Donne e potere: valutare la presenza femminile nei CdA maggio
by user
Comments
Transcript
Donne e potere: valutare la presenza femminile nei CdA maggio
ASSOCIAZIONE ITALIANA DI VALUTAZIONE maggio-giugno 2015, n.12 !! SOMMARIO Mita Marra: “Donne e potere: valutare la presenza femminile nei CdA” Luciana Saccone: “Il contributo istituzionale alla realizzazione e valutazione di progetti che favoriscono la parità e l’innovazione sociale” Monica Andriolo: “Un’analisi qualitativa della presenza femminile nei CdA attraverso interviste alle protagoniste” Valentina Andreozzi: “CdA in Italia: presenza femminile nelle società pubbliche. Le potenzialità di una valutazione in chiave di genere della l. 120/2011” Catina Balotta: “Valutare le pari opportunità di genere” Donne e potere: valutare la presenza femminile nei CdA Mita Marra - Presidente dell’Associazione Italiana di Valutazione 1 Gli studi di genere, sin dalla loro nascita, si sono interrogati sulla relazione che intercorre tra genere e potere e, soprattutto, sulla possibilità di trasformarla. Il genere, inteso come costruzione sociale situata e mutevole, performance relazionale e insieme di pratiche anche molto variabili, offre le lenti interpretative capaci di svelare l’ordine simbolico e di potere strutturato e tacito, insito negli ambienti di lavoro e, in particolare, nelle ‘stanze dei bottoni’. Secondo l’approccio dell’ ‘intersezionalità’ nell’ambito dell’analisi di genere, le condizioni di subordinazione non sono legate solo ed esclusivamente al genere, ma alla posizione che ciascun individuo occupa nei contesti in cui opera. Si può essere al tempo stesso oppressi e oppressori a seconda delle condizioni in cui si opera e del potere relativo che si esercita. Ciò premesso, l’utilizzo di una prospettiva di genere nella valutazione può, da un lato, rivelare vecchie e nuove forme di egemonia, dispositivi e linguaggi dal carattere normativo, dall'altro permettere di rintracciare possibilità di ridefinizione, resistenza e sovversione. La valutazione condotta da una prospettiva di genere guarda al microscopio gli squilibri spesso impliciti in cui si generano e si perpetuano le discriminazioni, per scovare i meccanismi sociali, responsabili di dar corpo a disparità di trattamento a dispetto delle regole formali antidiscriminatorie. Anche in presenza di leggi illuminate e quando l’adesione a valori apertamente egalitari sembra largamente condivisa, si possono generare e avallare condizioni di disuguaglianza che limitano la libertà e accentuano nel tempo i rapporti di subordinazione. La valutazione in prospettiva di genere offre un’ulteriore possibilità: quella di intercettare le forme più virtuose di cooperazione e fiducia che possono crearsi e propagarsi tra uomini e donne attraverso azioni positive o altri tipi di interventi a favore dell’uguaglianza di genere, come ad esempio le misure tese a riequilibrare la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle imprese e delle aziende pubbliche. La valutazione può riconoscere le pratiche virtuose di collaborazione negli ambienti di lavoro che sono, nello stesso tempo, attente e sensibili alle esigenze personali e familiari della cura. La prospettiva di genere può, infatti, valorizzare e promuovere un'immagine delle donne quali soggetti pienamente “capaci di governare” (amministrare, rappresentare, dirigere e risolvere situazioni di rilevanza strategica); riconoscere, in particolare, la capacità di governo delle donne ultracinquantenni, superando lo stereotipo della donna anziana come persona da ghettizzare nel mondo della cura (da erogare o da ricevere); dare alle donne piena consapevolezza del loro valore e della necessità di promuoversi, specie alle giovani che spesso considerano (erroneamente) come superate le discriminazioni di genere. La valutazione, in altri termini, può contribuire a generare una cultura più democratica e egalitaria. Questo numero 12 della newsletter AIV è dedicato alla valutazione del ruolo femminile nei processi decisionali. In seguito al seminario tenutosi a Torino, lo scorso marzo, sul tema della presenza delle maggio-giugno 2015, n.12 2 donne nei CdA, Monica Andriolo, coordinatrice insieme a Catina Balotta del GT Pari Opportunità in AIV, ha curato questo numero che presenta gli approcci qualitativi e quantitativi in grado di cogliere in che modo le donne interpretano il proprio ruolo di leadership negli ambiti lavorativi e nei contesti economico-politico-istituzionali in cui esse operano. L’articolo di Luciana Saccone - Direttore Generale del Dipartimento per le Politiche della Famiglia Presidenza del Consiglio dei Ministri mette in rilievo il contribuito istituzionale alla realizzazione e alla valutazione delle misure a favore della parità e dell’innovazione sociale. Monica Andriolo entra nel merito del progetto “Il rosa e il grigio” promosso dalla società cooperativa S.