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L`Amministratore di Sostegno trova casa.

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L`Amministratore di Sostegno trova casa.
L’Amministratore
di Sostegno
trova casa.
Un modello di volontariato
a tutela delle persone fragili
A cura di:
Mario Lanzafame
Anna Ganapini
Silvia Bertolotti
Una relazione di “aiuto” potrebbe essere definita
come una situazione in cui uno dei partecipanti
cerca di favorire, in una o in ambedue le parti,
una valorizzazione maggiore delle risorse personali del soggetto
ed una maggiore possibilità di espressione.
Carl R. Rogers
2
Indice
Prefazione
Introduzione
Parte Prima
5
7
9
La rete degli attori ingaggiati nel progetto
La progettazione sociale in Emilia Romagna
L’Amministratore di Sostegno in sintesi
13
17
19
Parte Seconda
25
Parte Terza
57
Postfazioni
73
Note
85
Il ruolo delle organizzazioni di volontariato
Il ruolo del volontariato individuale
Il ruolo del Tribunale e del Giudice Tutelare
Il ruolo degli Enti locali
Il ruolo della formazione
Il gruppo tutoring
La progettazione del percorso formativo
I colloqui di orientamento
Gli sportelli informativi
Elementi di successo
Possibili criticità
Trasferibilità
Il modello in sintesi
Da progetto a servizio
La sostenibilità futura
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“Penso che le motivazioni che possono sollecitare i singoli cittadini ad interessarsi all’Amministratore
di sostegno siano fondamentalmente quelle del “prendersi cura” di chi si vede in stato di bisogno.
Spesso si incontrano persone che ci chiedono aiuto ma ci trovano impermeabili alle loro richieste:
mancanza di tempo...ma anche mille giustificazioni. Se solo ci lasciamo coinvolgere e dedichiamo
ascolto alle richieste di aiuto possiamo sperimentare quante belle emozioni può suscitare in noi il
prendersi cura di qualcuno. Interessarsi al benessere di una persona in difficoltà riempie il cuore...ci fa
sentire utili e fa nascere dei legami importanti”
Valeria – volontaria dello sportello informativo
4
Prefazione
A cura di Luciana Redeghieri - Presidente di Sostegno&Zucchero
Sono lieta di poter presentare questo
quaderno che rappresenta il completamento di un percorso progettuale pluriennale, che ha visto la nostra e altre associazioni portare avanti, anche con fatica, un
tema per nulla scontato: la promozione
dell’istituto legale dell’amministrazione di
sostegno.
progetto che verrà descritto in queste pagine, ha reso possibile una concreta collaborazione tra la persona bisognosa di assistenza e la collettività, rappresentata dalle
associazioni, dagli enti pubblici, dai volontari, che insieme hanno operato insieme
per restituire alla persona fragile il ruolo di
protagonista del proprio futuro.
I genitori e le associazioni che si occupano di persone disabili o non autosufficienti (per ragioni legate all’età avanzata,
a malattie, a causa della dipendenza da
droga, alcool, gioco d’azzardo) hanno
esperienza soprattutto del territorio sul
quale operano, nel quale costruiscono fin
dall’inizio relazioni importanti anche con le
istituzioni, mettendo in evidenza le problematiche e ponendo il tema che la comunità
nel suo complesso, e quindi non la singola
famiglia, dovrebbe prendersi in carico la tutela e la salvaguardia delle persone fragili,
nella logica del fondamentale principio di
solidarietà.
Nel corso del tempo, insieme ai diversi
partner istituzionali, abbiamo potuto verificare come, con opportuno coordinamento,
con risorse dedicate, con la formazione e il
confronto, la figura dell’amministratore di
sostegno, all’inizio poco capita, un po’ vaga,
sia stata progressivamente compresa e accolta da parte dei genitori. Questi hanno
iniziato a ragionare concretamente e con
maggiore fiducia rispetto al futuro del loro
caro, quando essi non ci saranno più.
Hanno accolto con sempre maggiore
fiducia l’ipotesi di affidare, nel momento
in cui loro saranno impossibilitati a farlo o
se la patologia lo rendesse necessario, la
tutela del loro congiunto ad un volontario,
perché la motivazione che spinge queste
persone a dedicare tempo e risorse a chi è
in una situazione di bisogno è già di per sé
una forma di garanzia.
Oltre a questo ruolo di sollecitazione e
stimolo agito dalle associazioni, però, occorre che dall’altra parte i servizi e la comunità passino da una logica assistenzialistica
a una pratica, a tutti i livelli, che riconosca
l’identità e la dignità della persona nella
sua interezza, disabile o in condizioni di disagio non importa.
Ora i genitori si sentono tutelati, garantiti, non sentono l’ansia di pensare che
il loro famigliare, nel momento in cui loro
non potranno più farsene carico, diventi un peso per altri, perlopiù sconosciuti.
La figura dell’amministratore di sostegno, nella declinazione che ha assunto nel
5
Ringrazio anche gli operatori del Centro di Servizio per il Volontariato DarVoce:
il loro aiuto, la loro serietà e professionalità
hanno sostenuto la riuscita del progetto.
Inoltre il volontario può diventare anche
una persona con la quale si possono stabilire relazioni da subito e hanno visto che
queste persone ce la mettono tutta, perché ci credono, dimostrando una grande
onestà.
Infine, ringrazio tutti coloro che hanno
creduto sin dall’inizio in questo percorso e
hanno tenuto duro nel tempo: i partner del
progetto, le istituzioni, i cittadini che hanno
preso parte ai percorsi formativi, i famigliari
delle persone fragili.
Oggi come oggi questa innovazione,
così come si è concretizzata nell’esperienza
reggiana, ha reso i famigliari più tranquilli
perché l’amministratore di sostegno è diventata un’opportunità in più e, soprattutto, una tutela molto importante per i propri
cari che, a causa della loro fragilità, potrebbero incappare in persone intenzionate ad
approfittarsene e a raggirarli.
Il lavoro di questi mesi ha permesso
di tratteggiare un “modello di iniziativa in
rete” che, oltre a rispondere all’esigenza di
tutela delle persone non autosufficienti e/o
fragili, consente di rispondere al desiderio
di tanti cittadini di compiere una “scelta di
civiltà”, mettendosi a disposizione di chi è
in situazione di bisogno, con spirito solidaristico e in totale gratuità.
Vorrei rivolgere un sentito ringraziamento al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e alla Fondazione Nando Peretti,
che con il loro sostegno economico hanno
reso possibile la realizzazione del percorso
progettuale descritto in questo testo.
Luciana Redeghieri
6
Introduzione
A cura di Mario Lanzafame
Il progetto “L’Amministratore di Sostegno trova casa” coinvolge una rete di
partner che, ciascuno in base alle proprie
competenze e al proprio mandato, contribuiscono alla diffusione della conoscenza
dell’istituto dell’amministrazione di sostegno e al successo delle iniziative di reclutamento, formazione, gestione dei cittadini
volontari, che rappresentano la grande risorsa e la “colonna portante” di questo modello.
Il presente quaderno, per evidenti necessità di sintesi e con l’obiettivo di fornire
quante più indicazioni e informazioni utili
per la trasferibilità del modello, è strutturato in tre parti.
Nella parte iniziale viene descritto il
progetto e gli attori in esso coinvolti, successivamente viene sintetizzata la storia
dei progetti realizzati sul tema dell’amministrazione di sostegno, evidenziando gli
sviluppi importanti, le connessioni tra i
diversi attori e i risultati ottenuti; si prosegue poi sottolineando gli snodi strategici e
i processi fondamentali, infine si conclude
con un punto di vista corale, lasciando la
parola ai diretti protagonisti delle attività
realizzate.
Le attività realizzate nel periodo 2012
-2013, grazie ai finanziamenti erogati dal
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dalla Fondazione Nando Peretti, hanno
permesso di “mettere a valore” l’esperienza
maturata su questo tema in circa 10 anni di
progettazione sociale, realizzata sia sul territorio provinciale, che su quello regionale,
coinvolgendo diversi attori: associazioni di
volontariato, enti e servizi pubblici, centri
di servizio per il volontariato, cittadini e famigliari di persone fragili.
L’intento dei curatori di questo quaderno è stato quello di dare tutti gli elementi
utili e funzionali alla replicabilità e al trasferimento del modello in altri contesti e alla
sua sostenibilità.
I finanziamenti recentemente ottenuti
hanno reso possibile anche la definizione
di un modello, presentato in queste pagine,
che aspira a descrivere punti di forza, ma
anche criticità, di quanto finora realizzato,
nella speranza che la messa in comune di
questa prassi possa stimolare anche altri
territori ad intraprendere questo percorso
a favore della tutela delle persone fragili o
non autosufficienti.
Per fare questo sono utilizzati grafici e
diagrammi, come anche testimonianze selezionate delle persone e interviste ad alcuni protagonisti.
Il testo perciò si presenta come il
risultato di uno sforzo “collettivo” per
chiarire un sistema che incontra sperimentazioni, riassetti istituzionali, innovazione giuridica.
7
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Parte Prima
Il progetto
“L’Amministratore di Sostegno trova casa”
9
Per dare continuità alle attività di promozione dell’istituto dell’amministratore
di sostegno nel territorio di Reggio Emilia,
alcune associazioni di volontariato della Provincia, che si occupano della tutela
dei diritti delle persone fragili e/o diversamente abili, si costituirono in partenariato
e alla fine del 2011 presentarono il progetto “L’Amministratore di Sostegno trova
casa” per ottenere un finanziamento a valere sul Fondo dell’Osservatorio Nazionale
per il Volontariato (ex L. 266/1991), gestito
dal Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali.
lontari, con la finalità di fornire ai cittadini
le informazioni necessarie per garantire ai
loro cari in condizioni di fragilità, la tutela
offerta dall’amministratore di sostegno.
Grazie al sostegno del presidente del
Tribunale, Dr. Caruso, l’obiettivo dell’apertura dello sportello venne raggiunto a
marzo 2012, quando le richieste di finanziamento al Ministero e alla Fondazione
Peretti erano ancora in fase di valutazione.
Quando vennero confermate le concessioni di entrambi i finanziamenti richiesti, le associazioni di volontariato
promotrici del progetto, unitamente agli
altri soggetti pubblici che avevano aderito, chiesero ufficialmente a DarVoce un
supporto tecnico specialistico per la gestione delle azioni previste e per la loro
riformulazione, poiché uno degli obiettivi
previsti in entrambi i progetti, l’apertura
dello sportello, era già stato raggiunto.
Il finanziamento venne concesso e il 25
ottobre 2012 presero ufficialmente il via le
attività progettuali, a cui partecipavano,
come sottoscrittori, i soggetti che saranno
descritti nel paragrafo successivo.
Contemporaneamente, il Centro di
Servizio per il Volontariato di Reggio Emilia, DarVoce, che da sempre aveva collaborato con le associazioni di volontariato alla promozione delle forme di tutela
per le persone fragili, aveva richiesto un
finanziamento dalla Fondazione Nando
Peretti, sempre relativamente ad azioni a
sostegno della figura dell’amministratore
di sostegno.
Pertanto, le risorse economiche derivanti dai due diversi enti finanziatori (Ministero e Fondazione Peretti), vennero finalizzate al raggiungimento di un nuovo,
ambizioso obiettivo: l’apertura di sportelli
informativi, gestiti da volontari, in ognuno dei distretti della Provincia: Scandiano,
Correggio, Guastalla, Montecchio Emilia e
Castelnovo ne’ Monti.
L’obiettivo di entrambi i progetti presentati era prevalentemente quello di
aprire uno sportello informativo, presso il
Tribunale di Reggio Emilia, gestito da vo-
Il finanziamento ottenuto dal Ministero venne utilizzato per la realizzazione del-
10
ma aspira ad essere anche qualcosa in più:
la messa a sistema di un percorso lungo ed
articolato, che ha portato alla diffusione
della conoscenza di una forma di tutela,
l’amministrazione di sostegno, appunto,
in grado di garantire le autonomie delle
persone fragili, per quanto residue esse
siano. Ha inoltrato portato alla diffusione
di una nuova forma di volontariato individuale, che permette ai cittadini di attivarsi a favore di coloro che si trovano in uno
stato di bisogno e di non autosufficienza,
e delle loro famiglie.
le azioni previste nel progetto presentato,
ma la rete dei partner le declinò nell’ottica
di dare una forte spinta all’informazione e
alla promozione dell’istituto sui distretti
della provincia.
Il finanziamento ottenuto dalla Fondazione Peretti venne utilizzato per dare
copertura finanziaria all’impegno delle
risorse umane del Centro di Servizio, che
poterono così dare supporto alla rete dei
partner del progetto ministeriale, mettendo a disposizione le competenze e le conoscenze maturate nel corso di più di 10
anni di impegno a favore della diffusione
delle norme di tutela per le persone fragili.
Una delle azioni previste nel progetto
presentato al Ministero prevedeva la “modellizzazione dell’esperienza”, al fine di
renderla fruibile per altri soggetti inseriti
in territori diversi.
L’importanza di questi obiettivi, il loro
valore socio culturale, ha sostenuto i promotori del progetto nella convinzione che
quanto fatto potesse essere trasformato in
un modello, che si auspica possa essere recepito e trovare la più ampia diffusione, affinché anche in altri contesti territoriali sia
possibile dare concretezza a valori come
la “cittadinanza attiva” e la “cittadinanza
sociale”.
Il presente volume rappresenta la realizzazione di questo obiettivo progettuale,
11
“L’uomo ha necessità fisiologica di gratificazione fin dall’inizio della vita. E servire gli altri, i più svantaggiati, i soggetti deboli, oltre a rappresentare un modus agendi obiettivamente apprezzabile sul
piano sociale, nell’intimo ci fa sentire protagonisti di merito.
In questo quadro, ritengo che l’esperienza che sto vivendo come volontario dello Sportello Amministratore di Sostegno in qualche misura esprima, da una parte una sorta di continuità con il livello di
esperienza professionale (sono un dirigente d’azienda in pensione dall’ottobre 2011) in cui, tra l’altro,
ascolto, capacità di relazione, diligenza operativa, sono requisiti pregnanti di un incarico dirigente;
dall’altra la percezione di rappresentare nel concreto un riferimento preciso per quanti approcciano
l’Istituto, potendo evitare di affrontare i tornanti non sempre facili della Pubblica Amministrazione”
Bruno – volontario dello sportello informativo
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La rete degli attori
ingaggiati nel progetto
Fa.Ce. – Famiglie Cerebrolesi
È un’associazione sorta a Bologna nel
1986 e a Reggio Emilia nel 1990, che raggruppa famiglie con un figlio disabile.
L’associazione, costituita in prevalenza
da genitori di bambini affetti da cerebro
lesioni, si basa sulla constatazione che
sia possibile per chi è disabile, e per le
famiglie, vivere una vita equilibrata e,
perché no, felice.
Per questo, molte famiglie di Reggio
Emilia e provincia si sono incontrate per
parlare, capire, aiutarsi e ribadire con forza che occorre rispettare, non solo a parole, ma soprattutto con i comportamenti, coloro che più di altri vivono il disagio,
ma che, nonostante ciò, hanno un diritto
che nessuna legge potrà cancellare: il diritto alla dignità.
L’associazione organizza i “Pomeriggi
alla Fa.Ce.”, numerose attività di socializzazione diffuse sul territorio provinciale, collabora attivamente con gli enti locali, con
le istituzioni pubbliche e con altre associazioni per migliorare la qualità della vita dei
ragazzi e delle loro famiglie.
Di seguito forniamo alcune informazioni sintetiche sui protagonisti delle varie fasi progettuali, a partire dalle quattro
associazioni di volontariato promotrici
del progetto “L’Amministratore di Sostegno trova casa”, per poi proseguire con
la presentazione degli altri partner istituzionali.
Sostegno & Zucchero
Opera a Reggio Emilia fin dal 1993
nel campo della salute mentale, con l’obiettivo di sostenere i sofferenti psichici
e la loro rete famigliare e sociale: è un’associazione di volontariato, costituita da
famigliari e amici di sofferenti psichici,
operatori, volontari, cittadini.
L’associazione si ispira ai principi della solidarietà, del primato e della dignità delle persone: ha indole apartitica e
aconfessionale, esclude ogni fine di lucro.
Fa parte del Coordinamento Regionale delle Associazioni dell’Emilia Romagna (CORAFER), dell’Unione Nazionale
delle Associazioni per la Salute Mentale
(UNASAM); inoltre è tra i soci fondatori
del Centro di Servizio per il Volontariato
“DarVoce”. Organizza gruppi di auto mutuo aiuto per i famigliari in molti Comuni
della Provincia di Reggio Emilia; inoltre,
in collaborazione con il Comune di Reggio Emilia, la Provincia e il Dipartimento
di Salute Mentale organizza attività di
socializzazione (attività ricreative, culturali e di tempo libero) per i sofferenti
psichici.
ABC - Associazione Bambini Cerebrolesi Reggio Emilia
È nata allo scopo di promuovere la tutela
e il riconoscimento dei diritti delle persone
cerebrolese e delle loro famiglie. Collabora
con le istituzioni locali per sviluppare politiche di sostegno alle famiglie e l’applicazione
delle leggi vigenti in materia di servizi di aiuto
alla persona disabile.
13
Organizza convegni, seminari e conferenze per diffondere informazioni sulle
terapie riabilitative e svolge attività di mutuo-aiuto fra gli iscritti. Svolge infine attività sociali come periodi di vacanza insieme.
tema di amministrazione dei suoi beni.
È l’organo del pubblico potere a cui è affidata l’attuazione dell’interesse generale che l’ordinamento riconnette alla
protezione dell’incapace.
