttora uno dei
temi cruciali della bioetica: al cuore delle discussioni bioetiche sul tema della vita umana nascente c’è il quesito sul valore e la dignità da
attribuire all’essere umano agli albori della sua esistenza, da cui
scaturisce la considerazione dei modi e gradi del rispetto e della tutela
dovuti nei suoi confronti. Stabilire i limiti di liceità etica e di
permissibilità giuridica degli interventi sulla vita umana prenatale,
presuppone una riflessione sull’identità dell’essere umano negli stadi
iniziali del suo sviluppo; questo aspetto è fondamentale per affrontare
il tema in modo rigoroso, invece di scegliere un approccio meramente
pragmatico o convenzionale. La domanda sull’identità dell’embrione
umano presuppone una ricerca in ambito sia scientifico che filosofico.
Tenendo conto della rilevanza del tema dal punto di vista scientifico e culturale, e dei nodi fondamentali del dibattito in ambito bioetico, l’obiettivo del presente contributo è stato quello di presentare e
analizzare con rigore fondamentativo e argomentativo la novità degli
elementi sulla identità biologica dell’embrione umano e di inserire le
evidenze fornite dalla biologia nella tradizione dei diritti umani.
9
10
Introduzione
L’elaborato della ricerca è articolato in tre parti: una storica, una
biologica ed una etica.
La parte storica è stata suddivisa in due capitoli: il primo capitolo
descrive come il dibattito etico contemporaneo sulla vita umana precoce sia andato articolandosi in seguito ad eventi rilevanti dal punto
di vista scientifico e sociale che, a partire dalla seconda metà del
ventesimo secolo, hanno determinato profonde trasformazioni culturali nella civiltà occidentale contemporanea. I temi dell’aborto,
dell’avvento delle tecnologie di riproduzione artificiale, della clonazione e sperimentazione sugli embrioni, della diagnosi prenatale e
della terapia genica fetale vengono affrontati ripercorrendone le tappe storiche più significative, per comprendere il fulcro e il significato
delle questioni etiche da essi emerse, e per poter presentare l’attuale
clima culturale nei confronti della vita umana nelle prime fasi del
suo sviluppo. Il secondo capitolo entra, invece, nel vivo del dibattito
bioetico sull’inizio della vita umana, mettendo in evidenza la complessità degli elementi coinvolti, e precisando i diversi livelli del dibattito — in particolare, la distinzione fra livello d’indagine biologico e quello filosofico è spesso poco chiara — per poi approfondire i
nodi della questione con particolare riferimento agli aspetti biologici
coinvolti.
Lo studio degli aspetti biologici che caratterizzano l’essere umano
nelle fasi precoci del suo sviluppo è oggetto del terzo capito, mentre
esula dagli intenti di questo lavoro approfondire i complessi aspetti
dello “status ontologico” dell’embrione umano (ci si limita, in questo senso, ad un breve excursus storico sull’evoluzione del concetto
di persona nella riflessione filosofica occidentale, per coglierne le
implicazioni nell’attuale dibattito bioetico sull’inizio della vita umana). Questo capitolo, nucleo principale della tesi, ripercorre in dettaglio le tappe del processo della fecondazione per identificare il momento d’inizio di una nuova individualità biologica umana sulla base
dei più recenti dati biologici; sono poi descritti gli eventi significativi
dello sviluppo embrionale umano. Dopo aver esaminato il fenomeno
a livello di pura osservazione, si passa ad una riflessione di tipo trasversale sul significato del complesso degli elementi raccolti; si tratta
di un’analisi induttiva in cui non viene, però, valicato il piano di
competenza scientifica. Riferendoci in modo particolare agli eventi
Introduzione
11
più significativi dello sviluppo embrionale umano precoce coinvolti
nell’attuale dibattito bioetico sull’inizio della vita umana, si cerca di
chiarire come e in quale momento attribuire l’inizio dell’individualità biologica dell’embrione umano. Vengono, infine, delineate le caratteristiche dello sviluppo embrionale umano alla luce dei dati raccolti ed analizzati, integrandoli nella prospettiva della “system biology”, un emergente ambito di ricerca che studia il sistema vivente
come un network di parti fra loro integrate.
L’ultimo capitolo, inserendo le acquisizioni di tipo biologico nella
vasta riflessione sui diritti umani, tenta di rispondere alla domanda su
cosa indichi una protezione “adeguata” dell’embrione umano in ambito biomedico: quale significato può avere l’approfondimento dell’individualità biologica umana al riguardo? Alla luce delle considerazioni
svolte sulla opportunità di riconoscere la dignità dell’uomo ed i diritti
inalienabili ad essa collegati a ciascun individuo umano ed in ogni fase della sua esistenza, si è esaminato e valutato quale tipo di rispetto e
di tutela sia oggi attribuito all’embrione umano nell’ambito della ricerca e dell’applicazione biomedica, per verificarne la coerenza con la
moderna sensibilità sul valore dell’uomo e con le recenti acquisizioni
biologiche sulla vita prenatale.
Il presente contributo non affronta volutamente il complesso tema
della natura ontologica dell’individuo umano, tema necessario per
comporre un panorama conoscitivo compiuto rispetto al dibattito sull’inizio della vita umana, ma che esula dagli intenti di questo lavoro il
quale intende chiarire fin dove la semplice considerazione dell’individualità biologica umana può portare.
Per quanto concerne il metodo seguito, la ricerca ha richiesto
l’uso di diversi approcci propri della interdisciplinarità della bioetica: l’esame storico del problema ha richiesto l’analisi critica dei testi raccolti con riferimento alla loro evoluzione cronologica e lo studio approfondito delle fonti storiche più rilevanti; l’analisi biologica
ha richiesto la raccolta e lo studio della più recente letteratura specializzata, e l’interpretazione dei dati utilizzando il rigore argomentativo della disciplina biologica, nell’ottica epistemologica della disciplina stessa.
12
Introduzione
L’elemento originale dello studio risiede principalmente nella novità dei dati scientifici e della loro interpretazione, dati che non vengono
spesso riferiti nel dibattito bioetico o che lo sono in modo parziale ed
incompleto.
La bibliografia del lavoro è aggiornata al novembre 2004, data di
consegna della tesi di dottorato.
CAPITOLO I
L’EMBRIONE UMANO E LE BIOTECNOLOGIE
PERCORSO STORICO
1.1
Introduzione: progresso biotecnologico e “terza cultura”
Il dibattito bioetico sulla natura, identità e dignità dell’embrione
umano trova la sua origine nelle nuove possibilità di intervento dell’uomo sulla vita. Nell’ultimo trentennio lo straordinario progresso nel
campo della genetica e delle biotecnologie ha portato ad una vera e
propria “rivoluzione genomica”1 grazie a significativi passi compiuti
nel campo della genetica molecolare, quali la scoperta del codice genetico e del processo della sua decodificazione (come base dello sviluppo e del funzionamento di ogni singola cellula e dell’intero organismo umano); la mappatura dei geni umani,2 la sequenziazione del
genoma umano;3 l’assegnazione dei singoli geni ai diversi cromosomi
1
A. Serra, La rivoluzione genomica. Conquiste, attese, rischi, La Civiltà
Cattolica 2001, 152/II: 439–453.
2
F. H. Ruddle, K. K. Kidd, The human gene mapping workshops in transition,
Cytogenetics and Cell Genetics 1989, 51: 1–2.
3
Congress of the United States, Mapping Our Genes. Genome Projects: How
Big? How Fast?, The U. S. Government Printing Office, Washington D.C. 1988.
Per sequenziare il genoma umano è stato messo in atto un elaborato piano di
ricerca, denominato “Progetto Genoma Umano” (Human Genome Project, HGP), il
cui scopo principale era la lettura e la trascrizione nella esatta successione naturale
delle milioni di paia di molecole (circa 3.500 milioni) che costituiscono il genoma
umano aploide; il progetto iniziato formalmente nel 1990 ha coinvolto centinaia di
laboratori, soprattutto degli Stati Uniti, dell’Europa e del Giappone; il Progetto
sarebbe dovuto durare 15 anni ma grazie ai rapidi progressi tecnologici è stato
possibile completarlo entro il 2003. Le bozze delle sequenze e dell’analisi del
genoma umano sono state pubblicate nel febbraio del 2001 e nell’aprile del 2003
nelle riviste Nature e Science (Science, Feb. 16, 2001 – Nature, Feb.15, 2001 special
13
14
Capitolo I
e l’identificazione della loro funzione. Queste conoscenze hanno
permesso di verificare la causa genetica di diverse patologie ereditarie
(sono circa 4.000 le malattie genetiche fino ad oggi conosciute) e la
variazione della loro gravità rispetto al tipo di alterazioni genetiche,
determinando l’avanzamento di nuovi filoni di ricerca come la
proteomica, cioè lo studio delle proteine umane e la loro distribuzione
cellulare; la genomica funzionale che indaga sull’interazione dei
singoli geni nello sviluppo e nei diversi processi fisiologici; e la
farmacogenetica, che studia le variazioni nel DNA dei diversi soggetti
ed i riflessi di queste variazioni sulla risposta individuale ai farmaci,
offrendo notevoli speranze di nuove vie terapeutiche finora inaccessibili.
La cosiddetta “rivoluzione genomica” ha a sua volta moltiplicato le
possibilità teoriche d’intervento in vasti campi di applicazione quali
l’agricoltura, con la manipolazione del DNA delle piante; la zootecnia,
con la produzione di animali transgenici e clonati dotati di notevole
resistenza alle malattie, di potenzialità nutritive qualitativamente e
quantitativamente superiori, e utilizzati come modelli per lo studio
delle patologie umane e della loro terapia; la farmacologia, con la produzione di ormoni, proteine ed altre molecole biologiche da vegetali o
animali transgenici o clonati; la medicina, in cui sono stati aperti i
filoni della diagnostica prenatale e postnatale, con lo sviluppo di test
predittivi e diagnostici per migliaia di malattie geneticamente determinate; la geneterapia, per la cura delle malattie ereditarie; la genomica funzionale, per la comprensione dell’attività coordinata ed integrata di migliaia di geni operanti in ogni singola cellula e nei diversi
compartimenti.
Il notevole sviluppo biotecnologico ha inoltre determinato l’apertura di nuove aree sperimentali e cliniche che coinvolgono in prima
persona l’essere umano all’inizio della sua esistenza: grazie anche
all’apporto degli studi embriologici e biomolecolari è stato possibile
issue; Science, April 11, 2003 – Nature April 24, 2003 special issue) è stato inoltre
reso possibile l’accesso al Human Genome Data Base (HGDB) che contiene il testo
intero del genoma umano (K. A. Brandt, The GDB Human Genome Data Base: a
source of integrated genetic mapping and disease data, Bulletin of the Medical
Library Association 1993, 81 (3): 285–292; www.gdb.org).