&T. di Torino col finanziamento del Dipartimento Politiche per la Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito delle iniziative di promozione dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni, che mira ad aumentare la presenza femminile nei CdA. Valentina Andreozzi presenta il quadro delle azioni di monitoraggio utili alla valutazione d’impatto della legge sulla presenza delle donne nelle società pubbliche non quotate. Il contributo di Catina Balotta che chiude il numero propone una riflessione critica sugli approcci valutativi in prospettiva di genere. L’obiettivo di questo numero è duplice: (i) sensibilizzare i valutatori rispetto ai temi di genere e in particolare rispetto alle sfumature spesso impercettibili delle relazioni di potere; (ii) corroborare le risultanze valutative integrando l’analisi quantitativa con l’analisi qualitativa dei processi di emancipazione e autonomia decisionale— non meramente come gender evaluation mainstreaming, ma come sistematica attenzione all’equità sociale nella valutazione delle politiche pubbliche. Il prossimo numero 13 della newsletter AIV ripropone i contributi più salienti e innovativi dei giovani valutatori, i cui lavori di tesi sono stati segnalati nell’ultimo congresso di Genova. Invitiamo i lettori ad intervenire con commenti agli articoli e a suggerire approfondimenti ai temi trattati. Per proporre contributi scrivete a: [email protected] Il contributo istituzionale alla realizzazione e valutazione di progetti che favoriscono la parità e l’innovazione sociale Luciana Saccone - Direttore Generale Dipartimento per le Politiche della Famiglia - Presidenza del Consiglio dei Ministri La valutazione delle pari opportunità passa anche attraverso la selezione e l’ammissione a finanziamento di progetti che per tale obiettivo operino: è il caso del progetto “Il rosa e il grigio”, che è realizzato grazie al sostegno concesso dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri a valere sul bando emesso in occasione dell’ “Anno europeo dell'invecchiamento attivo e delle solidarietà tra le generazioni 2012”. Nell’attuale frangente di costante invecchiamento della popolazione, risulta essenziale riflettere e operare non solo in termini di welfare e servizi ma anche nell’ambito della progettazione culturale e proprio in questa direzione il Dipartimento ha inteso sostenere progetti che, operando per l'invecchiamento attivo e la solidarietà tra generazioni, prevedono un’innovazione sociale. Il capitale umano è la chiave per affrontare la sfida di una società che invecchia e che, insieme, richiede un impegno sempre più forte per far fronte a quella situazione di crisi economica che sta avendo ripercussioni molto gravi su più fronti: non solo la stabilità economica degli Stati, ma anche le dinamiche occupazionali, il tenore di vita, le condizioni sociali e, più in generale, la qualità di vita delle persone. Sono problematiche esplicitate anche dalle istituzioni europee, che, già nella Strategia “Europa 2020” redatta nel 2010 (Comunicazione della Commissione COM(2010) 2020 del 03/03/2010) indicava la necessità di “trasformare l’UE in un’economia intelligente, sostenibile e inclusiva caratterizzata da alti livelli di occupazione, produttività e coesione sociale” e invitava a mobilitare tutte le forze presenti, a partire dalle risorse umane, richiamando l’attenzione su fattori che, con l’acuirsi della crisi, sono divenuti sempre più rilevanti e cogenti. Coniugando queste sollecitazioni in una dimensione di invecchiamento attivo, si tratta di sviluppare quella che gli economisti hanno recentemente battezzato “silver economy”, quella branca dell’economia che riconosce e valorizza il patrimonio costituito dalle persone anziane, portatrici di esperienze, competenze, capacità utili e utilizzabili perché tramandabili. Guardare alle risorse umane come portatrici di capacità personali e professionali da valorizzare e da potenziare non può prescindere da un’attenzione alle diversità di genere e da un impegno al superamento di condizioni di svantaggio tuttora esistenti tra donne e uomini e che possono trovare un rafforzamento in negativo con l’avanzare dell’età, quando a fronte di un più facile riconoscimento della professionalità maschile anche nella nomina in posizioni decisionali, le donne rischiano un’ulteriore esclusione proprio perché già meno presenti nel lavoro e, proprio per questo, in quelle reti (formali e informali) fondamentali nelle dinamiche professionali. La presenza di un sistema produttivo e aziendale strutturato e governato in modo equo (tanto dal punto di vista generazionale quanto da quello di genere) consente, invece, non solo la creazione di un contesto più equilibrato, ma anche l’evolversi maggio-giugno 2015, n.12 3 di uno sviluppo più bilanciato, la riduzione di alcuni costi economici e sociali, la possibilità anche per le categorie a rischio di svantaggio di essere più libere nell’accedere e permanere nel mondo del lavoro perché meno gravate da vincoli che lasciano loro l’accesso a spazi (fisici e sociali) limitati e che, di fatto, inibiscono loro l’accesso agli altri spazi (del lavoro, della politica, della rappresentanza) di realizzazione e crescita personale, professionale, sociale. In questo quadro, all’obiettivo proposto dall’Anno Europeo 2012 e dal bando nazionale di valorizzare il positivo contributo delle persone anziane alla società e all'economia attraverso solidarietà e cooperazione tra le generazioni, il progetto “Il rosa e il grigio” ha voluto rispondere attraverso un passaggio intergenerazionale di qualità tra donne, in cui, da un lato, viene data voce a donne portatrici di esperienze professionali di vertice (in particolare nei CdA) e dall’altro viene innescato un percorso di empowerment per giovani donne. La compartecipazione del Dipartimento per le Politiche della Famiglia alle fasi progettuali sta contribuendo fattivamente a monitorare l’andamento del progetto e a valutarne la capacità, da un lato, di riconoscere il potenziale dell’attività femminile nei CdA (invecchiamento attivo), dall’altro, di rafforzare la crescita personale e professionale delle giovani (passaggio intergenerazionale). Pur non essendo ancora concluso, il progetto è stato valutato dal Dipartimento come buona prassi, da far conoscere insieme ad altri percorsi virtuosi attivati dai diversi progetti finanziati dal medesimo bando del 2012: a questo scopo, all’interno del Forum PA che si realizzerà a Roma tra il 26 e il 28 maggio 2015 verrà proposto