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giusto processo - Corte dei conti

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giusto processo - Corte dei conti
Le
caratteristiche
della
giurisdizione
ed
il
giusto
processo
1.Premesse.
Il
testo
leggere
definitivo
dopo
le
dell’art.
modifiche
111
Cost.,
introdotte
quale
dall’art.
si
1
può
della
legge cost. n. 2 del 1999, è così formulato:
1-La giurisdizione si attua mediante il giusto processo
regolato dalla legge.
2-Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti,
in condizione di parità, davanti ad un giudice terzo e
imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.
3-Nel processo penale, la legge assicura che la persona
accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile,
informata
riservatamente
dell’accusa
elevata
a
della
suo
natura
carico;
e
disponga
dei
del
motivi
tempo
e
delle condizioni necessari per preparare la sua difesa;
abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare e di
far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo
carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di
persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e
l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore;
sia assistita da un interprete se non comprende o non parla
la lingua impiegata nel processo.
4-Il
processo
penale
contraddittorio
nella
colpevolezza
è
regolato
formazione
dell’imputato
non
può
dal
della
essere
principio
del
prova.
La
provata
sulla
base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è
sempre
volontariamente
sottratto
all’interrogatorio
da
parte dell’imputato o del suo difensore.
5-La legge regola i casi in cui la formazione della prova
non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato
o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per
effetto di provata condotta illecita.
6-Tutti
i
provvedimenti
giurisdizionali
devono
essere
motivati.
7-Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà
personale,
pronunciati
dagli
organi
giurisdizionali
ordinari e speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione
per
violazione
di
legge.
Si
può
derogare
a
tale
norma
soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di
guerra. Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della
Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i
soli motivi inerenti alla giurisdizione”.
Occorre cercare di cogliere il significato della nozione di
“giusto processo” ivi delineato.
Va
notato
che
solo
i
primi
due
commi
hanno
portata
normativa generale, riferendosi ad ogni tipo di processo
giurisdizionale,
mentre
i
successivi
tre
contengono
principi e regole puntuali concernenti specificamente il
processo penale.
Ora, dall’esame dei primi due commi del nuovo art. 111
Cost.
si
ricava
che
il
concetto
generale
di
“giusto
processo” accolto nella Costituzione è contrassegnato dalla
compresenza di alcuni “elementi indefettibili”, ai quali si
aggiungono
le
specificazioni
dei
commi
successivi
con
riferimento alla definizione dei caratteri “essenziali” del
giusto processo penale.
Le garanzie minime che devono essere salvaguardate perché
un processo, un qualsiasi tipo di processo giurisdizionale,
possa definirsi “giusto” sono dunque: a) il contraddittorio
tra le parti, in condizioni di parità; b) la terzietà e
l’imparzialità del giudice; c) la ragionevole durata.
Oltre a queste, vanno ricordate le garanzie che erano già
presenti
nell’art.
111
commi
e
l’obbligo
6
7:
d)
e
che
provvedimenti
giurisdizionali
impugnare
sentenze
le
e
i
oggi
di
ed
sono
contemplate
motivazione
e)
la
provvedimenti
di
tutti
possibilità
sulla
nei
i
di
libertà
personale
almeno
con
il
ricorso
in
Cassazione
per
violazione di legge.
Infine, i tre commi concernenti il “giusto processo penale”
ne precisano i contenuti elencando i diritti spettanti ad
ogni “persona accusata di un reato” (comma 3) e stabilendo
il
suo
svolgimento
in
conformità
al
“principio
del
contraddittorio nella formazione della prova” (comma 4),
con l’unica eccezione dei casi in cui vi sia il consenso
dell’imputato, venga accertata un’impossibilità di natura
oggettiva
o
venga
provata
una
condotta
illecita
nei
confronti dell’autore di dichiarazioni a carico (comma 5).
Occorre
tuttavia
processo”
guardarsi
quale
mera
dal
concepire
sommatoria
delle
il
sue
“giusto
componenti
espressamente enunciate, da considerare come entità a sé
stanti, senza coglierne i collegamenti e le interdipendenze
funzionali.
In dottrina si è sostenuto che «il compendio delle singole
garanzie
che
attengono
giurisdizionale
“giusto
autonoma
all’esercizio
all’interno
processo”
è
cosa
enunciazione
della
ben
delle
della
formula
diversa
medesime
funzione
unitaria
dalla
di
semplice
garanzie.
e
Nell’uso
della formula di sintesi emerge, infatti, una intrinseca
valenza
“sistemica”
o
“relazionale”
che
impone
il
coordinamento tra le diverse garanzie nell’ottica di una
loro
concretizzazione
che
tenga
conto
delle
reciproche
interazioni e del risultato complessivo» (CECCHETTI).
Non
solo,
ma,
come
risulta
con
evidenza
dai
lavori
parlamentari che condussero all’approvazione della riforma,
la
portata
della
nozione
di
“giusto
processo”
può
estendersi ben oltre il dettato del testo modificato, fino
a
includere
anche
gli
altri
principi
processuali
già
consacrati nella Carta costituzionale e nelle convenzioni
internazionali
sui
diritti
umani
e
appartenenti
tradizione angloamericana del due process of law.
alla
2. Il carattere innovativo della costituzionalizzazione del
“giusto processo”
Occorre
preliminarmente
notare
che
il
complesso
delle
caratteristiche del processo in genere, quale emerge dalla
riforma,
risulta
comprensivo
delle
garanzie
che
devono
essere assicurate in tutti i tipi di processo, cosicché
sarà della totalità delle disposizioni del nuovo art. 111
che si dovrà verificare se esse abbiano portata innovativa,
nel senso della specificazione e/o attuazione delle norme
costituzionali
ricognitiva,
preesistenti,
nel
senso
oppure
della
sola
semplicemente
esplicitazione
e/o
riproduzione di contenuti normativi già presenti a livello
costituzionale.
Condivisibilmente in dottrina si è ritenuto che è infatti
difficile negare che «almeno una gran parte dei contenuti
normativi del nuovo art. 111 costituisca nient’altro che la
formale
esplicitazione
nel
testo
della
Costituzione
di
norme già considerate, in modo pressocché incontestato, di
livello
costituzionale,
perché
immediatamente
connesse
a
disposizioni presenti nella Carta del 1948» (COMOGLIO).
In
tal
generali
senso
dei
sembra
primi
doversi
due
commi,
concludere
per
dai
non
quali
le
si
norme
ricava
alcuna garanzia sostanziale che non possa essere dedotta
dal
coordinamento
logico
degli
articoli
di
attinenza
giurisdizionale già appartenenti alla I o alla II parte
della
Costituzione,
come
del
resto
è
stato
evidenziato
dalle ricostruzioni giurisprudenziali precedenti l’entrata
in vigore della riforma.
