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“Vince solo chi è convinto di poterlo fare.”
Anno IV – Numero XII – aprile / maggio / giugno 2014 -- Il Giornalino del L.S.S. Vito Volterra liceovolterra.it “Vince solo chi è convinto di poterlo fare.” Virgilio editoriale ViPaaK Mr. V Siris INDICE Il pluripremiato elettron-volt (pag. 3) Venti di guerra attraversano l’Ucraina (pagg. 4, 5) Andy Warhol sbarca a Roma (pagg. 6, 7) Dieci mesi in Australia (pagg. 8, 9) Nikola Tesla (pagg. 10, 11) Attenti al virus! (pagg. 12, 13) Robocop è un drone (pagg. 14, 15) GDA: La scuola agli studenti (pagg. 16, 17) Vent'anni: un capitolo tutto da scrivere (pag. 18) Il Grattacielo (pagg. 19, 20, 21) Passeggiate lunghe un ricordo (pag. 27) Una nuova Vittoria Carassimi Volterriani, bentrovati su questo terzo ed ultimo numero del giornalino dell’ anno scolastico 2013-2014. Come avrete capito dalla copertina, abbiamo vinto un concorso, che si aggiunge alle soddisfazioni che questo progetto ci dona. Si tratta del Concorso Carmine Scianguetta, la cui premiazione, alla quale noi della direzione abbiamo presenziato, si è tenuta il 17/05/2014, a Manocalzati(AV), come ogni anno. Infatti avevamo già partecipato negli anni passati vincendo il Primo e il Secondo premio. Quest’anno invece siamo vincitori del Premio Speciale per la Grafica e i Contenuti e di questo non possiamo che essere contenti, chiudendo gloriosamente questa quarta edizione del nostro giornalino. Detto ciò, ringrazio tutti i componenti della redazione e tutti quelli che ci hanno aiutato, come i nonni e altri studenti che hanno collaborato con noi e ringrazio anche voi lettori che continuate a supportare il nostro lavoro con entusiasmo. Infine, buona fortuna a tutti i ragazzi del quinto che, come me e molti altri della redazione, tra meno di un mese sosterranno gli esami di stato. Ah dimenticavo… Buone Vacanze!!! gabriele giuliani Compagno di banco o bigliettino? Questo è il dilemma (pag. 22) Recensione del romanzo di S. Bonvissuto “Dentro” (pag. 23) E la felicità prof? (pag. 24) Senza smettere di guardare il cielo (pag. 25) Volterrap (pag. 26) Ancora caro Samuel... (pag. 28) Ricette di nonno Nando (pag. 29) (pag. 30) (pag 31) www.liceovolterra.it rubrica Il pluripremiato elettronvolt “Il giornale è molto apprezzabile dal punto di vista dei contenuti, che vengono espressi dai giovani giornalisti con incisività e originalità. Le immagini concorrono sapientemente a dare maggiore efficacia ai testi scritti”. È questa la motivazione per premio. Per fortuna c’era la cui siamo stai premiati, anprofessoressa, che ha parche quest’anno, alla lato per tutti noi. XIV edizione del Siamo quindi ritornati a Concorso NazioCiampino stanchi, ma sodnale Scolastico di disfatti. Manocalzati (AV). È, infatti, importante per Il 17 maggio scorso, noi ricevere un riconosciinfatti, ci siamo remento per un lavoro svolto cati a ritirare il precon tanto impegno ed entumio con la professosiasmo. ressa Fuselli e due È un incoraggiamento ad genitori, che ci andare avanti, dando semhanno accompapre il meglio di noi stessi. gnati con le loro È una spinta in più che ci macchine. aiuta a superare tutte le difEra presto quando ficoltà che incontriamo nel ci siamo incontrati nostro cammino e ci fa cadavanti alla scuola pire che, se vogliamo raged eravamo tutti un giungere dei traguardi, po’ euforici. Non sapevamo dobbiamo crederci fermaquale premio avremmo ricemente, ma soprattutto imvuto. eravamo ancora di più pegnarci seriamente. Giunti a destinazione, dopo quando ci hanno consegnato Il prossimo anno saremo, una lunga attesa, siamo stati la coppa, l’attestato ed un quindi, ancora più forti e più invitati a salire sul palco. Eracartoncino sul quale era entusiasti. vamo emozionatissimi e lo scritta la motivazione del mirko grossi www.liceovolterra.it cronaca Venti di guerra attraversano l’Ucraina Da circa tre mesi una grave crisi politica sconvolge l’Ucraina. Dal punto di vista economico, dopo una sfavorevole congiuntura sociale all’inizio degli anni ‘90, l’economia ucraina è cresciuta. Grazie all’aiuto dell’Europa centrale, l’Ucraina e i suoi 45 milioni di abitanti potrebbero vedere migliorato il proprio tenore di vita. A tali tendenze unificatrici si oppongono, però, interessi opposti. Il presidente Putin non è favorevole ad un’eventuale entrata dell’Ucraina nell’U.E., in quanto, se ciò effettivamente dovesse verificarsi, la Russia non potrebbe più continuare ad esercitare il suo controllo sul Paese. L’Ucraina, infatti, riveste grande importanza per gli interessi sovietici poiché assicura il controllo di numerosi gasdotti. La regione della Crimea con la base navale di Sebastopoli, in "affitto" a Mosca fino al 2042, più una serie di caserme, poligoni e porti sono postazioni usate direttamente dalla Russia. Per non parlare poi della strategica posizione geografica della regione: da Sebastopoli partono navi dirette in tutte le zone del Mediterraneo. La prima fase dell’attuale rivolta ha inizio il 21 novembre 2013, allorché il governo dell’allora presidente ucraino filo-russo Janukovych decide di non firmare l’accordo con l’Unione