"giusto", cioè retto, attento alla volontà di Dio, appena ha compreso c
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"giusto", cioè retto, attento alla volontà di Dio, appena ha compreso c
Documentazione per conferenza Giuseppe, uomo "giusto", cioè retto, attento alla volontà di Dio, appena ha compreso che il Signore è intervenuto su Maria e se 1'è "appropriata", pensa di non aver più diritti su di lei e si ritira in disparte, la "cede" a Dio. Una decisione dolorosa, un sogno infranto. Ma Dio attraverso l'angelo rivela a Giuseppe il suo progetto: che egli accolga Maria come sposa e faccia da padre al figlio di lei. Padre vero, "anche se non è il genitore. Generare un figlio è facile, ma essergli padre e madre, amarlo, farlo crescere, farlo felice, insegnargli il mestiere di uomo, è tutta un'altra avventura. Padri e madri si diventa nel corso di tutta una vita " (Ermes Ronchi). Giuseppe, con tutta l'esuberanza e l'ardore del suo cuore giovanile, aderisce prontamente al piano di Dio. La salvezza che Dio opera esige la risposta accogliente dell'uomo, che è appunto la fede. Di questa fede Maria e Giuseppe sono i primi e inseparabili protagonisti. Se Maria è proclamata "Beata la credente!" (Lc. 1,45), Giuseppe più di chiunque altro condivide con lei tale beatitudine. In altre parole, il Figlio di Dio, Gesù, è un valore così totalizzante da polarizzare e impegnare l'esistenza intera di una persona: quella di Giuseppe, di Maria e di infinite altre persone, anche la nostra. (mons.Ilvo Corniglia) Vicini al Natale la Liturgia della Parola ci porta dentro il mistero dell'origine di Gesù Cristo. Il racconto di Matteo (1,18-24), citando letteralmente la profezia di Isaia, dichiara che Gesù è colui che realizza l'antica promessa di Dio. Tutto il racconto mira a sottolineare la sua origine straordinaria, nascita verginale che esclude il concorso dell'opera dell’uomo. Accanto alla Vergine Maria, spicca per fede Giuseppe, lo sposo che offrirà una famiglia al Figlio di Dio. Egli è definito giusto, attento cioè alla legge di Dio, ma anche pieno di amore: per la legge ebraica una donna incinta prima della coabitazione con il marito (il matrimonio avveniva due tempi: il contratto prima, la convivenza successivamente) poteva essere ripudiata e anche lapidata. Giuseppe decide di obbedire alla legge, ma di proteggere Maria, con il suo congedo in segreto. Quest’uomo, buono e giusto, viene in soccorso 1'angelo che gli spiega il mistero di Dio ed egli scopre il significato vera di quella profezia di Isaia (7,10-14) che aveva letto tante volte. Il "Dio con noi", l’Emmanuele promesso è Gesù: vero uomo dal grembo di una donna, vero Dio dal mistero del Padre. Elide Siviero (la Domenica, 22/12/2013) Giovanni Paolo II, trattando della “genealogia della fede”, afferma con vigore e competenza che “il testo di Matteo mostra la fede di Giuseppe in un momento chiave della storia della salvezza. Come molto tempo prima Abramo aveva accolto nella fede l'annuncio della promessa salvifica di Dio, così Giuseppe ha accolto la verità circa il compimento di tale promessa in Maria. Ha creduto come ella stessa, Maria, aveva creduto all'annuncio dell'angelo, nel momento dell'annunciazione”. «Mediante questa fede, non solo si è associato alla grande eredità della fede, che ha la sua origine in Abramo, ma, nell'ambito di tale eredità, ha dato compimento ad una chiamata ed a una missione totalmente eccezionali, che ha realizzato accanto a Maria e con lei». «All'inizio della peregrinazione della fede di Maria, la sua fede si incontra con la fede di Giuseppe, divenendo insieme con Maria il primo depositario del mistero divino... Giuseppe è il primo a partecipare alla festa della Madre di Dio e, così facendo, sostiene la sua sposa nella fede della divina annunciazione». Alla luce di questa singolare "vocazione", dopo la decisione del beato Giovanni XXIII di inserire il nome di san Giuseppe nel Canone Romano e ora con Papa Francesco di inserirlo anche nella II, III,IV Preghiera Eucaristica appare "veramente cosa buona e giusta». Tarcisio Stramare osj (la Domenica, 10/11/2013) Festa grande, oggi (19 marzo), per la Chiesa, che in San Giuseppe onora il proprio Patrono. E festa grande per tutti coloro che ripetono il nome di Giuseppe, un nome che l'uso - e tutti sanno quanto sia frequente - non logora e che l'abitudine non rende mai banale: Ciò dipende forse dal significato del nome ebraico, che secondo la Bibbia e anche secondo i moderni linguisti, vuol dire « Dio aggiunga ». Ma dipende sicuramente in misura assai maggiore dai caratteri del personaggio di San Giuseppe, un uomo al quale, veramente, Dio ha molto aggiunto, senza perdere nulla della sua affettuosa umanità e della sua silenziosa modestia. Sarebbe superfluo ripetere la storia di questo personaggio, che del resto è semplicissima, almeno così come appare nel Vangelo, cioè nell’unico testo sicuramente degno di fede dal quale possiamo trarre le poche notizie sicure sul conto di San Giuseppe. Notiamo subito che egli è il personaggio più silenzioso del Vangelo. Non parla mai, nel senso che nessun Evangelista riporta una sua parola. Egli tace sempre, anche se la sua autorità è sempre rispettata. Giuseppe è infatti il capo della Sacra Famiglia, ma è un capofamiglia che non ha bisogno di imporsi e di comandare, per essere rispettato e obbedito. La sua autorità non è autoritarismo, quell'autoritarismo contro il quale, e giustamente, si ribellano i giovani, oggi più