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La sindrome della bocca che brucia
Vol. 98, N. 2, Febbraio 2007
Pagg. 120-128
La sindrome della bocca che brucia
Giuseppe Alessandro Scardina, Teresa Pisano, Pietro Messina
Riassunto. La sindrome della bocca che brucia si caratterizza per una sintomatologia urente in assenza di lesioni obiettivabili a carico della mucosa orale. Coinvolge
prevalentemente donne di mezza età. La patologia ha un’eziologia multifattoriale.
Questo articolo illustra la sindrome, i fattori correlati e le diverse possibilità terapeutiche.
Parole chiave. Bruciore, mucosa orale, sindrome della bocca urente.
Summary. Burning mouth syndrome.
Burning mouth syndrome (BMS) is characterized by burning sensations of the oral
cavity in the absence of abnormalities of the oral mucosa. BMS predominantly affects
middle-aged women. This condition has a multifactorial etiology. Multiple approaches to
treatment have been described. This article examines BMS, its related factors, and treatment options.
Key words. Burning, burning mouth syndrome, oral mucosa.
Definizione
Le sintomatologie algiche di tipo urente sono
disturbi dolorosi che spesso, in passato, sono stati
sottovalutati dall’odontoiatra o dal medico odontostomatologo, ma che rivestono una prevalenza
non trascurabile nella popolazione. La sindrome
della bocca bruciante (SBB) può essere considerata una manifestazione di algia oro-facciale atipica
per la sua espressione e presentazione. La “burning mouth syndrome”, ovvero BMS, è stata definita dalla IASP (Società Internazionale per lo
Studio del Dolore) come «una sensazione di tipo
urente che interessa la lingua e/o altre mucose del
cavo orale in assenza di patologie e lesioni locali»1.
Incidenza e prevalenza
La BMS è una patologia descritta in tutto il mondo, ma la sua prevalenza nella popolazione è difficile da valutare, poiché i vari studi di cui essa è stata
oggetto hanno esaminato campioni differenti e usato metodi diagnostici diversi e quindi i dati precisi di
incidenza nella media della popolazione sono spesso
discordanti2. Interessa una quota piuttosto significativa della popolazione con una prevalenza generale che varia da 0,7% a 3,7%. Si riscontra più frequentemente tra il quinto e sesto decennio di vita.
Non esiste segnalazione di casi in età pediatrica o adolescenziale3.
Colpisce prevalentemente le donne in età peri e post-menopausale con un rapporto stimato
mediamente intorno a 1: 7; la percentuale è del
14% secondo Ferguson et al. e del 26% secondo
Van der Wall3. È stato evidenziato, inoltre, che
anche i soggetti in terapia ormonale sostitutiva
non manifestavano miglioramenti. La sindrome
è anche frequente nell’anziano: a esordio fra 55 e
i 75 anni in modo improvviso e, più spesso, graduale4.
Aspetti clinici
Il sintomo patognomonico della BMS è il “bruciore”, più spesso di intensità moderata ma persistente per lunghi periodi, tale da essere difficilmente tollerato. La sintomatologia ha un decorso
cronico, che può essere continuo o intermittente, e
permane per un periodo di tempo molto variabile
che può andare da pochi mesi a molti anni; è stato più volte riportato in letteratura che oltre la
metà dei pazienti va incontro a remissione spontanea, completa o parziale, dopo circa 6-7 anni1.
Nella maggior parte dei pazienti, il bruciore è costante e persiste per diversi anni senza diminuire
di intensità.
Dipartimento di Scienze Stomatologiche G. Messina, Sezione di Odontostomatologia, Università, Palermo.
Pervenuto il 17 maggio 2006.
G.A. Scardina, T. Pisano, P. Messina: La sindrome della bocca che brucia
Alcuni autori definiscono tre differenti
tipi di BMS sulla base delle fluttuazioni
dei sintomi nelle diverse fasi della giornata.
I pazienti appartenenti al tipo 1 di BMS sono caratterizzati dalla assenza di sintomatologia al
risveglio, ma il bruciore aumenta progressivamente durante la giornata, raggiungendo il picco massimo alla sera.
Nel tipo 2 la sensazione dolorosa è continua per
tutto il giorno, ma non ai pasti.
Il tipo 3 è caratterizzato da una sintomatologia
dolorosa intermittente, con un’alternanza di
giorni in cui il bruciore è presente, altri in cui il
sintomo è assente5.
Da uno studio condotto da Trombelli P et al, nel
’94, si evinse che il bruciore può essere diffuso, può
interessare qualsiasi sede della mucosa orale e
spesso presenta una localizzazione multifocale e
quasi sempre bilaterale e simmetrica (tabella 1)2.
La sensazione di bruciore è avvertita soprattutto a livello delle strutture più distali del cavo
orale, analogamente a quanto avviene in caso di
polineuropatie periferiche. I sintomi vengono talvolta descritti come una sensazione di calore o di
gonfiore urente della mucosa orale, si accompagnano spesso a una sensazione di bocca asciutta e
disgeusia, cioè ad un’alterata sensibilità gustativa,
a difficoltà nella deglutizione e a disturbi nell’olfatto (tabella 2)1.
Tabella 1. - Sedi del bruciore orale.
Lingua
Palato duro e bordo alveolare
edentulo superiore
Labbra
Bordo alveolare
edentulo inferiore
Mucosa geniena
Oro-faringe
Pavimento della bocca
Palato-molle
50-70%
45-68%
34-38%
18-36%
4-18%
5-13%
2-13%
0-6%
Tabella 2. - Sintomi riferiti.
