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La teoria dell`attaccamento e l`inserimento al nido

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La teoria dell`attaccamento e l`inserimento al nido
LA TEORIA
DELL’ATTACCAMENTO E LO
SVILUPPO DELLE EMOZIONI NEL
BAMBINO
CORSO DI
PREPARAZIONE AL
CONCORSO PER EDUCATORI
DI ASILI NIDO
Prof. Salvatore Sasso
A cosa ci è utile conoscere la
Teoria dell’attaccamento
La
conoscenza
della
teoria
dell’attaccamento e degli stili di
attaccamento
del
bambino
è
necessaria all’educatore per la
realizzazione
di
un
percorso
individualizzato di inserimento al
nido.
L’obiettivo dell’argomento
L’argomento di cui si affronterà la
discussione riguarda il rapporto fra la
modalità di attaccamento alla figura
di riferimento acquisita dal bambino e
il percorso che deve essere
organizzato dall’educatore nel
momento in cui il piccolo entrerà
nell’asilo Nido.
Perché ci avvarremo della teoria
di Bowlby
Alla luce della teoria dell’attaccamento
elaborata da John Bowlby (1989), si
cercherà di considerare come il bambino
attraverso la costruzione e sviluppo del
primo legame emotivo con la madre, o un
suo sostituto, possa sviluppare i suoi
rapporti sociali, integrandosi in ambienti
diversi da quello più familiare come la
propria abitazione
Infatti, la figura di riferimento
oggetto dell’attaccamento,
costituendo l’altro elemento della
diade, funziona per il bambino come
base sicura e pertanto gli consente di
riferirsi a lei quando vuole esplorare il
mondo oppure quando è preoccupato
di fronte ad una situazione insolita.
Il nido come situazione insolita
L’inserimento del bambino al Nido può
rappresentare proprio una situazione
insolita a cui dovrà riferirsi in maniera
professionale l’educatore e il Gruppo
educativo, organizzando un progetto di
inserimento individualizzato per ogni
bambino con l’obiettivo di “aiutare” sia il
bambino che la madre a separarsi, in modo
che ognuno di loro possa percepire e vivere
il benessere derivante da questa nuova
esperienza.
Qual è l’età migliore per
l’inserimento al Nido?
La domanda è finalizzata a
comprendere se esiste o meno
un’età particolare che renda “meno
dannoso” l’inserimento del bambino
al Nido oppure se tale età specifica
possa far soffrire meno il bambino
stesso quando si allontana dalla sua
famiglia.
Qual è l’età migliore per
l’inserimento al Nido?
Le risposte che vengono fornite
all’interrogativo sulla “giusta età” di
inserimento variano a seconda che si
consideri, ai fini di un equilibrio affettivo
ed emotivo, lo sviluppo di un rapporto
intenso e privilegiato fra la madre e il
bambino oppure la formazione di legami
precoci di attaccamento ad una pluralità
di figure adulte e coetanee, maschili e
femminili, familiari ed extrafamiliari
Qual è l’età migliore per
l’inserimento al Nido?
A questo proposito bisogna sfatare uno
dei luoghi comuni più diffusi, ossia che
nei primi anni di vita il bambino non
sarebbe capace di comunicare con i
coetanei.
Il gruppo dei pari invece non è un
qualcosa di minaccioso per il bambino o
alternativo al gruppo familiare, ma è a
questo complementare proprio per la sua
funzione cooperativa nell’ambito del
processo di socializzazione.
Qual è l’età migliore per
l’inserimento al Nido?
Sicuramente, nello sviluppo globale del
bambino, dobbiamo considerare anche altri
elementi che integrano lo sviluppo emotivo,
come quello cognitivo, senso-motorio,
linguistico, espressivo, logico ecc.
Allora il vero problema da affrontare
riguarda non tanto il quando il bambino
debba essere inserito, quanto il come.
La presenza della madre
nell’inserimento
Infatti, affinché non vi sia un forte
impatto del bambino con la nuova
situazione del Nido, sarà necessario che
esso sia attenuato e gradatamente
facilitato dalla presenza contemporanea
della madre o di una figura familiare
insieme con l’educatore.