Europea. Le motivazioni del rifiuto sono direttamente riconducibili allo stretto controllo della Russia sull’intero paese. Il Cremlino, di rimando, propone a Janukovych un contro-accordo che verrà accettato: la Russia si impegna ad elargire 15 miliardi di Grivnia (moneta ucraina) ed a ridurre i prezzi del gas. Questa scelta politica del premier ucraino genera proteste che, dapprima pacifiche, assumono in breve tempo una piega violenta. La notte del 30 novembre quando i Berkut, le forze speciali ucraine, sgomberano con la forza piazza Maidan non resta più alcuna traccia del precedente pacifismo e delle bandiere europee. L’obiettivo è diventato quello di opporsi alla mala gestione di Janukovych. È in questa fase che assumono la guida, progressivamente, i gruppi d’opposizione più estremi. La protesta diventa una vera e propria guerriglia urbana e l’obiettivo principale è la rimozione del premier ad ogni costo. Il 22 febbraio, infine, il presidente fugge da Kiev; ciò sancisce la sua delegittimazione da parte del parlamento. Ad aggravare ulteriormente una situazione già di per sé drammatica, si aggiungono le pressioni delle altre città e di parte della popolazione che, in virtù di un maggiore attaccamento alla cultura russa, non condividono una separazione dell’Ucraina. La rivolta porta ad un governo di unità nazionale e all’elezione del nuovo presidente Arseni Yatseniuk, che fa parte del fronte antiJanukovych. I manifestanti occupano gli uffici statali della capitale Sinferopoli, ove si verificano anche i primi scontri con la minoranza etnica dei tartari, schierati con Kiev. Il 27 Febbraio la sede del Parlamento della Crimea è assaltata da un gruppo di uomini armati che ne prende possesso, issando la bandiera russa sul tetto dell’edificio. www.liceovolterra.it cronaca In Crimea, come in buona parte dell’Ucraina orientale, la popolazione politicamente è schierata con il fronte pro- Mosca. Le tensioni, al confine portano allo stato di allerta delle truppe russe. Il 3 e 4 marzo, queste ultime, sempre più numerose, assumono il controllo dei punti di confine tra Crimea ed Ucraina. Il 16 marzo si tiene un referendum in Crimea, con cui viene chiesto agli abitanti della regione autonoma dell’Ucraina se intendono procedere sulla strada dell’indipendenza. Il risultato della tornata è chiaro: il 97 per cento di chi ha votato sceglie di recedere dall’Ucraina. Il 18 marzo Putin, nel suo discorso, difende senza indugi quanto accaduto in Crimea, dopodiché firma il decreto con cui la penisola ucraina entra a far parte della Federazione russa. Il mondo, nel frattempo, non resta a guardare ed il 27 marzo l’Assemblea generale dell’Onu approva una risoluzione che bolla come illegale l’adesione della Crimea alla Federazione russa mentre la Nato sospende la cooperazione militare e civile con la Russia. Da questo momento in poi il conflitto si allarga. Altre zone vengono investite da queste ondate filo-russe di secessione. Gruppi filorussi, infatti, manifestano a Donetsk, la roccaforte industriale del Paese, occupano la sede del governatorato e chiedono un referendum sulla falsariga di quello tenutosi in Crimea. Le stesse scene – occupazione e rivendicazione del referendum – si verificano a Lugansk e Kharkhiv, altri due centri urbani della fascia orientale dell’Ucraina. Queste iniziative, all’unisono, indicano l’inizio di una nuova fase dell’azione che si rivolge contro il governo di Kiev e risulta presumibilmente diretta da Mosca. Il governo ucraino, per rispondere a queste ulteriori ondate rivoltose, lancia un’offensiva anti-terrorismo nelle regioni dell’est, inviando mezzi militari e soldati per tenere la situazione sotto controllo. Se il risultato della guerra è incerto, però, il dato politico sembra acquisito: Stati Uniti e Unione europea hanno smesso di invitare il governo di Kiev alla prudenza e hanno dato il loro sostegno all’operazione militare nell’est dell’Ucraina. L’Europa ha fatto il possibile per dissuadere il governo di Arseniy Jatseniuk da un’offensiva militare su larga scala; ora quell’offensiva è cominciata. La risposta di Angela Merkel e di Barack Obama è stata quella di minacciare nuove sanzioni contro la Russia di Vladimir Putin, responsabile – secondo Washington e gli europei – di aver armato i ribelli («normalmente i manifestanti non dispongono di missili terra-aria per abbattere gli elicotteri», ha spiegato Obama). L’oligarca Petro Poroshenko, in seguito alle votazioni del 25 maggio scorso, è il nuovo presidente ucraino. Quest’ultimo sostiene un programma di restaurazione della pace nella regione. Il prezzo della “stabilizzazione” dell’Ucraina orientale rischia di diventare una repressione brutale, mentre il numero dei morti è destinato a salire ancora. luca verdini & nicolò zanella www.liceovolterra.it arte&cultura ANDY WARHOL SBARCA A ROMA Omaggio a un pioniere della Pop Art Se è vero che, come disse lui stesso, si può conoscere Andy Warhol semplicemente tramite l’osservazione delle sue opere, allora sarà possibile farlo nella Capitale fino al 28 settembre. Da aprile infatti, a seguito del gran successo riscosso in occasione della mostra