Iposcialia
Disgeusia
Difficoltà nella deglutizione
Alterazione dell’olfatto
50%
40%
28%
13%
Ipotesi eziopatogenetiche
L’eziopatogenesi della BMS non è ancora nota e
diverse sono le ipotesi relative ad un possibile primum movens, ipotesi che, tuttavia, non hanno ancora trovato conferma.
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L’analisi psicologica del soggetto non va mai
sottovalutata; i fattori psicologici sono stati citati frequentemente come causa della BMS; tuttavia la maggior parte della letteratura è aneddotica e solo pochi studi hanno usato metodi psicometrici per valutare lo stato psicologico dei
pazienti; tra questi: tipo di personalità, ruolo di
fattori sociali o eventi stressanti della vita, disturbi psichiatrici, ansia, depressione, cancerofobia e ipocondria6. Ciò è confermato anche in letteratura: è noto come, con il trascorrere del tempo, la cronicità di un’algia facciale determini nel
paziente un profondo mutamento dal punto di vista sia psicologico che sociale. Inoltre, più a lungo un paziente soffre, maggiore diventa l’influenza dei fattori psicologici sulla propria esperienza
di dolore. L’intensificazione psicologica procede
finché la sofferenza è visibilmente sproporzionata rispetto all’input nocicettivo periferico. In questi casi il dolore può mancare di un adeguato input nocicettivo anatomicamente collegato all’area
di dolore.
• Le alterazioni psicogene possono giocare
un ruolo significativo nei pazienti con BMS.
Trombelli et al. riportarono i risultati ottenuti indagando sulla personalità e sul profilo psicologico di
33 soggetti con BMS, attraverso l’applicazione di
uno specifico questionario autocompilativo (Scala
Clinica dell’Ansia e della Depressione). In oltre un
terzo dei soggetti (67%) è stato possibile riconoscere
la presenza di un’ alterazione psicogena. In particolare, il disturbo di tipo ansioso è emerso quale condizione predominante (61%) e associata a refrattarietà terapeutica. D’altra parte, è stato riscontrato
un miglioramento dello stato psicologico di alcuni
pazienti in concomitanza con la remissione del bruciore orale. Inoltre, la semplice rassicurazione sulla
benignità del sintomo si è dimostrata terapeuticamente efficace in oltre un quarto dei soggetti considerati. Gli autori conclusero che, sebbene ci possa
essere un’associazione tra BMS e alterazioni psicogene, questa è lungi dal rappresentare un rapporto
di causalità tra le due condizioni.
Riguardo la prevalenza di alterazioni depressive e ansiose, nella letteratura si riscontrano dati
contrastanti. Alcuni Autori considerano la depressione come il più comune disordine emotivo nei pazienti con BMS, quantunque anche l’ansia sembra
svolgere un ruolo importante. I risultati di questi
studi suggeriscono che, sebbene i pazienti con BMS
siano soggetti a elevati livelli di stress psicologico,
l’inizio dei sintomi non è necessariamente correlato a eventi vitali stressanti e che ansia e depressione hanno un ruolo importante ma non causale6.
u Tra le possibili cause locali di BMS prese in
considerazione in questi ultimi venti anni, ci sono quelle che depongono a favore di meccanismi
di tipo infiammatorio e infettivo, processi allergici, immunitari, degenerativi e infine componenti micro-traumatiche e vascolari7.
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Recenti Progressi in Medicina, 98, 2, 2007
u Si potrebbe ipotizzare e deporre per una patogenesi correlata e secondaria ad alterazioni a carico delle fibre nervose periferiche. Infatti, le manifestazioni della BMS, caratterizzate principalmente da una sintomatologia urente diffusa e/o
localizzata a piccoli distretti orali, è aggravata il
più delle volte da stimoli caldi e alleviata dalle basse temperature8.
EZIOPATOGENESI DELL’INFIAMMAZIONE NEUROGENICA
La teoria dell’infiammazione neurogenica quale meccanismo eziopatogenetico del dolore, presuppone la presenza di mediatori infiammatori, in
prevalenza sostanza P e CGRP (calcitonin gene related peptide), capaci di indurre vasodilatazione
con aumento della temperatura locale. Uno stimolo sul nevrasse di queste fibre può perciò generare
un impulso antidromico capace di rilasciare al terminale sensitivo questi mediatori che a loro volta
provocano la fuoriuscita di istamina dai mastociti.
L’istamina eccita ulteriormente i nocicettori, mentre la sostanza P accentua la vasodilatazione. In
tal modo la sostanza P è contemporaneamente il
mediatore principale dell’infiammazione neurogenica ed il neurotrasmettitore dei neuroni sensitivi
primari.
L’infiammazione neurogenica può quindi determinare modificazioni a carico dei nocicettori (meccanocettori e nocicettori polimodali) tali da renderli sensibili anche a stimoli precedentemente incapaci di attivarli.
Effettivamente l’infiammazione neurogenica è
stata dimostrata quasi esclusivamente in fibre
nervose che rilasciano sostanza P e che innervano
vasi sanguigni. Inoltre, può essere attenuata dai
bloccanti dei recettori della sostanza P o da farmaci che inibiscono la sua produzione.
Le polineuropatie con degenerazione prevalente delle fibre nervose di piccolo calibro sono così
classificate: di tipo dismetabolico, in corso di diabete mellito ed ipertiroidismo; da accumulo, in particolare nell’amiloidosi; conseguenti a meccanismi
autoimmunitari, nelle polineuropatie paraneoplastiche e nell’epatite virale; da fattori carenziali,
nelle situazioni di deficit di vitamine del gruppo B.
In questi casi la lesione delle fibre nervose di piccolo calibro, in una fase precedente alla completa
degenerazione nervosa con scomparsa di ogni attività elettrica, può generare un’attività nervosa
spontanea e una ipersensibilizzazione verso gli stimoli nocivi e non nocivi.