Questo affinché un’assenza improvvisa
della figura di riferimento non crei una
rottura del legame con chi fino a poco
prima era stato l’unico riferimento a
garantire la sicurezza al bambino.
La presenza della madre
nell’inserimento
La presenza di una persona nota
andrà, quindi, ridotta gradualmente
sia dal punto di vista della prossimità,
sia da quello della durata del tempo,
fino ad estinguersi del tutto quando
l’autonomia, i riferimenti e le attività
vengono accettati come nuovi vissuti.
Attaccamento e formazione di
legami multipli
Bisogna considerare come
l’attaccamento del bambino alla
propria madre non sia assolutamente
contrapposto alla formazione di
legami multipli all’interno del Nido.
Il concetto di attaccamento
Fu introdotto nel 1958 da Bowlby per
indicare il legame biologico ed emotivo che
caratterizza le relazioni tra madre e
bambino nei primi tempi di vita di
quest’ultimo.
L’autore inglese lo definisce come un
intenso legame che un essere umano o
animale
vive
precocemente
e
reciprocamente con un altro essere, in
modo specifico e durevole, e a scopo
adattivo.
Il concetto di attaccamento
Tale modalità ha consentito, nel corso della
storia evolutiva della specie, di proteggere
i piccoli dall’attacco dei predatori.
L’attaccamento viene concepito come una
predisposizione dell’organismo che si
esprime attraverso comportamenti di
ricerca di contatto fisico (aggrapparsi,
seguire ecc.) o in segnali atti a suscitare
questo contatto (pianto, sorriso, sguardo,
richiamo ecc.).
Il concetto di attaccamento
Tali
comportamenti
servono
a
stimolare nell’adulto il desiderio di
prendersi cura del piccolo e di
proteggerlo dai pericoli.
Da Harlow a Bowlby
Questa definizione del concetto di
attaccamento si richiama ai famosi
esperimenti di Harlow effettuati sulle
scimmiette appena nate e che
passavano il tempo necessario per
prendere il latte da un poppatoio su una
“madre”
di
ferro,
mentre
manifestavano un comportamento di
attaccamento per una “madre” sempre
di ferro ma ricoperta di pezza e dunque
più morbida.
Da Harlow a Bowlby
Se nella gabbia veniva introdotto
qualche oggetto minaccioso che
spaventava la scimmietta, essa
correva subito a rassicurarsi sulla
madre di pezza. Ecco perché
l’ipotesi
di
un
bisogno
di
aggrappamento o afferramento che
normalmente avviene nei confronti
della madre biologica, ma che può
verificarsi anche su un suo
sostituto.
Come si definisce una relazione
di attaccamento
Presenza di tre caratteristiche chiave:
1) Ricerca di vicinanza ad una figura
preferita
2) L’effetto “base sicura”
3) Protesta per la separazione
Avere un attaccamento profondo ad una
persona vuol dire averla presa come
oggetto su cui terminano le nostre risposte
istintuali
Gli studi di Lorenz
Questi studi hanno trovato conferma
nell’osservazione degli animali effettuata
da Lorenz, l’etologo che ha descritto il
concetto di imprinting. Infatti, secondo
quest’autore, un’anatra, appena uscita
dall’uovo, segue qualsiasi oggetto in
movimento.
Da questo e da altri esperimenti si è
dedotto che ciascuna specie dispone di
particolari risposte interattive che
vengono emesse al momento della nascita
Come si sviluppa la relazione di
attaccamento
Nel caso del neonato, le sue prime risposte sono
il pianto e la suzione e, via via, il balbettìo, il
sorriso, l’esplorazione, la manipolazione ecc.
Nei primi diciotto mesi di vita, il bambino
instaura con la persona che si prende cura di
lui, stabilendo delle interazioni che si ripetono,
uno schema di comportamento che esprime il suo
bisogno di attaccamento.
Solitamente è la madre biologica, ma può
trattarsi anche di altre figure di riferimento,
sia femminili che maschili.
Come si sviluppa la relazione di
attaccamento
0-2 mesi: si orienta verso gli altri e produce segnali senza
discriminare tra persone diverse. I suoi comportamenti vengono
interpretati dall’adulto.
