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giusto processo - Corte dei conti
Le caratteristiche della giurisdizione ed il giusto processo 1.Premesse. Il testo leggere definitivo dopo le dell’art. modifiche 111 Cost., introdotte quale dall’art. si 1 può della legge cost. n. 2 del 1999, è così formulato: 1-La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. 2-Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità, davanti ad un giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata. 3-Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente dell’accusa elevata a della suo natura carico; e disponga dei del motivi tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare e di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo. 4-Il processo penale contraddittorio nella colpevolezza è regolato formazione dell’imputato non può dal della essere principio del prova. La provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore. 5-La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita. 6-Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. 7-Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra. Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione”. Occorre cercare di cogliere il significato della nozione di “giusto processo” ivi delineato. Va notato che solo i primi due commi hanno portata normativa generale, riferendosi ad ogni tipo di processo giurisdizionale, mentre i successivi tre contengono principi e regole puntuali concernenti specificamente il processo penale. Ora, dall’esame dei primi due commi del nuovo art. 111 Cost. si ricava che il concetto generale di “giusto processo” accolto nella Costituzione è contrassegnato dalla compresenza di alcuni “elementi indefettibili”, ai quali si aggiungono le specificazioni dei commi successivi con riferimento alla definizione dei caratteri “essenziali” del giusto processo penale. Le garanzie minime che devono essere salvaguardate perché un processo, un qualsiasi tipo di processo giurisdizionale, possa definirsi “giusto” sono dunque: a) il contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità; b) la terzietà e l’imparzialità del giudice; c) la ragionevole durata. Oltre a queste, vanno ricordate le garanzie che erano già presenti nell’art. 111 commi e l’obbligo 6 7: d) e che provvedimenti giurisdizionali impugnare sentenze le e i oggi di ed sono contemplate motivazione e) la provvedimenti di tutti possibilità sulla nei i di libertà personale almeno con il ricorso in Cassazione per violazione di legge. Infine, i tre commi concernenti il “giusto processo penale” ne precisano i contenuti elencando i diritti spettanti ad ogni “persona accusata di un reato” (comma 3) e stabilendo il suo svolgimento in conformità al “principio del contraddittorio nella formazione della prova” (comma 4), con l’unica eccezione dei casi in cui vi sia il consenso dell’imputato, venga accertata un’impossibilità di natura oggettiva o venga provata una condotta illecita nei confronti dell’autore di dichiarazioni a carico (comma 5). Occorre tuttavia processo” guardarsi quale mera dal concepire sommatoria delle il sue “giusto componenti espressamente enunciate, da considerare come entità a sé stanti, senza coglierne i collegamenti e le interdipendenze funzionali. In dottrina si è sostenuto che «il compendio delle singole garanzie che attengono giurisdizionale “giusto autonoma all’esercizio all’interno processo” è cosa enunciazione della ben delle della formula diversa medesime funzione unitaria dalla di semplice garanzie. e Nell’uso della formula di sintesi emerge, infatti, una intrinseca valenza “sistemica” o “relazionale” che impone il coordinamento tra le diverse garanzie nell’ottica di una loro concretizzazione che tenga conto delle reciproche interazioni e del risultato complessivo» (CECCHETTI). Non solo, ma, come risulta con evidenza dai lavori parlamentari che condussero all’approvazione della riforma, la portata della nozione di “giusto processo” può estendersi ben oltre il dettato del testo modificato, fino a includere anche gli altri principi processuali già consacrati nella Carta costituzionale e nelle convenzioni internazionali sui diritti umani e appartenenti tradizione angloamericana del due process of law. alla 2. Il carattere innovativo della costituzionalizzazione del “giusto processo” Occorre preliminarmente notare che il complesso delle caratteristiche del processo in genere, quale emerge dalla riforma, risulta comprensivo delle garanzie che devono essere assicurate in tutti i tipi di processo, cosicché sarà della totalità delle disposizioni del nuovo art. 111 che si dovrà verificare se esse abbiano portata innovativa, nel senso della specificazione e/o attuazione delle norme costituzionali ricognitiva, preesistenti, nel senso oppure della sola semplicemente esplicitazione e/o riproduzione di contenuti normativi già presenti a livello costituzionale. Condivisibilmente in dottrina si è ritenuto che è infatti difficile negare che «almeno una gran parte dei contenuti normativi del nuovo art. 111 costituisca nient’altro che la formale esplicitazione nel testo della Costituzione di norme già considerate, in modo pressocché incontestato, di livello costituzionale, perché immediatamente connesse a disposizioni presenti nella Carta del 1948» (COMOGLIO). In tal generali senso dei sembra primi doversi due commi, concludere per dai non quali le si norme ricava alcuna garanzia sostanziale che non possa essere dedotta dal coordinamento logico degli articoli di attinenza giurisdizionale già appartenenti alla I o alla II parte della Costituzione, come del resto è stato evidenziato dalle ricostruzioni giurisprudenziali precedenti l’entrata in vigore della riforma. Più complesso si prospetta invece il discorso concernente le disposizioni contenute nel comma 3, che riproducono, sia pure con qualche variante, le norme contenute nell’art. 6 comma 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Non sembrano sussistere dubbi, infine, sulla natura innovativa delle disposizioni dei commi 4 e 5, se non nel senso che contengano norme costituzionali interamente “nuove”, almeno sotto il profilo