esposta a Milano, è presente a Palazzo Cipolla la collezione privata di Peter Brant, amico e collega di Andy Warhol, nonché proprietario delle svariate opere oggi esposte a Roma. Forse il nome dell’artista in questione non dirà molto a svariati “profani”, ma alcune delle sue opere sono diventate delle vere e proprie icone, vantando oggi una risonanza a livello globale. A chi non è mai passato sotto gli occhi un quadro colorato che rappresenta una sorta di stilizzazione di una celebre foto di Marylin Monroe in tonalità accese? L’originale è frutto di Andy Warhol, avanguardista di inimitabile eccentricità, nonché principale esponente della corrente artistica della Pop Art. Considerando che “Pop” sta per “popolare”,” adatto a tutti”, si può comprendere la peculiarità di fondo delle opere dell’artista in questione. Se fino a pochi anni prima l’arte era stata elitaria e finalizzata all’espressione di un’emozione su tela, la nuova arte proposta da Andy Warhol risulta fondata su aspetti radicalmente differenti, primo tra tutti quello dell’artista-macchina, capace di produrre e riprodurre molto più che inventare. Ed ecco la ragione per cui le sue innumerevoli opere, tra cui quelle per cui è passato alla sto- ria, sono state realizzate con il metodo serigrafico, tanto caro ad Andy Warhol perché gli rendeva facile e rapida la ripetizione ad infinitum di una immagine qualsiasi, per poi, magari, personalizzarla con una pennellata d’autore. Basti pensare al caso di” Mao Tse-tung”, di cui Warhol elaborò più di 2000 copie solo nel 1972, alcune delle quali fanno parte della collezione esposta. Altro iconicissimo soggetto furono le lattine di pomodoro firmate” Campbell’s.” Infatti Andy pensò bene di andare al supermercato, comprarne ben 32 diverse varianti per poi riprodurle su tela. Chissà se quei quadri stereotipati si sarebbero mai aspettati di valere molto più di qualche dollaro, prezzo attribuito loro originariamente? Due delle prime trentadue Campbell’s, esposte nel maggio 1962 alla “Ferus Gallery” di Los Angeles, fanno parte della collezione di Brant ed hanno oggi un valore inestimabile. Gemma della mostra è sicuramente la Shot Light Blue Marilyn, ritratto della famosa attrice che tra gli occhi ha il segno restaurato di uno dei colpi di pistola sparato da un’amica di Andy Warhol nella “Factory”. Spesso accostato all’attributo “silver” per il fatto che le pareti interne della struttura fossero interamente ricoperte di carta argentata, “Factory” era il nome dello studio dove Andy Warhol e i suoi collaboratori erano soliti lavorare e collaborare. Senza parlare dei numerosi scatti di Polaroid, www.liceovolterra.it arte&cultura che l’artista amava proporre per ogni evento pubblico, ma anche per le numerose celebrità che invitava abitudinariamente nel suo studio. Nell’osservare le opere dell’artista, ciò che conta è riflettere non tanto sulle tele in sé o su un loro significato nascosto, di fatto volutamente assente, bensì sull’ideologia di stampo democratico di cui ogni pezzo presente nella mostra è intriso ed è emblema. È probabilmente, solo dopo aver conosciuto l’ideologia e lo stile di vita di Warhol, ci si può immergere appieno nella mostra ed ammirare i capolavori dell’artista che, inizialmente, era solo un americano di origini slovacche pervaso dalle più svariate manie, a partire da quella per l’igiene fino ad arrivare a quella per il denaro. Celebrazione di chi ha saputo fare di una lattina di pomodoro un vero e proprio business, facendo ritrovare all’interno delle gallerie d’arte più trendy oggetti di uso quotidiano, la mostra con la sua giusta estensione mette in luce il genio di Andy Warhol, l’artista che vide l’arte come un semplice modo di fare soldi, priva delle valenze sacre, tanto care a molti artisti precedenti, i quali la ritenevano il frutto di impulsi emozionali profondi, che per contro Warhol amò ridicolizzare. Non c’è da sorprendersi quindi se nel mezzo della visita all’esposizione ci si ritrova davanti a un Cristo in toni fluorescenti o a un “Oxidation”, opera realizzata utilizzando pigmento di rame e urina su tela. Parodie di quadri più che celebri, ritratti di persone conosciute da tutti, come Elvis Presley e Liz Taylor, così come di prodotti utilizzati indifferentemente da tutti, quali la Cola Cola e i cereali Kellog’s, costituiscono solo alcuni dei capolavori che fanno della mostra un’esperienza per cui vale la pena sacrificare un’oretta di shopping a Via del Corso; un luogo aperto a tutti, dal più giovane al più anziano, dalla casalinga all’avvocato, dall’Italiano al Cinese, perché, come direbbe Andy, “ non c’è niente che riguarda l’arte che uno non possa capire”. www.liceovolterra.it martina pensa arte&cultura Dieci mesi in Australia Non saprai mai quando esattamente diverrai un adulto e tanto meno come e per quali ragioni. La vita ti propone sfide e la maniera di affrontarle è quello che distingue un adulto da una persona che ha ancora bisogno di fare le proprie esperienze. Quest'ultima è la chiave per divenire adulti. Non si cresce per aver sentito dire o per aver visto da lontano, bisogna vivere la propria vita guardando