Anffas Onlus - Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità
Intellettiva e/o Relazionale
È un’associazione di genitori, famiglia­­
ri ed amici di persone con disabilità che
opera da più di 50 anni; oggi è presente
sull’intero territorio nazionale con oltre 168
associazioni locali, 16 organismi regionali e
45 enti autonomi.
L’ Anffas Onlus ha la finalità della solidarietà nel campo dell’assistenza sociale
e sociosanitaria, della promozione e della
sollecitazione della ricerca scientifica, della
tutela dei diritti civili a favore delle persone
svantaggiate in situazione di disabilità intellettiva e relazionale.
Le sue funzioni sono direttive, deliberative, consultive e di controllo.
Azienda Sanitaria Locale di Reggio Emilia (ASL)
Nell’ordinamento italiano l’azienda
sanitaria locale (ASL) è un ente pubblico
locale, precisamente un ente strumentale della Regione, al quale compete
l’organizzazione finanziaria e gestionale
delle prestazioni sanitarie.
La nascita delle ASL è databile nel
1993 grazie alla legge n. 92. Ma in realtà
i principi base del decentramento della
sanità pubblica, che rappresentano la
Le associazioni di volontariato promotrici di progetto hanno richiesto al Centro di Servizio
per il Volontariato di Reggio DarVoce, di supportarle con i propri servizi durante la realizzazione delle attività progettuali.
Per approfondire ruolo e funzione del Centro di Servizio DarVoce si rimanda al sito web:
www.darvoce.org
Tribunale di Reggio Emilia
È l’organo del potere giudiziario a cui
è conferita una posizione preminente in
tema di cura della persona incapace e in
ragion d’essere delle moderne ASL, era
già stato intrapreso nel 1978 con l’inizio della cessione dell’organizzazione
dei servizi da parte dell’organizzazione
14
Giudice Tutelare
Ha il potere di integrare, modificare e revisionare il decreto di nomina iniziale ad amministratore di sostegno. Interviene inoltre con provvedimenti urgenti, se necessari, per il bene
della persona amministrata. Il Giudice Tutelare è la figura che conferisce l’incarico di amministratore di sostegno e ne controlla l’operato, è quindi l’organo competente all’interno
del Tribunale, a ricevere il ricorso e a pronunciarsi sul medesimo.
Per ulteriori approfondimenti sul ruolo del Tribunale e del Giudice Tutelare si veda: “L’ABC
dell’Amministratore di sostegno”, consultabile sul sito www.nonpiusoli.org
Dipartimento di Salute Mentale (DSM)
Organizza l’attività, su tutto il territorio provinciale, dei Servizi di Psichiatria, Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva e Psicologia clinica, quest’ultimo limitato al Distretto di
Reggio Emilia. Il Dipartimento di Salute Mentale promuove la cura delle persone, di
tutte le età, che soffrono di disturbi psichici.
Il Dipartimento di Salute Mentale colloca il trattamento del disagio, della malattia,
della disabilità, all’interno di una visione che coglie la persona, pur malata e sofferente,
nella sua interezza, con le sue capacità e potenzialità; si preoccupa inoltre non solo
della persona sofferente ma anche del suo ambiente famigliare e sociale.
Il Dipartimento di Salute Mentale riconosce come fine ultimo della propria attività lo
sviluppo più elevato possibile delle abilità e delle autonomie dei propri utenti, promuovendo specifici programmi relativamente alla formazione scolastica e lavorativa,
al lavoro vero e proprio, alla socializzazione e, per quanto riguarda gli adulti, alla capacità di abitare. Collabora attivamente anche attraverso una convenzione con l’associazione di volontariato Sostegno&Zucchero.
centrale della Stato alle Regioni, Province e
Comuni. Possiamo a pieno titolo affermare
che la legge n. 883 del 1978 è stata la prima grande riforma sanitaria e ha avviato
un importante processo di trasformazioni
nella sanità pubblica.
territoriali specifiche e a seconda della
Regione, Provincia e Comune nel quale
si trovano, le ASL sono formate sempre
dai medesimi organi e nello specifico: il
direttore generale; il direttore sanitario;
il consiglio dei sanitari; il collegio sindacale; il collegio di direzione. Le ASL sono
organizzate in distretti sanitari di base,
dipartimenti di prevenzione e presidi
ospedalieri.
Le ASL sono organizzate come vere e
proprie aziende con personalità giuridica
pubblica. Pur presentandosi con priorità
15
Servizio Unificato Disabili Adulti
Si rivolge ai cittadini con disabilità in età compresa tra i 18 e i 65 anni; opera in forma
integrata socio-sanitaria ed è costituito da operatori della ASL, dai Comuni del Distretto di Reggio Emilia e del privato sociale, che lavorano in collaborazione per definire la
presa in carico dell’utente e il progetto terapeutico.
Provincia di Reggio Emilia
La Provincia di Reggio Emilia ha partecipato al progetto “L’Amministratore di
Sostegno trova casa” mettendo a disposizione del tavolo degli attuatori una risorsa
del suo organico; ha anche il ruolo di “gestore” dell’elenco degli amministratori di
sostegno volontari, a cui il Giudice Tutelare
potrà fare riferimento nel caso in cui non ci
siano famigliari disponibili a ricoprire questo incarico o sia sconsigliato, per questioni
legate al tipo di patologia (ad esempio il
disagio mentale), conferire l’incarico ad un
congiunto.
clei famigliari e coordinano i Poli territoriali.
La sua presenza al tavolo di progetto garantisce che lo sviluppo delle attività siano
in linea con le politiche e le azioni locali in
materia di disabilità e di inclusione sociale.
Unione dei Comuni Tresinaro Secchia
L’Unione dei Comuni Tresinaro Secchia
aggrega quattro comuni del territorio, vicini geograficamente e per identità di valori,
con l’obiettivo di affidare all’Unione la gestione di servizi locali e funzioni importanti
per la comunità: i servizi sociali, la Polizia
Municipale, l’informazione e l’orientamento per la popolazione straniera, la Difesa Civica (per un approfondimento sull’identità
delle Unioni di Comuni, si veda il paragrafo
“Ruolo degli Enti locali” nel presente volume).
Comune di Reggio Emilia
Il Comune di Reggio Emilia è stato il primo ente pubblico a prendere parte ai progetti di informazione e sensibilizzazione sui
temi del “dopo di noi” e delle forme di tutela a favore delle persone fragili. Il Comune
partecipa al progetto “L’Amministratore di
Sostegno trova casa”, di cui è sottoscrittore,
nell’ambito delle funzioni previste dai Servizi Sociali comunali, che svolgono funzioni
di coordinamento e gestione dei servizi rivolti alle persone fragili, promuovono la realizzazione di interventi a sostegno dei nu-
È stata la prima Unione di Comuni a far
parte attivamente del progetto “L’Amministratore di Sostegno trova casa”, nonché il primo territorio decentrato, rispetto al comune
capoluogo, ad attivarsi per l’informazione alla
cittadinanza sul tema della tutela dei soggetti
fragili e per il reclutamento di volontari per il
ruolo di amministratori di sostegno.
16
La progettazione sociale
in Emilia Romagna
Nel territorio regionale si compiono
costantemente, da parte di vari soggetti,
letture ed analisi di carattere sociale, per
l’individuazione dei principali bisogni
individuali e collettivi della cittadinanza.
In questo contesto si è collocata la
progettazione sociale: una proposta innovativa e assolutamente peculiare del sistema emiliano romagnolo, che individuò una nuova modalità per sostenere e qualificare le organizzazioni di volontariato, con il supporto e la collaborazione dei Centri di Servizio per il Volontariato, che solo negli anni seguenti venne intrapresa, con caratteristiche a volte diverse, dalle altre regioni. Si è trattato di un’esperienza po-
17
sitiva, che ha permesso al volontariato di migliorare ampiamente la sua capacità di lavorare in gruppo, collaborare in rete, integrare pubblico e privato, essere portatore di messaggi profondi per la collettività, di dare vita ad esperienze che in diversi casi hanno largamente migliorato la qualità della vita di donne e uomini. Attraverso una modalità di lavoro basata sulla co-progettazione, i Centri di Servizio per il Volontariato: facilitano la proposta di iniziative progettuali promosse dalle
reti di organizzazioni di volontariato, associazioni, enti pubblici e altri soggetti del
terzo settore; promuovono tavoli di lavoro
tematici; sostengono lo sviluppo, il monitoraggio e la valutazione di ogni progetto.
“La motivazione che mi ha spinto ad assumere questo ruolo è stata sicuramente di natura umana e
cioè “dar voce” ad una richiesta di aiuto. Le motivazioni comunque possono essere tante e varie, ma
l’elemento che fa scattare la volontà di mettersi in gioco è da ricercare nella sensibilità di ognuno
di noi”
Demos – amministratore di sostegno volontario
18
L’Amministratore di Sostegno
in sintesi
A cura dell’avv. Erica Brindisi
L’amministrazione di sostegno si inquadra in un progetto in cui la problematica
patrimoniale (quella degli atti con valenza
giuridico-economica, tipico oggetto della
tutela conseguente all’interdizione) rientra
ma solo come aspetto possibile e talora necessario, ma non assorbente, dell’esistenza
umana; in essa infatti si inseriscono la “cura”
della persona (art. 405, 4° c. C.C.),e “l’assistenza” da parte dell’amministratore di sostegno
(art. 404 C.C.); ad essa fanno riferimento tutti gli “interventi di sostegno temporaneo o
permanente” (art. 1 L. 6/2004) normalmente
realizzati attraverso l’A.d.S..
Da quasi dieci anni é entrata in vigore
la legge n. 6/2004 che ha dettato una normativa completamente nuova per la realtà
giuridica e sociale italiana, volta alla effettiva protezione delle “persone prive in tutto
o in parte di autonomia nell’espletamento
delle funzioni della vita quotidiana“, prevedendo, nel quadro di un programma con
valenza giuridica da determinarsi caso per
caso (progetto di sostegno), “interventi di
sostegno temporaneo o permanente” a favore del disabile (art. 1).
Questa nuova forma di protezione
é ad “ampio spettro” e finalmente rifiuta la logica ghettizzante dell’infermità
mentale tipica dell’interdizione, a favore
di quella del sostegno ad ogni persona,
che per qualsiasi patologia si trovi “anche parzialmente o temporaneamente
nell’impossibilità di provvedere ai propri
interessi (art. 404 C.C.)”.
La legge fa riferimento alla persona
del beneficiario quando parla di “bisogni
e aspirazioni” di “richieste”, di “scelte”, e di
possibili “dissensi” con l’operato dell’A.d.S.
(art. 410 C.C.), oltre che di “interessi” e di
“esigenze di protezione” (art. 407, 2° c.)
L’istituto dell’interdizione è rimasto ed è applicato solo per i casi previsti dall’art. 414
C.C., casi per i quali l’amministrazione di sostegno non è in grado di garantire una
“adeguata protezione”.
In questa nuova logica di affiancamento della “persona priva in tutto o in parte di
autonomia nelle funzioni della vita quotidiana” sono per la prima volta fatti oggetto di attivazione normativa i grandi principi costituzionali del personalismo (art. 2
Cost.), del solidarismo (art. 2 - 3-2 Cost.), del
La nuova normativa non ha tanto voluto eliminare le forme di protezione degli incapaci già esistenti e ritenute utili,
se non indispensabili, per precisi casi,
ma ha inteso proprio colmare un vuoto,
scegliendo di dare in più una “protezione avanzata”.
19
riconoscimento di “pari dignità senza distinzione di condizioni personali e sociali”
(art. 3 Cost.), della sussidiarietà.
re e nel corso del quale si sono succeduti
molteplici disegni di legge, tutti intesi ad
incidere sull’originario sistema di tutele rivolto ai soggetti inidonei a provvedere alla
cura dei propri interessi, sistema che risultava dalla combinata disciplina del codice
civile e del codice di rito.
Dal 19/3/2004 gli operatori del diritto
(e in particolare, ma non esclusivamente,
i giudici tutelari) sono chiamati, assieme
ai famigliari, ma anche ai “responsabili dei
servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e nella assistenza della persona”, a “porsi accanto” al non autonomo,
con l’obiettivo non già di un asettico accertamento di incapacità di agire collegato alla
logica ghettizzante dell’infermità di mente
(anzi, vanno il più possibile evitate le limitazioni alla capacità di agire, secondo gli stessi principi ispiratori della legge esplicitati
dall’art. 1 L. 6/2004), ma di realizzare uno
strumento idoneo a sopperire per quanto
possibile a tutte le carenze della persona
per qualsiasi ragione non autonoma, costruendo per lei e, per quanto possibile con
lei, un progetto di sostegno più o meno
limitato in dipendenza delle sue richieste
ed esigenze (l’art. 1 espressamente parla di
“interventi di sostegno temporaneo o permanente” in relazione alla carenza totale o
parziale di autonomia “nell’espletamento
delle funzioni della vita quotidiana”).
Proposte di riforma del codice civile, in
ordine allo status dei soggetti infermi di
mente, erano state avanzate già nella seconda metà degli anni ottanta del secolo
scorso da un gruppo di studiosi coordinato
da Paolo Cendon.
L’aspetto più interessante della cosiddetta “bozza Cendon” era rappresentato
dalla previsione di un nuovo istituto, l’amministrazione di sostegno, avente la funzione di tutelare i disabili grazie alla nomina di
un amministratore e ad una ridotta limitazione della capacita legale.
Si trattava di un progetto ambizioso, di
complessiva rivisitazione della disciplina
civilistica della condizione del sofferente
psichico, i cui obiettivi venivano individuati
nella necessità di introdurre nuove linee di
equilibrio fra le opposte esigenze di libertà
e di protezione della persona disabile.
La legge 9 gennaio 2004 n. 6 ha dunque
inserito, nel corpo del codice civile, un nuovo istituto a protezione dei soggetti deboli:
l’amministrazione di sostegno.
Si è concluso, cosi, un lungo iter parlamentare che ha attraversato varie legislatu-
Nella bozza Cendon si rilevava come “il
grande vuoto” del sistema italiano, sistema
caratterizzato dagli istituti dell’interdizione,
inabilitazione e dalla previsione dell’art.428
del codice civile, fosse costituito dalla mancanza di un regime di protezione che fosse
20
tale da comprimere al minimo i diritti e le
possibilità di iniziativa della persona disabile, e che offrisse, però, attraverso una
previsione legislativa improntata ad una
ragionevole elasticità, tutti gli strumenti
di assistenza e sostituzione che potessero
soccorrere il disabile stesso nei momenti di
crisi, di inerzia e di inettitudine.
missione Giustizia del Senato ha approvato definitivamente, in sede deliberante, la
proposta di legge 375-B, recante l’istituzione dell’amministrazione di sostegno, che é
poi diventata la legge 9 gennaio 2004 n.6.
La nuova legge non solo ha inciso sul
tessuto normativo del codice civile, modificandone significativamente la struttura
per quanto attiene agli istituti relativi alla
protezione dei soggetti inidonei alla cura
dei propri interessi, ma ha apportato innovazioni, tra l’altro, ad alcune Disposizioni di
attuazione del Codice civile, ad alcune norme del Codice di procedura civile e a norme in materia di casellario giudiziale.
La filosofia della riforma contenuta nella bozza Cendon veniva, quindi, cosi, individuata: “ vi é un nuovo istituto (l’amministrazione di sostegno) che si pone come
modello generale per la soluzione dei problemi civilistico-patrimoniali della grande
maggioranza delle persone disabili: infermi
di mente innanzitutto, ma anche anziani,
portatori di handicap fisici, alcolisti, lungodegenti, carcerati, internati in manicomio
giudiziario, tossicodipendenti, e in generale, chiunque abbia bisogno di essere protetto nel compimento degli atti della vita
civile”.
Per quanto riguarda l’intervento sul Codice civile, il legislatore ha ridisegnato, sin
dall’intitolazione, il Titolo XII del Libro Primo, la cui originaria intestazione “Dell’infermità di mente, dell’interdizione e dell’inabilitazione” é stata sostituita dalla seguente:
“Delle misure di protezione delle persone
prive in tutto o in parte di autonomia”.
Va in proposito sottolineato come non
solo sia stata sostituita l’originaria intestazione del Titolo XII, ma sia anche scomparsa dall’originaria intitolazione del Capo II
dello stesso, la menzione dell’infermità di
mente, coerentemente con la scelta di farvi
fronte non più e non solo con l’interdizione
e l’inabilitazione che conducevano ad una
privazione di autonomia talora mortificante per il soggetto ma, appunto, con l’amministrazione di sostegno.
La bozza ha animato un fecondo dibattito in dottrina e ha costituito un importante punto di riferimento per i diversi disegni
di legge presentati in Parlamento, nei quali
confluivano alcune delle proposte ivi elaborate (disegno di legge n. 2571 del 23
aprile 1993, disegno di legge n. 246 del 10
maggio 1996, progetti di legge unificati nn.
960 e 4040 del 15 aprile 1998).
Tale iter legislativo é giunto alla conclusione il 22 dicembre 2003 quando la Com-
21
Le finalità e il carattere innovativo
della legge vanno individuati nella centralità della persona, che sembra essere
stata il filo conduttore, “la stella polare”
che ha guidato il legislatore, dal momento che la filosofia della legge stessa
e la terminologia usata fanno continuo
riferimento alla persona destinataria del
provvedimento di amministrazione di
sostegno ed ai suoi bisogni, tanto che si
parla di ‘beneficiario’.
Si pone dunque in primo piano non la
tutela della collettività o la sicurezza dei
traffici giuridici, ma la persona che ha delle difficoltà a gestire la propria vita, i propri
interessi, i rapporti con gli altri, la propria
persona e anche il proprio patrimonio.
