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Ricordati di proteggerti

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Ricordati di proteggerti
Grazia Macchieraldo *
Analista transazionale certificata
specializzata in counselling, formatrice
Da alcuni anni mi occupo di educazione tra pari, impiegata come metodologia per sviluppare interventi di
prevenzione e riduzione del danno per
persone che si prostituiscono, sia donne
sia transessuali, e attività di prevenzione per giovani delle scuole secondarie.
Quando il Dipartimento di Prevenzione
dell’Asl Città di Milano mi ha proposto
di seguire un progetto di educazione tra
pari per la prevenzione degli incidenti
domestici tra la popolazione anziana
ho provato molteplici e differenti sensazioni. Curiosità di occuparmi di un
intervento innovativo, per le finalità
che presentava, per gli obiettivi che si
poneva e per il target di riferimento.
Preoccupazione collegata all’ambizione
del progetto proposto: realizzare un’attivazione comunitaria in una zona della
città di Milano con l’intento di avviare
un gruppo di lavoro composto da anziani e farlo diventare autonomo nella
realizzazione di attività di prevenzione
rivolte al medesimo target. Non avendo
un’esperienza diretta di lavoro con gli
anziani e riflettendo sulle differenze
che li caratterizzano rispetto a diversi
destinatari di interventi, mi sono posta
alcune domande su di loro: si faranno
coinvolgere, avranno voglia di lavorare
in gruppo, accetteranno di farsi formare
sia sui contenuti informativi sia sulle
modalità relazionali, che tenuta avranno per la realizzazione dell’intervento,
saranno capaci di auto-organizzarsi e
diventare autonomi.
Ho accettato l’incarico sospinta
dall’interesse di lavorare insieme a
persone anziane, considerandole portatrici di esperienze e risorse importanti, forse poco scattanti e veloci ma non
per questo prive di energia. Il progetto
che abbiamo realizzato è stato la prima
esperienza italiana, si è quindi trattato
di un progetto sperimentale e le domande sopra elencate si sono trasformate in
criteri di cui tenere conto in fase di valutazione, aspetti da monitorare in itinere
e sui quali raccogliere riflessioni per la
valutazione finale.
Il progetto “Prevenzione degli infortuni domestici negli anziani mediante
attivazione comunitaria” si articola in
più azioni: una campagna di informazione e sensibilizzazione sulla tematica
della sicurezza domestica; corsi di educazione neuro-motoria indirizzati alla
popolazione anziana; cicli di seminari
sia tecnici per operatori sia divulgativi;
un intervento di educazione sanitaria
centrato sulla metodologia dell’educazione tra pari, finalizzato alla modifica
di alcuni fattori di rischio di incidente
domestico. Il compito degli educatori
pari è di occuparsi della realizzazione
del passaggio dalla dimensione informativa a quella della modifica dei comportamenti a rischio, perciò è richiesta
loro una competenza sia sui contenuti
tecnici della dinamica degli incidenti
domestici sia sulle modalità comunicative e relazionali. Grazie all’azione
degli educatori pari, si intende passare
dall’erogazione di informazioni a livello
generale a una consulenza più specifica alle singole persone, che permetta di
individuare il problema e di esplorare le
possibili alternative per risolverlo.
COS’È L’EDUCAZIONE TRA PARI
A tutti noi è capitato di vivere
un’esperienza di scambio di saperi con
persone che, per una qualche ragione,
ci assomigliano: perché hanno attraversato una situazione simile alla nostra,
Anziani
L’articolo descrive l’avvio della sperimentazione,
in una zona di decentramento della città di Milano,
dell’impiego di educatori pari anziani per svolgere
un intervento di attivazione di comunità volto
alla prevenzione degli incidenti domestici tra la
popolazione anziana.
7
Note
* Presidente della cooperativa Piccolo Principe,
Milano, www.piccoloprincipeonlus.org..
1 La psicologia sociale nacque negli Stati Uniti
all’inizio del 20° secolo. Il primo studio pubblicato
in questa area era un esperimento attuato da Norman Triplett (1898) sul fenomeno di facilitazione
sociale. Durante gli anni Ottanta, la psicologia
sociale giunse alla maturità in teoria e metodo.