avanti e affrontando le difficoltà che si presentano e soprattutto ponendosi sfide da superare. All’età di sedici anni ritenni che la mia prossima sfida sarebbe stata l'Australia. Decisi di partire per dieci mesi lasciando famiglia ed amici per scoprire un’altra cultura e un’altra lingua. Ricordo ancora quando ero in procinto di scendere le scale mobili che mi avrebbero portato all'interno dell'aeroporto: lanciai uno sguardo alla mia famiglia che era là e mi salutava per quella che sarebbe stata un vera propria avventura nella terra dei canguri. Devo essere onesto, una volta che mi sedetti sull'aeroplano pensai: “Ed ora? Ed ora è troppo tardi”. Quelle maledette 24 ore di volo sembravano non passare mai. Mi giravo e rigiravo sul sedile, guardai un film, due chiacchiere, ma comunque il tempo non passava. Un senso di ansia e una voglia di andare alla scoperta di un nuovo “mondo” non mi permisero di chiudere occhio durante il volo. Arrivai a Sydney in una notte fredda di inverno. La prima sera fu come se non fossi mai partito, non riuscivo ancora a realizzare che la mia casa fosse a sedicimila chilometri di distanza. Passai una settimana con studenti provenienti da tutta Europa, potei confrontarmi con altri diciassettenni che stavano vivendo la mia stessa esperienza: non importava da dove venissimo, a quale famiglia ed a quale cultura appartenessimo, eravamo tutti ragazzi felici di essere finalmente giunti nel posto dove volevamo vivere i nostri prossimi mesi. Prima di conoscere la famiglia che mi avrebbe ospitato ero emozionato e felice ma, dopo un breve periodo, mi resi conto delle barriere che si frapponevano fra noi. Probabilmente avevano sottovalutato le reali difficoltà nell’accogliere un ospite con grandi differenze culturali e con un’oggettiva difficoltà di espressione e comunicazione. Dopo una turbolenta convivenza, decisi di cambiare www.liceovolterra.it arte&cultura famiglia. Dal New South Wales mi spostarono a Brisbane, capitale del Queensland, uno dei sette stati che compongono la federazione australiana. Lì conobbi coloro che furono molto più che custodi legali: dei veri e propri amici. L’inserimento nella nuova famiglia fu sicuramente facilitato da una mia miglior conoscenza dell’inglese. Cominciai a frequentare il liceo pubblico Coorparoo Secondary College e lì trovai un fantastico gruppo di amici con cui legai molto. Era un ambiente che mi accettava e comprendeva le mie difficoltà dovute alla lingua. Finalmente potei realizzare qualche sogno: imparare il surf, ammirare le bellissime spiagge del Queensland, osservare in natura animali come canguri, koala ed echidne. Un’esperienza unica fu quella di visitare uno dei luoghi più famosi dell’Australia: Uluru, secondo la denominazione tradizionale aborigena (Ayers Rock). Trascorsi quei mesi nella più grande gioia, ma comunque conseguendo il mio obiettivo principale: quello di imparare l’inglese. Fra le mie tante esperienze australiane la più particolare è stata quella della scuola, nella quale vigono regole completa- mente diverse dalle nostre, fra cui quella di indossare obbligatoriamente la divisa. Il fastidio di avere una camicia di cotone e una cravatta con i tipici 35 gradi diurni australiani mi fece alquanto impazzire per i primi tempi, fino a che non cominciai a farci l’abitudine. Dieci mesi passarono in fretta. Ripercorrendo con la mente la mia avventura mi viene solamente da pensare che non ho nessun rimpianto e che è stata una delle più intense esperienze della mia vita. L’Australia mi ha aiutato a far crescere una parte di me: la serietà nel lavoro e la voglia di intraprendere la propria via senza voltarsi indietro. Da exchangestudent consiglio a tutti gli studenti del biennio di intraprendere quest’avventura. Bisogna staccarsi dalla propria famiglia; non è un dirle addio, ma è un processo naturale che avviene, o almeno dovrebbe avvenire gradualmente, in tutti gli esseri umani che giungono all’età adulta. Questo scambio interculturale è, a mio parere, fondamentale per mettersi alla prova nella vita cercando la propria strada. fabio valerio buonomo www.liceovolterra.it scienza NIKOLA TESLA Un uomo fuori dal tempo A molti di noi piacerebbe credere che le grandi conquiste vengano sempre premiate, se non dal punto di vista monetario, almeno attraverso lo sguardo imparziale della storia. Rimarrete scioccati quando scoprirete che almeno un uomo, i cui contributi continuano ad essere fondamentali per alcuni dei processi scientifici più importanti della nostra civiltà, è stato praticamente dimenticato. All'inizio del XX secolo Nikola Tesla, un immigrato serbo, inventore, il cui nome è stato quasi dimenticato, catapulta la nostra civiltà in una nuova era. L'uso della corrente alternata, della radio, dell'illuminazione a fluorescenza, del telecomando e della robotica si possono attribuire a quest'unico uomo. Incredibilmente consapevole delle conseguenze delle sue invenzioni e dell'impatto che avrebbero avuto sull'intero sviluppo del genere umano, è solito dire: “La scienza non è nient'altro che una perversione se non ha come suo fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell'umanità”. Ma