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329 L`illusione e l`inganno - Fondazione Internazionale Menarini

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329 L`illusione e l`inganno - Fondazione Internazionale Menarini
n° 329 - marzo 2007
© Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie
Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it
L’illusione e l’inganno
L’illusionismo pittorico tra esercitazione virtuosistica e creazione di ingannevoli apparenze
di realtà: un affascinante percorso dall’arte pompeiana alle immagini digitali
Per secoli la ricerca pittorica si è identificata nel
tentativo di restituire la
realtà nel modo più fedele
possibile, ricerca che spesso
si è diretta verso l’illusione,
la simulazione e l’inganno
arrivando anche a mirabili
risultati come nei fantastici illusionismi trompe
l’oeil. La traduzione letteraria della definizione
trompe l’oeil (inganna l’occhio) indica chiaramente
le intenzioni del genere
pittorico: attraverso un
abile e raffinato uso della
prospettiva e giochi di luce
cerca di far percepire come
tridimensionale ciò che,
invece, è solo una rappresentazione bidimensionale,
vuole ingannare l’osservatore, confonderlo fino a fargli perdere i limiti tra realtà e finzione.
Queste suggestioni affascinano l’uomo da tempi
antichissimi, ne è prova
l’aneddoto di Plinio il Vecchio che narra: «Si racconta
che Parrasio sia venuto in
competizione con Zeusi, il quale
presentò un dipinto raffigurante acini d’uva: erano riusciti così bene, che alcuni uccelli volarono fin sul quadro.
Lo stesso Parrasio, a sua volta,
dipinse un drappo, ed era così
realistico che Zeusi – insuperbito dal giudizio degli uccelli – lo sollecitò a rimuoverlo, in modo che si potesse
vedere il quadro. Ma non appena si accorse del suo errore, con una modestia che rivelava un nobile sentire, Zeusi
ammise che il premio l’aveva
meritato Parrasio. Se infatti
Zeusi era stato in grado di
ingannare gli uccelli, Parrasio aveva ingannato lui, un
artista». Altra conferma la
forniscono i ritrovamenti
di Pompei: raffinatissime
decorazioni alle pareti ritraggono ambienti e momenti di vita che pur realizzati con principi prospettici intuitivi sono comunque di grande efficacia.
L’apparato pittorico illusionistico può essere esibito come espressione di
particolare abilità oppure
concepito per trarre volutamente in inganno l’osservatore. Uno degli elementi fondamentali per
l’acquisizione della consapevolezza del gioco illusorio è la cornice: essa costituisce un limite che stabilisce un dentro e un fuori,
e pur non appartenendo
a nessuno dei due mondi,
contribuisce a distinguerli;
in un quadro essa avverte
della finzione e quando è
assente, come nella pittura
murale, la raffigurazione
può diventare ingannevole.
Il trompe l’oeil può essere
interpretato proprio come
il tentativo di aggirare la
cornice così da nascondere
il messaggio chiarificatore
che questa fornisce.
Nel Medioevo, decadendo
la definizione della spazialità, si annulla anche l’interesse per tutte le forme
di riproduzione della realtà. Tracce della volontà
di intervenire sullo spazio
architettonico mediante
degli artifici pittorici si ri-
sopra Casa dei Vettii a Pompei
a lato Giotto: Coretto nella
Cappella degli Scrovegni a
Padova
vedono nel Trecento: nella
Cappella degli Scrovegni
a Padova ad opera di
Giotto, si trovano, infatti,
delle lastre dipinte con effetto marmo che alterano
il costruito reale. E’ dal
Rinascimento, insieme
alla scoperta e alla codifica delle leggi della prospettiva, che l’arte si riavvicina al naturalismo, con
un conseguente ritorno all’illusionismo che spesso
orientato in senso architettonico, arriva a livelli
raffinatissimi investendo
non solo le pareti, ma anche le strutture architettoniche per deformarle otticamente esasperandole
con la simulazione di “sfondati” prospettici. Ci si affida al trompe l’oeil per dilatare il costruito, per aprirlo
verso esterni immaginari
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da sopra in senso orario Giulio Romano: Sala dei giganti - Mantova, Palazzo Tè
Paolo Veronese: interno di Villa Barbaro a Maser - Treviso
Baldassarre Peruzzi: Sala delle prospettive alla Farnesina - Roma
di falsi ambienti naturali.
A partire dalla famosa Camera degli Sposi di Andrea
Mantegna a Mantova del
1474 si moltiplicano le richieste e le elaborazioni di
complessi schemi a trompe
l’oeil e sempre più spazi
vengono decorati con queste prospettive illusionistiche.