un seminario che presenterà e proporrà il confronto su iniziative di invecchiamento attivo e di solidarietà intergenerazionale. Un’analisi qualitativa della presenza femminile nei CdA attraverso interviste alle protagoniste Monica Andriolo - GT Pari Opportunità AIV ([email protected]) Premessa Lo squilibrio di genere all’interno dei consigli di amministrazione rappresenta una sfida importante, fattore negativo tuttora esistente di discriminazione e diseguaglianza, ma anche di indebolimento dell’economia: infatti, l’equilibrio di genere nei CdA incide in misura positiva sui profitti delle imprese e, più in generale, sulla competitività, come sostengono diversi studi condotti annualmente (McKinsey & Company, Goldman Sachs, Ernst & Young, CERVED). Intervenire in quest’ambito rappresenta, allora, un rafforzamento per la stessa crescita, poiché consente di utilizzare a pieno il potenziale di risorse umane altamente qualificate. Si tratta di porre le donne nelle condizioni di competere per l’ingresso nei CdA, superando un gap che riguarda non solo le nomine, ma anche le candidature e che, quindi, richiede uno sforzo importante per porre le donne nelle condizioni di essere presenti, visibili, candidabili. La valutazione può e deve giocare un ruolo rilevante anche in quest’ambito, non solo attraverso monitoraggi che misurino il numero delle donne presenti nei CdA e che, in presenza di diminuzione del gender gap (come sta avvenendo grazie all’applicazione della legge 120/2011 sulle quote) diano adeguata visibilità a questi risultati positivi, ma anche e soprattutto cogliendo e valorizzando la capacità femminile e la qualità dell’apporto delle donne nei luoghi in cui si prendono decisioni. Un esempio di valutazione qualitativa: il progetto “Il rosa e il grigio” Partendo da queste premesse, il maggio-giugno 2015, n.12 4 progetto “Il rosa e il grigio” (promosso dalla società cooperativa S.&T. di Torino col finanziamento del Dipartimento Politiche per la Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito delle iniziative di promozione dell’invecchiamento attivo e della solidarietà tra generazioni) sta lavorando per aumentare la presenza femminile nei CdA attraverso analisi qualitativa relativa alla presenza femminile nei CdA e nelle posizioni decisionali, con l’intento di trarne gli elementi per creare rete tra senior che già hanno raggiunto ruoli di governance aziendale e giovani donne disposte alla carriera, affinché casi di successo femminile non restino fenomeni isolati ma divengano esempi da far conoscere e sprone per altre donne. Per promuovere il cambiamento, ovvero per contrastare la diseguaglianza e infrangere il soffitto di cristallo, la ricerca ha valorizzato la strategia dell’empowerment, inteso come modalità attraverso cui è possibile (e doveroso) cogliere soluzioni innovative traendole dall’esperienza delle senior. Risultato è la costruzione di un modello coerente con gli obiettivi di parità da applicare alla definizione dei CdA e alle politiche aziendali, istituendo un “albo di competenze” che raccolga “indicatori di qualità” inseribili dalle giovani nel curriculum accanto alle competenze professionali. A questo scopo, nel 2014 è stata realizzata una raccolta di testimonianze attraverso somministrazione di circa 30 interviste a donne componenti di CdA, imprenditrici, manager, che hanno offerto non solo le loro esperienze, ma soprattutto suggestioni, suggerimenti, stimoli, che saranno preziosi strumenti da consegnare alle giovani, attivando strategie di empowerment attraverso una “rete di apprendimento” fondata sullo scambio intergenerazionale. Per l’individuazione delle senior, si è partiti da donne in CdA di società piemontesi partecipate e quotate, preferendo quelle over 50 e che, per incarichi, storia professionale, competenze, dimostrano particolare attenzione alle pari opportunità e alla dimensione femminile nel lavoro. Sono state coinvolte anche donne in CdA di aziende e società non partecipate o quotate, per valutare quanto soggetti che non hanno prescrizioni normative rispetto alle quote siano attenti alla dimensione femminile nelle posizioni di vertice e governo aziendale. Le donne intervistate sono state individuate ciascuna per la carica professionale a livello individuale; tuttavia è da rilevare che molte di loro ricoprono anche ruoli importanti di rappresentanza nelle associazioni di categoria o all’interno di reti femminili di rilievo: ciò ha rappresentato un elemento di valore aggiunto per la ricerca, in quanto testimonianza della capacità delle donne di un impegno concreto per la piena realizzazione della parità e dell’uguaglianza di opportunità anche attraverso dinamiche di rappresentanza e di rete. La ricerca è stata condotta attraverso interviste, realizzate secondo modalità non direttiva e semi-strutturata, come ascolto e dialogo aperto, con alcune domande di stimolo alle quali è stato lasciato il più ampio spazio di risposta e di libero approfondimento. Si è ritenuto importante instaurare un rapporto diretto con ciascuna donna intervistata, in modo da raccogliere riflessioni, commenti ragionati, suggestioni, spunti di sviluppo, suggestioni rispetto sia al tema, sia agli interessi e alle aspettative che le donne esprimono. La disponibilità dimostrata, fin dalla fase di contatto, dalle donne coinvolte è stata particolarmente importante, poiché ha consentito di coglierne al meglio le esperienze. In particolare, il dialogo e lo scambio hanno favorito l’emergere di una forte autoconsapevolezza rispetto alla prospettiva di genere e, insieme, una elevata capacità di governance femminile, insieme a uno spiccato interesse per le dinamiche di rete e di tutte le possibili