Più complesso si prospetta invece il discorso concernente
le disposizioni contenute nel comma 3, che riproducono, sia
pure con qualche variante, le norme contenute nell’art. 6
comma 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
Non
sembrano
sussistere
dubbi,
infine,
sulla
natura
innovativa delle disposizioni dei commi 4 e 5, se non nel
senso
che
contengano
norme
costituzionali
interamente
“nuove”, almeno sotto il profilo della specificazione di
principi generali già vigenti. Lo dimostra la posizione del
Giudice
delle
Leggi
che,
soprattutto
in
una
serie
di
pronunce, dal 1992 al 1998, si era sempre mostrato ben
lontano
dal
principio
riconoscere
del
il
rango
contraddittorio
costituzionale
come
metodo
di
del
formazione
della prova nel processo penale.
Di conseguenza, si può affermare – sempre con il Cecchetti
– che «le uniche norme autenticamente “nuove” introdotte
nell’art. 111 come qualificanti il “giusto processo” sono
quelle
contenute
un’opportuna
principio
nei
commi
4
“specificazione”
del
contraddittorio
e
5,
le
delle
quali
modalità
deve
essere
forniscono
con
cui
il
applicato
al
processo penale. I primi tre commi, invece, si limitano a
rendere
regole
espliciti
già
nel
testo
desumibili
costituzionale
direttamente
dalle
principi
e
disposizioni
costituzionali previgenti, mentre gli ultimi due erano già
presenti nel testo della Costituzione».
Ma se è dunque il contraddittorio nella formazione della
prova l’elemento realmente innovativo dell’art. 111, allora
dovremmo riconoscere agevolmente che, di tutte le garanzie
processuali
che
vi
sono
sancite,
è
proprio
questa,
o
principalmente questa, a qualificare come “giusto” il rito
penale “riformato”.
Possiamo
supporre
del
resto
che
il
legislatore
costituzionale abbia voluto precisare nel quarto e quinto
comma
le
peculiarità
di
quella
che
per
lui
rappresenta
semplicemente la forma compiuta del contraddittorio, tale
da riverberare la particolare “giustezza” del processo che
ne risulta caratterizzato anche sui processi a proposito
dei quali si parla “genericamente” di “contraddittorio tra
le parti”.
Possiamo supporre, in altri termini, che il costituente
abbia parlato di “giusto processo” in riferimento a tutti i
tipi di processo che si svolgono “nel contraddittorio tra
le parti” per analogia di attribuzione con quell’archetipo
di processo “giusto” in cui il contraddittorio si realizza
nella
sua
integralità,
ovvero
“nella
formazione
della
prova”.
3. Il giusto processo ed il giudice contabile.
La legge costituzionale n. 2/1999 è stata una riforma di
grande importanza.
Basta
considerare
istituzionale
il
che
dibattito
l’ha
dottrinale
preceduta
e
e
politico-
accompagnata.
Punti
fondamentali della riforma, che valgono per ogni tipo di
processo, sono quelli dei primi due commi dell’art. 111:
– “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo
regolato dalla legge”
–
“ogni
processo
si
svolge
nel
contraddittorio
tra
le
parti, in condizione di parità, davanti al giudice terzo ed
imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”.
Si tratta di norme che, di fatto e come detto, codificano
principi
e
regole
precedentemente
evidenziate
sia
dalla
riflessione teorica più attenta in tema di teoria generale
del processo, sia dalla giurisprudenza più sensibile ai
profili
Peraltro,
delle
garanzie
occorre
giurisdizionali
tenere
presente
delle
che,
parti.
già
prima
dell’introduzione degli stessi nella Carta costituzionale,
esistevano comunque disposizioni che imponevano il rispetto
dei
principi
in
oggetto.
Tali
principi,
infatti,
erano
sanciti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, e
sono
entrati
fondamentali
a
far
parte
dell’Unione
della
europea.
Carta
Mentre,
dei
per
diritti
quanto
concerne il contesto nazionale, non sfuggirà il riferimento
a
quei
principi
disposizioni
e
a
quelle
costituzionali
in
regole
materia
contenute
di
diritto
nelle
alla
difesa (art. 24, comma 2, Cost.), di soggezione dei giudici
solo alla legge (art. 101 Cost.) e della loro indipendenza
(art. 104 e 108 Cost.), nonché di effettività della tutela
giurisdizionale (art. 24, comma 1 e art. 113 Cost.).
Quanto al contenuto dell’art. 111 Cost., come risultante
dalla novella costituzionale, è necessario in primo luogo
porre
l’attenzione
sul
principio
di
riserva
di
legge
indicato dal primo comma. Esso sta a significare che tutti
i
principali
soprattutto
aspetti
i
del
poteri
processo
istruttori
–
e
e
le
fra
questi
modalità
di
svolgimento del contraddittorio – devono trovare adeguata
definizione legislativa. Non possono, ad esempio, essere
lasciati indeterminati i modi di acquisizione delle prove,
il loro rilievo assiologico, e così via. È la legge a dover
regolare
il
definiti.
processo
Non
preesistente.
secondo
basta,
Serve
i
principi
dunque,
una
una
legge
i
costituzionali
qualsiasi
cui
legge
contenuti
siano
nel
nuovo
testo
non
può
rigorosamente coerenti con tali principi.
In
altri
termini,
dell’articolo
ricondotto
111
ad
i
principi
hanno
un
affermazioni
affermati
peso
di
che
massima
che
essere
portino
a
coonestare forme rudimentali di contraddittorio e di parità
delle parti. Tanto più che essi vanno intesi in un contesto
ordinamentale in cui il principio del contraddittorio
si è
affermato anche in materia di attività amministrativa. La
giurisprudenza consolidata della Corte di Giustizia delle
Comunità europee ha affermato l’obbligo di applicare il
principio
vengano
del
assunti
contraddittorio
in
provvedimenti
di
tutti
i
casi
disfavore
a
in
carico
cui
di
terzi. È stato affermato, ad esempio, che la Corte dei
conti
delle
Comunità
europee
ha
violato
tale
principio
nello svolgimento della sua attività di controllo per non
aver sentito gli interessati dopo aver deciso di citare, in
una
propria
Relazione
speciale
da
pubblicare
in
GUCE,
soggetti terzi che a suo giudizio avevano male ottemperato
ai propri obblighi contrattuali.
La Corte di Giustizia ha parlato di “illiceità commessa”
dalla Corte dei conti europea. Infatti, “sebbene l’adozione
e la pubblicazione delle relazioni della Corte dei conti
non siano decisioni che incidono direttamente sui diritti
delle persone in esse menzionate, esse possono avere per
queste persone conseguenze tali che gli interessati devono
essere messi in condizione di esprimere osservazioni sui
punti
delle
dette
nominativamente,
adottate.
prima
Poiché
la
relazioni
che
li
che
siano
definitivamente
Corte
esse
dei
conti
aveva
riguardano
omesso
di
invitare la Ismeri ad esprimere il suo punto di vista sui
passaggi che la concernevano (…), da ciò consegue che la
procedura di adozione di tale relazione è inficiata da una
violazione del principio del contraddittorio”.
