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scienze infermieristiche specialisitche in medicina (1)

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scienze infermieristiche specialisitche in medicina (1)
PIA FONDAZIONE DI CULTO E RELIGIONE CARD. G. PANICO
Polo Didattico Formativo
Università degli Studi di Bari sede Corsi in Scienze Infermieristiche
SCIENZE INFERMIERISTICHE
FareSPECIALISTICHE
clic per modificare lo stile del sottotitolo dello
IN
schema
MEDICINA
Sr.Antonella Guarini
Anno Accademico
2015/2016
2
«….Perché si sceglie un
ago a farfalla piuttosto
che un ago cannula?
3
E’ necessario considerare perché si vuole allestire una linea di
infusione venosa…E’ necessario valutare se si tratta di un
infusione di breve durata, di pochi farmaci; in tal caso un ago a
farfalla è più comodo e comporta un minor rischio di flebite. …
Per esempio occorre particolare abilità quando si opera con
persone anziane. Sembra facilissimo entrare in vena, perché i
vasi sono molto evidenti e di ampio calibro, ma si tratta di vasi
molto fragili, facili a rompersi. Se il laccio emostatico viene
stretto eccessivamente ……la vena rischia di lacerarsi.»
( Benner, 1984)
4
Il pensiero critico
La capacità di trasferire le conoscenze teoriche della
disciplina infermieristica all’esercizio professionale.
È un attività mentale intenzionale, mediante la quale
si elaborano e si valutano idee e si formulano giudizi.
5
Il pensiero critico
In una disciplina come l’infermieristica, spesso i problemi si
presentano in modo caotico e ambiguo; i dati a disposizione
possono essere insufficienti o contraddittori, la causa del
problema può essere ignota, e potrebbe non esistere una singola
risposta o soluzione «corretta» o «migliore». Per gestire questi
problemi è necessario saper identificare le carenze di conoscenza
e di dati, acquisire e utilizzare nuove informazioni , introdurre e
gestire il cambiamento.
Tutto ciò richiede l’utilizzo del
6 PENSIERO CRITICO.
Il pensiero critico
L’infermieristica affronta con un approccio olistico un ampio
spettro di risposte umane ai problemi di salute, l’infermiere
usa informazioni e conoscenze mutuate da altre discipline ,
come la fisiologia, la psicologia e l’antropologia, al fine di
interpretare
i dati dell’assistito
e, di conseguenza,
pianificare interventi efficaci.
Anche questo richiede l’intervento del PENSIERO CRITICO.
7
Il pensiero critico
Il pensiero critico è «l’arte di pensare al vostro pensiero
mentre state pensando, in modo da renderlo più chiaro,
preciso, accurato, pertinente, coerente e obiettivo»
( Paul, 1988)
8
Il pensiero critico
Il pensiero critico richiede
conoscenze!
Esso non si attiva in assenza di conoscenze, ma viene utilizzato
per applicare alla situazione di ogni singolo assistito un insieme
di conoscenze fondamentali.
Il bagaglio di conoscenze influisce sulla possibilità di usare
efficacemente le capacità cognitive, interpersonali e tecniche.
Es. valori min. e max. della pressione
arteriosa.
9
Come possiamo sapere
se stiamo usando il
pensiero critico?
10
….chiediamoci se…..
 Basiamo i nostri giudizi su fatti e argomentazioni, piuttosto che su
sensazioni, interessi personali o congetture?
 Esprimiamo il nostro giudizio solo quando disponiamo di tutti i dati
necessari?
 Fondiamo la nostra visione dei fatti sull’evidenza scientifica?
 Valutiamo l’attendibilità delle fonti utilizzate per comprovare le
nostre convinzioni?
 Chiediamo chiarimenti quando non capiamo qualcosa?
11
CONOSCENZA
INFERMIERISTICA
CONOSCENZA INFERMIERISTICA
Non c’è pensiero critico senza conoscenza scientifica!
Essa comprende una serie di fatti, informazioni, principi e
teorie.
Es. l’applicazione alla pratica clinica di interventi e trattamenti
basati su prove di efficacia ( evidence – based).
12
CONOSCENZA INFERMIERISTICA
La pratica basata su prove di efficacia ( EBP, EvidenceBased- Practice) è un approccio che per l’assunzione di
decisioni fa ricorso a solidi dati scientifici piuttosto che a
episodi, consuetudini, tradizioni o intuizioni nei processi
decisionali delle pratiche mediche e infermieristiche.
13
PENSIERO CRITICO E RAGIONAMENTO CLINICO
CASO STUDIO
La signora X è una donna di 78 anni che è stata sottoposta a radioterapia e
a tre interventi chirurgici per un cancro. La donna non migliora, non riesce a
mangiare e perde peso. Il medico ha deciso di posizionare un catetere nella
vena succlavia per alimentarla mediante NPT. L’infermiera porta alla
signora X il modulo per il consenso informato da firmare e le spiega che: «il
medico metterà un tubicino nella sua vena, così potremmo darle più
nutrimento e aiutarla a riprendere più forza e guarire». La signora X dice:
«Sono così stanca di tutto questo dolore! Non sono sicura di volere che si
facciano altre cose, e certamente non voglio farmi maltrattare ancora!»
14
PENSIERO CRITICO E RAGIONAMENTO
CLINICO
CASO STUDIO
1. Quali fattori, in grado di influire sulla capacità della
signora X di dare il suo consenso, devono essere valutati
dall’infermiera?
2. Prima che la signora X firmi il consenso, come può
l’infermiera essere certa del fatto che tale consenso sarà
veramente informato?
15
PENSIERO CRITICO E RAGIONAMENTO
CLINICO
CASO STUDIO
L’infermiera risponde alla signora X: « Su, su signora, il medico ha
prescritto questo per farla stare meglio. Non si preoccupi,
faremo in modo che non senta nulla. Il medico sarà qui tra poco
aspettandosi che lei abbia firmato il consenso. Vuole firmarlo per
favore?»
3. Valutare l’approccio utilizzato dall’infermiera verso la signora X
in relazione alla procedura invasiva programmata.
( COSA NE PENSATE? E PERCHE’? )
16
DIAGNOSI
MEDICA
DIAGNOSI
INFERMIERISTICA
Procedura consistente
nell’interpretazione di
segni e sintomi
raccolti quali
manifestazioni di un
processo patologico in
atto o pregresso.
Essa prevede
un’anamnesi, un
esame obiettivo e una
valutazione
laboratoristica e
strumentale.
Giudizio clinico
relativo ad un
individuo, famiglia o
comunità in merito
agli attuali o potenziali
problemi di
salute/processi vitali.
Essa fornisce le basi
per i trattamenti
finalizzati al
raggiungimento di
risultati del quali
l’infermiere è
responsabile.
( Dizionario di medicina)
17
( N.A.N.D.A. 1990)
QUALI PATOLOGIE…..?
PATOLOGIE
RESPIRATORIE
PATOLOGIE CARDIOCIRCOLATORIE
PATOLOGIE
NEUROLOGICHE
INFEZIONI VIE AEREE
INFERIORI
INFARTO MIOCARDICO
ICTUS ISCHEMICO
BRONCOPNEUMOPATIE
CRONICA OSTRUTTIVA
PERICARDITE
TRAUMI CRANICI
18
PATOLOGIE RESPIRATORIE
(BPCO)
POLMONITE
INFEZ. VIE AEREE INFER.
19
INFEZIONI
VIE AEREE INFERIORI
POLMONITE
Processo infiammatorio del parenchima
polmonare causato da un microrganismo
patogeno.
20
POLMONITE
Le caratteristiche delle vie aeree superiori normalmente
impediscono che particelle potenzialmente infettive
raggiungano la parte normalmente sterile delle vie aeree
inferiori. Per questo le persone colpite da polmonite da
microrganismi infettivi spesso hanno malattie di base
croniche o acute che alterano le difese dell’ospite.
21
POLMONITE e
PROCESSO INFERMIERISTICO
Accertamento
Febbre, brividi o sudorazioni notturne in un individuo
che ha anche sintomi respiratori dovrebbero allertare
l’infermiere sulla possibilità di una polmonite
batterica.
22
Accertamento
Un accertamento respiratorio identificherà ulteriori
manifestazioni della polmonite:
 dolore di tipo pleurico,
 fatigue,
 uso dei muscoli accessori,
 bradicardia,
 tosse ed espettorato purulento.
23
Accertamento
L’infermiere deve controllare:
•
Cambiamenti nella temperatura corporea e nel polso arterioso
•
Quantità , odore e colore delle secrezioni
•
Frequenza e gravità della tosse
•
Grado di tachipnea o dispnea
•
Cambiamenti nei dati dell’accertamento fisico ( con l’ispezione e
l’auscultazione)
•
Cambiamenti nei referti della radiografia del torace
24
QUALI DIAGNOSI
INFERMIERISTICHE?
25
Diagnosi infermieristiche
Sulla base dei dati rilevati con l’accertamento, le principali
diagnosi infermieristiche posso essere:
 liberazione inefficace delle vie aeree correlata ad abbondanti
secrezioni tracheobronchiali
 Intolleranza all’attività correlata all’alterazione della funzione
respiratoria
26
Diagnosi infermieristiche
 Rischio di insufficiente volume di liquidi correlato a febbre e
dispnea
 Nutrizione inferiore al fabbisogno
 Insufficiente conoscenza del regime terapeutico e delle
misure sanitarie preventive
27
Pianificazione infermieristica e
obiettivi
 Miglioramento della pervietà delle vie aeree
 Riposo sufficiente per conservare le giuste energie
 Mantenimento di un appropriato volume idrico e di
una nutrizione adeguata
28
Incoraggiarel’ossigeno
Umidificare
l’assunzione
per di
fluidificare
liquidi le secrezioni e migliorare la ventilazione
Migliorare la pervietà delle vie aeree
Stimolare la tosse volontaria in modo efficace
Percussioni
e diretto
e drenaggio posturale con ca
29
Assumere una posizione comoda per il riposo e la respirazione
Evitare sforzi eccessivi
( semi-Fowler)
Promuovere il riposo e la conservazione dell’energia
Cambio frequente di posizione per aumentare e favorire l’eliminazione delle secrezioni
30
Perdita di liquidi per l’aumento delle frequenza respiratoria durante
Mantenere la corretta
Favorire
nutrizione
un’adeguata
La dispnea porta ad una riduzione dell’appetito e ad una preferenz
31
BRONCOPNEUMOPATIA
CRONICA OSTRUTTIVA
( BPCO )
32
BRONCOPNEUMOPATIA
CRONICA OSTRUTTIVA ( BPCO)
E’ una malattia caratterizzata da una riduzione di flusso dell’aria
che non è completamente reversibile.
La BPCO può comprendere le malattie cha causano l’ostruzione
del flusso dell’aria ( per esempio l’enfisema e la bronchite
cronica) o una combinazione di queste patologie.
33
BRONCOPNEUMOPATIA
CRONICA OSTRUTTIVA ( BPCO)
I fattore di rischio:
 il fumo di sigaretta, ma anche la pipa e il
sigaro,
 esposizione professionale prolungata e
intensa alle polveri e ai prodotti chimici,
 l’inquinamento atmosferico.
34
BRONCOPNEUMOPATIA
CRONICA OSTRUTTIVA ( BPCO)
Manifestazioni cliniche
La BPCO è caratterizzata da tre sintomi principali:
 Tosse
 Produzione di espettorato
 Dispnea da sforzo e successivamente anche a riposo.
35
BRONCOPNEUMOPATIA
CRONICA OSTRUTTIVA ( BPCO)
COMPLICANZE
L’insufficienza respiratoria è la principale complicanza che mette in
pericolo la vita nella BPCO. L’insufficienza respiratoria può essere
cronica ( in caso di grave BPCO), o acuta ( con grave broncospasmo o
polmonite).
L’insufficienza respiratoria acuta può richiedere il supporto ventilatorio
fino a risoluzione della fase acuta.
36
BPCO e
Processo Infermieristico
ACCERTAMENTO
L’accertamento comporta la valutazione dei
sintomi presenti, nonché le pregresse
manifestazioni patologiche.
37
Quali diagnosi
infermieristiche?
38
Diagnosi infermieristiche
o Compromissione degli scambi gassosi e della pervietà delle vie aeree
dovuta all’inalazione cronica di tossine.
o Liberazione inefficace delle vie aeree correlata a bronco-costrizione,
aumentata produzione di muco, tosse inefficace e altre complicanze.
o Modello di respirazione inefficace correlato a dispnea, muco, broncocostrizione e sostanze irritanti nelle vie aeree.
o Intolleranza all’attività correlata a fatigue, modelli respiratori inefficaci
e ipossiemia.