occasioni (formali e informali) di scambio di informazioni, strategie, metodi di lavoro, idee. Nonostante la conduzione aperta delle interviste, la verbalizzazione è stata realizzata seguendo una batteria di 10 domande, in modo da cogliere e rendere facilmente visibile quanto espresso da ciascuna protagonista. Le interviste così strutturate sono state quindi riportate, previa validazione di ciascuna intervistata e senza alcun commento, sul sito del progetto (www.ilrosaeilgrigio.it), al fine di essere rese disponibili nella loro originalità. Il progetto ha innescato una proficua rete con AIV in particolare attraverso il Gruppo Tematico Pari Opportunità, con il quale il 26 marzo 2015 è stato realizzato un evento di presentazione e di valutazione relativa alla presenza delle donne nei CdA sia con una riflessione sui risultati delle interviste (valutazione qualitativa), sia con dati aggiornati sull’applicazione della Legge Golfo-Mosca (valutazione quantitativa). Inoltre, il progetto è stato presentato a Genova al Congresso Nazionale AIV, dando visibilità al percorso metodologico di carattere valutativo. I risultati della valutazione Dalle voci delle protagoniste, è possibile e utile cogliere alcuni messaggi o elementi ricorrenti, visualizzabili in parole chiave, che possono essere assunte come distintive dell’azione femminile all’interno di consigli di amministrazione e in posizioni di vertice e di governance aziendale. Le senior intervistate dimostrano di essere soggetti fortemente attivi e propostivi di crescita economica, occupazionale, sociale, a prova di quanto le donne siano in grado – se messe nelle condizioni – di superare la discriminazione e partecipare appieno alle dinamiche dello sviluppo, apportando anche fattori di cambiamento. La valutazione ha consentito di far emergere stimoli in almeno tre maggio-giugno 2015, n.12 5 direzioni: promuovere un'immagine delle donne quali soggetti pienamente “capaci di governare” (amministrare, rappresentare, dirigere e risolvere situazioni di rilevanza strategica), in una prospettiva ampia di valorizzazione delle donne nel lavoro; riconoscere la capacità di governo delle donne ultracinquantenni, superando lo stereotipo della donna anziana come persona da ghettizzare nel mondo della cura (da erogare o da ricevere); dare alle donne piena consapevolezza del loro valore e della necessità di promuoversi, specie alle giovani che spesso considerano (erroneamente) come superate le discriminazioni di genere. In concreto, l’elaborazione delle riflessioni e delle sollecitazioni delle senior ha guidato a definire un percorso per la creazione di un gruppo di giovani competenti, motivate e pronte a partecipare ai meccanismi di governance, da coinvolgere attraverso spazi di dialogo intergenerazionale e momenti di in-formazione. Momento centrale sarà un evento ampio di divulgazione e di approfondimento dei temi del progetto e dei suoi contenuti che, per essere efficace e coinvolgente, sarà in modalità stanziale di “summer school”, nell’arco di 4 giornate (dal giovedì pomeriggio alla domenica mattina), presso il Castello di Pavone Canavese (TO), a metà giugno 2015. Il percorso valorizzerà lo scambio intergenerazionale, attraverso strategie di dialogo, di relazione formale e informale, di trasferimento di competenze mutuate dal mentoring e alternando momenti di approfondimento affidati a docenti di livello accademico, “focus” che daranno voce alle giovani, spazi di dialogo e scambio più informali, realizzazione di una “visita di studio” presso i luoghi olivettiani (Ivrea) con un percorso di narrazione sulle modalità di governo aziendale di Adriano Olivetti che potranno essere proficuamente prese ad esempio da donne che si affacciano alla carriera e che potranno avere nel loro futuro ruoli di management e di governo aziendale. Il progetto prevede ancora un evento conclusivo (a fine 2015) che sarà di discussione dei contenuti e dei materiali che verranno nei prossimi mesi prodotti, proponendo il passaggio intergenerazionale come strumento per una positiva desegregazione nel lavoro e per il pieno inserimento femminile anche ai più alti livelli di carriera e rappresentanza. Per mantenere e approfondire lo scambio, sono stati attivati alcuni strumenti interattivi: un sito dedicato al progetto www.ilrosaeilgrigio.it; una pagina Facebook ilrosaeilgrigio e un account twitter @rosagrigio. Tali strumenti consentono di mantenere un costante dialogo e di ampliare lo scambio, mettendo in rete tra loro tutte le donne coinvolte e raccogliendo contributi da parte di chiunque vorrà partecipare. Conclusioni Come la valutazione dimostra, ad oggi esistono situazioni e territori a “sostenibilità di genere”, con importanti esempi di “gender governance”, in cui le donne riescono a dimostrare e mettere a sistema le loro capacità e specificità. Si tratta di esempi positivi di pari opportunità che potrebbero dare risultati ancora più importanti rendendoli noti e trasferibili. In questa direzione, ambito privilegiato sul quale lavorare è la capacità di valutare, valorizzare e utilizzare tutte le risorse umane (donne e uomini) secondo criteri di efficacia ed equità e senza contrapposizione; ma, per evitare una sterile neutralità o situazioni di “discriminazione implicita”, deve essere più fortemente riconosciuta come fattore positivo la valutazione delle differenze di genere, declinandola in modo più esplicito all’interno di strategie che diano alle donne la possibilità e gli strumenti per acquisire e sviluppare una propria capacità di scelta e di gestione della vita e del lavoro, potenziando in particolare la capacità di direzione e di governo che le donne dimostrano di possedere. maggio-giugno 