L’embrione umano e le biotecnologie
15
scoprire i più intimi meccanismi dello sviluppo e dell’identità biologica umana, consentendo di utilizzare queste conoscenze quale
prezioso strumento di lavoro e di ricerca. La possibilità di effettuare
precoci interventi terapeutici e diagnostici sull’embrione e sul feto, la
produzione di embrioni in vitro per il superamento della sterilità o di
rischi genetici, l’utilizzazione di embrioni per ottenere cellule
staminali da utilizzare nell’ambito della medicina rigenerativa, la
sperimentazione su embrioni a scopo di ricerca o la loro clonazione
per aumentare il numero di embrioni con lo stesso fenotipo, sono
alcuni dei più discussi filoni biomedici che hanno per protagonista
l’individuo umano nelle fasi precoci del suo sviluppo.4
Il rapido avanzamento delle biotecnologie se da una parte ha
determinato il dilatarsi dell’impegno tecnologico per favorire il
progresso scientifico ed il miglioramento della prassi biomedica, ha
però anche provocato un elevato senso di autosufficienza della
scienza e della medicina da influenze della società, della cultura e
dell’etica, influenzando profondamente l’evoluzione culturale contemporanea e portando al crollo di principi e valori tradizionali
considerati da molti come “inadeguati” se confrontati con i risultati e
le possibilità tecnologiche attuali. «La tecnologia è, dunque, passata
al primo posto nella guida dello sviluppo sociale e, soprattutto, nella
valutazione sociale, non eliminando ma, certo, eclissando le due
culture fino a pochi anni fa prevalenti, la umanistica e scientifica»;5
tanto da definire la cultura contemporanea come la “terza cultura”, 6
nella quale ha predominio assoluto la tecnologia e in cui la ricerca
della “verità” viene sostituita dalla ricerca della “novità”, e la
“razionalità” dalla “sintesi esperienziale”. 7 Tra i principi di questa
4
A. Serra, La rivoluzione genomica. Conquiste, attese, rischi, La Civiltà
Cattolica 2001, 152/II: 439–453, pp. 447–451.
5
A. Serra, Famiglia e biotecnologie. Una sfida del nuovo secolo, Rivista di
scienze religiose 2002, 1: 133–155, p. 139.
6
J. Brockman, The Third Culture. Beyond the Scientific Revolution, Simon and
Schuster, New York 1995; J. Rifkin, Il secolo Biotech. Il commercio genetico e
l’inizio di una nuova era, Baldini&Castoldi, Milano 2000.
7
K. Kelly, Essays on Science and Society: The Third Culture, Science 1998, 279
(5353): 992–993.
16
Capitolo I
nuova cultura fondamentale è l’idea che non ci sia nulla al di fuori
dell’universo tangibile,8 che l’uomo sia un organismo non qualitativamente diverso da qualsiasi altro animale — e quindi ridotto alla
sua sola realtà corporea —9 e che l’etica umana non abbia principi
immutabili perché essa si evolve gradualmente grazie allo sviluppo
cerebrale e all’evoluzione dei gruppi culturali umani.10
In ambito scientifico viene affermato che la scienza e la tecnologia
sono neutre, è questo l’assioma più generale e basilare che domina la
filosofia di medici e scienziati: poiché l’essenza della scienza è l’oggettività, ogni ostacolo posto al progresso scientifico risulta come una
limitazione a tale oggettività; di conseguenza non devono essere poste
restrizioni all’attività scientifica e al progresso tecnologico. Si parla di
“scienza del possibile” che considera giusto e buono tutto ciò che è
tecnicamente possibile e che non accetta messaggi di guida o di
stimolo da parte di sistemi di pensiero di ordine antropologico o etico:
se l’uomo e tutta la realtà biologica sono frutto di una evoluzione cieca non esistono criteri in base ai quali conformare l’agire ed ogni
realtà naturale è solo materia a disposizione dell’uomo. Conseguentemente, tutto quel che è possibile diviene lecito ed ogni limite è
un ostacolo da superare; l’esigenza di conoscere e dominare il mondo
biologico e di promuovere il benessere e la salute dell’uomo si
8
H. Jonas, Dalla fede antica all’uomo tecnologico, Il Mulino, Bologna 1991.
«Tu, le tue gioie, i tuoi dolori, i tuoi ricordi, le tue ambizioni il tuo senso di
identità personale e libera volontà, in realtà non sono altro che il comportamento di
un vasto insieme di cellule nervose e delle molecole ad esse associate […]»* (F.
Crick, The astonishing hypothesis. The scientific search for the soul, Simon and
Schuster, London 1994, p. 3). *Laddove non venga altrimenti indicato la traduzione
si consideri nostra.
10
«Le norme etiche tradizionali non sono più adeguate […]. L’evoluzione non ci
dà un insieme codificato di norme etiche quali i dieci comandamenti; tuttavia, la
comprensione dell’evoluzione ci dà un mondo di vedute che può servire da solida
base per lo sviluppo di un sistema etico adatto per mantenere una società umana
sana, e che provveda anche per il futuro dell’umanità, in un mondo custodito
dall’uomo»; mondo in cui risulta doveroso «sospendere come atto di misericordia il
sostegno alla vita sofferente di un paziente terminale e di accettare come opzione più
etica l’aborto di un bambino non desiderato» (E. Mayr, Toward a new philosophy of
biology. Observation of an evolutionist, Harvard University Press, Cambridge (MA)
1988, p. 89 e p. 85).
9
L’embrione umano e le biotecnologie
17
riducono ad un approccio di semplice manipolazione.11 Ne risulta una
grande spinta a fare non frenata da principi etici, in altre parole dal
senso di responsabilità (che viene delegato a chi potrebbe abusare
delle acquisizioni scientifiche).12
L’avvento e la diffusione delle biotecnologie e la svolta culturale
da esse portata hanno sollevato serie questioni etiche sul rapporto fra
uomo, natura, scienza e tecnica;13 sui criteri dell’utilizzazione delle
biotecnologie animali e vegetali14 e sulle conseguenze delle applicazioni biotecnologiche in medicina e nella sperimentazione sull’uomo. Le applicazioni sull’uomo hanno aperto un ampio dibattito su
come risolvere la tensione fra la libertà di ricerca tecno–scientifica
(per il progresso scientifico e la cura delle malattie) e le esigenze
legate al rispetto ed alla protezione della vita umana; sull’opportunità
ed i limiti degli interventi sull’individuo umano, soprattutto quando
questi non sono a suo diretto vantaggio; sul valore da attribuire alla
vita umana in ogni stadio della sua esistenza e la tutela che esso,
conseguentemente, richiede.
In questo contesto il tema della vita umana prenatale ha assunto un
ruolo significativo per l’entità delle questioni da esso sollevate
(l’identità e il valore della vita umana precoce; la liceità della sua
manipolazione; i possibili sfruttamenti delle categorie più vulnerabili)
e per le rilevanti implicazioni non solo in ambito sanitario ma per
l’intera società e per il futuro stesso dell’uomo. Il dibattito etico ha
assunto a questo riguardo toni spesso esasperati creando un avvertito
11
A. Pessina, Note sul rapporto tra biotecnologie e antropologia filosofica, in J.
de D. Vial Correa, E. Sgreccia (a cura di), Biotecnologie animali e vegetali. Nuove
frontiere e nuove responsabilità, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1999,
pp. 73–82.
12
A. Serra, Famiglia e biotecnologie. Una sfida del nuovo secolo, Rivista di
scienze religiose 2002, 1: 133–155, pp. 141–142.
13
C. Poli, La responsabilità per l’ambiente, Arco di Giano 1994, 4: 97–110; G.
Pontara, Etica e generazioni future, Laterza, Bari 1995; E. Sgreccia, M. B. Fisso,
Etica dell’ambiente, Medicina e Morale 1997, 3 (Suppl.1): 3–43.
14
E. Sgreccia, V. Mele, Bioetica e biotecnologie animali e vegetali, in J. de D.
Vial Correa, E. Sgreccia (a cura di), Biotecnologie animali e vegetali. Nuove
frontiere e nuove responsabilità, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1999,
pp. 83–100.
18
Capitolo I
senso di disagio e di crescente ambiguità e confusione che hanno ostacolato la diffusione di una chiara ed oggettiva informazione. Si avverte l’esigenza di fare chiarezza sul percorso storico e sugli aspetti
scientifici che hanno portato al clima culturale attuale nei confronti
della vita umana prenatale, per poter affrontare con coscienza critica le
nuove sfide etiche e sociali del progresso biotecnologico applicato
all’essere umano nelle prime fasi del suo sviluppo.
Il dibattito etico contemporaneo sulla vita umana precoce è andato
articolandosi in seguito ad eventi rilevanti dal punto di vista scientifico
e sociale che, a partire dalla seconda metà del ventesimo secolo, hanno
determinato profonde trasformazioni culturali nella civiltà occidentale
contemporanea. I temi dell’aborto, delle tecnologie di riproduzione
artificiale extracorporea, della sperimentazione sugli embrioni, della
diagnosi prenatale, della terapia genica fetale e della clonazione umana verranno di seguito affrontati ripercorrendo le tappe storiche più
significative per comprendere il fulcro ed il significato delle questioni
etiche da essi originate e per poter valutare l’attuale clima culturale nei
confronti della vita umana nelle prime fasi del suo sviluppo.
1.2 L’aborto
Il vasto tema della legalizzazione dell’aborto15 è stato il motore
delle prime discussioni bioetiche sull’inizio della vita umana, perché
15
Il tema dell’aborto procurato è stato trattato molto ampiamente e sotto diverse
angolature: storica, sociologica, giuridica, culturale, teologica, morale ed anche
strettamente bioetica. Per un’ampia bibliografia inerente ai diversi approcci alla
questione e per un’approfondita trattazione degli aspetti bioetici si veda il Cap. X di
E. Sgreccia, Manuale di Bioetica. Fondamenti ed etica biomedica, Vol I, Vita e
Pensiero, Milano 1999, pp. 437–504; sul legame fra aborto e contraccezione si veda,
M. L. Di Pietro, Sessualità, contraccezione e aborto nella giovinezza, in N. Galli (a
cura di), L’educazione sessuale nell’età evolutiva, Vita e Pensiero, Milano 1994, pp.
161–190; M. L. Di Pietro, R. Minacori, Sull’abortività della pillola estroprogestinica e di altri contraccettivi, Medicina e Morale 1996, 5: 863–900; M. L. Di
Pietro, M. L. Furiosi, Quale rispetto per la dignità della donna? Alcune osservazioni
in margine alla IV Conferenza mondiale sulla donna, Medicina e Morale 1996, 1:
15–42; R. Cascioli, Demografia: il boom che non c’è, Avvenire 16/09/2004.
L’embrione umano e le biotecnologie
19
per la prima volta veniva contestato e messo in crisi un valore fino ad
allora inviolabile nella cultura occidentale, la dignità ed il diritto alla
vita del neoconcepito.
