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COMPONENTI PRINCIPALI

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COMPONENTI PRINCIPALI
COMPONENTI PRINCIPALI
Mario Romanazzi
1
Introduzione
Le componenti principali sono combinazioni lineari delle variabili osservate, ordinate in base ad un criterio di rilevanza informativa. La prima componente principale estrae dai dati la massima quantità
d’informazione; le componenti successive (seconda, terza, ecc.) ottimizzano l’informazione residua sotto
il vincolo d’incorrelazione con le altre componenti. In generale, avendo osservato p > 1 variabili X 1 , ..., Xp
si possono determinare altrettante componenti principali Z1 , ..., Zp , a due a due linearmente indipendenti, tali che le prime 1 ≤ q < p componenti Z1 , ..., Zq spiegano una parte significativa dell’informazione
contenuta in X1 , ..., Xp . L’applicazione più importante è la riduzione di dimensionalità dei dati osservati.
Infatti la loro proiezione nello spazio delle prime q componenti consente di studiare le proprietà statistiche della distribuzione in uno spazio di dimensione ridotta con una perdita (sperabilmente) limitata
d’informazione. Un’altra applicazione è nei modelli di regressione con variabili esplicative fortemente correlate (o addirittura collineari). In tal caso le stime dei parametri prodotte dai metodi standard (minimi
quadrati, massima verosimiglianza sotto l’ipotesi di normalità) sono instabili o addirittura non esistono.
Un possibile rimedio è la sostituzione delle variabili esplicative X1 , ..., Xp del modello di regressione con
le corrispondenti componenti principali Z1 , ..., Zp (o un loro sottoinsieme).
Il metodo delle componenti principali è illustrato in tutti i libri di analisi multivariata. Un riferimento
autorevole è Mardia et al (1979), Cap. 8. L’argomento presuppone la conoscenza delle nozioni base
di algebra delle matrici di cui forniamo un veloce riepilogo nell’Appendice A. L’Appendice B espone la
definizione e le principali proprietà di autovalori e autovettori. Per ulteriori approfondimenti il lettore può
consultare l’Appendice A del già citato Mardia et al (1979). Una più ampia esposizione particolarmente
mirata alle applicazioni di Statistica ed Econometria è Magnus and Neudecker (2001). Alcuni esempi
numerici sono sviluppati col programma R (R Development Core Team, 2006).
2
Notazione e risultati preliminari
Supponiamo di aver rilevato p variabili numeriche X1 , ..., Xp su un campione di n unità. I dati sono
ordinati nella matrice nxp X = (xij ); xij rappresenta il dato della i-esima unità sulla j-esima variabile.
Elenchiamo di seguito le statistiche di sintesi più comuni.
Pn
Il vettore delle medie (centroide della distribuzione) x̄ = (x̄1 , ..., x̄j , ..., xp )T , con x̄j = n−1 i=1 xij .
Un’espressione matriciale di x̄ è
x̄ = n−1 X T 1n ,
in cui 1n è il vettore nx1 con tutte le componenti uguali a 1. Il centroide descrive la posizione del
campione nello spazio p-dimensionale.
La matrice di varianze
e covarianze SX = (shk ), quadrata d’ordine p, in cui i termini diagonali
Pn
shh P
= n−1 i=1 (xih − x̄h )2 = var(Xh ) sono le varianze mentre i termini non diagonali shk =
n
n−1 i=1 (xih − x̄h )(xik − x̄k ) = cov(Xh , Xk ) sono le covarianze della distribuzione. Ogni matrice
di covarianza è simmetrica e semi-definita positiva. Essa descrive la dispersione del campione nello
spazio p-dimensionale; più precisamente, le deviazioni standard (radici quadrate delle varianze)
1
2
2 NOTAZIONE E RISULTATI PRELIMINARI
misurano la dispersione delle variabili attorno alle rispettive medie mentre le covarianze misurano
l’interdipendenza lineare delle variabili. Un’espressione matriciale di SX è
SX = n−1
n
X
(xi − x̄)(xi − x̄)T = n−1 XCT XC ,
i=1
(C)
in cui xi indica l’i-esima riga di X (scritta come vettore colonna px1) e XC = X − 1n x̄T = (xij )
(C)
indica la matrice dei dati centrati rispetto alle rispettive medie, xij = xij − x̄j .
La matrice di correlazione RX = (rhk ), quadrata d’ordine p, in cui i termini diagonali sono identicamente uguali a 1 mentre i termini non diagonali rhk = shk /(shh skk )1/2 sono i coefficienti di
correlazione lineare tra le variabili. Un’importante proprietà è −1 ≤ r hk ≤ 1; rhk = 0 nel caso di
indipendenza lineare, rhk = ±1 nel caso di massima dipendenza lineare; il segno positivo o negativo
di rhk descrive il verso della relazione lineare (concorde o discorde). La matrice di correlazione è la
(ST )
matrice di covarianza dei dati standardizzati xij = (xij − x̄j )/(sjj )1/2 ed è pertanto simmetrica
e semi-definita positiva. Un’espressione matriciale di RX è
T
RX = n−1 XST
XST ,
in cui XST = XC (diag SX )−1/2 = (xST
ij ) è la matrice dei dati standardizzati; diag SX indica la
matrice i cui elementi diagonali sono quelli di SX e quelli non diagonali sono identicamente nulli.
Esempio 1 (Indicatori delle economie dell’Unione Europea) Dall’edizione 2009 di Italia in cifre
(ISTAT) abbiamo ripreso i seguenti indicatori delle economie dei 27 Paesi dell’Unione Europea: PIL
pro-capite a parità di potere d’acquisto (UE27 = 100), deficit pubblico (% sul PIL), debito pubblico (%
sul PIL), tasso d’inflazione, tasso d’occupazione. I dati sono riferiti al 2007. Riportiamo di seguito la
matrice dati.