Se,
dunque,
il
principio
del
contraddittorio
si
sta
affermando in attività che non sono giurisdizionali, ben
s’intende come in sede giurisdizionale esso debba essere
applicato con rigore.
Entrando più nello specifico, è ricorrente in dottrina il
rilievo
della
questione
della
(in)compatibilità
dell’attuale assetto del processo contabile con i principi
fissati dall’art. 111 Cost..
Si afferma in via generale: “Certamente appare necessaria
la revisione (...)del vigente regolamento di procedura per
i
giudizi
avanti
alla
Corte
dei
Conti”.
Con
alcune
indicazioni particolari:
– è necessario “l’adattamento del giudizio contabile ai
principi
di
terzietà
ed
imparzialità
del
giudice
ed
al
contraddittorio tra le parti in condizioni di parità”;
– appare “delicata la questione relativa alla posizione ed
ai poteri del giudice contabile e del cosiddetto potere
sindacatorio.
Con tale formula, cui si è fatto nella giurisprudenza un
ricorso
frequente,
pratica
giudiziaria
soprattutto
poteri
di
per
giustificare
iniziativa
nella
riguardanti
la
formazione del contraddittorio, l’acquisizione delle prove
ed i limiti stessi della pronuncia, si è finito con il
riconoscere
rimarcarne
rispetto
al
la
al
giudice
contabile,
differenziazione
giudice
civile,
di
una
nel
tentativo
ruolo
e
di
posizione
che
di
poteri
mal
si
concilia con il carattere di terzietà del giudice;
– di qui “l’esistenza di un potere del giudice di estendere
la
propria
cognizione
ad
ogni
possibile
profilo
della
vicenda (...) e di determinare autonomamente sia i soggetti
che
l’oggetto
del
giudizio
sino
a
ritenere
superabili,
addirittura, i vincoli posti dalla iniziale contestazione”;
–
ancora:
“è
necessario
recuperare
una
cultura
dell’accertamento delle prove, anche fuori del principio
dispositivo che sicuramente non si concilia con la natura e
la funzione pubblicistica del processo in questione anche
in relazione all’esigenza di ancorare ad elementi del tutto
certi la valutazione di colpa grave ora richiesta”.
La necessità di un adeguamento del processo contabile alle
regole del giusto processo diviene sempre più un’evidenza.
Ciò vale certamente per quanto riguarda i principi generali
fissati
nei
primi
due
commi
dell’art.
111
Cost.
che
immediatamente si applica ad ogni tipo di processo.
Per
quanto
garanzie
e
riguarda
di
i
principi
formazione
delle
specifici
prove
in
introdotti
tema
di
per
il
giudizio penale dai commi 3 e 4 dello stesso art. 111
Cost.,
l’applicazione
degli
stessi
anche
al
processo
contabile può non essere un dato pacifico. Ciò soprattutto
in considerazione dell’insegnamento derivante dalla Corte
costituzionale
in
virtù
del
quale
il
legislatore
può
regolare in modo non rigorosamente uniforme i modi della
tutela
giurisdizionale,
in
quanto
non
esiste
in
Costituzione un principio di uniformità di regolamentazione
tra diversi tipi di processo (Corte cost. 19 marzo 1996, n.
82). È vero che i principi di cui ai commi 3 e 4 riguardano
il processo penale, tuttavia è ragionevole ritenere che
quelle disposizioni vanno in qualche modo ad incidere anche
su quel tipo di processi, come appunto quello contabile,
che replicano vari caratteri da quello penale.
Ciò
in
conformità
responsabilità
con
la
contabile,
nuova
non
configurazione
qualificabile
come
della
intesa
solo al relativo risarcimento ma meglio configurabile con
una
qualificazione
comportamenti
di
paradisciplinare,
amministratori
cognitiva
pubblici
e
di
di
pubblici
dipendenti in contrasto con loro doveri d’ufficio allorché
in danno di finanza pubblica. Si è giunti anche a definire
il processo contabile quale “processo penale che si svolge
secondo le forme del processo civile”.
E
c’è
chi,
anziché
utilizzare
paradigmi
e
formule
precostituite, si limita a constatare “la specificità del
rito contabile la cui disciplina di diritto singolare segna
la propria atipicità dal processo civile e dal processo
penale,
non
solo
protetti
attraverso
corretta
gestione
per
la
il
peculiarità
valore
finanziaria,
degli
unificante
ma
interessi
della
soprattutto
sana
per
e
la
essenzialità e laconicità della disciplina processuale”.
Ciò
è
accaduto
senza
ridefinire
espressamente
e
compiutamente il sistema processuale.
Quest’ultimo è rimasto definito, nelle norme di base, dal
Regolamento di procedura del 1933. Sono tre gli articoli
del Capo V (Della istruzione) ed è il primo, l’art. 14, che
fissa
le
coordinate:
“La
Corte
può
richiedere
all’Amministrazione e ordinare alle parti di produrre gli
atti e i documenti che crede necessari alla decisione della
controversia
disporre
e
può
ordinare
accertamenti
al
diretti
Procuratore
anche
in
generale
di
contraddittorio
delle parti”. Ruolo dominante della Corte (per quel che si
è chiamato il “potere sindacatorio”) e continuum organo
giudicante-Procura. Logica che viene confermata nell’art.
15
secondo
il
quale
(comma
1):
“La
Corte
può
inoltre
disporre l’assunzione di testimoni ed ammettere gli altri
mezzi istruttori che crederà del caso, stabilendo i modi
con
cui
debbono
seguire
ed
applicando,
per
quanto
possibile, le leggi di procedura civile”.
Per quanti aggiustamenti abbia prodotto la giurisprudenza –
d’altra parte, com’è naturale, non sempre omogenea – sono
rimasti
fermi
alcuni
punti:
per
esempio,
l’applicazione
della procedura civile è limitata dal criterio del “per
quanto
possibile”,
che
è
un
criterio
meramente
discrezionale.
Infatti
l’art.
26
RD
n.
1038/1933
disciplina
il
rito
contabile attraverso un rinvio “aperto” e “dinamico” al
codice
di
procedura
civile.
Proprio
tale
rinvio
ha
conferito natura “pretoria” al rito contabile, il quale si
è
venuto
caratterizzando
dalla
sovrapposizione
dei
due
modelli processuali di riferimento, quello civile e quello
penale.
Il processo contabile non è, dunque, un giusto processo
regolato dalla legge, perché quella vigente è del tutto
insufficiente e lascia troppo spazio alla discrezionalità
del giudice. Discrezionalità che appunto l’art. 111 Cost.
vuole evitare.