Sul piano clinico, questi fenomeni provocano dolore spontaneo con qualità bruciante e dolore provocato da stimoli caldi e meccanici, di intensità
normalmente non dolorosa (allodinia e/o iperalgesia al caldo ed agli stimoli meccanici). Tali disturbi sono solitamente localizzati alle estremità, dove
la fibra nervosa è maggiormente danneggiata per
l’accumulo delle lesioni su tutta la sua lunghezza
e per i maggiori ostacoli al flusso assonale e quindi all’arrivo di molecole di riparazione dal pirenoforo.
Tuttavia, nelle fasi intermedie della patologia,
è facile osservare un quadro di dolore bruciante ed
iperalgesia al caldo e agli stimoli meccanici in sede prossimale degli arti, mentre distalmente il paziente riferisce un’anestesia per stimoli termici e
dolorosi, espressione di danno nervoso terminale2.
Queste alterate risposte agli stimoli termici e
dei livelli di sensibilità sembrano essere espressione di alterazioni, più o meno selettive e parcellari, delle fibre nervose periferiche di piccolo
calibro. È noto infatti che, mentre la sensibilità
per stimoli meccanici è veicolata da fibre nervose
mieliniche di grande calibro di tipo Aβ secondo la
classificazione di Erlanger e Gasser, la sensibilità per il dolore pungente e per il freddo è trasmessa attraverso fibre nervose mieliniche di piccolo calibro, di tipo Aδ. Parimenti, le sensibilità al
caldo e agli stimoli dolorosi urenti, è trasmessa
prevalentemente da fibre nervose amieliniche, di
tipo C.
Diverse noxae patogene, che possono ledere i
nervi periferici, colpiscono in prevalenza l’assone
nervoso, piuttosto che lo strato mielinico esterno.
In questo modo, per cause più o meno note, si
avranno lesioni che interesseranno in primo luogo le fibre nervose amieliniche o quelle poco mielinizzate provocando una selettiva riduzione della sensibilità per gli stimoli termici. Nelle fasi
avanzate, quando le terminazioni nervose amieliniche risultano più compromesse, si potrà riscontrare anche una ipoalgesia superficiale. Il riscontro di una riduzione di sensibilità per stimoli termici alla lingua, così pure alle estremità distali
degli arti inferiori, è comunque espressione di
una lesione grave delle fibre nervose, prodotte da
un insulto continuato nel tempo. In un primo momento, quando le lesioni neuronali risultano parcellari e limitate, la funzione di trasmissione dei
segnali sensitivi è discretamente conservata. Tuttavia, in questa fase è possibile che le fibre moderatamente alterate e l’aumento della densità
recettoriale locale possano provocare una diminuzione delle soglie sensoriali agli stimoli dolorosi: iperalgesia.
Le caratteristiche e le reattività sintomatologiche di una neuropatia periferica iperalgica possono essere ricondotte a quelle descritte nella BMS. È quindi lecito affermare che
la presenza di una riduzione della sensibilità termica alla lingua possa correlarsi a una lesione terminale e irreversibile delle fibre nervose di tipo C e
che il dolore bruciante sia invece espressione di
un’alterazione precoce a stimoli irritativi delle stesse fibre periferiche. Nei soggetti affetti da BMS, frequentemente è osservabile una discreta attenuazione del dolore con il semplice contatto di alimenti freddi, in grado di ridurre temporaneamente la
temperatura superficiale della mucosa. In condizioni di iperalgesia da neuropatia vi è anche un’aumentata suscettibilità delle terminazioni nervose
libere verso stimoli di natura chimica. Infatti, l’assunzione di alimenti acidi come il limone, accentua
la sintomatologia dolorosa nella maggior parte dei
pazienti con BMS.
G.A. Scardina, T. Pisano, P. Messina: La sindrome della bocca che brucia
Queste alterazioni sensoriali a stimoli fisici e la
stessa iperalgesia spiegherebbero le manifestazioni cliniche tipiche della BMS. La BMS risulta, per
la maggior parte dei pazienti, un’affezione che perdura per alcuni anni; successivamente si assiste a
una remissione spontanea e repentina della sintomatologia urente. Si può ipotizzare che la scomparsa del dolore corrisponda a un aggravamento
delle lesioni delle fibre nervose, con scomparsa dei
fenomeni iperalgici8.
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evidenziate mediante anticorpi monoclonali antiβ-tubulina per l’analisi del citoscheletro, e mediante anticorpi anti-proteina basica della mielina (MBP) e mediante anticorpi anti-proteina 22
della mielina periferica (PMP22). La PGP 9.5 è
stata identificata in grosse quantità a livello della guaina del nervo, nel tessuto connettivo e nella
parte centrale della papilla. Mediante tali metodiche immunoistochimiche, è stato possibile evidenziare la densità delle fibre nervose (figura 1).
Uno studio condotto da
Norifumi Y. et al. ha valutato il ruolo dell’applicazione topica della capsaicina
in modelli neuropatici di
ratto indotti sperimentalmente9. Si è potuto constatare che la capsaicina applicata sulla cute del ratto
era in grado di stimolare la
produzione di sostanza P e
di blu di Evans (iniettato
per via endovenosa 10 miFigura 1. Normale innervazione di una papilla fungiforme. Studio microscopico con antinuti prima dell’applicazio- PGP9.5 (A) e anti-MBP (B); C= A e B sovrapposte10.