Paese
PIL Deficit Debito Inflazione Occupazione
1
AUSTRIA 123.8
-0.4
59.5
2.2
71.4
2
BELGIO 118.1
-0.3
83.9
1.8
62.0
3
CIPRO 90.6
3.5
59.5
2.2
71.0
4
FINLANDIA 115.8
5.3
35.1
1.6
70.3
5
FRANCIA 109.1
-2.7
63.9
1.6
70.3
6
GERMANIA 114.7
-0.2
65.1
2.3
69.4
7
GRECIA 94.8
-3.5
94.8
3.0
61.4
8
IRLANDA 150.2
0.2
24.8
2.9
69.1
9
ITALIA 101.4
-1.5 103.5
2.0
58.7
10 LUSSEMBURGO 266.2
3.2
7.0
2.7
64.2
11
MALTA 77.7
-1.8
62.2
0.7
54.6
12 PAESI_BASSI 130.9
0.3
45.7
1.6
76.0
13 PORTOGALLO 76.1
-2.6
63.6
2.4
67.8
14 SLOVACCHIA 67.0
-1.9
29.4
1.9
60.7
15
SLOVENIA 89.2
0.5
23.4
3.8
67.8
16
SPAGNA 105.4
2.2
36.2
2.8
65.6
17
BULGARIA 37.3
0.1
18.2
7.6
61.7
18
DANIMARCA 120.0
4.9
26.2
1.7
77.1
19
ESTONIA 67.9
2.7
3.5
6.7
69.4
20
LETTONIA 57.9
0.1
9.5
10.1
68.3
21
LITUANIA 59.5
-1.2
17.0
5.8
64.9
22
POLONIA 53.3
-2.0
44.9
2.6
57.0
3
3 COMBINAZIONI LINEARI
23 REGNO_UNITO 119.1
24
REP_CECA 80.2
25
ROMANIA 42.1
26
SVEZIA 122.2
27
UNGHERIA 62.6
-2.8
-1.0
-2.6
3.6
-5.0
44.2
28.9
12.9
40.4
65.8
2.3
3.0
4.9
1.7
7.9
71.5
66.1
58.8
74.2
57.3
Otteniamo il vettore delle medie, la matrice di varianze e covarianze e la matrice di correlazione con
le funzioni R mean, cov e cor.
> mean(eu[, 4:8])
PIL
Deficit
Debito
98.2629630 -0.1074074 43.3000000
Inflazione Occupazione
3.3259259 66.1703704
> round(cov(eu[, 4:8]), 2)
PIL Deficit Debito Inflazione Occupazione
PIL
1993.66
48.80
3.21
-47.41
95.99
Deficit
48.80
6.98 -28.53
-1.03
9.13
Debito
3.21 -28.53 710.81
-27.39
-35.64
Inflazione
-47.41
-1.03 -27.39
5.37
-2.65
Occupazione
95.99
9.13 -35.64
-2.65
35.99
> round(cor(eu[, 4:8]), 2)
PIL
Deficit
Debito
Inflazione
Occupazione
3
PIL Deficit Debito Inflazione Occupazione
1.00
0.41
0.00
-0.46
0.36
0.41
1.00 -0.41
-0.17
0.58
0.00
-0.41
1.00
-0.44
-0.22
-0.46
-0.17 -0.44
1.00
-0.19
0.36
0.58 -0.22
-0.19
1.00
Combinazioni lineari
Una combinazione lineare generalizza il familiare concetto di media aritmetica ponderata. Essa trasforma
il vettore delle determinazioni x1 , ..., xj , ..., xp di p variabili numeriche in un valore numerico unico, indicato con z, pari alla somma delle determinazioni numeriche x1 , ..., xj , ..., xp moltiplicate per i coefficienti
a1 , ..., aj , ..., ap
z = a1 x1 + ... + ap xp .
I coefficienti possono assumere valori numerici arbitrari (non tutti nulli). In termini matematici,
una
Pp
combinazione lineare è una funzione t : Rp → R tale che, per ogni vettore x di Rp , t(x) = j=1 aj xj =
aT x.
La famiglia delle combinazioni lineari è molto ampia e comprende trasformazioni largamente usate
nell’analisi dei dati.
Somma. La combinazione lineare più comune è la somma, corrispondente ad a = 1p , il vettore con p
componenti identicamente uguali a 1. Supponiamo di aver rilevato su un campione di n famiglie
le spese mensili divise per capitolo di spesa: abbigliamento, alimentazione, casa, istruzione e cultura, trasporti, tempo libero. La
P6spesa totale, pari alla somma delle voci di ogni capitolo, è la
combinazione lineare z = 1T6 x = j=1 xj .
4
3 COMBINAZIONI LINEARI
Differenza. Il risultato di bilancio di un’impresa, differenza fra il totale delle entrate ed il totale delle
uscite, è una combinazione lineare con vettore a = (1, −1)T .
Media. Un altro familiare esempio è la media, corrispondente ad a = 1p /p. Quando gli studenti calcolano
il voto medio negli esami applicano esattamente questa trasformazione.
Esempio 2 (Voto medio degli esami) In un campione di 16 laureati in Economia abbiamo rilevato i
voti nelle seguenti discipline: Matematica, Statistica, Economia Politica I e II, Economia Aziendale I e
II, Diritto I e II. La tabella sottostante riporta i voti nelle singole discipline insieme col corrispondente
voto medio.
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
stu mat stat eco1 eco2 eca1 eca2 dir1 dir2 media
S1 24
26
30
30
28
27
25
30 27.500
S2 18
21
26
28
30
24
25
19 23.875
S3 26
22
30
28
27
25
22
21 25.125
S4 20
20
21
26
26
23
23
27 23.250
S5 22
23
25
27
30
28
25
28 26.000
S6 21
18
20
19
23
26
21
22 21.250
S7 22
23
28
26
24
28
25
23 24.875
S8 26
24
22
18
24
20
21
20 21.875
S9 18
19
23
25
22
19
20
24 21.250
S10 23
21
24
24
28
23
30
28 25.125
S11 26
25
28
27
29
30
25
28 27.250
S12 24
27
25
23
29
25
25
27 25.625
S13 18
18
21
25
22
19
20
24 20.875
S14 20
20
24
23
26
22
27
23 23.125
S15 26
21
24
21
22
18
19
23 21.750
S16 26
24
22
25
24
23
18
22 23.000
Vale la pena sottolineare la differenza tra la combinazione lineare ”voto medio”, che definisce un’ulteriore variabile (funzione di quelle osservate), e la media campionaria dei voti nelle singole discipline. È
ovviamente possibile calcolare la media campionaria anche del ”voto medio”, insieme con le altre usuali
statistiche riassuntive. Le medie e le deviazioni standard sono riportate di seguito.
[1] Medie
mat stat eco1 eco2 eca1 eca2 dir1 dir2 media
22.50 22.00 24.56 24.69 25.88 23.75 23.19 24.31 23.86
[1] Deviazioni Standard
mat
3.08
stat
2.73
eco1
3.14
eco2
3.28
eca1
2.92
eca2
3.57
dir1
3.23
dir2 media
3.28 2.15
La distribuzione di una combinazione lineare dipende dalla distribuzione congiunta delle variabili
osservate. Ad esempio, se questa è normale, allora ogni combinazione lineare ha una distribuzione normale
con media e deviazione standard dipendenti dal vettore delle medie e dalla matrice di varianze e covarianze
di partenza. Nel caso campionario, la media e la deviazione standard di ogni combinazione lineare sono
semplici funzioni matriciali di x̄ e SX .
5
4 COMPONENTI PRINCIPALI
Teorema 3 (Media e varianza delle combinazioni lineari) Per ogni combinazione lineare z = a T x,
z̄ = aT x̄, s2Z = aT SX a.