Gordon Allport nel 1985 definisce la psicologia
sociale come “lo studio scientifico di come i pensieri delle persone, i sentimenti e i comportamenti
sono influenzati dall’attualità, l’immaginazione
o la presenza implicita di altri”. L’asserzione che
altri possono essere immaginati o possono essere
implicati suggerisce che noi siamo anche pronti
all’influenza sociale quando nessun’altra persona
è presente, come quando guardiamo la televisione,
o quando seguiamo norme culturali interiorizzate.
Psicologi sociali spiegano il comportamento umano
come un risultato dell’interazione di stati mentali
e situazioni immediate, sociali.
n. 21/2008 Prospettive Sociali e Sanitarie
Ricordati
di proteggerti
perché svolgono il medesimo mestiere,
perché condividiamo l’età anagrafica.
Questo genere di scambio di saperi si
realizza godendo del vantaggio dato dal
senso di vicinanza presente tra persone
che, per una qualche ragione, si percepiscono simili, e porta con sé un vissuto
di comprensione immediata, intensa,
l’idea di sentirsi capiti nell’esperienza
condivisa e di essere accettati per quello che si è. Gli svantaggi che capita di
incontrare possono essere: una tendenza
all’appiattirsi sulle similitudini senza
voler guardare le differenze, un’eccessiva vicinanza e la conseguente confusione rispetto alle specificità delle persone,
la messa in atto di un ascolto parziale
dovuto all’attribuzione di maggior interesse al parlare di sé piuttosto che al
dialogare. L’educazione tra pari è una
metodologia volta ad attivare le risorse
della persona attraverso lo scambio e
il passaggio di informazioni, saperi e
competenze, basandosi sulla valorizzazione dei vantaggi dell’incontro tra pari
e sul contenimento degli svantaggi qui
sopra evidenziati. Come? Affiancando
alle doti individuali e alla modalità
informale una formazione specifica che
consenta all’educatore pari di possedere
alte competenze sui contenuti informativi e modalità relazionali includenti,
rispettose e funzionali al passaggio delle comunicazioni e alla stimolazione di
processi di attivazione nell’altro.
La filosofia che sottende l’educazione tra pari mira a valorizzare le risorse
e le capacità comunicative dei pari nel
diffondere informazioni contribuendo al
superamento delle barriere culturali e
comunicative che spesso si frappongono
tra operatori professionali (sociali e sanitari) e popolazione target dell’intervento. Questo approccio si basa sull’evidenza, emersa da innumerevoli ricerche di
psicologia sociale,1 di come un individuo
sia più facilmente indotto a modificare
le proprie convinzioni e atteggiamenti
se il gruppo sociale al quale appartiene
sospinge in questa direzione.
Anziani
IL COINVOLGIMENTO
DEGLI ANZIANI
n. 21/2008 Prospettive Sociali e Sanitarie
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Il Dipartimento di Prevenzione
dell’Asl Città di Milano ha costituito
un gruppo di lavoro composto da un
medico specialista in Igiene e medicina
preventiva, da un medico specializzando in Igiene e medicina preventiva, un
medico specialista fisiatra, due fisioterapiste e due studentesse del Corso di
laurea per Assistenti sanitarie in tirocinio. Il gruppo di lavoro si è occupato
di individuare il territorio cittadino su
cui realizzare il progetto e di scegliere
e contattare alcuni attori istituzionali
indispensabili per la riuscita dello stesso: il Consiglio di zona, i sindacati dei
pensionati, le associazioni anziani, le
parrocchie. A queste istituzioni è stato proposto di partecipare a una rete,
organizzata in un consiglio di rete, con
i compiti di condividere le iniziative
già realizzate sulla prevenzione degli
incidenti domestici tra la popolazione
anziana e analizzarne gli effetti, promuovere nuovi interventi, monitorarli
e compiere una valutazione finale. Sul
primo territorio cittadino scelto, le istituzioni più interessate al progetto e più
disponibili a un coinvolgimento diretto
e attivo si sono rivelate essere il Consiglio di zona e le parrocchie. Ciò ha portato a orientarsi verso le parrocchie del
Decanato per proporre il reclutamento
dei futuri educatori pari. La presenza
di una struttura organizzativa preesistente all’interno delle parrocchie ha
facilitato di molto l’individuazione dei
candidati a divenire educatori pari: è
stato possibile realizzare incontri per
presentare il progetto ai cittadini e
avanzare le nostre richieste di coinvolgimento, e il Decanato ha individuato
una figura di coordinamento interno
che si è rivelata particolarmente preziosa. La persona individuata si è occupata di raccogliere le adesioni da parte
di persone interessate, di stimolarne
altre in modo da riuscire a coprire nella
maniera più uniforme possibile tutto
il territorio della zona, di mantenere
i contatti nel tempo (telefonando per
ricordare gli appuntamenti e per avere
notizie rispetto ad assenze), di fungere da sprone e da supporto per quelle
parrocchie meno organizzate. Ha svolto
quindi una funzione di coordinamento
sul campo senza la quale non si sarebbe
riusciti a creare il gruppo di educatori
pari, mantenerlo nel tempo e realizzare gli specifici interventi nelle diverse
realtà.