ne della capsaicina). Inoltre, si è registrato che il
quantitativo di blu di
Evans extravasato era direttamente proporzionaI soggetti con BMS mostrarono una più bassa
le alla concentrazione della capsaicina topica apdensità di fibre nervose epiteliali rispetto al grupplicata. È noto che la capsaicina inizialmente inpo controllo. Allo stesso modo la densità di innerduce eccitazione dei neuroni nocicettivi con consevazione per papilla fu significativamente più basguente percezione di dolore e rilascio a livello
sa rispetto al gruppo controllo. Si è trovata, quinlocale di sostanza P, CGRP e istamina. Con una
di, una correlazione tra la riduzione della densità
prolungata esposizione alla capsaicina, le termidi innervazione e la durata dei sintomi. Nei panazioni nervose nocicettivi cominciano a diventazienti con BMS, le guaine epiteliali mostrarono difre insensibili alla capsaicina stessa. Si è dimofusi cambiamenti morfologici, segni di degenerastrato che dopo l’applicazione di capsaicina per un
zione assonale, caratterizzati da alterata immunointero giorno, il quantitativo di sostanza P e blu di
reattività della PGP 9.5 e della β-tubulina (figura
Evans prodotto dalla stimolazione elettrica era
2 nella pagina seguente).
minore. Da ciò si può concludere che l’applicazioLo studio ha dimostrato con certezza che i pane di capsaicina a livello topico può essere in grazienti con BMS hanno una neuropatia sensoriale trido di desensibilizzare i nocicettori e bloccare il
geminale delle piccole fibre che colpisce la lingua,
processo dell’infiammazione neurogenica mediancaratterizzata da una perdita rilevante di fibre nerte deplezione o consumo di neuropeptidi.
vose epiteliali e sub-papillari. Queste scoperte somigliano al quadro della “sindrome dei piedi brucianti”
È stato condotto uno studio (Lauria G. et al.,
associata alla perdita di fibre nervose epidermali.
2004) sull’ innervazione dell’epitelio della lingua
In modo analogo, i pazienti con BMS hanno moper accertare se il danno delle fibre nervose pestrato una diminuita densità delle fibre nervose
riferiche sub-epiteliali sia alla base della patogeamieliniche all’interno dell’epitelio, insieme ad un
nesi della BMS. Sono stati esaminati 12 paziendiffuso scompiglio assonale che è stato dimostrato
ti con BMS per un periodo di circa 6 mesi. È stadagli studi immunoistochimici con marcatori citota eseguita una biopsia superficiale nei due terzi
plasmatici e citoscheletrici.
anteriori della lingua su pazienti con BMS e su
La distribuzione e la qualità dei sintomi sensonove soggetti controllo. Sono stati eseguiti studi
riali che riguardano i due terzi anteriori della linimmunoistochimici mediante marcatori citoplagua bilateralmente, con nessun difetto sensoriale
smatici, citoscheletrici, nell’ambito delle cellule
clinicamente evidente nella maggior parte dei padi Schawann, e marcatori mielinici per esaminazienti, e il risparmio dei rimanenti territori innerre i cambiamenti patologici delle fibre nervose
vati dal nervo trigeminale anche nei pazienti con
epiteliali. Le sezioni furono testate con anticorpi
la malattia a lungo termine, suggerirebbero che la
policlonali contro la PGP 9.5 (protein-gene-proBMS sia causata da un’assonopatia primaria piutduct 9.5) e furono visualizzate mediante microtosto che da una neuropatia. Comunque, non si può
scopio ottico (40 X), con l’assistenza di una viescludere la degenerazione di neuroni sensoriali di
deocamera. Le fibre nervose epiteliali furono
piccolo diametro.
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In conclusione, la prova
della diffusa degenerazione delle fibre sub-papillari ed epiteliali nei
due terzi anteriori della
lingua ha mostrato senza ambiguità che la
BMS è associata alla
neuropatia sensoriale
delle piccole fibre della
lingua e che si può usare la biopsia per valutare la diagnosi10.
Tra i possibili fattori
eziologici della BMS c’è la
descrizione di numerose
situazioni patofisiologiche,
dove i meccanismi circolaFigura 2. Caratterizzazione della immunoreattività delle fibre nervose nelle papille fungifortori sono legati alla genemi in pazienti sani (A-C) e in pazienti con BMS (D-F)10.
razione del dolore.
Un disturbo circolatorio
locale nelle zone affette da
BMS potrebbe contribuire alle sensazioni di brucioLa durata dei sintomi e la diminuzione della
re provate dai pazienti. Uno studio di Hechmann et
densità dell’ENF (“epithelial nerve fibers”) hanno
al, 2001, intendeva indagare sul flusso sanguigno
mostrato la tendenza a correlarsi nei pazienti con
mucosale in siti tipicamente colpiti nei pazienti con
BMS. Sebbene ciò possa essere dovuto al minor
BMS. I risultati principali sono stati: in seguito alnumero di soggetti malati a breve termine, è sil’applicazione di ghiaccio secco, la vasoreattività nei
mile a quanto osservato in pazienti con una neupazienti BMS è stata generalmente più alta rispetropatia sensoriale delle piccole fibre negli arti into ai pazienti sani, e i pazienti con BMS mostravaferiori, nei quali la densità della fibra nervosa epino reazioni notevolmente più alte sul palato duro se
dermale viene negativamente associata alla
paragonate a quelle del gruppo controllo. Non sono
durata della neuropatia. La gravità dei sintomi
state trovate diversità notevoli negli altri siti di rinon si correlava con la densità dell’ENF, come prelevamento, quali il vestibolo e la lingua. Lo stimolo
cedentemente osservato nei pazienti con neuropacon ghiaccio secco ha portato cambiamenti notevoli
tie sensoriali che mostravano una denervazione
nel battito cardiaco, e la pCO2 non era notevolmencompleta dell’epidermide, nonostante continui
te diversa tra i gruppi. Così, questi parametri possintomi dolorosi nei piedi.