22
23
24
Parte Seconda
Una breve storia per capire
alcune premesse fondamentali
25
Esattamente 10 anni fa un progetto,
promosso dal Centro di Servizio DarVoce e
da alcune associazioni di volontariato, chiamato “Dopo di Noi”, permise di far emergere e sviluppare l’interesse dei volontari e
delle associazioni sui temi della tutela dei
soggetti deboli. Attraverso alcune iniziative di comunicazione e informazione si è
entrati in contatto con il Tribunale reggiano, creando i presupposti per una futura
collaborazione. In effetti, sebbene i temi
affrontati dal progetto fossero altri, l’esame
delle forme giuridiche di tutela dei soggetti deboli contenuti nelle iniziative, hanno
stimolato le organizzazioni di volontariato
partner del progetto ad approfondire maggiormente il tema oggetto del presente
quaderno: l’amministrazione di sostegno.
giunti e su come identificare una persona
che li seguisse “in alternativa” alla famiglia.
Le forme giuridiche di tutela esistenti
in quel periodo nell’ordinamento nazionale erano troppo limitative, anche se stava emergendo una nuova forma giuridica
- l’amministratore di sostegno, appunto
- che riscuoteva grandissimo interesse. Le
risorse umane del Centro di Servizio DarVoce, all’epoca impegnate sul progetto (Anna
Ganapini e gli avvocati Vitulo e Masi quali
consulenti) proposero di analizzare nel dettaglio tutti gli strumenti giuridici di tutela
messi a disposizione dalla Legge, per verificare quale potesse essere il più idoneo per
garantire le persone fragili nel momento in
cui fosse venuta meno la cura e la presa in
carico da parte del nucleo famigliare di appartenenza.
Lo stimolo per procedere con questo
approfondimento venne durante un incontro pubblico, promosso all’interno del progetto “Dopo di Noi”, finalizzato alla presentazione degli strumenti di tutela dedicati
ai soggetti fragili (anziani, disabili, persone
affette da dipendenze croniche).
DarVoce prese parte ad un gruppo
di lavoro misto, composto da consulenti
giuridici, organizzazioni di volontariato e
il Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL, dal quale scaturì un piano progettuale
che proponeva l’approfondimento sull’ iter
normativo nazionale sull’amministratore di
sostegno, all’interno di alcuni percorsi formativi rivolti alle organizzazioni di volontariato e ai famigliari di persone disabili e/o
affette da patologie neurodegenerative, al
fine di sondare l’interesse nei confronti di
uno strumento di tutela giuridica a cui il
legislatore, proprio in quel periodo, stava
dando forma.
Nel corso dei successivi incontri previsti
a progetto, emerse chiaramente non solo
la necessità di una formalizzazione, di uno
spazio, di una struttura che potesse supportare e seguire in futuro le persone fragili
nel momento in cui fosse venuto meno il
supporto della rete famigliare, ma emerse
anche la necessità di focalizzare l’attenzione su come garantire i diritti dei propri con-
26
Il seguente grafico vuole sintetizzare
quanto è avvenuto nel corso degli anni,
2005
2006
2008
2009
mettendo in evidenza i protagonisti e le
azioni più rilevanti della progettazione.
ATTORI: Ganapini (coordinatrice progetto DarVoce), Avv. Vitulo (consulente), OdV:
Fa.Ce, Sostegno&Zucchero, ABC, APDA, CSV Emilia Romagna: Modena, Rimini, Piacenza,
Bologna, Reggio Emilia.
AZIONI: Promozione delle figure giuridiche di tutela dei soggetti deboli, Analisi di
possibili forme giuridiche per le problematiche del “Dopo di noi”, Informazione sul tema
“Allargamento della rete”, Attività seminariali.
ATTORI: Ganapini (coordinatrice progetto), Pisano (consulente formazione DarVoce), Dott.
ssa Ruta (Dipartimento Salute Mentale-AUSL RE), Avv. Vitulo (docente).
AZIONI: Promozione dell’istituto, Allargamento rete, Organizzazione formazione,
Implementazione rapporti con Tribunale RE, Raccolta volontari e definizione di un elenco
di persone disponibili.
ATTORI: Ganapini (coordinatrice progetto DarVoce), Pisano (consulente formazione
DarVoce), Dott.ssa Ruta (Dipartimento Salute Mentale-AUSL RE), Avv. Vitulo (docente
Farmacie Comunali Riunite RE).
AZIONI: Convegno AdS, Formazione per OdV, famigliari, operatori e avvocati.
2010
ATTORI: Ganapini (coordinatrice progetto DarVoce), OdV: Fa.Ce, Sostegno&Zucchero, ABC,
Anffas Correggio, Avv. Vitulo (docente), Cipelli (consulente formazione DarVoce), Volontari
AdS, Presidente Tribunale RE, Ganassi, Dott.ssa Ruta, Franzini e Bonacini (Dipartimento
Salute Mentale-AUSL RE), Provincia RE.
AZIONI: Apertura verso il Tribunale, Allargamento rete, Promozione istituto, Formazione AdS.
2011
2012
2013
ATTORI: Stessi protagonisti del 2010 e inoltre: Giudici tutelari e cancelleria di RE, Giudici
tutelari di Pordenone, Comune di RE, Avv. Brindisi (consulente).
AZIONI: Riconoscimento formazione dei CSV nella legge applicativa regionale,
Condivisione delle buone prassi a livello regionale, Reclutamento volontari per AdS,
Reclutamento volontari per sportello, CSV Emilia Romagna, Regione Emilia Romagna.
ATTORI: Stessi protagonisti e rete attori degli anni precedenti e inoltre: Unione comuni
dei 6 distretti sanitari della Provincia RE, Volontari AdS, Volontari sportello Tribunale
RE, Sviluppo con i CSV Emilia Romagna, Regione Emilia Romagna, Finanziamento del
Ministero lavoro e politiche sociali, Finanziamento della Fondazione Nando Peretti.
AZIONI: Piano comunicativo, Reclutamento e formazione volontari di sportello e volontari
AdS, Riconoscimento edella formazione, Apertura sportelli nei distretti Provincia RE,
Elenco Provinciale, Volontari AdS, Sviluppo rete, Modelizzazione.
27
Nel 2005/2006 il Comitato di Gestione
dell’Emilia Romagna finanziò un progetto
sovra provinciale, che, cioè, coinvolgeva i
Centri di Servizi e le organizzazioni di volontariato di più province della regione,
dedicato all’Amministratore di sostegno e
intitolato: “Il tutore del cuore”.
Il progetto prevedeva alcune azioni di
sensibilizzazione sul tema, il reclutamento
di volontari per ricoprire il ruolo di amministratore di sostegno, la formazione su questo nuovo ordinamento giuridico e l’attivazione di sportelli di consulenza destinati ad
identificare la forma di tutela adatta all’esigenza della singola famiglia e della singola
persona fragile.
Vennero attivati anche percorsi formativi sull’istituto dell’amministrazione
di sostegno, rivolti a cittadini e volontari
di associazioni di volontariato. Si era reso
necessario non solo formare sulla figura
dell’amministratore di sostegno, ma collocarla anche nel sistema in cui avrebbe operato, per fornirle tutti gli strumenti per agire al meglio. Si decise quindi che sarebbe
stato opportuno che la docenza di alcune
lezioni fosse affidata ad operatori dell’ASL
(Dipartimento di Salute Mentale e Servizio
Handicap Adulto) e dei Servizi Sociali dei
Comuni.
Altro elemento fondamentale del percorso formativo era conoscere l’ente e la figura
giudiziaria con il potere decisionale in materia di amministrazione di sostegno. Da qui il
coinvolgimento diretto del Tribunale e del
Giudice Tutelare nella formazione.
In provincia di Reggio Emilia furono
aperti due sportelli, presso le sedi di due
associazioni (Fa.Ce. e Sostegno&Zucchero)
e presso il Centro di Servizio DarVoce; la
gestione degli sportelli venne affidata alla
coordinatrice del progetto e ai consulenti
legali del Centro di Servizio specializzati sul
tema della tutela.
Da questa prima esperienza progettuale derivò la consapevolezza che solo la
stretta collaborazione tra soggetti diversi
poteva determinare il successo dell’iniziativa, intendendo con “successo” la promozione e il consolidamento di forme di tutela dei soggetti fragili più rispettose della
dignità di queste persone e del loro, pur
residuo, diritto all’autonomia e all’autodeterminazione.
Sempre nell’ambito del progetto “Il tutore del cuore” venne organizzato un convegno pubblico che coinvolse gli attori del
territorio (organizzazioni di volontariato,
il Tribunale, enti locali gestori dei servizi
socio assistenziali e sanitari, enti professionali del settore, cittadini) interessati ad
approfondire le forme di tutela dei soggetti
deboli, con particolare attenzione per il nascente amministratore di sostegno.
L’eredità più significativa lasciata dal
progetto “Il tutore del cuore” fu quella rappresentata dal patrimonio di relazioni che
28
si creò durante l’iter progettuale, oltre alla
non secondaria conoscenza specifica di un
istituto legale di tutela pionieristico come
quello dell’amministrazione di sostegno.
Pertanto, al termine del progetto nel 2008,
le associazioni di volontariato coinvolte
continuarono il loro percorso di approfondimento, di conoscenza, di progettazione e costruzione di strumenti efficaci per
garantire la tutela dei propri congiunti.
Proprio un’associazione di volontariato,
Sostegno&Zucchero, fece presente al Centro di Servizi DarVoce il fatto che gli unici
soggetti che potevano assumere il ruolo
di amministratori di sostegno, in assenza o
nell’impossibilità di farlo di un famigliare,
erano gli avvocati, con il conseguente carico economico che gravava sulle famiglie.
Inoltre, il rapporto strettamente professionale che necessariamente si instaurava tra
un amministrato e il suo amministratore
non era per le famiglie una garanzia sufficiente di attenzione anche agli aspetti
inerenti la qualità della vita. Nacque allora
l’idea di lavorare con il Tribunale sulla possibilità di prevedere una figura diversa da
un famigliare o da un avvocato, offrendo
così la possibilità a famigliari e cittadini di
formarsi per poter ricoprire il ruolo di amministratore di sostegno volontario.
e progettazione, a cui presero parte associazioni di volontariato ed enti pubblici.
Vennero utilizzati i fondi a disposizione del
Centro per finanziare attività di promozione, reclutamento e formazione di volontari,
famigliari e cittadini a ricoprire il ruolo di
amministratori di sostegno a titolo volontario.
Negli anni oggetto di questa ricostruzione, sul territorio reggiano si verificò un
costante avvicendamento dei Giudici Tutelari nel Tribunale, con conseguente cambio
di approccio al tema dell’amministrazione
di sostegno e cambio di orientamenti rispetto alle attività promosse dal Centro di
Servizio; inizialmente, il Tribunale di Reggio
Emilia non accettava pratiche per la nomina
di un amministratore di sostegno presentate da privati, ma solo da avvocati, a differenza di altri Tribunali emiliano romagnoli,
determinando una grande frustrazione nei
cittadini reggiani, che si sentivano discriminati rispetto alle opportunità di cui potevano godere i cittadini di altre province.
Il 2012 rappresentò l’anno della svolta nei rapporti con il Tribunale, grazie alla
presidenza del Dr. Caruso e alla nomina dei
giudici tutelari, dr. Ramponi e dr.ssa Zompì.
Il Tribunale si trovava in quel periodo
in difficoltà, poiché la cancelleria della volontaria giurisdizione non riusciva più ad
evadere in tempi congrui le richieste di nomina di amministratori di sostegno, visto il
continuo aumento delle richieste.
Dopo un periodo di stop progettuale
il Centro di Servizio, sollecitato dalle associazioni di volontariato e dal Dipartimento
di Salute Mentale, si fece carico della costituzione di un nuovo tavolo di discussione
29
Proprio dal Tribunale venne avanzata
l’ipotesi di applicare anche a Reggio Emilia un modello di intervento già sperimentato con successo dal Tribunale di Pordenone, che aveva attivato uno sportello
gestito da volontari all’interno dei suoi
uffici, per supportare la cancelleria nella
gestione delle pratiche di nomina degli
amministratori di sostegno. Il Tribunale
si rivolse al Centro di Servizi DarVoce, al
quale venne attribuito il ruolo di “ponte”,
per mettere in collegamento il mondo del
volontariato con quello del Tribunale. Da
questo momento in avanti i rapporti e le
collaborazioni tra Tribunale, associazioni
di volontariato ed enti pubblici coinvolti
nella tutela delle persone fragili si sono
consolidati sempre più, fino a giungere,
nella primavera del 2012, all’apertura di
uno sportello, completamente gestito da
volontari, che presso il Tribunale affianca
la cancelleria della volontaria giurisdizione nella preparazione delle pratiche per la
nomina degli amministratori di sostegno
e affianca gli amministratori di sostegno
volontari nella gestione del loro ruolo e
alla progettazione di apertura di sportelli
decentrati sui distretti della provincia.
tro di Servizio DarVoce e gli enti pubblici:
Tribunale, Azienda Sanitaria Locale (in particolare il Dipartimento di Salute Mentale),
Comune capoluogo, Provincia. Le collaborazioni, iniziate già all’epoca della realizzazione del progetto sovra provinciale, si
sono confermate e consolidate nel tempo,
fino a giungere al progetto “L’Amministratore di Sostegno trova casa”, i cui attuatori
erano tutti questi soggetti;
•
il ruolo dei volontari, sia nella gestione dello sportello aperto presso il Tribunale, sia come amministratori di sostegno,
anche di persone non legate a loro da rapporti di parentela. La promozione effettuata dai partner di progetto per favorire la conoscenza dell’istituto dell’amministratore
di sostegno ha generato un interesse nei
cittadini al di sopra di ogni più ottimistica
aspettativa; tale interesse è testimoniato
dall’elevato numero di partecipanti a tutte
le edizioni dei corsi realizzati per trasferire le competenze necessarie a ricoprire il
ruolo di amministratore (solo nell’ambito
del progetto “L’Amministratore di Sostegno trova casa” i partecipanti complessivi
ai tre corsi di formazione e ai due seminari
informativi sono stati 140). I nove volontari
che prestano servizio allo sportello aperto
presso il Tribunale di Reggio hanno donato,
in poco più di 11 mesi di effettiva apertura, 2.369 ore. Nel periodo di attuazione del
progetto sono stati inoltre reclutati ulteriori 19 volontari, disponibili a svolgere questo specifico ruolo.
Gli elementi di grande innovazione che
caratterizzano a Reggio Emilia l’applicazione della legge sull’amministrazione di sostegno sono sostanzialmente due:
•
la stretta e fattiva collaborazione
tra le associazione di volontariato, il Cen-
30
In particolare, l’attività di sportello
presso il Tribunale reggiano, ha permesso di censire i bisogni dei cittadini che vi
accedono.
11
44
Rendiconti
41
Notifiche
Stato avanzamento
22
11
Prenotaz. app.ti
13
Visione atti
153
Varie
40
Telefonate per informazioni
Il grafico successivo evidenzia la tipologia di richieste sinora pervenute e i
temi trattati dai volontari (a fine maggio
2013, 833 richieste totali).
153
Richieste copie
110
Prenotazione istanze
235
Prenotazione ricorsi
Informazioni
31
“Lasciare lo Sportello del Tribunale alla fine del turno e avere consapevolezza di avere contribuito a
produrre qualche cosa di estremamente utile per il cittadino costituisce la più efficace motivazione a
proseguire... disinteressatamente e con la più onesta dedizione”
Bruno - volontario dello sportello informativo
32
Il ruolo delle organizzazioni
di volontariato
Le associazioni del volontariato sono da
sempre interessate ai temi della difesa dei
diritti e delle tutele, ancora di più quando
queste associazioni si occupano per mission di disabilità/disagio mentale, oppure
sono espressione di genitorialità nella disabilità.
nell’espletamento delle proprie funzioni di
tutela patrimoniale e amministrativa, ma
anche come garante di quel livello di qualità della vita che la famiglia, con impegno
e fatica, ha costruito intorno al proprio congiunto.
La profonda differenza tra amministratori di sostegno volontari e professionisti si gioca proprio sul diverso livello di
attenzione prestato alle “cose della vita”
della persona fragile, intese in senso ampio: relazioni, interessi, passatempi. Il rapporto che s’instaura tra amministratore di
sostegno volontario e amministrato è un
rapporto tra persone, e non più, non solo,
un rapporto di carattere strettamente professionale.
Il loro interesse alle forme giuridiche
di tutela dei soggetti deboli in generale e
all’Amministratore di Sostegno in particolare, nasceva fin dal 2003 dalla necessità
di trovare una figura che potesse sostituirli nel futuro, allorquando fisicamente essi
non sarebbero più stati in grado di prendersi cura del loro congiunto in condizione
di disabilità e/o fragilità.
L’introduzione dell’istituto dell’amministratore di sostegno nel nostro ordinamento e la comprensione del suo ruolo hanno
perciò sviluppato nelle organizzazioni di
volontariato un sempre crescente interesse
che va ben oltre il “semplice” progetto connesso al tema del “dopo di noi”.
Proprio attorno a questo spostamento
della prospettiva del ruolo si può realizzare
nel modo più pieno il profondo cambiamento culturale introdotto dalle modifiche
della normativa, che attribuisce all’amministratore di sostegno non solo il ruolo di garante dei diritti, ma anche lo strumento attraverso il quale i soggetti deboli possono
dare piena attuazione alla propria identità
e poter così tendere alla piena realizzazione di sé.
L’interesse cioè si è focalizzato fin da subito sullo sforzo di definire progetti di vita
personalizzati nel “durante noi”, cioè nel periodo di vita della persona fragile, durante
il quale la famiglia è ancora presente e in
grado di offrire le opportune cure e tutele.