Grazie all’azione di sensibilizzazione condotta dal gruppo di lavoro dell’Asl
e alla collaborazione della coordinatrice individuata dal Decanato, nel giro
di un paio di mesi 12 persone si sono
offerte per diventare educatori pari.
In questo caso, il gruppo di lavoro ha
indicato alcune caratteristiche indispensabili per l’individuazione degli
educatori pari (motivazione, disponibilità di tempo e all’assumersi l’impegno
richiesto, capacità di stare con gli altri,
predisposizione alla comunicazione) e
affidandosi alla loro capacità di discernimento; non ha quindi effettuato una
selezione dei candidati, procedura invece sempre messa in atto in altri contesti
di intervento dei futuri peer (la scuola
e gli interventi rivolti a persone che si
prostituiscono). A posteriori posso dire
che questa modalità ha funzionato,
poiché c’è stato un solo abbandono e le
persone individuate hanno mostrato di
possedere qualità congruenti alla funzione di educatori pari.
LA FORMAZIONE
DEGLI EDUCATORI PARI
Il programma di formazione per i
futuri peer, il calendario e la sede sono
stati condivisi con il gruppo di lavoro dell’Asl e, successivamente, con la
coordinatrice interna. Lavorando con
gli anziani, ho messo a fuoco quanto
siano delicate le questioni di setting. Il
tempo è prezioso perché poco, in senso
figurato (l’incertezza e la paura rispetto alla tenuta delle proprie condizioni
psicofisiche, la percezione di potersi
prendere un impegno solo in maniera
condizionata) e letterale, a causa delle molteplici responsabilità pubbliche
all’interno della parrocchia e private
rispetto alla cura di sé, dei coniugi e dei
nipoti. Questo ha comportato il fatto di
poter avere a disposizione una specifica fascia oraria, la mattina dalle 9,00
alle 12,00 (estrema concessione, poiché
sarebbe più opportuno terminare alle
11,30 perché c’è il pranzo da preparare) e anche una ricerca di brevità e una
specie di fretta sentite da loro come
esigenze forti, soprattutto all’inizio del
percorso. La richiesta è “facciamo il più
in fretta possibile”, “facciamo lo stretto
necessario”, “ma come è possibile che ci
voglia tutto questo tempo”. È come se il
loro primo impulso sia di svalutazione:
non c’è bisogno di tutto questo tempo
per imparare (già so, non c’è bisogno
di creare un gruppo coeso per lavorare
bene, posso fare da me), insomma “c’è
poco tempo e molte cose importanti da
fare perciò sbrighiamoci”. La questione
dello spazio riguarda prevalentemente
la scelta del luogo in cui realizzare il
percorso formativo: provenendo da parrocchie di una zona della città era indispensabile individuare un luogo facilmente raggiungibile da tutti, servito dai
mezzi pubblici, accessibile, accogliente
e riservato. Avremmo preferito realiz-
zare il corso sul loro territorio, ma nessuno spazio disponibile presentava le
caratteristiche richieste, così la scelta è
ricaduta sulla sede del Dipartimento di
Prevenzione collocata in centro città.
Pensando a come strutturare il percorso formativo, mi sono domandata
quali fossero le competenze indispensabili per svolgere adeguatamente la
funzione di educatori pari per la prevenzione agli incidenti domestici tra la
popolazione anziana e, di conseguenza,
quali fossero gli aspetti della comunicazione fondamentali da far passare.