sono essere esclusi come fattori causali per le diffeGli studi immunoistochimici hanno rivelato che
renze nel flusso sanguigno. Di conseguenza, i camle fasce nervose sub-papillari sono principalmente
biamenti nel flusso sanguigno sembrano essere
composte di fibre C amieliniche, con una proporziospecificamente connessi ai sintomi della BMS, indine minore di fibre Aδ mieliniche. Le fibre nervose
cando una vasoreattività disturbata.
singole, provenendo da queste fasce, entrano nell’eCome sopradetto, le differenze nelle reazioni alpitelio delle papille fungiformi, mentre sono assenti
lo stimolo con ghiaccio secco erano significative soin quello delle papille filiformi. Questo potrebbe eslo per il palato duro. Comunque, con l’eccezione dei
sere dovuto alla diversa composizione dell’epitelio,
rilevamenti eseguiti sulle labbra, i cambiamenti
che è fortemente cheratinizzato. In modo analogo, lo
nel flusso sanguigno erano più marcati nei pazienstrato corneo della pelle umana è privo di fibre nerti con BMS che nel gruppo di controllo, indipenvose. È interessante notare che anche le ENF, come
dentemente dal punto di rilevamento. Questo pole fibre nervose epidermali, sono assoni nudi con
trebbe indicare che la sensibilità agli stimoli del
nessun rivestimento delle cellule di Schwann, il che
ghiaccio secco nella cavità orale era generalmente
suggerisce funzioni simili a quelli dei recettori polipiù alta nei pazienti con BMS se paragonata al
modali. Studi precedenti hanno mostrato che le
gruppo di controllo7.
ENF hanno contatti sinaptici con le papille gustative delle papille fungiformi e la loro stimolazione può
L’ipotesi di un’innervazione autonoma disturbata
indurre una sensazione bruciante e influire sulla
nella cavità orale nei pazienti con BMS è sostenuta
percezione del gusto. Questo potrebbe spiegare perda uno studio recente fatto da Jaaskelainem et al.
ché la disgeusia è un sintomo frequente nella BMS.
Hanno segnalato risultati anormali nel riflesso
Inoltre, la continua degenerazione assonale potrebd’ammiccamento nei pazienti BMS, i quali suggeribe causare la sensibilizzazione delle fibre nervose e
scono un coinvolgimento patologico del sistema nerspiegare l’ iperalgesia continua.
voso, e in particolare, del sistema trigemino-facciale.
G.A. Scardina, T. Pisano, P. Messina: La sindrome della bocca che brucia
Tale test è usato nella diagnosi di lesioni strutturali che interessano il trigemino e il facciale, le
quali determinano alterazioni di tale arco riflesso.
La risposta del riflesso è mediata attraverso le fibre
afferenti sensoriali e attraverso le connessioni che
si stabiliscono tra il trigemino e il nucleo del facciale. Mediante la stimolazione elettrica del nervo
sopraorbitale la risposta precoce ipsilaterale allo
stimolo venne chiamata R1, mentre la risposta ipsie controlaterale venne chiamata R2 e R3 venne
identificata come la componente nocicettiva
del riflesso d’ammiccamento. Furono valutate
le soglie di stimolo per i componenti R1 e R2 del riflesso dell’ammiccamento palpebrale e si è visto che
fu necessaria un’ intensità più alta per stimolare il
primo componente R1 nei pazienti BMS rispetto al
gruppo controllo, il che indica un cambiamento nella funzione sensoriale tattile non-nocicettivo, perché sia il componente R1 sia quello R2 del riflesso
dell’ammiccamento palpebrale sono mediati dalle
fibre A-β meccano-afferenti di bassa soglia e media
grandezza. Questo risultato concorda con quello ottenuto da Svensson et al. (1993) sulle soglie sensoriali più alte nei pazienti con BMS rispetto ai soggetti controllo, il che suggerisce una neuropatia di
fondo, dato che il danneggiamento somatosensoriale è una comune causa del dolore neuropatico11.
Inoltre, le soglie per sollecitare i componenti
tattili R1 e nocicettivi R3 in diversi pazienti con
BMS erano identici; questa convergenza delle soglie R1 e R3 è analoga al restringimento del campo pre-dolore precedentemente descritta nei pazienti BMS da Svensson et al. nel 1993. Siccome le
fibre A-δ normalmente mediano il componente R3,
e le fibre A-β i componenti R1 e R2 del riflesso dell’ammiccamento palpebrale, una simile soglia d’attivazione dei componenti tattili e nocicettivi nel
54% dei pazienti con BMS suggerisce che o lo schema d’attivazione delle diverse fibre nervose afferenti del riflesso d’ammiccamento palpebrale è
squilibrato, oppure il controllo centrale di quest’ultimo è disturbato nei pazienti con BMS.
Questo riflesso è sotto controllo inibitorio dopaminergico attraverso la connessione dei gangli basali con nuclei motori facciali.
Tali considerazioni, insieme alla recentissima prova di un’inibizione dopaminergica diminuita nei
pazienti con BMS vista con ecografia FluordopaPet ci portano a ritenere che la BMS sia un disturbo del sistema dopaminergico nigrostriatale, che
principalmente influisce sulla regolamentazione
della nocicezione del sistema trigeminale, causando quindi una perdita dell’inibizione sensoriale.
Sono risultati che costituiscono prove obbiettive
per un’ipotesi neuropatica nell’eziologia della BMS11.
Gli stessi autori (Forssell H et al.), diversi anni più
tardi, condussero un altro studio in cui usarono, oltre
il test del riflesso palpebrale d’ammiccamento (blink
reflex), anche il test quantitativo sensorio (QST) basato su stimolazioni elettrofisiologiche: i risultati mo-
125
strarono una correlazione tra l’alterazione del sistema sensoriale tattile e l’alterazione della conduzione
del dolore nei pazienti con BMS, mostrando talora
un’aumentata eccitazione del sistema trigeminale.