Dimostrazione. Sia X la matrice nxp dei dati campionari e sia a il vettore px1 dei coefficienti della
combinazione lineare. Il vettore z nx1 dei valori campionari della combinazione lineare è il prodotto
(righe per colonne) z = Xa. La media campionaria di z è
z̄ = n−1
=n
n
X
zi = n−1 z T 1n
i=1
−1 T
T
a X 1n = aT (n−1 X T 1n ) = aT x̄.
La varianza campionaria di z è
s2Z = n−1
n
X
(zi − z̄)2 = n−1
i=1
= aT (n−1
n
X
aT (xi − x̄)(xi − x̄)T a
i=1
n
X
(xi − x̄)(xi − x̄)T )a = aT SX a.
i=1
s2Z
T
Notiamo che
= a SX a ≥ 0 per ogni vettore a il che prova che la matrice di varianze e covarianze S X
è semi-definita positiva.
Nel caso particolare p = 2, il teorema precedente fornisce le formule, note dai corsi di base
z̄ = a1 x̄1 + a2 x̄2 ,
s2Z
4
= a21 s11 + a22 s22 + 2a1 a2 s12 .
Componenti principali
Negli esempi della Sezione 4, i coefficienti delle combinazioni lineari sono valori stabiliti in anticipo, in
base al problema in esame: di volta in volta si considera la somma, la differenza oppure la media. Un caso
completamente diverso è quello in cui viene fissata qualche proprietà della combinazione lineare z ≡ z a e
il vettore a dei coefficienti è determinato in modo da soddisfare tali requisiti. L’esempio più importante
è proprio la (prima) componente principale, definita come la combinazione lineare normalizzata con
massima varianza. Il significato di tale requisito è identificare la combinazione lineare, cioè la proiezione
da Rp in R, capace di assorbire la massima quantità d’informazione (misurata dalla varianza) contenuta
nei dati osservati. Una combinazione lineare viene definita normalizzata se il vettore dei coefficienti
soddisfa il vincolo
p
X
T
a a=
a2j = 1.
j=1
Questa restrizione è necessaria per assicurare l’esistenza e l’unicità della soluzione del problema di
massimizzazione della varianza.
In base al Teorema 3, dobbiamo determinare il vettore a tale che la funzione var(z a ) = aT SX a ≡ ψ(a)
assuma il suo massimo valore, sotto il vincolo aT a = 1. La matrice SX , simmetrica e semi-definita
positiva, ha p autovalori non negativi λ1 ≥ λ2 ≥ ... ≥ λp ≥ 0 associati ai corrispondenti autovettori
a1 , a2 , ..., ap normalizzati (aTh ah = 1) e a due a due ortogonali (aTh ak = 0, h 6= k). La generica coppia
autovalore-autovettore verifica l’equazione matriciale
SX a h = λ h a h ,
h = 1, ..., p. Il numero degli autovalori positivi è uguale al rango di X e di SX . Nel seguente teorema
dimostriamo che il vettore a ottimale è l’autovettore a1 di SX associato al massimo autovalore λ1 .
5 PROPRIETÀ STATISTICHE DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
6
Teorema 4 (Prima componente principale) Il valore massimo della funzione ψ(a) = a T SX a, sotto
il vincolo aT a = 1, è pari al massimo autovalore λ1 di SX e viene raggiunto quando il vettore a coincide
col corrispondente autovettore a1 .
Dimostrazione. La dimostrazione è basata sulla disuguaglianza di Cauchy-Schwarz secondo la quale,
per ogni coppia di vettori u = (u1 , u2 , ..., up )T , v = (v1 , v2 , ..., vp )T di Rp
(uT v)2 ≤ (uT u)(v T v).
L’uguaglianza vale se e solo se v = λu per qualche scalare λ. Nella funzione ψ(a) poniamo u = a,
v = SX a. In base alla disuguaglianza di Cauchy-Schwarz
2
2
a) = (aT SX
a)
ψ(a)2 ≤ (aT a)(aT SX
perchè aT a = 1. L’uguaglianza è soddisfatta se e solo se
SX a = λa,
cioè se e solo se a è un autovettore di SX . Premoltiplicando l’equazione per aT otteniamo
aT SX a = ψ(a) = λaT a = λ,
pertanto la funzione ψ(a) viene massimizzata se a è l’autovettore di S X associato al massimo autovalore.
Nota 5 Dalla dimostrazione segue che gli autovalori della matrice di covarianza sono le varianze delle
componenti principali. In particolare, il massimo autovalore è la varianza della prima, e più importante,
componente.
Nota 6 Ai p autovettori ah , h = 1, ..., p, della matrice di covarianza corrispondono altrettante componenti
principali zh , combinazioni lineari delle variabili originarie, ordinate secondo la varianza (autovalore λ h )
decrescente.
Nota 7 Le componenti principali associate agli autovalori più piccoli sono usate per individuare le variabili osservate ridondanti. Un criterio frequentemente usato è di eliminare le variabili osservate aventi
massima correlazione assoluta con le ultime s componenti,1 ≤ s ≤ p − 1.
Nota 8 Se la matrice dati X ha rango k < p, anche il rango di SX è pari a k e gli ultimi p − k autovalori
sono nulli. I corrispondenti autovettori descrivono le relazioni di collinearità tra le variabili osservate.
5
Proprietà statistiche delle componenti principali
L’analisi delle componenti principali (ACP) consiste nella determinazione di q < p componenti, basate
sui primi q autovettori della matrice di covarianza dei dati osservati. Il valore di q viene scelto in modo
da assorbire una quota adeguata d’informazione. Le componenti sono usate per studiare le proprietà del
campione in uno spazio di dimensione ridotta rispetto a quello di partenza. Il problema fondamentale
è l’interpretazione delle componenti che sono di per sè variabili artificiali, combinazioni lineari di quelle
d’origine.
L’estrazione delle componenti principali è sempre preceduta da qualche trasformazione dei dati osservati. I dati sono sempre centrati rispetto al vettore delle medie. Inoltre, in molti casi, i dati vengono
standardizzati per evitare possibili distorsioni dovute a sperequazioni delle varianze delle variabili d’origine. In questo secondo caso, poichè la matrice di covarianza dei dati standardizzati coincide con la matrice
di correlazione dei dati di partenza, le componenti principali sono basate sugli autovalori ed autovettori
della matrice di correlazione.
Nel seguente teorema ricaviamo medie, varianze e covarianze delle componenti principali. Indichiamo
con zh una generica componente. Se i dati sono centrati, zh = XC ah ; se i dati sono standardizzati,
zh = XST bh , in cui bh indica l’autovettore della matrice di correlazione associato al suo h-esimo più alto
autovalore µh .
5 PROPRIETÀ STATISTICHE DELLE COMPONENTI PRINCIPALI
7
Teorema 9 (Proprietà statistiche) i. Le componenti principali hanno medie nulle
z̄h = 0.
ii. Se i dati sono centrati, le varianze delle componenti principali sono uguali agli autovalori della matrice
di covarianza
var(zh ) = λh ;
se i dati sono standardizzati, sono uguali agli autovalori della matrice di correlazione
var(zh ) = µh .
iii. Le componenti principali sono a due a due incorrelate
cov(zh , zk ) = 0.