Interessante e particolare
è l’opera di Giulio Romano
a Mantova nel Palazzo Tè:
in un corpo principale a
pianta quadrata sono realizzate molte stanze riccamente decorate, in una di
queste, la Sala dei Giganti,
la scena della caduta dei
colossi, che per superbia
avevano osato innalzarsi
fino al cielo, copre interamente l’ambiente, senza
soluzioni di continuità,
così da immergere l’osservatore in una specie di sogno, o incubo, dell’imma-
gine della “caduta”.
Nella Villa Barbaro a Maser, costruita su progetto
di Andrea Palladio, Paolo
Veronese decora tutti gli
ambienti principali giocando sui rapporti tra le
strutture architettoniche
reali e gli effetti illusionistici della pittura, portici trompe l’oeil incorniciano paesaggi fantastici,
si fingono figure che hanno
l’apparenza di statue, si
aprono finte porte sull’esterno dalle quali si affacciano improvvisamente
personaggi irreali.
La decorazione prospettica
di tipo prevalentemente
architettonico, che prende
il nome di Quadraturismo,
raggiunge il massimo
splendore nel Barocco che
è per eccellenza il periodo
degli effetti scenografici.
I trompe l’oeil barocchi rappresentano scene dinami-
che lontane
dalla staticità
rinascimentale con una
totale compenetrazione di
architettura,
pittura e scultura unita al
gusto per la
teatralità e la
grandiosità
scenografica,
al recupero e allo stravolgimento di forme classiche per arrivare a suscitare
nello spettatore confusione,
persuasione e meraviglia.
Numerosissimi e spettacolari sono gli esempi che
si possono citare: l’elaborazione prospettica-strutturale realizzata da Francesco Borromini a Roma
nel Palazzo Spada, dove
uno spazio limitato si trasforma in una galleria di
grande profondità; gli in-
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Tiepolo: Sofonisba che riceve il veleno da Massinissa - Milano, Palazzo Dugnani
terventi di Andrea Pozzo,
come quello nella Chiesa
di Sant’Ignazio a Roma, le
scenografie murarie dipinte da Baldassare Peruzzi
nella Sala delle Prospettive
alla Farnesina o le opere
dei Tiepolo.
Anche la cornice, nella
forma e nella funzione, rientra in gioco e in pochi decenni subisce profonde trasformazioni; osservando le
decorazioni a stucchi e affreschi di chiese e palazzi
fra il Cinquecento e il Seicento, si nota come questa
cominci a travalicare il concetto di limite, di separazione e tenda invece ad
amalgamarsi e a diventare
parte dell’immagine pur
mantenendo il ruolo di dare
risalto alla rappresentazione. Questa trasformazione, che nasce dall’idea
dell’oculo aperto della Ca-
mera degli Sposi di Mantegna, si sviluppa in vere e
proprie macchine scenografiche dipinte che coinvolgono e risucchiano lo
spettatore, facendogli dimenticare la piattezza della
rappresentazione, per trascinarlo in un mondo fantastico e tridimensionale
che si apre oltre l’architettura attraverso la cornice.
Per raggiungere questa
unificazione fra pittura e
supporto architettonico
è necessario coinvolgere
proprio quest’ultima: essa
perde i suoi limiti geometrici, invade lo spazio dipinto e quello strutturale.
Questo è l’artificio sfruttato, per esempio, da Annibale Carracci nella Galleria di Palazzo Farnese a
Roma. In quest’ambiente
lungo e stretto coperto da
una volta a botte, Carracci
costruisce una scenografia
potentissima, utilizzando
gli elementi strutturali esistenti per rafforzare l’illusione complessiva, fonde
strutture, pitture e sculture fino a far perdere i confini tra reale e raffigurato.
Dipinge figure che vogliono
sembrare reali, figure che
vogliono sembrare dipinte
in quadri riportati e figure
che simulano sculture. Inganna l’occhio saltando dal
bidimensionale al tridimensionale vero e falso, facendoci percepire l’uno per
l’altro e viceversa.
Tra Seicento e Settecento,
a soddisfare maggiormente
il desiderio di mimesi dell’arte, si introduce la camera oscura nel campo pittorico, introduzione che
evolvendosi approderà nell’Ottocento alla fotografia
vera e propria. Questa evo-
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luzione che sembrava condannare, demotivare la pittura, ha, invece, l’effetto
contrario, la libera e le restituisce vitalità, permettendole di individuare
nuovi percorsi interpretativi compresi quelli della
trasfigurazione della realtà. L’arte moderna mette,
infatti, in discussione la
propria funzione mimetica: la rappresentazione
non è più riproduzione,
ma diventa espressione profonda della psiche umana.