Gli aspetti individuati riguardavano
gli assiomi della comunicazione umana, con una particolare attenzione alla
relatività dei punti di vista, la capacità
di accogliere l’altro per quello che è, la
sospensione del giudizio, l’ascolto attivo,
l’individuazione della trama narrativa
del ragionamento che l’interlocutore mi
propone e alcuni aspetti della gestione
del colloquio: il setting, la restituzione,
il proporre informazioni, il confronto
e la chiusura. Una volta focalizzati gli
argomenti da trattare, mi è sorto un
interrogativo strettamente collegato al
fatto di proporre un percorso formativo
a persone anziane: come fare a conciliare le tematiche formative individuate
con modalità comunicative personali
consolidate negli anni? Questo aspetto
mi preoccupava, poiché mi domandavo
se una persona anziana, con un solido
sistema di riferimento relazionale, fosse
disponibile ad apportare delle modifiche
seppur funzionali; se avrebbe accettato
di introdurre qualche modalità altra.
Di fronte a questo dubbio ho strutturato i sei incontri di formazione prestando una particolare attenzione a
due aspetti: l’ancoraggio degli elementi
formativi allo specifico ruolo dell’educatore pari e la metodologia da proporre.
L’ancoraggio è un’operazione che ha
consentito di distinguere tra le modalità comunicative usate nel ruolo di peer e
quelle personali impiegate tutti i giorni
nella vita privata, in modo che le teorie
di riferimento e gli strumenti operativi
presentati potessero essere inquadrati
come utili e funzionali per svolgere le
attività di prevenzione con le persone
anziane e fosse chiaro che non venivano
messe in discussione le modalità comunicative personali della quotidianità.
In questo modo, qualsiasi eventuale
ritocco al sistema comunicativo veniva
collegato all’area del fare, all’area delle
competenze, e non a quella dell’essere,
così da evitare che i partecipanti potessero sentirsi messi in questione come
persone. Per quanto riguarda la metodologia proposta, ho costruito le mezze
giornate con brevi input teorici, molte
esercitazioni, uno specifico tempo dedi-
LA PROGETTAZIONE
PARTECIPATA
Quattro incontri sono stati dedicati a decidere quali fossero le modalità
peculiari e le azioni specifiche che gli
educatori/trici pari avrebbero sviluppato sul proprio territorio. All’inizio
di questa fase si sono ripresentati gli
atteggiamenti di svalutazione già visti
nell’avvio della formazione. L’ipotesi
che ho messo a fuoco è che hanno usato la svalutazione come atteggiamento difensivo di fronte alla richiesta di
essere attivi e di essere autonomi (seppur ancora supportati). Era come se
dicessero: “È inutile che chiediate a noi
come vogliamo impostare l’intervento,
noi facciamo quello che volete voi, anzi
se lo fate voi e noi stiamo nelle retrovie
è meglio”. È emerso un atteggiamento
di delega, la paura di assumersi una
responsabilità, il desiderio di ritirarsi.
L’idea di dedicare alcuni incontri a un
percorso di progettazione partecipata è
quindi stata opportuna, perché ha trasmesso in maniera diretta e concreta
l’inevitabilità del loro protagonismo.
Fino a quel momento avevamo parlato in termini teorici e astratti del ruolo
e della funzione degli educatori pari
e degli strumenti da loro impiegabili.
Ora, pur non essendo ancora giunti alla
fase operativa, si poteva guardare l’operato degli educatori pari sotto un profilo pratico e soprattutto personalizzato,
ossia “Io, signora Carla di anni xx dal
giorno y sul territorio k mi dedicherò a
questa specifica attività j e farò z”.
Durante il percorso di progettazione
partecipata, ciascun educatore pari ha
analizzato le specificità del proprio territorio e delle persone che lo frequentano e, conseguentemente, ha individuato
le maniere più opportune per avviare
un intervento di prevenzione mirato
alle persone anziane di quel contesto. Il
risultato è stata la creazione di piani di
lavoro specifici per ogni realtà coinvolta
e dettagliati in base a obiettivi, sottoobiettivi, azioni e tempi. Si è trattato di
un lavoro faticoso perché pochi di loro
possedevano capacità organizzative,
perciò ho potuto procedere lentamente, sollecitando la loro attenzione su
carenze, incongruenze, salti temporali,
casualità presenti nella loro originaria
idea operativa. Lo scrivere in maniera sistematica i piani d’azione dalla
prima versione a quella definitiva ha
permesso di renderli concreti, facilitare l’analisi essendo visibili e non solo
mentali, modificarli e compararli nelle
diverse versioni e vederne l’evoluzione.