2-6/8 mesi: Il bambino si orienta e produce segnali verso una o più
persone discriminate.
6/8-12 mesi: Il bambino mantiene un contatto preferenziale con
determinate persone, mediante locomozione o il ricorso a segnali
(es., segue la madre, protesta se va via, ecc.) Si struttura il
legame di attaccamento.
Si stabilizza un rapporto tra bambino e “caregiver” corretto allo
scopo (ad es. il bambino aspetta che la madre torni).
Attenuazione dell’attaccamento: si formano modelli operativi interni
più complessi.
Il modello operativo interno
Se la figura che si occupa del bambino
è costante, il piccolo costruisce via via
uno schema interno di essa che, verso
i quattro-cinque mesi, è abbastanza
differenziata da fargli rifiutare altre
figure sostitutive.
Il modello operativo interno
Quando però le cure sono suddivise tra
più persone e non provengono da una
figura privilegiata, il piccolo si lascia
curare anche da queste altre persone
poiché gli sono diventate familiari.
Il graduale differenziarsi di queste
persone oggetto di attaccamento da
tutte le altre è anch’esso il risultato
dell’elaborazione di uno schema interno
relativo alle persone che si prendono cura
del bambino
Il modello operativo interno
Secondo Bowlby, nessuna variabile ha sullo
sviluppo della personalità effetti di maggiore
portata delle esperienze fatte da bambini in
famiglia:
A partire dai primi mesi nei suoi rapporti con la
figura materna, proseguendo poi negli anni dell'
infanzia e dell'adolescenza nei suoi rapporti con
entrambi i genitori, il bambino si costruisce
modelli operativi del modo in cui le figure di
attaccamento si potranno comportare nei suoi
riguardi in ciascuna di più situazioni diverse, e
su tali modelli sono basate tutte le sue
aspettative, e pertanto tutti i suoi programmi
per il resto della vita.
Il modello operativo interno
Dalla struttura di questi modelli,
dipende, inoltre, la fiducia che le
figure di attaccamento siano in
generale facilmente disponibili, o la
paura più o meno rilevante che esse
non lo siano, a volte o nella maggior
parte dei casi.
Il modello operativo interno
Al tipo di previsione di una persona
circa la probabile disponibilità delle
sue figure di attaccamento, è
intimamente legata la sua sensibilità
a reagire con la paura allorché si
trovi di fronte a situazioni
potenzialmente allarmanti nel corso
ordinario della vita.
Due variabili
John Bowlby distingue due variabili:
dai primissimi mesi in avanti e poi per tutta la
vita, la presenza o l'assenza reale di una figura
di attaccamento è fondamentale nel determinare
se una persona è o non è allarmata in una
qualsiasi situazione potenzialmente pericolosa;
una seconda variabile fondamentale è la fiducia
o sfiducia nel fatto che la figura di
attaccamento, che non sia realmente presente,
sarà disponibile, cioè accessibile e capace di
rispondere in modo adeguato in qualsiasi
situazione di bisogno.
La presenza o l'assenza reale di
una figura di attaccamento
Più l'individuo è giovane, più ha importanza
la prima variabile cioè la presenza o
l'assenza reale;
fino ai tre anni questa è una variabile
dominante.
Dopo i tre anni diventano sempre più
importanti le previsioni di disponibilità o di
non disponibilità
dopo la pubertà queste diventano le
variabili dominanti.
Considerazioni
Abbiamo visto come i bambini
sviluppino il loro legame di
attaccamento verso le figure
genitoriali e come la loro qualità
dell’attaccamento possa essere
valutata individualmente in
considerazione del modello operativo
interno.
Considerazioni
Secondo Bowlby, infatti, il bambino
si costruisce una serie di modelli di
se stesso e degli altri alla cui
formazione contribuisce il primo
rapporto significativo di
attaccamento.
Considerazioni
Anche se i modelli operativi possono subire
delle modificazioni, ad esempio quando il
bambino dovrà confrontarsi con nuove
relazioni, quelli che sono stati costruiti
nell’infanzia
sono
particolarmente
persistenti perché lo sviluppo non è come
una lavagna che si può cancellare e, dunque,
le tracce dei precedenti adattamenti
vengono comunque conservate.