2015, n.12 Le donne stesse sono protagoniste (non sempre consapevoli, ma attive) di questi meccanismi di miglioramento e di cambiamento positivo, come l’analisi delle esperienze delle senior dimostra: la sfida è, allora, che questo processo sia diffuso e incoraggiato, affinché il risultato della valutazione relativa alle pari opportunità non resti esercizio teorico, ma dia alla valutazione medesima un ruolo essenziale, proponendola come uno degli strumenti da utilizzare per creare un sistema in cui l’equità può concretamente rafforzare lo sviluppo e ridurre i costi economici e sociali, eliminando quegli sprechi non solo iniqui ma oggi non più sostenibili. Riferimenti bibliografici Ciucci F. (2012), L’intervista nella valutazione e nella ricerca sociale. Parole a chi non ha voce, Franco Angeli, Bologna Cuomo S., Mapelli A. (2012), Un posto in CdA. Costruire valore attraverso la diversità di genere, EGEA, Milano Del Boca D., Mencarini L., Pasqua S. (2012), Valorizzare le donne conviene. Ruoli di genere nell’economia italiana, Il Mulino, Bologna Festuccia F. (2013), L’altra metà del CdA. Sfide, avventure e successi delle donne manager in Italia, LUISS University Press, Roma Gherardi S., Poggio B. (2003), Donna per fortuna, uomo per destino. Il lavoro raccontato da lei e da lui, ETAS, Milano CdA in Italia: presenza femminile nelle società pubbliche. Le potenzialità di una valutazione in chiave di genere della l. 120/2011 6 Va l e n t i n a A n d re o z z i - G T P a r i Opportunità AIV ([email protected]) Premessa L’Italia sta assistendo ad una rivoluzione significativa nella leadership femminile, sebbene la sottorappresentazione delle donne nei processi decisionali economici sia ancora un fenomeno diffuso in tutta Europa. Il Rapporto 2014 "Global Gender Gap", pubblicato dal World Economic Forum, mette in evidenza nel Gender gap index che nelle prime cinque posizioni spiccano i paesi del nord Europa: Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia e Danimarca. L'Italia si posiziona al 69° posto nell'indice generale e rispetto alla partecipazione delle donne in politica è al 37° posto, ma rimane molto da fare in campo economico dove siamo al 114° e al 129° per parità salariale. Relativamente, invece, alla presenza delle donne nei board, gli ultimi dati pubblicati dalla Commissione europea indicano che il cosiddetto soffitto di cristallo comincia a incrinarsi. Negli ultimi anni la percentuale di donne ai vertici aziendali europei ha registrato un aumento storico, soprattutto in Paesi come Francia, Italia, Danimarca e Germania che hanno introdotto di recente misure legislative in tal senso. Per favorire l’incremento della presenza femminile nelle posizioni apicali sono stati implementati diversi modelli; l’Italia come da poco anche la Germania, ha scelto il modello delle quote. Il modello basato sulle quote è un modello di azione positiva che prevede l’inserimento di quote di genere nei board, senza distinguere la tipologia di carica ricoperta (executive e non executive). È datata 6 marzo 2015 la legge approvata in Germania, grazie alla quale, a partire dal 2016, le 108 grandi aziende tedesche quotate in borsa dovranno riservare alle donne il 30% dei posti nei consigli di amministrazione. In Italia, dal febbraio 2012 si applica la legge 120/2011, così detta legge Golfo-Mosca. Per la prima volta un’ azione positiva viene applicata alle società per azioni quotate e non quotate controllate da pubbliche amministrazioni in Italia. In Europa è l’esempio di legislazione più recente in questo senso. In particolare, ad ottobre 2014 la quota media di donne nei board nelle maggiori società pubbliche quotate europee ha raggiunto la soglia del 20,2%. Trai i paesi che hanno registrato gli incrementi più significativi nell’ultimo periodo, l’Italia con un +19,1% si colloca in seconda posizione, preceduta dalla Francia (con un +20,1%). Di recente la Consob ha diffuso dati per l’Italia ancora più positivi: al 30 aprile 2015 risulta una percentuale del 25,5% di donne nei CdA delle società quotate, contro il 22,7% a fine 2014 e il 17,8% a fine 2013. Inoltre, è presente almeno una componente donna in 228 società quotate, ovvero nel 95,8% al 30 aprile dell’anno in corso; contro le 217 società (91,9%) a fine 2014 e 202 società (83,5%) a fine 2013. Il ruolo del monitoraggio e della valutazione: La previsione, all’interno dell’impianto legislativo della l. 120/2011, di un monitoraggio ad hoc per verificarne l’adempimento, ha permesso di valutare fin da subito l’efficacia di questa nuova azione positiva. Questo è un dato importante e ha permesso al Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha il compito di implementare il monitoraggio, di evidenziare fin da subito punti forza e criticità della legge. Per effettuare questa attività di monitoraggio il DPO dispone da aprile 2014 dell’anagrafe delle società controllate dalle amministrazioni pubbliche, elaborata insieme a Cervedgroup spa. Il DPO ha elaborato un criterio di priorità di vigilanza in base a specifiche caratteristiche delle società non compliant, che in relazione alle evidenze dell’anagrafe Cervedgroup a gennaio 2015 risultano essere 501. In base a questo criterio ogni mese vengono avviati almeno 15 procedimenti amministrativi verso le società non compliant controllate da una sola pubblica amministrazione con il fatturato maggio-giugno 2015, n.12 7 relativo più elevato nelle 5 ripartizioni geografiche individuate (Nord/Ovest; Nord/ Est; Centro; Sud; Isole). Per completare il quadro degli indicatori a disposizione il DPO riceve segnalazioni spontanee che indicano la compliance o meno delle società pubbliche alla legge 120/2011. Il DPO avvia procedimenti