Al termine di questo lavoro, tutti i piani presentavano una trama comune che
si declinava in maniera peculiare per
ciascuna realtà coinvolta. La trama era
scandita da alcune attività condivise:
far sapere dell’esistenza degli educatori
pari, sensibilizzare rispetto al problema degli incidenti domestici, informare
sulle modalità di prevenzione, proporsi come interlocutori sul territorio per
affrontare questioni legate a pericoli di
incidenti domestici.
GLI INTERVENTI
Le azioni realizzate dagli educatori
pari nel primo semestre di attività hanno permesso di contattare circa 1.200
anziani presenti sul territorio. Gli interventi diretti si sono per lo più articolati
secondo due distinte modalità. La prima ha previsto la realizzazione di un
incontro informativo dove operavano
attraverso la co-conduzione un operatore sanitario ed un educatore pari,
organizzato da quest’ultimo nel centro
parrocchiale di riferimento. Gli obiettivi dell’incontro erano: a) acquisire
informazioni precise sulla consapevolezza del rischio di incidenti domestici
dei partecipanti tramite la somministrazione di una scheda di rilevazione
del rischio; b) fornire indicazioni corrette sulla prevenzione agli incidenti
domestici; c) presentare gli educatori
pari descrivendo il loro ruolo e i modi
attraverso cui interloquire con loro.
La presenza dell’operatore sanitario è
servita non solo a dare rilevanza alle
informazioni trasmesse, ma soprattutto ad attribuire importanza alla figura
dell’educatore pari. A distanza di circa
un mese da questo primo momento è stato realizzato un secondo incontro, completamente gestito dall’educatore pari,
il cui obiettivo era di verificare la comprensione delle informazioni ed entrare
nel merito delle singole situazioni problematiche. Il carattere di questo secondo momento è stato ludico, sono stati
infatti proposti quiz a premi (creati con
la collaborazione di tutto il gruppo di
peer e nostra) e solo successivamente si
è aperto un confronto un po’ più serioso
focalizzato sui contenuti meno compresi
o che, sulla base degli esiti dell’analisi
delle schede di rilevazione del rischio,
Anziani
Rispetto al materiale di approfondimento, originariamente avevo intenzione di darne poco, temendo di appesantirli e annoiarli; sono stati loro a sollecitarmi a fornirgliene di più, dimostrando
interesse e curiosità. A inizio mattina
estraevano dalla cartelletta il materiale distribuito al termine dell’incontro
precedente, lo commentavano, ponevano domande, esponevano punti di vista
diversi e obiezioni; insomma è stato
un aspetto che è servito ad arricchire
i contenuti e ad attivare il gruppo con
ragionamenti e discussioni.
9
n. 21/2008 Prospettive Sociali e Sanitarie
cato alla discussione e una scelta ponderata di materiale di approfondimento
semplice e mirato da leggere a casa. Le
esercitazioni proposte avevano l’obiettivo di stimolare i partecipanti a integrare gli input teorici sulla comunicazione
e gli strumenti operativi proposti con
le loro modalità relazionali, consolidate
negli anni. Ho calibrato le esercitazioni
in modo da partire con un basso coinvolgimento diretto e aumentarlo con il
tempo. All’inizio abbiamo guardato e
analizzato spezzoni di film, in questo
modo si sono sentiti liberi di criticare
atteggiamenti e comportamenti degli
attori terzi sconosciuti, e questa modalità ha consentito di lavorare sul significato del giudizio e della critica, sui modi
attraverso cui comunicarli e sugli effetti
desiderati e sortiti. Durante gli ultimi
incontri del percorso, sono state realizzate simulate (di presentazione degli
educatori pari, di colloqui con interlocutori su questione connesse alla prevenzione degli incidenti domestici): il
gruppo è stato molto caldo e accogliente
con i protagonisti delle simulate, sapendo apprezzare i passaggi ben condotti e
cogliere e restituire in maniera delicata
e precisa gli aspetti disfunzionali della comunicazione. Ho provato un forte
sentimento di orgoglio nei loro confronti, sono stati proprio bravi!