come mai questo grande uomo viene così trascurato dai suoi colleghi scienziati e dal pubblico? Forse la risposta è nelle opere che non sono mai state realizzate piuttosto che nei traguardi che gli sono stati pubblicamente riconosciuti. Secondo la leggenda, Nikola Tesla nasce allo scoccare della mezzanotte nell'anno 1856, nel mezzo di un forte temporale. Da ragazzo la sua aspirazione più grande è quella di incanalare la potenza delle cascate del Niagara e, riuscendo a realizzare questo sogno, rende popolare la corrente alternata. Viene spesso rappresentato come il tipico scienziato pazzo, ma forse il suo unico sbaglio è stato quello di essere troppo avanti rispetto al suo tempo. Al centro della rivoluzione tecnologica dell'elettricità, Tesla è il prototipo del genio folle: carismatico, mago nel presentare al pubblico i suoi esperimenti, ossessionato dall'igiene, ma amante dei piccioni, che accoglie a decine nelle camere d'albergo dove vive, col risultato di farsi cacciare regolarmente. Probabilmente l'unica innovazione che lo rende in parte noto è la bobina di Tesla, le cui impressionanti scariche elettriche sono il simbolo del laboratorio dello scienziato pazzo. Dotato di memoria fotografica, ha la misteriosa capacità di visualizzare le proprie invenzioni, assemblarle, testarle e smontarle, avendo le loro esatte dimensioni nella sua mente, tanto da non riuscire più a distinguere le sue "visioni" dagli oggetti reali. Emigrato negli Stati Uniti praticamente senza soldi, si presenta da Thomas Edison e viene immediatamente assunto, ma è ben presto visto come un pericoloso concorrente e quindi licenziato. Edison fa di tutto per screditare la corrente alternata dimostrando come si poteva morire westinghousati, dato che lo stesso George Westinghouse ne aveva acquistato i brevetti, dando inizio alla celebre guerra delle correnti. Nonostante la notorietà raggiunta nel 1897, Tesla rimane un puro e semplice inventore agli occhi del mondo, che non punta allo sfruttamento commerciale delle proprie idee, anzi è spesso costretto a venderne i brevetti. Le sue numerose ed importanti scoperte nell'elettricità ad alta frequenza tra cui il radar, la radio, il neon, le lampade fluorescenti ed i raggi cosmici vengono spesso attribuite ad altri. "Marconi è un bravo ragazzo, lasciamolo fare. Sta usando diciassette dei miei brevetti". Ad esempio, l'invenzione di Tesla della shadowgraph, un sistema per fare le fotografie a raggi X è precedente all'opera di Wilhelm Röntgen oppure le visioni e le teorie di Tesla sulla televisione ed internet (AND,OR) sono idee che precorrono i tempi futuri. Lo scienziato mostra i suoi esperimenti ad amici e luminari, come Mark Twain e J.P. Morgan e grazie a queste conoscenze riesce a finanziare alcuni degli esperimenti più spettacolari della storia. Senza l'uso di fili la corrente che viaggia nell'aria del laboratorio illumina la lampada nelle mani di Tesla o percorre il suo corpo senza danni alla salute. È per giunta il primo a mostrare come trasmettere energia senza fili attraverso l'aria per accendere lampadine elettriche e tubi fluorescenti che rispondono a diverse frequenze, in modo simile ad una melodia. www.liceovolterra.it scienza Dopo un rovinoso incendio all'interno del suo laboratorio, l'inventore riesce a ricostruire l'opera andata perduta e nel 1899 si trasferisce a Colorado Springs dove effettua alcuni esperimenti con le onde terrestri ed atmosferiche dichiarando di poter riuscire, volendo, a distruggere la terra con un terremoto scatenato da un semplice apparecchio a risonanza oppure a controllare l'intero sistema mentale a livello mondiale (6-8 Hertz). Nella prateria segue la propria passione di ricercare fonti di energia libera sia al di sopra che al di sotto della superficie terrestre. Utilizzando il fenomeno della Cavità Schumann, sviluppa la teoria di utilizzare fonti di energia illimitate condivisibili da tutti gli abitanti del mondo tramite la ionosfera e l'energia ricavata dai fulmini. Saranno proprio i fulmini a renderlo famoso, che siano globulari od artificiali. Avete presente la pubblicità dell'Enel in cui la spina inserita nel terreno trasmette corrente? Beh, Tesla sapeva farla funzionare davvero! Fulmini blu creati dall'uomo crepitano verso il cielo a più di 100 piedi d'altezza dalle sue antenne in rame, il rumore dei tuoni viene udito a più di 15 miglia di distanza. Con l'intento di dimostrare il suo concetto di radio trasmissione dell'energia costruisce nel 1900 il famoso laboratorio di Wardenclyffe, ma poco dopo riceve la notizia che Guglielmo Marconi ha portato a termine con successo la radiotrasmissione transoceanica della lettera “m”. Il progetto purtroppo dura poco, perché lo stesso inventore è costretto a bloccarlo per evitare che venga usato esclusivamente a scopo militare, con conseguenze più disastrose della potenza di una bomba atomica. Nel 1915 si dice che Tesla ed Edison debbano entrambi ricevere il premio Nobel, tuttavia queste voci si dimostrano false e lo scienziato viene costretto a distruggere la centrale di Wardenclyffe perché ritenuta dai nemici in guerra