39
Pianificazione e obiettivi
 Cessazione del fumo
 Migliorare gli scambi gassosi
 Pervietà delle vie aeree
 Migliorare la tolleranza all’attività
40
INTERVENTI INFERMIERISTICI
INFORMARE
CESSAZIONE DEL
FUMO
41
SUI DANNI
ISTRUIRE
DEL FUMO
SUI PERICOLI D
INTERVENTI INFERMIERISTICI
MIGLIORARE GLI SCAMBI
GASSOSI
Il broncospasmo, provoca la riduzione del calibro dei piccoli bronchi e
può determinare dispnea, stasi delle secrezioni, infezioni. L’aumento
della produzione di muco, contribuisce ad un’ ulteriore riduzione del
calibro dei bronchi e di conseguenza ad una diminuzione del flusso
d’aria e degli scambi gassosi, ulteriormente aggravate dalla perdita di
elasticità polmonare che si verifica nelle BPCO.
42
INTERVENTI INFERMIERISTICI
PERVIETA’ DELLE VIE AEREE
 Ridurre la quantità e la densità dell’espettorato.
 Eliminare tutte le sostanze irritanti per il polmone ( fumo di
sigaretta).
 Istruire il paziente sulla tosse spontanea o controllata ( lenta
inspirazione massima seguita dal trattenere il respiro e fare due o tre colpi di
tosse).
43
INTERVENTI INFERMIERISTICI
PERVIETA’ DELLE VIE AEREE
 Drenaggio posturale ( fisioterapista)
 Respirazione a pressione positiva intermittente.
 Aumento di apporto di liquidi
 Leggeri vapori di aerosol
44
INTERVENTI INFERMIERISTICI
MIGLIORARE LA TOLLERANZA
ALL’ATTIVITA’
 Terapie riabilitative per favorire l’indipendenza
nell’esecuzione delle attività di vita quotidiana.
 Esercizi per rinforzare la muscolatura degli arti
superiori e inferiori e per migliorare la resistenza
fisica e la tolleranza
45
PATOLOGIE
CARDIOPATOLOGIE
CARDIOCIRCOLATORIE
CIRCOLATORIE
INFARTO DEL MIOCARDIO
Processo di necrosi del tessuto
miocardico.
46
INFARTO DEL MIOCARDIO
Cause?
• Riduzione del flusso ematico in un’arteria coronaria a causa
di processi ateriosclerotici;
• completa occlusione di un’arteria da parte di un embolo o di
un trombo;
• vasospasmo di un’arteria coronarica;
• ridotto apporto di ossigeno ( derivante da emorragia acuta, anemia,
ipotensione).
47
INFARTO DEL MIOCARDIO
Come si
manifesta?
 Dolore toracico improvviso,
 Aumento della distensione della vena giugulare,
 Tachipnea, dispnea respiro superficiale,
 Nausea e vomito
 Cute pallida e fredda, sudata.
48
QUALI DIAGNOSI
INFERMIERISTICHE?
49
INFARTO DEL MIOCARDIO
e Processo Infermieristico
DIAGNOSI
INFERMIERISTICHE
Le principali diagnosi infermieristiche sono desunte dalle
manifestazioni cliniche, dall’anamnesi infermieristica e dalla
diagnostica dei dati:
 Inefficace perfusione tissutale cardiopolmonare , correlata
alla riduzione del flusso ematico coronarico causata dalla
trombosi coronarica e dalla
50placca ateromatosica;
INFARTO DEL MIOCARDIO
e Processo Infermieristico
DIAGNOSI
INFERMIERISTICHE
 Compromissione degli scambi gassosi, correlata al sovraccarico
dei liquidi derivante dalla disfunzione ventricolare,
 Alterata perfusione dei tessuti periferici correlata alla riduzione
della gittata cardiaca che deriva dalla disfunzione ventricolare,
 Ansia correlata alla paura di morire.
51
QUALI OBIETTIVI
VOGLIAMO
RAGGIUNGERE?
52
OBIETTIVI
Scomparsa del dolore o dei segni e
sintomi dell’ischemia
Prevenzioni di altri danni al miocardio
L’assenza di disturbi respiratori
53
PIANIFICAZIONE
INFERMIERISTICA
Eliminare il dolore toracico e
gli altri segni e sintomi di
ischemia
1.
Mantenere l’equilibrio tra fabbisogno e apporto cardiaco di ossigeno
2.
Rivascolararizzazione del tessuto ischemico con farmaci trombolitici
3.
Somministrazione di morfina per sedare il dolore e l’ansia
4.
Somministrazione di ossigeno a basso flusso ( 2-4 l/min.)
5.
Monitorare i segni vitali
6.
Decubito ortopnoico
54
PIANIFICAZIONE
INFERMIERISTICA
Miglioramento della funzione
respiratoria
 Controllo del bilancio idrico (per prevenire il
sovraccarico per il cuore - polmoni)
 Cambio frequente di decubito ( per evitare ristagno di
liquidi alla base dei polmoni)
55
PIANIFICAZIONE
INFERMIERISTICA
Adeguata perfusione dei tessuti
 Riposo a letto o su una sedia per ridurre il consumo di
ossigeno del miocardio
 Monitoraggio della temperatura della cute il polso per
assicurare una adeguata perfusione dei tessuti
 Ossigenoterapia
56
PIANIFICAZIONE
INFERMIERISTICA
Riduzione dell’ansia e della paura
 Assicurare un ambiente tranquillo
 Garantire il riposo e il sonno
 Invitare il paziente ad esprimere le sue paure e le sue
preoccupazioni
 La pet-therapy fornisce un importante supporto emotivo.
57
PIANIFICAZIONE
INFERMIERISTICA
Monitoraggio e trattamento delle
potenziali complicanze
Per rilevare eventuali cambiamenti a carico:
 Del ritmo e della frequenza cardiaca
 Dei toni cardiaci e della pressione arteriosa
 Del dolore toracico
 Delle caratteristiche del respiro, della diuresi,
 Del colore e della temperatura della cute,
 Del sensorio
 Del tracciato ECG
 Delle analisi di laboratorio 58
PERICARDITE
INFIAMMAZIONE DEL PERICARDIO
PRIMARIA
ACUTA
SECONDARIA
59
CRONICA
PERICARDITE
La pericardite può essere classificata in base alle alterazioni
anatomofisiologiche che la definisce:
 COSTRITTIVA: tra i foglietti pericardici sono presenti delle aderenze;
 SIEROSA: con la comparsa di versamento sieroso nel sacco pericardico;
 PURULENTA: con raccolta di pus nel sacco pericardico;
 CALCIFICA: con presenza di depositi di calcio;
 FIBRINOSA: presenza di proteine coagulate;
 EMORRAGICA: con comparsa di 60
sanguinamento.
PERICARDITE
cause
 Infezioni ( virus)
 Malattie del tessuto connettivo ( Lupus, artrite, poliartrite)
 Stati di ipersensibilità (reazioni immuni , reazioni a farmaco)
 Malattie di strutture adiacenti al pericardio ( IMA, aneurisma dissecante, pleuriti)
 Traumi ( ferite toraciche, chirurgia cardiaca,
 Tubercolosi
61
cateterismo cardiaco),
PERICARDITE
come si manifesta?
 DOLORE TORACICO precordiale o localizzarsi al di sotto della
clavicola, al collo o nelle regione scapolare sinistra.
 SFREGAMENTO
 FEBBRICOLA, con aumento della VES.
 DISPNEA e INSUFFICIENZA CARDIACA per compressione del
pericardio sul cuore che può raggiungere il tamponamento
cardiaco.
62
e…l’ ASSISTENZA
INFERMIERISTICA?
PRIMO OBIETTIVO:
ESSESE IN GRADO DI ACCERTARE PRECOCEMENTE LA TRIADE
SINTOMATOLOGICA DEL
TAMPONAMENTO CARDIACO
63
QUALE TRIADE?
AUMENTO DELLA PRESSIONE
VENOSA
DIMINUZIONE
64
TONIDELLA
CARDIACI
ATTUTITI
GRAVE
PRESSION
QUALI INTERVENTI
INFERMIERISTICI?
ALLEVIARE IL DOLORE
TRATTAMENTO DI POTENZIALI COMPLIC
65
DOLORE
La scomparsa del dolore si ottiene mediante il riposo a letto.
E’ preferibile la posizione ortopnoica con la schiena eretta e
flessa anteriormente per alleviare il sintomo.
Somministrazione di analgesici, antibiotici o corticosteroidi
con monitoraggio della risposta farmacologica.
66
COMPLICANZE
VERSAMENTO PERICARDICO
TAMPONAMENTO CARDIACO
67
DISORDINI CEREBROVASCOLARI
Si intende qualsiasi anormalità nel funzionamento del
sistema nervoso centrale ( SNC), che si instaura a
seguito della compromissione del rifornimento
ematico al cervello.
68
DISORDINI CEREBROVASCOLARI
ICTUS ISCHEMICO
69
ICTUS ISCHEMICO: processo
infermieristico
- ACCERTAMENTOMonitorare:
 Ogni cambiamento nel livello di coscienza o di risposta rivelato
da movimenti, da risposte agli stimoli, orientamento spaziotemporale e alle persone
 Presenza o assenza di movimenti volontari o involontari delle
estremità: tono muscolare, postura del corpo, ecc.
70 o miosi….
 Apertura degli occhi, midriasi
ICTUS ISCHEMICO: processo
infermieristico
- ACCERTAMENTOMonitorare:
 Qualità e ritmo delle pulsazioni e del respiro, ega
arterioso, temperatura corporea e pressione arteriosa,
 Capacità di parlare,
 Volume dei liquidi ingeriti o somministrati e la diuresi 24
ore,
 Presenza di emorragie,
71
ICTUS ISCHEMICO: processo
infermieristico
- DIAGNOSI INFERMIERISTICHEDai risultati delle osservazioni, abbiamo:
 Compromissione della mobilità correlata a emiparesi, perdita
di equilibrio e coordinamento, spasticità e lesione cerebrale,
 Dolore acuto ( spalla dolorante) correlato all’emiplegia e al
disuso,
 Deficit nella cura di sé ( bagno/igiene personale,
alimentazione) correlato ai postumi dell’ictus,
 Compromissione della deglutizione,
72
ICTUS ISCHEMICO: processo
infermieristico
- DIAGNOSI INFERMIERISTICHE Incontinenza urinaria correlata alla flaccidità della
vescica, instabilità del muscolo detrusore,
 Confusione, incapacità di seguire le istruzioni,
 Compromissione della comunicazione verbale
correlata a danno cerebrale,
 Rischio di compromissione dell’integrità cutanea
correlato a emiparesi ( perdita parziale della capacità motoria) /
emiplegia ( paralisi di una porzione del corpo) o alla ridotta
73
mobilità,
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
1. MIGLIORARE LA MOBILITA’ E IMPEDIRE LE DEFORMAZIONI
ARTICOLARI
2. PREVENIRE IL DOLORE ALLA SPALLA
3. PROMUOVERE L’AUTOCURA
4. GESTIONE DELLE DIFFICOLTA’ SENSORIALI-PERCETTIVE
5. TRATTARE LA DISFAGIA
6. RIPRISTINARE IL CONTROLLO VESCICALE E INTESTINALE
7. MIGLIORARE LA COMUNICAZIONE
8. MANTENERE L’INTEGRITA’ CUTANEA
74
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
MIGLIORARE LA MOBILITA’ E IMPEDIRE LE
DEFORMAZIONI ARTICOLARI
Il paziente emiplegico ha una paralisi unilaterale. Quando viene a mancare il
controllo dei muscoli volontari, i forti muscoli flessori prevalgono sugli
estensori:
 Il braccio in posizione di adduzione ed intraruotato.
 Gomito e polso tendono a flettersi.
 La gamba colpita tende a ruotare verso l’esterno.
 Il piede tende alla supinazione.
75
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
PREVENIRE IL DOLORE ALLA SPALLA
Per evitare il dolore alla spalla, l’infermiere non deve mai sollevare il paziente
facendo leva sulla spalla flaccida o esercitare sforzi di trazione sul braccio o
sulla spalla paralizzati con il rischio di lussazione.
Come prevenzione a tutto ciò si può posizionare il braccio flaccido su un
tavolo o su un cuscino mentre il paziente è seduto, o utilizzando una speciale
imbracatura al momento della deambulazione.
76
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
PROMUOVERE L’AUTOCURA
Appena le condizioni lo permettono, il paziente viene incoraggiato
a curare da solo la propria igiene personale.
Prima di tutto il paziente deve riuscire a svolgere tutte le attività
di cura personale usando il lato sano, tuttavia l’infermiere deve
accertarsi che il paziente non trascuri di accudire anche alle
necessità dell’altro lato.
