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BESTA_140807_CS_newengland - Istituto Neurologico Carlo Besta

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BESTA_140807_CS_newengland - Istituto Neurologico Carlo Besta
comunicato stampa
IL PRIMO TEST PER LA DIAGNOSI DEL MORBO DELLA “MUCCA PAZZA”
Una ricerca dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta” e della University of Texas Medical School ha
sviluppato un nuovo test per diagnosticare semplicemente con un’analisi delle urine la variante
umana della malattia di Creutzfeldt-Jakob, nota anche come morbo della “mucca pazza”.
L’innovativa tecnologia potrà essere utilizzata in futuro anche per la diagnosi precoce di altre malattie
neurodegenerative quali Alzheimer, Parkinson o le demenze frontotemporali
Milano, 7 agosto 2014 – I ricercatori dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta” in collaborazione con
la University of Texas Health Science Center di Houston (UTHSC) hanno elaborato il primo test al
mondo per diagnosticare in maniera certa e semplice il morbo della “mucca pazza”, cioè la variante
umana della malattia di Creutzfeldt-Jakob: sono riusciti, infatti, a sviluppare un metodo per
individuare in un campione di urina del paziente la presenza di prioni, cioè le proteine alterate che
causano la malattia.
Si tratta di un importante passo in avanti perché sino a oggi la malattia poteva essere diagnosticata
con certezza solo dopo la morte del paziente, in quanto era necessario analizzare un campione del
suo tessuto cerebrale nel corso dell’autopsia. Al contrario, il nuovo test rappresenta uno strumento di
semplice somministrazione e non è invasivo.
Lo studio sarà pubblicato oggi, giovedì 7 agosto, su una delle più importanti riviste scientifiche
internazionali, The New England Journal of Medicine. A rafforzare l’indicazione del rilievo della
scoperta anche il fatto che la rivista dedica allo studio un editoriale di commento.
Sottolinea Fabrizio Tagliavini, direttore del Dipartimento di malattie neurodegenerative dell’Istituto
Neurologico “Carlo Besta”: “Questa tecnica è per ora disponibile solo a fine di ricerca ma potrà
entrare a breve nella routine diagnostica, dopo la procedura di validazione comune a tutte le nuove
tecnologie. La sua importanza è legata anche al fatto che il suo utilizzo non sarà limitato solo alla
variante umana della malattia di Creutzfeldt-Jakob ma potrebbe essere esteso ad altre malattie
neurodegenerative quali la malattia di Alzheimer, la malattia di Parkinson o le demenze
frontotemporali, attraverso la dimostrazione di marcatori specifici in tessuti periferici e liquidi biologici
facilmente accessibili. Questo consentirebbe una diagnosi precoce e l’avvio di terapie (quando
disponibili) nelle fasi iniziali della patologia, quando i sintomi non sono tali da permettere
l’inquadramento diagnostico del paziente e i danni del cervello non sono ancora gravi e irreversibili”.
Lo studio
Ad oggi è il prione è l’unico biomarcatore, cioè l’unica molecola presente nell’organismo, che possa
fornire la certezza che il paziente è colpito da una encefalopatia spongiforme, una famiglia di
patologie tra cui vi è la malattia di Creutzfeldt-Jakob.
I ricercatori hanno potuto sviluppare un test sull’urina perché nel morbo della “mucca pazza” il
prione, oltre che nel cervello, è presente anche in diversi organi periferici (milza, tonsille, intestino,
muscolo etc) e, seppure in quantità infinitamente piccole, anche nel sangue e nell’urina. Al contrario,
invece, nelle forme sporadiche e genetiche della malattia, cioè quelle di cui non si è in grado
individuare la causa e quelle derivate da mutazioni genetiche, il prione si accumula quasi
esclusivamente a livello del sistema nervoso centrale, con la conseguente difficoltà di analizzare
questi tessuti per individuarlo.
Sinora, purtroppo, le comuni tecniche diagnostiche non erano in grado di rilevare le quantità
infinitesimali di questa proteina alterata circolante nel sangue e nell’urina. Il test elaborato
dall’Istituto Neurologico “Carlo Besta” e dalla UTHSC di Houston, invece, analizzando questi liquidi
biologici individua la malattia nel 93% dei casi e non dà “falsi positivi”, cioè non vi sono casi
erroneamente diagnosticati.