Pertanto, se è vero che la Costituzione, con l’art. 103,
comma 2 (“La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie
di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla
legge”), ha dato un impulso allo sviluppo del giudizio di
responsabilità per danno erariale,proprio in ragione di ciò
oggi
la
giurisdizione
della
Corte
è
completamente
sottoposta ai principi del giusto processo. La Costituzione
non
può
essere
giurisdizione
di
in
contraddizione
rilevanza
con
sé
costituzionale
stessa:
può
una
soltanto
essere una giurisdizione secondo le regole costituzionali
del processo.
PARAMETRI DI VALUTAZIONE IN MATERIA DI PROVE
Il
contraddittorio
processuale
può
non
significare
necessariamente parità formale e sostanziale delle parti
nell’esercizio
del
giurisprudenza
della
antesignana
della
diritto
Corte
riforma
di
prova,
poiché
costituzionale
dell’art.
111
nella
considerata
Cost.
si
conferiscono al “contraddittorio” molteplici significati e
intensità. In particolare, si è individuata una concezione
“forte”
del
necessaria
contraddittorio,
partecipazione
che
della
sta
parte
a
significare
all’escussione
del
mezzo di prova dedotto dalla controparte, in posizione e
con
regole
idonee
ad
assicurare
il
controllo
sulla
veridicità e genuinità della fonte probatoria introdotta
nel
giudizio.
della
prova
Conseguentemente,
–
che
è
ad
anteriore
una
fase
di
ricerca
all’instaurazione
del
processo – deve seguire una fase di formazione della prova,
che si svolge necessariamente alla presenza di entrambe le
parti dinanzi ad un giudice preposto preliminarmente al
valutare la rilevanza e l’ammissibilità del mezzo di prova
dedotto. Alla concezione forte si contrappone, poi, una
concezione “debole” del contraddittorio, la quale consente
di ridurre ad unità le due fasi: della ricerca e della
formazione della prova.
La fonte ricercata dalla parte è automaticamente introdotta
in
giudizio
attraverso
la
mera
attività
processuale
di
produzione. Compete alla controparte il diritto di critica
di una prova già formata, ed è riservata al giudice la
valutazione
del
significato
probatorio
con
obbligo
di
motivazione che copre la deduzione e la critica. Si tratta
di due concezioni collocate in ordine graduale, delle quali
il minimo comune denominatore per la verifica di conformità
al giusto processo è che la fonte di prova sia inserita nel
circuito
del
contraddittorio,
riconoscendosi
anche
la
sufficienza di forme e tipi di contraddittorio differito.
Cerchiamo
di
applicare
questi
criteri
al
processo
contabile.
Sull’applicazione del principio del contraddittorio
I. La fase pre-dibattimentale
Ciò posto in termini generali, entriamo nello specifico dei
vari istituti.
Tra i profili che maggiormente hanno attratto l’attenzione
degli studiosi, un ruolo centrale ha assunto il problema
dell’applicazione dei principi del giusto processo alla cd.
fase pre-dibattimentale. Fase, questa, volta ad accertare
la sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’azione
di responsabilità, nella quale è possibile riscontrare con
ogni
evidenza
le
influenze
dell’originaria
impostazione
inquisitoria del giudizio di conto. È evidente, infatti, la
asimmetria
che
l’instaurazione
caratterizza
formale
del
la
fase
giudizio,
che
ove
è
precede
assicurata
all’attore/procuratore una libertà di azione sproporzionata
rispetto alla posizione garantita al futuro convenuto. In
contrasto con qualunque attuazione del principio di parità
delle parti. Peraltro, tale impostazione della fase preistruttoria comporta delle ripercussioni di rilievo anche
sul ruolo assolto dal Collegio nella fase dibattimentale,
in quanto l’organo giudicante si limiterebbe a svolgere un
ruolo “ausiliario” e secondario rispetto alle iniziative
assunte dall’attore.
II. Il c.d. potere sindacatorio
Non
può,
in
tal
senso,
non
condividersi
l’idea
di
chi
afferma che “l’assenza di adeguate garanzie riguardo alla
concreta applicazione del principio del contraddittorio nel
momento della raccolta del materiale e dei fatti su cui poi
verrà a svilupparsi l’oggetto del contendere, anche alla
luce
delle
prosecuzione
modalità
del
che
giudizio
continuano
in
sede
a
regolare
la
dibattimentale,
rappresentano un ostacolo insormontabile verso una piena
attuazione
conti”.
di
un
giusto
Andrebbe
processo
pertanto
avanti
quanto
alla
prima
Corte
dei
ripensata
la
disciplina positiva della fase pre-dibattimentale, tenuto
conto
della
circostanza
che
le
peculiarità
che
caratterizzano il processo contabile – sia sotto il profilo
della
natura
sostanziale
amministrativa,
sia
sotto
il
della
profilo
responsabilità
della
particolare
evoluzione del processo contabile – non sono di per sé
sufficienti
a
principi
giustificare
la
mancata
costituzionalmente
attuazione
conferiti
al
dei
sistema
processuale nazionale.
Altro aspetto assai controverso della difficile attuazione
del principio del giusto processo al sistema processualecontabile, concerne la compatibilità con l’odierno testo
costituzionale della permanenza in capo al giudice della
responsabilità amministrativa del cd. potere sindacatorio.
Si
tratta
di
un
potere
che
caratterizza
fortemente
il
giudizio di responsabilità e contrasta con il principio
dispositivo che connota il rito civile. Esso si esprime
nella vasta gamma di poteri istruttori del giudice – poteri
ben più ampi di quelli previsti dal codice di procedura
civile
–
nella
l’organo
prassi
giudicante
applicativa
dovesse
che
ha
esercitare
ritenuto
una
sorta
che
di
controllo sull’operato del pubblico ministero attraverso la
ricerca di altri responsabili – realizzata mediante l’uso
dell’integrazione del contraddittorio – e nella supplenza
nell’attività di ricerca del materiale probatorio. Fino ad
arrivare ad affermare che “la Corte non è vincolata dalle
domande delle parti, né dai motivi da esse dedotti, avendo
un
illimitato
elementi
Tale
di
giudizio
potere
attuazione
potere
può
della
di
indagine
prodotti
essere
vecchia
dalle
visto
e
indipendente
parti
come
originaria
la
dagli
interessate”.
più
concreta
impostazione
che
attribuiva al giudice contabile la funzione di controllare
la
corretta
gestione
della
spesa
pubblica,
unitamente
all’obiettivo di risarcire l’erario dei danni subiti dai
comportamenti
illeciti
degli
agenti
pubblici,
anche
mediante l’irrogazione delle relative sanzioni. Sul punto,
la
giurisprudenza
ha
manifestato
due
orientamenti
contrapposti.