In Europa, fino alla metà del secolo scorso l’aborto cioè «la morte
(provocata) del concepito prima della nascita»16 e l’eutanasia17 erano
valutati e proibiti come delitti18 sia nella sfera del diritto romano–
germanico che nel sistema della common law delle legislazioni
anglosassoni. Il rispetto della vita non nata accomunava, infatti, non
solo gran parte della cultura occidentale,19 ma anche la sua tradizione
giuridica, come si può dedurre dall’esame dei diritti costituzionali e
civili delle nazioni più progredite e dalle dichiarazioni ed accordi
internazionali.20 La rilevante omogeneità legislativa di fronte alla
tutela della vita umana, anche prima della nascita, è stata fatta
risalire ad una corrente del diritto romano che considerava come un
individuo umano il concepito ancora non nato: nel “Digesto” di
Giustiniano21 veniva riconosciuta al nascituro la condizione giuridica
16
87.
17
F. Antolisei, Manuale di Diritto Penale, Parte sp. I, Giuffrè, Milano 1986, p.
«Per eutanasia s’intende un’azione o un’omissione che di natura sua, e nelle
intenzioni, procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore», Giovanni Paolo II,
Lett. Enc. Evangelium Vitae, 25–III–1995, 65.
18
In Italia, il Codice Penale del 1930 dichiarava l’illiceità dell’aborto
considerandolo un delitto contro l’integrità e la sanità della stirpe; l’aborto era
sempre vietato tranne che per lo “stato di necessità”, cioè in caso di pericolo grave e
attuale della vita della donna; inoltre, l’eutanasia come istituto giuridico era ancora
sconosciuta.
19
Nonostante le pratiche abortive siano state presenti presso tutti i popoli e in
tutte le epoche storiche (ad esempio, nell’archivio dell’imperatore cinese Shan–
Nung, che risale al terzo millennio a. C., si trova una ricetta abortiva), il sentire etico
e la coscienza medica dei secoli passati hanno chiaramente dato un giudizio negativo
nella pratica dell’aborto (anche nel Giuramento d’Ippocrate, si dice: «non darò alla
donna un pessario abortivo»), segnando la tradizione occidentale.
20
Ad esempio, nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, approvata
dall’ONU il 10 dicembre 1948, l’art. 3 recita «Ogni individuo ha diritto alla vita, alla
libertà ed alla sicurezza», per un commento a questa Dichiarazione si veda, G.
Capograssi, La Dichiarazione Universale ai diritti dell’uomo e il suo significato, in
G. Capograssi, Opere, Vol.V, Giuffrè, Milano 1959, pp. 37–50.
21
Il termine “Digesto” (dal latino, “digesta”, "scelta ordinata") si riferisce
all’opera voluta dall’imperatore Giustiniano che dispose la raccolta di pareri e
decisioni dei più celebri giuristi romani, la cui autorità faceva testo in materia di
20
Capitolo I
di essere umano («Qui in utero sunt […] intelliguntur in rerum
natura esse»;22 il concepito esiste ed è perciò da considerarsi titolare
di diritti come se fosse nato: «Nasciturus pro iam nato habetur»). 23
La condizione giuridica di “essere umano” attribuita al nascituro
«operò un mutamento qualitativo nelle strutture del pensiero sociale
e giuridico non solo romano ma dell’intera civiltà giuridica. Infatti, il
principio di considerare giuridicamente essere umano — anche
quando non lo si qualifica come persona — il concepito non nato —
che va protetto — è stato raccolto lungo i secoli posteriori in molti
codici costituzionali e civili di aree culturali e geografiche assai
lontane: non soltanto del mondo latino, romano e iberico (Italia,
Spagna, Argentina, Brasile, Uruguay, Perù, Cile, ecc.), ma anche nel
diritto germanico (per esempio la relativa sentenza della Corte
Costituzionale della Repubblica Federale Tedesca, del 28 maggio
1993) e perfino nel codice civile del Giappone (art. 721)».24 Questa
grande tradizione giuridica si è perpetuata attraverso i secoli, fondando gradualmente il rispetto (anche se non sempre tutelato) della
vita umana, in ogni momento del suo sviluppo, sulla base della
singolare dignità e superiorità dell’essere umano nei confronti degli
altri esseri viventi; il diritto alla vita assumeva così il carattere di
diritto inalienabile,25 perché innato e pre–esistente all’intervento del
legislatore (che, conseguentemente, non può concederlo ma deve
diritto; l’opera, detta anche (in greco) Pandette, è in 50 libri e la materia è raccolta in
432 titoli; per la scelta e l’ordinamento del materiale fu necessario il lavoro di una
commissione di parecchi membri che durò tre anni. Il Digesto uscì alla luce, con la
costituzione Tanta, il 16 dicembre 533. Il nome di “Digesto” è passato a designare
genericamente ogni raccolta organica di materie giuridiche (Enciclopedia Garzanti,
Vol. 2, Garzanti, Torino 1971).
22
Giustiniano, Digesta, 1, 5, 26.
23
Giustiniano, Digesta, 1, 5, 7.
24
J. Herranz, La dignità della persona e il diritto, in J. de D. Vial Correa, E.
Sgreccia (a cura di), Natura e Dignità della Persona Umana a fondamento del
Diritto alla Vita. Le sfide del contesto culturale contemporaneo (Atti dell’Ottava
Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, Città del Vaticano, 25–
27 febbraio 2002), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2003, p. 22.
25
Nella giurisprudenza si dice “inalienabile” un bene o un diritto che non può
essere trasferito ad altri (N. Zingarelli, Lo Zingarelli 2000, Vocabolario della lingua
italiana, XII ed., Zanichelli, Bologna 1999).
L’embrione umano e le biotecnologie
21
“riconoscerlo” come uno dei diritti inviolabili dell’essere umano), e
non diritto dipendente da semplici considerazioni accidentali di
ordine politico, pragmatico o psicologico.
Nella seconda metà del ventesimo secolo si è assistito ad un
capovolgimento del diritto alla vita, che ha perso gradualmente il suo
carattere inalienabile, portando molti Stati (talvolta in sorprendente
contrasto con le loro Costituzioni) alla legalizzazione dell’aborto e,
successivamente, anche dell’eutanasia ed investendo non solo la sfera
giuridica ma anche quella etica e sociale; le cause di questo capovolgimento giuridico sono state ricondotte da alcuni autori alle «due
grandi utopie ideologiche diventate anche sistemi politici a scala
mondiale: l’utopia totalitaria della giustizia senza libertà e l’utopia
libertaria della libertà senza verità»,26 che hanno portato ad una
profonda revisione culturale espressa dalla depenalizzazione e dalla
legittimizzazione dell’aborto. La depenalizzazione consiste essenzialmente nel non considerare più reato, a determinate condizioni,
l’aborto volontario (e quindi non perseguibile legalmente né su chi lo
esegue, né su di chi vi ricorre); la legittimizzazione va oltre e chiede
che l’aborto volontario sia ritenuto un vero e proprio diritto civile e, in
modo particolare, un diritto della donna (la stessa terminologia
impiegata di “interruzione volontaria della gravidanza” pone l’accento
su un evento della donna; mentre il figlio, indicato con i termini di
“embrione”, “feto” o semplice “prodotto del concepimento”, passa in
secondo piano).
La prima legge sull’aborto nasce nel contesto del materialismo
teorico dell’Unione Sovietica nel 1920 ed è seguita nel 1956 dalle
legislazioni in Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, e dalla Cecoslovacchia nel 1957; l’immediata ragione della legalizzazione dell’aborto nello stato comunista sovietico e nelle altre nazioni dell’est
europeo sottomesse al comunismo era di natura socio–politica: bisognava facilitare l’inserimento della donna nel lavoro extra–domestico,
26
J. Herranz, La dignità della persona e il diritto, in J. de D. Vial Correa, E.
Sgreccia (a cura di), Natura e Dignità della Persona Umana a fondamento del
Diritto alla Vita. Le sfide del contesto culturale contemporaneo (Atti dell’Ottava
Assemblea Generale della Pontificia Accademia per la Vita, Città del Vaticano, 25–
27 febbraio 2002), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2003, p. 27.
22
Capitolo I
a beneficio dell’economia socialista.27 Nell’occidente europeo le leggi
permissive sull’aborto giungono più tardi, a seguito di un graduale
cambiamento culturale introdotto da modelli di vita utilitaristici,
espressione del materialismo pratico: «I desideri pratici, la comodità
di una visione edonista, la fatica di soluzioni alternative complesse e
cariche di sacrificio spingono sulla strada dell’aborto–diritto, così
come il figlio prodotto o oggetto di diritto. Il legislatore e il giurista
non sono in grado di resistere a questa pressione».28
La legalizzazione dell’aborto nel panorama occidentale risultava,
però, un elemento contraddittorio perché, come è stato già sottolineato, la tradizione giuridica e politica occidentale aveva da tempo
riconosciuto il carattere umano dell’essere concepito ed è stata la culla
dei diritti umani (tra cui è fondamentale il diritto alla vita) che hanno
ispirato molte costituzioni statali europee della seconda metà di questo
secolo; la cultura occidentale è, inoltre, permeata del valore dell’individuo, della dignità dell’essere umano come persona. Come giustificare, allora, la liceità della soppressione volontaria della vita del
concepito sia pure in casi e circostanze disciplinate dalla legge? Come
bilanciare l’umanità e la conseguente dignità del concepito e il diritto
di autodeterminazione della donna e la difesa della sua salute? Non
potendo disconoscere apertamente la natura ed il valore della vita
umana all’inizio del suo sviluppo, le leggi europee in materia d’aborto
risultano spesso ambigue ed incerte, rispecchiando l’anima tormentata
della cultura occidentale al riguardo.
Nel 1967 viene emanato l’Abortion Act del Regno Unito, che determinerà la spinta liberalizzatrice negli Stati Uniti, dove l’aborto è stato
legalizzato non dal parlamento, ma da due sentenze della Corte Suprema del 22 gennaio 1973, il caso “Roe contro Wade” (n.70–18) ed il
caso “Doe contro Balton” (n.70–40).29 Dopo le sentenze americane la
27
C. Casini, Prospettive di riforma dell’attuale legislazione sull’aborto. Il
dibattito italiano ed europeo, Incontro 1994, 5: II–XX.
28
C. Casini, L’evoluzione delle leggi in Europa in tema di diritto alla vita,
Iustitia 2002, 2: 172–186, p.179.
29
Per un commento sul significato e le ripercussioni europee delle due sentenze
della Corte Suprema degli Stati Uniti si veda, C. Casini, La sentenza della Corte
Suprema degli Stati Uniti in materia di aborto: significato e prospettive, La
Famiglia 1989, 137: 9–22.
L’embrione umano e le biotecnologie
23
normativa sull’interruzione volontaria della gravidanza si è imposta
con maggior forza nella legislazione europea: nel 1973 l’aborto è stato
disciplinato in Germania federale e Danimarca, un anno dopo in
Svezia e nel 1975 in Francia; nello stesso anno, in Italia, la sentenza
della Corte Costituzionale n. 27/1975, dichiarava la parziale illegittimità dell’art. 546 del codice penale nella parte in cui non si prevedeva la possibilità d’interrompere la gravidanza quando l’ulteriore
gestazione «implicasse un danno, o pericolo grave, medicalmente
accertato e non altrimenti evitabile per la salute della madre»;30
estendendo l’ipotesi di non punibilità dell’aborto oltre il caso dello
“stato di necessità” già previsto dall’art.54 del codice penale. La
sentenza, pur facendo riferimento alla tutela costituzionale del concepito e riconoscendogli i diritti inviolabili, affermava che il concepito
deve ancora diventare “persona” attribuendogli, quindi, una dignità
umana “diminuita” nel bilanciamento di interessi e valori con la vita e
la salute della madre. Veniva così introdotto un declassamento del
valore della vita del concepito rispetto al valore della vita e della
salute della madre.