Nella maggior parte di questi pazienti, comunque, i
segni elettrofisiologici dei disturbi sensoriali potrebbero non essere connessi ad una patologia strutturale e ciò spiega l’utilità dei test elettrofisiologici per rilevare anormalità funzionali, anche in assenza di lesioni all’interno del sistema trigeminale. È possibile
che tali risultati aggiungano in qualche modo informazioni per nuove strategie terapeutiche12.
Uno studio condotto da Hagelberg et al. ha indicato come il sistema dopaminergico nigrostriatale sia coinvolto nella modulazione centrale del
dolore13. Tale studio, condotto mediante tomografia
ad emissione di positroni (PET), dimostra una disfunzione pre-sinaptica del sistema dopaminergico
nigrostriatale nella BMS. I risultati mostrano un
aumento della captazione del C-raclopride e una
diminuzione del rapporto tra i recettori dopaminergici D1/D2 nel putamen nei pazienti con BMS
se paragonati al gruppo controllo. L’aumentata capacità di legame del recettore D2 potrebbe indicare una diminuzione della dopamina endogena nel
putamen, e i risultati sostengono dunque la supposizione di un’iperfunzione dopaminergica nigrostriatale nella patofisiologia della BMS.
Gushka e Sessle (1991) hanno segnalato una temperatura diminuita della lingua nei pazienti BMS, rilievo che potrebbe anche indicare una funzione autonoma disturbata. Al contrario delle relazioni fatte da
Grushka (1987), Paterson et al (1995) hanno trovato
abitudini parafunzionali nei pazienti con BMS,come
per esempio, stringere i denti e/o il bruxismo, oppure
pressioni della lingua contro i denti che possono portare anche a cambiamenti nel flusso sanguigno intraorale. Questi risultati indicano che una regolamentazione disturbata della circolazione mucosale fa parte della sintomatologia della BMS; sembra che la
BMS sia il risultato di – e/o influisca su – unità microcircolatoria neurovascolare (controllo microcircolatorio dell’innervazione sensoriale autonoma).
Sebbene siano necessarie ulteriori indagini per
avvalorare gli esiti dello studio, rimane l’interrogativo più importante, cioè se i cambiamenti osservati appaiano in seguito ai sintomi della BMS a lungo termine, o se riflettano una causa del disturbo.
Inoltre, i cambiamenti osservati nello studio potrebbero servire come modello per indagare sugli
effetti dei farmaci che interagiscono con il sistema
della circolazione neurovascolare (per esempio: gabapentin, carbamazepina, anti-depressivi triciclici)
o farmaci vasostabilizzanti. Potrebbero anche fornire i mezzi per valutare l’effetto terapeutico potenziale degli ormoni sulla BMS7.
Procedure clinico-diagnostiche
Il primo passo diagnostico è rappresentato da
una scrupolosa anamnesi medica e familiare, con
particolare riguardo al tipo di alimentazione, all’abitudine al fumo e all’assunzione di sostanze alcoliche.
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Recenti Progressi in Medicina, 98, 2, 2007
Sono anche necessarie un’anamnesi patologica
Quando non sia possibile stabilire una causa
prossima e remota, con particolare riferimento alorganica locale e/o sistemica, deve essere considele patologie carenziali dismetaboliche, neurologirata la possibilità di un’origine psicosomatica
che e alle possibili cause di polineuropatia. Occordella sindrome14.
re conoscere la storia clinica del sintomo bruciore
Alla fine di tale percorso, se non si evince nulcon particolare attenzione riguardo a epoca di comla di rilevante, possiamo arrivare alla diagnosi
parsa, durata, sede, andamento nel corso della
di BMS per esclusione di tutta quella serie di
giornata, associazione con altri sintomi orali, infattori locali e sistemici che possono provocare
tensità, fattori esacerbanti e attenuanti la sintobruciore orale. I fattori che possono determimatologia, associazione temporale con possibili
nare l’insorgenza di una sintomatologia
fattori causali, quali assunzione di determinati ciurente a livello del cavo orale sono moltebi o farmaci capaci di indurre xerostomia e/o bruplici. La letteratura scientifica relativa alla sinciore orale, pregresse terapie radianti.
tomatologia algica di tipo urente tende a suddiAll’anamnesi segue l’esame obiettivo intra- ed
videre i possibili fattori eziologici in locali e siextraorale, che deve essere estremamente accurato
stemici.
e volto a escludere la preI fattori locali sono
senza di alterazioni o leriferiti a lesioni o stati irsioni patologiche a carico
ritativi della mucosa del
La problematica diagnostica della sindrome
delle mucose, correlabili o
cavo orale15: il consumo di
della bocca urente si caratterizza per asmeno a patologie sistemitabacco
in tutte le sue forsenza di obiettività. La diagnosi sarà perche; l’esame obiettivo del
me,
il
fumo
di marijuana
2
tanto una “diagnosi di esclusione” .
cavo orale verrà eventuale i suoi derivati, il consumo abituale di alcool, larmente completato da esago consumo di bevande
mi di laboratorio quali:
che contengono caffeina (caffè e cola) e altri stiesame microbiologico colturale (per la ricerca della
molanti, l’uso di collutori o sciacqui contenenti alCandida), test allergologici cutanei in pazienti con
cool o potenti detergenti, abituale ingestione di cianamnesi positiva (per valutare eventuali fenomeni di intolleranza/allergia), biopsia (per una valutazione istologica del tessuto, per esempio nel caso di
sospetto di Lichen Planus) e infine analisi della saliva. Tutto ciò al fine di escludere eventuali manifestazioni patologiche locali responsabili della sintomatologia bruciante (figure 3-4).