Le ricerche di Mary Ainsworth
Mary Ainsworth, collaboratrice di
Bowlby e co-fondatrice della teoria
dell’attaccamento, ha effettuato
numerose ricerche, andando a
descrivere le differenze dei primi
rapporti di attaccamento e dei
relativi modelli operativi interni
Le ricerche di Mary Ainsworth
La prima distinzione si è focalizzata
su
due
tipi
fondamentali
di
attaccamento: attaccamento sicuro e
attaccamento insicuro.
La Strange Situation
Il procedimento più conosciuto per misurare la
sicurezza dell’attaccamento è stato elaborato
dalla Ainsworth e da lei definito come la
situazione sconosciuta (Strange situation).
Il metodo prevede l’osservazione del
comportamento del bambino con uno dei
genitori, con un estraneo e con uno dei
genitori e quando rimane solo.
La stanza appositamente preparata rispecchia
una situazione naturale ed è allestita con due
poltrone, uno scaffale con dei giochi e un
tappeto.
La Strange Situation
Il comportamento del bambino viene
registrato, attraverso uno specchio
unidirezionale (lo specchio segreto), con
una check-list che comprende alcune
variabili quali:
la ricerca della vicinanza e di contatto
fisico, il mantenimento del contatto, la
resistenza al contatto, l’evitamento del
contatto, le interazioni a distanza
(sorrisi, sguardi, offerta del gioco ecc.)
e la ricerca del genitore durante la
separazione.
Gli stili di attaccamento
Le diverse risposte dei bambini hanno
permesso all’autrice di classificare tre
stili di attaccamento:
sicuro, insicuro-evitante, insicuroambivalente;
solo successivamente altri autori hanno
classificato un quarto stile riguardante
l’attaccamento insicuro-disorganizzatodisorientato
La Strange Situation
La “Strange Situation”, composta da sette
episodi della durata di tre minuti ciascuno,
consiste nell’introdurre il bambino e uno dei
genitori in un ambiente sconosciuto in cui
egli viene sottoposto a situazioni di stress,
in quanto il genitore lo lascia una volta con
l’estraneo, una seconda volta da solo per poi
rientrare nella stanza di osservazione. Gli
episodi di separazione vengono modificati a
seconda della reazione del bambino.
Come di svolge la Strange
Situation
La procedura sperimentale comprende sette episodi di tre
minuti:
(1) la madre é seduta tranquillamente mentre il bambino é
libero di esplorare l'ambiente e di giocare con i giochi
presenti nella stanza;
(2) entra l'estraneo;
(3) la madre esce lasciando il bambino con l'estraneo;
(4) la madre rientra per la prima riunione;
(5) la madre e l'estraneo escono, lasciando il bambino solo;
(6) torna l'estraneo cercando di confortare il bambino, se
necessario;
(7) torna la madre per la riunione definitiva.
Lo stile di attaccamento sicuro
Il bambino che mostra un attaccamento sicuro è
in grado di esplorare attivamente l’ambiente sia
in presenza che in assenza della madre;
il bambino mantiene una certa vicinanza con la
madre e protesta se lei si allontana; ha fiducia
in lei e se ne separa momentaneamente sapendo
che non la perderà.
Il bambino sicuro ha genitori “sicuri”,
affettuosi, sensibili ai suoi segnali, disponibili e
pronti a dargli protezione nel momento in cui lo
richiede.
Lo stile di attaccamento
insicuro-evitante
L’attaccamento può essere definito insicuroevitante quando il bambino non mostra un
coinvolgimento emotivo verso la madre, ma ne è
indifferente e al momento della riunione la
evita. Le origini di questo comportamento
sembrano legarsi ad un attaccamento con una
madre distante, evitante rispetto alle richieste
del bambino, incapace di soddisfarne i bisogni
emotivi, rifiutando o scoraggiando il contatto
fisico quando il bambino lo richiede.