Dalla comprensione del valore aggiunto rappresentato dal volontariato è derivato l’impegno per agevolare la conoscenza
di questa figura e promuovere l’opportunità di cittadinanza attiva da essa offerta.
È emersa con forza la necessità di promuovere il ruolo che l’amministratore di
sostegno volontario può svolgere, non solo
33
menti d’ incontro tra associazioni, cittadini,
istituzioni.
Formazione, assistenza, aggiornamento
sono divenuti strumenti essenziali a sostenere un’attività di volontariato così particolare e “specialistica”.
La messa in relazione, all’interno di un
orizzonte comune, di soggetti così diversi
per struttura, mission, modalità operative,
ha fatto emergere l’importanza della tenuta del “sistema integrato” che ruota attorno
ai soggetti deboli: per garantire sostegno e
tutela efficaci alla persona fragile, o a una
famiglia in disagio, è assolutamente necessario lavorare attentamente al buon funzionamento dell’intero sistema nel quale
l’amministratore di sostegno opera.
Le associazioni, in collaborazione con il
Centro di Servizio, hanno informato i famigliari, i soci, gli aderenti, al fine di coinvolgerli attraverso l’utilizzo dei canali comunicativi interni (siti, newsletter, riunioni ecc.);
sono stati messi a punto strumenti comunicativi ad hoc (vademecum, guide, depliant
ecc..) diffusi all’interno delle associazioni,
nei territori di appartenenza, nei vari mo-
I RUOLI COINVOLTI
SPORTELLO
AdS
SERVIZI
34
qualità della vita costruito nel tempo dalla
famiglia;
Questo aspetto va tenuto presente per
generare un fecondo cambiamento del sistema: le associazioni hanno lavorato con
una prospettiva che poneva la propria mission istituzionale in stretta connessione
con un’articolata rete di coprotagonisti e
secondo dinamiche che mutavano nel corso del tempo.
•
efficacia del proprio ruolo di promotori e di veicoli di conoscenza dell’istituto dell’amministrazione di sostegno,
presso le famiglie di persone disabili o in
condizione di disagio, presso i cittadini
desiderosi di impegnarsi in una forma innovativa di volontariato, presso i soggetti,
pubblici e privati, che a vario titolo offrono servizi di cura alle persone fragili e alle
loro famiglie;
In sintesi, possiamo dire che il ruolo
delle organizzazione di volontariato nella
diffusione e radicamento di questo modello di difesa e tutela dei soggetti fragili si è
concretizzato nelle seguenti azioni:
•
comprensione dell’importanza di
costruire un sistema integrato di tutela, formato da soggetti che agiscono ruoli diversi,
tra cui anche l’amministratore di sostegno,
che devono trovare modalità efficaci di comunicazione, confronto e integrazione.
•
comprensione
dell’importanza
della figura dell’amministratore di sostegno volontario per garantire alla persona
fragile non solo la tutela dei propri diritti,
ma anche la salvaguardia del livello della
35
“La motivazione che mi ha spinto ad assumere questo ruolo è stata sicuramente di natura umana e
cioè “dar voce” ad una richiesta di aiuto e se la motivazione è forte il passo successivo è immediato,
oserei dire irresponsabile. È accaduto così per me! La coscienza piena, a distanza di alcuni anni, non ce
l’ho ancora perché mi è naturale farlo. Se infatti la sensibilità è forte, il dovere di aiutare chi è in difficoltà è altrettanto forte, soprattutto se il beneficiario è un parente, un amico o comunque un conoscente”
Carla - volontaria
36
Il ruolo del volontario individuale
Durante gli anni di sperimentazione, e
ancora adesso mentre il progetto prosegue
allargando la rete e radicandosi sui territori dei distretti provinciali, è stato possibile
constatare quanto sia determinante l’impegno di singoli cittadini e cittadine che
intendono impiegare parte del proprio
tempo gratuitamente per gli altri.
•
fornire risposte rapide e concrete
alle esigenze delle famiglie, sia quelle che
avevano già attivato l’amministrazione di
sostegno, sia quelle che avevano necessità
di farlo;
•
fornire un supporto tecnico e motivazionale ai volontari.
Si ritiene che uno degli elementi di successo del progetto nel suo complesso sia
stato l’incontro di queste diverse istanze,
di queste sentite esigenze, che mettono in
valore quell’aspetto, spesso in ombra, del
“lavoro” partecipato, sentito, eticamente
fondato, della cittadinanza attiva.
Tale impegno, sebbene non sia ascrivibile all’appartenenza a qualche organizzazione di volontario o all’associazionismo in
genere, deriva sicuramente dalla ricchezza
di un territorio, quello reggiano, che ha una
profonda cultura di valori e di pratiche solidaristiche.
Di seguito riportiamo alcune riflessioni
di questi volontari che, rompendo talvolta la barriera della timidezza o del riserbo,
forniscono preziose indicazioni a chi intenderà iniziare e proseguire percorsi simili,
come anche stimoli importanti per gli enti
che sosterranno tali processi di cittadinanza attiva.
Nello stesso tempo però l’ingaggio del
volontariato individuale, pensando all’estensione del modello su scala nazionale,
diventa un’ottima chance per sollecitare,
andare incontro, rispondere a numerose
esigenze più o meno consapevoli che i singoli cittadini nutrono rispetto al “darsi da
fare per gli altri”.
“I cittadini che intendono mettersi in gioco si sentono coinvolti se un famigliare avrà
bisogno di questo aiuto, poi sicuramente
se il volontario è ben disposto ad aiutare gli
altri, allora può scattare una nuova forma
di altruismo verso il prossimo…. Si può poi
proseguire perché dall’aiuto che si dà si riceve
qualcosa che non si riesce a definire ma che
ti sprona ad andare avanti anche nelle difficoltà che incontri….Io che sono amministratore di sostegno di una persona seguita dal
Sia nelle fasi di comunicazione, sia nei
momenti formativi e successivamente di
selezione, le energie e le disponibilità delle
persone che il progetto ha incontrato, hanno consentito di rispondere ad una triplice
necessità:
•
formare e rendere operative figure
volontarie di amministratori di sostegno e
di volontari di sportello presso il Tribunale;
37
Centro di Salute Mentale gradirei solo che le
strutture dell’ASL fossero un pò più presenti e
meno farraginose in modo da seguire meglio
la persona che amministro….” Demos
infatti la sensibilità è forte, il dovere di aiutare
chi è in difficoltà è altrettanto forte, soprattutto se il beneficiario è un parente, un amico
o comunque un conoscente…” Carla
“La motivazione che mi ha spinto ad assumere questo ruolo è stata sicuramente
di natura umana e cioè “dar voce” ad una
richiesta di aiuto e se la motivazione è forte
il passo successivo è immediato, oserei dire
irresponsabile. È accaduto così per me! La coscienza piena, a distanza di alcuni anni, non
ce l’ho ancora perché mi è naturale farlo. Se
“Penso che le motivazioni possano essere
le più varie, certo la principale è sentirsi bene
quando ci si sente utile a chi ne ha bisogno. Il
sentire da parte del malato la gratitudine per
quello che si è fatto, avere questo rapporto
diretto significa anche vincere il timore, ad
esempio, di affrontare l’ambiente del Tribunale…” Ivan
38
Il ruolo del Tribunale
e del Giudice Tutelare
Come abbiamo osservato, nell’attivazione dell’istituto dell’amministratore di
sostegno ha un ruolo determinante il Tribunale con la figura del Giudice Tutelare, in
quanto soggetto incaricato dalla normativa di applicare le forme giuridiche di tutela
(si veda “L’ABC dell’Amministratore di Sostegno - pag. 28, scaricabile dal sito www.
nonpiusoli.org). Il Giudice Tutelare riceve la
richiesta di apertura di una pratica di tutela,
la esamina e definisce le competenze ed i
precisi compiti del soggetto che avrà il ruolo di amministratore, previa informazione
della famiglia dell’amministrato.
Il cambiamento di prospettiva che, nell’esperienza reggiana, ha portato all’attuale
modalità di gestione, ha preso l’avvio già
durante la realizzazione del progetto “Dopo
di Noi”; nell’ambito di questo progetto, il
Giudice Tutelare allora in carica partecipò
come relatore ad alcuni momenti informativi sulla nuova legge e, successivamente,
come docente nei percorsi formativi rivolti
ai cittadini. Nonostante questa disponibilità,
non riconosceva la figura di amministratore di sostegno volontario e, quando aveva
bisogno di incaricare un amministratore, la
sua scelta ricadeva sempre su avvocati professionisti o avvocati volontari.
Sin dall’inizio (2001), quando si affrontarono le tematiche del “dopo di noi” e delle
figure di tutela giuridica di soggetti deboli,
il Giudice Tutelare è stato coinvolto in virtù
del suo ruolo, con tempistiche e modalità
diverse nel tempo.
Questo stato di fatto causava da un lato
frustrazione nelle associazioni di volontariato che si occupavano di disabilità e nei
famigliari, che si sentivano vittime di un
atteggiamento discriminatorio; dall’altro
generava disagio e malcontento sia tra
gli avvocati, che tra i cittadini, a causa dei
lunghissimi tempi di attesa imposti dalla
cancelleria della volontaria giurisdizione,
oberata sia dalle pratiche di nomina, che da
quelle generate dall’espletamento dall’amministrazione di sostegno.
In premessa di tutto quanto stiamo descrivendo va detto che il Giudice Tutelare,
nell’ambito dell’autonomia riconosciuta al
suo ruolo, può esprimere di fatto modalità
diverse di azione del Tribunale; ad esempio, il Tribunale di Reggio Emilia, fino a pochi anni fa, non riconosceva la possibilità
di accedere all’istituto senza l’assistenza/
patrocinio di un legale, cosa che invece
avveniva nei Tribunali di altre provincie. In
più poteva anche non riconoscere come
sua prerogativa la possibilità di reclutare la
figura dell’amministratore di sostegno tra
volontari non professionisti.
Preso atto di questo stato di cose, che
generava un diffuso malcontento, il Tribunale, nella persona del Presidente Caruso,
decise di agire chiedendo la collaborazione
del Centro di Servizio e delle organizzazioni
di volontariato, ispirandosi ad un modello
già consolidato presso il Tribunale di Porde-
39
stegno volontario, che per il volontario di
sportello;
•
implementare presso la Provincia
una lista di amministratori di sostegno volontari a cui i Giudici Tutelari possono attingere per affidare gli incarichi.
none, che aveva aperto presso la Cancelleria uno sportello gestito da volontari.
La collaborazione che ne seguì era finalizzata a:
•
facilitare l’accesso alla Cancelleria
della volontaria giurisdizione, grazie all’apertura di uno sportello informativo gestito da volontari che offre informazioni e
assistenza;
•
continuare la collaborazione sui
percorsi formavi;
•
riconoscere il ruolo dell’amministratore di sostegno volontario;
•
garantire l’accesso all’istituto anche senza il supporto di un legale;
•
definire un profilo di attitudini e
competenze sia per l’amministratore di so-
Tra il 2012 e il 2013, grazie al finanziamento erogato dal Ministero del Lavoro e
delle Politiche Sociali a Sostegno&Zucchero e a quello ottenuto da DarVoce da parte della Fondazione Nando Peretti, è stato
possibile dare continuità e consolidare
queste azioni, con particolare attenzione
ai distretti della Provincia (Scandiano, Correggio, Castelnovo ne’ Monti, Guastalla e
Montecchio Emilia) realizzando su questi
territori azioni di promozione, reclutamento volontari e attività formative.
40
Il ruolo degli Enti locali
Demos, proposto nel ruolo di amministratore di sostegno volontario dal Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL, evidenzia un aspetto non trascurabile: “…Io
che sono amministratore di sostegno di una
persona seguita dal Centro di Salute Mentale gradirei solo che le strutture dell’ASL fossero un po’ più presenti e meno farraginose
in modo da seguire meglio la persona da me
amministrata….”
Pertanto, anche l’amministratore di sostegno ha il preciso dovere di rispettare le
aspirazioni, i bisogni e la cura della persona
di cui si sta occupando.
Per contro, i servizi devono collaborare
e dialogare per un approccio strutturato
e organico, che lavora ad un progetto che
parte dalle esigenze della persona fragile,
considerando anche l’amministratore di
sostegno parte integrante di esso.
Si ritiene fondamentale inquadrare
e comprendere come funziona il sistema dei servizi sociali e sanitari, perché
è questo il contesto in cui il progetto si
è inserito e in cui è stato possibile realizzarlo.
L’amministratore di sostegno, nelle sue
funzioni di tutela, deve potersi rapportare
ad un sistema di servizi che lo riconoscono
e che lo integrano, attraverso una effettiva
collaborazione e un continuo scambio, che
tende alla valorizzazione delle capacità e
delle possibilità della persona fragile, così
da permetterne la piena realizzazione.
Partendo dal presupposto che la normativa regionale (LR 2/2003) prevede la
promozione della cittadinanza sociale,
ben si comprende come la figura dell’amministratore di sostegno debba essere collocata e integrata in quella che si delinea
come una politica che riconosce a ogni
persona il diritto ad un progetto personale di vita.
Piano
Regionale
Sociale
Sanitario
Conferenza
Territoriale
Sociale
Sanitaria
Senza addentrarci nelle azioni specifiche previste, il seguente schema sintetizza
come dal Piano Regionale Sociale e Sanitario, che viene definito dalla L. 328/2000
e dalla LR 2/2003, discenda un articolato
sistema locale, che prevede un coinvolgi-
Comuni
41
PIANO DI
ZONA
Rete Servizi
Sociali
mento dei diversi attori sociali e dei soggetti istituzionali.
Direttori Generali delle Aziende Sanitarie
(ASL e Arcispedale S. Maria Nuova) sono
invitati permanenti. La C.T.S.S. ha funzioni
di programmazione/indirizzo, consultive,
propulsive, di verifica e controllo.
•
I Comuni, attraverso il Piano di
zona, esercitano le funzioni di programmazione del sistema locale dei servizi sociali a
rete, in coerenza con il Piano regionale degli interventi e dei servizi sociali ed in raccordo con la programmazione sanitaria.
•
Il Piano di Zona, di ambito distrettuale, definisce il sistema locale dei servizi
sociali a rete che garantisce i livelli essenziali delle prestazioni sociali.
•
Il Piano di Zona è approvato tra i
sindaci dei Comuni o tra gli organi competenti delle forme associative scelte dai Comuni
•
La rete dei servizi sociali è di competenza comunale. Sono tutto l’insieme dei
servizi diretti erogati ad anziani, disabili,
ecc. cioè tutti quelli che sono di competenza sociale.
Le attività progettuali sono state prima
presentate e poi considerate all’interno del sistema socio sanitario, in particolare nei Piani
di Zona e nella rete dei servizi sociali.
Al loro interno le attività progettuali
sono state riconosciute come utili per la fascia dei soggetti deboli a cui si rivolgevano.
Sommariamente riportiamo un dettaglio di questa composizione sistemica, al
fine di cogliere meglio in che modo la progettazione sociale a supporto del modello
proposto si innesti.
•
Piano regionale sanitario: viene
definito dalla Regione (“Piano regionale
degli interventi e dei servizi sociali, integrato con il Piano sanitario regionale di durata
triennale”), con la funzione di stabilire gli
indirizzi per la realizzazione e lo sviluppo
del sistema integrato
•
La Conferenza Territoriale Sociale
e Sanitaria promuove e coordina la stipula degli accordi in materia di integrazione
socio- sanitaria previsti dai Piani di zona,
tenuto conto delle indicazioni del Piano
regionale degli interventi e dei servizi sociali ed assicurando l’integrazione e la coerenza con i Piani per la salute previsti dal
Piano sanitario regionale. Riunisce tutti i
45 Sindaci del territorio e la Presidente della Provincia, che presiede la Conferenza; i
Per la gestione di alcuni servizi, compresi quelli di assistenza sociale, quasi tutti
i comuni della provincia di Reggio Emilia si
sono aggregati in Unioni di Comuni, come
previsto dal Decreto Legislativo n. 267 del
18/08/2000.
Questa organizzazione politico sociale
ha permesso che la proposta di collaborazione al progetto “L’Amministratore di sostegno trova casa” venisse considerata già
42
in un ampio raggio d’azione territoriale ed
agito in maniera uniforme per il cittadino.
Nell’ambito del progetto “L’Amministratore di Sostegno trova casa” sono entrati tra
i promotori del progetto anche altri enti locali, attraverso gli organi che li rappresentano in forma associata: oltre alla già citata
Unione Tresinaro Secchia, l’Unione Bassa
Reggiana, l’Unione Pianura Reggiana, l’Unione Val d’Enza e, per il distretto della
montagna, il Servizio Sociale Unificato.
Il primo ente locale a partecipare attivamente al progetto è stato il Comune di Reggio Emilia: nel distretto capoluogo si sono
infatti realizzate le prima azioni di sensibilizzazione, informazione e formazione della
cittadinanza sull’amministrazione di sostegno. Da considerare che l’organizzazione
dei servizi del Comune di Reggio Emilia
non è riconducibile al sistema sopracitato
delle Unioni dei Comuni. La collaborazione
del Comune di Reggio si è concretizzata
attraverso la sua partecipazione ai partenariati che si sono susseguiti nel tempo e
mettendo a disposizione i docenti ai corsi
di formazione, per spiegare come funzionano i servizi sociali di propria pertinenza
e sostenendo la promozione dell’istituto
quale opportunità di esprimere la cittadinanza sociale, richiamata dalla legge.
Il modello che stiamo delineando non
può non tenere conto di queste modalità di
collaborazione e di interazione sistemiche.
