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Il caso Lina e la brutta storia di Elsag Bailey

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Il caso Lina e la brutta storia di Elsag Bailey
VENERDÌ
17 AGOSTO
2007
Stampato da SAN BIAGIO STAMPA SpA
Via al Santuario N.S. della Guardia, 43P­43Q
tel. 010.7231711­ Fax 010.7231740
Registrazione Tribunale di Genova N. 7424 del 17­06­1924
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me
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GUGLIELMO MAISTO
FREDERIK NICOLAI
ATTILIO OLIVA
LANFRANCO VACCARI
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FRANCO CAPPARELLI*
CONSIGLIERI
CESARE BRIVIO SFORZA
ALBERICA BRIVIO SFORZA
VITTORIO BO*
MARCO FORMENTO
St
PRESIDENTE
CARLO PERRONE*
21
Certificato N.6024 del 04­12­2006
commenti&opinioni
Pizza & mafia
i tedeschi sapevano
dalla prima pagina
«Dove c´è la pizza c´è anche la
mafia», scrive Die Welt, riportando
un´intervista con l´ex mafioso Gior­
gio Basile, che parecchi anni fa era
considerato il padrino della Ruhr,
ormai in pensione dopo aver scon­
tato una lunga condanna. Ma i tede­
schi hanno imparato a distinguere:
diversi lettori hanno giá risposto
all´edizione online: gli italiani si
comportano bene da noi, e se i ma­
fiosi si uccidono tra loro non ci pre­
occupa. Finora non hanno mai mi­
nacciato i tedeschi. Su oltre 600
mila emigrati italiani in Germania,
si trovano in carcere in poco meno
di mille, una percentuale inferiore
alla media dei tedeschi.
Bisogna risalire a oltre trent´anni
fa per ritrovare il binomio pizzeria e
mafia. Allora, i tedeschi, a volte a ra­
gione, consideravano i locali italiani
come una succursale dell´onorata
societá. Se non erano mafiosi i piz­
zaioli erano vittime della mafia che
pretendeva il pizzo. Oggi, la mafia,
in tutte le sue varianti, dalla ca­
morra alla ´ndgragheta, è passata a
un livello superiore. È una mafia dai
colletti bianchi che sa investire in
borsa, commenta la Frankfurter Al­
lgemeine.
Secondo il
quotidiano
di Franco­
forte, il giro
di
affari
dell´organiz­
zazione cala­
brese am­
monterebbe
nella Repub­
blica Fede­
rale a una
decina di mi­
liardi
di
euro, e in
Europa su­
pererebbe i 35, più del prodotto na­
zionale lordo di un Paese come la
Lettonia. La ´ndragheta, secondo un
rapporto della polizia federale,
avrebbe investito di recente centi­
naia di milioni nell´acquisto di
azioni della società Gazprom, colle­
gata al presidente russo Putin, e per
cui lavora nel consiglio di sorve­
glianza anche l´ex cancelliere Ge­
rhard Schröder. A sua volta, la Gaz­
prom è sponsor dello Shalke, la
squadra di Genslekirchen, sempre
nella Ruhr a pochi chilometri da
Duisburg. Ma, ovviamente, non c´è
alcun collegamento con la strage di
Ferragosto. Le varie organizzazioni
criminali, italiane, russe, cinesi o
vietnamite, attive in Germania,
stanno bene attente a non entrare
in conflitto tra loro dividendosi
zone di influenza e settori in cui
operare.
Tutti i giornali non possono na­
scondere un certo stupore nel con­
statare che alcune regioni italiane
sembrano fuori della legge, e che
Roma abbia rinunciato a esercitare
un controllo, o non sia in grado di
imporlo.Maanchequestanonéuna
sorpresa: la situazione di Napoli, o
della Calabria, é nota da tempo.
Onestamente, la Sueddeutsche Zei­
tung ammette che anche in Germa­
nia, sia pure a un altro livello, la cri­
minalità organizzata, non solo
quella italiana, opera da tempo
pressoché indisturbata.