della specificazione di principi generali già vigenti. Lo dimostra la posizione del Giudice delle Leggi che, soprattutto in una serie di pronunce, dal 1992 al 1998, si era sempre mostrato ben lontano dal principio riconoscere del il rango contraddittorio costituzionale come metodo di del formazione della prova nel processo penale. Di conseguenza, si può affermare – sempre con il Cecchetti – che «le uniche norme autenticamente “nuove” introdotte nell’art. 111 come qualificanti il “giusto processo” sono quelle contenute un’opportuna principio nei commi 4 “specificazione” del contraddittorio e 5, le delle quali modalità deve essere forniscono con cui il applicato al processo penale. I primi tre commi, invece, si limitano a rendere regole espliciti già nel testo desumibili costituzionale direttamente dalle principi e disposizioni costituzionali previgenti, mentre gli ultimi due erano già presenti nel testo della Costituzione». Ma se è dunque il contraddittorio nella formazione della prova l’elemento realmente innovativo dell’art. 111, allora dovremmo riconoscere agevolmente che, di tutte le garanzie processuali che vi sono sancite, è proprio questa, o principalmente questa, a qualificare come “giusto” il rito penale “riformato”. Possiamo supporre del resto che il legislatore costituzionale abbia voluto precisare nel quarto e quinto comma le peculiarità di quella che per lui rappresenta semplicemente la forma compiuta del contraddittorio, tale da riverberare la particolare “giustezza” del processo che ne risulta caratterizzato anche sui processi a proposito dei quali si parla “genericamente” di “contraddittorio tra le parti”. Possiamo supporre, in altri termini, che il costituente abbia parlato di “giusto processo” in riferimento a tutti i tipi di processo che si svolgono “nel contraddittorio tra le parti” per analogia di attribuzione con quell’archetipo di processo “giusto” in cui il contraddittorio si realizza nella sua integralità, ovvero “nella formazione della prova”. 3. Il giusto processo ed il giudice contabile. La legge costituzionale n. 2/1999 è stata una riforma di grande importanza. Basta considerare istituzionale il che dibattito l’ha dottrinale preceduta e e politico- accompagnata. Punti fondamentali della riforma, che valgono per ogni tipo di processo, sono quelli dei primi due commi dell’art. 111: – “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge” – “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità, davanti al giudice terzo ed imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”. Si tratta di norme che, di fatto e come detto, codificano principi e regole precedentemente evidenziate sia dalla riflessione teorica più attenta in tema di teoria generale del processo, sia dalla giurisprudenza più sensibile ai profili Peraltro, delle garanzie occorre giurisdizionali tenere presente delle che, parti. già prima dell’introduzione degli stessi nella Carta costituzionale, esistevano comunque disposizioni che imponevano il rispetto dei principi in oggetto. Tali principi, infatti, erano sanciti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, e sono entrati fondamentali a far parte dell’Unione della europea. Carta Mentre, dei per diritti quanto concerne il contesto nazionale, non sfuggirà il riferimento a quei principi disposizioni e a quelle costituzionali in regole materia contenute di diritto nelle alla difesa (art. 24, comma 2, Cost.), di soggezione dei giudici solo alla legge (art. 101 Cost.) e della loro indipendenza (art. 104 e 108 Cost.), nonché di effettività della tutela giurisdizionale (art. 24, comma 1 e art. 113 Cost.). Quanto al contenuto dell’art. 111 Cost., come risultante dalla novella costituzionale, è necessario in primo luogo porre l’attenzione sul principio di riserva di legge indicato dal primo comma. Esso sta a significare che tutti i principali soprattutto aspetti i del poteri processo istruttori – e e le fra questi modalità di svolgimento del contraddittorio – devono trovare adeguata definizione legislativa. Non possono, ad esempio, essere lasciati indeterminati i modi di acquisizione delle prove, il loro rilievo assiologico, e così via. È la legge a dover regolare il definiti. processo Non preesistente. secondo basta, Serve i principi dunque, una una legge i costituzionali qualsiasi cui legge contenuti siano nel nuovo testo non può rigorosamente coerenti con tali principi. In altri termini, dell’articolo ricondotto 111 ad i principi hanno un affermazioni affermati peso di che massima che essere portino a coonestare forme rudimentali di contraddittorio e di parità delle parti. Tanto più che essi vanno intesi in un contesto ordinamentale in cui il principio del contraddittorio si è affermato anche in materia di attività amministrativa. La giurisprudenza consolidata della Corte di Giustizia delle Comunità europee ha affermato l’obbligo di applicare il principio vengano del assunti contraddittorio in provvedimenti di tutti i casi disfavore a in carico cui di terzi. È stato affermato, ad esempio, che la Corte dei conti delle Comunità europee ha violato tale principio nello svolgimento della sua attività di controllo per non aver sentito gli interessati dopo aver deciso di citare, in una propria Relazione speciale da pubblicare in GUCE, soggetti terzi che a suo giudizio avevano male ottemperato ai propri obblighi contrattuali. La Corte di Giustizia ha parlato di “illiceità commessa” dalla Corte dei conti europea. Infatti, “sebbene l’adozione e la pubblicazione delle relazioni della Corte dei conti non siano decisioni che incidono direttamente sui diritti delle persone in esse menzionate, esse possono avere per queste persone conseguenze tali che gli interessati devono essere messi in condizione di esprimere osservazioni sui punti delle dette nominativamente, adottate. prima Poiché la relazioni che li che siano definitivamente Corte esse dei conti aveva riguardano omesso di invitare la Ismeri ad esprimere il suo punto di vista sui passaggi che la concernevano (…), da ciò consegue che la procedura di adozione di tale relazione è inficiata da una violazione del principio del contraddittorio”. Se, dunque, il