Dimostrazione.
i. In base al Teorema 3,
z̄h = aTh x̄C = 0,
perchè x̄C = 0p , il vettore nullo. La dimostrazione nel caso di dati standardizzati è simile.
ii. Se i dati sono centrati, la varianza di zh è
var(zh ) = aTh SX ah = λh aTh ah = λh .
Se i dati sono standardizzati,
var(zh ) = bTh RX bh = µh bTh bh = µh .
iii. Usando la definizione di covarianza
cov(zh , zk ) = n
−1
= n−1
n
X
i=1
n
X
(zih − z̄h )(zik − z̄k )
zih zik = n−1 zhT zk ,
i=1
perchè z̄h = z̄k = 0. Se i dati sono centrati,
cov(zh , zk ) = n−1 zhT zk = n−1 aTh XCT XC ak
= aTh SX ak = λk aTh ak = 0
perchè autovettori distinti sono ortogonali. La dimostrazione nel caso di dati standardizzati è simile.
La qualità statistica delle componenti principali si misura mediante la percentuale spiegata della varianza totale. La varianza totale è la traccia della matrice di covarianza (dati centrati) o di correlazione
(dati standardizzati)
tr(SX ) =
tr(RX ) =
p
X
h=1
p
X
h=1
shh =
rhh =
p
X
h=1
p
X
h=1
λh
µh = p
8
6 APPLICAZIONI
Supponiamo di considerare tutte le p componenti. In tal caso, la varianza complessivamente assorbita
è la varianza totale, tr(SX ) o tr(RX ) = p ce rappresenta pertanto la massima quantità d’informazione
Pq
estraibile dai dati. Se si considerano le prime q < p componenti, la varianza assorbita è h=1 λh e un
indice relativo di qualità è
q
X
λh /tr(SX ).
h=1
La formula corrispondente per dati standardizzati è
q
X
µh /tr(RX ) =
h=1
q
X
µh /p.
h=1
Per una buona approssimazione il rapporto non dovrebbe essere inferiore al 70%. Per dati
Pp standardizzati,
un criterio frequentemente usato è di considerare tutti gli autovalori maggiori di 1 = h=1 µh /p, media
campionaria degli autovalori.
6
Applicazioni
La funzione R che determina le componenti principali di un campione numerico è princomp; l’opzione
cor=FALSE centra i dati rispetto alle medie delle variabili mentre cor=TRUE li standardizza . Essa produce
una lista contenente tre risultati principali:
1. $loadings, matrice pxp le cui colonne contengono gli autovettori ordinati in modo decrescente,
secondo i corrispondenti autovalori,
2. $scores, matrice nxp delle componenti principali ordinate,
3. $sdev, vettore px1 delle deviazioni standard delle componenti principali (uguali alle radici quadrate
degli autovalori).
La funzione summary, applicata ai risultati di princomp, fornisce la % della varianza spiegata dalle
prime q componenti, q = 1, 2, ..., p. Per l’interpretazione delle componenti, sono utili le correlazioni lineari
tra le variabili osservate e le componenti principali, ottenibili mediante la funzione cor.
6.1
Indicatori economici dell’Unione Europea
Illustriamo di seguito l’ACP degli indicatori economici dell’Unione Europea, considerando prima i dati
centrati. Come sappiamo, essa è basata sugli autovalori ed autovettori della matrice di covarianza.
> pc <- princomp(eu[, 4:8], cor = FALSE)
> summary(pc)
Importance of components:
Comp.1
Comp.2
Comp.3
Comp.4
Standard deviation
43.8930764 26.2380377 5.42881267 1.948002663
Proportion of Variance 0.7267847 0.2597027 0.01111792 0.001431505
Cumulative Proportion
0.7267847 0.9864874 0.99760535 0.999036855
Comp.5
Standard deviation
1.5978605134
Proportion of Variance 0.0009631446
Cumulative Proportion 1.0000000000
> round(cor(eu[, 4:8], pc$scores[, 1:5]), 2)
6 APPLICAZIONI
9
Comp.1 Comp.2 Comp.3 Comp.4 Comp.5
PIL
1.00
0.00
0.01
0.00
0.00
Deficit
0.42
0.41 -0.42 -0.60 -0.34
Debito
0.00 -1.00 -0.01
0.00
0.00
Inflazione
-0.46
0.44
0.17
0.48 -0.58
Occupazione
0.36
0.23 -0.90
0.07
0.02
La prima componente spiega da sola circa il 73% della varianza totale e le prime due insieme quasi il
99%. La matrice di correlazione delle variabili osservate con le componenti principali mostra che la prima
componente ha correlazione pari a 1 con PIL mentre la seconda ha correlazione pari a −1 con Debito.
Questo indica che le prime due componenti riproducono pari pari due variabili osservate, PIL e Debito
rispettivamente, senza operare una vera sintesi multidimensionale. La ragione risiede nel valore delle
varianze di PIL e Debito, molto più alto delle altre variabili. Questo implica, tra l’altro, che il diagramma
di dispersione delle prime due componenti è equivalente a quello di PIL e Debito. Il problema può essere
superato mediante una standardizzazione preliminare dei dati (le variabili standardizzate hanno tutte
varianza unitaria).
> pc1 <- princomp(eu[, 4:8], cor = TRUE)
> summary(pc1)
Importance of components:
Comp.1
Comp.2
Comp.3
Comp.4
Comp.5
Standard deviation
1.4599323 1.2568815 0.7605521 0.64256886 0.54544695
Proportion of Variance 0.4262804 0.3159502 0.1156879 0.08257895 0.05950247
Cumulative Proportion 0.4262804 0.7422307 0.8579186 0.94049753 1.00000000
> round(cor(eu[, 4:8], pc1$scores[, 1:5]), 2)
Comp.1 Comp.2 Comp.3 Comp.4 Comp.5
PIL
-0.73 -0.33
0.50 -0.31 -0.06
Deficit
-0.83
0.29 -0.02
0.36 -0.30
Debito
0.28 -0.86 -0.25 -0.09 -0.33
Inflazione
0.45
0.79
0.04 -0.30 -0.29
Occupazione -0.79
0.15 -0.51 -0.30
0.09
L’ACP dei dati standardizzati produce risultati molto diversi. La % della varianza spiegata dalla
prima componente è 43%, dalle prime due 74% e dalle prime tre 86% (valori approssimati). Inoltre,
l’esame delle correlazioni con le variabili osservate mostra che
1. La prima componente dipende soprattutto da Deficit, Occupazione e PIL (coefficienti negativi,
variabili tra −0.73 e −0.83). Pertanto, Paesi con valori elevati di queste variabili si posizionano sul
polo negativo estremo della prima componente e, all’opposto, Paesi con valori bassi si posizionano
sul polo positivo estremo.