I controlli di polizia non sono ac­
curati e continui come in Francia o
in Gran Bretagna. Uno straniero
che stia attento nel guidare l´auto e
non frequenti locali notturni diffi­
cilmente verrà fermato. Città come
Kempten, in Renania, o Münster in
Westfalia, vengono considerate
come località sicure per padrini in
pensione, o che vogliono prendersi
unapausa,riconosconooggileauto­
rità. La Germania, si aggiunge, è uno
Stato federale, la polizia é di compe­
tenza regionale, e tra i vari Länder la
coordinazione non è affatto otti­
male. Esiste la Bka, la polizia fede­
rale, simile all´americana Fbi, ma é
facile sottrarsi alle ricerche sempli­
cemente traslocando da Monaco ad
Amburgo.
Nel periodo successivo alla riuni­
ficazione,infine,ilPaeseavevabiso­
gna di investimenti stranieri e non
ha controllato, o non ha voluto, i fi­
nanziamenti che giungevano
dall´estero. Paradossalmente, la ca­
morra ha contribuito alla rinascita
della Ger­
mania Est, e
ci ha guada­
gnato
su.
Non è un
caso che la
prima ese­
cuzione ma­
fiosa sia av­
venuta già
nel 1992, a
Rostock, sul
Baltico: un
commando
entrò in un
ristorante e
tra i clienti terrorizzati freddò un
padrino siciliano. Di recente, sono
avvenuti diversi delitti collegati alle
organizzazioni criminali, nella co­
munità turca, o in quella russa. La
strage di Duisburg non ha stabilito
neppure un record: lo scorso feb­
braio sette persone di origine viet­
namita vennero massacrate in un
ristiorante della Bassa Sassonia. I
presunti colpevoli sono già in car­
cere.
«Nonèchelamafiasiagiuntaoggi
da noi», riconosce Wolfgang Speck,
presidente del sindacato di polizia
(DPolG), «i nostri inquirenti lo
sanno benissimo, anzi la mafia ita­
liana non è diventata piú pericolosa
negli ultimi tempi. Per la crimina­
lità organizzata non esistono fron­
tiere, si limita ad agire dove ha più
convenienza e dove si sente al si­
curo. Tuttavia, non ci aspettavamo
un massacro come quello di Dui­
sburg. Ma non c´è alcun motivo d´al­
larme. Si tratta quasi di sicuro di
un´azione isolata, i cui motivi sono
da cercare in Italia. Non siamo di
fronte a una guerra tra bande in
Germania». Come dire, sono fatti di
voi italiani.
La ’ndrangheta in
Germania è fatta di
colletti bianchi che
investono in Borsa. Ma la
stampa preferisce
pensare che sia soltanto
un problema fra italiani
ROBERTO GIARDINA
Alla scuola di mia figlia
non chiedo nozioni
ma strumenti per vivere bene
VINCENZO TAGLIASCO
ia figlia Giovanna il
prossimo settembre
transiterà dalla scuola
media al liceo. In fami­
glia mi avevano chie­
sto, mesi addietro, di
aiutare Giovanna a
fare una scelta, a deli­
nearle alcuni scenari per il futuro. Invano ho cercato
di convincere le tre donne di casa a privilegiare una
preparazione tecnico­scientifica. Le mie recenti pre­
visioni sull’invasione di cinesi e indiani, bravissimi in
matematica e in tecnologia, e parchi nelle richieste
salariali, mi si sono ritorte contro. «Perché studiare
materie difficili, poco attraenti per poi dover emi­
grare? Perché non avete fondato imprese e industrie
ad alta tecnologia, invece di costruire ville, villette e
osceni condomini di lusso che hanno deturpato coste
e monti? Eppure tu eri all’Università e avresti dovuto
pensarci! Questa sarebbe stata una bella rivolu­
zione!» Anche averla mandata a fare la scout per i
monti della Liguria mi si ritorce contro.