Al gruppo degli educatori pari in
formazione è piaciuto molto poter dire
la propria, esprimere opinioni, raccontare esperienze; lo spazio dedicato alla
discussione è stato essenziale per loro,
perché hanno avuto a disposizione un
momento specifico per potersi sentire
protagonisti portando idee, riflessioni e
storie di vita. All’inizio del percorso formativo facevano però fatica a discutere,
sembrava che fossero più interessati a
far conoscere la propria posizione piuttosto che a confrontarsi con gli altri. Lo
spazio dedicato alla discussione è stato
per me un momento affascinante, per
la profondità di alcuni ragionamenti portati e l’intensità di esperienze
raccontate e, allo stesso tempo, molto
impegnativo per gli aspetti legati alla
conduzione: stimolare la partecipazione
di tutti, garantire un tempo a ciascuno,
segnalare in maniera delicata l’esigenza della sintesi, evitare l’escalation a
“chi la dice più grossa”, trovare fili conduttori e collegamenti con gli argomenti
formativi proposti e restituirglieli. Questo spazio si è configurato come un altro
strumento utile per stimolare la comparazione tra le teorie comunicative e
relazionali proposte e la loro esperienza
personale di comunicazione e relazione,
permettendo di innescare un processo
di aumento di consapevolezza rispetto
a punti di forza e punti deboli.
Anziani
risultavano essere più critici. Sono stati quindi diffusi sul territorio volantini
e locandine che ribadivano la presenza dell’educatore pari, il suo ruolo, la
disponibilità a incontri individuali e il
modo per mettersi in contatto.
La seconda tipologia ha previsto
un lavoro più centrato sulla rete, dove
l’educatore pari ha preso contatti con i
responsabili dei diversi gruppi operanti
nelle parrocchie e, in alcuni casi, sul territorio di sua competenza, con l’obiettivo
di sensibilizzarli rispetto all’importanza
della prevenzione agli incidenti domestici nella popolazione anziana. Il passaggio successivo è stato quello di realizzare alcuni incontri informativi- formativi rivolti ai responsabili interessati, in
modo che questi ultimi potessero farsi
tramite degli argomenti trattati con i
partecipanti alle attività da loro gestite e, laddove possibile, organizzassero
incontri informativi all’interno dei loro
gruppi condotti dall’educatore pari.
Per mantenere alta l’attenzione
sull’argomento e sulla presenza degli
educatori pari si è pensato di creare
brevi suggerimenti scritti per la prevenzione degli incidenti domestici, che
verranno pubblicati mensilmente su
bollettini, fogli, programmi e giornalini
delle parrocchie e del territorio.
n. 21/2008 Prospettive Sociali e Sanitarie
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A CHE PUNTO SIAMO
Gli educatori pari hanno avviato l’intervento diretto e vengono seguiti attraverso alcuni incontri di supervisione di
gruppo finalizzati a supportarli nella
realizzazione delle attività, aumentare
la coesione del gruppo mantenendo il
confronto, monitorando e valutando le
azioni realizzate per individuare quello
che è andato bene e quello che è da correggere, condividendo ipotesi e opzioni
di intervento.
Le azioni poste in essere dagli educatori pari hanno suscitato grande partecipazione e stimolato interesse tra
gli abitanti di quel territorio. Gli stessi
educatori pari non si aspettavano tanta
attenzione e un tale successo, cosa che li
ha confermati nel loro ruolo e nelle loro
capacità. Rimane ancora da verificare
l’effetto dell’intervento rispetto alla
prevenzione degli incidenti domestici
tra la popolazione anziana e la tenuta
nel tempo. Per il primo aspetto il gruppo di lavoro dell’Asl continua a lavorare intorno alla scheda di rilevazione del
rischio, somministrata in più occasioni
codificate, con l’obiettivo di raccogliere
dati su cui realizzare una verifica statistica degli effetti dell’intervento. Sul
secondo aspetto ci sono ancora delle
incognite legate alla possibile autonomia di questi educatori pari nell’operatività. Finora hanno dimostrato molto
impegno, motivazione e responsabilità nella realizzazione degli interventi
pianificati, ma hanno anche richiesto di
non essere lasciati soli e di venir supportati in maniera costante. Penso che
la loro crescita verso l’autonomia sia un
percorso lento e progressivo e che sarà
importante evitare di fare salti in avanti, poiché il rischio che si corre è che riemerga l’atteggiamento svalutativo che
li pone in una posizione di difesa passivizzante. In questi mesi hanno infatti
dimostrato di essere disposti ad assumersi delle responsabilità condizionate e a procedere per passi progressivi,
da fare solo nel momento in cui c’è la
sicurezza di quale sia il luogo su cui si
appoggerà il piede. Essendo educatori
pari nell’ambito della prevenzione agli
incidenti domestici è il massimo della
coerenza auspicabile.