principio del contraddittorio si sta affermando in attività che non sono giurisdizionali, ben s’intende come in sede giurisdizionale esso debba essere applicato con rigore. Entrando più nello specifico, è ricorrente in dottrina il rilievo della questione della (in)compatibilità dell’attuale assetto del processo contabile con i principi fissati dall’art. 111 Cost.. Si afferma in via generale: “Certamente appare necessaria la revisione (...)del vigente regolamento di procedura per i giudizi avanti alla Corte dei Conti”. Con alcune indicazioni particolari: – è necessario “l’adattamento del giudizio contabile ai principi di terzietà ed imparzialità del giudice ed al contraddittorio tra le parti in condizioni di parità”; – appare “delicata la questione relativa alla posizione ed ai poteri del giudice contabile e del cosiddetto potere sindacatorio. Con tale formula, cui si è fatto nella giurisprudenza un ricorso frequente, pratica giudiziaria soprattutto poteri di per giustificare iniziativa nella riguardanti la formazione del contraddittorio, l’acquisizione delle prove ed i limiti stessi della pronuncia, si è finito con il riconoscere rimarcarne rispetto al la al giudice contabile, differenziazione giudice civile, di una nel tentativo ruolo e di posizione che di poteri mal si concilia con il carattere di terzietà del giudice; – di qui “l’esistenza di un potere del giudice di estendere la propria cognizione ad ogni possibile profilo della vicenda (...) e di determinare autonomamente sia i soggetti che l’oggetto del giudizio sino a ritenere superabili, addirittura, i vincoli posti dalla iniziale contestazione”; – ancora: “è necessario recuperare una cultura dell’accertamento delle prove, anche fuori del principio dispositivo che sicuramente non si concilia con la natura e la funzione pubblicistica del processo in questione anche in relazione all’esigenza di ancorare ad elementi del tutto certi la valutazione di colpa grave ora richiesta”. La necessità di un adeguamento del processo contabile alle regole del giusto processo diviene sempre più un’evidenza. Ciò vale certamente per quanto riguarda i principi generali fissati nei primi due commi dell’art. 111 Cost. che immediatamente si applica ad ogni tipo di processo. Per quanto garanzie e riguarda di i principi formazione delle specifici prove in introdotti tema di per il giudizio penale dai commi 3 e 4 dello stesso art. 111 Cost., l’applicazione degli stessi anche al processo contabile può non essere un dato pacifico. Ciò soprattutto in considerazione dell’insegnamento derivante dalla Corte costituzionale in virtù del quale il legislatore può regolare in modo non rigorosamente uniforme i modi della tutela giurisdizionale, in quanto non esiste in Costituzione un principio di uniformità di regolamentazione tra diversi tipi di processo (Corte cost. 19 marzo 1996, n. 82). È vero che i principi di cui ai commi 3 e 4 riguardano il processo penale, tuttavia è ragionevole ritenere che quelle disposizioni vanno in qualche modo ad incidere anche su quel tipo di processi, come appunto quello contabile, che replicano vari caratteri da quello penale. Ciò in conformità responsabilità con la contabile, nuova non configurazione qualificabile come della intesa solo al relativo risarcimento ma meglio configurabile con una qualificazione comportamenti di paradisciplinare, amministratori cognitiva pubblici e di di pubblici dipendenti in contrasto con loro doveri d’ufficio allorché in danno di finanza pubblica. Si è giunti anche a definire il processo contabile quale “processo penale che si svolge secondo le forme del processo civile”. E c’è chi, anziché utilizzare paradigmi e formule precostituite, si limita a constatare “la specificità del rito contabile la cui disciplina di diritto singolare segna la propria atipicità dal processo civile e dal processo penale, non solo protetti attraverso corretta gestione per la il peculiarità valore finanziaria, degli unificante ma interessi della soprattutto sana per e la essenzialità e laconicità della disciplina processuale”. Ciò è accaduto senza ridefinire espressamente e compiutamente il sistema processuale. Quest’ultimo è rimasto definito, nelle norme di base, dal Regolamento di procedura del 1933. Sono tre gli articoli del Capo V (Della istruzione) ed è il primo, l’art. 14, che fissa le coordinate: “La Corte può richiedere all’Amministrazione e ordinare alle parti di produrre gli atti e i documenti che crede necessari alla decisione della controversia disporre e può ordinare accertamenti al diretti Procuratore anche in generale di contraddittorio delle parti”. Ruolo dominante della Corte (per quel che si è chiamato il “potere sindacatorio”) e continuum organo giudicante-Procura. Logica che viene confermata nell’art. 15 secondo il quale (comma 1): “La Corte può inoltre disporre l’assunzione di testimoni ed ammettere gli altri mezzi istruttori che crederà del caso, stabilendo i modi con cui debbono seguire ed applicando, per quanto possibile, le leggi di procedura civile”. Per quanti aggiustamenti abbia prodotto la giurisprudenza – d’altra parte, com’è naturale, non sempre omogenea – sono rimasti fermi alcuni punti: per esempio, l’applicazione della procedura civile è limitata dal criterio del “per quanto possibile”, che è un criterio meramente discrezionale. Infatti l’art. 26 RD n. 1038/1933 disciplina il rito contabile attraverso un rinvio “aperto” e “dinamico” al codice di procedura civile. Proprio tale rinvio ha conferito natura “pretoria” al rito contabile, il quale si è venuto caratterizzando dalla sovrapposizione dei due modelli processuali di riferimento, quello civile e quello penale. Il processo contabile non è, dunque, un giusto processo regolato dalla legge, perché quella vigente è del tutto insufficiente e lascia troppo spazio alla discrezionalità del giudice. Discrezionalità che appunto l’art. 111 Cost. vuole evitare. Pertanto, se è vero che la Costituzione, con l’art. 103, comma 2 (“La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge”), ha dato un impulso allo sviluppo del giudizio di responsabilità per danno erariale,proprio in ragione di ciò oggi la giurisdizione