uno strumento di spionaggio. Passano pochi anni ed il NY Times rivela che l’inventore ha iniziato la costruzione di un "raggio mortale" basato sull’accelerazione elettrostatica di piccolissime particelle cariche portate a velocità elevatissime grazie ad un alto voltaggio, capace di distruggere 10000 aeroplani a 250 miglia di distanza. Queste affermazioni spaventano l’opinione pubblica, ma affascinano sia Hollywood, che fa dello scienziato un personaggio fantascientifico, sia il Governo americano. Con l'intenzione di far cessare ogni tipo di guerra, Tesla permette che ogni Stato del mondo possa usufruire del brevetto del raggio e di satelliti spaziali a raggio di particelle, essendo però costretto a collaborare con gli altri. Lo scienziato ha la sfortuna di captare segnali radio dallo spazio. Nonostante sia oggi risaputo che i pianeti emettono radiazioni, egli, avendo ritenuto di aver parlato con gli alieni, viene considerato dalla comunità scientifica come una specie di idiota, da condannare perciò all' "ostracizzazione". Quando Tesla muore all'età di 87 anni, la sua eredità di più di 700 importanti brevetti scivola nell'oscurità e viene dimenticata quasi da tutti, tranne che dal Governo degli Stati Uniti, il quale sequestrerà tutti i suoi beni smentendo l'esistenza di un'ipotetica arma letale. Tutto ciò è curioso. Qualsiasi uso sia stato fatto delle scoperte di Tesla non portate a compimento, la cosa certa è che le invenzioni che rimangono contribuiscono quotidianamente alla scienza dei nostri giorni, alla medicina ed all'ambiente, proprio come Tesla deve aver immaginato. Forse è giusto che i segreti perduti di Nikola Tesla rimangano dove si trovano. Alcune sue teorie gli hanno fatto guadagnare la fama di pazzo, mentre altre hanno scosso per sempre il mondo della scienza, il nostro pianeta e le nostre vite, rendendolo il brillante custode dell'illuminazione. La prossima volta che accendete la vostra vecchia TV a tubo catodico o la radio, mentre osservate i motori a campo magnetico rotante dei nostri elettrodomestici, il tachimetro delle automobili, le lampade a neon degli uffici o le porte logiche dei Pc, ricordatevi dell'uomo che ha reso possibile tutto ciò. Potrete anche immaginare un mondo fatto di energia gratuita, illimitata e senza fili, perché è proprio tutto questo ciò a cui abbiamo rinunciato quando abbiamo perduto l'illuminazione di Nikola Tesla. "Il presente sarà anche loro, ma il futuro appartiene a me!" www.liceovolterra.it ginevra lautizi tecnologia Attenti al virus! Drogati della tecnologia: “La realtà è diventata mobile” Smartphone, ipad, tablet, iphone. La tecnologia del terzo millennio lancia sul mercato prodotti sempre più aggiornati, muniti di una connessione internet a banda larga e di un veloce sistema operativo. Computer fissi, portatili, laptop stanno abbandonando la loro posizione primaria di piattaforme di accesso al web, cedendo il primo posto a quelle che sono definite “tecnologie mobili”. Tuttavia, è sempre più evidente che, accanto allo sviluppo tecnologico, si sta diffondendo, con l’avvento di questi strumenti, una vera e propria patologia, un vettore virale che sta infettando gli utilizzatori di cellulari e li sta rendendo, al pari di una droga, dipendenti. La questione che bisogna porsi è: “Vale la pena di essere psicologicamente succubi, pur di mantenersi al passo con i tempi?” Comodità e rapidità sono i due motori che portano all’apice del successo i prodotti tecnologici moderni. Le applicazioni, continuamente inserite nello store di un telefono, consentono all’utilizzatore di collegarsi immediatamente a ciò cui si è interessati, senza sprecare tempo, vagando e perdendosi nell’immenso universo di internet. Ovunque una persona si trovi, è talmente facile e pratico riuscire ad ottenere informazioni mediante uno smartphone, che risulta inutile ritornare alle vecchie abitudini, riprendendo in mano un computer per svolgere una ricerca, per inviare un’e-mail, un messaggio su un social network o per guardare video musicali. Ma l’uomo, che al giorno d’oggi è continuamente stressato ed impegnato nello svolgere i propri impegni, come può evitare la dipendenza da uno strumento così agevole e veloce? La risposta è semplice: non può. Una volta che si entra in questo circolo vizioso, è impossibile uscirne senza rinunciare alla modernità, all’informazione, a tenersi in contatto costantemente con il mondo www.liceovolterra.it tecnologia esterno. Nel Maryland è stato fatto persino un esperimento in cui si chiedeva a duecento studenti di mantenersi per 24 ore lontani da internet e di non utilizzare alcuno strumento tecnologico. Il risultato? La gran parte di loro ha dovuto ammettere la propria assuefazione alla tecnologia non potendo resistere alla tentazione di accedere al web. I danni relativi alle tecnologie mobili non si limitano soltanto ad un mero aspetto pratico: l’uomo, infatti, non solo risente di quegli effetti collaterali determinati dalla necessità di avere un mezzo per connettersi velocemente ed in qualsiasi istante ad internet, ma diventa anche affetto da nervosismo ed agitazione. Coloro che abusano di