L’aborto verrà disciplinato in Italia nel 1978, insieme al Lussemburgo e Grecia, cui seguirà poi l’Olanda nel 1981 (dopo che le
dimissioni del Ministro della Sanità avevano imposto per molti anni il
rinvio della legge), il Portogallo nel 1984, la Spagna nel 1985, ed
infine nel 1990 il Belgio (dove il Re Baldovino si dimise per un solo
giorno, per non sottoscrivere la norma). Le legislazioni proibizioniste
sull’aborto sono oggi mantenute solo dall’Irlanda e da Malta (nel
primo paese un referendum popolare svoltosi nel 1983 ha inscritto
nell’art. 40 della Costituzione la tutela del diritto alla vita del
concepito) ma i processi legislativi in Europa non sembrano ancora
conclusi e nei paesi dell’est, dopo la caduta del muro di Berlino, si è
assistito a “tormentati” tentativi di ritorno al rispetto della vita, i cui
casi più rilevanti sono quelli della Polonia e della Bulgaria.31
30
Sentenza della Corte Costituzionale n. 27/1975, Giurisprudenza Costituzionale
1975, 1: 117–120.
31
M. Casini, Diritti del concepito: dal caso polacco al contesto europeo, La
Famiglia 1997, 186: 27–36; C. Casini, L’evoluzione delle leggi in Europa in tema di
diritto alla vita, Iustitia 2002, 2: 172–186, p. 177.
24
Capitolo I
Le differenti legislazioni sull’aborto «hanno comunque un andamento oscillante e sembrano caratterizzate da una profonda inquietudine. Ogni norma permissiva deve ignorare la «“domanda fondamentale”: se il nascituro sia un essere umano e se– nell’ipotesi che la
risposta sia affermativa (come è scientificamente inevitabile)– sia
ammissibile una discriminazione fra esseri umani più o meno degni di
vivere».32 Questa “inquietudine di fondo” si constata negli stessi testi
delle leggi, a volte contraddittori o ambigui, sintomo della coesistenza
di principi e tendenze culturali tra loro in contraddizione; ne è un
esempio emblematico la legge italiana sull’aborto n.194, entrata in
vigore il 22 maggio del 1978, che rispecchia il percorso incerto e
complesso che hanno subito molte legislazioni europee nel tentativo di
conciliare elementi e valori in sé contrastanti.33 La normativa non
introduce una liberalizzazione dell’aborto,34 ne conferma, invece, il
divieto e l’illiceità penale, ma pone alcune condizioni di non punibilità
32
C. Casini, Prospettive di riforma dell’attuale legislazione sull’aborto. Il
dibattito italiano ed europeo, Incontro 1994, 5:II–XX, p. IV.
33
Nella legge italiana 22/5/78 n. 194 sono presenti diverse “anime” che, secondo
l’analisi del giurista C. Casini, rispecchiano tre filoni culturali: quello “radicale”, che
si batte per il diritto di aborto come libera scelta e per la cancellazione totale dei
diritti del concepito; quello “collettivizzante”, che ha un atteggiamento agnostico
verso il figlio concepito e punta al solo contenimento dell’aborto clandestino
«attraverso il monopolio pubblico dell’aborto e la sua gestione nella forma di
pubblico servizio»; ed infine quello definito dell’“abortismo umanitario” che non
cancella i diritti del concepito e cerca di tutelarne la vita, «sia pure soltanto in
termini statistici, usando la formula "socializzare per prevenire"», questa posizione
trova espressione nella presenza di misure ed interventi di prevenzione, quali
l’istituzione di consultori familiari e l’imposizione del colloquio preliminare al
consenso per l’interruzione volontaria della gravidanza (C. Casini, Prospettive di
riforma dell’attuale legislazione sull’aborto. Il dibattito italiano ed europeo,
Incontro 1994, 5: II–XX, p. IV).
34
Nell’art.1 della legge 22/5/78 n. 194 vengono affermati principi e valori
fondamentali: innanzitutto il principio della «tutela della vita umana fin dal suo
inizio», anche se il principio è ambiguo perché non si specifica mai quando inizia la
vita; il valore della maternità nella sua dimensione sociale (la maternità come valore
per la collettività che deve impegnarsi a tutela della maternità anche attraverso
l’assunzione degli oneri); il divieto di considerare l’aborto come un mezzo per il
controllo delle nascite. Gli interessi confliggenti della madre e del concepito (vita e
salute psicofisica della madre e vita del concepito) vengono, però, fra loro bilanciati
sempre in senso favorevole alla donna.
L’embrione umano e le biotecnologie
25
(artt. 4, 6, 7), che vanno restringendosi con il progredire dello sviluppo del concepito e che di fatto portano a punire solo l’aborto clandestino. Il principio ispiratore di questa impostazione è quello della
“progressività del valore” della vita intrauterina man mano che si
avvicina il momento della nascita: la crescente tutela del concepito
corrisponde ad una sua graduale acquisizione di valore e dignità con il
procedere dello sviluppo.35 Questa soluzione si ispira alla celebre
sentenza, già citata, della Corte Suprema statunitense del 22 gennaio
1973 (il caso “Roe contro Wade”) che aveva liberalizzato l’aborto
negli USA: «La Roe vs Wade costruisce uno schema a trimestri: nel
primo il diritto alla privacy ed autodeterminazione della donna è
preponderante, e lo Stato non può limitare la libertà di decisione della
gestante riguardo all’aborto neanche allo scopo di tutelare la salute
della donna stessa; nel secondo trimestre lo Stato è autorizzato a
limitare il potere della donna solo per proteggerne la salute; solo nel
terzo trimestre lo Stato può prendere in considerazione la salute del
nascituro, in quanto considerato dalla Corte “viabile”, cioè suscettibile
di vita autonoma».36 L’argomento gradualista ha permesso di ammettere una modulazione del valore dell’embrione umano e la possibilità di una sua tutela differenziata a seconda del suo livello di
sviluppo pur permanendo la fondamentale difficoltà di giustificare
35
Entro i 90 giorni di gestazione il diritto di autodeterminazione della donna
prevale sul diritto alla vita dell’embrione (art.4); nel primo trimestre l’aborto è in
pratica liberamente consentito perché è sufficiente che ci sia un serio pericolo per la
salute fisica o psichica della donna (che include lo stato di salute, le condizioni
economiche sociali e familiari, la circostanze in cui è avvenuto il concepimento e la
presenza di malformazioni ed anomalie sul concepito), che di fatto si traduce in un
diritto della donna, sempre. Dopo i 90 giorni fino all’autonomia del feto, è
necessario un grave pericolo per la vita della donna o la presenza di anomalie o
malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o
psichica della donna, per giustificare l’intervento abortivo (art.6). Dal momento in
cui sussiste la possibilità di vita autonoma o "viabilità" del feto, solo un grave
pericolo per la vita della donna giustifica l’intervento abortivo (art.7), fermo
restando che il medico dovrà fare tutto il possibile per salvare il feto (è da notare che
questo "momento" non può essere definito dalla legge ma dalla medicina i cui
progressi stanno rendendo possibile la sempre più precoce "viabilità" del feto).
36
M. Palmaro, Ma questo è un uomo. Indagine storica, politica, etica, giuridica
sul concepito, San Paolo, Milano 1996, p. 77.
26
Capitolo I
razionalmente le diverse tappe prescelte per una la tutela giuridica
differenziata (è da sottolineare, fra l’altro, che nelle diverse legislazioni non c’è accordo nel definire il termine entro il quale l’aborto è
liberamente consentito — 10 settimane in Francia, 12 in Italia, 18 in
Svezia, 24 nel Regno Unito — mettendo in evidenza l’arbitrarietà
delle scelte effettuate). 37
Il diritto alla vita, presupposto di ogni altro diritto dell’uomo
(perché a chi non vive non può essere attribuito alcun interesse giuridicamente proteggibile) veniva negato in uno dei momenti di maggior
vulnerabilità dell’esistenza umana e proprio nella cultura occidentale
che tradizionalmente aveva affermato il principio di considerare
giuridicamente come essere umano, e conseguentemente di proteggere,
il concepito non ancora nato. Da questa profonda trasformazione
culturale e sociale sul tema della vita umana nascente è scaturito un
ampio dibattito bioetico che si è incentrato sulla natura della vita
umana ai suoi inizi, nel tentativo di definirne la realtà biologica,
ontologica e morale (in se stessa ed in relazione a situazioni contingenti quali la malattia della madre o del nascituro, la lotta all’aborto
clandestino ecc.), al fine di verificare razionalmente la relazione tra
l’inizio biologico della vita umana e il momento d’inizio di una vita
moralmente e giuridicamente rilevante (l’inizio della persona titolare
dei diritti inviolabili).
1.3 La riproduzione artificiale extracorporea
Il progresso della medicina prenatale e delle tecnologie di riproduzione assistita38 ha aperto la strada della riproduzione umana in
37
65.
38
C. Casini, F. Cieri, La nuova disciplina dell’aborto, Cedam, Padova 1978, p.
Le tecniche di riproduzione assistita o artificiale, dette anche tecniche di
procreazione medicalmente assistita (PMA) sono tecniche che consentono di
ottenere una gravidanza con un intervento da parte di terzi (medico, biologo, etc.).
Le tecniche di PMA possono essere eseguite in forma omologa (si usano ovociti e
spermatozoi della coppia richiedente) o eterologa (quando uno degli “elementi”
chiamati in causa nella fecondazione — ovocita, spermatozoo, utero — è estraneo
alla coppia richiedente). A seconda che la fecondazione avvenga nelle vie genitali
L’embrione umano e le biotecnologie
27
vitro, determinando una vera e propria “rivoluzione della riproduzione”39 che ha avuto un notevole impatto culturale e sociale, ed ha
lanciato nuove sfide etiche, morali e legali: «Le nozioni un tempo
onorate sugli aspetti riproduttivi cederanno il posto, dinanzi ai progressi tecnici, a più promettenti possibilità. […] Molte usanze ed
atteggiamenti sono cambiati. Sarebbe molto strano se, in questa età di
conoscenze e tecniche esplosive le nostre pratiche riproduttive rimanessero immuni dalle riforme»;40 con queste parole, pronunciate dal
noto genetista H. J. Muller durante il 3° Congresso di Genetica Umana
di Chicago nel 1967, venivano incitati i ricercatori ad intraprendere
nuove vie alla riproduzione umana affermando la necessità di sfruttare
i grandi e promettenti progressi biotecnologici per controllare l’evoluzione umana e venire incontro alle “nuove esigenze riproduttive
dell’uomo”; e tra gli strumenti proposti veniva anche suggerita la
selezione germinale, cioè la produzione di embrioni umani con gameti
scelti, maschili e femminili, e il loro impianto in madri ospiti, per
poter ottenere una prole selezionata secondo criteri definiti a priori.41
della donna o al di fuori di esse, si parla rispettivamente di fecondazione artificiale
intracorporea (ad esempio, inseminazione artificiale e GIFT – Gamete Intra–
Fallopian Transfer) e di fecondazione artificiale extracorporea (ad esempio, fecondazione in vitro e ICSI – Intra–Cytoplasmatic Sperm Injection).