Per meglio cogliere alcuni contenuti riguardanti l’importanza del ruolo dell’ente
locale, riportiamo di seguito alcune riflessioni di Rosaria Ganassi, assistente sociale
presso i Servizi Sociali dell’Unione Tresinaro
Secchia:
“I benefici derivati dall’innovazione rappresentata dalla figura dell’amministratore
di sostegno quale volontario, ha significato, sul nostro territorio, la possibilità, come
servizio, di avere, per le persone in carico,
un interlocutore esterno, in particolare se
persona fuori dall’ambito famigliare, che
condivide e collabora su progetti volti a realizzare effetti positivi per la qualità di vita
dell’amministrato, quando spesso ci sono
però difficoltà da parte del beneficiario rispetto al mantenimento di continuità ed
aderenza al progetto stesso, fornisce l’occasione di rimuovere, prevenire, o superare
ostacoli, facendo fronte comune ed operando insieme al beneficiario. Inoltre, per le per-
L’impegno per coinvolgere altre istituzioni ed enti locali diede i primi frutti con
il coinvolgimento dell’Unione dei Comuni
Tresinaro Secchia, ente firmatario della convenzione fra Tribunale, Centro di Servizio,
Comune e Provincia di Reggio Emilia, ASL
distrettuale per l’ apertura dello sportello
dei volontari presso il Tribunale e territorio
pilota per la sperimentazione dell’apertura
del primo sportello per i cittadini e per la
formazione congiunta di amministratori di
sostegno volontari, volontari di sportello,
operatori dei servizi e del privato sociale.
43
sone fragili, il beneficio riscontrato è quello
di avere, da parte del sistema, la possibilità
di lavorare al conseguimento e al rafforzamento di potenzialità e la conquista di autonomie importanti, avendo però contestualmente uno strumento per evitare, impedire
o contrastare tutti i rischi che nella società
odierna esistono, con forme “legali”, di pregiudicare o circuire persone fragili o non
completamente responsive, la cui volontà
può essere facilmente plasmata.”
I distretti nei quali sono stati realizzati i
percorsi formativi o informativi, hanno tutti
manifestato interesse a supportare l’apertura di sportelli informativi decentrati rispetto al Tribunale, per agevolare i cittadini
che non risiedono nel comune capoluogo
e facilitare anche per loro l’accesso alle pratiche per la nomina di un amministratore di
sostegno. A settembre 2013 sono in fase di
apertura gli sportelli nei comuni di Scandiano, Correggio, Guastalla, Castelnovo ne’
Monti.
sostegno alle persone che possono essere
interessate, risulta molto più efficace se veicolata dai servizi che le famiglie riconoscono come deputati alla presa in carico delle
problematiche connesse alla patologia del
loro congiunto: lo stimolo ad informarsi su
questa opportunità viene maggiormente
preso in considerazione se proviene dall’assistente sociale che da anni ha in carico il
proprio caso;
•
in particolare l’apertura degli
sportelli non può prescindere da una collaborazione con gli enti locali, che devono
conferire credibilità a questo servizio attraverso il riconoscimento della sua utilità e la
promozione ai cittadini; inoltre, non secondario è l’aiuto che può derivare anche per
aspetti di ordine più pragmatico, come il reperimento della sede per lo sportello e, ancor prima, delle sedi per i corsi di formazione, il pagamento delle utenze, le forniture
di materiale, spese che non possono essere
sostenute unicamente dalle associazioni di
volontariato.
La collaborazione con gli Enti pubblici,
soprattutto in questo ultimo anno di progetto, è stata di fondamentale importanza
principalmente per due ragioni:
•
la trasmissione delle informazioni
rispetto all’istituto dell’amministratore di
Per contro, è stato possibile constatare
che laddove l’ente pubblico non ha pienamente e attivamente collaborato alla
promozione del progetto, anche la popolazione non ha manifestato interesse alle
iniziative informative promosse.
44
Il ruolo della formazione
L’attività formativa ha rappresentato, in
ogni progetto realizzato su questo tema,
un elemento fondamentale, principalmente per tre ragioni:
gno, nel periodo in cui si stava lavorando alla
modifica della legge che avrebbe introdotto
questa figura.
•
Tra il 2005/2011, il gruppo di associazioni e i Centri di Servizio per il Volontariato coinvolti nel progetto sovraprovinciale rilevano la necessità di strutturare veri e
propri percorsi formativi, per trasferire le
competenze necessarie per esercitare correttamente il ruolo di amministratore di
sostegno. Tali corsi erano riservati agli associati delle organizzazioni di volontariato
che si occupavano di disabilità e di soggetti
fragili e ai loro famigliari.
•
Negli ultimi anni (2011/2013), per
rispondere all’esigenza sollevata da Sostegno&Zucchero e dal Dipartimento Salute
Mentale di avere a disposizione non solo
professionisti per ricoprire il ruolo di amministratori, ma anche volontari, la proposta formativa ha assunto una struttura più
complessa e articolata, finalizzata a rispondere all’esigenza di trasferire competenze
specifiche a cittadini e famigliari, disponibili ad impegnarsi in questa forma di volontariato. Il tavolo di progetto ha di fatto aperto
un’inedita stagione, rivelatasi molto feconda per l’intera rete degli attuatori: ha permesso di formare al ruolo di amministratore
di sostegno anche cittadini che non erano
famigliari di persone bisognose di tutela,
dando loro gli strumenti per realizzare un
forma di solidarietà inedita; ha coinvolto
operatori dei servizi socio assistenziali dei
Comuni e delle ASL, rendendoli consapevoli di questa nuova possibilità di tutela e
•
la formazione è stata il canale privilegiato di diffusione delle informazioni
sull’istituto dell’amministrazione di sostegno, sia per i famigliari dei soggetti fragili,
sia per gli addetti dei servizi sociali, che non
sempre erano a conoscenza di questa innovativa forma di tutela;
•
grazie ai corsi di formazione è stato
possibile reperire le risorse umane volontarie che, grazie al loro impegno e dedizione,
rendono possibile la diffusione e l’accesso
a questa forma di tutela ai soggetti che ne
hanno bisogno e alle loro famiglie;
•
ha reso possibile il trasferimento
delle competenze necessarie sia per rivestire il ruolo di amministratore di sostegno, sia
quello di addetto allo sportello formativo,
competenze in possesso, prima di questi
interventi, unicamente ad avvocati professionisti.
Nell’ambito dei progetti realizzati sul
tema dell’amministratore di sostegno, la formazione ha subìto le seguenti evoluzioni:
•
Nel 2003/2004, nell’ambito del progetto che rifletteva sulle opportunità di tutela a disposizione nel “dopo di noi”, sono stati
realizzati seminari rivolti alle organizzazioni di
volontariato, per sensibilizzarle e informarle in
merito all’istituto dell’amministratore di soste-
45
nel sistema di rete, che anche grazie alla
spinta data dal progetto, ha potuto cominciare a svilupparsi anche nei distretti al di
fuori del capoluogo, offrendo alla cittadinanza l’opportunità di impegnarsi in una
nuova forma di volontariato.
trasformandoli a loro volta in strumenti di
promozione dell’istituto; ha consolidato la
rete dei partner, coinvolgendo operatori
delle istituzioni (assistenti sociali, giudici
tutelari, responsabili dei servizi sociali, …)
nel ruolo di docenti, offrendo la possibilità,
durante i momenti in aula, di instaurare un
confronto tra tutti i soggetti che a vario titolo si prendono cura delle persone fragili.
La soddisfazione dei partecipanti è stata monitorata attraverso la somministrazione di questionari di gradimento al termine
dei corsi, da cui è emerso che il 77,5% dei
partecipanti si è dichiarato molto o moltissimo soddisfatto, sia per quanto riguarda
gli aspetti formativi, che organizzativi.
Le attività formative previste nell’ambito del progetto “L’Amministratore di sostegno trova casa” sono state realizzate
in tre diversi distretti sanitari (Scandiano,
Correggio e Castelnovo ne’ Monti) e hanno
coinvolto complessivamente 119 persone,
distribuiti nella varie categorie come rappresentato nel grafico successivo:
Inoltre, alla domanda se il corso risultasse utile per prendere una decisione circa l’intenzione di proseguire nel percorso
PARTECIPANTI ALLA FORMAZIONE
44% Cittadino
27% Socio di associazione
25% Operatore ente pubblico
4% Operatore privato
Come si può osservare, l’elevata partecipazione di operatori degli enti pubblici e di
semplici cittadini rappresenta certamente
un risultato importante in termini di coinvolgimento di attori sociali e istituzionali
impegnandosi come amministratore di
sostegno volontario e come addetto allo
sportello, circa il 52% dei partecipanti ha
manifestato senza incertezze l’intenzione
di procedere.
46
Il gruppo tutoring
alle 5 per fare la fila in Tribunale...e il più delle
volte non arrivare comunque in tempo...) e
psicologiche (chiedere giorni di ferie e permessi al lavoro per recarmi in Tribunale) che
dovevo fare prima dell’apertura dello Sportello solo per depositare o ritirare un’istanza
in Tribunale...Gli incontri di tutoring con gli
altri amministratori di sostegno sono stati
un momento importante di condivisione e
di crescita del cammino di amministratore
di sostegno...penso che non si nasca amministratori di sostegno ma lo si diventi piano
piano, insieme al beneficiario: è un cammino
di crescita per entrambi... Le attività avviate
sul territorio reggiano sono state veramente
di SOSTEGNO in tutti i sensi! Se non avessi
trovato questo sostegno penso che sarei stata molto più in crisi e forse avrei anche rinunciato all’incarico...quindi ripeto che l’amministratore di sostegno è fondamentale che non
si senta solo!!!!” Valeria
L’attività di tutoring è stata stimolata,
come azione progettuale, dalla continua
necessità espressa da chi ha partecipato ai
corsi di formazione per diventare amministratori di sostegno. I volontari e i famigliari
che avevano partecipato al percorso formativo, esprimevano con sempre maggiore insistenza la necessità di essere sostenuti
e supportati quando avrebbero avviato l’esperienza di affiancamento.
Questo ruolo, svolto singolarmente, e
con l’ufficialità che consegue alla nomina
del Giudice Tutelare, creava paure e timori,
come efficacemente descritto nella testimonianza di questa volontaria:
“…Strada facendo...è inevitabile che i
momenti di difficoltà che ciascuno di noi incontra nelle vite (sia dell’amministratore che
del beneficiario), le fatiche e gli obblighi “tecnico- burocratici” affatichino e indeboliscano
anche le migliori intenzioni....Ho sperimentato personalmente quanto, in questi momenti,
avere un gruppo di persone con le quali confrontarsi sia di fondamentale importanza!!
L’amministratore di sostegno ha bisogno
di non sentirsi solo! Spesso problemi che
sembrano “insormontabili” se condivisi con
altre persone che possano capire assumono
dimensioni diverse...e perchè no...diventano
di più facile soluzione! Ad esempio l’apertura
dello Sportello presso il Tribunale ha fornito
un pratico sostegno, concreto e di agevole accessibilità, che aiuta decisamente a “non avvilirsi”....se penso alle fatiche fisiche (svegliarsi
Il gruppo tutoring è composto da amministratori già incaricati o in attesa di nomina, che con cadenza mensile si incontrano
sotto la supervisione di figure professionali
diverse, che possono aiutarli a sciogliere
alcuni nodi problematici, incontrati nello
svolgimento della loro funzione.
I professionisti coinvolti possono essere: psicologici, avvocati, giudici, a volte si è
reso necessario anche il confronto con i volontari dello sportello, e da questo scambio
sono spesso scaturite proposte di cambiamenti e miglioramenti.
47
Il ruolo fondamentale giocato da
questo momento di “messa in comune”
è quello di consentire una crescita collettiva attraverso i problemi, i dubbi, le
difficoltà che ogni singolo amministrato-
re può incontrare nello svolgimento del
suo compito di tutela, garantendo quel
“sostegno in tutti i sensi” che per Valeria
ha rappresentato una spinta importante
a continuare.
48
La progettazione
del percorso formativo
Nella progettazione e realizzazione del
progetto è stata data particolare rilevanza
alla formazione dei volontari che avrebbero svolto attività nello stesso settore, ma
con mansioni e ruoli differenti. Si ritiene
che proprio qui si ritrovi l’elemento che ha
riconosciuto innovatività al percorso formativo.
Si riteneva necessario far comprendere ai partecipanti la valenza delle due
componenti e la loro interdipendenza;
in concreto i ruoli necessitano delle due
componenti e la carenza di una delle
due ha un impatto negativo sull’altra.
La differenza consiste nel fatto che
le competenze si possono acquisire ed
essere valutate obiettivamente, mentre le attitudini sono prevalentemente
oggetto di un processo di autovalutazione che non può che essere indotto
dalla consapevolezza della loro importanza per gli interlocutori e per coloro
che agiranno il ruolo.
L’obiettivo era quello di fornire a cittadini e famigliari con persone disabili tutti gli
strumenti necessari alla comprensione del
ruolo di amministratore di sostegno volontario e di addetto allo sportello informativo e sviluppare le capacità per gestirli con
successo.
In premessa occorre precisare che i due
ruoli hanno una serie di aspetti in comune
ed altri strettamente collegati alla peculiarità delle attività e delle relazioni.
Si è pertanto definito di progettare la
formazione identificando contenuti comuni e contenuti specifici di ciascun ruolo.
I profili di ruolo si sono rilevati utili, oltre che nel momento d’aula, anche
nella fase di orientamento dei cittadini
prima del loro inserimento attivo, dove
si è verificato, in alcuni casi, un cambiamento di destinazione di ruolo.
Nella costruzione dei profili relativamente alle attitudini richieste sono stati coinvolti alcuni attuali amministratori
di sostegno ed alcuni addetti allo sportello, per analizzare e raccogliere con
loro i comportamenti di successo nella
pratica reale.
Prioritariamente si sono costruiti i profili
di ruolo tenendo presente le due componenti essenziali:
•
competenze richieste
•
attitudini richieste
identificando in questo modo i requisiti.
49
I MODULI FORMATIVI
MODULO COMUNE
Addetti allo sportello AdS
Tutor
Competenze
Legale
Conoscenze
Esperti
MODULI PER RUOLO
Esperti
Attitudini
AdS
Comportamenti
Addetti allo sportello AdS
50
I colloqui di orientamento
A conclusione del percorso formativo
sono stati organizzati incontri individuali
con i cittadini frequentanti, al fine di ragionare insieme sulle decisioni da loro assunte
se, cioè, intraprendere l’esperienza di volontari di sportello o di volontari amministratori di sostegno.
vere i volontari nell’elenco provinciale. In
questo caso il colloquio per verificare disponibilità e attitudini al ruolo sarà svolto
dal Giudice Tutelare in fase di presentazione del caso.
Le due modalità descritte non sono
condotte con una scaletta rigida ma, fermo
restando gli obbiettivi da raggiungere, attraverso una metodica d’ascolto, cioè condizionata dalle risposte dei partecipanti e
connotata quindi da una certa dose di flessibilità e di attenzione all’interlocutore.
Nel primo caso sono stati fissati incontri
individuali, definiti “colloqui di orientamento” dove si è analizzato:
•
l’efficacia del corso nel fare emergere le proprie attitudini al ruolo richiesto
e a verificare se i temi trattati avevano sufficientemente fornito le competenze richieste;
•
valutare quanto il corso abbia influito sulla scelta di affrontare questo ruolo,
se quindi è stato uno stimolo;
•
offrire da parte del cittadino disponibilità certa in termini di tempo messo
a disposizione, capacità sull’uso di strumenti informativi, disponibilità a lavorare
in gruppo, capacità di mettersi in ascolto.
Da sottolineare che in questa fase i volontari di sportello già attivi, sono presenti
durante i colloqui con un ruolo di supporto all’operatore del Centro di Servizio, per
aiutarlo a strutturare le fasi di inserimento
del volontario negli sportelli, per rispondere a eventuali dubbi dei cittadini e per
migliorare la loro consapevolezza rispetto
alle caratteristiche del ruolo che andranno
a ricoprire.
Nel secondo caso, per chi ha espresso la
disponibilità a ricoprire il ruolo di volontario amministratore di sostegno, è stata fatta
compilare la scheda di profilo predisposta
dalla Provincia (concordata e condivisa con
il Giudice Tutelare) e provveduto ad iscri-
È anche previsto un monitoraggio nei
confronti di coloro che hanno deciso di non
impegnarsi come volontari, per esaminare
insieme le motivazioni di questa scelta e per
mantenerli informati su un tema per il quale
hanno manifestato interesse.
51
L’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO
Deve saper...
Gestire lo stress
Mediare
Gestire i conflitti
Nel rapporto con...
Amministrato
Famiglia
Per garantire l’interesse dell’amministrato
Per mantenere buoni rapporti
52
Servizi
Gli sportelli informativi
Il Tribunale di Reggio Emilia, DarVoce,
il Comune e la Provincia di Reggio Emilia,
l’Unione dei Comuni Tresinaro Secchia e
ASL di Reggio Emilia, dopo aver siglato
un protocollo d’intesa in favore del progetto per la promozione, la formazione e
l’accompagnamento dell’amministratore
di sostegno, hanno avviato una collaborazione finalizzata all’apertura di uno sportello informativo/operativo per gli amministratori di sostegno, prima esperienza di
questo genere in tutta la Regione Emilia
Romagna.
In piena collaborazione con la Cancelleria del Tribunale, per garantire la buona
riuscita del progetto, è stata definita la guide-line che ha coinvolto lo staff con l’obbiettivo di creare uno sportello in grado di
orientare i cittadini alla migliore forma di
tutela e sostegno nella compilazione dei
diversi atti e procedure.
Lo sportello lavora in forte sinergia con
gli enti locali, per trovare quelle risorse aggiuntive necessarie al suo funzionamento;
è aperto tutte le mattine e un pomeriggio
alla settimana.