che mai. L'autorità di Giuseppe proviene dalla sua saggezza, dalla sua virtù, dalla sua consapevolezza dei bisogni effettivi della famiglia, alla quale pensa e provvede, lavorando silenziosamente con le proprie mani di operaio. Egli è l'immagine della saggezza, che è - o dovrebbe essere - il primo attributo di tutti i padri. E poiché la saggezza è - o dovrebbe essere - virtù degli uomini maturi, viene di solito rappresentato come un anziano, o addirittura un vecchio. Nel sentimento popolare, la sua età costituisce anche la garanzia del suo castissimo connubio con Maria. Rettitudine, onestà, fedeltà alla parola di Dio, laboriosità e obbedienza sono le caratteristiche più spiccate di Giuseppe, falegname di Nazareth e uomo giusto, nel senso che tutta la tradizione biblica e quella cristiana attribuisce a tale aggettivo. E come meraviglioso esemplare di uomo giusto, questo modesto lavoratore venne trovato degno di essere padre putativo di Gesù, e suo custode. E quindi anche maestro di vita, negli anni della giovinezza del Redentore. Una enorme ricchezza di virtù rende il silenzioso falegname degno di essere sposo dell'Immacolata, compagno della Vergine, sostegno della Madre di Dio. Non c'è bisogno di far di Giuseppe nessun elogio particolare, che infatti i Vangeli canonici non tessono. La lode maggiore è sottintesa nei compiti a lui affidati, quale capo della Sacra Famiglia. Compiti che egli, dal cielo, continua misticamente a svolgere, quale Patrono della Chiesa, cioè sua guida e sostegno. Si capisce così come il nome di Giuseppe sia sempre stato amato e onorato tra gli uomini. Ripetuto mille volte, presso le culle più umili come presso i troni più eccelsi. Ripetuto dai Santi, che a decine si contano nei calendari, con questo nome che non stanca mai, come non si esaurisce mai la ricchezza di virtù di San Giuseppe. Piero Bargellini "San Giuseppe è stato chiamato da Dio a servire direttamente la persona e la missione di Gesù mediante l'esercizio della sua paternità: proprio in tal modo egli coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della redenzione ed è veramente ministro della salvezza" (Redemptoris Custos, n. 8 Esortazione apostolica di Giovanni Paolo II sulla figura e la missione di San Giuseppe nella vita di Cristo della Chiesa – 15/08/1989 “L’uomo dei sette silenzi- San Giuseppe nell’arte” – Zaira Zuffetti 1 - Il Silenzio delle nozze Il fidanzamento è silenzioso – Disegno soprannaturale (la colomba che esce dal bastone) Negli apocrifi – La chiamata dei vedovi – Giuseppe, per ultimo, porta la verga. Era stato trascurato. Era il più vecchio. Disegno soprannaturale (la colomba che esce dal bastone). Umiltà. Si considera coinvolto in una cosa più grande di lui. La rappresentazione di Giotto nella Cappella degli Scrovegni. Affrescata dal 1303 al 1305. Giotto – Vangeli apocrifi. Anticipazione della prospettiva. Espressione meditativa di Giuseppe, con i capelli e barba grigi. Non prevede di diventare lo sposo prescelto. Nella “Fioritura delle verghe” (Libro dei Numeri-Aronne) tre figure sono in primo piano davanti all’altare. Le figure sono integrate con la volta celeste. Il mondo per Giotto è creazione di Dio come il cielo. Giuseppe sta in disparte. Ha una piccola aureola. È coinvolto nell’avvenimento. Ha lo sguardo rivolto all’altare, forse è preoccupato. I giovani dai capelli ondulati hanno sguardi pieni di speranza. Nella scena del matrimonio Giuseppe ha lo sguardo intenso, regge il bastone verde e fiorito, da cui esce la colomba. Maria è inserita dentro l’abside (sacralità), indossa un semplice abito bianco è assorta. Ha la mano sinistra sul ventre, presagio di futura maternità. Ha un piede calzato di porpora, simbolo di purezza verginale e incontaminata. Un giovane, escluso, spezza il bastone. Gesto ripreso anche da Raffaello. In altro affresco Giotto dipinge il “Corteo nuziale di Maria”. La Vergine è accompagnata da un gruppo di fanciulle. Ha un segreto, rivelato dall’abito sollevato in avanti. 2 – Il Silenzio di una paternità L’angelo del Signore in sogno a Giuseppe:”Non temere di prendere con te Maria, tua sposa:ciò che in lei è stato concepito è opera dello Spirito Santo” (Mt 1,20). Maria ti darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù (Mt 1,21). Giuseppe non parla, agisce, si fida e ubbidisce. Sognerà ancora in momenti importanti: la fuga in Egitto, il ritorno a casa. Egli accetta, sottoponendosi al disegno di Dio. Si considera uno strumento nelle sue mani. Padre putativo. Maestro di Castelserpio – L’angelo, messaggero celeste è protagonista dell’affresco. Trasmette la volontà di Dio e il suo progetto. Giuseppe si sottopone al disegno di Dio. Georges de La Tour – L’iconografia di san Giuseppe che regge un libro ha inizio nel XV secolo. È stato colto dal sonno mentre leggeva (Sacre Scritture). Ha un viso stanco e sfiduciato. Non ha protetto Maria. (Vangeli apocrifi). L’angelo sorride, trasmette serenità. Pare voglia confortare Giuseppe. Gli effetti della luce. La candela è protagonista del quadro. La candela è testimone del silenzioso dialogo fra l’Angelo e Giuseppe. Il notturno. Rivela anche la meditazione interiore del pittore. La luce è rivelazione, è salvezza. Influenza di Caravaggio. Re Luigi XIII possedeva opere di de La Tour. Pieter Bruegel il Vecchio – Descrive l’arrivo a Betlemme di Giuseppe e Maria. Il mondo del pittore è realistico. Così appaiono i villaggi, i contadini, la vita quotidiana. Pittura lambita da poesia. Betlemme è un villaggio fiammingo, in cui si svolgono azioni di vita comune. Le persone aspettano il loro turno per essere registrate. L’indifferenza circonda Giuseppe, con un grande cappello in testa e la sega sulle spalle, che avanza silenzioso, e Maria, che siede su un asino affiancato da un bue. Saranno entrambi presenti alla nascita di Gesù. Non si distinguono dalle altre persone. Non è atteso l’evento sensazionale che avverrà tra non molto. Tutti sono immerse nelle loro faccende quotidiane. 