Una parte della giurisprudenza ha sostenuto la validità e
necessità di un potere sindacatorio del giudice contabile,
sia pure al fine di dare attuazione a principi del giusto
processo. In tale prospettiva, il potere acquisitivo del
giudice
viene
tutelare
la
visto
come
posizione
lo
del
strumento
convenuto
che
tra
consente
gli
di
elementi
introdotti nella controversia del solo PM e l’impossibilità
di confutare la fondatezza di un’amministrazione dotata di
poteri
autoritativi.
Su
questa
linea
di
pensiero
si
è
giunti di recente ad una ordinanza di rimessione alla Corte
costituzionale volta all’abrogazione per incostituzionalità
dell’art.
5,
comma
1
della
Legge
n.19/1994,
nel
testo
sostituito dall’art. 1 del d.l. 23 ottobre 1996, n. 543,
convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 639, per contrasto
con
gli
articoli
3,
24
comma
2
e
111,
comma
2,
della
Costituzione (Corte dei conti, Sez. Giur. Abruzzo, ord. n.
56 del 28 giugno 2004).
Occorre
concordare
orientamento
può
con
essere
quanti
affermano
condiviso
soltanto
che
laddove
tale
il
collegio facesse realmente ricorso alla vasta gamma dei
mezzi istruttori legislativamente previsti.
Il
contrario
è
da
dirsi,
invece,
allorché
il
giudice
contabile interpreta il proprio ruolo in termini riduttivi,
limitandosi a verificare sul piano formale la fondatezza
delle
prove
poste
a
fondamento
della
citazione:
il
controllo di natura cartolare che il collegio si limita a
svolgere il più delle volte nei confronti del materiale
probatorio raccolto dalla procura regionale rappresenta “la
minaccia più seria alla concreta applicazione dei principi
discendenti dalla nozione del giusto processo”. Non v’è chi
non veda come i principi codificati dall’art. 111 Cost.
impongono, al contrario, una figura di giudice attiva che
possa
valutare
accertamenti
in
che
chiave
una
critica
delle
le
parti
ha
operazioni
condotto
in
e
gli
totale
autonomia e in assenza di contraddittorio.
Altra
parte
della
recessività
del
giurisprudenza
potere
afferma
sindacatorio,
la
mai
progressiva
“positivamente
prescritto per i giudizi di responsabilità”, “contrastante
con i principi contenuti nell’art. 111 Cost., che impongono
che il processo si svolga assicurando adeguate forme di
contraddittorio
avanti
ad
permesso
un
di
tra
le
giudice
parti
in
terzo
introdurre
condizioni
ed
di
imparziale,
d’ufficio
alle
parità,
cui
parti
non
è
medesime,
l’oggetto del contendere, né decidere su questioni che non
siano
state
previamente
contraddittorio”.
attivato
un
drasticamente
Conseguentemente,
procedimento
il
sottoposte
la
al
giurisprudenza
interpretativo
potere
necessario
sindacatorio
volto
nel
a
ha
ridurre
rispetto
del
canone di terzietà ed imparzialità del giudice e dell’onere
della prova. Val la pena citare la sentenza n. 116 del 2003
della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale Lazio, la
quale
innanzitutto
sindacatorio.
contabile
la
riprende
Tale
la
potere
possibilità,
nozione
del
“consentirebbe
in
veste
di
c.d.
al
potere
giudice
inquisitore,
di
estendere la responsabilità a soggetti diversi rispetto a
quelli
individuati
dal
Pubblico
ministero,
di
allargare
oggettivamente la controversia al di là ed a volte contro
le richieste dell’accusa stessa, nonché di utilizzare, di
propria
iniziativa,
mezzi
e
strumenti
intesi
all’acquisizione della prova, il tutto in contrasto con
l’uguaglianza tra le parti, con il diritto alla difesa ed,
in genere, contro il principio della terzietà del giudice
sancito dal novellato articolo 111. (…) osserva il Collegio
che
indubbiamente
la
costituzionalizzazione
dei
principi
del giusto processo enfatizza in particolare il principio
del
giudice
terzo
e
imparziale,
che
viene
considerato
valore primario su cui si basa la funzione giurisdizionale
e che impone una rilettura della normativa che disciplina
il processo contabile; va peraltro rilevato che il “potere
sindacatorio” è più che altro una creazione della dottrina
e della giurisprudenza che hanno talvolta attribuito al
giudice
un
ruolo
attivo
nell’individuazione
nella
delle
ricerca
della
responsabilità
verità
tale
e
da
compromettere, almeno in via teorica, il connotato della
terzietà”.
La sentenza richiama alcune antecedenti pronunce che qui si
riportano:
“Qualora a seguito del corretto instaurarsi di un giudizio
di
responsabilità
il
giudice
valuti
sussistere
la
responsabilità dei convenuti per ragioni diverse da quelle
esposte in citazione, non può che procedere all’assoluzione
dei convenuti, non potendo sostituirsi al PM e riformulare
la domanda risarcitoria, a ciò ostando il chiaro disposto
dell’art. 111 della Costituzione” (Sez. Giur. Basilicata 4
Aprile 2002, n. 112); “Il Potere sindacatorio del giudice
contabile, non previsto da alcuna disposizione di legge,
deve
oggi
ritenersi
non
più
esercitabile
in
ossequio
all’art. 111 della Costituzione, sicché il giudice non può
mai
d’ufficio,
sostituendosi
alle
parti,
determinare
l’oggetto del contendere su questioni che non siano state
preventivamente sottoposte al necessario contraddittorio”
(Sez. Giur. d’App. Sicilia 9 Maggio 2002 n. 75/A); ancora,
“Il giudice contabile, a maggior ragione dopo la previsione
della garanzia costituzionale del giusto processo ai sensi
dell’art. 111 Cost., non dispone del potere di ordinare la
chiamata in causa di soggetti che il Procuratore Regionale
non
abbia,
motivando
al
riguardo,
convenuto
nell’atto
introduttivo del giudizio”. (Sez. III Centrale 30 settembre
2002
n.
300/A).
Analoghi
criteri
emergono
in
ordine
al
potere istruttorio esercitato d’ufficio: “I principi del
giusto
processo
attribuito
al
limitano
giudice
il
c.d.
contabile,
potere
essendo
sindacatorio
egli
tenuto
a
pronunciarsi nei limiti della domanda con esclusione di
qualsivoglia
intervento
integratore
finalizzato
alla
ricerca della prova, il cui onere non può non gravare su
chi propone la domanda” (Sez. Giur. d’Appello Sicilia 17
luglio 2001 n.148/A); “Il potere sindacatorio del giudice
contabile si mantiene nei limiti dei principi di terzietà e
di
imparzialità
art.111
Cost.
recentemente
soltanto
se
riaffermati
esercitato
dal
in
novellato
riferimento
ai
fatti allegati dalle parti in adempimento dei rispettivi
oneri processuali (…).” (Sez. III Centrale 17 aprile 2002
n.125/A). Il giudice della richiamata sentenza n. 116/2003,
infine,
sottolinea
travaglio
come
ermeneutico
ci
in
si
trovi
atto
che
davanti
cerca
ad
il
“un
giusto
equilibrio tra la terzietà del giudice, l’indisponibilità e
l’esclusività dell’azione contabile, nonché la tutela della
parte
più
debole
(…)
e
che
può
trovare
il
suo
punto
d’arrivo in figure disciplinate dal codice di procedura
civile (v. artt. 102, 107 e 421)”.