2. La seconda componente è essenzialmente un contrasto tra Inflazione e Debito (coefficienti rispettivamente uguali a 0.79 e −0.86). Il polo positivo caratterizza Paesi con alta inflazione e basso
debito pubblico, quello negativo Paesi con bassa inflazione e alto debito.
3. La terza componente è un contrasto tra PIL e Occupazione (coefficienti rispettivamente uguali a
0.51 e −0.51).
10
6 APPLICAZIONI
Alla luce di queste osservazioni, analizziamo il diagramma di dispersione delle prime due componenti.
>
>
>
>
+
>
>
+
n <- dim(eu)[1]
col <- rep("black", n)
col[eu$Euro == 1] <- "red"
plot(pc1$scores[, 1:2], pch = 20, col = col, xlab = "PC1 (43%)",
ylab = "PC2 (32%)", main = "Indicatori Economici EU")
abline(h = 0, v = 0, col = "red", lty = "dashed")
text(pc1$scores[, 1:2], labels = as.character(eu$Sigla), pos = 4,
cex = 0.6)
Indicatori Economici EU
3
LE
ES
2
BU
LA
1
SL
DE
CZ
FI
LU
0
PC2 (32%)
RO
IR
HU
SP
SW
RS
CY
PL
NE
UK
−1
AU
PO
GE
FR
MA
BE
−2
GR
IT
−3
−2
−1
0
1
2
3
PC1 (43%)
Ai poli opposti di PC1 troviamo Ungheria (deficit negativo, basso tasso d’occupazione, basso PIL
pro capite) e Lussemburgo con Danimarca (alti tassi d’occupazione, specie per Danimarca, e PIL pro
capite superiore alla media UE, specie per Lussemburgo). Sul polo negativo di PC2 troviamo Italia,
Grecia e Belgio (debito pubblico superiore alla media UE), su quello positivo Lettonia (inflazione molto
alta, debito pubblico basso). In generale, i Paesi da più tempo nell’Unione (e quasi tutti quelli aderenti
all’euro) occupano la regione triangolare in basso a sinistra, mentre i Paesi di recente adesione occupano
la regione in alto a destra.
Ulteriore informazione viene fornita dal diagramma di dispersione della prima e della terza componente.
11
6 APPLICAZIONI
Indicatori Economici EU
1
PC3 (12%)
2
3
LU
MA
IR
BE
SP
PL
RS
RO
HU
0
IT
SL
FI
LA
CZ
BU
GR
LE
ESUK
AU GE
FR
SW
NE
PO
DE
−1
CY
−3
−2
−1
0
1
2
3
PC1 (43%)
La terza componente è dominata da Lussemburgo, in posizione chiaramente periferica, a causa del
valore elevatissimo del PIL pro capite (266.2, il valore immediatamente successivo è quello di Irlanda,
150.2; la media UE è 100). Per valutare l’impatto di questo dato anomalo sull’ACP, ripetiamo l’analisi
escludendo sia Lussemburgo che Lettonia che ha un dato estremo sul tasso d’inflazione (10.1%).
>
>
>
>
eu1 <- eu[eu$PIL < 200 & eu$Inflazione < 10, ]
col1 <- col[eu$PIL < 200 & eu$Inflazione < 10]
pc2 <- princomp(eu1[, 4:8], cor = TRUE)
summary(pc2)
Importance of components:
Comp.1
Comp.2
Comp.3
Comp.4
Comp.5
Standard deviation
1.5538176 1.2743333 0.67933722 0.57687409 0.40919765
Proportion of Variance 0.4828698 0.3247851 0.09229981 0.06655674 0.03348854
Cumulative Proportion 0.4828698 0.8076549 0.89995471 0.96651146 1.00000000
> round(cor(eu1[, 4:8], pc2$scores[, 1:5]), 2)
6 APPLICAZIONI
PIL
Deficit
Debito
Inflazione
Occupazione
12
Comp.1 Comp.2 Comp.3 Comp.4 Comp.5
-0.88 -0.28 -0.25
0.00
0.29
-0.68
0.54
0.36 -0.34
0.02
-0.05 -0.92 -0.07 -0.35 -0.12
0.68
0.53 -0.39 -0.30
0.08
-0.84
0.35 -0.34
0.05 -0.25
I risultati mostrano che le prime due componenti arrivano a spiegare circa l’80% della varianza totale.
Anche l’interpretazione, basata sulle correlazioni con le variabili osservate, è un po’ diversa. La prima
componente è un contrasto tra Inflazione da un lato (coefficiente 0.68) e PIL, Deficit, Occupazione
dall’altro (coefficienti −0.88, −0.68, −0.84). La seconda componente è un contrasto tra Deficit e
Inflazione da un lato e Debito, dall’altro.
Riportiamo di seguito il diagramma di dispersione, con Lussemburgo e Lettonia come punti supplementari. La loro posizione è determinata usando la soluzione ACP trovata per gli altri 25 Paesi, senza che
essi abbiano contribuito a determinare autovalori ed autovettori (la logica è quella del campione di prova
nell’analisi di regressione). Va sottolineato che i loro dati devono essere preventivamente standardizzati,
usando medie e deviazioni standard degli altri 25 Paesi.
> ps <- eu[eu$Sigla == "LU" | eu$Sigla == "LE", ]
> ps1 <- scale(ps[, 4:8], center = pc2$center, scale = pc2$scale)
13
6 APPLICAZIONI
>
>
+
+
>
>
+
>
>
ps2 <- ps1 %*% pc2$loadings[, 1:2]
plot(pc2$scores[, 1:2], pch = 20, col = col1, xlim = c(-3.9,
3.5), ylim = c(-3, 3.2), xlab = "PC1 (48%)", ylab = "PC2 (32%)",
main = "Indicatori Economici EU", sub = "Lussemburgo, Lettonia punti supplementari")
abline(h = 0, v = 0, col = "red", lty = "dashed")
text(pc2$scores[, 1:2], labels = as.character(eu1$Sigla), pos = 4,
cex = 0.6)
points(ps2, pch = 20, col = c("red", "black"))
text(ps2, labels = c("LU", "LE"), pos = 4, col = "cyan")
Indicatori Economici EU
3
LE
ES
2
BU
LA
SL
FI
SW
0
SP
IR
LU
RO
CZ
CY
NE
RS
AU
−1
PC2 (32%)
1
DE
PL
UK
GE
HU
PO
FR
MA
−2
BE
GR
−3
IT
−4
−2
0
2
PC1 (48%)
Lussemburgo, Lettonia punti supplementari
6.2
Correlazione lineare e componenti principali
L’ACP è un metodo lineare e quindi dipende dalle varianze e dalle correlazioni lineari tra le variabili
X1 , ..., Xp . Se X1 , ..., Xp sono incorrelate (le matrici di covarianza e di correlazione sono diagonali),
le componenti principali coincidono con le variabili osservate, a meno di un riordinamento secondo la
varianza, e l’informazione non è comprimibile per mezzo di combinazioni lineari. Viceversa, se la situazione
è di collinearità, le variabili osservate sono ridondanti ed è possibile ridurre la dimensionalità. Il caso
limite è quello in cui RX = Jp = 1p 1Tp , la matrice pxp con tutti gli elementi uguali a 1. Tale matrice ha
rango 1 e quindi una sola combinazione lineare può assorbire tutta l’informazione. Nel seguente esempio
ne calcoliamo autovalori e autovettori.