amministrativi verso le società non compliant anche in base alla raccolta di questi dati. Questo impianto di monitoraggio ha fornito i primi dati utili ad una successiva valutazione dell’effettivo impatto della legge rispetto alla presenza delle donne nelle società pubbliche non quotate. Per quanto riguarda invece le società quotate la legge prevede che sia la Consob ad occuparsi della vigilanza e di erogare le successive sanzioni, in questo caso anche pecuniarie. L’Italia nel 2010, rispetto ai principali paesi europei, si caratterizzava per una più bassa presenza femminile nei CdA delle società quotate, raggiungendo una quota pari solo al 6%, rispetto alle vette superiori al 20% di Finlandia e Svezia e all’inarrivabile 42% della Norvegia. Con l’introduzione della legge 120/2011, la presenza femminile nei CdA delle società quotate italiane è cresciuta in modo consistente. Le posizioni nei CdA delle società quotate occupate da donne sono oggi il 25,5% a fronte del 20% imposto dalla legge Golfo-Mosca al primo rinnovo di mandato. Dagli ultimi dati relativi all’attività di monitoraggio svolta dal Dipartimento Pari Opportunità, risulta che, grazie al meccanismo delle quote di genere, la presenza delle donne all’interno degli organismi di amministrazione e controllo delle società pubbliche non quotate è in aumento, raggiungendo la percentuale del 25,8% nell’ambito degli organi collegiali rinnovati a partire dal 13 febbraio 2013. La presenza di donne complessiva è pari al 20% sul totale degli oltre 24 mila membri degli organi collegiali di amministrazione e controllo delle circa 4 mila società pubbliche non quotate in cui uno o più enti della PA detengono una partecipazione superiore al 50%. Effetti diretti e indiretti Secondo un’analisi effettuata dal Dipartimento, grazie alla legge, nei prossimi anni si apriranno nuove posizioni per le donne. Il ricorso allo strumento delle quote di genere ha visto nuovi impieghi in contesti diversi. Gli effetti sono positivi in termini di aumentata presenza femminile negli organi decisionali delle società pubbliche e anche di quelle quotate. Si stanno verificando poi, altri effetti positivi, che non sono direttamente connessi con il dispositivo di legge ma che certamente sono connessi con la sua applicazione. L’aumentata presenza femminile si è accompagnata ad un trend positivo, successivo all’entrata in vigore della l. 120/2011, di miglioramento degli indici di qualità nella composizione degli organi societari delle società quotate. È aumentata la presenza di laureati e in maggioranza vi sono più laureati donna. Si è abbassata l’età media dei componenti dei CdA e sono diminuiti i legami famigliari tra componenti. A questi effetti positivi si aggiungono però delle distorsioni del sistema, come ha recentemente sottolineato il commissario Consob Luca Enriques. Il primo è che i consigli di amministrazione potranno diventare più piccoli perché, dice il commissario, “le società ridurrebbero il numero dei componenti del genere meno rappresentato da eleggere, se non altro per ridurre il numero di volti nuovi in consiglio e i correlati rischi”. Il secondo possibile effetto è che la durata dei consigli di amministrazione “potrebbe passare da 3 anni a 1”. La nuova legge — spiega Enriques — si applica solo per tre mandati consecutivi. Per prassi in Italia la durata degli organi sociali è di tre anni, “ma nulla vieta di prevedere durate inferiori — ricorda il commissario Consob —. Se una società sceglie la durata di un anno la legge le si applicherebbe per soli tre anni” (ma in questo caso si dovrebbe arrivare alla quota del 30% al secondo anno, ndr). “Quote di genere a parte — dice Enriques — la durata di un anno sarebbe uguale a quella prevalente maggio-giugno 2015, n.12 nei Paesi d’origine dei principali investitori istituzionali. Essi apprezzerebbero la novità, in quanto loro familiare”. Da una prima analisi di contesto possiamo quindi affermare che la legge sulle quote si sta rivelando uno strumento buono rispetto all’obiettivo di aumentare la presenza femminile nelle posizioni apicali ma affinché si realizzi un cambiamento duraturo anche all’interno delle postazioni decisionali economiche, occorre un mutamento culturale e una modifica strutturale dell’organizzazione del lavoro. Riferimenti web http://www.pariopportunita.gov.it/ index.php/quotedigenere http://www.consob.it/web/areapubblica/societa-quotate http:// www.womenmeanbusiness.it/ news.html http://www.ilrosaeilgrigio.it/ Valutare le pari opportunità di genere Catina Balotta - GT Pari Opportunità AIV ([email protected]) 8 Il contesto All’interno del progetto “Il rosa e il grigio” di cui si scrive esaustivamente in questa rivista, è stato possibile proporre un momento specifico attinente il tema della “Valutazione delle pari opportunità di genere”. Tale tema interfaccia l’operatività di “il rosa e il grigio” in quanto la modalità di analisi e sintesi delle interviste realizzate grazie al progetto possono essere considerate una forma di valutazione di stampo qualitativo che affronta il tema delle pari opportunità nei contesti lavorativi, e più nello specifico, all’interno dei CdA (consigli di amministrazione) aziendali. Prima di affrontare il tema della valutazione e delle modalità in cui può concretizzarsi all’interno di progettualità che coinvolgono in primis le donne (ma non solo), può essere utile definire la cornice entro la quale la valutazione in oggetto diventa un paradigma attivante e propositivo di cambiamento. Possiamo così affermare che: i) Il concetto di genere indica una divisione tra i sessi imposta socialmente (Rubin 1975). La correlazione tra il concetto di genere e l’analisi della condizione della