Il test
L’innovazione apportata dalla nuova tecnica risiede nell’avere la capacità di amplificare miliardi di
volte le “tracce” di prione presenti nell’urina dei pazienti, rendendole rilevabili. Questa tecnica è uno
sviluppo di una procedura già nota e utilizzata sinora solo in ambito di ricerca, la Protein Misfolding
Cyclic Amplification (PMCA).
Ma come funziona la tecnica? Spiega Fabio Moda, ricercatore dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta”
che ha condotto e coordinato questo studio da lui iniziato nel 2012 alla UTHSC di Houston: “Una
caratteristica peculiare del prione è quella di trasformare la proteina prionica ‘sana’ in una ‘malata’
quando ne viene a contatto. Il prione neo-formato, a sua volta, si lega ad altre proteine prioniche
normali e le trasforma, innescando così un meccanismo di conversione a cascata che promuove la
progressione della patologia. Quello che noi facciamo con la PMCA è alimentare con proteine sane il
campione da esaminare: se i prioni sono presenti le trasformeranno in proteine alterate con un
effetto a cascata, arrivando ad averne una quantità rilevabile con le comuni tecniche diagnostiche”.
La sindrome della “mucca pazza”
La malattia di Creutzfeldt-Jakob fa parte di un gruppo di patologie degenerative del sistema nervoso
centrale conosciute come encefalopatie spongiformi. Queste malattie sono causate dall’alterazione di
una proteina, la proteina prionica, che modifica la propria conformazione e assume caratteristiche
patologiche (prione), provocando un particolare tipo di degenerazione delle cellule nervose nota
come degenerazione spongiforme. In base alla sua causa, la malattia di Creutzfeldt-Jakob si
suddivide in tre forme: la forma sporadica (80% dei casi) che insorge senza una causa ancora
identificata, la forma genetica (15% dei casi) che insorge in seguito a specifiche mutazioni nel gene
della proteina prionica e infine la forma acquisita (5% dei casi) che può essere trasmessa da uomo a
uomo o da animale a uomo. Un esempio di trasmissione animale-uomo è rappresentato dal cosidetto
morbo della “mucca pazza” (encefalpatia spongiforme bovina) che si è trasmesso di bovini malati ad
alcuni esseri umani dando origine ad una forma variante della malattia.
*************************
THE NEW ENGLAND JOURNAL OF MEDICINE, 7 agosto 2014
PRIONS IN THE URINE OF PATIENTS WITH VARIANT CREUTZFELD-JAKOB DISEASE
Fabio Moda (1,2), Pierluigi Gambetti (3), Silvio Notari (3), Luis Concha-Marambio (1,4), Marcella Catania (2), Kyung-Won Park (1),
Emanuela Maderna (2), Silvia Suardi (2), Stéphane Haik (5,6), Jean-Philippe Brandel (5,6), James Ironside (7), Richard Knight (7), Fabrizio
Tagliavini (2) and Claudio Soto (1)
(1)
(2)
(3)
(4)
(5)
(6)
(7)
Mitchell Center for Research in Alzheimer’s Disease and Related Brain Disorders, University of Texas Medical School at Houston,
Houston (USA)
Istituto Neurologico “Carlo Besta”, Milano (Italy)
National Prion Disease Pathology Surveillance Center, Case Western Reserve University, Cleveland (USA)
Universidad de los Andes, Facultad de Medicina, Santiago (Chile)
Assistance Publique-Hopitaux de Paris, Cellule Nationale de Réference de maladies de Creutzfeld-Jacob, Groupe Hospitalier PitiéSalpétrière, INSERM Unité 1127, Université Pierre et Marie Curie-Paris 6, Paris (France)
Centre Nationale de la Recherche Scientifique, Unité Mixte de Recherche, Paris (France)
National CJD Research&Surveillance Unit, Western General Hospital, University of Edinburgh, Edinburgh (United Kingdom)
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