Per un’ampia e dettagliata trattazione, corredata da una ricca bibliografia, degli
aspetti tecnici, storici e bioetici sulle tecnologie di fecondazione umana si veda il
Cap. XI di E. Sgreccia, Manuale di Bioetica. Fondamenti ed etica biomedica, Vol. I,
Vita e Pensiero, Milano 1999, pp. 505–587; M. L. Di Pietro, E. Sgreccia, Procreazione assistita e fecondazione artificiale, tra scienza, bioetica e diritto, La Scuola,
Brescia 1999; R. Colombo, Diagnosi e terapia della sterilità, procreazione medicalmente assistita e fecondazione artificiale, in E. Scabini, G. Rossi (a cura di), Famiglia “generativa” o “famiglia “riproduttiva”? Il dilemma etico nelle tecnologie
di fecondazione assistita, Vita e Pensiero, Milano 1999, pp. 11–83.
39
M. Seppala, R. G. Edwards, Preface, in M. Seppala, R. G. Edwards (eds), In
Vitro Fertilization and Embryo Transfer, Annals of the New York Academy of
Sciences 1985, p. XI.
40
H. J. Muller, What genetic course will man steer?, in J. F. Crow, J. V. Neel
(eds), Proceedings of the Third International Congress on Human Genetics, Johns
Hopkins, Baltimore 1967, pp. 521–535.
41
H. J. Muller, The guidance of human evolution, in S. Tax (ed.), The Evolution
after Darwin, Vol. II: The Evolution of Man, University of Chicago Press, Chicago
1960, pp. 455–456.
28
Capitolo I
Le prime sperimentazioni sulla fecondazione in vitro in campo animale furono effettuate sul topo, sul coniglio e sul babbuino: nel 1959
si documentarono risultati incoraggianti sul coniglio42 e nel 1976,
dopo diversi successi su altre specie animali da esperimento,43 si
ottenne il primo babbuino concepito in vitro e trasferito in utero.44
Contemporaneamente iniziarono anche le sperimentazioni sull’uomo:
alla fine degli anni ‘60, l’équipe inglese del prof. R. G. Edwards
dell’Università di Cambridge, nel laboratorio di fisiopatologia della
Riproduzione, mise a punto un protocollo per la produzione in vitro di
embrioni umani (utilizzando i risultati delle precedenti sperimentazioni su animali) e riuscì, dopo molti tentativi, a far avvenire la
fecondazione e ad avviare gradualmente lo sviluppo embrionale
umano. Mettendo a contatto i gameti maschili e femminili si era
inizialmente ottenuto solo l’embrione unicellulare (allo stadio di
zigote pronucleato),45 poi embrioni di 4, 8 e 16 cellule,46 fino ad
arrivare allo stadio di blastociste (64 –128 cellule);47 e finalmente nel
1978, dopo circa sette anni di tentativi e fallimenti, si riuscì a trasferire
l’embrione in utero per l’impianto, lo sviluppo e la crescita fino alla
nascita.48 Il 25 luglio del 1978 nasceva Lowise Brown, la prima “test
tube baby” (“bambina in provetta”).49 L’evento suscitò forti ripercussioni nel mondo scientifico sollevando anche perplessità di carattere etico e le stesse riviste scientifiche di quel periodo non mancarono
42
M. C. Chang, Fertilization of rabbit ove in vitro, Nature 1959, 184: 466–467.
D. G. Whittingham, In–vitro fertilization, embryo transfer and storage, British
Medical Bulletin 1979, 35: 105–111.
44
D. C. Kraemer, C. T. Moore, M. A. Kramer, Baboon infant produced by
embryo transfer, Science 1976, 192: 1246–1247.
45
R. G. Edwards, D. Bavister, P. C. Steptoe, Early stages of fertilization in vitro
of human oocytes matured in vitro, Nature 1969, 221: 632–633.
46
R. G. Edwards, P. C. Steptoe, J. M. Purdy, Fertilization and cleavage in vitro
of preovulation human oocytes, Nature 1970, 227: 1307–1309.
47
P. C. Steptoe, R. G. Edwards, J. M. Purdy, Human blastocysts grown in
culture, Nature 1971, 229: 133.
48
R. G. Edwards, The bumpy road to human in vitro fertilization, Nature
Medicine 2001, 7: 1091–1094.
49
P. C. Steptoe, E. G. Edwards, Birth after the preimplantation of a human
embryo, Lancet 1978, II: 366.
43
L’embrione umano e le biotecnologie
29
di sottolineare l’importanza di una seria riflessione sull’argomento.50
Le nuove tecniche riproduttive indicate come IVF–ET (In Vitro Fertilization and Embryo Transfer) o FIVET (Fecondazione In Vitro con
Embryo Transfer)51 si sono in seguito rapidamente sviluppate attra50
L’editoriale della rivista Nature (una delle più note in ambito scientifico), in
riferimento all’evento della prima “bambina in provetta”, affermava: «Per entrare in
ciò che qualcuno ancora ritiene fantascienza, il recente successo è certo un passo
avanti sulla via della manipolazione molto più fondamentale degli esseri umani. […]
I biotecnologi, che certamente emergeranno in seguito alle conoscenze rapidamente
crescenti, debbono prendere l’opinione pubblica in attenta considerazione. Non è
troppo presto per prendere sul serio questi argomenti» (Editorial, Reproductive
technology: whose baby?, Nature 1978, 274: 410).
51
Le tecniche di fecondazione in vitro sviluppate negli ultimi 25 anni sono
molteplici ma possono essere schematicamente descritte in alcune fasi. La prima
tappa consiste nella stimolazione ovarica della donna, attraverso la somministrazione dell’ormone follicolo–stimolante (FSH) in dosi ben definite, questo
permette l’induzione della superovulazione della donna, che verrà poi opportunamente monitorata per seguire la crescita dei follicoli ed accertare il numero degli
ovociti pronti che verranno raccolti nel momento più favorevole. Il prelievo viene
effettuato 36 ore dopo la maturazione degli ovociti (indotta somministrando
gonadotropine corioniche umane – hCG) per via transabdominale o transvaginale,
aspirando gli ovociti prossimi all’ovulazione con il proprio liquido follicolare. Gli
ovociti prelevati vengono poi messi in coltura per completare la maturazione
(indicata dalla emissione del primo globulo polare) e contemporaneamente si
raccoglie il liquido seminale, che viene esaminato ed eventualmente selezionato. Gli
ovociti vengono poi separati e trasferiti singolarmente in una provetta dove viene
aggiunta una microgoccia di sospensione fecondante, contenente da 10.000 a
100.000 spermatozoi, per far avvenire la fecondazione; lo spermatozoo può anche
essere direttamente iniettato nel citoplasma dell’ovocita con una microsiringa (ICSI:
IntraCytoplasmic Sperm Injection), oppure è iniettato direttamente uno spermatide
(ROSI, ROund Spermatid Injection) o il suo nucleo (ROSNI, ROund Spermatid
Nuclear Injection). Gli zigoti ottenuti vengono esaminati per controllarne la qualità,
e quelli considerati più adatti a proseguire lo sviluppo, vengono trasferiti singolarmente in terreni di crescita e fatti crescere, in un termostato a 37°, per formare
embrioni di 4–16 cellule. Questi embrioni sono poi ulteriormente vagliati e selezionati, e quelli più adatti vengono trasferiti in utero dal ginecologo (da 3 a 6 a
seconda delle norme seguite); lo zigote può essere anche trasferito allo stadio
pronucleare (PROST, PROnuclear Stage Transfer) o 4–10 ore dopo questo stadio
(ZIFT, Zygote Intrafallopian Transfer). Se ci sono embrioni in soprannumero,
possono essere crioconservati od utilizzati per la ricerca, a seconda delle norme di
legge o dei regolamenti ufficiali.
Per una accurata descrizione delle differenti tecnologie di fecondazione umana in
30
Capitolo I
verso la costituzione di migliaia di centri appositi aperti in molte
nazioni e sono diventate oggi un dato di fatto nella storia della riproduzione umana.52
L’avvento delle tecniche di riproduzione artificiale extracorporea
sembrava aprire nuove prospettive per il superamento della sterilità
da parte di coppie con problemi genetici, ormonali, infettivi o psicologici, oppure per aiutare coppie portatrici di serie patologie genetiche che desideravano avere la certezza di un figlio sano, ma si rivelarono presto molti problemi legati alla loro utilizzazione, innanzitutto di carattere tecnico.53 Secondo i dati forniti nel 1988 dal
Registro Nazionale IVF/ET degli Stati Uniti solo l’11% delle donne
che si erano sottoposte ai protocolli di fecondazione in vitro avevano ottenuto il “bambino in braccio”54 e nove anni più tardi, secondo la raccolta dei risultati dell’American Society for Reprovitro e le relativa rilevanza etica si veda, E. Sgreccia, Manuale di bioetica.
Fondamenti ed etica biomedica, Vol I, Vita e Pensiero, Milano 1999, pp. 525–587;
per una revisione delle ricerche di microassisted IVF si veda, C. Patrat, et al.,
Pregnancies, growth and development of children conceived by subzonal injection
of spermatozoa, Human Reproduction 1999, 14: 2404–2410; J. Tesarik, C. Mendoza, In vitro fertilization by intracytoplasmic sperm injection, BioEssays 1999, 21:
791–801; J. Selva, Assisted hatching, Human Reproduction 2000, 4: 65–67; K.
Hardy, et al., Future developments in assisted reproduction in humans, Reproduction 2002, 123: 171–183; L. A. Al–Nuaim, J. M. Jenkins, Assisted hatching in
assisted reproduction, British Journal of Obstetrics and Gynaecology 2002, 109:
856–862; Z. P. Nagy, et al., Novel use of laser to assist ICSI for patients with fragile
oocytes: a case report, Reproductive Biomedicine Online 2002, 4: 27–31.
52
P. Serafini, Outcome and follow–up of children born after IVF–surrogacy,
Human Reproduction Update 2001, 7 (1): 23–27; V. Söderström–Anttila, Pregnancy
and child after oocyte donation, Human Reproduction Update 2001, 7 (1): 28–32; S.
Koivurova, et al., Neonatal outcome and congenital malformations in children born
after in–vitro fertilization, Human Reproduction 2002, 17 (5): 1391–1398; F.
Olivennes, et al., Perinatal outcome and developmental studies on children born
after IVF, Human Reproduction 2002, 18 (2): 117–128; M. Gissler, et al.,
Monitoring of IVF birth outcomes in Finland: a data quality study, BMC 2004, 4: 3.
53
R. M. L. Winston, K. Hardy, Are we ignoring potential dangers of in vitro fertilization and related treatments?, Nature Cell Biology 2002, 4 (Suppl.1): s14–s18.