Importante è indagare anche la funzionalità
delle ghiandole salivari; a tale scopo bisogna valutare la saliva totale basale e stimolata, la saliva parotidea basale e stimolata, l’analisi chimica della
saliva (elettroliti, Ig proteiche) e la biopsia della
mucosa labiale8. Se le mucose orali sono clinicamente normali, pur considerando le modificazioni
età-dipendenti, si può sospettare che il sintomo
bruciore sia dovuto a stati carenziali oppure a patologie sistemiche misconosciute dal paziente. È indispensabile, a questo punto, fare una valutazione
Figura 3. Caso di glossite atrofica parziale.
medica generale del paziente attraverso gli
esami di laboratorio e/o strumentali. Gli esami di laboratorio comprendono: emocromo con formula leucocitaria, glicemia, azotemia ,VES, sideremia, ferritina, indice di saturazione della transferrina, transaminasi, ricerca sierologica per anticorpi
dell’ epatite B e C , dosaggio della vitamina B12, folati sierici, immunoglobuline sieriche, frazioni del
complemento C3 e C4. Gli esami di laboratorio rappresentano un dato fondamentale per ricercare
eventuali patologie organiche (diabete, anemie,
epatopatie, deficit vitaminici ecc.) in grado di causare una sintomatologia urente al cavo orale2.
L’assenza di dati anamnestici significativi, di lesioni morfologiche e strutturali delle mucose, di alterazioni ematochimiche e di positività nei valori
degli esami di laboratorio e strumentali, nonché la
persistenza della sintomatologia dopo il trattamento o la correzione delle condizioni locali e/o sistemiFigura 4. Caso di glossite atrofica totale.
che predisponenti, depone per la diagnosi di BMS.
G.A. Scardina, T. Pisano, P. Messina: La sindrome della bocca che brucia
bi molto caldi, abituale ingestione di cibi molto
piccanti e di cibi acidi (limone, cedro, pompelmo),
reflusso gastro-esofageo e frequenti episodi di vomito, lingua a carta geografica, trauma da protesi, discrepanza occlusale, alterazione della dimensione verticale, parafunzioni e abitudini viziate,
allergia da contatto elettrogalvanismo, xerostomia (“dry mouth sensation”), sensazione soggettiva di secchezza del cavo orale che può realizzarsi
in diverse condizioni: idiopatica, autoimmune, S.
di Sjögren, terapia radiante o citostatica, da farmaci con effettivo calo del flusso salivare basale
e/o stimolato); la candidosi orale (figure 3 e 4 alla
pagina precedente), il Lichen planus orale. Si possono riscontrare anche fattori sistemici: carenza
di vitamine e minerali e diabete mellito8.
Trattamento
Una revisione critica della letteratura riguardante la BMS indica che non esiste a tutt’oggi una
terapia che possa essere definita risolutiva per
tutti i pazienti; essa è empirica, molto prolungata
nel tempo e i risultati non sempre sono soddisfacenti.
• Nelle forme di BMS in cui si sospetti una prevalente base psicosomatica, un intervento di tipo
psicologico, mirato innanzitutto a informare e a
tranquillizzare il paziente sulla natura assolutamente benigna della propria condizione, può contribuire a ridurne sensibilmente l’apprensione e il
livello di ansia. Talora una psicoterapia di supporto, eventualmente affiancata a pratiche alternative come l’ago puntura e il training autogeno possono essere di aiuto14.
• Il trattamento farmacologico è basato sulla somministrazione di antidepressivi triciclici come l’amitriptilina, antiepilettici come la carbamazepina, il clonazepam e antidepressivi serotoninergici, come il trazodone. Gli effetti degli
antidepressivi triciclici nel diminuire il dolore cronico, indicano che, a bassi dosaggi, questi farmaci
agirebbero come analgesici (aumento della concentrazione di monoamine analgesiche nel sistema
nervoso centrale) analogamente ad alcune benzodiazepine, anch’esse utilizzate comunemente nel
trattamento della BMS. Diversi studi hanno valutato gli effetti del clonazepam a bassi dosaggi in
pazienti con BMS, somministrando il farmaco per
via sistemica o per applicazione topica: è emersa
una remissione completa o parziale della sintomatologia in circa 2/3 dei pazienti esaminati. Sebbene
il clonazepam possa esercitare il suo effetto positivo sulla sintomatologia orale attraverso un’azione
ipnotico-sedativa, questa eventualità sembra essere improbabile, dal momento che il massimo effetto viene generalmente osservato a bassi dosaggi16.
• Considerando la sindrome della bocca che
brucia una manifestazione di neuropatia, gli attuali studi stanno valutando la risposta dei pazienti, con risultati già positivi a nuovi farmaci,
quali il Gabapentin somministrato a bassi dosaggi. Il Gabapentin è una molecola struttural-
127
mente molto simile all’acido gamma-amino-butirrico (GABA), normalmente presente come mediatore del sistema nervoso centrale ed è ben assorbito dopo somministrazione orale. È stato approvato dalla FDA nel 1993 come farmaco attivo nel
trattamento dell’epilessia ed è stato l’unico farmaco delibato in Italia con indicazione anche nella terapia del dolore neuropatico. Il farmaco esplica la sua azione attraverso due principali meccanismi. Il primo è legato all’attivazione della GAD
(acido glutammico decarbossilasi), enzima che degrada l’acido glutammico in GABA, ottenendo una
riduzione del neurotrasmettitore eccitatorio (glutammato) e un aumento di quello inibitorio (GABA). Un secondo punto di attacco del Gabapentin
consiste nella capacità di legarsi alla sub-unità
proteica alfa2delta, legata al recettore NMDA producendo un ostacolo alla penetrazione intracellulare degli ioni Ca++ che svolgono un ruolo fondamentale nei fenomeni di depolarizzazione e trasmissione degli stimoli nel dolore neuropatico. Si
è osservato che il Gabapentin provoca una riduzione del dolore di tipo urente, del numero di episodi di dolore parossistico, dell’iperalgesia e ottiene un potenziamento dell’analgesia indotta dagli
oppioidi16.