77
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
GESTIONE DELLE DIFFICOLTA’ SENSORIALI-PERCETTIVE
Il paziente affetto da EMIANOPSIA ( perdita di metà del campo visivo) si
allontana dal lato malato del corpo e tende a rifiutare quel lato; questo
fenomeno è chiamato AMORFOSINTESI. In queste condizioni il paziente non
può vedere il cibo su una metà del vassoio e solo metà stanza gli è visibile.
E’ importante che l’infermiere ricordi costantemente al paziente dell’altra
estremità del corpo, mantenga un corretto allineamento delle estremità e, se
possibile, collochi il paziente in modo che possa vedere le estremità.
78
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
TRATTARE LA DISFAGIA
L’ictus può produrre difficoltà alla deglutizione ( disfagia) a causa
dell’alterata funzionalità di bocca, lingua, palato, laringe, faringe o esofago
superiore.
Questi pazienti devono essere continuamente osservati per accessi di tosse,
gocciolamento di cibo da un lato della bocca o accumulo di cibo, ritenzione di
cibo per lunghi periodi nella bocca, o rigurgito dal naso durante la
deglutizione di liquidi.
Le difficoltà di deglutizione collocano il paziente a rischio di inalazione,
polmonite, disidratazione e malnutrizione.
79
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
TRATTARE LA DISFAGIA
Per favorire il recupero della disfagia, si potrà cominciare inizialmente con
l’assunzione di liquidi densi o una dieta semisolida poiché questi cibi sono più
facili da deglutire dei liquidi fluidi.
Posizionare il paziente seduto con il tronco eretto, preferibilmente fuori dal
letto, su una sedia, e insegnargli a piegare il mento verso il torace quando
deglutisce, per prevenire l’aspirazione.
Se il paziente non sarà in grado di riprendere l’alimentazione orale sarà
necessario posizionare un sondino80
naso-gastrico.
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
RIPRISTINARE IL CONTROLLO VESCICALE E INTESTINALE
Dopo
un
ictus
il
paziente
può
sperimentare
transitoriamente
un’incontinenza urinaria a causa della confusione; occasionalmente dopo
un ictus la vescica diventa atonica, con una ridotta sensazione in risposta
al riempimento vescicale. Durante questo periodo viene impiegata la
cateterizzazione intermittente con tecnica sterile.
81
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
RIPRISTINARE IL CONTROLLO VESCICALE E INTESTINALE
Possono presentarsi anche problemi legati al controllo intestinale, il
più comune del quali è la stipsi. Se non controindicati, dovranno
essere garantiti una dieta ad elevato contenuto di fibre, un adeguato
apporto idrico, ( da 2 a 3 litri al giorno).
82
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
MIGLIORARE LA COMUNICAZIONE
Uno dei danni più frequenti in seguito all’ictus è rappresentato
dall’AFASIA. Tale disturbo altera la capacità
del paziente di
comprendere cosa è stato detto e di esprimersi, può manifestarsi in
diversi modi.
83
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
MIGLIORARE LA COMUNICAZIONE
Errore comune in cui incorrono gli infermieri componenti del team
curante è di COMPLETARE I PENSIERI O LE FRASI DEL PAZIENTE.
Questo dovrebbe essere evitato, poiché può creare nel paziente una
forte frustrazione, non essendogli consentito di parlare, e può
scoraggiarlo nell’esercitarsi a unire più pensieri ed a completare le frasi.
84
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
MIGLIORARE LA COMUNICAZIONE
Il paziente può trarre beneficio da tavole di comunicazione, che presentano
figure delle cose necessarie comunemente richieste e frasi comuni.
Quando si parla con il paziente si deve essere certi di avere la sua
attenzione, parlare lentamente.
Lavorando con un paziente afasico, l’infermiere deve ricordarsi di parlargli
durante le attività assistenziali, ciò migliora il contatto sociale con il
paziente.
85
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
MANTENERE L’INTEGRITA’ CUTANEA
Il paziente colpito da ictus presenta un rischi di lesioni cutanee e tissutali a
causa della sensibilità alterata, dell’incapacità di reagire alla pressione e del
disagio provocato dalle rotazioni e dagli spostamenti.
Si parla quindi di prevenzione dei danni ai tessuti e all’epidermide.
Per fare questo occorre dedicare un assidua attenzione all’aspetto e alla
cura della cute, con particolare riguardo alle zone ossee e alle parti declivi
del corpo.
86
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
MANTENERE L’INTEGRITA’ CUTANEA
Utile un regolare programma di rotazioni e posizionamento per
ridurre al minimo gli effetti della compressione localizzata ed
impedire il danno cutaneo.
Utile ricorrere a dispositivi
meccanici atti ad alleggerire la
pressione, che non sostituiscono le regolari rotazioni ed i
cambiamenti di postura.
87
ICTUS ISCHEMICO:
interventi infermieristici
MANTENERE L’INTEGRITA’ CUTANEA
La cute del paziente deve essere mantenuta pulita ed asciutta;
anche un massaggio delicato della cute sana ( non arrossata)
ed una nutrizione adeguata sono fattori essenziali per il
mantenimento di una normale integrità tissutale.
88
TRAUMA CRANICO
Il trauma cranico
identifica
89
TRAUMA CEREBRALE
CAUSE
Le cause più comuni di lesione traumatica cerebrali
sono
 incidenti automobilistici,
 violenze,
 cadute.
90
TRAUMA CEREBRALE
Non tutti i danni al cervello si verificano al momento
dell’impatto.
Il danno all’encefalo da lesione traumatica assume due
forme:
LESIONE SECONDARIA
LESIONE PRIMARIA
91
TRAUMA CEREBRALE
LESIONE PRIMARIA
Rappresenta il danno iniziale all’encefalo che deriva da un evento traumatico.
Tale evento può comprendere:
 Contusioni ( trauma dei tessuti sottocutanei, provocato da una pressione o da un
urto, con rottura dei capillari)
 Lacerazioni ( lesione traumatica di un tessuto o di un organo)
 Rottura dei vasi venosi causate da impatto, accelerazione/decelerazione o
penetrazione di oggetti.
92
TRAUMA CEREBRALE
LESIONE SECONDARIA
Si sviluppano nelle ore e nei giorni successivi
alla lesione iniziale e sono dovute soprattutto
all’edema cerebrale o all’emorragia continua.
93
TRAUMA CEREBRALE
Una lesione cerebrale è differente dalle lesioni che si verificano in
altre aree del corpo, a causa delle sue caratteristiche uniche.
Si trova all’interno del cranio che è un compartimento rigido e chiuso.
Poiché i confini del cranio non permettono
contenuto, qualsiasi
l’espansione del
gonfiore o sanguinamento nel suo interno
aumenta il volume del contenuto e può causare un Aumento della
Pressione Endocranica. ( API)
94
TRAUMA CEREBRALE
Se l’aumento della pressione endocranica è abbastanza alto, può
provocare un dislocamento verso il basso o lateralmente
del
cervello attraverso o contro le strutture rigide del cranio. Questo
causa riduzione del flusso ematico al cervello, diminuzione della
distribuzione di ossigeno. Le cellule all’interno diventano anossiche
determinando una ischemia, danno irreversibile al cervello,
eventualmente morte cerebrale.
95
ed
FRATTURE DEL CRANIO
La frattura del cranio è un’interruzione nella continuità della scatola
cranica causata da un trauma violento. Può verificarsi con o senza
danno cerebrale.
Le fratture craniche sono classificate come: lineari, comminute,
della base. Una frattura può essere aperta,
il che implica una
lacerazione del cuoio capelluto o uno strappo della dura madre ( per
esempio da pallottola o oggetto appuntito) o chiusa, quando la dura
madre è integra.
96
FRATTURE DEL CRANIO
Le fratture della volta cranica producono edema nella regione interessata e
per questa ragione è necessaria una radiografia perla diagnosi.
Le fratture della base cranica tendono ad attraversare il seno paranasale
dell’osso frontale o l’orecchio medio situato nell’osso temporale.
Così esse producono spesso emorragie dal naso, dal faringe o dall’orecchio
e può apparire sangue sotto le congiuntive. L’uscita di liquido dalle orecchie
( otoliquorrea) e dal naso ( rinoliquorrea) suggerisce una frattura alla base
del cranio.
97
FRATTURE DEL CRANIO
Il segno «dell’alone» ossia di una effusione di sangue circondata da
una macchia giallastra, può essere visibile sulle lenzuola o sulla
medicazione deve far sospettare una perdita liquorale.
La perdita di liquido cerebrospinale costituisce un grave problema,
perché
può
verificarsi
un’infezione
meningea
qualora
un
microrganismo raggiunga i tessuti endocranici tramite il naso,
l’orecchio o i seni attraverso una lacerazione della dura madre.
98
LESIONE CEREBRALE
Lesioni cerebrali chiuse
Lesioni cerebrali aperte
99
LESIONE CEREBRALE CHIUSA
CORPO CONTUNDENTE
Si verificano quando la testa accelera e poi rapidamente decelera o va a
colpire un altro oggetto ( es. un muro o il cruscotto di un’auto) e viene
danneggiato il tessuto cerebrale ma non si crea un apertura attraverso il
cuoio capelluto o la dura madre.
100
LESIONE CEREBRALE APERTA
Si verificano quando un oggetto penetra nel cuoio capelluto,
entra nel cervello e danneggia il tessuto cerebrale molle nella
sua traiettoria ( lesione penetrante) o quando il trauma
contundente alla testa è così violento che apre lo scalpo, il
cuoio capelluto e la dura madre fino a scoprire il cervello.
101
COMMOZIONE CEREBRALE
Perdita temporanea delle funzioni neurologiche senza un danno
strutturale apparente. Una commozione comprende un periodo di
incoscienza che può durare da alcuni secondi a qualche minuto. Lo
scuotimento cerebrale può essere così lieve da causare solo vertigine
e comparsa di macchioline davanti agli occhi ( «vedere le stelle») o
così grave da produrre una completa perdita di coscienza per
qualche tempo.
102
COMMOZIONE CEREBRALE
Se è interessato il tessuto cerebrale del lobo frontale, la persona può
manifestare un comportamento irrazionale e bizzarro, mentre il
coinvolgimento del lobo temporale può produrre amnesia
temporanea e disorientamento.
103
COMMOZIONE CEREBRALE
È necessario intervenire sul paziente quando insorgono :
 difficoltà a svegliarsi,
difficoltà nel parlare,
confusione mentale,
cefalea acuta,
vomito,
debolezza di una parte del corpo.
104
CONTUSIONE CEREBRALE
È un danno più grave in cui il cervello viene leso, con possibile
emorragia superficiale. La persona rimane incosciente per più di
qualche secondo o minuto. La persona può giacere inerte, con polso
debole, respiri superficiali, cute pallida e fredda. Spesso vi è una
involontaria evacuazione vescicale e intestinale. La persona è
difficilmente risvegliabile; la pressione arteriosa e la temperatura
sono sotto i valori normali ed il quadro è simile allo shock.
105
CONTUSIONE CEREBRALE
Lesioni molto estese portano a notevole compromissione delle
funzioni motorie, movimenti oculari anormali ed aumento della
PIC ( Pressione Intra Cranica), determinano una prognosi
sfavorevole con danno cerebrale, invalidità o morte.
106
EMORRAGIA ENDOCRANICA
Le più gravi conseguenze delle lesioni cerebrali sono gli
EMATOMI che si sviluppano all’interno della volta cranica.
L’EMATOMA è classificato come:
 EPIDURALE ( sopra la dura madre)
 SUBDURALE ( sotto la dura madre)
 INTRACEREBRALE ( all’interno dell’encefalo)
107
EMORRAGIA ENDOCRANICA
I sintomi principali sono spesso ritardati fino a quando
l’ematoma diviene abbastanza grande da causare
distorsioni, ernie del cervello e aumento della PIC.
108
PROCESSO INFERMIERISTICO:
nel trauma cerebrale
ACCERTAMENTO
La raccolta dati deve comprendere le seguenti domande:
 Quando si è verificato il trauma?
 Che cosa l’ha causato: un proiettile? Un oggetto che ha
colpito alla testa? Una caduta?
 Quale era la forza e la direzione del colpo?
109
PROCESSO INFERMIERISTICO:
nel trauma cerebrale
ACCERTAMENTO
Importante determinare se si è avuta una perdita di coscienza, quale
è stata la durata del periodo di incoscienza e se il paziente era
risvegliabile. L’accertamento deve includere anche la capacità di
rispondere ai comandi verbali ( se è cosciente), il livello di reattività
alla stimolazione tattile ( se non è cosciente), la reazione pupillare alla
luce, i riflessi corneale e del vomito e la funzione motoria.
110
PROCESSO INFERMIERISTICO:
nel trauma cerebrale
Applicare la scala del coma di
GLASGOW!