della Corte è completamente sottoposta ai principi del giusto processo. La Costituzione non può essere giurisdizione di in contraddizione rilevanza con sé costituzionale stessa: può una soltanto essere una giurisdizione secondo le regole costituzionali del processo. PARAMETRI DI VALUTAZIONE IN MATERIA DI PROVE Il contraddittorio processuale può non significare necessariamente parità formale e sostanziale delle parti nell’esercizio del giurisprudenza della antesignana della diritto Corte riforma di prova, poiché costituzionale dell’art. 111 nella considerata Cost. si conferiscono al “contraddittorio” molteplici significati e intensità. In particolare, si è individuata una concezione “forte” del necessaria contraddittorio, partecipazione che della sta parte a significare all’escussione del mezzo di prova dedotto dalla controparte, in posizione e con regole idonee ad assicurare il controllo sulla veridicità e genuinità della fonte probatoria introdotta nel giudizio. della prova Conseguentemente, – che è ad anteriore una fase di ricerca all’instaurazione del processo – deve seguire una fase di formazione della prova, che si svolge necessariamente alla presenza di entrambe le parti dinanzi ad un giudice preposto preliminarmente al valutare la rilevanza e l’ammissibilità del mezzo di prova dedotto. Alla concezione forte si contrappone, poi, una concezione “debole” del contraddittorio, la quale consente di ridurre ad unità le due fasi: della ricerca e della formazione della prova. La fonte ricercata dalla parte è automaticamente introdotta in giudizio attraverso la mera attività processuale di produzione. Compete alla controparte il diritto di critica di una prova già formata, ed è riservata al giudice la valutazione del significato probatorio con obbligo di motivazione che copre la deduzione e la critica. Si tratta di due concezioni collocate in ordine graduale, delle quali il minimo comune denominatore per la verifica di conformità al giusto processo è che la fonte di prova sia inserita nel circuito del contraddittorio, riconoscendosi anche la sufficienza di forme e tipi di contraddittorio differito. Cerchiamo di applicare questi criteri al processo contabile. Sull’applicazione del principio del contraddittorio I. La fase pre-dibattimentale Ciò posto in termini generali, entriamo nello specifico dei vari istituti. Tra i profili che maggiormente hanno attratto l’attenzione degli studiosi, un ruolo centrale ha assunto il problema dell’applicazione dei principi del giusto processo alla cd. fase pre-dibattimentale. Fase, questa, volta ad accertare la sussistenza dei presupposti per l’esercizio dell’azione di responsabilità, nella quale è possibile riscontrare con ogni evidenza le influenze dell’originaria impostazione inquisitoria del giudizio di conto. È evidente, infatti, la asimmetria che l’instaurazione caratterizza formale del la fase giudizio, che ove è precede assicurata all’attore/procuratore una libertà di azione sproporzionata rispetto alla posizione garantita al futuro convenuto. In contrasto con qualunque attuazione del principio di parità delle parti. Peraltro, tale impostazione della fase preistruttoria comporta delle ripercussioni di rilievo anche sul ruolo assolto dal Collegio nella fase dibattimentale, in quanto l’organo giudicante si limiterebbe a svolgere un ruolo “ausiliario” e secondario rispetto alle iniziative assunte dall’attore. II. Il c.d. potere sindacatorio Non può, in tal senso, non condividersi l’idea di chi afferma che “l’assenza di adeguate garanzie riguardo alla concreta applicazione del principio del contraddittorio nel momento della raccolta del materiale e dei fatti su cui poi verrà a svilupparsi l’oggetto del contendere, anche alla luce delle prosecuzione modalità del che giudizio continuano in sede a regolare la dibattimentale, rappresentano un ostacolo insormontabile verso una piena attuazione conti”. di un giusto Andrebbe processo pertanto avanti quanto alla prima Corte dei ripensata la disciplina positiva della fase pre-dibattimentale, tenuto conto della circostanza che le peculiarità che caratterizzano il processo contabile – sia sotto il profilo della natura sostanziale amministrativa, sia sotto il della profilo responsabilità della particolare evoluzione del processo contabile – non sono di per sé sufficienti a principi giustificare la mancata costituzionalmente attuazione conferiti al dei sistema processuale nazionale. Altro aspetto assai controverso della difficile attuazione del principio del giusto processo al sistema processualecontabile, concerne la compatibilità con l’odierno testo costituzionale della permanenza in capo al giudice della responsabilità amministrativa del cd. potere sindacatorio. Si tratta di un potere che caratterizza fortemente il giudizio di responsabilità e contrasta con il principio dispositivo che connota il rito civile. Esso si esprime nella vasta gamma di poteri istruttori del giudice – poteri ben più ampi di quelli previsti dal codice di procedura civile – nella l’organo prassi giudicante applicativa dovesse che ha esercitare ritenuto una sorta che di controllo sull’operato del pubblico ministero attraverso la ricerca di altri responsabili – realizzata mediante l’uso dell’integrazione del contraddittorio – e nella supplenza nell’attività di ricerca del materiale probatorio. Fino ad arrivare ad affermare che “la Corte non è vincolata dalle domande delle parti, né dai motivi da esse dedotti, avendo un illimitato elementi Tale di giudizio potere attuazione potere può della di indagine prodotti essere vecchia dalle visto e indipendente parti come originaria la dagli interessate”. più concreta impostazione che attribuiva al giudice contabile la funzione di controllare la corretta gestione della spesa pubblica, unitamente all’obiettivo di risarcire l’erario dei danni subiti dai comportamenti illeciti degli agenti pubblici, anche mediante l’irrogazione delle relative sanzioni. Sul punto, la giurisprudenza ha manifestato due orientamenti contrapposti. Una parte della giurisprudenza ha sostenuto la validità e necessità di un potere sindacatorio del giudice contabile, sia pure al fine di dare attuazione a principi del giusto processo. In tale prospettiva, il potere acquisitivo del giudice viene tutelare la visto come posizione lo del strumento convenuto che tra consente gli di elementi introdotti nella controversia del solo PM e l’impossibilità di confutare la fondatezza di un’amministrazione dotata di poteri autoritativi. Su questa linea di pensiero si è giunti di recente ad una ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale volta all’abrogazione per incostituzionalità dell’art. 5, comma 1 della Legge n.19/1994, nel testo sostituito dall’art. 1 del d.l. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito in legge 20 dicembre 1996, n. 639, per contrasto con gli articoli 3, 24 comma 2 e 111, comma 2, della Costituzione (Corte dei conti, Sez. Giur. Abruzzo, ord. n. 56 del 28 giugno 2004). Occorre concordare orientamento può con essere quanti affermano condiviso soltanto che laddove tale il collegio facesse realmente ricorso alla vasta gamma dei mezzi istruttori legislativamente previsti. Il contrario è da dirsi, invece, allorché il giudice contabile interpreta il proprio ruolo in termini riduttivi, limitandosi a verificare sul piano formale la fondatezza delle prove poste a fondamento della citazione: il controllo di natura cartolare che il collegio si limita a svolgere il più delle volte nei confronti del materiale probatorio raccolto dalla procura regionale rappresenta “la minaccia più seria alla concreta applicazione dei principi discendenti dalla nozione del giusto processo”. Non v’è chi non veda come i principi codificati dall’art. 111 Cost. impongono, al contrario, una figura di giudice attiva che possa valutare accertamenti in che chiave una critica delle le parti ha operazioni condotto in e gli totale autonomia e in assenza di contraddittorio. Altra parte della recessività del giurisprudenza potere afferma sindacatorio, la mai progressiva “positivamente prescritto per i giudizi di responsabilità”, “contrastante con i principi contenuti nell’art. 111 Cost., che impongono che il processo si svolga assicurando adeguate forme di contraddittorio avanti ad permesso un di tra le giudice parti in terzo introdurre condizioni ed di imparziale, d’ufficio alle parità, cui parti non è medesime, l’oggetto del contendere, né decidere su questioni che non siano state previamente contraddittorio”. attivato un drasticamente Conseguentemente, procedimento il sottoposte la al giurisprudenza interpretativo potere necessario sindacatorio volto nel a ha ridurre rispetto del canone di terzietà ed imparzialità del giudice e dell’onere della prova. Val la pena citare la sentenza n. 116 del 2003 della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale Lazio, la quale innanzitutto sindacatorio. contabile la riprende Tale la potere possibilità, nozione del “consentirebbe in veste di c.d. al potere giudice inquisitore, di estendere la responsabilità a soggetti diversi rispetto a quelli individuati dal Pubblico ministero, di allargare oggettivamente la controversia al di là ed a volte contro le richieste dell’accusa stessa, nonché di utilizzare, di propria iniziativa, mezzi e strumenti intesi all’acquisizione della prova, il tutto in contrasto con l’uguaglianza tra le parti, con il diritto alla difesa ed, in genere, contro il principio della terzietà del giudice sancito dal novellato articolo 111. (…) osserva il Collegio che indubbiamente la costituzionalizzazione dei principi del giusto processo enfatizza in particolare il principio del giudice terzo e imparziale, che viene considerato valore primario su cui si basa la funzione giurisdizionale e che impone una rilettura della normativa che disciplina il processo contabile; va peraltro rilevato che il “potere sindacatorio” è più che altro una creazione della dottrina e della giurisprudenza che hanno talvolta attribuito al giudice un ruolo attivo nell’individuazione nella delle ricerca della responsabilità verità tale e da compromettere, almeno in via teorica, il connotato della terzietà”. La sentenza richiama alcune antecedenti pronunce che qui si riportano: “Qualora a seguito del corretto instaurarsi di un giudizio di responsabilità il giudice valuti sussistere la responsabilità dei convenuti per ragioni diverse da quelle esposte in citazione, non può che procedere all’assoluzione dei convenuti, non potendo sostituirsi al PM e riformulare la domanda risarcitoria, a ciò ostando il chiaro disposto dell’art. 111 della Costituzione” (Sez. Giur. Basilicata 4 Aprile 2002, n. 112); “Il Potere sindacatorio del giudice contabile, non previsto da alcuna disposizione di legge, deve oggi ritenersi non più esercitabile in ossequio all’art. 111 della Costituzione, sicché il giudice non può mai d’ufficio, sostituendosi alle parti, determinare l’oggetto del contendere su questioni che non siano state preventivamente sottoposte al necessario contraddittorio” (Sez. Giur. d’App. Sicilia 9 Maggio 2002 n. 75/A); ancora, “Il giudice contabile, a maggior ragione dopo la previsione della garanzia costituzionale del giusto processo ai sensi dell’art. 111 Cost., non dispone del potere di ordinare la chiamata in causa di soggetti che il Procuratore Regionale non abbia, motivando al riguardo, convenuto nell’atto introduttivo del giudizio”. (Sez. III Centrale 30 settembre 2002 n. 300/A). Analoghi criteri emergono in ordine al potere istruttorio esercitato d’ufficio: “I principi del giusto processo attribuito al limitano giudice il c.d. contabile, potere essendo sindacatorio egli tenuto a pronunciarsi nei limiti della domanda con esclusione di qualsivoglia intervento integratore finalizzato alla ricerca della prova, il cui onere non può non gravare su chi propone la domanda” (Sez. Giur. d’Appello Sicilia 17 luglio 2001 n.148/A); “Il potere sindacatorio del giudice contabile si mantiene nei limiti dei principi di terzietà e di imparzialità art.111 Cost. recentemente soltanto se riaffermati esercitato dal in novellato riferimento ai fatti allegati dalle parti in adempimento dei rispettivi oneri processuali (…).” (Sez. III Centrale 17 aprile 2002 n.125/A). Il giudice della richiamata sentenza n. 