3 – Il Silenzio del Natale L’arcangelo Gabriele a Maria:”Ecco tu concepirai nel grembo e darai alla luce un figlio. Lo chiamerai gesù2. (Lc1,31). Nei Vangeli canonici non una parola su Giuseppe. Maria fa tutto da sola (diede alla luce…lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia…Lc2,6) L’iconografia rappresenta Giuseppe discosto da Maria e dal neonato, immerso in un sonno profondo. A cose avvenute adorerà in silenzio quel bambino insieme a Maria. Nel vangelo apocrifo di Giacomo Giuseppe sarebbe stato accompagnato dai figli avuti dalla precedente moglie. Andrej Rublev - Nell’icona la figura centrale è Maria, adagiata dopo il parto su un panno rosso e oro (sangue e gloria). La mangiatoia dove riposa il bambino, avvolte da fasce-sudario ha la forma del sarcofago. Allusione alla morte. A destra sono raffigurate due levatrici (Zelomi e Salomè); a sinistra Giuseppe pensieroso, tentato dal diavolo (dubbio della paternità?) tace, forse vacilla. È l’immagine dell’incertezza, che assale l’uomo dinanzi al mistero della fede. Clima di grande malinconia. Gli agnelli in basso richiamano il sacrificio (la Pasqua). Lorenzo Lotto - I pastori, simboli degli umili sono i primi “annunciatori” della nascita di Gesù. Maria prega. La figura di Giuseppe dall’abito rosso è fortemente espressiva; è ancora giovane e vigoroso, emana forza e protezione. Il suo sguardo è attratto dal Bambino, che gioca con l’agnello (allusione al sacrificio). Delicatezza. La luce del Bambino illumina i presenti. Il panno bianco rimanda al sudario che lo avvolgerà nel sepolcro. Gli angeli (i committenti?) hanno volti tristi. La croce della finestra alle loro spalle è presaga di dolore. Nella rappresentazione Giuseppe ha, comunque, un ruolo marginale. Muto, ha pensieri che non esprime; partecipa alla scena dall’esterno, come rassegnato. Prevalgono Maria e il Bambino. Pieter Bruegel il Vecchio – Contrasto tra l’abito dei Magi, che non sono ebrei, e quello di Giuseppe, semplice e rozzo, la cui presenza è, ancora una volta, muta e assorta. Un contadino gli sta parlando. Non esprime gioia né soddisfazione né orgoglio di padre. Bruegel rinuncia ai villaggi innevati e ai piccoli personaggi (vedi “Adorazione dei Magi”) ed è molto realista. Maria è al centro. Il Bambino, mostrato nudo, pare intimidito dai Magi, che offrono doni: una coppa fatta a trifoglio, forse con pietre preziose, una coppa finemente lavorata ed un complicato vascello d’oro, con un guscio di lumaca verde al centro, da cui esce una figura che regge un’enorme pietra preziosa. La scultura si conclude con una sfera che porta un’altra pietra grande. Giuseppe è vecchio, capelli e barba sono bianchi. È dubbioso, ma crede alle parole dell’angelo. La sua figura è rassicurante e protettiva; ha una dignità. E i soldati armati? Il pensiero va al Getsemani o alla violenza in generale. Intorno al Bambino ruota un’umanità anche arrogante. La Sacra Famiglia è assediata dall’ostilità del mondo. 4 - Il Silenzio nel Tempio L’Arcangelo Gabriele annuncia a Maria la nascita e il nome Gesù (Lc1,31). Anche a Giuseppe apparirà in sogno l’angelo. - Maria darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù. (Mt1,21) Trascorso otto giorni avviene la cerimonia della circoncisione.- Gesù è riconosciuto come maschio appartenente al popolo ebreo. Andrea Mantegna - Le tavole del trittico sono state riunite successivamente. In alto sono rappresentati il sacrificio di Isacco e la presentazione delle tavole della Legge. Tempio classico: colonna, capitello corinzio, archi a tutto sesto. Al centro il sacerdote con il bisturi, a destra la Vergine, con il bambino che cerca conforto. Giuseppe, vecchio e robusto, con l’abito rosso, è alla sinistra. Ha vegliato silenziosamente sulla sua famiglia. A destra si trovano, oltre ad Anna, l'anziana inserviente del tempio, una donna con un bambino per mano, che mangia una ciambella, che alcuni hanno voluto identificare con sant'Elisabetta e san Giovannino, anche se la mancanza delle aureole fa piuttosto pensare a figure di passaggio. Bergognone – Simeone e Anna (vangelo di Luca) riconoscono nel bambino il Messia tanto atteso. La “presentazione” è ambientata dentro la chiesa dell’Incoronata. Vi erano anche le tavole sull’Annunciazione, la Visitazione, l’Adorazione dei Magi. San Giuseppe indossa un mantello rosso; è vecchio, calvo, rugoso; ha lo sguardo assorto e deciso; è consapevole del suo ruolo. Tra le mani ha un cesto con l’offerta dei due colombi. Maria ha il voto dolce e malinconico. Conosce il futuro di suo Figlio. Le mani del sacerdote sono accoglienti. Gesù ha occhi chiari, gelidi, consapevoli; ha un’espressione adulta; si aggrappa al mantello della mamma. Grande cura descrittiva per sottolineare l’importanza dell’avvenimento, testimoniato da personaggi realistici. Sono riportate in oro le parole di Simeone.”Nunc dimittis servum tuum…”. Per Federico Zeri il san Giuseppe del Museo Lia è il frammento di un dipinto a figura intera. Forse parte di un polittico. Grande qualità figurativa. 