54
Medical Research International – The American Fertility Society Special
Interest Group, In vitro fertilization/embryo transfer in the United States: 1985 and
1986 results from the National IVF/ET Registry, Fertility and Sterility 1988, 49:
212–215, p. 215.
L’embrione umano e le biotecnologie
31
ductive Medicine e della Society for Assisted Reproductive Technology Registry, su 73.584 cicli di IVF/ET la frequenza media di parti
per ciclo era del 23.7% (cioè solo una donna su cinque o sei potevano avere il privilegio del figlio desiderato)55 e saliva al 25.4% nel
199956 e al 29,9% nel 2000. Le percentuali italiane non si discostano
molto da quelle statunitensi: «su 100 donne che si rivolgono ad una
qualsiasi delle 300 cliniche della fertilità […], ancora oggi circa 20
soltanto, in media, riescono ad avere il “bimbo in braccio”. E
complessivamente vengono destinati alla morte 280 embrioni»;
inoltre, «per avere la probabilità del 90–95% di successo bisogna
sottoporsi a 15–20 tentativi, e a 5–7 per una probabilità del 50%. Ci
sono donne che sono state spinte a provare anche 14 volte senza
alcun risultato».57 La bassa percentuale di successo della tecnica è
dovuta principalmente all’elevata perdita di embrioni58 causata da
aberrazioni cromosomiche, non solo a carico dello zigote e
dell’embrione ma degli stessi gameti (circa il 37% degli zigoti e il
21% degli embrioni pre–impianto hanno delle gravi anomalie
cromosomiche e il 40–50% degli ovociti ottenuti con processi di
stimolazione ovarica hanno il cariotipo alterato);59 l’alterazione di
singoli geni o di famiglie di geni interessati nel controllo dello svi55
ASRM/SART, Assisted reproductive technology in the United States: 1997
results generated from the American Society for Reproductive Medicine/Society for
Assisted Reproductive Technology Registry, Fertility and Sterility 2000, 74: 641–
654.
56
ASRM/SART, Assisted reproductive technology in the United States: 1999 results generated from the American Society for Reproductive Medicine/Society for
Assisted Reproductive Technology Registry, Fertitlity and Sterility 2002, 78: 918–
931.
57
L. Dell’Aglio, La provetta che illude, intervista al genetista prof. A. Serra,
Avvenire, 21/08/03.
58
Un notevole numero di ricerche indicano che tra le gravidanze clinicamente
accertate il 22% terminano in aborti spontanei, il 5% in gravidanze ectopiche, il 27%
sono gravidanze multiple cui spesso consegue la “riduzione fetale”, il 29% terminano in parti pre–termine ed il 36% in nati con basso peso. Per un’ampia bibliografia al riguardo si veda A. Serra, “Riflessioni di Riproduzione Assistita”. A 21 anni
dalla nascita della prima bambina concepita in vitro, Medicina e Morale 1999, 5:
861–883.
59
A. Serra, L’uomo–embrione. Il grande misconosciuto, Cantagalli, Siena 2003,
p. 66.
32
Capitolo I
luppo e vari fattori connessi con gli stessi trattamenti tecnici (tra
cui, in particolare, leggere modificazioni di temperatura, difetti dei
terreni di coltura e necessarie micromanipolazioni) possono essere
cause di gravi anomalie che terminano nella cessazione molto precoce dello sviluppo, o in aborto spontaneo o in serie malformazioni.
Ci sono inoltre evidenze di un aumentato numero di parti prematuri, di nati con basso peso,60 e di complicazioni durante lo sviluppo embrionale e fetale che portano a morbilità e mortalità neonatale e postnatale.61 Sono stati anche effettuati studi di follow up per
verificare gli effetti fisici e psicologici a lungo termine della fecondazione in vitro, che hanno dato risultati contrastanti: alcuni studi
mostrano che non ci sono significative differenze nel tasso di mortalità, nello sviluppo psicologico o nella qualità delle relazioni familiari e affettive fra bambini concepiti naturalmente e quelli ottenuti
in vitro;62 mentre altri studi forniscono dati opposti evidenziando i
possibili effetti negativi delle tecniche di IVF/ET sullo sviluppo
embrionale (in particolare sui fattori epigenetici che lo controllano)
determinando danni a lungo termine (ad esempio, deviazioni nel
timing di interazione e specificazione cellulare possono influenzare le
prime fasi di sviluppo embrionale e la successiva organogenesi); sono
stati anche mostrati i possibili danni cardiovascolari, urogenitali, ga60
U. B. Wennerholm, et al., Gestational age in pregnancies after in vitro fertilization: comparison between ultrasound measurement and actual age, Ultrasound
in Obstetrics Gynaecology 1998, 12 (3): 170–174.
61
Dati relativi alle più recenti tecniche (ICSI, ROSI, ROSNI) indicano un rischio
di anomalie congenite circa doppio rispetto alle gravidanze naturali (J. Kurinczuk,
C. Bower, Birth defects in infants conceived by intracytoplasmic sperm injection: an
alternative interpretation, BMJ 1997, 315 (7118): 1260–1265; A. Van Steirteghem,
Outcome of assisted reproductive technology, The New England Journal of Medicine 1998, 338: 194–195; R. I. Silver, et al., In vitro fertilization is associated with
an increased risk of hypospadias, Journal of Urology 1999, 161 (6): 1954–1957).
62
S. Golombok, et al., The European study of assisted reproduction families: the
transition to adolescence, Human Reproduction 2002, 17 (3): 830–840; A. Venn, et
al., Mortality in a cohort of IVF patients, Human Reproduction 2001, 16 (12):
2691–2696; T. R. Montgomery, et al., The psychological status al school age of
children conceived by in–vitro fertilization, Human Reproduction 1999, 14 (8):
2162–2165; B. C. Tarlatzis, G. Grimbizis, Pregnancy and child outcome after
assisted reproduction techniques, Human Reproduction 1999, 14 (Suppl.1): s231–
s242.
L’embrione umano e le biotecnologie
33
strointestinali e neurologici cui sono maggiormente affetti i bambini
nati dopo IVF/ET, rispetto ai bambini concepiti naturalmente.63 Questi
risultati mettono in evidenza che gli effetti postnatali della fecondazione artificiale non sono ancora quantizzabili e prevedibili e sono
necessari ulteriori studi di approfondimento; è un dato certo, però, che
al “bambino in provetta” viene sottratto consapevolmente il diritto ad
essere concepito, a svilupparsi ed a vivere nelle migliori condizioni
possibili.
Alla bassa percentuale di successo e ai seri rischi per la vita e la
salute dei bambini ottenuti in vitro si devono aggiungere l’elevata
incidenza di embrioni che verranno prodotti ed intenzionalmente eliminati per avere il “figlio desiderato”,64 ed i rischi per la salute della
donna, di cui i principali sono la cosiddetta “sindrome da iperstimolazione ovarica” e la ridotta recettività endometriale causata dall’alterata situazione ormonale (che ha influenze sull’esito dell’impianto
degli embrioni).65
Sono poi da considerare, oltre all’onere degli elevati costi che gravano sulle famiglie e sulle donne che accedono a queste tecniche,66 le
conseguenze di ordine sociale legate all’utilizzazione di queste tecnologie, in particolare riguardo alla crioconservazione,67 alla fecondazione
63
M. L. Boerjan, J. H. den Daas, S. J. Dieleman, Embryonic origins of health:
long–term effects of IVF in human and livestock, Theriogenology 2000, 53 (2): 537–
547; B. Stromberg, et al., Neurological sequelae in children born after in–vitro
fertilization: a population–based study, Lancet 2002, 359 (9305): 461–465.
64
M. Tsirigotis, Blastocyst stage transfer: pitfalls and benefits, Human Reproduction 1988, 13: 3285–3289.
65
J. R. Loret de Mola, et al., Subclavian deep vein thrombosis associated with
the use of recombinant follicle–stimulating hormone (Gonal–F) complicating mild
ovarian hyperstimulation syndrome, Fertility and Sterility 2000, 73 (6): 1253–
1255; K. Elter, Hepatic Dysfunction associated with moderate ovarian hyperstimulation syndrome. A case report, The Journal of Reproductive Medicine 2001,
46: 765–768; S. M. Kelly, W. M. Buckett, S. L. Tan, Effect of repeated assisted
reproductive technology on ovarian response, Current Opinion in Obstetrics &
Gynaecology 2003, 15 (3): 219–224.
66
P. Katz, R. Nachtigall, J. Showstack, The economic impact of the assisted reproductive technologies, Nature Cell Biology 2002, 4 (Suppl. 1): s29–s32.
67
Il termine "crioconservazione" si riferisce alla metodica di "conservazione" in
azoto liquido degli embrioni ottenuti per fecondazione in vitro che non siano stati
trasferiti nelle vie genitali della donna entro 5 o 6 giorni di coltura (A. Bernard, B. J.
34
Capitolo I
eterologa, all’eventuale figlio concesso a coppie omosessuali o al fenomeno della “maternità surrogata”,68 già prese in considerazione da
importanti studi sociologici: «La procreazione — evento di significato
insondabile per i mille riflessi che ha in sé, per la coppia, per il concepito, per la famiglia, per la società — è diventata un bene di consumo
relativo ad altri beni di consumo; è stata ridotta a un evento che ha i
suoi rischi che si devono evitare e deve, quindi, essere ultracontrollato;
è stata degradata a mera produzione di esseri che devono corrispondere
ai criteri di mercato o di proprio gradimento e, quindi, sottoposti a selezione. Da qui la modernizzazione dei comportamenti procreativi per
avere il figlio quando, dove e come si vuole, e gli abusi che si stanno
perpetrando sul neoconcepito e sul non–nato “geneticamente sbagliati”. […] È la relazione–famiglia che più di ogni altra cosa perde di
senso e di sostanza e implode. Ma, a sua volta, l’implosione della
famiglia provoca l’implosione di molte altre relazioni sociali».69
Il ricorso alla riproduzione artificiale extracorporea ha portato allo
sviluppo della “diagnosi pre–impianto”,70 messa a punto proprio al
Fuller, Cryopreservation of human oocytes: A review of current problems and perspectives, Human Reproduction Update 1996, 2: 193–207; R. Fabbri, et al., Oocyte
cryopreservation, Human Reproduction 1998, 13 (Suppl. 4): s98–s108).
68
La maternità si definisce "surrogata" quando la donna che porta avanti la
gravidanza è diversa dalla donna che ne ha fatto richiesta e che ha eventualmente
fornito la cellula uovo con cui è stato ottenuto l’embrione. Si assiste così ad una
pericolosa dissociazione fra ruolo biologico, gestazionale e sociale della maternità.
69
P. Donati, Trasformazioni socio–culturali della famiglia e comportamenti
relativi alla procreazione, Medicina e Morale 1993, 1: 117–163.