Ci si è orientati, quindi, nel senso di “non escludere
completamente l’iniziativa del giudice, ma di limitarla a
valorizzare ed a sollecitare lo sviluppo nell’ambito del
processo di elementi probatori incompleti, introdotti nel
giudizio
prova),
ma
non
ancora
evitando
quindi
un’attività
intesa
definiti
di
alla
(cd.
affidare
ricerca
di
principio
della
giudice
stesso
al
nuove
prove,
ma
consentendogli di esercitare una funzione, per così dire
maieutica,
ritenuta
rientrante
nei
poteri
di
direzione
generalmente riconosciuti”.
Nonostante
sindacatorio,
consistenza.
tale
ridimensionamento
esso
Con
ha
i
comunque
suoi
del
cd.
conservato
conseguenti
potere
la
problemi
sua
di
compatibilità con i principi del giusto processo. Basti
pensare, a titolo esemplificativo, alla disapplicazione del
principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e
quindi
della
non
assoluzione
vincolatività
eventualmente
della
richiesta
richiesta
dal
di
PM
nel
dibattimento. È evidente in tale aspetto “la mancanza di
solidità nella giurisprudenza contabile del principio della
terzietà del giudice intesa nel senso più forte dell’essere
questo investito del solo potere di comporre la lite e non
anche di quello di svolgere una funzione autonoma, come
tale svincolata dalle posizioni e dalle richieste delle
parti, in ordine alle vicende sottoposte al suo giudizio”.
Sulla stessa linea si pone il problema della compatibilità
con il principio di terzietà del giudice del potere di
chiamata in giudizio di soggetti diversi da quelli citati
dal
Procuratore.
Si
pensi
che
“da
parte
dell’organo
pubblico d’azione, la citazione in giudizio dei soggetti di
cui era stata disposta la chiamata, è stata spesso intesa
come mero adempimento di un obbligo imposto dal giudice con
la paradossale conseguenza di citazioni prive di alcuna
richiesta di condanna”.
A
questo
punto,
una
domanda
è
ineludibile:
al
fine
di
uscire dallo stato di incertezza e contraddittorietà che
caratterizza
il
processo
contabile,
basta
il
“travaglio
ermeneutico” della stessa giurisprudenza contabile quando
questa
può,
in
concreto,
prendere
strade
spesso
così
divaricate?
In realtà occorre porre rimedio alla mancanza, nel processo
contabile,
“giusto
del
parametro
processo”:
la
costituzionale
puntuale
fondamentale
definizione
delle
del
norme
processuali che assicuri la piena parità delle parti.
Il
giudice
non
può
continuare
ad
autoregolamentare
il
processo al di fuori del rispetto di tali principi, secondo
una normativa di base non solo insufficiente, perché assai
lontana
nel
superati.
tempo,
ma
rispondente
a
criteri
ampiamente
Per
completezza
va
detto
che
della
questione
si
è
recentemente interessata la Corte Costituzionale la quale,
chiamata a decidere proprio della compatibilità del “potere
sindacatorio” con i principi del giusto processo, ha eluso
la
problematica
con
una
decisione
in
rito
(Corte
Costituzionale, ord. N.68 del 9.3.2007). La Corte, chiamata
a
pronunciarsi
sulla
legittimità
dell’art.14
del
regolamento a seguito di una questione sollevata dalla III
Sezione Centrale d’appello con ordinanza del 4.2.2005, ha
risolto la questione nel senso della inammissibilità poiché
il
giudice
a
quo
costituzionalità,
interpretazione,
non
avrebbe
bensì
così
da
una
posto
un
dubbio
questione
utilizzare
di
di
mera
impropriamente
il
giudizio di legittimità costituzionalità, che non è volto a
fornire avalli alle interpretazioni dei giudici comuni, ai
quali spetta invece scegliere, tra le più interpretazioni
possibili, quella conforme a Costituzione.
Allo stato, dunque, alla luce del recente arresto della
Corte, la norma è salva ed anche il potere sindacatorio del
giudice contabile è salvo, anche se è innegabile che i
dubbi sulla loro compatibilità con la Costituzione restano.
Va detto che se la Corte ha eluso il problema sicuramente
esso non potrà essere eluso dal legislatore allorché, come
è
auspicabile,
il
parlamento
metterà
mano
ad
un
nuovo
Codice di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei
Conti,
la
cui
indifferibile.
approvazione
Risulta
appare
infatti
sempre
presentato
il
di
disegno
più
di
legge delega sul nuovo Codice di procedura per i giudizi
innanzi alla Corte dei Conti
principi
della
delega,
(atto senato n.702). Fra i
occorre
ricordare,
vi
è
proprio
quello della “partecipazione al giudizio delle parti, su
basi
di
effettiva
parità
in
ogni
stato
e
grado
del
processo, anche in attuazione del principio costituzionale
del
giusto
processo”
(art.1,
Delega ato Senato n.702).
comma
2,
lett.c),
del
DDL
Il problema, quindi, è solo rinviato.
L’estensione della giurisdizione contabile.
I principi dell’art. 111 Cost. hanno bisogno di inverarsi
in un adeguato sistema di norme anche per poter far fronte
alle questioni che sorgeranno nel giudicare responsabilità
che
non
sorgano
nell’ambito
tradizionale
della
pubblica
amministrazione. Al riguardo e soltanto a titolo d’esempio,
si
considerino
i
problemi
che
potranno
sorgere
dall’applicazione alle società pubbliche e miste del nuovo
diritto societario.
A differenza di quel che è avvenuto nella legislazione in
materia
di
giustizia
amministrativa,
dove
il
recente
riordinamento attuato dalla legge n. 205/2000 ha visto un
sostanziale
equilibrio
processuali,
non
tra
così
è
norme
sostantive
avvenuto
nel
e
norme
campo
della
giurisdizione contabile.
Il riordinamento, insomma, è rimasto monco.
Ulteriore
problema
è
dell’attuale
sistema
allargamento
dell’area
collegata
con
una
quello
della
processuale
della
nozione
con
compatibilità
il
progressivo
giurisdizione
di
responsabilità
contabile,
erariale
connotata da sempre maggiore latitudine.
Tale
nozione
soprattutto
di
responsabilità
grazie
giurisprudenza
delle
si
è
venuta
affermando
all’attività
interpretativa
Sezioni
della
unite
della
Cassazione.
In
particolare, con due importanti decisioni intervenute negli
ultimi
anni,
Cassazione
–
le
Sezioni
prima
con
unite
della
ordinanza
22
Suprema
Corte
di
dicembre
2003,
n.