donna ha avuto origine all’interno del pensiero femminista ed è stato successivamente condiviso da una parte rilevante degli women studies (Piccone Stella, Saraceno 1996). ii) Il concetto di pari opportunità di genere si basa sulla necessità di uguaglianza giuridica e sociale fra uomini e donne, al fine di ricollocare la differenza di genere in un ambito di parità di diritti e di stabilire un giusto rapporto tra i sessi. L’obiettivo che sta alla base di tale assunto è dare alle persone adulte la possibilità di compiere delle scelte, sia relative alla vita privata che professionale, senza che queste diventino oggetto di discriminazione (Prima conferenza mondiale sulle donne – Città del Messico 1975). iii) Associato al concetto di pari opportunità c’è il concetto di conciliazione, ovvero l’individuazione di quelle strategie che consentono le pari opportunità in ambito lavorativo e sociale. Il termine conciliazione si riferisce alla ricerca di un equilibrio tra due sfere della vita: il tempo del lavoro retribuito e il tempo delle attività non retribuite (siano esse attività di accudimento/cura o di gestione del tempo libero). (Zabadino, Fortunato 2008; Quadrelli 2012). iv) Chiamiamo valutazione l’insieme delle attività necessarie/ utili per esprimere un giudizio sulla bontà di un sistema/ intervento/programma/politica. Il giudizio da esprimere (se una cosa funziona o no, perché, come potrebbe essere…) non è una “impressione soggettiva” ma è fondato su attività rigorose che includono la ricerca, la comunicazione e la negoziazione fra le parti. (Bezzi 2010). Chiarito il framework di riferimento possiamo tentare, in modo molto sintetico, di rispondere alle seguenti domande: Cosa si valuta quando si affronta il tema delle “pari opportunità di genere”? Quali sono i principali approcci valutativi? Quando si valuta? Cosa si valuta? Credo che gli ambiti dove la valutazione delle P.O. (pari opportunità) si estrinseca siano almeno tre. Il primo riguarda la valutazione di quei progetti/interventi che hanno come obiettivo lo sviluppo delle P.O. Se ad esempio un progetto/ intervento è volto a realizzare iniziative favorevoli alla conciliazione e conseguentemente alle P.O., diventa fondamentale verificare se tale conciliazione è stata davvero raggiunta e/o incrementata (es: il nuovo “spazio giochi” aziendale consente davvero una maggiore condivisione del tempo gioco tra genitori e figli? Oppure: lo spazio, così come strutturato, permette alle giovani madri di recuperare un po’ di tempo per se stesse, una percentuale quindi di tempo libero?) Il secondo ambito dove la valutazione delle P.O. è strategica è quello multiforme, mutevole e vastissimo di tutte le progettualità che si muovono secondo una mission (potremmo definirla “pubblica”) che porta ad una gestione, secondo logiche “paritarie”, del progetto/ intervento. Ciò che in questo caso la valutazione dovrebbe evidenziare è la “gestione paritaria” (equitativa ed equidistribuita tra stakeholder uomini e donne) attuata nel progetto e la modalità con cui l’intero intervento è stato svolto e portato a termine (a cominciare dalle stesse possibilità garantite ai ricercatori uomini/donne impegnati nel progetto/intervento di partecipare in maniera attiva e di contribuire in modo ugualmente incisivo alla buona riuscita delle attività in essere). Il terzo ambito dove la valutazione delle P.O. è sicuramente strategica maggio-giugno 2015, n.12 9 è quello degli impatti dei progetti/ interventi sulle modalità politico/ istituzionali del territorio. Se si può affermare che le modalità di gestione del progetto (qualunque tema il progetto affronti) e i suoi risultati hanno impattato incrementando logiche relazionali “paritarie” sul territorio, allora possiamo affermare che quel progetto ha lavorato anche per le “pari opportunità”, indipendentemente dall’oggetto specifico trattato dalla progettualità analizzata. Nei progetti sociali, sanitari e formativi i principi di P.O. sono fondamentali e determinano l’accettabilità sociale del progetto stesso. Quali approcci valutativi? Esistono approcci diversi alla valutazione che possono servire da “faro” e che presi “in toto” oppure in forma “spuria/combinata” orientano l’agire valutativo in generale e, in particolare, nei progetti attinenti le P.O. Negli approcci sperimentali ad esempio, la valutazione si fonda su una teoria della spiegazione causale basata sul principio della successione nel tempo fra causa ed effetto. Tali approcci utilizzano il metodo sperimentale cercando di tenere sotto controllo le variabili intervenienti. Funzionano particolarmente bene per programmi educativi o di cura/ sanitari. Negli approcci pragmatisti l’agire si basa sull’attenzione al tema dei valori, sull’importanza che assume l’utilità della valutazione, sul relativismo. Funziona particolarmente bene per i servizi innovativi. Nei modelli costruttivisti ci si focalizza sulle modalità con cui un programma è attuato (i criteri di opinione derivano dalle opinioni dei vari stakeholder). É, a parer mio, particolarmente utile quando si va verso l’implementazione di nuove politiche sociali e sanitarie (ma non solo). Inoltre si può pensare, su basi utilitaristiche, anche ad un incrocio possibile dei vari modelli. Credo che proprio questa “sensibilità utilitaristica”, che permette un incrocio tra modalità e modelli possibili, renda possibile una valutazione di contesti difficili, in cui: - non ci sono tutte le informazioni che si vorrebbero, ma ce ne sono a sufficienza; - non sono applicabili tutte le tecniche che si considerano standard ma lo sono almeno alcune; - non si raggiungono i risultati valutativi previsti dalla committenza ma emerge almeno un risultato (magari non previsto in partenza) che soddisfa comunque e invoglia a rifinanziare il progetto/intervento. I progetti che lavorano nello specifico sulle P.O. hanno quasi sempre almeno una di queste caratteristiche. Buoni lavori di valutazione devono saper produrre un circuito ricorsivo che da una parte evidenzi ciò che di paritario davvero esiste e, dall’altra, proponendo i margini di miglioramento e gli spazi di risposta ai bisogni di conciliazione, facilitino l’implementazione di nuove strategie rispondenti contemporaneamente ai principi di parità e di equità. La legittimità del lavoro su questo tema è quindi supportata da due ordini di motivi: - l’etica aziendale dovrebbe includere le pari opportunità di genere come valore fondante l’agire, il lavoro e la mission delle aziende – In alcune tipologie di aziende, si pensi ad esempio alle cooperative sociali, lavorano molte donne. È quindi questo il locus privilegiato dove valori dinamici (attinenti le P.O.) e la loro applicazione operativa possono trovare da subito uno spazio per il radicamento ed un territorio fertile per il ripensamento e l’azione. Ritengo infine che la valutazione possa diventare/riuscire ad essere un valido strumento di supporto alla diffusione delle pari opportunità se viene progettata e realizzata secondo una logica di “partecipazione alla valutazione” [Multistakeholder evaluation, Bartezzaghi 2010] e sappia declinare con molto rigore alcune fasi specifiche dei disegni maggio-giugno 2015, n.12 di valutazione che sono: la progettazione, la comunicazione dei risultati e il controllo di qualità del processo di valutazione e dei suoi esiti. 10 Quando si valuta? I tre momenti fondamentali della valutazione di progetti/interventi e programmi, possono essere riassunti come segue: i) La valutazione ex ante. Tale valutazione consiste in una analisi sistematica delle conseguenze attese di un intervento/progetto. Tale analisi contempla una più attenta definizione degli obiettivi da raggiungere, una esplicitazione degli impatti prevedibili sugli stakeholder (tutti coloro che hanno qualcosa da perdere o da guadagnare rispetto all’attuazione del progetto/intervento), una indicazione delle alternative a disposizione del decisore una volta individuato uno o più problemi da risolvere. La valutazione ex ante serve quindi a rendere evidenti: alternative possibili, obiettivi più chiari, trasparenti e verificabili. Consente quindi di elaborare informazioni al fine della selezione delle modalità di intervento che si presume sarà maggiormente efficace rispetto all’obiettivo definito.* ii) La valutazione in itinere. Tale valutazione si colloca in un momento intermedio del ciclo di vita di un progetto/intervento: quello che intercorre tra la fine del disegno progettuale e il momento in cui il progetto pienamente attuato viene sottoposto a valutazione finale. La “valutazione in itinere” può quindi essere definita come una attività sistematica volta a verificare la fase di implementazione di un progetto/intervento e a valutare i primi risultati “di prodotto” e laddove è possibile, di primo impatto.** iii) La valutazione ex post. Questo ultimo tipo di valutazione costituisce lo stadio conclusivo del ciclo della valutazione stessa, quella in cui il progetto/intervento analizzato e attuato nelle sue conseguenze attese durante la valutazione ex ante e nei suoi primi risultati con la valutazione in itinere, viene analizzato alla luce di prodotti e impatti. É la fase in cui le attività di ricerca valutativa generano informazioni concrete sulla qualità del progetto/ intervento. Idealmente le conclusioni raggiunte dovrebbero raccordarsi con il disegno di una nuova progettualità.*** In tutti questi tre “momenti” l’attenzione alla valutazione delle P.O. implementate, agite e, in alcuni casi, decisamente sostenute, deve essere massima sia che si tratti di progetti che hanno come obiettivo l’incidere direttamente sulle strategie e soluzioni di “parità” tra uomo e donna, sia in quei progetti che perseguono obiettivi spostati su altri fronti ma che devono comunque fare degli approcci gestionali e di management uno strumento e una palestra per la diffusione dei principi di Parità. ***Per approfondimenti: Martini e Sisti [2009], Stame [2004], Pennisi [1991], Ferlie, Lynn Jr. e Pollitt [2005], Guba e Lincoln [1989] Riferimenti bibliografici Balotta C., Lazzaro L. (2013), Pari opportunità in cooperazione: ricerca valutazione e sviluppo, InSide, Bolzano Bernardi L. (2005), Percorsi di ricerca sociale: conoscere, decidere, valutare, Carocci, Roma Bezzi C. (2010), “Il nuovo disegno della ricerca valutativa”, FrancoAngeli-AIV Bezzi C., Palumbo M. (1988), Strategie di Valutazione, Gramma, Perugia La Spina A., Espa E. (2011), Analisi e valutazione delle politiche pubbliche, Il Mulino, Bologna Moro G. (2011), “La valutazione possibile: Metodi e casi”, FrancoAngeli Note *Per approfondimenti: Carley [1980], Bezzi [2001], Dunn [2004], Marr [2009], Shaw [2000], Schneider e Ingram [1997], Quinn Patton [2002], Pennisi e Scandizzio [2003] **Per approfondimenti: Hill e Hupe [2002], Kudek e Rist [2004], Kudeck e Georgens [2010], Lippi [2007] Per associarsi ad AIV, le quote d’iscrizione sono: -100,00 euro, soci ordinari -50,00 euro, soci giovani, a norma di Statuto e Regolamento sotto i 30 anni di età e i dottorandi (senza limiti di età), iscritti ai Master patrocinati AIV. -150,00 euro, soci amici dell’AIV Effettuare il pagamento della quota associativa tramite bonifico bancario versando la quota associativa sul c/c di Banca Prossima IBAN IT 41 L033 5901 6001 0000 0062 397 Importante!!! Nella causale del bonifico specificare il proprio nome e cognome 11 www.valutazioneitaliana.it