116/2003, infine, sottolinea travaglio come ermeneutico ci in si trovi atto che davanti cerca ad il “un giusto equilibrio tra la terzietà del giudice, l’indisponibilità e l’esclusività dell’azione contabile, nonché la tutela della parte più debole (…) e che può trovare il suo punto d’arrivo in figure disciplinate dal codice di procedura civile (v. artt. 102, 107 e 421)”. Ci si è orientati, quindi, nel senso di “non escludere completamente l’iniziativa del giudice, ma di limitarla a valorizzare ed a sollecitare lo sviluppo nell’ambito del processo di elementi probatori incompleti, introdotti nel giudizio prova), ma non ancora evitando quindi un’attività intesa definiti di alla (cd. affidare ricerca di principio della giudice stesso al nuove prove, ma consentendogli di esercitare una funzione, per così dire maieutica, ritenuta rientrante nei poteri di direzione generalmente riconosciuti”. Nonostante sindacatorio, consistenza. tale ridimensionamento esso Con ha i comunque suoi del cd. conservato conseguenti potere la problemi sua di compatibilità con i principi del giusto processo. Basti pensare, a titolo esemplificativo, alla disapplicazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e quindi della non assoluzione vincolatività eventualmente della richiesta richiesta dal di PM nel dibattimento. È evidente in tale aspetto “la mancanza di solidità nella giurisprudenza contabile del principio della terzietà del giudice intesa nel senso più forte dell’essere questo investito del solo potere di comporre la lite e non anche di quello di svolgere una funzione autonoma, come tale svincolata dalle posizioni e dalle richieste delle parti, in ordine alle vicende sottoposte al suo giudizio”. Sulla stessa linea si pone il problema della compatibilità con il principio di terzietà del giudice del potere di chiamata in giudizio di soggetti diversi da quelli citati dal Procuratore. Si pensi che “da parte dell’organo pubblico d’azione, la citazione in giudizio dei soggetti di cui era stata disposta la chiamata, è stata spesso intesa come mero adempimento di un obbligo imposto dal giudice con la paradossale conseguenza di citazioni prive di alcuna richiesta di condanna”. A questo punto, una domanda è ineludibile: al fine di uscire dallo stato di incertezza e contraddittorietà che caratterizza il processo contabile, basta il “travaglio ermeneutico” della stessa giurisprudenza contabile quando questa può, in concreto, prendere strade spesso così divaricate? In realtà occorre porre rimedio alla mancanza, nel processo contabile, “giusto del parametro processo”: la costituzionale puntuale fondamentale definizione delle del norme processuali che assicuri la piena parità delle parti. Il giudice non può continuare ad autoregolamentare il processo al di fuori del rispetto di tali principi, secondo una normativa di base non solo insufficiente, perché assai lontana nel superati. tempo, ma rispondente a criteri ampiamente Per completezza va detto che della questione si è recentemente interessata la Corte Costituzionale la quale, chiamata a decidere proprio della compatibilità del “potere sindacatorio” con i principi del giusto processo, ha eluso la problematica con una decisione in rito (Corte Costituzionale, ord. N.68 del 9.3.2007). La Corte, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’art.14 del regolamento a seguito di una questione sollevata dalla III Sezione Centrale d’appello con ordinanza del 4.2.2005, ha risolto la questione nel senso della inammissibilità poiché il giudice a quo costituzionalità, interpretazione, non avrebbe bensì così da una posto un dubbio questione utilizzare di di mera impropriamente il giudizio di legittimità costituzionalità, che non è volto a fornire avalli alle interpretazioni dei giudici comuni, ai quali spetta invece scegliere, tra le più interpretazioni possibili, quella conforme a Costituzione. Allo stato, dunque, alla luce del recente arresto della Corte, la norma è salva ed anche il potere sindacatorio del giudice contabile è salvo, anche se è innegabile che i dubbi sulla loro compatibilità con la Costituzione restano. Va detto che se la Corte ha eluso il problema sicuramente esso non potrà essere eluso dal legislatore allorché, come è auspicabile, il parlamento metterà mano ad un nuovo Codice di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei Conti, la cui indifferibile. approvazione Risulta appare infatti sempre presentato il di disegno più di legge delega sul nuovo Codice di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei Conti principi della delega, (atto senato n.702). Fra i occorre ricordare, vi è proprio quello della “partecipazione al giudizio delle parti, su basi di effettiva parità in ogni stato e grado del processo, anche in attuazione del principio costituzionale del giusto processo” (art.1, Delega ato Senato n.702). comma 2, lett.c), del DDL Il problema, quindi, è solo rinviato. L’estensione della giurisdizione contabile. I principi dell’art. 111 Cost. hanno bisogno di inverarsi in un adeguato sistema di norme anche per poter far fronte alle questioni che sorgeranno nel giudicare responsabilità che non sorgano nell’ambito tradizionale della pubblica amministrazione. Al riguardo e soltanto a titolo d’esempio, si considerino i problemi che potranno sorgere dall’applicazione alle società pubbliche e miste del nuovo diritto societario. A differenza di quel che è avvenuto nella legislazione in materia di giustizia amministrativa, dove il recente riordinamento attuato dalla legge n. 205/2000 ha visto un sostanziale equilibrio processuali, non tra così è norme sostantive avvenuto nel e norme campo della giurisdizione contabile. Il riordinamento, insomma, è rimasto monco. Ulteriore problema è dell’attuale sistema allargamento dell’area collegata con una quello della processuale della nozione con compatibilità il progressivo giurisdizione di responsabilità contabile, erariale connotata da sempre maggiore latitudine. Tale nozione soprattutto di responsabilità grazie giurisprudenza delle si è venuta affermando all’attività interpretativa Sezioni della unite della Cassazione. In particolare, con due importanti decisioni