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l`uomo giusto

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l`uomo giusto
Platone e “il giusto”
Se un giusto, un uomo veramente, assolutamente giusto, venisse al mondo, cosa gli succederebbe?
Nel libro II della Repubblica (361e-362c) si tratta della sorte del giusto.
Prima si affronta l’espediente dell’anello invisibile (se tu fossi sicuro di non essere scoperto, ti
comporteresti sempre in modo onesto come quando sei sotto il controllo degli altri?). “Quindi
nessuno è giusto di proposito, ma solo in quanto costretto” … “Ogni uomo considera in privato
molto più vantaggiosa l’ingiustizia che la giustizia”. Uno che potendo non ne approfitta passerebbe
per sciocco anche se otterrebbe parole di lode. (359e- 360d).
Vengono poi esaminati i due idealtipi, quello dell’assolutamente giusto e dell’assolutamente
ingiusto. “il colmo dell’ingiustizia consiste nel dare l’impressione di essere giusto senza però
esserlo” (361b). Il giusto invece non deve sembrare, ma essere veramente quello che appare. Sarà
povero e accetterà il suo destino senza deragliare anche nella cattiva sorte fino alla morte e alla
cattiva fama (verrà accusato di essere ingiusto).
Presi in esame questi due idealtipi, quale sarà la loro sorte? Non è difficile indovinarlo.
1) La sorte del giusto: “il giusto verrà flagellato, torturato, gettato in ceppi, avrà bruciati gli
occhi e infine, dopo avere sofferto ogni sorta di mali, verrà impalato (crocifisso).
Riconoscerà così che si deve volere non essere giusti, ma soltanto sembrarlo”. (362a)
2) La sorte dell’ingiusto. Egli vuole “anzitutto dominare lo Stato per la sua fama di giustizia,
poi prendere la moglie che desidera, dare in spose le figlie a chi vuole, contrarre relazioni e
società con chi vuole e inoltre ricavare utile e guadagno dalla mancanza di scrupoli a
commettere ingiustizia. Se poi scende in lizza in questioni private e pubbliche, prevale e
soverchia i nemici, e soverchiandoli li danneggia mentre s’arricchisce e benefica gli amici.
Fa sacrifici e dedica doni votivi agli Dei in grande copia e con sfarzo e assai più del giusto
se ne cattiva il favore, come quello degli uomini che desidera; sicché con ogni
verosimiglianza a lui più che al giusto spetta di essere caro agli Dei. E così possono dire, o
Socrate, che Dei e uomini hanno riservato all’ingiusto vita migliore che al giusto. (362b-c).
3)
Platone. Il mito della caverna
E se dovesse discernere nuovamente quelle ombre e contendere con coloro che sono rimasti
sempre prigionieri, nel periodo in cui ha la vista offuscata, prima [517 a] che gli occhi tornino
allo stato normale? e se questo periodo in cui rifà l’abitudine fosse piuttosto lungo? Non sarebbe
egli allora oggetto di riso? e non si direbbe di lui che dalla sua ascesa torna con gli occhi
rovinati e che non vale neppure la pena di tentare di andar su? E chi prendesse a sciogliere e a
condurre su quei prigionieri, forse che non l’ucciderebbero, se potessero averlo tra le mani e
ammazzarlo? – Certamente, rispose. [...]
(Platone, Opere, vol. II, Laterza, Bari, 1967, pagg. 339-342). Antologia filosofica - Volume I - I
filosofi della «grande generazione» - Platone - La dottrina dell'anima e la teoria della
conoscenza.
Pavel Florenskij, Lettere dalla prigionia e dal lager, in L’altra Europa, 4, 1989, pagg. 45-56.
“Il destino della grandezza è la sofferenza interiore. Così è stato, così è e così sarà. .. È chiaro che il
mondo è fatto in modo tale che ad esso non si possa donare nulla se non pagandolo con sofferenze e
persecuzione. E tanto più è disinteressato il dono, tanto più crudeli saranno le persecuzioni e atroci
le sofferenze. Tale è la legge della vita, il suo assioma fondamentale”.
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