5 – Il Silenzio dell’esilio Partiti i Magi un angelo apparve in sogno a Giuseppe:”Su alzati, prendi con te il bambino e sua madre a fuggi in Egitto…”.(Mt.2,13) Giuseppe non esita, obbedisce. Ha fede. Scopo della sua fede è mettersi a disposizione di quel bambino nato da Maria. Giuseppe diventa un protagonista. A lui è affidata la salvezza di Gesù. Il silenzioso Giuseppe è il personaggio chiave di questa fuga. A lui gli angeli continuano a parlare. La fuga in Egitto e il ritorno è la metafora della schiavitù in Egitto del popolo ebraico e il suo ritorno alla Terra promessa. Rappresentata nel Rinascimento con i primi paesaggi, nei quali è inserita la Sacra Famiglia. Adam Elsheimer – Immagine romantica. Fusione tra personaggi e natura. Dipinto a Roma dopo un soggiorno veneziano (Tiziano, Tintoretto, Veronese). Affascinato da Caravaggio e dalla sua ricerca sulla luce. Il rame offre maggiore trasparenza ai colori. Nel notturno aleggia mistero e incanto. Tocchi di luce, la luna piena si riflette nell’acqua, e le nuvole sbiadite, il fuoco, i pastori a sinistra, la Sacra Famiglia al centro. Per la prima volta è rappresentata la Via Lattea. La vastità del paesaggio è avvolgente. Le figure umane sono piccole. C’è apprensione. Solo Gesù dorme tranquillamente. Giuseppe, vecchio con barba grigia, scosta teneramente il mantello di Maria per osservare Gesù. Regge la fiaccola. Deve salvare Gesù, allontanandolo dalla terra in cui è nato. Anche Giuseppe si allontana dalla sua casa e dal lavoro. Orazio Gentileschi - La stanchezza e il riposo. Giuseppe è in preda di un sonno profondo, è esausto con la testa rivolta all’indietro. Ha rughe profonde, capelli e barba grigia. Bellissima la testa dell’asino, che con Giuseppe è alla sinistra del quadro. Sono figure estranee alla divinità, che riguarda Gesù e Maria. L’intonaco crepato, simbolo della strada difficile da compiere, di un incerto futuro. Il Bambino è totalmente nudo ed è già grandicello. La Vergine dal volto bellissimo segue il Bambino dai leggerissimi riccioli biondi che succhia il latte. I suoi abiti hanno colori scelti. Influenza di Caravaggio nell’attenersi al vero. Faceva posare suoi parenti (Artemisia) e conoscenti. Il Bambino potrebbe essere un suo figlio. Forte realismo. Il paesaggio è inesistente. Il muro separa i personaggi dal mondo, dagli eventi, dal tempo e dallo spazio. 6 – Il Silenzio di Nazareth Dopo la morte di Erode l’angelo apparve a Giuseppe:”Alzati, prendi….e va’ nella terra di Israele”. Avvertito in sogno non andrà in Giudea (vi regnava Archelao, figlio di Erode), bensì in Galilea e si stabili a Nazareth. Si adempiva la profezia:”Sarà chiamato Nazareno”.(Mt 2,19-23) Nella vita di Gesù, Giuseppe ha un ruolo tutt’altro che secondario. Lui dialoga con il Cielo, a lui si rivolgono gli angeli. Lo scopo è proteggere Gesù. Giuseppe riprende il lavoro di artigiano falegname. Ma pare che fosse un costruttore di case con reddito adeguato. Spesso i legni sul pavimento della bottega si incrociano simbolicamente. In minor numero sono le immagini che ritraggono Giuseppe insieme a Gesù Bambino. Si diffondono nel tempo della Controriforma (XVI sec.). Georges de La Tour - San Giuseppe ha la fronte rugosa; è un uomo anziano intento al suo lavoro di falegname, mentre sta perforando con un succhiello (si gonfia la vena sulla mano destra) una trave di legno: probabile allusione ai buchi prodotti sulla croce dai chiodi con cui saranno fissati le mani e i piedi di Cristo. San Giuseppe chinato, silenzioso, mentre il Bambino gli parla, è consapevole di quello che gli accadrà. Medita e ascolta. Commosso e dolente, evita l’incrocio di sguardi con Gesù, come per allontanare da lui il doloroso presentimento. Gesù Bambino, che indossa gli stessi sandali di san Giuseppe, lo assiste nel suo lavoro, sorreggendo una candela, elemento principale della narrazione. Simbolo della luce che Gesù con la sua nascita ha portato nella casa di Nazaret e nel mondo: egli è la sapienza in persona, e il "padre" viene da lui illuminato. Il pittore, facendo del volto del Bambino la principale fonte luminosa dell'immagine e giocando con l'effetto traslucente della sua mano sinistra, che sembra benedire la trave che san Giuseppe sta lavorando, ricorda che l'"illuminazione" ultima sarà la morte in croce volontariamente accettata da Gesù adulto. Dialogo fra ombre e luci. Il Bambino scherma la luce con la mano (rossa). É sereno e consapevole del suo futuro, cerca con gli occhi san Giuseppe, quasi per rassicurarlo. È una tela magistrale, che rivela la tranquillità della vita di Nazareth, dell’infanzia serena di Gesù e della dolce paternità di Giuseppe. Bartolomé Murillo – Nel Trecento i carmelitani e i francescani riservano maggiore attenzione a Giuseppe. Santa Teresa d’Avila gli dedica nel 1551 il convento. Nel 1621 la chiesa istituisce la festa liturgica a lui dedicata. Il significato dell’obbedienza. Non è più un vecchio, ma un uomo forte. Ha un rapporto personale col Figlio come si nota nel dipinto (“El pajarito- l’uccellino”) del pittore spagnolo. Sospende il lavoro per partecipare al gioco del Bambino, che allontana un passerotto dal cagnolino. Maria sospende il lavoro ed osserva. Il tempo pare sospeso. Il sorriso è comune ai tre personaggi. La luce illumina Gesù. Il cesto con la biancheria è una splendida natura morta. John Everett Millais – Gesù pare avviato alla professione del padre. Si è ferito il palmo della