intervenute negli ultimi anni, Cassazione – le Sezioni prima con unite della ordinanza 22 Suprema Corte di dicembre 2003, n. 19667, e poi con la sentenza 26 febbraio 2004, n. 3899 – hanno affermato la giurisdizione della Corte dei conti, rispettivamente: per le ipotesi di responsabilità amministrativa degli amministratori e dei dipendenti degli enti pubblici economici, per i danni patrimoniali arrecati al patrimonio dell’ente, e per le ipotesi di responsabilità amministrativa delle s.p.a. partecipate dagli enti pubblici per i danni erariali arrecati al patrimonio dell’ente. Tale orientamento ha il merito di aver individuato, nella natura pubblica delle risorse finanziarie in relazione alle quali si configura il danno di cui alla pretesa risarcitoria, il presupposto per giurisdizione. responsabilità l’incardinazione Operando così amministrativa un dei soli della stessa passaggio dalla amministratori e dipendenti pubblici alla responsabilità finanziaria intesa come una generale forma di responsabilità patrimoniale per danno alle pubbliche finanze in cui possono incorrere tutti i soggetti che abbiano maneggio o che utilizzino pubbliche risorse. Tale responsabilità si configura, in via generale, in relazione alla violazione degli obblighi nascenti in capo al soggetto stesso dalla finalizzazione delle risorse pubbliche; così si legge in C.conti, sez. giur. Lombardia, 22 febbraio 2006, n. 114, con la quale si è affermata la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti nelle controversie posti in volte essere all’accertamento da dipendenti di di illeciti società per erariali azioni partecipate da enti pubblici – ENEL – ovvero di società controllate dalle medesime – ENEL POWER e ENEL PRODUZIONE. Tale orientamento è stato seguito per gli enti pubblici economici. Più di recente, la sentenza delle Sezioni unite del 1° marzo 2006, n. 4511, ha affermato la giurisdizione della Corte dei utilizzi conti o affermando, anche che in nei comunque confronti impieghi particolare, che del privato risorse “il che pubbliche, baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è spostata dalla qualità del soggetto (che può ben essere un privato o un ente pubblico non economico) alla natura del danno e degli scopi perseguiti, cosicché sussiste la giurisdizione della Corte dei conti nei confronti di società privata che abbia beneficiato di fonti pubblici nazionali e comunitari nell’ambito di un programma operativo multiregionale diretto alla promozione dello sviluppo imprenditoriale e abbia realizzato uno sviamento dalle finalità perseguite dalla pubblica amministrazione così determinando un danno erariale”. Tali interventi, innovato come profondamente più volte l’oggetto sottolineato, del giudizio hanno contabile, senza tuttavia affrontare i numerosi problemi pratici che essi portano con sé. Primo fra tutti il problema della possibile interferenza amministrativa dell’azione esercitata dalla di responsabilità procura della Corte dei conti rispetto all’azione di responsabilità sociale che i soci possono intraprendere nei confronti degli amministratori o dei dipendenti delle società partecipate dai soggetti pubblici. La giurisprudenza, infatti, sta discutendo se l’accertamento di responsabilità di questi soggetti ricada esclusivamente sotto la giurisdizione della Corte dei conti, o se invece spetti anche (o solo) alla giurisdizione ordinaria intervenire. implicazioni, (quella perché accertata dal La la scelta ha responsabilità giudice della importanti amministrativa Corte dei conti) risulta significativamente meno gravosa di quella derivante dal diritto privato e societario. A ciò si aggiunga che le regole che guidano il processo contabile spesso – come si è visto nelle pagine che precedono – sono in contrasto con i principi propri del sistema civilistico e con le garanzie assicurate alle parti. Servirà probabilmente un intervento dirimere la controversia interpretativa. Sviluppi giurisprudenziali legislativo per Abuso del diritto e frazionamento della domanda. I principi del giusto processo hanno trovato massima valorizzazione attraverso l’opera della giurisprudenza che, anche ai più alti livelli, ispira ad essi costantemente la sua opera. Va segnalata, per l’attualità e l’importanza dei principi espressi, con cui la recentissima la Suprema Cass.UU. Corte, n.15.11.2007 ripensando n.23726, un proprio orientamento neanche tanto risalente, ha stabilito che è contraria alla regola generale di correttezza e buona fede, in relazione al dovere inderogabile di solidarietà di cui all’art.2 della costituzione, e si risolve in abuso del processo (ostativo all’esame della domanda), il frazionamento giudiziale (contestuale o sequenziale) di un credito unitario. A tale decisione la Suprema Corte è pervenuta valorizzando, tra gli altri, proprio il canone costituzionale del giusto processo ex art.111 Cost. Esaminiamo nello specifico la questione, interessante per la pregnanza delle soluzioni offerte nonché per gli sviluppi ipotizzabili. Con la sentenza n. 108 del 2000, in sede di composizione di precedente contrasto, pronunziate, in frazionalità della Ritenendo, in le senso quella Sezioni unite affermativo, tutela si sul giudiziaria occasione, erano tema del "ammissibile già della credito. la domanda giudiziale con la quale il creditore di una determinata somma, derivante dall'inadempimento di un unico rapporto, chieda un adempimento, parziale, con riserva di azione per il residuo, trattandosi dall'ordinamento e di rispondente un potere ad un non negato interesse del creditore, meritevole di tutela, e che non sacrifica, in alcun modo, il proprie ragioni". diritto del debitore alla difesa delle Nel rimeditare questa soluzione - come sollecitato con l’ordinanza di rimessione – “il Collegio ritiene ora però di non poterla mantenere ferma, in un quadro normativo nel frattempo evolutosi nella duplice direzione, sia di una sempre più accentuata e pervasiva valorizzazione della regola di correttezza e buona fede - siccome specificativa (nel contesto del rapporto obbligatorio) degli "inderogabili doveri di solidarietà", il cui adempimento è richiesto dall'art. 2 della Costituzione - sia