70
La “diagnosi pre–impianto” include una serie di tecniche per selezionare, fra
gli embrioni ottenuti tramite fecondazione artificiale, quelli più adatti al trasferimento nelle vie genitali della donna per il successivo sviluppo; i protocolli proposti
o utilizzati non includono solo esami genetici, ma anche morfologici e metabolici
per individuare quelle caratteristiche dello sviluppo embrionale precoce correlabili a
un buon pregnancy rate (A. H. Handyside, Fertilizzazione in vitro e diagnosi
genetica preimpianto per la prevenzione delle malattie ereditarie, in W. R. Keye, R.
J. Chang, R. W. Rebar, M. R. Soules (a cura di), Infertilità. Valutazione e trattamento, Verducci Editore, Roma 1997, pp. 920–928; D. Wells, J. D. Delhanty, Preimplantation genetic diagnosis: applications for molecular medicine, Trends in
Molecular Medicine 2001, 7: 23–30; T. H. Bui, J. C. Harper, Preimplantation genetic diagnosis, Clinical Obstetrics and Gynaecology 2002, 45: 640–648, 730–732;
L’embrione umano e le biotecnologie
35
fine di aumentare “l’efficienza” delle tecniche di fecondazione in
vitro, permettendo la selezione degli embrioni umani più adatti al
trasferimento e l’eliminazione di quelli portatori di determinate
anomalie genetiche o cromosomiche, o comunque di quegli embrioni
che non hanno un alto “potenziale d’impianto”; essa viene considerata
anche una forma alternativa di diagnosi prenatale al fine di individuare
aneuploidie comuni o legate all’età della donna nelle coppie sterili, o
per ridurre la trasmissione alla prole di serie malattie genetiche nelle
coppie fertili.71 Al di là dei rischi sullo sviluppo dell’embrione che
verrà eventualmente trasferito in utero, connessi alle tecniche di
prelievo del campione,72 le finalità con cui vengono effettuate queste
tecniche fanno emergere serie questioni etiche: la diagnosi preimpianto come forma “alternativa” all’aborto volontario, oppure finalizzata alla selezione sociale del sesso ovvero alla selezione di
donatori di cellule staminali,73 risultano finalità eugenetiche che sfociano in un evidente abuso dell’embrione umano, selezionato, lasciato
J. Egozcue, et al., Preimplantation genetic screening and human implantation,
Journal of Reproductive Immunology 2002, 55: 65–72; L. C. Krey, Quality assessment of human embryos: state of the art and the future perspectives, in A. Revelli, I.
Tur–Kaspa, J. G. Holte, M. Massobrio (eds), Biotechnology of human reproduction,
The Parthenon Publishing Group, London 2003, pp. 201–208).
71
P. Braude, et al., Preimplantation genetic diagnosis, Nature Reviews Genetics
2002, 3: 941–953; ESHRE PGD Consortium Steering Committee, ESHRE
Preimplantation Genetic Diagnosis Consortium: data collection III (May 2001),
Human reproduction 2002, 17 (1): 233–246; M. L. Di Pietro, A. Giuli, A. Serra, La
Diagnosi Preimpianto, Medicina e Morale 2004, 3: 469–500.
72
Ad esempio, la diagnosi genetica preimpianto può essere eseguita sui blastomeri
dell’embrione (oltre che sul primo o sul secondo globulo polare) e necessita la loro
asportazione o la biopsia per la successiva analisi genetica, con elevati rischi di distruggere i delicati processi che permettono di stabilire il corretto pattern corporeo dell’embrione e conseguentemente danneggiarne lo sviluppo successivo (A. H. Handyside, Fertilizzazione in vitro e diagnosi genetica preimpianto per la prevenzione delle
malattie ereditarie, in W. R. Keye, R. J. Chang, R. W. Rebar, M. R. Solules (a cura
di), Infertilità. Valutazione e trattamento, Verducci Editore, Roma 1996, p. 920; M.
Wilding, et al., Energy substrates, mitochondrial membrane potential and human preimplantation embryo division, Reproductive Biomedicine Online 2002, 5 (1): 39–42;
A. De Vos, A. Van Steirteghem, Aspects of biopsy procedures prior to preimplantation genetic diagnosis, Prenatal Diagnosis 2001, 21: 767–780).
73
J. A. Robertson, Extending preimplantation genetic diagnosis: medical and
non–medical uses, Journal of Medical Ethics 2003, 29: 213–216.
36
Capitolo I
morire o soppresso per rispondere a determinati parametri qualitativi o
per fini “terapeutici”.74
La complessità dei problemi legati al progresso di queste tecniche
ha fatto sorgere perplessità e preoccupazioni fra gli stessi scienziati
che hanno denunciato come una vera e propria speculazione (“assisted
reproductive technology industry”) l’utilizzazione delle tecniche di
riproduzione assistita;75 J. Testard, il “padre tecnico” della prima bambina concepita in vitro in Francia, così ha affermato in un articolo del
1995: «Ciò che sta avvenendo è una vera rivoluzione dell’etica che
sorpassa le frontiere di ogni nazione. […] Al di là dell’esecuzione tecnica, dell’interesse individuale e di un ingenuo desiderio, i problemi
sono più complessi di quanto siamo portati a credere. Noi dovremmo
avvicinarci a questi problemi con uno sforzo cosciente e umiltà determinata a sostenere la dimensione etica della vita umana»;76 ed uno dei
pionieri, tuttora attivo, in questo campo, R. M. L. Winston, concludeva con questo commento l’intervista in un articolo: «Non si dovrebbe
permettere che la disperazione dei pazienti, l’arroganza dei medici e le
pressioni commerciali siano gli aspetti chiave determinanti in questa
produzione di esseri umani. Portare un bambino nel mondo è la più
seria responsabilità umana. Non possiamo ignorare le nubi che gravano su queste apprezzabili terapie. Ignorarle potrebbe avere grave
influsso sul generale progresso della scienza medica».77
74
La diagnosi genetica pre–impianto è vietata in Austria, Germania e Svizzera;
in Francia è ammessa, previa autorizzazione, solo qualora la coppia abbia una forte
probabilità di generare un figlio affetto da malattie genetiche gravi ereditate da uno
dei due genitori; in Italia è vietata ogni forma di selezione o soppressione di
embrioni rendendo vano il ricorso alla diagnosi pre–impianto.
75
Institute for Science, Law and Technology, Chicago University (ISLAT Working Group), ART into Science: Regulation of Fertility Techniques, Science 1998,
281: 651–652.
76
J. Testart, B. Sele, Towards an efficient medical eugenics: is the desirable
always the feasible?, Human Reproduction 1995, 10: 3086–3090.
77
«Patient desperation, medical hubris and commercial pressures should not be
allowed to be the key determining features in this generation of humans. Bringing a
child into the world is the most serious human responsibility. We cannot ignore the
clouds lowering over these valuable therapies. To do so could have a profound influence on the progress of medical science, not only in this high–profile field, but in
others too» (R. M. L. Winston, K. Hardy, Are we ignoring potential dangers of in vi-
L’embrione umano e le biotecnologie
37
1.3.1 Interventi legislativi
La rivoluzione portata dall’introduzione e dalla rapida diffusione
delle tecniche di fecondazione in vitro e le notevoli implicazioni a livello coniugale, familiare e sociale, hanno reso necessaria la formulazione di norme e linee guida per la regolamentazione di questo complesso fenomeno che è in continua evoluzione. L’intervento legislativo per la regolamentazione di una prassi già molto diffusa (grazie
anche all’apposita costituzione di numerosi centri per praticare le
tecniche di riproduzione artificiale) risulta però un compito arduo per
diversi motivi fra cui la complessità della materia a livello scientifico;
i rilevanti interessi economici e professionali in gioco; i contrapposti
interessi da difendere (quelli degli adulti ad avere un figlio, quelli del
bambino concepito in vitro a vivere e svilupparsi nelle migliori condizioni possibili; quelli degli scienziati a fare ricerca); le delicate questioni di fondo che si dovrebbero affrontare sull’identità e il valore del
“concepito in provetta” e della famiglia, sul significato della procreazione; e anche le forti pressioni ideologiche implicate in questo ambito. Questi elementi rendono difficile l’ipotesi d’introdurre limiti incisivi e significativi ad una situazione ormai convalidata.78
Le prime legislazioni al riguardo risalgono agli anni ’80,79 contemtro fertilization and related treatments?, Nature Cell Biology 2002, 4 (Suppl.1): s14–
s18, p.s18).
78
Per una analisi comparata delle leggi ed orientamenti normativi in materia di
fecondazione artificiale si veda, M. L. Di Pietro, E. Sgreccia La fecondazione artificiale nella legislazione europea, in M. L. Di Pietro, E. Sgreccia, Procreazione assistita e fecondazione artificiale, tra scienza, bioetica e diritto, La Scuola, Brescia
1999, pp. 214–255; per una approfondita analisi critica del contenuto delle leggi
sulla “procreazione medicalmente assistita” a livello europeo, ai fini anche di un
confronto con il testo approvato dal Parlamento italiano si veda C. Casini, M. L. Di
Pietro, M. Casini, La normativa italiana sulla “procreazione medicalmente assistita” e il contesto europeo, Medicina e Morale 2004, 1: 17–52.
79
In Europa, la Svezia ha introdotto per prima la legge in materia di tecniche di
riproduzione artificiale nel 1984 (legge n.1140/84) che riguardava le tecniche di
riproduzione artificiale intracorporea (nel 1988 la legge n.711/88 intervenne anche a
regolare le tecniche di riproduzione artificiale extra–corporea); nel 1986 è stata la
volta della Norvegia (legge n. 56/86), seguita nel 1988 dalle due leggi spagnole sulla
procreazione assistita (legge n. 35/88) e sulla donazione ed utilizzazione di embrioni
e feti umani o delle loro cellule tessuti ed organi (legge n.42/88); negli anni ’90 sono
38
Capitolo I
poraneamente all’inizio del dibattito sulle problematiche scientifiche,
sociali ed etiche delle tecniche di riproduzione artificiale. La difficoltà
di dare una disciplina ad una materia di tale densità ha spinto i diversi
Governi e Parlamenti a riunire Commissioni “ad hoc” per avere un parere specifico e competente, cosicché la prima tappa per la formulazione di queste leggi è stata la dichiarazione di rapporti da parte dei vari
comitati di studio che riunivano competenze di diversi ambiti disciplinari. Nel contesto europeo, dall’analisi comparata delle varie leggi,
emergono due opposte tendenze: una tendenza “pragmatica” che fa
prevalere i possibili benefici che si possono ottenere dall’utilizzazione
delle tecniche di riproduzione assistita rispetto alla difesa dei diritti
dell’embrione; e una tendenza che, in base alla moderna dottrina dei
diritti umani, considera primari i diritti alla vita, alla famiglia, alla
identità genetica e psicologica del neo–concepito, quale individuo vivente appartenente alla specie umana.80 Il primo indirizzo ha condotto
alla formulazione di leggi “flessibili” o cosiddette “leggere” che hanno
posto dei “paletti periferici” per poter di fatto “cristallizzare” una prassi ormai convalidata; questa linea di condotta è emblematicamente
espressa dalla legislazione britannica,81 in cui i possibili benefici ottenibili dal ricorso alle tecnologie riproduttive prevalgono a discapito
intervenute la Gran Bretagna, la Germania, l’Austria (legge n.275/92), la Francia
(legge n. 654/94), la Danimarca (legge n.460/97) e la Svizzera (legge del 18 dicembre 1988); nel 2004 è stata approvata la legge anche in Italia (legge n. 40/2004). Vi
sono ancora molti Paesi che non hanno legiferato in materia, riferendosi spesso, però, a un fitto tessuto normativo già presente in ambito sanitario e ad atti amministrativi (sentenze, ordinanze e circolari ministeriali intervenute ad indicare le norme
igienico–sanitarie richieste per l’utilizzo di queste tecniche; a registrare i centri esistenti; a dettare protocolli sanitari sui requisiti di raccolta dei gameti e degli embrioni; oppure a disciplinare il comportamento delle strutture sanitarie pubbliche) che, in
assenza di una disciplina legislativa, sono comunque legittimati (C. Casini, M. L. Di
Pietro, M. Casini, La normativa italiana sulla "procreazione medicalmente assistita"
e il contesto europeo, Medicina e Morale 2004, 1: 17–52, pp. 18–20 e p. 49).