social network, spesso, avvertono inquietudine ed irrequietezza, mentre attendono ad esempio la risposta ad un messaggio o che qualcuno li “tagghi” in una fotografia o che un loro conoscente li “twitti”. In un test svolto su un campione ristretto, è emerso che il trentasette percento degli adulti ed il sessanta percento degli studenti recepiscono una vibrazione, un segnale, un suono che, in realtà, non è mai stato emesso da nessuna fonte. La mente delle persone sottoposte al test è condizionata fino a tal punto dall’apparecchio telefonico da illudersi dell’esistenza inverosimile di uno stimolo esterno, nel momento in cui si è in attesa di riceverne uno. La trasformazione che le tecnologie stanno attuando sulla nostra mente è, pertanto, molto più profonda di quanto si possa immaginare e la “tecno-dipendenza” da cui ormai siamo affetti risulta drammaticamente lampante al solo guardarci intorno. Il progetto di un ricercatore finlandese intitolato We never look up ha come scopo quello di evidenziare ulteriormente ciò che viene definito come Sindrome da smartphone: scattando delle fotografie in vari luoghi e momenti della giornata, il ricercatore raffigura, in ciascuna di esse, una persona con la testa china verso il basso, la mano e lo sguardo puntati su uno schermo. La realtà che le circonda è semplicemente di intralcio al mondo bidimensionale che viene posto loro dallo smartphone: Il mondo è diven- tato mobile. Alla luce di questi fatti, l’essere umano è ad un bivio in cui deve comprendere se il gioco vale la candela e, conseguentemente, scegliere : scegliere di restare dipendente da un attrezzo digitale o rinunciare ai pregi delle moderne tecnologie e tornare, come un tempo, a guardare il mondo a tre dimensioni, piuttosto che quello virtuale. guido evangelisti www.liceovolterra.it tecnologia Robocop è un drone Il poliziotto del futuro potrebbe essere un drone. La pensano così i tecnici della AD Precision Mechanics di Monterotondo, che lo hanno costruito e battezzato Guardian 2000. Con un'apertura alare di quasi 2 metri, Guardian 2000 è spinto da un motore elettrico ad elica e può raggiungere una velocità di crociera di 45 km orari, con un'autonomia di volo di circa 45 minuti. Un'azienda che si occupa di servizi di vigilanza e sicurezza nella zona di Roma lo utilizzerà per monitorare in volo l’area di interesse ed effettuare riprese aeree ad alta definizione di giorno e di notte. I droni, aeromobili caratterizzati dall’assenza del pilota umano a bordo (conosciuti anche con l’acronimo inglese UAV Unmanned aerial vehicles), sono nati per scopi militari, ma stanno vivendo oggi un vero boom in Italia e in tutto il mondo soprattutto per quanto riguarda una serie di applicazioni civili, che hanno richiamato l’interesse del grande pubblico. Basti pensare che, solo in Italia, operano attualmente circa 300 droni impiegati in operazioni specializzate, gestiti da una galassia di piccole e medie aziende. E si tratta di un settore ancora in rapida espansione. Questo accade grazie all’impennata rapidissima che hanno registrato negli ultimi anni le tecnologie legate allo sviluppo dei sistemi impiegati nella costruzione di questi apparecchi robotici. In particolare, lo sviluppo tecnologico nell'ambito della sensoristica permette di equipaggiarli con camere digitali compatte o professionali, con camere termiche o multispettrali, fino ad arrivare a sensori più evoluti, come ad esempio quelli impiegati per il monitoraggio della qualità dell'aria. I droni sono oggi largamente utilizzati per la sorveglianza di impianti di produzione di energia elettrica o di oleodotti o, più in generale, di impianti industriali o di grandi strutture. In combinazione con le più recenti e leggere video-fotocamere digitali, anche di largo consumo e non solo professionali, si stanno, inoltre, rendendo sempre più concorrenziali per tutte quelle necessità di ripresa aerea che fino ad ora sono state appannaggio quasi esclusivo di complicati e costosi strumenti. Parliamo di riprese fotografiche, televisive e cinematografiche, amatoriali e professionali, ma anche di attività prettamente scientifiche, per le quali il rilevamento fotografico dall’alto risulta necessario al fine di creare modelli digitali del terreno o eseguire il rilievo architettonico di infrastrutture ed edifici da utilizzare per la realizzazione di modelli in 3D. Ma ci riferiamo anche ad attività con lo scopo di ricavare informazioni, qualitative e quantitative, sull'ambiente e su determinati oggetti. Grazie alla possibilità di volare, anche a quote molto basse, e di disporre di sensori di piccole dimensioni, ma di buona qualità, in grado di eseguire misure della radiazione elettromagnetica (emessa, riflessa o trasmessa) che interagisce con le superfici fisiche di interesse, essi possono, infatti, essere utilizzati per applicazioni legate al telerilevamento (Remote Sensing), quali www.liceovolterra.it tecnologia la creazione di mappe di colture agricole e il monitoraggio dello stato di salute della vegetazione, la creazione di mappe di copertura e uso del suolo e il monitoraggio e la mappatura delle dispersioni