19667, e poi con la sentenza 26 febbraio 2004, n. 3899 –
hanno affermato la giurisdizione della Corte dei conti,
rispettivamente:
per
le
ipotesi
di
responsabilità
amministrativa degli amministratori e dei dipendenti degli
enti pubblici economici, per i danni patrimoniali arrecati
al patrimonio dell’ente, e per le ipotesi di responsabilità
amministrativa delle s.p.a. partecipate dagli enti pubblici
per i danni erariali arrecati al patrimonio dell’ente. Tale
orientamento ha il merito di aver individuato, nella natura
pubblica delle risorse finanziarie in relazione alle quali
si configura il danno di cui alla pretesa risarcitoria, il
presupposto
per
giurisdizione.
responsabilità
l’incardinazione
Operando
così
amministrativa
un
dei
soli
della
stessa
passaggio
dalla
amministratori
e
dipendenti pubblici alla responsabilità finanziaria intesa
come una generale forma di responsabilità patrimoniale per
danno alle pubbliche finanze in cui possono incorrere tutti
i soggetti che abbiano maneggio o che utilizzino pubbliche
risorse. Tale responsabilità si configura, in via generale,
in relazione alla violazione degli obblighi nascenti in
capo al soggetto stesso dalla finalizzazione delle risorse
pubbliche; così si legge in C.conti, sez. giur. Lombardia,
22 febbraio 2006, n. 114, con la quale si è affermata la
sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti nelle
controversie
posti
in
volte
essere
all’accertamento
da
dipendenti
di
di
illeciti
società
per
erariali
azioni
partecipate da enti pubblici – ENEL – ovvero di società
controllate dalle medesime – ENEL POWER e ENEL PRODUZIONE.
Tale orientamento è stato seguito per gli enti pubblici
economici.
Più di recente, la sentenza delle Sezioni unite del 1°
marzo 2006, n. 4511, ha affermato la giurisdizione della
Corte
dei
utilizzi
conti
o
affermando,
anche
che
in
nei
comunque
confronti
impieghi
particolare,
che
del
privato
risorse
“il
che
pubbliche,
baricentro
per
discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile
si
è
spostata
dalla
qualità
del
soggetto
(che
può
ben
essere un privato o un ente pubblico non economico) alla
natura
del
danno
e
degli
scopi
perseguiti,
cosicché
sussiste
la
giurisdizione
della
Corte
dei
conti
nei
confronti di società privata che abbia beneficiato di fonti
pubblici nazionali e comunitari nell’ambito di un programma
operativo
multiregionale
diretto
alla
promozione
dello
sviluppo imprenditoriale e abbia realizzato uno sviamento
dalle
finalità
perseguite
dalla
pubblica
amministrazione
così determinando un danno erariale”.
Tali
interventi,
innovato
come
profondamente
più
volte
l’oggetto
sottolineato,
del
giudizio
hanno
contabile,
senza tuttavia affrontare i numerosi problemi pratici che
essi portano con sé. Primo fra tutti il problema della
possibile
interferenza
amministrativa
dell’azione
esercitata
dalla
di
responsabilità
procura
della
Corte
dei
conti rispetto all’azione di responsabilità sociale che i
soci
possono
intraprendere
nei
confronti
degli
amministratori o dei dipendenti delle società partecipate
dai soggetti pubblici.
La
giurisprudenza,
infatti,
sta
discutendo
se
l’accertamento di responsabilità di questi soggetti ricada
esclusivamente
sotto
la
giurisdizione
della
Corte
dei
conti, o se invece spetti anche (o solo) alla giurisdizione
ordinaria
intervenire.
implicazioni,
(quella
perché
accertata
dal
La
la
scelta
ha
responsabilità
giudice
della
importanti
amministrativa
Corte
dei
conti)
risulta significativamente meno gravosa di quella derivante
dal diritto privato e societario. A ciò si aggiunga che le
regole che guidano il processo contabile spesso – come si è
visto nelle pagine che precedono – sono in contrasto con i
principi propri del sistema civilistico e con le garanzie
assicurate alle parti.
Servirà
probabilmente
un
intervento
dirimere la controversia interpretativa.
Sviluppi giurisprudenziali
legislativo
per
Abuso del diritto e frazionamento della domanda.
I
principi
del
giusto
processo
hanno
trovato
massima
valorizzazione attraverso l’opera della giurisprudenza che,
anche ai più alti livelli, ispira ad essi costantemente la
sua opera.
Va segnalata, per l’attualità e l’importanza dei principi
espressi,
con
cui
la
recentissima
la
Suprema
Cass.UU.
Corte,
n.15.11.2007
ripensando
n.23726,
un
proprio
orientamento neanche tanto risalente, ha stabilito che è
contraria alla regola generale di correttezza e buona fede,
in relazione al dovere inderogabile di solidarietà di cui
all’art.2 della costituzione, e si risolve in abuso del
processo
(ostativo
all’esame
della
domanda),
il
frazionamento giudiziale (contestuale o sequenziale) di un
credito unitario.
A tale decisione la Suprema Corte è pervenuta valorizzando,
tra gli altri, proprio il canone costituzionale del giusto
processo ex art.111 Cost.
Esaminiamo nello specifico la questione, interessante per
la
pregnanza
delle
soluzioni
offerte
nonché
per
gli
sviluppi ipotizzabili.
Con la sentenza n. 108 del 2000, in sede di composizione di
precedente
contrasto,
pronunziate,
in
frazionalità
della
Ritenendo,
in
le
senso
quella
Sezioni
unite
affermativo,
tutela
si
sul
giudiziaria
occasione,
erano
tema
del
"ammissibile
già
della
credito.
la
domanda
giudiziale con la quale il creditore di una determinata
somma, derivante dall'inadempimento di un unico rapporto,
chieda un adempimento, parziale, con riserva di azione per
il
residuo,
trattandosi
dall'ordinamento
e
di
rispondente
un
potere
ad
un
non
negato
interesse
del
creditore, meritevole di tutela, e che non sacrifica, in
alcun
modo,
il
proprie ragioni".
diritto
del
debitore
alla
difesa
delle
Nel
rimeditare
questa
soluzione
-
come
sollecitato
con
l’ordinanza di rimessione – “il Collegio ritiene ora però
di non poterla mantenere ferma, in un quadro normativo nel
frattempo evolutosi nella duplice direzione, sia di una
sempre
più
accentuata
e
pervasiva
valorizzazione
della
regola di correttezza e buona fede - siccome specificativa
(nel
contesto
del
rapporto
obbligatorio)
degli
"inderogabili doveri di solidarietà", il cui adempimento è
richiesto dall'art. 2 della Costituzione - sia in relazione
al canone del "giusto processo", di cui al novellato art.
111 della Costituzione.