Presso il Tribunale di Reggio Emilia i cittadini hanno a disposizione un luogo presso il quale possono ottenere informazioni
e assistenza in merito all’amministrazione
delle persone dichiarate non autonome,
anziane o disabili, pensato per agevolare i
cittadini e i famigliari di soggetti deboli nel
disbrigo delle pratiche di volontaria giurisdizione.
Il successo dell’esperienza dello sportello di Reggio, e le sollecitazioni dei cittadini
residenti al di fuori del comune capoluogo,
hanno stimolato la progettazione dell’apertura di sportelli informativi, sempre
gestiti da volontari, su ogni distretto della
provincia. In seguito a queste considerazioni, l’apertura di sportelli decentrati è divenuto uno degli obiettivi del progetto finanziato dal Ministero; attualmente (settembre
2013) è stata programmata l’apertura di 3
sportelli decentrati.
Riportiamo di seguito le testimonianze
di alcuni volontari presso lo sportello, che
sottolineano alcuni aspetti peculiari della
loro esperienza.
Lo sportello è gestito esclusivamente da volontari debitamente formati per
questo servizio. Considerando l’importanza del ruolo da loro ricoperto, si è ritenuto fondamentale costruire un percorso di
“buone prassi” nel quale, grazie a varie conferenze tenute da Giudici Tutelari, avvocati
e responsabili della Cancelleria, sono stati
evidenziati non solo i passaggi formali, ma
anche le informazioni di base di carattere
legale utili ai cittadini e agli amministratori
di sostegno.
“La nostra specifica azione volontaria
ci pone come volontari “anomali”: noi di
fatto sosteniamo altri volontari, quelli che
hanno scelto e sono stati selezionati quali
53
“…Lasciare lo Sportello del Tribunale alla
fine del turno e avere consapevolezza di
avere contribuito a produrre qualche cosa
di estremamente utile per il cittadino costituisce la più efficace motivazione a proseguire... disinteressatamente e con la più
onesta dedizione….” Bruno
amministratore di sostegno. E la nostra attività volontaria fa parte di quelle attività
di manutenzione che consentono all’organizzazione complessiva di sostenersi. Ad
esempio per me è fondamentale stabilire
un buon “clima”, un ambiente cioè di accoglienza, di ascolto e di collaborazione dentro una struttura che solitamente è vissuta
con distanza e difficoltà…” Rita
Marisa, responsabile di Fa.Ce, non
nasconde ulteriori positive ricadute: “..La
valutazione è ottima in quanto era obbligatorio essere seguiti da un avvocato quindi con un esborso economico notevole. La
possibilità di essere seguiti dai volontari ha
esteso la possibilità di ricorrere all’amministratore di sostegno a molte più famiglie
che prima non si erano neanche interessate
all’argomento. Trovare dei volontari competenti, accoglienti e che non ti conoscono ti consente di parlare di argomenti che
all’interno dell’associazione o con persone
che frequenti risulterebbero più imbarazzati…”
Quello dello sportello viene percepito
come “un ambiente in sintonia, empatico
nel vero senso della parola, con le proprie
motivazioni ma soprattutto coeso fortemente sugli obbiettivi condivisi che sono,
nel nostro caso, consapevolezza e serietà
nello svolgere mansioni dedicate a soggetti
fragili, deboli, in stato di bisogno…” Mario
Nel momento in cui il processo di avvicinamento tra cittadino e istituzione è
“facilitato” da altri cittadini, l’auspicio diventa quello che effettivamente gratifica.
54
55
56
Parte Terza
La valutazione
57
tabili e obiettive; contestualizzare i diversi
momenti di sviluppo del progetto e gli apporti dati dai singoli attori che prendono
parte al processo.
La realizzazione e la gestione del progetto porta con sé un elemento fondamentale per dare continuità a ciò che si è ottenuto, nonché creare quei presupposti per
dare ai portatori d’interesse gli strumenti
per comprendere a pieno il lavoro svolto.
Il lavoro di valutazione si è svolto in
itinere, prevedendo momenti specifici di
analisi e supervisione da parte dei soggetti attuatori, che ha permesso adattamenti,
riprogettazioni, innovazioni finalizzate a
garantire il raggiungimento degli obiettivi
prefissati. All’interno del processo di valutazione si è giunti ad esaminare gli elementi
di successo, le criticità, la possibile trasferibilità, la sostenibilità futura, che definiscono la struttura del modello, presentato in
questo quaderno.
Le considerazioni sulla ricaduta del progetto e sull’azione di chi l’ha agito, stimola
un ragionamento sui metodi e sugli strumenti utilizzati. Lo sviluppo della capacità
di fare rete, il consolidamento delle attività
sui territori e la qualificazione e promozione del volontariato, sono la cornice dentro
la quale si è sviluppato il processo di valutazione. Valutare, quindi, vuol dire costruire
letture condivise, il più possibile documen-
58
Elementi di successo
La lunga sperimentazione, il consolidamento, lo sviluppo di tale modello progettuale e operativo di sistema, in questa
sezione finale del quaderno, necessita di
alcune sintesi in termini di risultati e prospettive possibili.
tale tutela sia garantita anche al di fuori
della famiglia (tema del “dopo di noi”);
•
i cittadini desiderosi di mettersi al
servizio delle persone più fragili, attraverso
una forma innovativa di cittadinanza attiva;
•
gli operatori dei servizi socio assistenziali, sia del pubblico, che del privato
sociale, che avevano necessità di conoscere
in maniera più approfondita questa nuova
figura e le possibili, auspicabili interazioni
tra i soggetti che a vario titolo si prendono
cura della persona fragile.
Preso atto di tutte queste necessità, è
stata progettata una campagna comunicativa ad hoc, che, rivolgendosi a tutti gli
interlocutori sopra citati, ha fornito informazioni sia sulla figura dell’amministratore
di sostegno, sia sulle opportunità di volontariato che essa offriva.
2) mettere a disposizione dei soggetti
precedentemente elencati l’opportunità di
apprendere le nozioni richieste per ricoprire in modo adeguato e responsabilmente
il ruolo di amministratore di sostegno. In
questo progetto in particolare, è stata aperta la formazione anche a quei cittadini che
non avevano necessità o desiderio di impegnarsi come amministratori, ma preferivano mettersi a disposizione come volontari
per gli sportelli formativi. La formazione ha
accolto e dato risposta a tutti questi bisogni, diventando un ulteriore strumento di
promozione e di stimolo per i cittadini ad
impegnarsi in un’attività solidaristica.
3) definire un profilo per ognuno dei
due ruoli (amministratore di sostegno e vo-
In base all’esperienza fatta sul territorio
reggiano, si possono considerare elementi
di successo potenzialmente esportabili, le
condizioni elencate di seguito (non in ordine di importanza):
1) Il bisogno di tutela delle persone
fragili e delle loro famiglie, il senso di responsabilità della comunità di farsi carico
di queste persone in un modo che ne preservi, per quanto possibile, l’autonomia decisionale, la qualità della vita, la dignità, il
diritto di essere “cittadini”.
Tutto ciò ha trovato una risposta nella
legge sull’amministratore di sostegno, che
però necessita ancora di promozione e divulgazione; proprio per questo, la prima
azione del progetto ha voluto dare risposta
ad una esigenza conoscitiva e promozionale, rivolta a tutti i soggetti potenzialmente
interessati:
•
le persone in condizioni di fragilità: disabili, anziani, persone con disagio
psichico, o con malattie croniche degenerative, o con problemi di dipendenze;
•
le famiglie di queste persone, che
hanno bisogno di tutelare il proprio congiunto con idonei strumenti legali e hanno
la necessità di progettare un futuro dove
59
lontario di sportello), nel quale sono precisate non solo le conoscenze e le competenze che devono essere acquisite, ma anche,
e forse ancora più importanti, le attitudini
personali di cui i volontari devono essere in
possesso per poter interagire con persone
con “esigenze speciali”, con le loro famiglie
e con i servizi socio assistenziali.
4) allestire percorsi di sostegno all’attività degli amministratori (gruppo tutoring),
momenti di scambio e confronto durante i
quali, anche grazie all’aiuto di professionisti, diventa possibile trovare soluzioni
idonee alle problematiche incontrate e far
diventare tali soluzioni un patrimonio comune anche per gli altri volontari.
5) garantire un coordinamento costante
nel tempo, affinché i numerosi attori coinvolti nel processo possano avere un punto
di riferimento preciso e una “cabina di regia” in grado di promuovere nuove azioni,
lavorare all’allargamento della rete, gestire
l’aspetto economico, curare la relazione
con i volontari, per farli sentire sempre accolti e sostenuti. Nel caso del modello sviluppato a Reggio Emilia, questo ruolo di
coordinamento è stato affidato dalle associazioni promotrici al Centro di Servizio per
il Volontariato, che ha messo a disposizione dell’iniziativa la risorsa che da sempre si
era occupata della promozione dell’istituto
dell’amministrazione di sostegno.
6) garantire nel tempo la sostenibilità economica dell’iniziativa, attraverso
azioni di raccolta fondi, la partecipazione a bandi pubblici, la stipula di convenzioni con gli enti pubblici. Le voci di
spesa maggiormente onerose previste
nel modello sono: le azioni di promozione, la formazione, la remunerazione
delle risorse che si occupano delle attività di coordinamento e del tutoring.
Nell’ambito dell’esperienza reggiana, le
maggior parte delle risorse che hanno
collaborato alla riuscita dell’iniziativa
(operatori dei servizi socio assistenziali, personale del Tribunale, referenti di
Comuni, Unioni dei Comuni, Provincia e
ASL) hanno sempre messo a disposizione gratuitamente il loro tempo e le loro
competenze.
7) in riferimento a questo ultimo punto, riportiamo come ulteriore elemento
necessario del modello la collaborazione
offerta dagli attori istituzionali pubblici
precedentemente indicati, in particolare da parte del Tribunale, che nel caso di
Reggio Emilia è stato disponibile ad accogliere ed affiancare al personale della
cancelleria anche risorse volontarie, senza un specifica preparazione giuridica, facendo cadere il pregiudizio sul Tribunale
come luogo chiuso e inaccessibile per i
cittadini.
60
Possibili criticità
di risorse non retribuite, che non garantisce la continuità nel tempo del servizio;
•
il ruolo dell’ente pubblico, e in
particolare dei servizi sociali, ad agire
come stimolo dell’interesse dei cittadini
nei confronti di questa forma di tutela; se
questo ruolo è carente, si dimostra scarso, o del tutto assente, l’interessamento
della popolazione;
•
la capacità del sistema dei servizi
sociali, del pubblico e del privato sociale,
di riconoscere e accogliere l’amministratore di sostegno come elemento chiave
del processo che garantisce la tutela della persona fragile.
Sempre nella logica di offrire spunti di
riflessione sulla fattibilità di tali processi
progettuali in altri territori, riteniamo che
sicure criticità, quando non ostacoli veri e
propri, possano essere:
•
il pregiudizio dei famigliari di
persone fragili nei confronti di una forma
di tutela del loro caro percepita come limitante delle capacità di agire;
•
la lontananza fisica e la solitudine di molte persone fragili e/o delle loro
famiglie, rispetto sia ai servizi, sia al volontariato;
•
l’incertezza che provoca l’utilizzo
61
“Penso che le motivazioni possano essere le più varie, certo la principale è sentirsi bene quando ci si
sente utile a chi ne ha bisogno. Il sentire da parte del malato la gratitudine per quello che si è fatto,
avere questo rapporto diretto significa anche vincere il timore, ad esempio, di affrontare l’ambiente
del Tribunale”
Ivan - amministratore di sostegno volontario
62
Trasferibilità
miglior svolgimento del servizio. Il volontario
si nutre solo di soddisfazioni che, in parte si
autoriconosce, ed in parte gli debbono essere
riconosciute dal sistema nel quale è inserito….”
Quali condizioni devono sussistere per
rendere trasferibile l’esperienza in un altro
contesto?
La consapevolezza del livello di complessità dei sistemi territoriali e dei contesti
operativi nei quali i diversi possibili attori si
muovono, dentro il quadro normativo nazionale e regionale, pone profondi interrogativi rispetto a questo tema.
Ivan, volontario amministratore di sostegno, così si esprime: “…per rendere possibile un’esperienza simile occorre avere un’organizzazione alle spalle molto efficiente…”.
Qualcosa si è già accennato in precedenza su alcuni aspetti organizzativi e gestionali, come anche sulla necessità di un
livello di negoziazione continua che va governata da un soggetto che sia riconosciuto da tutti i partner, abbia il loro “mandato”
e che sia in grado di coordinare gli sforzi dei
vari attori. Abbiamo provato a chiedere ai
nostri “testimoni privilegiati”, i volontari innanzitutto, quali condizioni, a loro modo di
vedere, potrebbero garantire la trasferibilità del modello.
Anche la Fa.Ce, associazione promotrice
del progetto, per bocca di Marisa, puntualizza alcuni snodi ed evidenzia taluni aspetti che, ad occhi troppo “tecnici” potrebbero
sfuggire, qualora si affrontasse la fattibilità
di un progetto simile.
“…Sì, il modello è esportabile. A condizione di trovare persone che ci credano veramente e con una solida professionalità da
mettere in campo non solo per coordinare le
attività, ma per trasmettere agli altri (genitori, associazioni, volontari, istituzioni, ecc.) le
motivazioni di questi percorsi.
Da parte delle associazioni occorre una
buona conoscenza delle problematiche dei
propri associati in quanto oltre all’informazione occorre un “accompagnamento” individuale vista la delicatezza dell’argomento. Occorre molta costanza per capire quando per
ogni famiglia è il momento opportuno per affrontare l’argomento, quindi non si può dare
per scontato che una volta fatto il percorso
per tutti sia chiara l’importanza dell’amministratore di sostegno…”
Per Enrico, volontario di sportello e responsabile del gruppo dei volontari presso
il Tribunale, la possibilità di proseguire va di
pari passo con il sentirsi parte, per il volontario, di un sistema che si autosostiene: “…
Trovare un’organizzazione di base con chiari
obiettivi, una precisa collaborazione con il
Tribunale ed un sostegno convinto degli organi istituzionali. Il prendere atto che, grazie
alla considerazione dell’operato, si dà fiducia
ai Volontari e si supportano nelle loro idee e
nelle richieste di attrezzature idonee per un
63
A questo punto dopo avere descritto
premesse, contenuti, attori, ruoli nel sistema, occorre provare a offrire una possibile
modellizzazione, potenzialmente trasferibile su altri territori.
64
Il modello in sintesi
Come può essere trasferito questo modello in altri contesti, su altri territori? Per
rispondere a questa domanda pensiamo
sia necessario, in apertura di questa sezione, sintetizzare in un grafico il modello funzionale applicato. Successivamente, poiché
abbiamo già descritto il ruolo e i contenuti delle azioni dei singoli attori in gioco,
ospitiamo alcuni documenti che possono
offrire spunti per affrontare praticamente alcuni passaggi progettuali necessari a
mantenere il sistema.
Coordinamento della rete
e dei volontari
Bisogno di tutela
dei soggetti fragili
Promozione
Definizione
del profilo
Formazione
Colloquio per definire
il ruolo
Incarico come
AdS volontario
Incarico come
volontario di sportello
Inserimento
nell’elenco provinciale e
utilizzo da parte
del Giudice Tutelare
Inserimento presso
sportello del Tribunale
o negli sportelli sui
distretti
Disponibilità da parte
degli attori istituzionali
Piano per la
sostenibilità economica
65
“Quello dello sportello viene percepito come un ambiente in sintonia, empatico nel vero senso della parola, con le proprie motivazioni ma soprattutto coeso fortemente sugli obbiettivi condivisi che
sono, nel nostro caso, consapevolezza e serietà nello svolgere mansioni dedicate a soggetti fragili,
deboli, in stato di bisogno”
Mario - volontario dello sportello informativo
66
Da progetto a servizio
L’impegno pluriennale di diversi soggetti sul tema dell’amministrazione di sostegno ha portato alla consapevolezza che
ogni obiettivo raggiunto poneva automaticamente nuove criticità e delineava nuovi
obiettivi: la formazione di amministratori
di sostegno volontari richiedeva strumenti
per sostenerli nello svolgimento delle loro
funzioni; l’apertura dello sportello presso
il Tribunale di Reggio ha evidenziato la distanza di alcuni comuni rispetto al capoluogo e la difficoltà dei cittadini ad usufruire di questo servizio, ecc.
A seguito di tutte queste valutazioni,
è emersa la necessità di garantire un presidio costante per le attività progettate e
realizzate sul tema dell’amministrazione
di sostegno, presidio che preferibilmente va accentrato in un solo ruolo, in modo
da garantire una sorveglianza costante su
tutti gli strumenti che vengono attivati per
rispondere ai bisogni emergenti.
e nelle loro finalità, e sostenuti da specifiche attività gestionali e di coordinamento,
strutturate e organizzate.