In ogni caso, se si eccettuano le cosiddette “stanze
paese”, produzione setteottocentesca italiana di gusto romantico, costituite
da stanze interamente dipinte da pavimento a soffitto, a volta senza angoli,
con riproduzioni di paesaggi o giardini, alla metà
del Settecento le rappresentazioni altamente scenografiche e illusorie entrano in declino, sia per
esaurimento interno sia
per il più generale decadere dell’affresco.
Finito quindi il periodo
d’oro, il trompe l’oeil riappare ogni tanto, di volta
in volta variamente interpretato; nel Surrealismo,
per esempio, è chiamato a
fissare le fantasie oniriche
alla ricerca di un sogno e
di un pensiero non controllato dalla ragione come
nell’opera di Salvador Dalì,
o nell’illusionismo onirico
di René Magritte, dove
gioca con la confusione tra
realtà e rappresentazione
per provocare una riflessione proprio sul confine
tra i due termini e dimostrare l’assurdità di voler
dipingere il reale. Nella
Condizione umana di Magritte, un quadro all’interno del dipinto conduce
questo gioco tra rappresentazione naturalistica e
realtà: il quadro “falso” ha
Annibale Carracci: Venere e Anchise (part.) e volta della Galleria di Palazzo Farnese a Roma,
lo stesso identico aspetto
del concreto “rappresentato”, al punto da fondersi
e confondersi con esso.
Tra le interpretazioni moderne, assolutamente personale e interessante è
l’opera di Maurits Cornelis Escher, genio delle prospettive impossibili, utilizzate con l’intenzione di
destabilizzare il sistema
percettivo dello spettatore
e di mettere in dubbio
l’unicità della lettura della
rappresentazione, che, invece, riesce a farci vedere
in modi opposti.
Il trompe l’oeil, al di là degli episodi puramente decorativi, riemerge preferibilmente nei momenti di
crisi creativa, più che altro quando serve una certezza cui si può facilmente
far riferimento. Ricompare, per esempio, nell’Iperrealismo, una tendenza degli anni Settanta del Novecento che nasce negli
Stati Uniti e che si caratterizza proprio per questo
ritorno alla realtà, colta
con l’ausilio della fotografia, nei suoi aspetti più banali e quotidiani con una
voluta neutralità che cancella il tocco, la mano dell’artista. Attualmente è il
Graffitismo che rielabora
questa tecnica, non la uti-
lizza solo come metodo
espressivo, ma la fa diventare un mezzo per riappropriarsi del territorio: si dipinge clandestinamente
per la città sovrapponendosi agli occasionali supporti cancellandone le caratteristiche prospettiche
e cambiandone i confini.
L’invenzione della rappresentazione illusoria della
realtà, antichissima e perfezionata nel Quattrocento
con la codifica delle leggi
della prospettiva, ha messo
in moto un meccanismo
di produzione (e di richiesta) di immagini sempre
più fedeli al vero che nel
tempo si è evoluto nella
fotografia, nel cinema fino
all’odierna realtà virtuale.
Il visibile riprodotto vuole
superare la realtà stessa alla
ricerca di una fedeltà sempre più forte, con il rischio
però, di perdere il limite
di artificio dimenticando
la sua natura di finzione.
Questo genere di rappresentazione con alti e bassi
ed evolvendosi tecnologicamente è arrivata quindi
fino a noi. Oggi, più di
ogni altra tendenza, è il fenomeno della realtà virtuale che riporta in primo
piano il rapporto tra reale
e finzione giocando proprio sull’ambiguità delle
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dall’alto in senso orario
M.C. Escher: Altro mondo
S. Dalì: Cristo di San Giovanni della Croce
Immagine digitale 3D
Graffito urbano
R. Magritte: Condizione umana
rappresentazioni. Le attuali immagini 3D probabilmente ci fanno provare
delle sensazioni analoghe
a quelle anticamente vissute di fronte alle inven-
zioni del trompe l’oeil. La
tecnologia riporta in primo
piano l’abilità dell’uomo
di creare l’illusione, la tradizione rappresentativa
mimetica si rimette in cam-
mino: i computer diventano i nuovi creatori di illusionismi non più pittorici, ma digitali.
francesca bardi
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