14
6 APPLICAZIONI
Esempio 10 (Autovalori e autovettori della matrice Jp ) Poichè Jp ha rango 1, l’unico autovalore
positivo è uguale a p, gli altri sono tutti uguali a 0. L’autovettore u 1 associato al massimo autovalore
λ1 = p si ricava usando la definizione. Esso deve verificare l’equazione matriciale
1p 1Tp u1 = (1Tp u1 )1p = pu1
e quindi dev’essere proporzionale al vettore 1p . Imponendo il vincolo di normalizzazione otteniamo u1 =
1p /p1/2 . In termini di componenti principali
1. La prima componente principale spiega il 100% della varianza totale il che significa che l’informazione è essenzialmente uni-dimensionale.
2. La combinazione lineare ottimale (massima varianza) è proporzionale al vettore 1 p , quindi attribuisce pesi uguali alle variabili osservate ed ha il significato di una somma o di una media.
3. Le componenti principali successive alla prima hanno varianza identicamente nulla e sono irrilevanti
dal punto di vista statistico. I loro autovettori si possono ricavare usando il vincolo d’incorrelazione.
Le situazioni più comuni sono intermedie tra l’indipendenza lineare e la completa collinearità, come
nell’esempio seguente.
Esempio 11 (Strutture di correlazione) Supponiamo che la

1 1
0
0
 1 1
0
0
RX = 
 0 0
1
−0.5
0 0 −0.5
1
matrice di correlazione di X 1 , ..., X4 sia


.

Essa indica che le variabili sono divise in due gruppi, {X1 , X2 } e {X3 , X4 }. Le variabili del primo gruppo
sono perfettamente correlate, quelle del secondo gruppo sono correlate, ma la correlazione è lontana
dal massimo. Inoltre, variabili appartenenti a gruppi diversi sono incorrelate. Ricaviamo autovalori e
autovettori con la funzione eigen di R.
> r <- matrix(c(1, 1, 0, 0, 1, 1, 0, 0, 0, 0, 1, -0.5, 0, 0, -0.5,
+
1), nrow = 4, ncol = 4, byrow = FALSE)
> auto <- eigen(r)
> auto$values
[1] 2.000000e+00 1.500000e+00 5.000000e-01 9.860761e-32
> auto$vectors
[1,]
[2,]
[3,]
[4,]
[,1]
0.7071068
0.7071068
0.0000000
0.0000000
[,2]
0.0000000
0.0000000
0.7071068
-0.7071068
[,3]
0.0000000
0.0000000
0.7071068
0.7071068
[,4]
0.7071068
-0.7071068
0.0000000
0.0000000
La matrice ha rango 3 (il quarto autovalore è numericamente uguale a 0). La prima componente
principale spiega da sola il 50% della varianza totale ed è essenzialmente la somma delle variabili del
primo gruppo. La seconda componente spiega il 37.5% della varianza totale ed è essenzialmente la
differenza delle variabili del secondo gruppo. La terza componente spiega il restante 12.5% della varianza
totale ed è la somma delle variabili del secondo gruppo.
15
A RICHIAMI DI ALGEBRA DELLE MATRICI
A
Richiami di algebra delle matrici
Una matrice A = (aij ) è una tabella mxn di numeri ordinati in m righe e n colonne. Quando m = n, la
matrice è quadrata.
Se le matrici A = (aij ) e B = (bij ) hanno lo stesso numero di righe e lo stesso numero di colonne, la
loro somma A + B è la matrice
C = (cij ), cij = aij + bij .
Il prodotto della matrice A = (aij ) per la costante numerica λ è la matrice
λA = (λaij ).
Se A è mxn e B è nxp, il prodotto (righe per colonne) di A e B è
AB = C = (cij ), cij =
n
X
ail blj
l=1
Dalla definizione segue che il prodotto righe per colonne di A e B richiede che le matrici siano opportunamente conformate: il numero di colonne di A è uguale al numero di righe di B. L’esistenza di AB non
implica in generale l’esistenza di BA e, anche quando esistono entrambi i prodotti, non è detto che risulti
AB = BA. Questo prodotto matriciale non gode della proprietà commutativa.
L’operatore R del prodotto righe per colonne è %*%. L’esempio ne illustra l’applicazione.
> ma <- matrix(c(1, 2, 0, 1, -1, 0), nrow = 2, ncol = 3, byrow = FALSE)
> ma
[1,]
[2,]
[,1] [,2] [,3]
1
0
-1
2
1
0
> mb <- matrix(c(1, -1, 0, 0, 1, 1, 0, 2, 0, 1, 1, 3), nrow = 3,
+
ncol = 4, byrow = FALSE)
> mb
[1,]
[2,]
[3,]
[,1] [,2] [,3] [,4]
1
0
0
1
-1
1
2
1
0
1
0
3
> ma %*% mb
[1,]
[2,]
[,1] [,2] [,3] [,4]
1
-1
0
-2
1
1
2
3
> md <- matrix(c(5, 0, -1, -3, 1, 1), nrow = 3, ncol = 2, byrow = FALSE)
> md
[1,]
[2,]
[3,]
[,1] [,2]
5
-3
0
1
-1
1
> ma %*% md
16
A RICHIAMI DI ALGEBRA DELLE MATRICI
[1,]
[2,]
[,1] [,2]
6
-4
10
-5
> md %*% ma
[1,]
[2,]
[3,]
[,1] [,2] [,3]
-1
-3
-5
2
1
0
1
1
1
La trasposta della matrice A mxn, indicata con AT , è la matrice nxm che si ottiene scrivendo le righe
di A come colonne
AT = (aji ).
Valgono le proprietà
(AT )T = A, (A + B)T = AT + B T , (AB)T = B T AT
Le matrici con una sola colonna vengono chiamate vettori colonna e le loro trasposte vettori riga. I
vettori sono indicati con lettere minuscole. Il vettore (nullo) nx1 con tutti gli elementi uguali a 0 viene
indicato con 0n . Il vettore nx1 con tutti gli elementi uguali a 1 viene indicato con 1n . Se x è un vettore
nx1,
n
X
xT x =
x2i
i=1
T
1/2
e la norma di x è k x k= (x x) . La norma è la generalizzazione multidimensionale della familiare
nozione di lunghezza di un vettore. Se x e y sono vettori nx1,
T
x y=
n
X
xi y i
i=1
è il prodotto interno di x e y. Il prodotto interno diviso per il prodotto della norma di x e della norma
di y,
xT y/(k x k k y k),
è il coseno dell’angolo formato da x e y. Se xT y = 0, i due vettori sono ortogonali.