Essa è uno strumento per valutare la risposta del paziente
ad alcuni stimoli, quali: apertura degli occhi, risposta
verbale, risposta motoria.
I punteggi vanno da 3 ( coma profondo) a 15 ( normalità).
111
Scala di GLASGOW
Apertura degli occhi:
Spontanea
Al comando verbale
Allo stimolo doloroso
Nessuna risposta
4
3
2
1
Migliore risposta verbale :
orientata
Conversazione confusa
Parole sconnesse
Suoni incomprensibili
Nessuna risposta
5
4
3
2
1
112
Scala di GLASGOW
Miglior risposta motoria:
Ubbidisce ai comandi
Localizza lo stimolo doloroso
Si retrae
Flessione
Estensione
Nessuna risposta
6
5
4
3
2
1
Totale
da 3 a 15
113
TRAUMA CEREBRALE
- DIAGNOSI INFERMIERISTICHE Inefficace liberazione delle vie aeree e compromissione degli
scambi gassosi correlati alla lesione cerebrale;
 Inefficace perfusione del tessuto cerebrale correlata
all’aumento della pressione endocranica;
 Rischio di lesioni ( contro se stesso e verso gli altri) correlato
alle convulsioni, al disorientamento all’agitazione e al danno
cerebrale;
114
TRAUMA CEREBRALE
- DIAGNOSI INFERMIERISTICHE-
 Potenziale compromissione dell’integrità cutanea correlata
a permanenza a letto, emiparesi, emiplegia e immobilità;
 Rischio di squilibrio della temperatura corporea ( aumentata)
correlato a danno del sistema termoregolatore;
115
INTERVENTI INFERMIERISTICI
 MONITORARE IL DECLINO DELLA FUNZIONE NEUROLOGICA,
attraverso il monitoraggio dei parametri vitali, livello di coscienza,
funzione motoria.
 MANTENERE LA FUNZIONALITA’ RESPIRATORIA, se è presente
ipossia la situazione neurologica può peggiorare. Un’ostruzione delle
vie respiratorie causa ritenzione di CO2 e ipoventilazione che
determina la dilatazione dei vasi cerebrali e aumenta la pressione
endocranica.
 MONITORAGGIO DELL’EQUILIBRIO IDROELETTROLITICO , poiché un
danno al cervello può produrre disturbi metabolici e ormonali
116
PROCEDURE DIAGNOSTICHE
TERAPEUTICHE E ASSISTENZIALI
117
ASPIRAZIONE TRACHEO
BRONCHIALE
Definizione
S’intende la rimozione fisica dall’albero tracheobronchiale di secrezioni, vomito o sangue per mezzo di
una fonte di aspirazione e di un sondino inserito nelle
vie aeree tramite una via naturale ( naso o bocca) o
artificiale ( stoma).
118
ASPIRAZIONE TRACHEO
BRONCHIALE
Finalità
Gli scopi principali dell’aspirazione delle secrezioni sono:
 rimuovere l’eccesso delle secrezioni mucose per mantenere
pervie le vie aeree,
 assicurare la respirazione,
 prevenire eventuali infezioni.
119
ASPIRAZIONE TRACHEO
BRONCHIALE
Tipologia
Ogni sistema di aspirazione è comprensivo di:
 una pompa in grado di creare l’aspirazione vera e propria,
 un contenitore di raccolta dei liquidi aspirati,
 un sistema di tubi, sonde e cateteri per aspirare.
120
ASPIRAZIONE TRACHEO
BRONCHIALE
Tipologia
I sistemi di aspirazione possono essere fissi a «a muro», oppure
trasportabili a mano, alimentati elettricamente.
L’unità di aspirazione è composta da:
 Tubi,
 Estremità di aspirazione,
 Cateteri di aspirazione,
 Serbatoio di raccolta,
121
ASPIRAZIONE TRACHEO
BRONCHIALE
Indicazioni
L’aspirazione va eseguita in presenza di:
 Dispnea
 Secrezioni visibili
 Diminuzione della saturazione di ossigeno
 Aumento della pressione delle vie aeree
 Gorgoglii durante il respiro
( Walsh, Royle 1992)
122
ASPIRAZIONE TRACHEO
BRONCHIALE
Controindicazioni
Esse riguardano il rischio del paziente di sviluppare reazioni avverse o
peggiorare lo stato di salute come risultato della procedura stessa.
La broncoaspirazione nel paziente tracheostomizzato non è priva di
effetti potenzialmente dannosi, quali:
 Traumi tracheali
 Ipossiemia indotta
 ipertensione,
 Aritmie cardiache
123
ASPIRAZIONE TRACHEO
BRONCHIALE
E’ opportuna una valutazione individuale dei pazienti
prima di iniziare l’esecuzione di tale atto, per determinarne
l’effettiva necessità piuttosto che la routinaria esecuzione.
124
ASPIRAZIONE TRACHEO
BRONCHIALE
Questa valutazione può essere fatta mediante:
 Valutazione uditiva, in quanto la presenza di abbondanti secrezioni
rende il respiro sterteroso e rumoroso,
 Valutazione visiva, rilevando alterazioni della frequenza
respiratoria, dispnea, agitazione, tachicardia, alterazioni della
meccanica ventilatoria, cianosi, tosse e respiro superficiale,
125
ASPIRAZIONE TRACHEO
BRONCHIALE
 Valutazione tattile, appoggiando il palmo della mano sul torace
della persona si percepiscono vibrazioni ( questo fremito tattile è
dovuto al passaggio dell’aria attraverso le secrezioni),
 Valutazione auscultatoria, con l’utilizzo di un fonendoscopio che
consente di identificare la presenza delle secrezioni nei campi
polmonari ed è utile per scegliere le posture più idonee.
126
ASPIRAZIONE TRACHEO BRONCHIALE
- gestione infermieristica Il personale infermieristico che esegue l’aspirazione endotracheale
dovrebbe dimostrare quanto segue:
 Conoscenze adeguate sull’uso e sul montaggio di tutta
l’apparecchiatura usata,
 Capacità di ascoltare i rumori respiratori,
 Conoscenza e comprensione della fisiologia e della patologia di
base,
 Saper controllare i segni vitali, valutare lo stato del paziente e
saper rispondere adeguatamente alle complicanze che posso
sopraggiungere,
127
ASPIRAZIONE TRACHEO BRONCHIALE
- gestione infermieristica -
 Conoscenza e utilizzo dell’elettrocardiogramma,
 Saper valutare quando è necessaria ed eseguire correttamente
la RCP,
 Saper valutare e documentare l’efficacia della risposta del
paziente alla procedura,
 Saper insegnare ai familiari la procedura per la cura domiciliare.
128
ASPIRAZIONE TRACHEO BRONCHIALE
- procedura MATERIALE NECESSARIO








Aspiratore portatile o a muro
Sondini di aspirazione di diverso calibro
Guanti sterili
Soluzione fisiologica
Lubrificante sterile in gel o spray
Traversa
Contenitore raccolta rifiuti
Kit per ossigenazione
129
ASPIRAZIONE TRACHEO BRONCHIALE
- procedura -
ACCERTAMENTO
 Verificare lo stato di coscienza del paziente
 Verificare la presenza di segni e sintomi di alterazioni
della respirazione
130
ASPIRAZIONE TRACHEO BRONCHIALE
- procedura 1.
Eseguire un lavaggio appropriato delle mani ( CDC 2002)
2.
Descrivere i diversi passaggi della procedura al paziente
3.
Far assumere al paziente la posizione semi Fowler o laterale di
sicurezza in caso di incoscienza ( le posizioni sedute e di sicurezza
aiutano ad evitare eventuali aspirazioni delle secrezioni)
4.
Accendere l’apparecchio per aspirazione e regolare la pressione:
neonati e bambini 50-75 mmHg, adulti 100-120 mmHg ( impostare la
regolazione dell’aspirazione permette di creare pressioni negative tali da
non danneggiare la mucosa),
131
ASPIRAZIONE TRACHEO BRONCHIALE
- procedura 1.
Aprire il sondino senza rimuoverlo dalla confezione sterile
2.
Aprire il contenitore della soluzione fisiologica
3.
Indossare i guanti sterili
4.
Mettere il sondino all’interno della soluzione fisiologica sterile (la
lubrificazione del sondino rende più facile l’introduzione del catetere)
5.
Inserire il catetere nella trachea attraverso la narice, la cannula nasale
o la via respiratoria artificiale durante l’inspirazione (la manovra da
eseguire durante l’inspirazione assicura l’apertura dell’epiglottide e il
132 è facilitato)
movimento del catetere in trachea
ASPIRAZIONE TRACHEO BRONCHIALE
- procedura 1.
Far avanzare il catetere fino a che si incontra una resistenza . Ritrarre di 1
cm il catetere con delicatezza prima di iniziare ad aspirare per 15 secondi
( la delicatezza della manovra impedisce di causare danni alla mucosa.
Limitare il tempo di aspirazione è importante per non prolungare l’ipossia
causata dalla manovra),
2.
Aspirare posizionando il pollice della mano dominante nell’apposita
apertura. La mano dominante estrare il catetere ruotandolo ( la
rotazione del catetere previene i traumi della membrana),
133
ASPIRAZIONE TRACHEO BRONCHIALE
- procedura 1.
Risciacquare il catetere immergendolo nella soluzione fisiologica ( per
eliminare eventuali secrezioni dal catetere),
2.
Ripetere la manovra finchè le vie non saranno pulite,
3.
Senza spirare inserire il catetere al lato della bocca, facendolo entrare
nell’orofaringe ( l’orofaringe viene aspirata dopo la trachea perché la bocca
è meno pulita. Il posizionamento del catetere dal lato impedisce il vomito),
4.
Aspirare per 15 secondi ruotando il catetere ( la rotazione previene lesioni
della mucosa)
134
ASPIRAZIONE TRACHEO BRONCHIALE
- procedura -
1. Ripetere la manovra fino a che l’orofaringe non è
pulita,
2. Sciacquare il catetere e i tubi aspirando soluzione
fisiologica,
3. Eliminare il catetere,
4. Rimuovere i guanti usati
5. Sistemare il paziente in posizione comoda,
135
ASPIRAZIONE TRACHEO BRONCHIALE
- procedura 1. Eseguire l’igiene del cavo orale ( l’accumulo di secrezioni
provoca irritazioni ed è sgradevole per il paziente),
2. Riposizionare tutto il materiale occorrente per un’altra
eventuale aspirazione ( per rendere immediatamente
disponibile l’attrezzatura per l’aspirazione in caso di
necessità)
3. Se necessario somministrare ossigeno. Incoraggiare il
136
paziente ad una respirazione
profonda.
L’EMOGASANALISI
ARTERIORA
Definizione
E’ un prelievo di sangue arterioso
che consente di valutare l’efficienza
del sistema respiratorio
137
L’EMOGASANALISI
ARTERIORA
Finalità
Permette il riconoscimento della riduzione di ossigeno o
dell’aumento di anidride carbonica che si verifica
nell’insufficienza respiratoria, fornisce informazioni
indispensabili nei casi di patologie respiratorie di una certa
gravità.
138
L’EMOGASANALISI
ARTERIORA
Il campione di sangue viene prelevato da: un’arteria
periferica del braccio o a livello femorale.
L’emogasanalisi arteriosa può essere effettuata a livello
dell’arteria radiale, arteria femorale, arteria brachiale.
139
L’EMOGASANALISI
ARTERIORA
Rischi connessi alla procedura
Il momento dell’emostasi nella sede in cui viene
eseguito il prelievo è fondamentale per evita una
complicanza di stravaso ematico.
140
L’EMOGASANALISI ARTERIORA
- Procedura MATERIALE NECESSARIO
Siringa 2,5 ml ( eparinata);
guanti sterili;
garze sterili;
soluzione disinfettante;
telino non sterile;
contenitore ago box.
141
L’EMOGASANALISI ARTERIORA
- Procedura -
ACCERTAMENTO
Identificare il paziente,
Verificare eventuali altri referti.
142
L’EMOGASANALISI ARTERIORA
- Procedura Si preferisce la posizione seduta o distesa se la procedura viene
eseguita a livello dell’arteria radiale o brachiale, in posizione supina
con le gambe distese se la sede prescelta è l’arteria femorale.
1.
2.
3.
4.
5.
Eseguire un lavaggio appropriato delle mani ( CDC 2002)
Descrivere i diversi passaggi della procedura al paziente,
Aprire la confezione delle garze sterili
Versare il disinfettante sulle garze,
Aprire la confezione della siringa eparinata,
143
L’EMOGASANALISI ARTERIORA
- Procedura Arteria radiale
1.