Mi sono arreso: Giovanna si è iscritta al liceo clas­
sico. È stato inutile farla parlare con autorevoli pro­
fessoridiBostonchelehannodimostratochelecapa­
cità logiche e l’amore per la cultura possono essere
esercitate ­ invece che con defatiganti studi di lingue
morte ­ attraverso lo studio di lingue altrettanto effi­
caci quali il cinese e l’arabo. Il mio consiglio era quello
di scegliere una scuola poco impegnativa, senza
obiettivi di primato, e poi studiare il cinese e l’arabo a
latere. Niente da fare: Giovanna ha trovato alleati in­
credibili tra i miei amici, tra saggi imprenditori e sca­
M
fati chirurghi. È stato inutile delineare contesti au­
tunnali tristi e piovosi ove, circondata da voluminosi
dizionari di greco e grammatiche latine, sarà impe­
gnata in logoranti traduzioni che, a volte, fanno
odiare opere letterarie che vengono lette in periodi
della vita non adeguati. È stato inutile averle consi­
gliato di leggere il classico testo di futurologia di Gau­
din Thierry: 2100, récit du prochain siècle (2100, sce­
nario del prossimo secolo). Giovanna vuole solu­
zioni, non raffinate esposizioni di incerti futuri.
D’altra parte come fare a raccontare a Giovanna
l’amore per gli altri, per gli ideali di solidarietà, di li­
bertà e giustizia e, nello stesso tempo, i trucchi che
dovrebbe conoscere per affermarsi, per riuscire a
competereinunmondosemprepiùglobaleeprivodi
pietàperiperdenti?«Faquellochevuoi;peròtiposso
dare un consiglio: usa tutte le tue conoscenze per sa­
pere quali sono gli istituti in cui si studia di meno, in
cui i professori non ti inondano di compiti a casa,
dove non ti stanno con il fiato addosso; cerca di avere
la lista di quegli istituti in cui non ti cercano di som­
mergere con nozioni, ma quelli che ti fanno amare la
cultura, che non pretendono che tu sappia tutto di
tutto, quelli soprattutto che ti lasciano tempo per
l’ozio, per te stessa, per le tue attività collaterali».
Giovanna,daunpuntodivistastatistico,correilri­
schio di vivere fino a cent’anni. Sottolineo la parola
“rischio” perché se non ci si costruiscono, da giovani,
sogni e passioni, se non si mettono a punto meccani­
smi di fruizione del bello, del piacere di stare con gli
altri, c’è il rischio che con il naturale evolversi del
corpo e della mente la vita possa perdere significato.
Per questo motivo ho consigliato a mia figlia di im­
parare a ballare, a suonare almeno uno strumento
musicale, a leggere uno spartito, a imparare gli sport
chesipossonopraticareanchedaanzianiequelliche
permettono di socializzare. Giovanna dovrebbe im­
parare a conoscere il proprio corpo, trattarlo con at­
tenzione e rispetto. Guai a non pensare in tempo a
dareunastoriariccaearticolataauncorpodestinato
a vivere a lungo; forse, troppo a lungo.
Invece per quanto concerne la formazione cultu­
rale,lacostruzionedellemotivazioniedellamente,il
ruolo dell’istruzione continua a essere centrale; e
per questo sono preoccupato. Non vorrei che Gio­
vannafossetravoltadaundeliriodiinformazioniedi
contenuti da cui non riuscirà a ricavare la bellezza e
l’armonia del sapere. Non vorrei che si giocasse
l’adolescenza e odiasse la scuola solo per acquisire in
maniera coatta un sapere datato. Non vorrei che ve­
nisse travolta dai miti dei voti intesi come puro eser­
cizio di potere e dai riti legati allo svolgimento di
massacranti compiti a casa che devi fare solo perché
lo richiede la tradizione. Invece vorrei che la scuola
desse alle giovani menti il senso del cives e della lega­
lità, la dimensione della persona civile e solidale che
vuole conoscere le culture trasmesse dalle prece­
denti generazioni con levità e orgoglio.