Se A è quadrata d’ordine m, diag A = B = (bij ) con bii = aii , i = 1, ..., m e bij = 0, i 6= j. Una
matrice A quadrata viene detta diagonale se diag A = A. La matrice identità d’ordine m, indicata con
Im , è una matrice diagonale con elementi diagonali tutti uguali a 1. Se A e I sono conformate per il
prodotto AI = IA = A. Una matrice A quadrata viene detta ortogonale se A T A = AAT = I. Questa
proprietà indica che i vettori riga (colonna) di A sono vettori di norma unitaria a due a due ortogonali. La
traccia di una matrice A quadrata d’ordine m, indicata con tr A, è la somma dei suoi elementi diagonali
tr A =
m
X
aii .
i=1
Valgono le seguenti proprietà
tr(A + B) = tr A + tr B, tr(λA) = λtr A, tr(AB) = tr(BA).
La terza proprietà richiede che AB sia una matrice quadrata.
Il rango di riga (colonna) di una matrice è il massimo numero di vettori riga (colonna) linearmente
indipendenti. Il rango di una matrice è il minimo valore del rango di riga e del rango di colonna. Per una
matrice A mxn il rango r(A) soddisfa la diseguaglianza
r(A) ≤ min{m, n}.
A RICHIAMI DI ALGEBRA DELLE MATRICI
17
Una matrice A quadrata d’ordine m viene detta non singolare se r(A) = m, in caso contrario viene detta
singolare. Se A mxm è non singolare, esiste ed è unica la matrice B non singolare tale che
AB = BA = Im .
La matrice B, indicata con A−1 , viene detta l’inversa di A. Se tutte le inverse esistono, valgono le
proprietà
(A−1 )T = (AT )−1 , (AB)−1 = B −1 A−1 .
Gli operatori R di trasposizione e inversione di matrici sono t e solve, rispettivamente. Inoltre
l’operatore diag, applicato ad una matrice quadrata, ne estrae il vettore degli elementi diagonali; applicato
ad un vettore costruisce la matrice diagonale con elementi diagonali uguali agli elementi del vettore.
> t(ma)
[1,]
[2,]
[3,]
[,1] [,2]
1
2
0
1
-1
0
> mc <- matrix(c(1, -1, 0, 0, 1, 1, 0, 2, 0), nrow = 3, ncol = 3,
+
byrow = FALSE)
> diag(diag(mc), nrow = length(diag(mc)))
[1,]
[2,]
[3,]
[,1] [,2] [,3]
1
0
0
0
1
0
0
0
0
> diag(c(1, 1, 2), nrow = 3)
[1,]
[2,]
[3,]
[,1] [,2] [,3]
1
0
0
0
1
0
0
0
2
> diag(1, nrow = 2)
[1,]
[2,]
[,1] [,2]
1
0
0
1
> sum(diag(mc))
[1] 2
> solve(mc)
[1,]
[2,]
[3,]
[,1] [,2] [,3]
1.0 0.0 0.0
0.0 0.0 1.0
0.5 0.5 -0.5
> mc %*% solve(mc)
18
B AUTOVALORI E AUTOVETTORI
[1,]
[2,]
[3,]
[,1] [,2] [,3]
1
0
0
0
1
0
0
0
1
> solve(mc) %*% mc
[1,]
[2,]
[3,]
[,1] [,2] [,3]
1
0
0
0
1
0
0
0
1
Una matrice A quadrata viene detta simmetrica se AT = A. Se x è un vettore nx1 e A è quadrata
simmetrica d’ordine n, l’espressione
n
X
xT Ax =
aij xi xj
i,j=1
viene detta forma quadratica in x rispetto alla matrice A. Per n = 2 essa è un polinomio omogeneo di
secondo grado a11 x21 + 2a12 x1 x2 + a22 x22 nelle variabili x1 , x2 , con coefficienti dipendenti dalla matrice
A. Le forme quadratiche sono classificate in base al loro segno:
xT Ax > 0 per ogni x 6= 0n : definita positiva
xT Ax ≥ 0 per ogni x : semi definita positiva
xT Ax < 0 per ogni x 6= 0n : definita negativa
xT Ax ≤ 0 per ogni x : semi definita negativa
xT Ax Q 0 indefinita
B
Autovalori e autovettori
Introduciamo questa importante nozione illustrando la motivazione geometrica.
Sia x = (x1 , ..., xn )T un vettore nx1. Identifichiamo lo spazio di riferimento di x con Rn , l’insieme
delle n-uple di numeri reali. Ogni vettore può essere rappresentato in Rn mediante un segmento orientato
uscente dall’origine 0n con l’estremità in corrispondenza del punto Px di coordinate x1 , ..., xn . Esso è
caratterizzato dalla sua direzione (la retta orientata uscente dall’origine a cui il vettore appartiene) e
dalla sua lunghezza (la norma k x k) (vedi Figura 1).
Sia A una fissata matrice quadrata d’ordine n. Si chiamaPtrasformazione lineare l’applicazione ` :
Rn → Rn che ad x associa il vettore nx1 y = Ax, con yi = nl=1 ail xl = aTi x, i = 1, ..., n, essendo ai
l’i-esimo vettore riga di A.
Esempio 12 (Trasformazioni lineari) Consideriamo la trasformazione lineare associata alla matrice
2 1
A=
.
0 −1
Il vettore x = (1, 2)T viene trasformato nel vettore (4, −2)T mentre x = (−3, 3)T viene trasformato nel
vettore (−3, −3)T . Il vettore x = (1, 0)T viene trasformato nel vettore (2, 0)T = 2x e, a differenza dei
casi precedenti, la trasformazione cambia la lunghezza di x, ma non la direzione (vedi Figura 2).
19
3
B AUTOVALORI E AUTOVETTORI
2
u
0
1
−3v
−1
v/2
v
−3
−2
−u/2
−3
−2
−1
0
1
2
3
Figura 1: Vettori di R2 : u = (2, 2)T sulla retta y = x,v = (2, −1)T sulla retta y = −x/2.
Un problema di grande interesse teorico e pratico è l’identificazione delle rette per l’origine invarianti
rispetto ad una trasformazione lineare. Il problema ammette una semplice impostazione algebrica. Infatti,
per ogni vettore x, il vettore λx che si ottiene moltiplicando x per lo scalare λ rappresenta un vettore
uscente dall’origine con la stessa direzione di x, verso uguale o opposto a seconda che sia λ > 0 oppure
λ < 0 e lunghezza pari a | λ | volte la lunghezza di x. Pertanto la ricerca delle direzioni invarianti è
ricondotta alla ricerca dei vettori x e degli scalari λ che verificano la seguente equazione matriciale
Ax = λx.