Bibliografia
Boda G., Life skills e peer education: strategie per
l’efficacia personale e collettiva, La Nuova Italia,
Milano, 2001.
Borlone P., Macchieraldo G., Fenarete Project.
Formazione professionale di educatrici pari nel
campo della prostituzione, Comitato per i diritti
civili delle prostitute, Pordenone, 2004.
Faretra A., Gnemmi A., Antonietti V., “Per una
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Maheady L., “Insegnamento mediato dai pari: lo
stato dell’arte”, Difficoltà di apprendimento, vol. 7,
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Palmonari A., Cavazza N., Rubini M., Psicologia
sociale, Il Mulino Bologna, 2002.
Pellai A., Rinaldin V., Tamburini B., “L’educazione tra pari: Prospettive teoriche e modelli”, Animazione Sociale, vol. 32, 10 (166), 2002, p. 77-88.
Quaglino G. P., Gruppo di lavoro, lavoro di gruppo, Cortina, Milano, 1995.
Steiner C., L’alfabeto delle emozioni, Sperling &
Kupfler, Milano, 1999.
segnalazioni
G. Agnetti, A. Erlicher, Y. Kazepov,
F. Lucchi, R. Radici, G. Rossi
Territori per la salute
mentale
Franco Angeli, Milano, 2008
Il percorso progettuale del Progetto
Equal “Territori per la salute mentale”
muove dall’assunto che per le persone
con disturbi mentali gravi l’occupabilità non si limita a interventi di formazione o di mero collocamento in un
contesto produttivo, ma è il risultato
di un’operazione più complessa che
integra più fattori: benessere generale,
condizioni abitative adeguate, partecipazione alla vita sociale, percorsi di
consapevolezza e rapporti negoziali
con servizi in grado di supportare gli
utenti nel raggiungimento di obiettivi
di inclusione sociale. In questa cornice
di riferimento è cruciale l’assunzione
di responsabilità per l’attuazione di
politiche in favore della salute mentale
da parte di tutti i “portatori di interesse” di una comunità locale. Da qui è
nata l’esigenza di valutare la capacità, la qualità dei territori socialmente
competenti a mettere in atto politiche
volte all’inclusione sociale dei soggetti sofferenti psichici. Per effettuare
questa valutazione è stato individuato
lo strumento dell’accreditamento tra
pari per le sue caratteristiche di duttile
flessibilità e di valorizzazione della
partecipazione di tutti i soggetti implicati nel processo di valutazione. Da
questa sfida è nato un Manuale per
l’accreditamento dei territori socialmente competenti alle politiche di
inclusione sociale dei soggetti malati
di mente, offerto come strumento per
la comunità locale per un confronto
e una valutazione delle loro pratiche
in merito. Il libro espone la visione di
salute mentale e i presupposti teorici che stano alla base del Manuale,
il testo del Manuale e la concreta
applicazione del modello dell’accreditamento tra pari nei cinque Distretti
lombardi che hanno partecipato al
progetto.
K. A. Quill (a cura di)
Comunicazione e
reciprocità sociale
nell’autismo
Erickson, Gardolo (TN), 2007
All’interno di una cornice teorica
completa e dettagliata, l’autrice raccoglie le strategie di insegnamento
e le tecniche educative che si sono
rivelate più efficaci per promuovere la
comunicazione e la socializzazione nei
bambini con autismo; lo fa guidata dal
principio che, per essere veramente
validi, gli interventi devono essere
individualizzati, basati sulle esigenze
e i punti di forza di ciascuno di loro, e
adattati al peculiare stile di apprendimento che caratterizza l’autismo.
Ciò che unifica i vari contributi di questo libro è la necessità di guardare e
percepire il mondo con gli occhi del
bambino: rispettare il suo punto di
vista è la chiave per attivare un repertorio di comportamenti e di competenze relazionali che gli consenta di
comprendere e districarsi nel labirinto
delle situazioni sociali, favorendo
autonomia, flessibilità e autocontrollo.
Una risorsa preziosa per genitori, insegnanti, professionisti, e per tutti coloro
che hanno a cuore il suo benessere e
la sua integrazione nella società.
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