Esercizio su endomorfismo semplice con parametro Sia f : R3 → R3
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Esercizio su endomorfismo semplice con parametro Sia f : R3 → R3
Esercizio su endomorfismo semplice con parametro Sia f : R3 → R3 , l’endomorfismo definito da f (v1 ) = (−2, 0, −k), f (v2 ) = (0, −2, −k) e f (v3 ) = (2, 0, k), essendo v1 = (0, 1, −1), v2 = (1, 0, −1) e v3 = (1, 0, 1). Determinare i valori del parametro reale k per cui f risulta semplice. Trattandosi di un endomorfismo, occorre studiare la matrice associata a f rispetto alla medesima base. Procediamo alla ricerca delle colonne della matrice MfEE 1 . Bisogna calcolare le immagini di e1 , e2 ed e3 e posizionarle nelle 3 colonne della matrice. Poiché v1 = e2 − e3 e la f è un’applicazione lineare, possiamo scrivere f (v1 ) = f (e2 − e3 ) = f (e2 ) − f (e3 ) = (−2, 0, −k); allo stesso modo si ha f (e1 ) − f (e3 ) = (0, −2, −k) e f (e1 ) + f (e3 ) = (2, 0, k). Dalla somma della seconda e terza equazione abbiamo f (e1 ) = (1, −1, 0), che sostituito nella seconda equazione da f (e3 ) = (1, 1, k); infine la prima diventa f (e2 ) = (−1, 1, 0). Cosı̀ la matrice è 1 −1 1 1 1 MfEE = −1 0 0 k Il polinomio caratteristico P(t) sarà il determinante della matrice 1−t −1 1 1 A = −1 1 − t 0 0 k−t cioè P (t) = (k − t) · [(1 − t)2 − 1] = (k − t) · t · (t − 2). Quindi gli autovalori sono t = k, t = 0 e t = 2. Per k 6= 0, 2, gli autovalori sono distinti, quindi l’endomorfismo è semplice, poiché ogni autospazio, avendo dimensione compresa tra 1 e la molteplicità algebrica (che in questo caso è 1) ha dimensione 1. 1 il simbolo E, se non si fosse capito, è una E, come dire base canonica Si devono studiare a parte i casi k = 0 e k = 2. Per k = 0, l’autovalore 0 ha molteplicità 2, quindi perché f sia semplice l’autospazio V0 deve avere dimensione 2. Sostituendo nella matrice A i valori di t = 0 e di k = 0, si ottiene V0 come il nucleo dell’applicazione associata alla matrice 1 −1 1 1 1 M0 = −1 0 0 0 che ha rango 2 quindi il sistema ha due equazioni (x−y +z = 0 e −x+y +z = 0) e 3 incognite. La variabile libera è 1 quindi la dimensione di V0 è 1 e l’endomorfismo non è semplice. Per k = 2, l’autovalore 2 ha molteplicità 2, quindi perché f sia semplice l’autospazio V2 deve avere dimensione 2. Sostituendo nella matrice A i valori di t = 2 e di k = 2, si ottiene V2 come il nucleo dell’applicazione associata alla matrice −1 −1 1 M2 = −1 −1 1 0 0 0 che ha rango 1 (una riga è nulla e le altre due sono uguali), quindi il sistema ha una sola equazione (−x − y + z = 0) in 3 incognite. Ci sono due variabili libere, quindi la dimensione di V2 è 2 e l’endomorfismo risulta semplice. L’esercizio non lo richiede, ma cosı̀, giusto perché ho 10 minuti liberi, troviamo una base formata da autovettori e la matrice che diagonalizza MfEE nel caso k = 2. Gli autovettori relativi all’autospazio V2 sono quasi pronti . . . basta rivedere l’equazione caratteristica di V2 , che si può scrivere z = x + y; come vettori posso prendere f1 = (1, 0, 1) ed f2 = (0, 1, 1). Per quanto riguarda V0 , invece devo andare a sostituire nella matrice A i valori di t = 0 e di k = 2, trovando 1 −1 1 −1 1 1 0 0 2 Da cui il sistema delle 3 equazioni: x − y + z = 0, −x + y + z = 0 e 2z = 0, da cui si ottiene z = 0 e x = y. Possiamo prendere allora il vettore f3 = (1, 1, 0). La base di autovettori è F = {f1 , f2 , f3 } e la matrice che diagonalizza EE Mf nel caso k = 2 è la matrice 1 0 1 P = 0 1 1 1 1 0