mano. Preludio delle stigmate. Nel dipinto casa e laboratorio coincidono. Giuseppe è energico, non vecchio. Premuroso e svelto. Maria è preoccupata. È presente Elisabetta, osserva la ferita. Giovanni Battista, con la consueta pelle di cammello, porge un catino d’acqua per lavare la ferita del cugino. Allusione al battesimo. La colomba bianca sulla scala richiama la presenza dello Spirito Santo. Spicca una rosa rossa, simbolo del sangue che verserà Gesù. Il pittore fa parte dei Preraffaelliti (1848). Giuseppe diventa l’emblema dei lavoratori. Oltre ad essere festeggiato il 19 marzo, dal 1955, per volere di Pio XII, è liturgicamente festeggiato il 1 maggio come “San Giuseppe artigiano”, protettore dei lavoratori.. James Tissot – Allontanamento di Gesù (ha dodici anni) da Nazareth. Si ferma nel Tempio a Gerusalemme a discutere con i Dottori. “Perchè mi cercavate? Non sapete che io devo occuparmi di quanto riguarda il Padre mio?” (Lc 2,49). Giuseppe è presente, apprensivo, tace: è Maria a rivolgersi al Figlio:”Tuo padre e io…”.Vi sono in pittura varie interpretazioni dell’episodio (Duccio di Buoninsegna, Pinturicchio, Veronese, ecc.). Originale l’acquerello del francese Tissot, convertitosi si stabilì in Palestina per dieci anni. La famiglia ha i piedi nudi; si è ricomposta, si torna a casa. Sullo sfondo si coglie lo stupore dei sapienti di Israele. Maria ha un viso provato; Giuseppe non vecchio, è pensoso, perplesso, forse tormentato dalla parole di Gesù. Giuseppe e Maria vestono abiti tipici. Si impongono il viso intelligente e i grandi occhi di Gesù, che precede i genitori, ad affermare la sua autonomia. Dopo il ritrovamento i Vangeli non parlano più di Giuseppe, di cui restano il silenzio, l’obbedienza, la pensosità, il dubbio, comuni a chi s’incammina su un percorso di fede. 7 – Il Silenzio della morte I Vangeli nulla riferiscono sulla morte di Giuseppe. I dipinti sono solo dal XVI secolo. Nell’apocrifo “Storia di Giuseppe il falegname”, testo greco del IV secolo, sarebbe vissuto 111 anni. 1° matrimonio a 40 anni. Durò 49 anni. Rimase vedovo un anno e prese Maria che ebbe Gesù a15 anni. Per la narrazione dell’apocrifo quando morì erano presenti anche gli altri figli. Nel sec XVI S.Teresa d’Avila e S.Giovanni della Croce promuovono il culto su San Giuseppe. Lorenzo Lotto pone Giuseppe ai piedi della Croce. È muto e solo, ha capelli e barba bianchi, esprime dolore senza conforto. Maria è sostenuta dalle pie donne. Giuseppe aveva percepito che suo Figlio sarebbe dovuto morire per salvare l’umanità. Egli manifesta la sofferta accettazione della volontà di Dio. Modesto Faustini – La scena è intima e silenziosa. Il pittore bresciano è un preraffaellista. Richiamo ai colori del Beato Angelico. Il dipinto è del 1886-1890. Si trova nella Cappella Spagnola del Santuario di Loreto. Giuseppe ha il volto scarnificato. Al suo fianco ci sono Maria e Gesù che lo benedice. Lo scenario è medievale. Una grande cornice trilobata si apre al paradiso. I colori sono squillanti. Gli angeli attendono Giuseppe, che è anche patrono dei moribondi. Lorenzo Lotto – Tempera su tela del 1517 commissionata dalla Confraternita del Corpo di Cristo, intitolata anche a Giuseppe. Giuseppe è vivo alla morte di Gesù? Vecchio, muto, con barba e capelli bianchi, in disparte, è straziato dalla morte di Gesù. Si sente impotente dinanzi al dramma del Figlio. Nel dipinto ci sono Giovanni, che regge il corpo nudo e senza vita di Gesù, la Maddalena gli abbraccia le gambe, Maria svenuta, sostenuta dalle pie donne, Marta ha le mani alzate, pare che urli dal dolore. Sulla sinistra ci sono Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea. Un telo bianco nasconde la scritta INRI. I colori sono complessivamente spenti. Risalta il rosso degli abiti di Giovanni e di Giuseppe, che si propone come un personaggio tragico, presente e silenzioso alla nascita di Gesù, invaso dal dolore quando Gesù muore. Umberto De Giovanni e Dario Luisi sono gli autori del gruppo marmoreo “San Giuseppe con Gesù adolescente”, collocato nel novembre 1942 in un’apposita cappella di marmo veronese della chiesa di S.Maria Assunta (Sp), su iniziativa dell’abate Giovanni Battista Cafferata. Una commissione composta anche da Franco Oliva e Ubaldo Formentini scelse il bozzetto realizzato dai due scultori di Pietrasanta. Oggi si trova nella Gipsoteca del laboratorio Cerrietti a Pietrasanta. La funzione religiosa, presieduta dal vescovo Giovanni Costantini, venne accompagnata da canti (“Tu es sacerdos”) e musiche della cantoria dell’allora cattedrale, diretta dal maestro Domenico Cortopassi. San Giuseppe nei secoli (Chiara Zuffetti) Come abbiamo già accennato, il silenzio che ha contraddistinto la vita di san Giuseppe ne ha avvolto la figura anche dopo la morte. Nei primi secoli del cristianesimo san Giuseppe è pressoché ignorato in Occidente, mentre nella Chiesa d'Oriente il culto per il Santo è presente già nel IV secolo, e il 20 luglio era la data in cui veniva celebrata la morte del Santo nella Chiesa copta del VII secolo. Ma, proprio a partire dal IV secolo, i Vangeli apocrifi furono rifiutati e condannati dalla Chiesa e la vita di Giuseppe, che era molto presente soprattutto in questi, fu dimenticata e con lei piano piano la figura del Santo cadde sempre più nell'ombra. Nel primo millennio nessuna chiesa è a lui dedicata, anche se in Terra Santa c'erano luoghi che ne conservavano la memoria. Esisteva una casa di Giuseppe e sul luogo di