I servizi sono:
•
gestione della rete dei partner:
prevede incontri periodici (circa ogni due
mesi), presidiati dalla coordinatrice. Durante questi incontri vengono affrontate eventuali criticità, valutata l’efficacia delle azioni
in corso, proposti e discussi nuovi possibili
interventi a favore dell’istituto dell’amministrazione di sostegno. Questo è il luogo
dove, in un orizzonte più ampio, si valutano
le possibili integrazioni con altri servizi, già
presenti o da implementare, a favore dei
cittadini. Questo suggerisce l’opportunità
di allargare la rete dei partner, per favorire
la collaborazione tra coloro che saranno
chiamati a progettare e/o consolidare tali
servizi;
•
gestione del gruppo di volontari
dello sportello: anche per questo gruppo
sono previsti incontri periodici (circa ogni
45 giorni), convocati dalla coordinatrice,
in accordo con il volontario che coordina il
gruppo; durante gli incontri, si esaminano
tutte le problematiche che i volontari hanno incontrato durante la loro attività presso lo sportello, in relazione all’incontro con
l’utente, ai dubbi di natura tecnico organizzativa del lavoro, ai rapporti tra i volontari, alla collaborazione con la cancelleria e
con il Giudice Tutelare. Da questa analisi
condivisa del lavoro di front e back office
scaturiscono ipotesi per la risoluzione dei
Nell’esperienza di Reggio Emilia, questo
ruolo è stato affidato, per unanime mandato dei partner che si sono succeduti nei vari
progetti, alla risorsa umana che, all’interno
del Centro di Servizio per il Volontariato, si è
sempre occupata di questo tema.
Gli obiettivi che sono stati raggiunti
nell’ambito dei vari progetti sull’amministrazione di sostegno, si sono consolidati
a tal punto da perdere la connotazione
di obiettivi progettuali, per divenire veri
e propri servizi, consolidati sul territorio
67
problemi e l’eventuale individuazione degli
strumenti di lavoro più efficaci (ad es.: data
base, modulistica, ecc.). L’organizzazione
degli incontri è preceduta da un confronto
tra la coordinatrice del progetto e il rappresentante dei volontari, finalizzato ad inquadrare gli argomenti da discutere durante
l’incontro di gruppo e a valutare le modalità di lavoro e di gestione dei rapporti con
i soggetti che a vario titolo possono dare il
loro contributo all’attività dello sportello
(ad es.: Giudice Tutelare, personale della
cancelleria, ordine dei notai, ecc.);
•
gruppo tutoring: in base ai quesiti
che più spesso vengono posti ai volontari dello sportello e al consulente legale di
DarVoce, la coordinatrice definisce, con
il supporto del consulente legale, alcuni
argomenti da approfondire durante gli
incontri del gruppo tutoring, che hanno
cadenza mensile. Agli incontri del gruppo partecipano gli amministratori di sostegno già in carica o in attesa di nomina;
la gestione degli incontri è affidata nella
maggior parte dei casi al consulente legale del Centro di Servizio, in alcuni casi sono
stati invitati come relatori professionisti di
altri ambiti: psicologi, notai, addetti della
cancelleria Giudici Tutelari, operatori della
Provincia, assistenti sociali, volontari dello
sportello, ecc;
•
progettazione e gestione della
formazione: poiché la formazione riveste
un ruolo centrale sia per il trasferimento/
aggiornamento di competenze, che per
il reclutamento di nuovi volontari, la sua
progettazione e gestione rappresenta un
processo in costante divenire. Il percorso
di definizione dei contenuti e delle modalità formative è in carico alla coordinatrice, che si occupa anche del reperimento
dei docenti più idonei alla trattazione dei
vari temi, alla organizzazione del calendario degli incontri, al reperimento dell’aula,
all’iscrizione dei partecipanti, alla preparazione del materiale didattico, alla preparazione dei contratti per i docenti e loro pagamento, ecc. La coordinatrice partecipa
a tutte le lezioni dei corsi di formazione e
garantisce la coerenza dell’intero percorso
formativo, ricollegando la lezione attuale
con la precedente, e contestualizzando,
nell’orizzonte complessivo del corso, gli interventi dei singoli docenti.
•
presidio della sostenibilità economica delle attività: la coordinatrice supervisiona i costi delle varie azioni realizzate,
definisce i budget per le nuove attività che
vengono progettate, si rapporta con il personale amministrativo per i pagamenti e
per la formulazione di rendiconti eventualmente richiesti da enti finanziatori. Inoltre,
monitora le opportunità di finanziamento
pubblico e privato che possono sostenere
il progetto e partecipa alla progettazione
delle campagne di raccolta fondi a favore delle azioni di promozione dell’istituto
dell’amministrazione di sostegno.
68
La sostenibilità futura
Infine occorre riflettere sulla sostenibilità economica futura di un modello come
quello sperimentato sul territorio reggiano.
corrisposte per le attività già realizzate ammontano a circa 13.000 €, mentre il budget
stanziato per le ultime azioni (stampa libro e
convegno) è pari a circa 5.000 €.
•
Spese per le risorse umane: si tratta, come prevedibile, della voce di spesa
più onerosa, che deve coprire i compensi
dei professionisti coinvolti nelle azioni progettuali: personale di segreteria, coordinatore, docenti. Il budget stanziato per la
copertura dei docenti e dell’addetto alla segreteria di progetto ammonta a circa 8.000
€, mentre per il personale che si è occupato
del coordinamento la spesa impegnata è
stata di circa 10.000 € (la risorsa addetta al
coordinamento è un operatore del Centro
di Servizio e i fondi per la sua retribuzione
sono stati stanziati dalla Fondazione Nando Peretti; le altre risorse sono state pagate,
invece, con i fondi erogati dal Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali).
•
Spese assicurative per i volontari
coinvolti nel progetto: la copertura assicurativa era un adempimento richiesto dal
Ministero del Lavoro e della Previdenza
Sociale nell’ambito del progetto “L’Amministratore di Sostegno trova casa”, finanziato
da questo ente. La spesa complessiva per
questa voce ammonta a circa 2.500 €, ma
tale voce di spesa potrebbe non essere
indispensabile in fase di trasferimento del
modello se tutti i soggetti coinvolti nell’attuazione delle iniziative (associazioni, enti
pubblici, ecc.) provvederanno autonomamente ad adempiere agli obblighi assicurativi, come previsto per legge.
Nelle pagine precedenti è stato descritto il lungo iter seguito sul territorio reggiano dal progetto sull’amministrazione di
sostegno, sostenuto da varie forme di finanziamento: dai fondi che il Centro di Servizio destina alle attività svolte da una rete
di attuatori (progetti sociali), a quelli erogati dal Fondo Speciale per il Volontariato per
progetti sovra provinciali.
In questa trattazione, ci soffermeremo
in particolare sui costi sostenuti per le azioni realizzate negli ultimi 12 mesi, sulle quali
ci si è basati per la definizione del modello
qui presentato.
Il costo complessivo delle attività è stato
di circa 43.000 €, così distribuiti:
•
Attività promozionali, rappresentate da costi di tipografia per la stampa di locandine e pieghevoli, agenzia di comunicazione per l’ideazione e la realizzazione della
grafica della campagna comunicativa e dello spot televisivo, passaggi dello spot su una
rete locale, realizzazione di un redazionale e
partecipazione ad un programma, sempre
sulla stessa emittente locale. A questi costi,
sostenuti nella prima parte del progetto,
vanno aggiunti quelli sostenuti per il convegno finale e la stampa della presente pubblicazione, dati non disponibili al momento
in cui viene scritto questo testo. Le spese
69
trasferimento del modello; è comunque
opportuno prevedere un investimento su
questa voce non inferiore ai 10.000 €, in
considerazione dell’importanza di costruire, eventualmente da zero, una solida rete
di partner, definendo poi obiettivi specifici
e modalità di lavoro.
•
Acquisto di beni strumentali: si è
proceduto all’acquisto di due pc portatili
e di due stampanti portatili, da utilizzare
negli sportelli informativi decentrati sui distretti. La spesa complessiva, comprensiva
anche di software e licenze d’uso, è stata di
circa 1.600 €. Anche in questo caso, la spesa
potrebbe non essere necessaria nel caso in
cui vengano messi a disposizione, per l’apertura del/degli sportello/i, locali già attrezzati.
I fondi per poter continuare a lavorare e a fare sperimentazione sull’istituto
dell’amministratore di sostegno sono stati
garantiti, nell’ultimo anno, da attività di
ricerca fondi, rivolta in particolar modo e
soggetti finanziatori pubblici (Ministero) e
privati (Fondazione Nando Peretti). Il Centro di Servizio ha inoltre definito un piano di raccolti fondi dedicato al progetto
sull’amministratore di sostegno, e chiamato “Non+soli” (www.nonpiusoli.org), con
l’intento di continuare a reperire risorse
per finanziare non solo le attività già in essere (sportello presso Tribunale, sportelli
decentrati, tutoring, coordinamento dei
partner e dei volontari, ecc.), ma anche per
promuovere azioni innovative finalizzate a
consolidare il ruolo dell’amministratore
di sostegno e la sua funzione di tutela dei
soggetti più fragili.
Ulteriori voci di spesa da tenere eventualmente in considerazione potrebbero
essere le spese per i noleggi delle aule per
la formazione, che nel caso specifico di
questo progetto sono state tutte messe a
disposizione gratuitamente dalle istituzioni partner di progetto, a ulteriore conferma
dell’importanza di creare una solida rete di
soggetti attuatori.
Nel costo per il coordinamento, un significativo numero di ore è stato dedicato
alla progettazione dei corsi di formazione
e alla definizione del profilo per i volontari
di sportello e per i volontari amministratori, che non è necessario replicare in caso di
70
71
72
Postfazioni
73
In questa sezione, sono raccolte alcune
importanti riflessioni dei protagonisti di
questo ultimo anno di attività.
vati e capaci, coordinati dalle associazioni
e dai Centri di Servizio. Ovviamente i volontari non nascono dal nulla, ma emergono da un lungo precedente percorso di
discussione, dialogo e comprensione dei
problemi e dalla concreta volontà di risolverli. Occorre una preliminare diffusione
dell’idea sottostante all’istituto dell’amministratore di sostegno e la consapevolezza diffusa che i problemi della disabilità,
della vecchiaia, della malattia, dello sradicamento sociale ci riguardano tutti come
individui, prima che come istituzione e
che il nuovo welfare non potrà che consistere nella disponibilità a darsi una mano,
sia pur non nel modo caotico, primitivo e
approssimativo del volontarismo sregolato, ma sulla base di una struttura di ordinamento forte, competente, responsabile
e determinata.
Dopo avere descritto le varie componenti del modello e le loro interazioni, in
queste ultime pagine si è ritenuto utile e
significativo lasciare spazio alle riflessioni
di alcuni degli attori che hanno contribuito, con il loro impegno e la loro professionalità, al successo dell’iniziativa. Il primo
contributo riportato è l’intervista fatta al
Presidente del Tribunale di Reggio Emilia, Francesco M.A. Caruso, che con la sua
apertura e disponibilità al cambiamento
ha dato l’impulso iniziale che ha generato
tutto il fecondo processo descritto in queste pagine.
È esportabile il modello di lavoro in
rete realizzato dal tavolo reggiano per
l’ amministratore di sostegno? Se sì,
come sarebbe possibile?
Quali sono le condizioni preliminari
affinché diversi attori, in un diverso territorio, possano raggiungere determinati obbiettivi di efficacia e di efficienza
per l’ amministratore di sostegno?
L’esperienza reggiana è certamente
esportabile, purché quanti vogliano adottare il modello siano dotati del medesimo
comune sentire che ha caratterizzato gli
Enti, le organizzazioni, le associazioni, le
persone che hanno consentito di avviare
la fruttuosa collaborazione. In primo luogo occorrono volontari fortemente moti-
Bisogna poi che i diversi partner credano tutti allo stesso modo nel progetto
e che le diverse esigenze “particolari” siano vissute e inserite nel progetto unitario,
essendo la soddisfazione dell’esigenza di
ciascuno un modo per affrontare quella
degli altri. Il bisogno del tribunale di liberare le cancellerie dall’afflusso del pubblico e di rendere il suo servizio istituzionale
in modo meno precario e difficoltoso, ha
coinciso con la necessità delle associazioni di fruire intensivamente del Tribunale,
come luogo e strumento per sviluppare le
politiche volte ad implementare l’istituto
dell’amministratore di sostegno. Lo snodo
74
consiste nell’interagire, nel fare in modo
che le esigenze apparentemente contrapposte (quelle del Tribunale di controllare i
flussi dell’utenza e quella della collettività
e delle sue associazioni di potere accedere
agevolmente al tribunale, ai giudici e alle
procedure formalizzate) siano mutuamente riconosciute e congiuntamente sostenute dai diversi portatori di interesse, in
modo da mettere ciascuna parte in condizione da dare una mano all’altra e così
insieme risolvere i problemi di tutti.
scambio di queste risorse si è ottenuta
per il Tribunale la realizzazione di servizi
finalmente civili e dignitosi, più celeri per
l’utenza; per quest’ultima la possibilità di
disporre di tutte le risorse di conoscenza
e di accesso al Palazzo, inizialmente rare,
costose, disincentivanti.
Bisogna quindi credere nel progetto
sia dalla parte del volontariato, che dalla
parte dell’istituzione, i cui protagonisti
devono da un lato convincersi che le modalità, i tempi e i modi di erogazione delle
decisioni giudiziali non sono cosa diversa
dai contenuti di giustizia delle stesse. Da
parte dei giudici e dei funzionari di cancelleria si esige quindi la comprensione
culturale della compenetrazione tra qualità della decisione nel merito e modalità,
tempi, condizioni in cui l’utenza debole
riesce a rivolgersi al mondo della giustizia.
La necessità di liberare la cancelleria
dall’attività quotidiana di contatto con il
pubblico, di offrire assistenza, consulenza,
informazione, condizione improponibile
e impraticabile date le risorse scarse e assolutamente inadeguate del Tribunale, ha
prodotto la soluzione semplice di diffondere il sapere istituzionale e giuridico tra
i volontari, sia a quelli dello sportello che
agli amministratori volontari, rendendo
così i volontari protagonisti della diffusione del sapere, delle informazioni e della
organizzazione di strutture stabili per l’indirizzo del pubblico e la gestione delle domande e dei bisogni.
Quali elementi progettuali hanno
secondo lei innovato l’applicazione
dell’istituto?
Il progetto reggiano ha innovato l’istituto nella misura in cui l’amministratore
di sostegno non è più soltanto una figura inquadrata in determinate categorie
giuridiche, ma una insieme socialmente
ordinato di sostegno alla debolezza e alla
fragilità, distante dai modelli di welfare
burocratico. Si tratta di un fenomeno sociale caratterizzato dall’autorganizzazione
della società civile e dal tentativo di adeguamento dell’apparato giudiziario, non
Il volontariato è ricco di disponibilità
generose e di attitudine al fare; possiede
quindi risorse tendenzialmente ampie. Il
Tribunale non ha risorse, ma la massima
disponibilità a diffondere saperi, competenze, cognizioni, a farle penetrare e lievitare nel mondo del volontariato. Dallo
75
tanto alle esigenze astratte del diritto e
dell’interpretazione più o meno rigida della formula normativa, ma alle domande
provenienti dalle istanze sociali del volontariato che, avendo preso in carico nella
sostanza le problematiche dell’assistenza
materiale e solidaristica dei soggetti deboli, ha preteso che l’istituzione assumesse a sua volta analogo profilo e altrettale
consapevolezza delle problematiche sostanziali da risolvere, nonché della necessità di coniugare scelte giudiziarie ed esigenze della persona come interpretate dai
protagonisti dell’assistenza e del sostegno
solidale e disinteressato alle condizioni di
debolezza e di fragilità.
La consapevolezza di potere contare su
una rete di amministratori di sostegno volontari, filtrati, formati, controllati, tenuti insieme e coordinati in rete dalle associazioni del volontariato, mossi da una comune
visione del ruolo e della funzione dell’istituto, parte dell’ampia rete solidale del volontariato, modifica inevitabilmente l’agire
ed il modo di pensare e interpretare fatti e
intenzioni da parte del giudice, inevitabilmente tenuto a ricercare anche d’ufficio
eventuali profili d’interesse occulto nella
gestione degli interessi dell’amministrato.
Allo stesso modo la presenza della supervisione e del coordinamento della rete delle
associazioni rende superfluo e meno pregnante il ruolo delle istituzioni dell’assistenza pubblica, oggi troppo condizionate
e influenzate da compiti di investigazione e
denuncia di deviazioni per essere gli unici
interlocutori ammissibili.
Tendenzialmente liberata - per la ragionevole fiducia che si può riporre nelle
associazioni e nei volontari per comportamenti corretti e conformi alle attese e
agli scopi della legge – dall’esigenza di
un controllo rigido e mirante a ricercare interessi non sempre commendevoli
sottostanti all’agire delle figure preposte alla gestione della debolezza altrui,
l’autorità giudiziaria può con maggiore
distensione ed equanimità valutare il
merito delle soluzioni e delle domande
proposte dagli amministratori volontari,
misurandosi con le stesse senza eccessi
di rigore e di verifica, senza il sotteso
sentimento di dubbio sull’onestà e la osservanza delle regole che rendevano in
passato le procedure assai più tortuose,
lente e complesse.
Se dovesse tornare indietro, quali errori/criticità potrebbero essere evitati?
Al momento non riesco ad intravedere
possibili errori. Il Tribunale e la sua immagine hanno tratto grande beneficio dalla
presenza dello sportello dei volontari, affiancato alla cancelleria del Giudice Tutelare, avendo i volontari, come si diceva, sì
contribuito a rendere popolare ed accessibile l’istituto dell’amministratore di sostegno ma al contempo liberato gli uffici
del Tribunale dalle file di un’umanità in
lunga e kafkiana attesa di risposte spesso
incomprensibili e comunque sempre in
76
tempi incompatibili con le urgenze e i bisogni. Probabilmente l’affinamento dell’esperienza e il suo incremento imporranno
modifiche di approccio e soluzioni diverse; al momento gli aspetti positivi prevalgono nettamente. Ovviamente la qualità
delle persone diventa fattore condizionante la ripetibilità dell’esperienza e se
un limite si vuole trovare, questo sta tutto
nell’incertezza derivante dalla possibilità
di disporre di volontari dello stesso livello
per determinazione, capacità e disponibilità di quelli di cui oggi si può disporre.