In
relazione
al
quale
si
impone
una
lettura
"adeguata"
della normativa di riferimento (in particolare dell'art. 88
c.p.c.),
nel
obiettivo
senso
della
procedimento
e
del
suo
allineamento
"ragionevolezza
della
"giustezza"
della
del
al
duplice
durata"
"processo",
del
inteso
come risultato finale (della risposta cioè alla domanda
della parte), che "giusto" non potrebbe essere ove frutto
di abuso, appunto, del processo, per esercizio dell'azione
in
forme
eccedenti,
o
devianti,
rispetto
alla
tutela
dell'interesse sostanziale, che segna il limite, oltreché
la
ragione
dell'attribuzione,
al
suo
titolare,
della
potestas agendi.
Per il primo profilo, viene in rilievo l'ormai acquisita
consapevolezza della intervenuta costituzionalizzazione del
canone generale di buona fede oggettiva e correttezza, in
ragione
del
inderogabile
suo
di
porsi
in
solidarietà
sinergia
di
cui
con
il
all'art.
dovere
2
della
Costituzione, che a quella clausola generale attribuisce
all'un
tempo
forza
normativa
e
ricchezza
di
contenuti,
inglobanti anche obblighi di protezione della persona e
delle
cose
della
controparte,
funzionalizzando
così
il
rapporto obbligatorio alla tutela anche dell'interesse del
partner negoziale (cfr., sull'emersione di questa linea di
indirizzo, Cass. sez. I n. 3775/94; Id. n. 10511/99; Sez.
un. 18128/2005).
Se,
infatti,
affermare
si
che
è
il
pervenuti,
criterio
in
questa
della
buona
prospettiva,
fede
ad
costituisce
strumento, per il giudice, atto a controllare, anche in
senso modificativo o integrativo, lo statuto negoziale, in
funzione di garanzia del giusto equilibrio degli opposti
interessi (cfr., in particolare, nn. 3775/94 e 10511/99
citt.),
a
maggior
ragione
deve
ora
riconoscersi
che
un
siffatto originario equilibrio del rapporto obbligatorio,
in coerenza a quel principio, debba essere mantenuto fermo
in ogni successiva fase, anche giudiziale, dello stesso
(cfr.
Sez.
alterato,
III
ad
n.
13345/06)
iniziativa
e
del
non
possa
creditore,
quindi
in
essere
danno
del
debitore.
Il che, però, è quanto, appunto, accadrebbe in caso di
consentita parcellizzazione giudiziale dell'adempimento del
credito. Della quale non può escludersi la incidenza, in
senso
pregiudizievole,
posizione
del
prolungamento
sottostare
per
o
debitore:
del
vincolo
liberarsi
comunque
sia
peggiorativo,
per
coattivo
della
il
cui
sulla
profilo
egli
obbligazione
del
dovrebbe
nella
sua
interezza, ove il credito sia nei suoi confronti azionato
inizialmente solo pro quota con riserva di azione per il
residuo [come propriamente nel caso esaminato dalla citata
Sez. un. n. 108/00 cit., in cui la richiesta di pagamento
per frazione era finalizzata ad adire un giudice inferiore
rispetto a quello che sarebbe stato competente a conoscere
dell'intero credito], sia per il profilo dell'aggravio di
spese e dell’onere di molteplici opposizioni (per evitare
la
formazione
debitore
di
un
dovrebbe
moltiplicazione
di
giudicato
pregiudizievole)
sottostare,
(contestuali)
a
fronte
iniziative
come nel caso dei processi a quibus.
cui
il
della
giudiziarie,
Non
rilevando
in
contrario
che
il
frazionamento
del
credito, come in precedenza affermato, possa rispondere ad
un interesse non necessariamente emulativo del creditore
(come quello appunto di adire un giudice inferiore, più
celere
nella
soluzione
nell'adempimento
delle
spontaneo
controversie,
da
parte
del
confidando
debitore
del
residuo debito), poiché - a parte la pertinenza di tale
considerazione
alla
sola
ipotesi
(di
cui
alla
sentenza
108/00) del frazionamento non contestuale - è decisivo il
rilievo che resterebbe comunque lesiva del principio di
buona fede, nel senso sopra precisato, la scissione del
contenuto
della
obbligazione
esclusiva
propria
utilità
operata
con
dal
creditore,
unilaterale
per
modificazione
aggravativa della posizione del suo debitore.
Ad
evitare
la
considerazione
quale
che
neppure
"il
è
debitore
persuasiva,
potrebbe
infine,
ricorrere
la
alla
messa in mora del creditore, offrendo l’intera somma", non
essendo tale soluzione praticabile ove, come possibile, il
debitore non ritenga di essere tale.
Oltre a violare, per quanto sin qui detto, il generale
dovere di correttezza e buona fede, la disarticolazione, da
parte del creditore, dell'unità sostanziale del rapporto
(sia
pur
nella
fase
patologica
della
coazione
all'adempimento), in quanto attuata nel processo e tramite
il
processo,
si
risolve
automaticamente
anche
in
abuso
dello stesso.
Risultando già per ciò solo la parcellizzazione giudiziale
del credito non in linea con il precetto inderogabile (cui
l’interpretazione
della
normativa
processuale
deve
viceversa uniformarsi) del processo giusto.
Ulteriore vulnus al quale deriverebbe, all'evidenza, dalla
formazione di giudicati (praticamente) contraddittori cui
potrebbe dar luogo la pluralità di iniziative giudiziarie
collegate allo stesso rapporto.
Mentre l'effetto inflattivo riconducibile ad una siffatta
(ove consentita) moltiplicazione di giudizi ne evoca ancora
altro aspetto di non adeguatezza rispetto all'obiettivo,
costituzionalizzato
nello
stesso
art.
111,
della
"ragionevole durata del processo", per l'evidente antinomia
che
esiste
tra
la
moltiplicazione
dei
processi
e
la
possibilità di contenimento della correlativa durata.
L'esaminato primo motivo del ricorso va quindi respinto,
enunciandosi, in ordine alla questione di massima ad esso
sotteso, il principio (con il quale risulta in linea la
sentenza
impugnata)
generale
di
dovere
per
correttezza
inderogabile
di
cui
e
è
contraria
buona
fede,
solidarietà
in
di
alla
regola
relazione
cui
all'art.
al
2
Costituzione, e si risolve in abuso del processo (ostativo
all'esame
della
(contestuale
o
domanda),
sequenziale)
il
frazionamento
di
un
giudiziale
credito
unitario”
(Cassazione – Sezioni unite civili – sentenza 23 ottobre –
15 novembre 2007, n. 23726, Presidente Carbone – Relatore
Morelli, sottolineature aggiunte).
Tale
dei
decisione
principi
dimostra
l’incredibile
costituzionali
in
tema
capacità
di
giusto
espansiva
processo
nella nuova formulazione contenuta nel novellato art.111
della Costituzione.
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