questa casa era sorta una piccola chiesa, che aveva al suo interno un pozzo dove i pellegrini potevano attingere acqua per la benedizione. Ma nel VII secolo gli Arabi distrussero la chiesa e al suo posto costruirono una casa. I Francescani, giunti secoli dopo in Terra Santa, comprarono quella casa, la demolirono e costruirono una cappella e poi una vera e propria chiesa sul luogo dove sorgeva la casa di Giuseppe. A Nazareth c'era poi il sepolcro di Giuseppe, una tomba di famiglia posta in una grotta, in cui sarebbe stato calato il corpo del Santo alla presenza di Gesù, come narrano i Vangeli apocrifi. I giudeocristiani veneravano in questo luogo san Giuseppe, prima di essere cacciati come eretici, dopo di che la tomba venne abbandonata e mai più ritrovata. È a partire dal Medio Evo che la figura di Giuseppe esce lentamente dall'ombra, di pari passo con il grande aumento della devozione per Maria. In questi secoli la figura della Vergine viene umanizzata, mettendo in <evidenza i suoi sentimenti di madre premurosa del piccolo Gesù e di madre affranta al cospetto del figlio morto. Si moltiplicano parimenti le Sacre Rappresentazioni in cui la storia della Madonna, i suoi dolori e le sue gioie vengono portati alla luce per avvicinarli alla sensibilità popolare. La religione più astratta e dogmatica dei secoli precedenti, a misura degli intellettuali e degli studiosi più che della gente comune, trova uno sbocco nuovo, a opera soprattutto del francescanesimo, che vuole renderla comprensibile anche agli illetterati e alla gente più semplice, facendo leva su situazioni e sentimenti molto comuni e comprensibili, tra cui quello dell'amore materno. È così che accanto alla figura di Maria comincia a emergere e a essere presa in considerazione anche quella del suo sposo, che diventa parte integrante del Presepio, la cui diffusione si può far risalire appunto a san Francesco. Ma è molto raro nel Medio Evo trovare un'immagine in cui san Giuseppe compaia autonomamente senza essere legato agli eventi dell'infanzia di Cristo narrati dai Vangeli. La più antica rappresentazione di un san Giuseppe «isolato» è un affresco che si trova nella chiesa di Santa Croce a Firenze, opera di Taddeo Gaddi, risalente agli anni tra il 1332 e il 1338, in cui il Santo è un vecchio con la barba e con in mano il consueto bastone fiorito. Sono i Benedettini i primi a introdurre il culto per san Giuseppe, che però rimane circoscritto al loro Ordine. Essi iniziarono a inserire il nome di Giuseppe nei loro calendari liturgici e nel loro martirologio. San Bernardo di Chiaravalle, nel XII secolo, diffonde la devozione per san Giuseppe, di cui esaltava il grandissimo privilegio di aver convissuto con Gesù. E Dante, nell'ultimo canto del Paradiso, proprio nella preghiera di san Bernardo alla Vergine, gli dedica in modo criptico alcune terzine (XXXIII,19-39) le cui iniziali formano l'acrostico IoSEP AV, un «Ave Joseph» che riprende 1'Ave Maria. Nel momento in cui Dante, giunto al punto più alto della sua missione, viene affidato all'aiuto della Vergine, la presenza, se pur solo così discretamente suggerita, di Giuseppe, è garanzia che quella preghiera sia rafforzata e ascoltata: «In te misericordia, in te pietate, / in te magnificenza, in te s'aduna / quantunque in creatura è di bontate. Or questi, che dall'infima lacuna / de l'universo infin qui ha vedute / le vite spiritali a una a una, Supplica a te, per grazia, di virtute / tanto, che possa con li occhi levarsi / più alto verso l'ultima salute. E io, che mai per mio veder non arsi / più ch'i' fo per lo suo, tutti miei prieghi / ti porgo, e priego che non sieno scarsi, Perché tu ogni nube li disleghi / di sua mortalità co' prieghi tuoi, / sì che '1 sommo piacer li si dispieghi. Ancor ti priego, regina, che puoi / ciò che tu vuoli, che conservi sani, / dopo tanto veder, li affetti suoi. Vinca tua guardia i movimenti umani: / vedi Beatrice con quanti beati / per li miei prieghi ti chiudon le mani! ». Evidentemente Dante conosce i sermoni di san Bernardo sulla figura di Giuseppe e rispetta l'immagine silenziosa e defilata del Santo rendendolo presente solo in questo modo delicatissimo e nascosto. Dopo san Bernardo, san Bonaventura da Bagnoregio, nel XIII secolo, cerca di umanizzare la figura di Giuseppe, facendo leva sulla sua vecchiaia, e san Bernardino da Siena ne parla, come si è visto, diffusamente. La prima chiesa con titolazione a san Giuseppe è a Bologna, ed è forse già costruita nel 1129, dato che il papa bolognese Benedetto XIV scriveva che appunto in quell'anno era sorta in via Galleria una chiesa in onore di san Giuseppe, ma non ci sono altri documenti in proposito. E, in un panorama ancora abbastanza privo di riferimenti al nostro Santo, fa eccezione una cappella del Duomo di Milano a lui dedicata nel 1459. Anche la festa liturgica di san Giuseppe inizia a prendere piede solo a partire dal secondo millennio: sono i Benedettini a celebrare per primi, nel 1030, la festa del Santo il 19 di marzo, seguiti dai Servi di Maria nel 1324 e dai Francescani nel 1399. Un problema per i teologi medievali resta quello del matrimonio tra Maria e Giuseppe e san Tommaso conclude che quella unione, anche se non consumata, era valida a tutti gli effetti. Ma sono fondamentali su questo argomento gli scritti di Jean Gerson, vissuto tra il XIV e il XV secolo, che vede nel matrimonio casto tra Giuseppe e Maria il simbolo dell'unione tra Cristo e la Chiesa. Anche il domenicano