Posizionare il paziente seduto o disteso
2. Posizionare un telino arrotolato sotto il polso ( si garantisce
maggior visuale del punto di repere),
3. Indossare i guanti sterili,
4. Disinfettare la sede di puntura per un’ area di almeno 10 cm sopra
la piega del polso partendo dal centro verso l’esterno,
144
L’EMOGASANALISI ARTERIORA
- Procedura -
1.
Apprezzare il polso radiale con l’indice e il medio della mano,
2. Inserire l’ago con angolazione di 45-60° e dirigerlo lentamente
verso la pulsazione tenendo la siringa in aspirazione, ( 90 ° per la
femorale),
3. Fermarsi alla prima comparsa di sangue,
4. Prelevare 1 ml di sangue,
5. Prendere una garza asciutta sterile utilizzando la mano non
impegnata,
145
L’EMOGASANALISI ARTERIORA
- Procedura -
1. Estrarre l’ago in aspirazione,
2. Premere la sede di prelievo con la garza per creare emostasi
3. Tenere la siringa in posizione verticale con l’ago rivolto verso
l’alto,
4. Espellere eventuali bolle d’aria ( per garantire una corretta
rilevazione dei vari componenti gassosi del sangue arterioso),
146
L’EMOGASANALISI ARTERIORA
- Procedura -
1. Rimuovere l’ago e sostituirlo con apposito occlusore,
2. Smaltire il materiale,
3. Rimuover ei guanti utilizzati,
4. Inviare il campione con identificazione del paziente.
147
MONITORAGGIO NON INVASIVO DELLA
SATURAZIONE DELL’OSSIGENO
DEFINIZIONE
Misurazione del livello di ossigeno all’interno dei vasi
sanguigni attraverso un apparecchio che consente di
misurare il grado di ossigenazione chiamato
SATURIMETRO o OSSIMETRO
148
MONITORAGGIO NON INVASIVO DELLA
SATURAZIONE DELL’OSSIGENO
Lo strumento è in grado di determinare la
proporzione di ossigeno nel sangue e
visualizzare la percentuale della saturazione di
ossigeno, definita SpO2.
149
MONITORAGGIO NON INVASIVO DELLA
SATURAZIONE DELL’OSSIGENO
FINALITA’
 Monitorare in modo non invasivo la saturazione dell’ossigeno
arterioso,
 diagnosticare precocemente l’ipossia,
 agire sulla tolleranza della riduzione dell’’ipossiemia
150
MONITORAGGIO NON INVASIVO DELLA
SATURAZIONE DELL’OSSIGENO
TIPOLOGIA
La saturimetria si basa su due principi:
a) L’emoglobina ossigenata e l’emoglobina ridotta differiscono
in termini di assorbimento della luce rossa e infrarossa
( spettrofotometria),
a) Il volume del sangue arterioso nei tessuti ( e quindi
l’assorbimento della luce da parte del sangue) varia durante le
151
fasi della pulsazione cardiaca.
MONITORAGGIO NON INVASIVO DELLA
SATURAZIONE DELL’OSSIGENO
Un saturimetro determina l’SpO2 facendo passare la luce rossa e
infrarossa attraverso
un letto arteriolare e misurando le
variazioni di assorbimento della luce durante il ciclo pulsatile.
Poiché l’emoglobina ossigenata assorbe una quantità di luce
differente dall’emoglobina ridotta, la quantità di luce rossa e
infrarossa assorbita dal sangue dipende dalla saturazione
d’ossigeno dell’emoglobina.
152
MONITORAGGIO NON INVASIVO DELLA
SATURAZIONE DELL’OSSIGENO
Per identificare la saturazione di ossigeno
dell’emoglobina
arteriosa, il monitor si basa sulla natura pulsatile del flusso
arterioso. Durante la sistole, un nuovo flusso di sangue arterioso
entra nella rete vascolare, facendo aumentare, di conseguenza,
il volume di sangue e l’assorbimento della luce. Durante la
diastole, il volume di sangue e l’assorbimento di luce
raggiungono il loro punto minimo.
153
MONITORAGGIO NON INVASIVO DELLA
SATURAZIONE DELL’OSSIGENO
INDICAZIONI
Le indicazioni alla rilevazione della saturazione tramite l’ossimetro
sono quelle relative all’istaurarsi di una situazione di ipossiemia:
 Dispnea,
 Tachipnea,
 Cianosi,
 Profonde variazioni delle caratteristiche della respirazione.
154
MONITORAGGIO NON INVASIVO DELLA
SATURAZIONE DELL’OSSIGENO
SEDI E CRITERI DI SCELTA
Le sedi più idonee di applicazione del sensore sono le
estremità delle dita delle mani. In alternativa è possibile
applicare il sensore al lobo dell’orecchio.
È possibile un’ ampia gamma di sensori: a fermaglio, adesivi e
monouso.
155
PROCEDURA DI
POSIZIONAMENTO DI UNA CANNULA
OROFARINGEA
DEFINIZIONE
La cannula orofaringea, o cannula di Mayo, è uno
strumento ricurvo, generalmente di plastica, in grado di
mantenere pervie le vie aeree nei pazienti in caso di
incoscienza.
156
PROCEDURA DI
POSIZIONAMENTO DI UNA CANNULA
OROFARINGEA
FINALITA’
La finalità della procedura è legata al mantenimento
delle vie aeree quando il paziente non presenta riflesso
faringeo e quindi nei casi di incoscienza.
157
PROCEDURA DI
POSIZIONAMENTO DI UNA CANNULA
OROFARINGEA
TIPOLOGIA
La cannula di Mayo presenta un’estremità con bordo
appiattito chiamata flangia che permette alla cannula stessa
l’ancoraggio alle labbra. Il resto del presidio è creato per
mantenere la lingua ferma, mediante una curvatura.
158
PROCEDURA DI
POSIZIONAMENTO DI UNA CANNULA
OROFARINGEA
159
PROCEDURA DI
POSIZIONAMENTO DI UNA CANNULA
OROFARINGEA
160
PROCEDURA DI
POSIZIONAMENTO DI UNA CANNULA
OROFARINGEA
Le misure delle cannule sono standard in base alla tipologia del paziente
( neonato- bambino- adulto). La cannula non può essere utilizzata in
modo efficace se non si sceglie la misura adatta al paziente!
L’adeguatezza della cannula può essere stabilita confrontando la
lunghezza del presidio con la distanza tra angolo della bocca e
l’estremità del lobo dell’orecchio del paziente: LE DUE MISURE
DEVONO COINCIDERE.
161
PROCEDURA DI
POSIZIONAMENTO DI UNA CANNULA
OROFARINGEA
CONTROINDICAZIONI
La procedura è altresì controindicata quando il paziente
ha presente il riflesso faringeo , in quanto non è in
grado di tollerare una cannula oro-faringea.
162
POSIZIONAMENTO DI UNA CANNULA
OROFARINGEA
-
procedura
–
MATERIALE NECESSARIO
Guanti monouso
Sistema Ambu se richiesto
Cannula di Mayo
163
POSIZIONAMENTO DI UNA CANNULA
OROFARINGEA
-
procedura
–
CONTROLLO DEI PARAMETRI VITALI!
1.
Eseguire un lavaggio appropriato delle mani
(CDC 2002)
2. Accertarsi della corretta identità della persona ( la cannula di Mayo
viene sempre inserita con il paziente in stato di incoscienza)
3. Porre il paziente in posizione supina con iperestensione del capo
( l’iperestensione del capo viene effettuata solo nel caso in cui il
paziente non abbia problemi di natura traumatica).
164
POSIZIONAMENTO DI UNA CANNULA
OROFARINGEA
-
1.
procedura
–
Mettersi dietro il capo del paziente, aprire la bocca incrociando il
pollice e l’indice, ponendoli sulle arcate dentarie superiore e
inferiore e quindi aprire le dita,
2. Ispezionare il cavo orale ( rimuovere eventuali protesi o secrezioni
per assicurare la pervietà),
3. Effettuare la misurazione per la scelta della cannula: naso-lobo
dell’orecchio ( la corretta misurazione consente di scegliere la
cannula più idonea),
165
POSIZIONAMENTO DI UNA CANNULA
OROFARINGEA
-
procedura
1.
–
Inserire la cannula con la punta rivolta verso l’alto e farla scorrere
lungo il palato fino a superare l’ugola ( durante la manovra di
inserimento assicurarsi di non spingere la lingua del paziente nel
faringe),
2. Far ruotare la cannula di 180 °in modo che la punta risulti diretta
verso il faringe ( il movimento descritto evita la retropulsione della
lingua),
3. Controllare che la flangia della cannula sia appoggiata alle labbra,
166
POSIZIONAMENTO DI UNA CANNULA
OROFARINGEA
-
1.
procedura
–
Controllare il paziente, eventualmente porre il pallone
Ambu per ventilarlo se richiesto,
2. Effettuare un accurato controllo del paziente ( se
compare il riflesso faringeo, estrarre immediatamente la
cannula, seguendo la curvatura anatomica; in questa
manovra non è necessario il movimento di rotazione).
167
VENTILAZIONE MANUALE
CON AMBU
DEFINIZIONE E SCOPO
Per ventilazione manuale tramite Ambu si intende la immissione
di aria forzata nelle vie aeree di un soggetto quando questo non
è in grado di respirare in modo autonomo.
Lo SCOPO principale di questo atto infermieristico è assicurare
la respirazione!
168
VENTILAZIONE MANUALE
CON AMBU
Il sistema di ventilazione più comunemente usato in
caso di arresto respiratorio è costituito
essenzialmente da tre elementi, collegati tra loro
da raccordi standard:
1. Un pallone auto estensibile detto pallone Ambu
2. Una valvola unidirezionale
169o un tubo endotracheale.
3. Una maschera facciale
VENTILAZIONE MANUALE
CON AMBU
Il pallone Ambu, può avere diverse dimensioni ( pediatrico o da
adulti); può essere:
 rifornito con aria ambiente,
 o essere dotato di un dispositivo che consente di collegarlo ad una
fonte di ossigeno,
 o essere collegato anche ad
un reservoir o pallone di riserva.
170
VENTILAZIONE MANUALE
CON AMBU
Ad ogni compressione manuale del pallone viene insufflato un
flusso di aria ( o una miscela di ossigeno e aria ambiente) che
giunge fino ai polmoni.
La valvola unidirezionale è raccordata da una parte al pallone
Ambu e dall’altra alla maschera, al tubo tracheale e alla cannula
tracheale.
171
VENTILAZIONE MANUALE
CON AMBU
In questi ultimi due casi viene utilizzato un apposito
raccordo chiamato catetere mount o tubo corrugato.
172
VENTILAZIONE MANUALE
CON AMBU
La funzione della valvola unidirezionale è quella di
indirizzare il flusso dell’aria verso la persona evitando
all’aria espirata di rientrare all’interno del pallone.
Le MASCHERE FACCIALI possono essere di varie misure
e di tipologia diversa.
173
VENTILAZIONE MANUALE
CON AMBU
Le maschere facciali sono fornite di un manicotto
gonfiabile sul bordo esterno che consente di farle aderire
perfettamente alla conformazione del volto della persona
garantendo una buona tenuta del circuito di ventilazione.
174
VENTILAZIONE MANUALE
CON AMBU
175
VENTILAZIONE MANUALE
CON AMBU
Le maschere devono essere di materiale plastico
TRASPARENTE
per consentire una visione continua
della bocca e del naso per rilevare precocemente la
comparsa di vomito.
Prima di apprestarsi a qualunque manovra
di
ventilazione è indispensabile valutare la pervientà delle
vie aeree.
176
VENTILAZIONE MANUALE
CON AMBU
177
VENTILAZIONE MANUALE
CON AMBU
La tecnica di apertura delle vie aeree prevede essenzialmente
due manovre:
1. l’iperestensione del capo, in cui una mano dell’operatore
posta sulla fronte della persona spinge all’indietro la testa,
2. il sollevamento del mento, in cui con due dita dell’altra
mano si procede a sollevare la mandibola agendo sulla
struttura ossea del mento e applicando una forza verso
l’alto.
178
VENTILAZIONE MANUALE
CON AMBU
Per mantenere la pervietà delle vie aeree a
questo punto è necessario posizionane la
cannula di guedel, o cannula orofarigea o
cannula di Mayo.
179
VENTILAZIONE MANUALE
CON SISTEMA VA E VIENI
Questo sistema è dotato di:
 Un pallone di gomma non autoestensibile,
 Una valvola per erogare la quantità di ossigeno desiderata,
 Un tubo corrugato da collegare ad una fonte di ossigeno.
180
VENTILAZIONE MANUALE
CON SISTEMA VA E VIENI
Questo sistema ha la caratteristica di
richiedere una fonte di ossigeno per poter
funzionare.