Essendo stati i pionieri dell’esperimento,
costituiscono il meglio che si potesse sperare di ottenere. Si tratta poi di garantire
freschezza e costante spirito costruttivo
e creativo ai volontari, non costringerli in
gabbie burocratiche, riconoscere il loro
protagonismo, valutare la loro capacità
propositiva, renderli egemoni anche rispetto alle istanze del Centro di Servizio,
che in qualche misura dovrebbero evitare di sovrapporsi e limitare le tendenze
“espansive” dei volontari, assecondandole
fino a quando il dialogo razionale tra persone in buona fede non giunga ad esiti e
soluzioni massimamente condivise.
gioco esigenze fondamentali del cittadino
rispetto al mondo della giustizia di cui il
volontariato può prendere possesso per
rendere la giustizia aperta, fruibile, dal volto umano, non costosa per il cittadino in
termini monetari e di risorse di impegno,
tempo, coinvolgimento emotivo.
Il tutore volontario è il prossimo passo da compiere per costruire un’altra area
della giurisdizione di cura della persona
da gestire in cooperazione tra mondo
della giustizia e volontariato; ma bisogna
pensare a tutte quelle attività che devono
passare dal Tribunale e interessano il cittadino comune, che costui può gestire in
proprio, avendo più dell’amministrativo
che del giudiziario, rispetto alle quali l’ufficio pubblico è largamente in difficoltà,
trattandosi di attività “minori” rispetto al
“core” dell’istituzione, che riguarda essenzialmente il conflitto ed il contenzioso. Il
riferimento è a tutte le attività generalmente definite di “volontaria giurisdizione”, una terminologia che richiama procedure di corrente impiego da parte del
cittadino comune nell’espletamento delle
sue ordinarie attività giuridiche, che l’ordinamento esige però siano sottoposte al
vaglio ed al controllo di un giudice. L’insostenibile pesantezza di queste domande
rispetto alle scarse risorse del Tribunale,
concentrate sui prevalenti momenti contenziosi della giurisdizione, rende non irragionevole pensare ad un allargamento
dei compiti di assistenza e consulenza dei
volontari in questioni giuridiche semplici,
Guardando il futuro, come dovrà
muoversi la coprogettazione avviata?
Per il futuro bisognerà ampliare la rete
e pensare a tutte le possibilità ulteriori per
il mondo del volontariato di farsi carico, in
cooperazione con l’istituzione giudiziaria,
di tutti quei momenti in cui entrano in
77
che il cittadino può per l’ordinamento affrontare in proprio senza l’indispensabile
assistenza tecnica di un professionista, se
solo trovasse voce, sostegno e informazioni qualificate da parte di altri cittadini
volontari opportunamente formati ed in
contatto diretto con l’autorità giudiziaria.
Ancora una volta realizzando l’obbiettivo generale e comune di risolvere il problema concreto, avvicinando al contempo
l’utente all’istituzione giudiziaria.
mente orientato all’utenza e si diffonde
nell’ambiente degli addetti una maggiore consapevolezza del ruolo di servizio
e non di potere dell’istituzione nel suo
complesso, con ricadute e benefici effetti
sulla qualità delle prestazioni ed in generale rispetto all’indispensabile modifica
della mentalità burocratica che caratterizza ancora in parte l’approccio all’utenza dei dipendenti di questo mondo.
Reggio Emilia, 5 luglio 2013
Quale significato e valore riscontra
nella presenza di volontari in un ambiente come il Tribunale e come ritiene
sia visto da chi frequenta questi luoghi?
Nessun dubbio che la presenza dei
volontari all’interno dei Tribunali cambia
il modo di guardare l’ufficio, la sua natura, i suoi scopi. Un diretto contributo
di partecipazione dei cittadini all’amministrazione nella giustizia, non prevista
dalla Costituzione che pure timidamente
aveva cercato di introdurre un certo raccordo con esclusivo riferimento alla funzione giudicante (giudici onorari, giudici
popolari di Corte d’assise) e quindi ragionevolmente postulabile in via di interpretazione estensiva, rende un’istituzione per definizione neutrale e terza, non
coinvolta in dinamiche politico-amministrative, fin qui vista come il luogo in cui
la legge mostra il suo volto duro, rigido
e inflessibile, come la più aperta a forme
di gestione partecipativa e democratica.
Il Tribunale assume un profilo maggior-
Anche il Giudice Tutelare Luca Ramponi ha risposto alle stesse domande poste
al Presidente Caruso, aggiungendo ulteriori elementi di riflessione dal suo specifico punto di vista e di esperienza.
È esportabile il modello di lavoro in
rete realizzato dal tavolo reggiano per
l’ amministratore di sostegno? Se sì,
come sarebbe possibile?
Sicuramente sì, se ed in quanto vi
fossero condizioni analoghe di disponibilità degli uffici (dirigenza Tribunale e delle cancellerie; disponibilità del
personale amministrativo e giudiziario)
e di associazioni di volontariato che si
pongano analogamente in condizioni di
disponibilità per tali attività, rendendo
disponibili persone idonee come quelle rinvenute nel caso di specie a Reggio
Emilia per l’apertura dello sportello e le
attività connesse.
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Quali sono le condizioni preliminari affinché i diversi attori, in un diverso territorio, possano raggiungere
determinati obbiettivi di efficacia e di
efficienza per l’ amministratore di sostegno?
Sicuramente quelle indicate sopra a risposta della domanda 1. Ed in particolare
la collaborazione tra enti pubblici e privati
(comprese le associazioni di volontariato)
interessate alla problematica.
fragili in genere) ovvero gli amministratori
di sostegno e gli uffici giudiziari, rendendo disponibili informazioni aggiornate e
utili consigli, con la possibilità (offerta dai
volontari) di tempi e attenzioni che, viceversa, molto difficilmente, vista la mole
del ruolo, né i singoli Giudici Tutelari, né
tantomeno i Cancellieri avrebbero potuto
offrire.
Se dovesse tornare indietro, quali errori/criticità potrebbero essere evitati?
Non si sono manifestate particolari criticità o errori nell’attuazione del progetto. Certamente una delle preoccupazioni
maggiori (che peraltro non ha avuto seguito nei fatti, con merito assoluto di tutti gli
interessati coinvolti) era quella di garantire il massimo di tutela della privatezza dei
dati personalissimi (specie di natura giudiziaria e/o sanitaria) gestiti, necessariamente, anche dai volontari (soggetti non
dipendenti del Ministero Giustizia, né p.u.)
e che si sono interfacciati con il pubblico,
oltreché evitare anche solo l’impressione
di favoritismi verso singoli utenti (ovvero professionisti). Piuttosto, i fatti hanno
smentito i timori manifestati, forse anche
per una presunzione iniziale negativa, ovvero anche per effetto di una comunicazione non del tutto efficace degli aspetti
positivi del progetto, circa una espropriazione del ruolo della classe forense nella
gestione delle misure di protezione delle
persone incapaci o prive in tutto o in parte di autonomia (specie dell’amministra-
Quali elementi progettuali hanno
secondo lei innovato l’applicazione
dell’istituto?
È indubbio che l’apertura dello sportello ha comportato un miglioramento sostanziale del servizio offerto all’utenza in
materia di amministrazione di sostegno:
ha consentito un accesso alla misura di
protezione anche a persone che, magari,
da sole non avrebbero proposto il ricorso
non essendo particolarmente esperte in
materia legale (o non avrebbero, per le
stesse ragioni, assunto l’impegno di amministratore di sostegno per un famigliare); ha consentito di sgravare la cancelleria
della volontaria giurisdizione dall’impegno di accogliere allo sportello un’utenza
sempre crescente e non professionalizzata, tra l’altro apportando utili aiuti anche
organizzativi, e supplendo così anche alle,
altrimenti allo stato non colmabili, carenze
di personale; ha consentito una maggiore
umanizzazione del rapporto tra i ricorrenti (famigliari di disabili, anziani o soggetti
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zione di sostegno): in realtà, le statistiche
dimostrano che il calo dell’assistenza legale non appare significativo, e nei casi
difficili, il ricorso ai professionisti si è comunque rivelato proficuo. La presenza del
progetto di formazione di nuovi volontari
anzi costituirà, per contro, affiancamento
utile rispetto all’opera di collaborazione
tradizionalmente prestata dalle categoria
professionale forense rispetto alla gestione dell’istituto, nell’ottica di una buona
sussidiarietà.
informatizzati di proposizione dei ricorsi
nei limiti in cui gli utenti possano disporre
di valide firme digitali.
Quale significato e valore riscontra
nella presenza di volontari in un ambiente come il Tribunale e come ritiene
sia visto da chi frequenta questi luoghi?
Ritengo, come già esposto più sopra,
che la presenza dei volontari sia vissuta
dall’utenza come una “apertura” maggiore
delle istituzioni giurisdizionali alla comunità civile e alla cittadinanza, compreso un
effetto sulla percezione di maggiore vicinanza dell’istituzione (spesso potenzialmente vissuta come ieratica e “distante”)
ai bisogni dei cittadini comuni. Sul piano
più strettamente tecnico, gli esiti positivi
della collaborazione tra enti pubblici locali, associazioni di volontariato e Tribunale
(organi amministrativi e giurisdizionali
in esso incardinati) abbia dimostrato le
possibilità di miglioramento del servizio
pubblico offerto attraverso la costituzionalmente riconosciuta e propugnata sussidiarietà orizzontale, nel caso di specie,
tra l’altro partita dal basso.
Luca Ramponi, 7 luglio 2013.
Guardando il futuro, come dovrà
muoversi la coprogettazione avviata?
Ritengo sarà utile: - proseguire nella
formazione di amministratori di sostegno
volontari, già avviata allo stato, onde consentire l’inserimento nel costituendo albo
provinciale di persone idonee ad assumere l’incarico il più capillarmente distribuite
nei territori del circondario; - perfezionare
la modulistica già disponibile (sia in forma
cartacea che informatica) sul sito del Tribunale in relazione alle istanze dell’utenza
e ai suggerimenti dei volontari che si terranno nella debita considerazione, pur nei
limiti del rispetto delle norme e delle necessarie vesti formali di ciascuna categoria
di atto; - meritoria sarebbe la già progettata apertura di sportelli analoghi a quello
già attivo presso il Tribunale nell’ambito
dei territori, con coinvolgimento di ulteriori volontari e associazioni ivi localizzate; - un possibile sviluppo futuro potrebbe
essere anche quello di predisporre canali
Il terzo intervento è invece curato da
Anna Ganapini, responsabile del progetto
per il Centro di Servizio DarVoce. L’intervento ha voluto sottolineare alcuni aspetti
non secondari relativi proprio all’apporto
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del volontariato, che hanno ridisegnato
profondamente il progetto di vita delle
persone fragili, delle loro famiglie e dei
servizi socio assistenziali. La sua riflessione
nasce dall’esplorazione di alcune domande che le sono state poste sul tema del volontariato “possibile”.
gno (introdotta con la legge 6/2004 che
ha modificato il Codice Civile), l’interdizione e l’inabilitazione (entrambe già previste precedentemente dal Codice Civile
agli artt.414 e ss. e in parte modificate con
la legge 6/2004).
Tutti questi strumenti prevedono un
accertamento delle capacità del soggetto,
da parte del Giudice Tutelare (per l’amministrazione di sostegno) o del Tribunale
(per l’interdizione e l’inabilitazione) l’esame della documentazione prodotta e un
incontro personale.
Come si colloca il volontariato all’interno di uno strumento puramente giuridico di tutela? È un valore o una necessità? È una opportunità?
L’idea di strutturare un modello che
possa attuare tutte le opportunità che
offre la forma di tutela di soggetti deboli
trae le sue origini dai principi ai quali sembra essersi ispirato il nostro legislatore,
cioè quelli secondo il quale per proteggere una persona in difficoltà non le si deve
necessariamente togliere la capacità di
agire, ma – là dove possibile – le si deve
dare invece una misura di tutela che le
permetta di mantenere intatte tutte quelle capacità che consentono di esprimere
se stesso nelle azioni di vita quotidiana,
nell’esercitare e tutelare i propri interessi,
sia personali che patrimoniali.
Sono convinta che il volontariato possa essere un elemento innovativo e chiave
all’interno dell’applicazione di questa normativa.
La protezione giuridica di una persona
che si trova in situazione di incapacità di
provvedere ai propri interessi può essere
attuata nel nostro ordinamento attraverso
tre strumenti: l’amministrazione di soste-
Le tre misure di protezione hanno diversi effetti sulla capacità di agire:
•
nell’amministrazione di sostegno
la persona viene affiancata o sostituita nel
compimento di determinati atti stabiliti
dal Giudice Tutelare e chiaramente definiti
nel decreto di nomina dell’amministratore
di sostegno; il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti non demandati all’amministratore di sostegno;
•
nell’interdizione, la persona viene
totalmente privata della capacità di agire
e sostituita da un Tutore nel compimento
di tutti gli atti che la riguardano;
•
nell’inabilitazione la persona
non può compiere, senza l’assistenza del
suo Curatore, gli atti di straordinaria amministrazione dei suoi interessi, mentre
può compiere tutti gli atti di ordinaria
amministrazione.
Nell’istituto dell’amministratore di sostegno l’attenzione viene focalizzata sulla
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persona, con le sue difficoltà, le sue debolezze e le sue fragilità, valorizzando le
sue autonomie, piccole o grandi che siano,
ponendo su un piano diverso anche l’utilizzo dell’istituto dell’interdizione, consentendo ove opportuno, all’interdetto di
mantenere autonomia negli ambiti in cui
ne ha capacità.
locarsi ed applicare il volontariato in una
forma così articolata e complessa di aiuto
alla persona fragile. Non siamo di fronte
ad una forma di volontariato tradizionale,
ma ad un impegno che richiede competenze alte, specifiche, quasi professionali.
Come conciliare ed avvicinare i principi ed i valori del volontariato – l’attenzione alla dignità della persona, la gratuità,
lo spirito di solidarietà - ad un impegno
sociale così puntuale che prevede conoscenze, competenze specifiche e attitudini
autoriconosciute, senza tralasciare altruismo, generosità, testimonianza, promozione del bene comune, capacità di fare,
pratica dei diritti di cittadinanza, creatività
nelle forme di intervento ed altro ancora?
Mettendo in luce tutti i valori propri
del volontariato si è reso necessario, quasi
indispensabile, fornire gli strumenti necessari alla comprensione di questa specifica forma di volontariato, sviluppando
parallelamente forme di gestione ed organizzazione.
L’introduzione della figura dell’amministratore di sostegno è stata a mio parere
una vera e propria rivoluzione nel mondo
della protezione giuridica delle persone
fragili. Già dall’art. 1 dove si afferma che la
legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità
di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle
funzioni della vita quotidiana, mediante
interventi di sostegno temporaneo o permanente, si può cogliere ancora nell’art.,
che modifica il titolo del capitolo del codice civile, ora dedicato alle misure di protezione giuridica delle persone prive in tutto
o in parte di autonomia (prima: tutela delle persone incapaci).
Il volontario si muove per spirito di
condivisione e di solidarietà con l’essere
umano che vive particolari condizioni di
difficoltà, e si pone come risposta ai bisogni della persona. Al centro, infatti, della
sua attività sta la percezione della dignità della persona umana, nel rispetto della
sua concreta realtà. Il volontario pone in
primo luogo la relazione personale, fatta
non solo di opere, ma anche di parole, di
Un’ulteriore innovazione data dall’introduzione della figura dell’amministratore di sostegno è indubbiamente la possibilità di individuare figure, altri soggetti che
possano intervenire nella tutela delle persone fragili: i VOLONTARI, cittadini che decidono di dedicare il loro tempo e le loro
risorse al prendersi cura di una persona
terza. Ma in quale modo ? Non è facile col-
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sociale. Siamo di fronte ad un a forma di
volontariato che fonda la sua solidarietà
sulla giustizia, con una presenza attiva
anche nel sostenere i diritti delle persone
fragili.
contatti riscaldati dal calore dell’affetto,
dalla comunicazione interpersonale. Altro
valore peculiare e distintivo del volontariato è la gratuità. Questo è sicuramente
l’elemento che lo rende originale rispetto
ad altre componenti della società intesa
come cittadinanza attiva e ad altre forme
di impegno civile. L’impegno volontario
comporta assenza di guadagno economico, libertà da ogni forma di potere e
rinuncia ai conseguenti vantaggi diretti
o indiretti. Il volontariato è il luogo della
realizzazione del dono di sé. La gratuità
è il suo elemento principale e fondante,
potremmo definirlo il suo “documento
d’identità” Altro elemento fondamentale
del volontario è lo spirito di solidarietà dal
quale è animato, non inteso come sentimento di compassione o di superficiale
intenerimento per i mali di tante persone
vicine o lontane, ma la decisione di farsi
carico, secondo le proprie competenze,
tanto dei problemi locali quanto di quelli globali, impegnandosi a promuovere
il bene delle persone e il bene comune,
portando un contributo al cambiamento
L’appello che è stato fatto durante le
azioni promozionali ha trovato risposta
nella disponibilità dei volontari. Il progetto “L’Amministratore di Sostegno trova
casa” così è diventato opportunità concreta per realizzare quanto affermato nella
carta costituzionale, che richiama il popolo italiano alla “rimozione degli ostacoli di
ordine sociale ed economico che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana” (art. 3).
Come abbiamo cercato di illustrare nel
presente quaderno, è stato fondamentale
per la buona riuscita del progetto delineare il profilo della figura volontaria specifica
per il ruolo di amministratore di sostegno,
tenendo in grande considerazione attitudini e competenze, come anche quei valori e quei contenuti di cui abbiamo parlato.
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