e arcivescovo di Firenze sant'Antonino, contemporaneo di Gerson, pubblica uno studio di teologia morale ponendo in grande risalto lo sposalizio tra i genitori di Gesù, appoggiandosi alla dottrina di san Tommaso. Fu proprio sant'Antonino a proporre Giuseppe come patrono della Chiesa, cosa che solo Pio IX dichiarerà ufficialmente molto più tardi, l'8 dicembre del 1870. E da quel momento san Giuseppe sarà il protettore della Chiesa universale. Il culto di san Giuseppe e la devozione verso di lui «esplodono» nella Spagna del XVI secolo: è santa Teresa d'Avila a introdurre il culto per il Santo e a dedicargli, nel 1562, il primo monastero riformato da lei fondato proprio ad Avila. Teresa, giovanissima e carmelitana da soli due anni, «trova» san Giuseppe durante una malattia, secondo il parere dei medici assolutamente inguaribile, che la fa soffrire indicibilmente e la costringe a letto. A questo punto, vista l'impotenza dei dottori nel darle una speranza di guarigione, Teresa decide di «scegliersi un medico in Cielo» come lei stessa racconta nella sua Autobiografia, e sceglie san Giuseppe. La preghiera quotidiana al Santo fa sì che si crei un'unione spirituale saldissima, tanto che Teresa può dire: «Ho sperimentato che il glorioso san Giuseppe ci soccorre in tutto. Il Signore vuol farci capire che allo stesso modo in cui fu a lui soggetto in terra, dove san Giuseppe, che gli faceva le veci di padre, poteva dargli ordini, avendone la custodia, anche in Cielo fa quanto gli chiede». E ancora: «Io presi come avvocato san Giuseppe e mi raccomandai a lui con fervore. Questo mio padre e protettore mi aiutò nelle difficoltà in cui mi trovavo. Ho visto chiaramente che il suo aiuto fu sempre più grande di quello che avrei potuto sperare». Teresa ha anche visioni in cui le appaiono Giuseppe e Maria. Anche in queste visioni Giuseppe è assolutamente silenzioso, invece la Vergine le parla e le dice che la sua devozione a san Giuseppe le fa molto piacere. Durante una esperienza mistica che precede la fondazione del primo monastero riformato, è Gesù che appare a Teresa per dirle che il nuovo convento dovrà essere intitolato a san Giuseppe, e dovrà avere due porte di cui una sarà custodita dalla Vergine, l'altra dal suo sposo, come se il Signore ci tenesse ad avere ancora vicini i genitori che hanno accompagnato la sua vita sulla terra. Nel 15681a riforma di santa Teresa è accettata anche dall'Ordine carmelitano maschile a opera di san Giovanni della Croce, e anche qui il culto di san Giuseppe è molto vivo e si diffonde ovunque. È dall'Ottocento che il culto per san Giuseppe si diffonde in modo inarrestabile. Sorgono ovunque, in Europa e in America congregazioni a lui intitolate, si moltiplicano i monasteri carmelitani a lui dedicati, i Gesuiti nel 1850 lo scelgono come patrono della loro rivista «La Civiltà Cattolica» e la sua figura si fa sempre più popolare da quando la Chiesa istituisce nel 1895 la festa della Sacra Famiglia. San Giuseppe è un santo «facile» da capire perché le sue peculiarità di padre, di difensore del suo bambino e della sua sposa e di lavoratore, sono comuni all'esperienza umana, e il silenzio che lo contraddistingue avvolge la sua figura di un'aura di grande semplicità e poesia. Così Giuseppe diventa sempre più popolare e amato. Giuseppe è un santo che compare, in effetti, sempre più spesso nelle immagini devozionali e nelle edicole votive sparse un po' dappertutto, e la sua immagine, anche quando è isolata, suscita immediatamente il ricordo di Maria e di Gesù. Ci sono immaginette infatti, oltre a quelle relative alla Sacra Famiglia, in cui il Santo è solo, altre in cui è ritratto con Gesù che tiene in braccio o per mano con affetto e tenerezza, reggendo anche il famoso bastone fiorito che l'aveva indicato come sposo di Maria. Sono nate anche piccole preghiere o giaculatorie molto popolari che lo invocano associandolo ai nomi di Gesù e di Maria: «Gesù, Giuseppe, Maria vi dono il cuore e l'anima mia» oppure «Gesù, Giuseppe, Maria siate la salvezza dell'anima mia» o ancora, ricordando che Giuseppe è protettore dei morenti: «Gesù, Giuseppe, Maria assistetemi nell'ultima agonia». E anche una statistica sui nomi imposti ai bambini vede un gran numero di Giuseppe e di Giuseppine crescere in tutto l'Ottocento e nei primi decenni del Novecento. In questo clima si spiega bene la scelta dell'Associazione Spirituale dei Devoti di San Giuseppe di Barcellona di commissionare un grande tempio espiatorio dedicato alla Sacra Fami glia. L’Associazione era stata fondata da Josep Maria Bocabella y Verdaguer nel 1 8 6 6 , e nel 1 8 81 aveva acquistato il terreno per la costruzione della chiesa, iniziata l'anno dopo, nel 1 882 , su un progetto dell'architetto Francesc de Paula del Villar, che rinunciò quasi subito alla direzione dei lavori per sopravvenute difficoltà con la committenza. Così nel novembre del 1 88 2 fu Antoni Gaudì y Cornet, giovanissimo architetto, ad assumere la direzione dei lavori. Gaudì si documentò in modo approfondito leggendo i testi sacri, e nel 1 8 8 4 fu in grado di aprire al culto la prima parte della Sagrada Familia: proprio la cappella dedicata a san Giuseppe. Le guglie, che paiono pinnacoli fossili giunti da altre ere, appianano i loro scabri percorsi per lasciare il posto a sculture morbide, dove la pietra sembra trovare riposo. Lì si dipanano le storie di Giuseppe e Maria, e la figura di Giuseppe compare in tante diverse situazioni, sempre