181
VENTILAZIONE MANUALE
CON SISTEMA VA E VIENI
Pallone non autoestensibile
(va e vieni)
Pallone auto estensibile
(Ambu)
182
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
Si definisce
TRACHEOTOMIA
l’apertura temporanea
della parete tracheale e
della cute, con
conseguente
comunicazione tra la
trachea cervicale e
l’ambiente esterno, che
consenta un passaggio di
aria atto a garantire
un’efficace respirazione.
Si definisce
TRACHEOSTOMIA la
creazione di un’apertura
permanente della trachea,
mediante abboccamento
della breccia tracheale alla
cute cervicale, con
conseguente contatto
diretto con l’ambiente
esterno.
183
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
Gestione della cannula s’intende la manutenzione della
tracheostomia, la sostituzione della contro cannula e la
relativa medicazione.
FINALITA’
- Assicurare la respirazione,
- Favorire il benessere della persona
- Prevenire le infezioni
184
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
TIPOLOGIA
 Rigida: materiale plastico ( silicone o PVC)
 Flessibile: ( in rianimazione )
- armate
- non armate.
185
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
Il set completo di una cannula tracheostomica
comprende 3 parti:
Cannula,
Controcannula,
Mandrino
Otturatore
186
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
CANNULA ENDOTRACHEALE
È la parte esterna della cannula che
viene inserita nella trachea
187
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
MANDRINO
è un tubo a punta smussa coassiale alla cannula che, se
inserito al posto della controcannula, serve a introdurre la
cannula senza ledere la mucosa tracheale. Va rimosso subito
dopo l’introduzione della cannula e sostituito con la cannula e
sostituito dalla controcannula.
188
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
CONTROCANNULA
Tubo rimovibile coassiale al diametro interno
della cannula. Serve ad evitare che la cannula
all’interno si ostruisca con le secrezioni.
189
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
VALVOLA UNIDIREZIONALE
Accessorio che elimina la necessità di usare il
dito per chiudere l’apertura della cannula
tracheostomica e consentire la fonazione.
190
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
Le cannule possono essere di diverso materiale:
 PVC ( Poli Vinil Cloruro)
 Silicone
 Metallo ( ottone, argento, oro, e acciaio)
191
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
Quando si posizione una cannula?
Le principali indicazioni al posizionamento di una cannula a seguito
di tracheotomia sono:
 tutti i casi di emergenza che comportano una grave insufficienza
respiratoria ( lesione del massiccio facciale e della laringe,
lesione cranio);
 interventi di chirurgia parziale e ricostruttiva della laringe, grosse
demolizioni del cavo orale;
 alcuni casi di flogosi della laringe che non risponde a terapia
medica.
192
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
SCOPI
 Superare un ostacolo respiratorio a livello
delle vie aeree,
 Migliorare la performance respiratoria,
 Necessità di assistere la respirazione per un
tempo prolungato.
193
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
CANNULE CUFFIATE
Sono provviste di un manicotto esterno o cuffia gonfiabile a bassa
pressione ( non deve superare i 20-25 mmHg) per mezzo di un
manometro e consentono una buona tenuta sulla parete tracheale.
La cuffia può causare lesioni da decubito sulla mucosa tracheale; è
necessario pertanto sgonfiare periodicamente la cuffia, o usare
speciale cuffie a doppia curvatura.
La cannula cuffiata può causare maggiori traumatismi nella manovra
194
di introduzione rispetto ad una cannula non cuffiata.
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
CANNULA
CUFFIATA
195
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
CANNULE NON CUFFIATE
L’utilizzo di queste cannule permette :
 La fonazione a cannula chiusa,
 Minor traumatismo durante le manovre di sostituzione
 La riduzione del rischio di insorgenza di decubiti tracheali,
 Maggiore facilità di gestione.
196
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
CANNULA NON
CUFFIATA
197
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
QUANDO SI USANO?
Vengono utilizzate in assenza di problemi di
deglutizione e nei pazienti avviati ad un trattamento di
ventilazione NON invasiva; è difficilmente utilizzabile
durante la ventilazione meccanica!
198
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
CANNULE FENESTRATE
Esse presentano un foro nella porzione posteriore e
superiore. Lo scopo della fenestratura è quello di
consentire il passaggio di aria attraverso le corde vocali
e permettere la fonazione.
199
GESTIONE INFERMIERISTICA DELLA
CANNULA TRACHEOSTOMICA
CANNULA
FENESTRATA
200
MEDICAZIONE E SOSTITUZIONE DELLA
CONTRO-CANNULA
COSA OCCORRE PREPARARE?






Garze sterili
Acqua ossigenata sterile ( per pulire la controcannula)
Soluzione fisiologica sterile
Bacinelle reniformi sterili
Scovolino sterile
Forbici e pinze sterili
201
MEDICAZIONE E SOSTITUZIONE DELLA
CONTRO-CANNULA
COSA OCCORRE PREPARARE?
 Guanti sterili
 Guanti non sterili
 Garza preformata o garza per la medicazione della
tracheostomia.
 Fascia di fissaggio
 Telini sterili
202
 Occorrente per prelievo colturale
MEDICAZIONE E SOSTITUZIONE DELLA
CONTRO-CANNULA
ACCERTAMENTO
 Identificare il paziente
 informare il paziente sulla manovra
 Controllare l’ancoraggio della cannula tracheostomica e la tenuta
della cuffia
 Valutare la possibile aspirazione delle secrezioni del paziente.
203
MEDICAZIONE E SOSTITUZIONE DELLA
CONTRO-CANNULA
COME POSIZIONARE IL PAZIENTE?
Far assumere al paziente una posizione confortevole,
quella seduta è la maggiormente indicata per la
manovra.
204
MEDICAZIONE E SOSTITUZIONE DELLA
CONTRO-CANNULA
1.
Eseguire un lavaggio appropriato delle mani ( CDC 2002)
(per prevenire infezioni crociate)
2.
indossare guanti non sterili
3.
Allentare la fascetta senza rimuoverla ( per medicare le
zone coperte ed evitare il rischio di espulsione del tubo)
4.
Rimuovere la medicazione da sostituire
5.
Eliminare i guanti non sterili
205
MEDICAZIONE E SOSTITUZIONE DELLA
CONTRO-CANNULA
1.
Controllare lo stato della cute peristomale. In caso di arrossamento
o infiltrazione eseguire tampone colturale
( monitorare caratteristiche per riconoscere prontamente segni e
sintomi di infezioni)
1.
Indossare i guanti sterili ( per prevenire infezioni)
2. Pulire le zone sotto la placca impiegando movimenti circolari con
garze sterili imbevute di soluzione fisiologica ( non utilizzare
sostanze disinfettanti per non irritare la cute),
206
MEDICAZIONE E SOSTITUZIONE DELLA
CONTRO-CANNULA
1.
Pulire le zone esposte del tubo rimuovendo eventuali secrezioni
utilizzando garze sterili imbevute con soluzione fisiologica sterile
( mantenere la zona peristomale integra),
2. Trattare lo stoma con acqua ossigenata e NON soluzione alcolica
se la cute è arrossata o ci sono segni evidenti di infezione
( l’utilizzo di disinfettanti alcolici potrebbe essere irritante per la
cute),
207
MEDICAZIONE E SOSTITUZIONE DELLA
CONTRO-CANNULA
1.
Tamponare la zona con garze sterili ( non lasciare le zone umide
per evitare la proliferazione batterica),
2. Porre la medicazione di TNT tra la cute o la placca piegata e con
un taglio a Y rovesciata (utilizzare presidi di medicazione che siano
in grado di assorbire sudore e secrezioni dalla cute. Non utilizzare
presidi di cotone per evitare la fuoriuscita di fibre che potrebbero
venire aspirate),
208
MEDICAZIONE E SOSTITUZIONE DELLA
CONTRO-CANNULA
1.
Rimuovere la controcannula ruotandola in senso antiorario
tenendo la cannula in posizione ( il corretto posizionamento del
tubo in situ evita la sua fuoriuscita).
2. Inserire la nuova controcannula con movimenti in senso orario
finché i punti di contrassegno sono allineati tenendo ben saldo il
tubo con le dita.
3. Rimuovere e gettare la fascetta per tracheostomia sporca
tenendo sempre la cannula209
con il pollice e l’indice della mano,
MEDICAZIONE E SOSTITUZIONE DELLA
CONTRO-CANNULA
1.
Applicare la fascetta nuova afferrando entrambi i lacci insieme su
di un lato del collo del paziente. Accertarsi che siano stretti tanto
da far passare un dito tra il laccio e il collo ( un’eccessiva
compressione della fascetta potrebbe lesionare la cute o premere
sulla giugulare).
2. Togliere i guanti; eliminare il materiale monouso.
3. Aiutare il paziente ad assumere una posizione comoda.
4. Lavarsi le mani e annotare l’avvenuta procedura in cartella.
210
MEDICAZIONE E SOSTITUZIONE DELLA
CONTRO-CANNULA
211
IL DRENAGGIO TORACICO
- gestione infermieristica -
La finalità della procedura è quella di controllare
i drenaggi toracici, osservando e accertando le
caratteristiche del materiale evacuato e
l’eventuale assenza di impedimenti alla
fuoriuscita dei liquidi.
212
IL DRENAGGIO TORACICO
- gestione infermieristica -
La gestione permette di valutare il corretto
funzionamento e l’ancoraggio dei drenaggi nella sede di
posizionamento, al fine di prevenire o correggere problemi
relativi alla pervietà e alla possibile fuoriuscita di materiale o
manifestazioni di infezione.
213
IL DRENAGGIO TORACICO
- gestione infermieristica I tubi di drenaggio toracico devono essere:
 morbidi per non ledere i tessuti vicini, ma sufficientemente rigidi da
non piegarsi;
 di silicone o PVC con bordo radio-opaco.
214
IL DRENAGGIO TORACICO
- SISTEMI DI ASPIRAZIONETHORASEAL III
SISTEMA DI
ASPIRAZIONE
PLEUR EVAC
215
VALVOLA DI
HEIMLICH
IL DRENAGGIO TORACICO
- SISTEMI DI ASPIRAZIONE-
Sistema di drenaggio toracico monouso a tre camere
per utilizzo a gravità o in aspirazione.
La prima è una camera di raccolta di 2500 cc.
La seconda mantiene il sistema di drenaggio a valvola
unidirezionale.
La terza può essere usata in caso di drenaggio
aspirativo.
216
IL DRENAGGIO TORACICO
- SISTEMI DI ASPIRAZIONEVANTAGGI
 Mantenimento della valvola unidirezionale anche in
presenza di versamenti massivi.
 Possibilità di applicare l’aspirazione anche nei reparti di
degenza normale.
 Maggiore sterilità del prodotto.
 Presenza di ganci o sostegno a terra che mantengono il
sistema stabile.
217
IL DRENAGGIO TORACICO
- SISTEMI DI ASPIRAZIONE-
VANTAGGI
 Sterilità dell’intero sistema garantita per 30 giorni.
 Il tubo di drenaggio in materiale morbido e
autosigillante per il prelievo di campioni biologici. Il
tubo è dotato di una spirale esterna che permette di
non inginocchiarsi.
218
IL DRENAGGIO TORACICO
- SISTEMI DI ASPIRAZIONEPLEUR EVAC
Drenaggio monouso che raggruppa in un
unico dispositivo il sistema di drenaggio
a tre camere, usato per i pazienti
sottoposti a pneumonectomia.
219
IL DRENAGGIO TORACICO
- SISTEMI DI ASPIRAZIONEVANTAGGI
 Non necessita di frequenti svuotamenti, la camera di raccolta
ha una capacità di 2500 cc.
 Ha diaframmi autosigillanti per il prelievo di campioni
biologici.
 Garantisce una maggiore sterilità.
 Tubo in materiale morbido e dotato di una spirale che
220
permette di non inginocchiarsi.
IL DRENAGGIO TORACICO
- SISTEMI DI ASPIRAZIONEVALVOLA DI
HEIMLICH
Valvola unidirezionale che può essere connessa al
tubo e al drenaggio e che consente durante
l’espirazione, il passaggio di aria e secrezioni al
sistema di raccolta ( es. sacchetto diuresi sterile),
mentre in fase inspiratoria si chiude, impedendo
qualsiasi tipo di ritorno verso lo spazio pleurico.
221
IL DRENAGGIO TORACICO
- SISTEMI DI ASPIRAZIONE-
VANTAGGI
 Facile gestione nelle persone con drenaggio pleurico
a domicilio.
 Maggiore sicurezza e sterilità durante il trasporto e al
domicilio.
222
IL DRENAGGIO TORACICO
- gestione infermieristica INDICAZIONI
Le indicazioni sono relative all’eliminazione di qualsiasi
eventuale accumulo di materiale biologico all’interno
dello spazio pleurico, permettendo la ri-espansione
polmonare e lo scambio dei gas.