Credo che questo sia anche l’auspicio delle fami­
glie che si stanno muovendo in questi giorni di va­
canza. Al ritorno troveremo i problemi di sempre,
anche se con le idee più chiare sulle caste, le corpora­
zioni, i nuovi schiavi, i privilegi, i guasti dell’evasione
fiscale. Eppure le caste (non solo di politici) e le cor­
porazioni(nonsolodiprofessoriuniversitari)nonce
le siamo trovate in casa a opera di un malvagio ti­
ranno o per una sorta di maledizione divina: noi ita­
liani le abbiamo create e coltivate con diligenza, rin­
novandole periodicamente con grande passione e
ardore nel rispetto delle regole democratiche, spe­
rando ­ preoccupati di difendere il nostro giardi­
netto più o meno grande di privilegi ­ che fossero gli
altri a cambiare per primi. Forse chiedere alla scuola
di dare il senso del cives ai nostri figli, che vivranno
cent’anni, è chiedere troppo a un’istituzione lasciata
drammaticamente sola a combattere contro il deli­
rante sviluppo della tecnologia e di media sempre
più aggressivi e contro le stesse famiglie che hanno
costruito l’Italia così come si presenta attualmente.
VINCENZO TAGLIASCO è sperimentatore e studioso della progetta­
zione di esseri artificiali.
Il caso Lina e la brutta storia di Elsag Bailey
ALBERTO GAGLIARDI
a notizia che la commissione di
controllo sulla Borsa americana
(Sec), dopo anni di indagine, ac­
cusa l’ex­amministratore di
Finmeccanica Alberto Lina di il­
leciti profitti a seguito della ven­
dita di Elsag Bailey, avvenuta nel
1998, riapre un caso emblematico
per capire le ragioni di fondo della crisi endemica che
colpisce Genova, e i perché dell’inarrestabile declino
industriale del Paese.
C’era una volta una singolare impresa “globale” di
proprietà Finmeccanica con 12mila dipendenti alta­
mente qualificati (di cui tremila in Italia), che opera­
vano in tutte le nazioni più industrializzate del pia­
neta e con il proprio quartier generale a Sestri Po­
nente. Elsag Bailey era il frutto di una felice intui­
zione di Fabiano Fabiani, il numero uno di
Finmeccanica che aveva sostenuto alla fine degli
anni ottanta il “gran capo” di Elsag, Enrico Albareto,
nella disputa con giapponesi e tedeschi per l’acquisi­
zione di Bailey, società americana quotata a Wall
Street, fra i leader mondiali nel campo dell’elettro­
nica e dell’automazione di processo.
Fu una decisione rischiosa, ma rivolta al futuro,
per scongiurare il pericolo per l’industria italiana di
essere espulsa dai mercati internazionali dell’alta
tecnologia. Una premonizione che purtroppo oggi è
realtà.SempresottolamanosicuradiAlbareto,Elsag
Bailey, con tremila miliardi di fatturato, era diven­
tato il secondo gruppo mondiale nel settore dell’au­
tomazione dei processi continui, una nicchia di ec­
cellenza che avrebbe potuto rappresentare un “am­
basciatore” straordinario di penetrazione dell’intera
industria italiana nei mercati dei cinque continenti.
L
Sembra una favola, ma è soltanto il profilo di
un’azienda, mosca bianca nelle partecipazioni sta­
tali,cheebbeiltortodiaversemprechiusoibilanciin
utileequindidiesserefacilepredadi“boiardi”diogni
risma. Avere poi sede nell’ex­Superba indebolita e
declassata non era certo un punto di forza. E, infatti,
un brutto giorno l’incantesimo si ruppe.