in relazione al canone del "giusto processo", di cui al novellato art. 111 della Costituzione. In relazione al quale si impone una lettura "adeguata" della normativa di riferimento (in particolare dell'art. 88 c.p.c.), nel obiettivo senso della procedimento e del suo allineamento "ragionevolezza della "giustezza" della del al duplice durata" "processo", del inteso come risultato finale (della risposta cioè alla domanda della parte), che "giusto" non potrebbe essere ove frutto di abuso, appunto, del processo, per esercizio dell'azione in forme eccedenti, o devianti, rispetto alla tutela dell'interesse sostanziale, che segna il limite, oltreché la ragione dell'attribuzione, al suo titolare, della potestas agendi. Per il primo profilo, viene in rilievo l'ormai acquisita consapevolezza della intervenuta costituzionalizzazione del canone generale di buona fede oggettiva e correttezza, in ragione del inderogabile suo di porsi in solidarietà sinergia di cui con il all'art. dovere 2 della Costituzione, che a quella clausola generale attribuisce all'un tempo forza normativa e ricchezza di contenuti, inglobanti anche obblighi di protezione della persona e delle cose della controparte, funzionalizzando così il rapporto obbligatorio alla tutela anche dell'interesse del partner negoziale (cfr., sull'emersione di questa linea di indirizzo, Cass. sez. I n. 3775/94; Id. n. 10511/99; Sez. un. 18128/2005). Se, infatti, affermare si che è il pervenuti, criterio in questa della buona prospettiva, fede ad costituisce strumento, per il giudice, atto a controllare, anche in senso modificativo o integrativo, lo statuto negoziale, in funzione di garanzia del giusto equilibrio degli opposti interessi (cfr., in particolare, nn. 3775/94 e 10511/99 citt.), a maggior ragione deve ora riconoscersi che un siffatto originario equilibrio del rapporto obbligatorio, in coerenza a quel principio, debba essere mantenuto fermo in ogni successiva fase, anche giudiziale, dello stesso (cfr. Sez. alterato, III ad n. 13345/06) iniziativa e del non possa creditore, quindi in essere danno del debitore. Il che, però, è quanto, appunto, accadrebbe in caso di consentita parcellizzazione giudiziale dell'adempimento del credito. Della quale non può escludersi la incidenza, in senso pregiudizievole, posizione del prolungamento sottostare per o debitore: del vincolo liberarsi comunque sia peggiorativo, per coattivo della il cui sulla profilo egli obbligazione del dovrebbe nella sua interezza, ove il credito sia nei suoi confronti azionato inizialmente solo pro quota con riserva di azione per il residuo [come propriamente nel caso esaminato dalla citata Sez. un. n. 108/00 cit., in cui la richiesta di pagamento per frazione era finalizzata ad adire un giudice inferiore rispetto a quello che sarebbe stato competente a conoscere dell'intero credito], sia per il profilo dell'aggravio di spese e dell’onere di molteplici opposizioni (per evitare la formazione debitore di un dovrebbe moltiplicazione di giudicato pregiudizievole) sottostare, (contestuali) a fronte iniziative come nel caso dei processi a quibus. cui il della giudiziarie, Non rilevando in contrario che il frazionamento del credito, come in precedenza affermato, possa rispondere ad un interesse non necessariamente emulativo del creditore (come quello appunto di adire un giudice inferiore, più celere nella soluzione nell'adempimento delle spontaneo controversie, da parte del confidando debitore del residuo debito), poiché - a parte la pertinenza di tale considerazione alla sola ipotesi (di cui alla sentenza 108/00) del frazionamento non contestuale - è decisivo il rilievo che resterebbe comunque lesiva del principio di buona fede, nel senso sopra precisato, la scissione del contenuto della obbligazione esclusiva propria utilità operata con dal creditore, unilaterale per modificazione aggravativa della posizione del suo debitore. Ad evitare la considerazione quale che neppure "il è debitore persuasiva, potrebbe infine, ricorrere la alla messa in mora del creditore, offrendo l’intera somma", non essendo tale soluzione praticabile ove, come possibile, il debitore non ritenga di essere tale. Oltre a violare, per quanto sin qui detto, il generale dovere di correttezza e buona fede, la disarticolazione, da parte del creditore, dell'unità sostanziale del rapporto (sia pur nella fase patologica della coazione all'adempimento), in quanto attuata nel processo e tramite il processo, si risolve automaticamente anche in abuso dello stesso. Risultando già per ciò solo la parcellizzazione giudiziale del credito non in linea con il precetto inderogabile (cui l’interpretazione della normativa processuale deve viceversa uniformarsi) del processo giusto. Ulteriore vulnus al quale deriverebbe, all'evidenza, dalla formazione di giudicati (praticamente) contraddittori cui potrebbe dar luogo la pluralità di iniziative giudiziarie collegate allo stesso rapporto. Mentre l'effetto inflattivo riconducibile ad una siffatta (ove consentita) moltiplicazione di giudizi ne evoca ancora altro aspetto di non adeguatezza rispetto all'obiettivo, costituzionalizzato nello stesso art. 111, della "ragionevole durata del processo", per l'evidente antinomia che esiste tra la moltiplicazione dei processi e la possibilità di contenimento della correlativa durata. L'esaminato primo motivo del ricorso va quindi respinto, enunciandosi, in ordine alla questione di massima ad esso sotteso, il principio (con il quale risulta in linea la sentenza impugnata) generale di dovere per correttezza inderogabile di cui e è contraria buona fede, solidarietà in di alla regola relazione cui all'art. al 2 Costituzione, e si risolve in abuso del processo (ostativo all'esame della (contestuale o domanda), sequenziale) il frazionamento di un giudiziale credito unitario” (Cassazione – Sezioni unite civili – sentenza 23 ottobre – 15 novembre 2007, n. 23726, Presidente Carbone – Relatore Morelli, sottolineature aggiunte). Tale dei decisione principi dimostra l’incredibile costituzionali in tema capacità di giusto espansiva processo nella nuova formulazione contenuta nel novellato art.111 della Costituzione.