Lo stile di attaccamento
insicuro-ambivalente
Per quanto riguarda l’attaccamento insicuroambivalente, lo si rileva quando il bambino, sia in
presenza che in assenza della madre, mostra
scarsa capacità di esplorazione, piange molto in
sua assenza e quando lei ritorna mostra un
comportamento ambivalente di ricerca di
contatto e resistenza ad esso. Le madri di
questi bambini nei primi tre mesi di vita si sono
mostrate imprevedibili nelle risposte; si tratta
di madri che cercano di abbracciare il figlio
quando non è il bambino a chiederlo.
Lo stile di attaccamento
disorganizzato/disorientato
Infine l’attaccamento
disorganizzato/disorientato, inizialmente
considerato da Mary Ainsworth non
classificabile ma poi ripreso da altri autori,
riguarda bambini con una vasta gamma di
comportamenti contraddittori, incerti,
confusi. Gli adulti di questi bambini
mostrano un’assoluta imprevedibilità e
incoerenza nei messaggi inviati ai loro figli
ed un’incapacità a saper entrare in sintonia
con le esigenze emotive del piccolo.
Considerazioni
Le ricerche sugli stili di attaccamento
hanno confermato che la sensibilità e
la reattività del genitore agli stati
emotivi del bambino è determinante
per il modo in cui egli impara a
regolare gli affetti e ad entrare in
relazione con gli altri.
Attaccamento-autonomiadipendenza
Un buon attaccamento quindi favorisce
l’autonomia, ossia l’elaborazione
dell’equilibrio tra attaccamento e
separazione.
La mancanza di autonomia, invece,
determina dipendenza, uno stato
psicologico di passività che non facilita la
costruzione dell’identità del bambino.
Stabilità dell’attaccamento nel
tempo
Alcune ricerche hanno cercato di
verificare
se
il
modello
di
attaccamento rimane stabile nel corso
del tempo.
Stabilità dell’attaccamento nel
tempo
Alcuni educatori del Nido, senza essere
informati preventivamente sul tipo di
attaccamento del bambino, hanno
giudicato a due anni come più empatici
verso gli altri bambini e gli adulti quelli
con un attaccamento sicuro ed anche con
un alto grado di fiducia nella ricerca di
soluzioni anche quando, non riuscendo,
chiedono l’intervento dell’adulto.
Stabilità dell’attaccamento nel
tempo
Per gli stessi educatori, i bambini
con uno stile di attaccamento
insicuro-evitante, nel rapporto con i
coetanei adottano un comportamento
più ostile e distante, mentre quelli
insicuri-ambivalenti mostrano una
minore capacità di giocare con i pari
e risultano più dipendenti dagli
insegnanti.
Considerazioni
Quindi risultano come importanti
variabili da tenere in gran conto nel
corso dell’inserimento l’autonomia, la
dipendenza dagli insegnanti e le
capacità sociali con i coetanei
(Bollea, 1995).
L’inserimento del bambino al nido
e il ruolo del gruppo educativo
Il momento dell’inserimento al nido è un
momento molto particolare e delicato in cui il
bambino, i suoi genitori e il Gruppo Educativo
devono affidarsi l’uno all’altro.
Proprio
per
questo
è
fondamentale
programmarlo nei minimi particolari, partendo
da un accurato colloquio con la famiglia che
vede al centro dell’attenzione il vissuto del
bambino, le sue abitudini, il suo ambiente di
vita, le aspettative dei genitori, i motivi che li
hanno spinti a portare il bambino al nido.
L’inserimento del bambino al nido
e il ruolo del gruppo educativo
È importante creare le condizioni affinché la famiglia si
senta supportata, ascoltata e accetti di condividere
questo percorso educativo con persone “estranee”.
La relazione di fiducia tra genitori e il Gruppo Educativo
pone le basi per un proficuo inserimento del bambino al
nido che costituirà il punto di partenza di un’esperienza
per la formazione della sua personalità.
Bisogna tenere sempre presente il fatto che ogni
bambino ha un tempo individuale per fare ogni cosa e più
che mai ha bisogno ora che il suo tempo sia rispettato.
Cosa fa il bambino nel periodo
dell’inserimento
Dovrà dapprima avvicinarsi al nuovo
ambiente, alle nuove persone, al nuovo
mondo supportato dalla sua base
sicura che entra pian piano con lui in
questa nuova esperienza.