223
IL DRENAGGIO TORACICO
- gestione infermieristica -
Una raccolta aerea o liquida occupante lo spazio
pleurico, struttura anatomica relativamente estensibile,
può interferire con il corretto funzionamento degli
apparati cardiocircolatorio e respiratorio.
224
IL DRENAGGIO TORACICO
- gestione infermieristica QUANDO POSIZIONARE UN
DRENAGGIO TORACICO?
LE INDICAZIONI POSSONO ESSERE DI DUE TIPI:
1. EVACUATIVE
2. DI ACCESSO ALLA CAVITA’ (
endocavitari)
225
trattamenti farmacologici
IL DRENAGGIO TORACICO
- gestione infermieristica LE INDICAZIONI EVACUATIVE SONO:
 Pneumotorace spontaneo o secondario ( traumatico)
 Emotorace ( da trauma, post-operatorio)
 Empiema pleurico
 Versamento pleurico
 Controllo della cavità dopo intervento di chirurgia toracica
226
IL DRENAGGIO TORACICO
- gestione infermieristica -
SEDI
E
CRITERI DI
SCELTA
227
IL DRENAGGIO TORACICO
- gestione infermieristica NEL TRAUMATIZZATO TORACICO: la linea ascellare
media, dietro al bordo esterno del grande pettorale.
228
IL DRENAGGIO TORACICO
- gestione infermieristica PER I VERSAMENTI GASSOSI: si posiziona il drenaggio
tra il terzo e quinto spazio intercostale e il tubo è rivolto
verso l’alto.
PER I VERSAMENTI LIQUIDI: il quinto spazio intercostale,
dirigendo il tubo verso il basso.
229
IL DRENAGGIO TORACICO
- medicazione 1.
Eseguire un appropriato lavaggio delle mani (CDC 2002)
2. Posizionare il paziente il posizione semiseduta, leggermente
ruotata sul lato opposto alla sede di inserzione con flessione sul
capo dell’arto superiore omolaterale ( 5° spazio intercostale,
linea ascellare media), oppure semiseduta ( 2° spazio
intercostale, linea emiclaveare)
230
IL DRENAGGIO TORACICO
- medicazione 1.
Inumidire con soluzione sgrassante i cerotti e rimuoverli con
delicatezza ( per non provocare abrasioni alla cute)
2. Rimuovere la vecchia medicazione eliminandola nel contenitore
dei rifiuti speciali
3. Sostituire i guanti
4. Osservare le condizioni della ferita, l’eventuale presenza di
secrezioni e il loro carattere ( se richiesto eseguire tampone
colturale)
231
IL DRENAGGIO TORACICO
- medicazione 1.
Prendere una garza con la pinza e bagnarla con etere o
esano
2. Passare la zona circostante la ferita per rimuovere
eventuali residui di colla
3. Disinfettare la ferita partendo dalla sutura verso
l’esterno senza mai tornare verso la sutura stessa
232
IL DRENAGGIO TORACICO
- medicazione 1.
Disinfettare la cute circostante il drenaggio con la stessa
modalità (durante questa manovra l’obiettivo è quello di
mantenere pervio il tubo di drenaggio. Le evidenze
scientifiche consigliano, in caso di presenza di coaguli nel
tubo, una «mungitura manuale» e il «rullaggio con pinza»).
2. Ripetere la manovre se necessario, avendo cura di
utilizzare una nuova garza ogni volta.
233
IL DRENAGGIO TORACICO
- medicazione 1. Tagliare a
Y una garza e posizionarla attorno al
drenaggio.
2. Posizionare le altre garze sterili per coprire la ferita e il
drenaggio.
3. Posizionare i cerotti ai bordi della garza in modo da
lasciare libera la parte centrale della medicazione.
234
IL DRENAGGIO TORACICO
- rischi connessi alla procedura I fattori che favoriscono l’insorgenza di infezioni in
pazienti portatori di tubo toracico aumentano o
risultano aumentati in riferimento al tempo di
permanenza del tubo in sede ( oltre 6 giorni) e alla
incompleta evacuazione dello spazio pleurico.
235
IL DRENAGGIO TORACICO
- rischi connessi alla procedura -
Le evidenze raccomandano di utilizzare acqua sterile o
soluzione fisiologica per la creazione della valvola ad
acqua per evitare la ploriferazione intrapleurica di
microrganismi, che attraverso una migrazione
retrograda potrebbero risalire dal sistema di raccolta
attraverso i tubi di drenaggio.
236
IL DRENAGGIO TORACICO
- valutazione dell’assistenza infermieristicaLa valutazione e la gestione infermieristica devono mirare a:
 PREVENIRE LE COMPLICANZE INFETTIVE durante la
medicazione
 INDIVIDUARE TEMPESTIVAMENTE I POTENZIALI SEGNI E
SINTOMI che denotano una inadeguata pervietà del
drenaggio
237
IL DRENAGGIO TORACICO
- SICUREZZA PER IL PAZIENTE-
La sicurezza viene garantita dal rispetto delle
precauzioni standard prima, durante e dopo la
procedura ( igiene delle mani, asepsi durante la
manovra, pulizia degli strumenti, della cute) e
dalla rigorosità nell’esecuzione.
238
IL DRENAGGIO TORACICO
- SICUREZZA PER L’OPERATORENel caso in cui l’operatore venga a contatto accidentale con
liquidi di derivazione pleurica non contenenti sangue, è
appropriato il lavaggio delle mani con acqua e sapone
detergente.
Ne caso in cui il liquido sia contaminato da sangue effettuare
un appropriato lavaggio delle mani con acqua e sapone
antisettico.
239
SPIROMETRO INCENTIVANTE
COS’E’?
È un presidio che
permette l’aumento
dell’espansione
240
alveolare.
SPIROMETRO INCENTIVANTE
SCOPI?
 Migliorare la ventilazione e la respirazione
 Prevenire l’insorgenza di infezioni
 Prevenire e curare atelettasie favorendo l’espansione
degli alveoli collassati.
241
SPIROMETRO INCENTIVANTE
Questo strumento agisce sulla fase INSPIRATORIA o
su entrambe ( fase inspiratoria ed espiratoria).
Nell’ambito della fase INSPIRATORIA esistono ausili
che agiscono come incentivatori di volume o di flusso
( triflow).
242
TRIFLOW
Fare clic sull'icona
per inserire
un'immagine  Costituito da tre cilindri di plastica
trasparente posti in serie e collegati
ad un boccaglio. All’interno di ogni
cilindro è presente una sfera di
plastica colorata, mentre in cima ad
ogni cilindro è presente un foro che
li collega al boccaglio.
243
SPIROMETRO INCENTIVANTE
Inspirando attraverso il boccaglio si crea una
pressione negativa che, attraverso il foro posto
in cima al primo cilindro, viene trasmessa
all’interno dello stesso; si determina così un
risucchio che fa alzare la sfera.
244
SPIROMETRO INCENTIVANTE
Quest’ultima, sollevandosi, occlude il foro posto
in cima al cilindro. La depressione creata
dall’atto inspiratorio si trasmette così al
secondo cilindro, con risucchio della seconda
sfera, fino ad arrivare alla terza.
245
SPIROMETRO INCENTIVANTE
Tale spirometro è detto INCENTIVANTE poiché consente
alla persona di osservare gli esiti del proprio sforzo
respiratorio: se riesce a far sollevare solo la prima sfera ,
la persona sarà stimolata ad inspirare più
profondamente per far sollevare anche la seconda e
così via sino alla inspirazione massima di 1200ml/sec.
246
SPIROMETRO INCENTIVANTE
PRIMA DELLA PROCEDURA
 Identificare il paziente
 Fornire alla persona le informazione
necessarie per l’esecuzione della
procedura
 Far posizionare la persona seduta o
semiseduta per facilitare l’espansione
toracica
247
SPIROMETRO INCENTIVANTE
 Preparare con la persona il seguente materiale:
- spirometro incentivante
- stringinaso, qualora si rendesse necessario
l’impiego in persone che tendenzialmente
utilizzano una respirazione nasale
 Lavaggio delle mani dell’operatore e del paziente
248
SPIROMETRO INCENTIVANTE
PROCEDURA
 Fornire informazioni chiare e precise sulla motivazione della
prescrizione di tali esercizi respiratori ( questi sono indicati
nell’ambito della chirurgia toracica e dell’alto addome per la
prevenzione delle complicanze respiratorie determinate dalla
difficoltà a effettuare respirazione profonde per la presenza
della ferita chirurgica associata a dolore postoperatorio o per
la prolungata immobilità)
249
 Far posizionare le mani
della persona sullo
spirometro: una mano
regge il dispositivo e l’altra
mantiene il boccaglio
vicino alla bocca
250
SPIROMETRO
INCENTIVANTE
 Spiegare alla persona l’importanza di far aderire bene
le labbra al boccaglio per evitare perdite di aria che
renderebbero l’esercizio respiratorio inefficace.
 Insegnare ad inspirare lentamente e profondamente
dalla bocca, trattenendo il respiro per 3 o 4 secondi
così da facilitare l’espansione
251 alveolare.
SPIROMETRO
INCENTIVANTE
 Insegnare ad effettuare successivamente alcuni atti
respiratori nella più completa normalità, per permettere un
recupero dallo sforzo prima del successivo esercizio.
 Consigliare alla persona di eseguire l’esercizio per circa 6 -10
volte, in base alle sue condizioni, almeno 2 volte ogni ora e di
seguire le indicazioni dello specialista.
252
AUMENTO DELLA PRESSIONE
ENDOCRANICA
Una volta cranica rigida contiene tessuto cerebrale ( 1400 g.);
sangue ( 75 mL); e liquido cerebrospinale ( 75 mL) (Hickey,2003).
Il volume e la pressione di questi tre elementi sono
generalmente in uno stato di equilibrio che determina la PIC.
La PIC di solito viene misurata nei ventricoli laterali; una PIC
normale è compresa tra i 10 e i 20 mmHg.
253
( Hickey 2003)
AUMENTO DELLA PRESSIONE
ENDOCRANICA
L’aumento della PIC è una sindrome che colpisce numerosi pazienti
affetti da patologie neurologiche acute, poiché queste alterano la
relazione esistente tra volume e pressione endocranica.
Sebbene un’elevata PIC sia più spesso associata alle lesioni craniche,
può anche rappresentare l’effetto secondario di molte altre
condizioni patologiche, come i tumori cerebrali, l’emorragia
subaracnoidea e le encefalopatie di natura tossica virale.
254
AUMENTO DELLA PRESSIONE
ENDOCRANICA
L’aumento della PIC da qualsiasi causa diminuirà la
perfusione cerebrale, stimolerà ulteriore gonfiore
(edema) e dislocherà il tessuto cerebrale attraverso le
aperture nella dura madre , determinando una
ERNIAZIONE, evento terribile e spesso fatale.
255
AUMENTO DELLA PRESSIONE
ENDOCRANICA
Un aumento della PIC può ridurre in modo significativo il flusso
ematico al cervello, determinando ISCHEMIA e morte cellulare.
L’edema cerebrale, o gonfiore, è definito come un anomalo accumulo
di liquidi nello spazio intercellulare, extracellulare o in entrambi,
associato ad aumento del volume del tessuto cerebrale. Quando il
tessuto cerebrale viene a contatto con il cranio rigido, diversi
meccanismi tentano di compensare l’aumento della PIC.
256
AUMENTO DELLA P.I.C.
manifestazioni cliniche
Quando la PIC aumenta fino al punto in cui la capacità di
compenso del cervello ha raggiunto il limite massimo, la
funzionalità neurologica viene danneggiata; ciò si manifesta
soprattutto attraverso modifiche del livello di coscienza, e più
tardi con anomalie respiratorie e risposte vasomotorie.
257
AUMENTO DELLA P.I.C.
manifestazioni cliniche
ATTENZIONE!!!!
Il segno precoce di aumento della pressione
endocranica è una modifica del livello di
coscienza. La lentezza del discorso e il ritardo
nelle risposte agli stimoli
verbali
sono
i
primi
258
AUMENTO DELLA P.I.C.
manifestazioni cliniche
Ogni improvviso cambiamento di condizioni del paziente, come
l’essere irrequieto ( senza motivo), confuso o sonnolento ha un
significato neurologico. Questi segni possono essere causati da
una compromissione del cervello dovuta ad un aumento del
volume per emorragia o edema, oppure a una lesione espansiva
endocranica ( ematoma o tumore) o ad entrambi.
259
AUMENTO DELLA P.I.C.
manifestazioni cliniche
All’aumento della pressione endocranica, la persona diviene
stuporosa, reagendo solo a stimoli uditivi forti o a stimoli
dolorosi.