Nel1998unanuova“razzapadrona”capeggiatadal
premierRomanoProdi,giàpresidentedell’Iri,decise
di vendere a pezzi Elsag Bailey per contribuire a sod­
disfare le fameliche necessità di denaro del Governo
e per “salvare” Finmeccanica in affanno per il forte
indebitamento di alcune controllate. Una decisione
sciagurata che si sarebbe rivelata anche inutile per­
ché Finmeccanica avrebbe poi risolto i suoi problemi
finanziari con la redditizia operazione legata alla so­
cietà Sgf Thomson. Dilettanti allo sbaraglio commi­
sero un clamoroso errore tecnico­finanziario che
procurò grave danno all’occupazione genovese e
all’intera industria italiana.
È sorprendente, ma non tanto, che tra i principali
protagonisti del misfatto vi fossero, oltre a Prodi e
all’amministratore di Finmeccanica Lina, anche il
ministro del Tesoro Ciampi, che sarebbe diventato
presidente della Repubblica, e il direttore generale
del Tesoro Mario Draghi, il più testardo nel voler
vendere, oggi governatore della Banca d’Italia. Poi ci
si stupisce se i tecnocrati…
L’incoerenza di comportamento del governo era
plateale: mentre per il gruppo Ansaldo in crisi si cer­
cava un partner internazionale per favorirne la glo­
balizzazione,sismembravaElsagBaileyinsaluteche
globalizzata era già. Ciò prova lo stato confusionale
che caratterizzò un periodo triste per il nostro Paese
segnato da “privatizzazioni” in favore di amici degli
amici, di arditissime speculazioni finanziarie. Ma
tutto sembra legarsi, visto che Prodi, che allora sacri­
ficò i gioielli industriali, oggi sarebbe propenso a pri­
vare l’Italia delle riserve auree.
Nonostante le critiche, nell’ottobre 1998 Finmec­
canica vendette Elsag Bailey Process Automation al
concorrente svizzero­svedese Abb, che pappatosi il
know­how ed il mercato in pochi mesi fece ovvia­
mente tabula rasa di ogni presenza genovese di Bai­
ley. Sotto la Lanterna, il ministro Burlando se ne lavò
le mani, il sindaco Pericu protestò sempre più fievol­
mente, il presidente degli industriali Zara inneggiava
come positiva per la città la razzia dei pezzi più pre­
giati dell’industria genovese ad opera di gruppi stra­
nieri. Il presidente della Provincia, Marta Vincenzi,
sempre prodiga di parole al vento, dichiarò che l’ac­
quisizione di Bailey da parte di Abb sarebbe stata per
Genova un’opportunità senza precedenti. In realtà
era facile prevedere, come accadde, che l’operazione
avrebbeprodottoperGenovazeroattivitàindustriali
e zero occupazione, ma così va il mondo.
Per Elsag mutilata e ormai “domestica” tutti si
aspettavano il colpo definitivo della totale “privatiz­
zazione”, leggi svendita, secondo gli obiettivi del go­
verno di centro­sinistra e, in particolare, di una deli­
berazione del consiglio di amministrazione di
Finmeccanica del 2000 che prefigurava la dismis­
sione di tutto il comparto civile di Finmeccanica.
Mapoiarrivòilgovernodicentro­destra.Esoprat­
tutto il sottosegretario Gianni Letta e il nuovo mana­
gement Finmeccanica guidato da Pierfrancesco
Guarguaglini, i quali oltre a salvare dal fallimento
Marconi operarono per mettere in sicurezza ciò che
restava di Ansaldo e di Elsag, rilanciando quest’ul­
tima nel campo dell’elettronica per la difesa, nella si­
curezza logica e ambientale, nell’informatica per la
logistica, nell’automazione.
ALBERTO GAGLIARDI è vicepresidente del consiglio comunale di Ge­
nova. Fu sottosegretario agli Affari regionali del governo Berlusconi.
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