(1)
Ogni soluzione λ∗ viene chiamata autovalore di A ed il vettore x∗ viene chiamato autovettore di A
associato a λ∗ .
Esempio 13 (Autovalori e autovettori) Usando la definizione (1), si verifica facilmente che gli autovalori della matrice A dell’Esempio 12 sono λ1 = 2 associato all’autovettore a1 = (1, 0)T , λ2 = −1
associato all’autovettore a2 = (−1/10−1/2, 3/10−1/2 )T (vedi Figura 2).
Notiamo a questo punto che gli autovalori possono essere numeri complessi, anche quando gli elementi
di A sono numeri reali, e questo perchè vogliamo trovare ogni possibile vettore x (anche complesso), diverso
dal vettore nullo, soddisfacente la (1). Inoltre, gli autovalori possono essere uguali a 0 purchè esista un
vettore x∗ , diverso dal vettore nullo, tale che Ax∗ = 0n . Il calcolo degli autovalori e autovettori di una
matrice può essere complicato e viene risolto grazie a speciali programmi di calcolo numerico, disponibili
anche in R.
20
4
B AUTOVALORI E AUTOVETTORI
v
2
u
w
Az
0
z
−2
Aw
Au
−4
Av
−4
−2
0
2
4
Figura 2: La trasformazione x → Ax (tratteggio: vettori trasformati; verde: autovettori di A).
Per calcolare gli autovalori ed autovettori di una matrice si può usare la funzione R eigen. Essa
produce una lista con componenti
1. $values: vettore degli autovalori,
2. $vectors: matrice avente nelle colonne gli autovettori.
Verifichiamo, usando la funzione eigen, che la matrice mc ha un autovalore reale e due autovalori
complessi coniugati mentre gli autovettori hanno elementi complessi.
> mc <- matrix(c(2, 0, -1, 0, 1, -2, 1, 1, 0), nrow = 3, ncol = 3,
+
byrow = FALSE)
> auto <- eigen(mc)
> auto$values
[1] 1.770917+0.000000i 0.614542+1.563885i 0.614542-1.563885i
> auto$vectors
[,1]
[,2]
[,3]
[1,] -0.9362651+0i 0.2497824+0.2819505i 0.2497824-0.2819505i
[2,] 0.2782173+0i 0.1169313+0.4744142i 0.1169313-0.4744142i
[3,] 0.2144824+0i -0.7870012+0.0000000i -0.7870012+0.0000000i
21
B AUTOVALORI E AUTOVETTORI
Riepiloghiamo di seguito alcuni utili risultati riguardanti autovalori e autovettori, supponendo A
quadrata d’ordine n.
1. Autovalori e autovettori sono definiti soltanto per matrici quadrate.
2. Gli autovettori sono per definizione diversi dal vettore nullo mentre gli autovalori possono essere
uguali a 0.
3. Gli autovettori non sono determinati univocamente; infatti, se x∗ è un autovettore associato all’autovalore λ∗ , lo è anche kx∗ , per ogni scalare k 6= 0. Di qui la consuetudine di ridurli a norma unitaria
(quando sono reali). Anche in questo caso, sono comunque definiti a meno di una moltiplicazione
per −1.
4. A e AT hanno gli stessi autovalori; gli autovettori possono essere diversi.
Pn
5. tr A = i=1 λi .
Qn
6. det A = i=1 λi .
7. A è non singolare se e solo se tutti gli autovalori sono diversi da 0.
8. Una matrice singolare ha almeno un autovalore nullo.
Le matrici reali simmetriche godono di ulteriori notevoli proprietà.
P1. Gli autovalori sono reali.
P2. Autovettori associati ad autovalori distinti sono ortogonali.
P3. Sia A una matrice simmetrica d’ordine n. Indichiamo con Λ = diag(λ1 , ..., λn ) la matrice diagonale degli autovalori ordinati λ1 ≥ ... ≥ λn e con U la matrice pxp (ortogonale) le cui colonne
sono ordinatamente gli autovettori ortonormali corrispondenti agli autovalori. Vale la seguente
rappresentazione (teorema degli assi principali)
A = U ΛU T .
(2)
P4 Una matrice simmetrica è definita positiva (semi definita positiva) se e solo se tutti gli autovalori
sono positivi (non negativi).
Le proprietà P1-P4 sono applicate nell’analisi delle componenti principali, che usa autovalori e autovettori delle matrici di covarianza o di correlazione. Ne riportiamo di seguito un’illustrazione.
> b <- matrix(c(9, 4, 2, 4, 4, 2, 2, 2, 1), nrow = 3, ncol = 3,
+
byrow = FALSE)
> print(c("Traccia = ", sum(diag(b))), quote = FALSE)
[1] Traccia =
14
> print(c("Determinante = ", det(b)), quote = FALSE)
[1] Determinante =
0
> auto <- eigen(b)
> auto$values
[1]
1.189898e+01 2.101021e+00 -1.561251e-17
22
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
> print(c("Somma autovalori = Traccia = ", sum(auto$values)), quote = FALSE)
[1] Somma autovalori = Traccia =
14
> print(c("Prodotto autovalori = Determinante = ", prod(auto$values)),
+
quote = FALSE)
[1] Prodotto autovalori = Determinante =
-3.90312782094782e-16
> auto$vectors
[,1]
[,2]
[,3]
[1,] 0.8391211 0.5439447 0.0000000
[2,] 0.4865189 -0.7505327 -0.4472136
[3,] 0.2432595 -0.3752663 0.8944272
> print("Verifica ortogonalità matrice autovettori", quote = FALSE)
[1] Verifica ortogonalità matrice autovettori
> auto$vectors %*% t(auto$vectors)
[,1]
[,2]
[,3]
[1,] 1.000000e+00 6.697659e-17 3.104884e-17
[2,] 6.697659e-17 1.000000e+00 -1.260385e-17
[3,] 3.104884e-17 -1.260385e-17 1.000000e+00
> t(auto$vectors) %*% auto$vectors
[,1]
[,2]
[,3]
[1,] 1.000000e+00 6.543838e-17 1.885157e-17
[2,] 6.543838e-17 1.000000e+00 -7.678862e-17
[3,] 1.885157e-17 -7.678862e-17 1.000000e+00
> print("Verifica teorema assi principali", quote = FALSE)
[1] Verifica teorema assi principali
> auto$vectors %*% diag(auto$values) %*% t(auto$vectors)
[1,]
[2,]
[3,]
[,1] [,2] [,3]
9
4
2
4
4
2
2
2
1
Riferimenti bibliografici
Magnus JR, Neudecker H (2001) Matrix Differential Calculus with Applications in Statistics and
Economics, 2nd edn. Wiley, New York
Mardia KV, Kent JT, Bibby JM (1979) Multivariate Analysis, 1st edn. Academic Press, London
R Development Core Team (2006) R: A language and environment for statistical computing. URL
http://www.R-project.org, ISBN 3-900051-07-0
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