Sono stati segnalati successi terapeutici con
la somministrazione di acido alfa-lipoico
(ALA). L’acido alfa-lipoico è considerato un potente antiossidante degli enzimi mitocondriali,
sale trometamolo dell’acido tioctico, abitualmente somministrato ai pazienti diabetici nella terapia delle sindromi algiche correlabili a polineuropatie di tipo diabetico17. Tale principio attivo
sembra essere in grado di ridurre in modo significativo la sintomatologia algica – che si manifesta con bruciore spontaneo e iperalgesia agli
stimoli caldi – causata da una microangiopatia
diabetica. L’acido alfa-lipoico è capace di incrementare i livelli di glutatione intracellulare e di
eliminare i radicali liberi: bassi livelli di glutatione possono causare stress ossidativi, infiammazione e danneggiamento del nervo, determinando una neuropatia periferica. Quindi, è possibile che la BMS sia una neuropatia correlata
alla eccessiva produzione di radicali liberi e alla
bassa produzione intracellulare di glutatione e
che l’acido alfa-lipoico possa dare beneficî in tal
senso. I dosaggi di acido alfa-lipoico possono variare da 200 a 1200 mg al giorno, secondo le indicazioni del medico. Studi recenti certificano risultati incoraggianti circa l’utilizzo di tale sostanza nella terapia della BMS: talora si è
riusciti non solo a ridurre la sintomatologia, ma
anche, seppure in pochi casi, ad ottenere completa remissione17.
Una probabile genesi neuropatica della BMS
giustifica l’utilizzo terapeutico della capsaicina. Tale sostanza si è dimostrata più efficace per
il controllo del dolore neuropatico rispetto alla terapia farmacologica tradizionale. La capsaicina
agisce principalmente sui neuroni sensitivi primari con velocità e caratteristiche delle fibre Adelta e C.
128
Recenti Progressi in Medicina, 98, 2, 2007
La somministrazione di capsaicina evoca dolore,
produce un’area di iperalgesia, attiva i riflessi autonomi, rilascia peptici ed altri trasmettitori dalle terminazioni; inoltre agisce incrementando la conduttanza dei canali ionici. Quando i canali sono attivati,
il sodio e il calcio entrano ed esce il potassio; alcuni ioni cloro possono entrare contestualmente per bilanciare le cariche. Il canale attivato dalla capsaicina
non è bloccato dagli inibitori del sodio, potassio e calcio. Tali canali sono però bloccati dal rosso rutenio.
Con la continua applicazione della capsaicina i nervi
diventano refrattari o desensibilizzati o insensibili
alle susseguenti somministrazioni di capsaicina.
Questa carenza di responsività per continuativa applicazione di capsaicina può essere correlata all’entrata del calcio con conseguente stimolazione della
calcioneurina, un enzima fosfatasi calcio/calmodulina
dipendente. In aggiunta a questa perdita di responsività, i neuroni perdono pure la capacità a rispondere ad altri stimoli che normalmente attiverebbero le
fibre, come il calore. Questo processo è reversibile e
può essere correlato alla deplezione della sostanza P
nelle terminazioni nervose, inibizione legata alle correnti del sodio e del potassio o alle correnti del calcio
che contribuiscono al decremento del rilascio di neurotrasmettitore. La somministrazione sistemica è
tossica ad alte concentrazioni e causa degenerazione
degli assoni e delle terminazioni. La morte cellulare
probabilmente avviene per un aumento del calcio intracellulare che attiverebbe proteasi calcio-dipendenti e il movimento del sodio e dell’acqua all’interno
della cellula con lisi cellulare. La capsaicina è usata
in tutti i casi in cui è presente dolore: è utilizzata per
distruggere i neuroni sensitivi primari. L’iniezione
intradermica e l’applicazione topica inducono iperalgesia secondaria e allodinia, creando modelli di dolore acuto e cronico. La desensibilizzazione causata dalla capsaicina è stata utilizzata per
trattare una varietà di dolori neuropatici.
L’uso di capsaicina a livello clinico risulta comunque limitato per le sue proprietà irritanti. Durante il primo periodo di impiego, la capsaicina
produce un dolore urente ed una vasodilatazione cutanea probabilmente legata ad un meccanismo riflesso, ma il pretrattamento con anestetico locale previene la risposta infiammatoria. L’applicazione sulle
membrane mucose provoca congestione nasale, secrezione di muco, tosse, broncocostrizione, dispnea e
lacrimazione. La capsaicina inalata è irritante, tant’è
che la oleoresina capsicum è usata come spray per
autodifesa in forma di gas. A causa però del limitato
potere penetrante, dovrebbe essere impiegata quando i disturbi del paziente riguardano il dolore periferico superficiale, che risponde al trattamento con anestetici locali ed è caratterizzato da bruciore, formicolìo e allodinia. La forma farmaceutica clinicamente
più impiegata è la crema (0,025%-0,075%) indicata
per il dolore neuropatico della pelle e della mucosa
orale. In Italia, ad oggi, è possibile reperire il capsico
in polvere (contenente non meno dello 0,4% di capsaicina) oppure il capsico oleoresina. I preparati contenenti capsaicina, in commercio attualmente in Italia, sono creme e cerotti, indicati per gli stati dolorosi
di origine articolare e muscolare18.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Giuseppe Alessandro Scardina
Università
Dipartimento di Scienze Stomatologiche G. Messina
Via del Vespro, 129
90127 Palermo
E-mail: [email protected]
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