Quando il deficit neurologico diventa più profondo, la persona
diventa comatosa e mostra risposte motorie anomale nella
forma di:
 DECORTICAZIONE
 DECEREBRAZIONE
260
AUMENTO DELLA P.I.C.
manifestazioni cliniche
DECEREBRATO
DECORTICATO
261
PAZIENTE DECORTICATO
La
postura
da
decorticazione,
coinvolge
l’adduzione e la flessione degli arti superiori, la
rotazione interna degli arti inferiori e la flessione
plantare del piede.
262
PAZIENTE DECEREBRATO
La
postura
da
decerebrazione
coinvolge
l’estensione e la rotazione esterna degli arti
superiori e la flessione plantare del piede.
263
AUMENTO DELLA P.I.C.
- monitoraggio della PIC Gli scopi del monitoraggio della PIC sono di indentificare
precocemente:
 l’aumento di pressione ( prima che intervenga un danno cerebrale) ,
 quantificare il livello di anormalità,
 iniziare un trattamento appropriato,
 garantire un accesso al liquido cerebrospinale per campionature e
drenaggio,
264
 valutare l’efficacia del trattamento.
AUMENTO DELLA P.I.C.
- monitoraggio della PIC La PIC può essere monitorata
tramite :
 un catetere intraventricolare
( ventricolostomia),
 un catetere epidurale o
subdurale,
 un catetere a fibre ottiche
munito in punta da un
265
266
AUMENTO DELLA P.I.C.
- monitoraggio della PIC Quando una VENTRICOLOSTOMIA o un presidio di monitoraggio
del catetere ventricolare sono usati per il monitoraggio della PIC ,
è previsto l’inserimento in
un ventricolo laterale, di solito
dell’emisfero non dominante, di un sottile cateterino. Questo è
raccordato mediante un set riempito di liquido, ad un trasduttore
che registra la pressione sotto forma di impulso elettrico.
267
AUMENTO DELLA P.I.C.
- monitoraggio della PIC Oltre a consentire la registrazione continua della pressione
endocranica, il cateterino ventricolare permette il drenaggio
del liquido cerebrospinale, specialmente nel caso di un
improvviso rialzo di pressione.
268
AUMENTO DELLA P.I.C.
- monitoraggio della PIC La VENTRICOLOSTOMIA può essere utilizzata anche per
drenare sangue dal ventricolo.
Inoltre, il continuo drenaggio del liquido ventricolare sotto il
controllo pressorio è un metodo efficace per trattare
l’ipertensione endocranica.
269
AUMENTO DELLA P.I.C.
- monitoraggio della PIC Altro vantaggio del catetere ventricolare
costituire
una
via
per
la
fisso è di
somministrazione
intraventricolare di farmaci o di un mezzo di contrasto
per la VENTRICOLOGRAFIA.
270
AUMENTO DELLA P.I.C.
- monitoraggio della PIC La VITE SUBARACNOIDEA ( o bullone) è una vite cava inserita
nello spazio subaracnoideo del cranio, attraverso la scatola
cranica e la dura madre.
VANTAGGIO
Non richiede una puntura ventricolare.
271
AUMENTO DELLA P.I.C.
- monitoraggio della PIC Questa vite è collegata ad un trasduttore di pressione e i
valori rilevati giungono ad un oscilloscopio che li
registra.
La tecnica della vite subaracnoidea ha il vantaggio di
evitare complicanze dovute a spostamenti cerebrali e
alla piccola dimensione del ventricolo.
272
AUMENTO DELLA P.I.C.
- monitoraggio della PIC Il MONITORAGGIO EPIDURALE utilizza un sensore di flusso pneumatico
che funziona su base non elettrica.
Questo sistema pneumatico di monitoraggio della PIC ha una bassa
incidenza di infezioni e complicanze ed è in grado di leggere le pressioni
in modo preciso.
Lo SVANTAGGIO è l’impossibilità di prelevare liquido cerebrospinale
per le analisi del caso.
273
LIVELLO DI COSCIENZA
ALTERATO
Un alterato livello di coscienza è evidente nel paziente che
non è orientato, non risponde ai comandi o richiede stimoli
persistenti per raggiungere lo stato di consapevolezza.
L’alterato livello di coscienza è misurato su una scala che va
dal normale stato di veglia e la piena cognizione ( coscienza)
da un lato e lo stato di coma dall’altro.
274
LIVELLO DI COSCIENZA
ALTERATO
Il COMA è una condizione clinica di incoscienza in
cui il paziente è inconsapevole di sé o
dell’ambiente esterno per un periodo di tempo
prolungato ( giorni o anche anni).
275
LIVELLO DI COSCIENZA
ALTERATO
Il MUTISMO ACINETICO è una situazione di apatia
nei confronti dell’ambiente in cui il paziente non
compie movimenti né vocalizzazioni,
ma talvolta apre solo gli occhi.
276
LIVELLO DI COSCIENZA
ALTERATO
Lo STATO VEGETATIVO PERSISTENTE è
una condizione in cui il paziente è descritto
come sveglio ma privo di coscienza , senza
funzioni mentali277
cognitive o affettive.
LIVELLO DI COSCIENZA
ALTERATO
Il paziente neurologico viene spesso definito
cerebralmente morto prima che intervenga la morte
fisica.
Il termine MORTE CEREBRALE descrive la perdita
irreversibile di tutte le funzioni dell’intero cervello,
incluso il tronco cerebrale.
278
LA MORTE CEREBRALE
=
CESSAZIONE DEL BATTITO
CARDIACO?
279
LA MORTE CEREBRALE
Questa si verifica quando una lesione cerebrale è talmente
grave da precludere IRREVERSIBILMENTE ogni possibilità di
recupero da parte dell’organo, il quale non è più in grado di
mantenere gli equilibri interni conseguenti alla funzione
respiratoria e cardiovascolare, al normale controllo termico,
alla funzione metabolica e così
via.
280
LA MORTE CEREBRALE
Danni cerebrali di altra natura per localizzazione e tipologia,
conducono ad una situazione definita STATO VEGETATIVO
PERSISTENTE (SVP): questo si verifica quando la lesione
cerebrale è permanente e sufficientemente grave da rendere
il soggetto incapace di mantenere l’omeostasi esterna, cioè la
consapevolezza del sé in rapporto al mondo circostante anche
se il tronco encefalico può conservare l’omeostasi interna delle
funzioni neurovegetative.
281
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale La
morte
encefaliche
nei
soggetti
sottoposti
con
lesioni
a
misure
rianimatorie si intende avvenuta quando si
verifica la cessazione irreversibile di tutte le
funzioni dell’encefalo.
282
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale -
Le condizioni che impongono l’accertamento di morte sono:
(Legge 29/12/93, n. 578; DPR 22/8/94, n. 582; Legge 1/4/99, n. 91; DM ministero sanità
8/4/2000; D.M della Salute n. 136 2008)
a) Stato di coscienza
b) Assenza di riflessi del tronco e di respiro spontaneo
283
c) Silenzio elettrico cerebrale
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale È prevista l’esecuzione di indagini atte ad evidenziare l’esistenza del
flusso ematico cerebrale nei casi in cui si tratti di bambini di età
inferiore a un anno; quando siano presenti fatti che possano incidere
sul quadro complessivo ( intossicazioni, sedazioni, ipotermia); nei casi
in cui non sia possibile la diagnosi etiopatogenetica certa o non sia
possibile eseguire i riflessi del tronco o l’EEG.
284
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale -
Quando si verificano che condizioni cliniche sopra
elencate
è
obbligo
segnalare
alla
DIREZIONE
SANITARIA dell’esistenza di un caso di morte per
cessazione irreversibile delle funzioni cerebrali.
285
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale La DIREZIONE SANITARIA è tenuta a convocare prontamente il
collegio medico legale preposto all’accertamento di morte.
Tale accertamento è CLINICO STRUMENTALE , demandato ad
una commissione tanatologica composta da :
 Un medico legale
 Un medico specialista in anestesia e rianimazione
 Un medico neurofisiopatologo ( o neurologo o neurochirurgo
286
esperto in elettroencefalografia)
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale Tale collegio deve esprimere un giudizio
unanime sul momento della morte, il cui
orario coincide con l’inizio del periodo di
osservazione.
287
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale Per accertare la morte si dovranno riscontrare le seguenti
condizioni:
a) Stato di incoscienza
b) Assenza di:
- riflesso corneale ( allo stimolo della cornea si ha una chiusura automatica
della
palpebra)
- riflesso fotomotore ( restringimento della pupilla allo stimolo luminoso)
288
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale a) riflesso oculocefalico (girando passivamente la testa del
paziente i globi oculari deviano in senso opposto a quello del
movimento del capo)
b) riflesso oculovestibolare (iniettando con una siringa dell’acqua
fredda nel condotto uditivo di un soggetto normale la reazione è la
deviazione oculare dallo stesso lato di iniezione)
289
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale -
- di reazioni a stimoli dolorifici nel territorio di
innervazione del
trigemino,
- del riflesso carenale ( si effettua con una stimolazione tracheale e carenale
con sondino per evocare tosse riflessa o movimenti diaframmatici)
- test dell’apnea (serve per verificare l’assenza di movimenti respiratori)
290
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale -
a) Silenzio elettrico cerebrale per 30 minuti
b) Assenza del flusso ematico cerebrale per i
casi descritti sopra.
291
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale -
La durata dell’osservazione non deve essere inferiore a
6 ore nell’adulto e nel bambino di età superiore a 5 anni;
di 12 ore per i bambini di età compresa tra 1 e 5 anni;
di 24 ore per i bambini di età inferiore a 1 anno.
292
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale Durante questi periodi le condizioni descritte devono essere
riscontrate per tre volte ( inizio, metà e fine periodo dell’
osservazione).
Qualora durante il periodo di osservazione il paziente andasse
autonomamente incontro ad arresto cardiaco, la diagnosi di
morte
deve
essere
supportata
da
un
elettrocardiografico che registri 20 minuti di asistolia.
293
tracciato
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale Il processo di morte dell’encefalo si può schematizzare nelle seguenti
fasi:
1.
Progressiva incapacità del circolo cerebrale di mantenere costante
il flusso ematico
2. Aumento progressivo della pressione intracranica (PIC)
3. Ischemizzazione del parenchima cerebrale
4. Morte dell’encefalo e perdita dei controllo omeostatici
neurovegetativi.
294
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale Durante tale periodo è necessario assistere il paziente affinché
sia garantita la massima vitalità degli organi del soggetto
potenziale donatore, attraverso il miglior controllo:
 della perfusione,
 dell’ossigenazione,
 della temperatura
 dell’equilibrio acido-base ed elettrolitico.
295
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale -
Il mantenimento della TEMPERATURA CORPOREA richiede
particolare attenzione; i soggetti in morte cerebrale possono
facilmente andare in IPOTERMIA ( TC< 35° C) la quale, una
volta instauratasi è di difficile correzione.
296
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale La riduzione della temperatura corporea a valori troppo bassi,
per la conseguente vasocostrizione e l’aumento della viscosità
del sangue, costituisce elemento di veto alla attivazione della
commissione di accertamento di morte cerebrale, in quanto il
freddo, riducendo l’attività elettrica cerebrale, potrebbe indurre
a registrazioni di tracciati elettroencefalografici falsamente
isoelettrici.
297
ACCERTAMENTO DI
- morte cerebrale -
Così come il dosaggio di sostanze sedative in
circolo anche in minime dosi è anch’esso
elemento
di
divieto
nei
confronti
procedura di accertamento di morte.
298
della
299
BIBLIOGRAFIA
 Brunner Suddarth, Suzanne C. Smeltzer, Brenda G. Bare, INFERMIERISTICA MEDICOCHIRURGICA , volume 1 e 2, Terza Edizione, CASA EDITRICE AMBROSIANA, 2006
 Judith M. Wilkinson, PROCESSO INFERMIERISTICO E PENSIERO CRITICO, Terza
Edizione, CASA EDITRICE AMBROSIANA, 2013.e
 Ruth F. Craven, Constance J. Hirnle, PRINCIPI FONDAMENTALI DELL’ASSISTENZA
INFERMIERISTICA, volume 1 e 2, Terza Edizione, CASA EDITRICA AMBROSIANA, 2007
300
BIBLIOGRAFIA
 Cecilia Sironi, Giliola Baccin, PROCEDURE PER L’ASSISTENZA INFERMIERISTICA, Ed.
MASSON, 2006,
 Autori vari, PROCEDURE DIAGNOSTICO-TERAPEUTICHE E ASSISTENZIALI, il
percorso dell’infermiere tra decisione, responsabilità, educazione e complessità, Ed.
Mc Graw-Hill, 2005
 Autori vari, ELEMENTI DI BASE DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA, Casa Editrice
Ambrosiana, Milano 1994.
301
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