Cosa fa il bambino nel periodo
dell’inserimento
Inizialmente, il bambino resterà al
nido per poco tempo e insieme a un
genitore; con il passare dei giorni, il
tempo di permanenza potrà
aumentare fino a che il bambino
riuscirà ad affidarsi ad un altro
adulto e quindi tollerare la
separazione dal genitore di
riferimento.
Il distacco della madre
È prevedibile che tale separazione,
breve e modificabile in qualsiasi
momento, possa essere per il
bambino un’esperienza angosciante,
ma al tempo stesso se si fiderà
della madre potrà anche tollerare la
sua assenza e lasciarsi consolare
dall’educatore.
Il distacco della madre
Anche il saluto della madre, che
promette di tornare a prenderlo, gli
consentirà di non vivere questo momento
come un abbandono, ma di utilizzarlo per
mettere in atto comportamenti
esplorativi nell’attesa del suo ritorno.
Poco alla volta aumenterà la sua
permanenza al nido e diminuirà la
presenza del genitore, fino al momento in
cui il bambino sentirà di “appartenere” al
nuovo ambiente
Come il bambino può vivere
simbolicamente il distacco
dalla madre
In questo delicato momento il
bambino potrebbe aver bisogno di
portarsi al nido e tenere sempre con
sé ciò che Winnicott (1974) definisce
oggetto
transizionale,
ossia
un
qualsiasi oggetto che riconosce come
appartenente al mondo esterno e che
“significa” la sua mamma.
Attaccamento e esplorazione
Solo dopo aver creato una relazione
di fiducia con l’educatore, il
bambino sarà in grado di esplorare
in modo attivo l’ambiente e creare
nuove relazioni con i coetanei e con
gli altri adulti.
La scimmietta esplora
In presenza di un
sostituto materno di
stoffa, la scimmietta
mette in atto
comportamenti di
esplorazione e di
sicurezza
L’inserimento in piccoli gruppi
Alcuni nidi prevedono l’inserimento in piccoli gruppi in
quanto il “gruppo” facilita la condivisione dell’esperienza
e la tolleranza delle ansie, delle paure per il genitore e
dell’angoscia da separazione per i bambini.
Gli “altri” diventano in questo modo uno specchio dei
propri sentimenti che in quanto comuni sono più facili da
accettare.
Anche l’educatore di riferimento può essere un valido
sostegno del bambino e della sua famiglia, nella fase
dell’inserimento, una persona speciale, con cui
rapportarsi in modo concreto e immediato e che li
accompagnerà durante tutto il percorso.
L’educatore come figura di
riferimento
Sarà questa persona speciale che guiderà il
bambino nei momenti di routine, contenendo le sue
emozioni in modo stabile e prevedibile, quindi in
modo piacevole e rassicurante.
Partendo dalla base sicura creata con l’educatore
di riferimento, il bambino si aprirà al resto del
gruppo Educativo, al “mondo-nido”.
L’educatore renderà partecipe i genitori del
percorso del bambino, delle sue modalità
relazionali e comunicative e ciò consentirà di
affiancarsi a loro nel processo educativo.
Il gruppo educativo
Durante l’inserimento, il gruppo
educativo osserverà la relazione della
diade
genitore-bambino,
il
comportamento del bambino stesso in
presenza o in assenza del genitore, la
sua
reazione
alla
separazione,
identificando
così
lo
stile
di
attaccamento del piccolo.
Riflessioni e…
È auspicabile osservare sempre un
attaccamento sicuro, ma laddove questo
non vi sia, l’educatore dovrà “lavorare”,
assieme
al
gruppo
educativo,
per
sensibilizzare la famiglia, comprenderla,
sostenerla invece di colpevolizzarla, e
questo affinché essa divenga la base
affettiva da cui il bambino possa partire
per sviluppare la sua autonomia.
…proposte
Si potranno programmare a questo
scopo incontri tra gli educatori del
Nido e la famiglia in cui ci si
scambino informazioni sul vissuto del
bambino, anche con l’ausilio di
documentazione visiva o cartacea, in
modo che il suo percorso di crescita
sia reciprocamente condiviso
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