dolcissima, presente, affettuosa. Bellissimo, ad esempio, è il bagno del bambino, che Maria immerge in un catino, mentre alle sue spalle Giuseppe pare non sappia bene come aiutarla. Sono sculture non percepibili dal basso, così come non lo sono i particolari delle guglie, ma la Sagrada Familia vuol essere un inno che sale al cielo per ricordare l'unione di Maria, Giuseppe e Gesù, da cui è nata la salvezza dell'uomo, e non una mostra di straordinarie decorazioni. Antoni Gaudì da un certo punto in poi della sua vita non volle prendere altri lavori e si dedicò interamente alla sua chiesa che, come le cattedrali del Medio Evo, pare destinata a non avere mai una fine. Le straordinarie invenzioni architettoniche fondono la natura con la geometria, la tecnica con l'allegoria. La chiesa è insieme montagna e caverna e le sue torri altissime (diciotto sono quelle del progetto di Gaudì) si stringono a quella centrale che è immagine di Cristo, mentre accanto vi è la torre che è immagine di Maria e altre quattro simboleggiano gli Evangelisti. La facciata della chiesa e quelle dei transetti di destra e di sinistra hanno quattro torri ciascuna, per un totale di dodici torri che simboleggiano gli apostoli. La cripta, affondata nella terra, diventa invece l'immagine di Giuseppe, nascosto e discreto, che è però la base su cui è cresciuto Gesù. Non più dunque un'immagine dipinta o scolpita, ma un'intera struttura architettonica diventa simbolo del nostro Santo nascosto e silenzioso, intimo e segreto. Tutta la chiesa leva il suo canto a Dio e unisce le profondità della terra alle altezze dei cieli, dove sale a Dio e scende sulla terra, tramite gli straordinari fori che scavano le guglie, il canto delle campane. Forse il destino ha voluto che Gaudì trovasse la morte nel 1926 proprio davanti alla chiesa a cui aveva dedicato tutta la vita e tutto il suo ingegno. Dall'anno 2000 è in corso la causa per la sua beatíficazìone, mentre la costruzione della Sagrada Familia, tempio espiatorio, prosegue grazie agli architetti Joseph Maria Subirachs, che ha ultimato la facciata della Passione, e Etsuro Sotoo, che ha saputo assorbire pienamente le idee di Gaudì e calarsi nel suo spirito religioso. 1675 – Leopoldo I d’Asburgo, Imperatore del Sacro Romano Impero, dichiara San Giuseppe “Patrono dell’Impero”. 1679 - Carlo II d’Asburgo, re di Spagna, gli dedica i domini della Corona spagnola. 1684 - Protettore della Repubblica Genovese dopo i bombardamenti navali subiti dai francesi (Luigi XVI. Re Sole) – Protettrice della città era Santa Caterina Fieschi Adorno (1447-1510), canonizzata il 23 aprile 1737 da papa Clemente XII (Lorenzo Corsini). Natale 1940, Sartre, detenuto in un campo di prigionia, scrive una storia per i suoi compagni di prigionia. Ecco la pagina in cui descrive il presepe “Siccome oggi è Natale, avete il diritto di esigere che vi si mostri il presepe. Eccolo... La Vergine è pallida e guarda il bambino. Ciò che bisognerebbe dipingere sul suo viso è uno stupore ansioso che non è apparso che una volta su un viso umano. Poiché il Cristo è il suo bambino, la carne della sua carne, e il frutto del suo ventre. L'ha portato nove mesi e gli darà il seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio. E in certi momenti la tentazione è così forte che dimentica che è Dio. Lo stringe tra le sue braccia e dice: piccolo mio! Ma in altri momenti rimane interdetta e pensa: Dio là e si sente presa da un orrore religioso per questo Dio muto, per questo bambino terrificante. Poiché tutte le madri sono così attratte a momenti davanti a questo frammento ribelle della loro carne che è il loro bambino e si sentono in esilio davanti a questa nuova vita che è stata fatta con la loro vita e che popolano di pensieri estranei. Ma nessun bambino è stato più crudelmente e più rapidamente strappato a sua madre poiché egli è Dio ed è oltre tutto ciò che lei può immaginare. Ed è una dura prova per una madre aver vergogna di sé e della dura condizione umana davanti a suo figlio. Ma penso che ci siano anche altri momenti, rapidi e difficili, in cui sente nello stesso tempo che il Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che è Dio. Lo guarda e pensa: "Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. È fatta di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Mi rassomiglia. È Dio e mi assomiglia". E nessuna donna ha avuto dalla sorte il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolo che si può prendere nelle braccia e coprire di baci, un Dio caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che vive. Ed è in quei momenti che dipingerei Maria, se fossi pittore, e cercherei di rendere l'espressione di tenera audacia e timidezza con cui protende il dito per toccare la dolce piccola pelle di questo bambino-Dio di cui sente sulle ginocchia il peso tiepido e che le sorride. E Giuseppe? Giuseppe non lo dipingerei. Non mostrerei che un'ombra in fondo al pagliaio e due occhi brillanti. Poiché non so cosa dire di Giuseppe e Giuseppe non sa cosa dire di se stesso. Adora ed è felice di adorare e si sente un po' in esilio. Credo che soffra senza confessarselo. Soffre perché vede quanto la donna che ama assomigli a Dio, quanto già sia vicino a Dio. Poiché Dio è scoppiato come una bomba nell'intimità di questa famiglia. Giuseppe e Maria sono separati per sempre da questo incendio di luce. E tutta la vita di Giuseppe, immagino,sarà per imparare ad accettare. Miei buoni signori, questa è la Sacra Famiglia