80
C. Casini, M. L. Di Pietro, M. Casini, La normativa italiana sulla "procreazione medicalmente assistita" e il contesto europeo, Medicina e Morale 2004, 1: 17–
52, pp. 24–32.
81
Human Fertilization and Embryology Act (1.11.1990), in F. Luzi (a cura di),
Riproduzione umana assistita ed embriologia, Senato della Repubblica Italiana,
Roma 1991: 381–480. Il testo è reperibile anche nel sito www.uk–legislation.hmso.
gov.uk/acsts/1990Ukp–ga_19900037_en_1.htm.
L’embrione umano e le biotecnologie
39
di ogni tutela giuridica dei diritti dell’embrione. Il secondo percorso
tenta di affrontare il nodo della questione giuridica in materia di
fecondazione artificiale, cioè il problema dello statuto giuridico dell’“embrione umano in vitro” (chi è l’embrione umano? che tipo di dignità deve essergli attribuita e, di conseguenza, quale tutela giuridica?); questo approccio è riscontrabile in alcuni documenti europei
tra cui la “Risoluzione A2–372/88 sulla fecondazione artificiale in
vivo ed in vitro”, pubblicata il 16 marzo 1989 insieme alla “Risoluzione A2–327/88 su problemi etici e giuridici della manipolazione genetica”.82 Nella Risoluzione A2–372/88 si afferma «la necessità di
proteggere la vita umana fin dal momento della fecondazione» e si richiamano i diritti del figlio oltre quelli della madre, «il diritto di autodeterminazione della madre e il rispetto dei diritti e degli interessi del
figlio, riassumibili nel diritto alla vita e all’integrità fisica, psicologica
ed esistenziale, nel diritto alla famiglia, nel diritto alla cura dei genitori e a crescere in un ambiente familiare idoneo e nel diritto alla propria identità genetica»; si esprime inoltre «preoccupazione per lo spreco di embrioni che la fecondazione in vitro può portare» e di conseguenza si chiede che non si congelino embrioni «se non per salvare la
vita degli stessi, quando, per qualsiasi ragione sopravvenuta alla
fecondazione, sia impossibile l’immediato trasferimento in utero»; ed
infine si auspica il divieto di «qualsiasi forma di esame genetico degli
embrioni al di fuori del corpo materno». In riferimento al diritto alla
famiglia del figlio, la risoluzione considera poi «un vantaggio per il
bambino la coincidenza fra paternità biologica, affettiva e legale»,
ritenendo perciò «non auspicabile» la fecondazione eterologa.83 Lo
stesso tentativo di tutela dell’embrione umano è rintracciabile nelle
normative tedesca84 ed italiana,85 in cui viene affermata l’individualità
82
Parlamento Europeo, Risoluzione (doc. A 2–372/88) concernente la fecondazione artificiale in vivo e in vitro (16.3.1989), Strasburgo 1989, in off–set; Parlamento Europeo, Risoluzione (doc. A 2–327/88) su problemi etici e giuridici della
manipolazione genetica (16.3.1989), Strasburgo 1989, in off–set.
83
C. Casini, M. L. Di Pietro, M. Casini, La normativa italiana sulla "procreazione medicalmente assistita” e il contesto europeo, Medicina e Morale 2004, 1: 17–
52, pp. 33–35.
84
Gesetz zum Schutz von Embryonen (13.12.1990), in J. Bundesgesetzblatt, Teil,
n. 69, 19.12.1990, pp. 2746–2748 (trad. it. in, Medicina e Morale 1991, 3: 509–512).
40
Capitolo I
della vita umana fin dalla fecondazione e la soggettività giuridica dell’embrione come essere vivente appartenente alla specie umana (principio di uguaglianza e non discriminazione)86 le cui esigenze fondamentali, tra cui anche il diritto alla famiglia, devono essere riconosciute, così come sono riconosciuti i desideri della coppia ad avere un figlio; di conseguenza, l’accesso alle tecniche di riproduzione artificiale
viene consentito nella misura in cui esse rispettino alcune condizioni
che assicurino la sopravvivenza dell’embrione e la sua crescita armonica sia prima che dopo la nascita (principio di destinazione alla nascita),87 ed è vietato qualsiasi intervento che consideri o manipoli
l’embrione umano come un oggetto.
Nella legge italiana sulla “procreazione medicalmente assistita”88
85
La legge sulla procreazione medicalmente assistita (PMA), è stata approvata in
via definitiva dal Parlamento della Repubblica italiana il 10 febbraio 2004, dopo un
tormentato iter legislativo; per la consultazione: Legge 19 febbraio 2004, n. 40,
Norme in materia di procreazione medicalmente assistita, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2004 (www.parlamento.it/parlam/leggi/04040l.htm).
86
C. Casini, Appello al diritto, Cantagalli, Siena 2003.
87
C. Casini, M. Casini, M. L. Di Pietro, La legge 19 febbraio 2004, n. 40. "Norme
in materia di procreazione medicalmente assistita", G. Giappichelli, Torino 2004.
88
Nella legge italiana n. 40/2004 l’art.1 indica come finalità della norma il «favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità
umana», assicurando «i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito»; il
ricorso alle tecniche di fecondazione in vitro è inoltre consentito solo «qualora non
vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o
infertilità» (a tal proposito nell’art.2 si sottolinea l’importanza di promuovere interventi di ricerca e d’informazione per rimuovere e ridurre l’incidenza della sterilità e
dell’infertilità), che devono essere comunque «documentate da atto medico» (art.4).
Il diritto alla famiglia del bambino è tutelato vietando «il ricorso a tecniche di
procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo» (art.4, comma 3) e permettendo l’accesso alle tecniche alle sole «coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi» (art.5) e previo
consenso informato — attraverso una informazione «dettagliata» sui «metodi, sui
problemi bioetici», sui possibili «effetti collaterali sanitari e psicologici» connessi
alle tecniche di fecondazione artificiale; sulla «probabilità di successo e sui rischi
dalle stesse derivanti, nonché sulle relative conseguenze giuridiche sulla donna,
l’uomo ed il nascituro»; sulla «possibilità di ricorrere alle procedure di adozione o di
affidamento» come possibile «alternativa alla procreazione medicalmente assistita»
(art.6, comma 1); e sugli aspetti economici inerenti l’intera procedura (art.6, comma
2); il consenso diventa irrevocabile «dal momento della fecondazione dell’ovulo»
L’embrione umano e le biotecnologie
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sono di particolare rilevanza alcuni punti quali il riconoscimento della
soggettività giuridica del concepito attraverso il rispetto della sua vita,
della sua identità genetica, del suo pieno sviluppo fisico e psichico (in
questo contesto è evidenziata l’importanza di una coppia stabile che
garantisca al nascituro le condizioni della sua identificazione); il
riconoscimento della finalità terapeutica del ricorso alla fecondazione
artificiale (che quindi non si configura come “il diritto ad avere un
figlio ad ogni costo”) e la promozione di interventi contro la sterilità e
l’infertilità; la previsione della possibilità dell’obiezione di coscienza
per il personale sanitario; la rilevanza di un rigoroso controllo sociale
di centri e strutture che praticano la fecondazione assistita (per
controllare “la trasparenza” e rendere aggiornati i criteri di valutazione). Nonostante la rilevanza positiva di questi elementi permangono, però, alcuni importanti limiti: non viene, ad esempio, fatto alcun
pronunciamento sulle sorti dell’embrione congelato; non viene
approfondito il significato della procreazione umana e la conseguente
differenza profonda fra fecondazione artificiale e naturale; non viene
(art.6, comma 3) —. Il neoconcepito ha lo stato giuridico di figlio legittimo, in caso
di coppia coniugata, o di figlio riconosciuto dalla coppia convivente (art.8) ed è
proibito il disconoscimento della paternità e l’anonimato della madre (art.9). La
tutela all’embrione umano è garantita anche attraverso il divieto di «qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano», tranne che per «finalità esclusivamente
terapeutiche e diagnostiche» volte «alla tutela della salute e dello sviluppo dell’embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative»; è inoltre
vietata «ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti»,
diretta «ad alterare il patrimonio genetico dell’embrione o del gamete» ovvero a
«predeterminare caratteristiche genetiche», ad eccezione degli interventi a «finalità
diagnostiche e terapeutiche» a vantaggio dello stesso embrione (art.13, comma 3, a)
e b)); qualsiasi forma di clonazione «sia a fini procreativi sia di ricerca» e la
«fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione
di ibridi o di chimere» (comma 3, c)). L’art.14 pone i limiti all’applicazione delle
tecniche sugli embrioni vietando il congelamento degli embrioni umani tranne se
non è possibile impiantarli subito per «gravi e documentati» problemi di salute della
madre (art.14, comma 1 e 3); «la soppressione embrionaria di gravidanze multiple»
(art.14, comma 4); e consentendo solo la creazione di embrioni «strettamente
necessari ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiori a tre»
(art.14, comma 2). Della legge vanno inoltre rilevati la possibilità dell’obiezione di
coscienza del personale sanitario (art.16) e l’importanza di un rigoroso controllo
sociale dei centri e delle strutture che praticano la fecondazione assistita (art.10).
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Capitolo I
fatta alcuna distinzione fra matrimonio civile e convivenza.
Le legislazioni in materia di “procreazione medicalmente assistita”
rivelano, nonostante alcuni tentativi di tutela dell’embrione, la
difficoltà di affrontare le questioni nodali dei problemi giuridici ed
etici legati all’utilizzazione delle tecniche di riproduzione artificiale
(l’identità dell’individuo umano all’inizio della sua vita, la sua dignità
ed il grado di tutela che gli corrisponde, il valore della famiglia ed il
significato della procreazione), difficoltà resa ancora più complessa
dal contesto pluralistico della società contemporanea e dalle forti
pressioni economiche ed ideologiche coinvolte.89
89
C. Casini, M. L. Di Pietro, M. Casini, La normativa italiana sulla "procreazione medicalmente assistita” e il contesto europeo, Medicina e Morale 2004, 1: 17–
52, p. 49.
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