termiche di edifici (case, capannoni, impianti industriali) privati e pubblici. Inoltre possono essere utilizzati per il monitoraggio degli animali selvatici e il controllo numerico periodico per quelle specie con un alto tasso di riproduzione, che potrebbero essere un problema sia per la biodiversità dell'ambiente in cui vivono sia per quanto riguarda i danni economici causati alle produzioni agricole e zootecniche presenti sul territorio. Non dimentichiamo, poi, che - a differenza degli aerei tradizionali - il loro utilizzo è possibile in situazioni caratterizzate da un elevato pericolo per la vita umana e nelle aree inaccessibili o impervie, volando a bassa quota. Per questo motivo possono svolgere un ruolo importante nelle operazioni di ricerca e soccorso, consentendo di effettuare delle ricognizioni in tempi rapidi, in particolare a seguito del verificarsi di situazioni di emergenza. Essi trovano, quindi, impiego durante le fasi di monitoraggio di aree colpite da calamità naturali o da avvenimenti particolari (terremoti, esondazioni, incidenti stradali ecc.). Sono stati, ad esempio, gli UAV americani Global Hawk che hanno sorvolato la Centrale nucleare di Fukushima, in Giappone, addentrandosi nella "no go zone” (zona vietata), col fine di monitorare i reattori dopo le esplosioni causate dal terremoto del 2011 e scattando anche foto con i sensori a infrarossi. L'alta radioattività rendeva infatti impossibile l'avvicinamento degli esseri umani. Più in generale, essi sono in grado di svolgere tutta una serie di missioni "noiose, sporche e pericolose" (dull, dirty and dangerous) con costi minori rispetto ai velivoli tradizionali e senza rischio per l’uomo. A questo aspetto si affianca la facilità di utilizzo e la loro versatilità. E ora in Italia c’è Guardian 2000 che - muovendosi sul sentiero tracciato dai droni americani utilizzati per arginare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e del traffico di sostanze stupefacenti attraverso il confine con il Messico - si occuperà dal cielo di garantire la nostra sicurezza. Benvenuto, Robocop! giulio remo cupilari www.liceovolterra.it volterrafocus GDA: La scuola agli studenti Entrare in classe e trovare un corso di Beatboxing. Nei campi esterni si spazia dalla giocoleria al floorball. In 4C un interessante corso di Astronomia. Per non parlare dell’aula 2 G, piena di chitarre suonanti. Per rilassarsi un po’, l’ideale è andare al secondo piano palazzina B, classe 4Be seguire “I Colori dell’anima”: accompagnati da musiche rilassanti si possono sperimentare le proprie abilità artistiche. E ancora, il prof. Malantrucco ci spiega in modo approfondito come stare bene con se stessi, mentre in Auditorium si parla di Fisica delle particelle e in 2A si “Cucina con Garbo”. Questi sono solo alcuni dei 64 corsi che hanno avuto luogo il 23 e il 24 aprile 2014 nel nostro istituto: si sono infatti svolte due Giornate di Didattica Alternativa. La Giornata di Didattica Alternativa (GDA) nasce nel nostro liceo il 31 marzo 2011 su iniziativa dei rappresentanti d'istituto: ha come scopo principale il coinvolgimento di tutte le componenti scolastiche per la realizzazione di una manifestazione cogestita. Differisce dalla didattica tradizionale in quanto agli studenti è affidato direttamente insegnamento e i corsi proposti esulano dalle discipline canoniche. Come si arriva ad organizzare un simile evento che coinvolge per due giorni un'intera scuola di 1239 studenti e 109 professori? A dicembre i rappresentanti cominciano a raccogliere le proposte di corso, esaminate entro marzo da una commissione composta prevalentemente da studenti. Dopo l’approvazione si procede a distribuire a tutti gli studenti il materiale necessario per esprimere le preferenze. Bisogna quindi raccogliere e digitalizzare tutte le 9912 preferenze espresse. Il risultato di questo lavoro è evidente nel grafico a torta qui riportato. Il corso che ha riscosso più preferenze è stato “Chocolat” con una media di 100 partecipanti a ora. Per motivi pratici e di sicurezza, ogni corso può avere un massimo di 25 partecipanti. Si procede dunque alla ridistribuzione delle quote eccedenti, applicando un criterio per età e privilegiando gli studenti delle classi superiori. Inoltre, i professori non impegnati nei corsi svolgeranno funzione di sorveglianza. All’inizio di ogni lezione verrà fatto l’appello, in quanto la GDA è una giornata di didattica. Arriva il grande giorno e, accompagnati dalle note di RADIOVOLTERRA, ognuno si reca al corso a cui è stato iscritto. Quest’anno un risultato senza precedenti: sono state esaudite in media 7 preferenze espresse su 8 ore di corsi. Qui sotto un simpatico grafico a tachimetro nel quale si può apprezzare graficamente la percentuale. E abbiamo avuto il tempo di organizzare anche un flash mob in cortile sull’onda del nuovo tormentone di Pharell Williams “Happy”, diventato a buon diritto colonna sonora della nostra GDA 2014. Perché abbiamo fatto tutto ciò? Ho pensato a lungo a questa domanda. Era il 25 aprile e, ispirato dal significato storico di questa giornata, ho scritto poche righe: un’impressione a caldo sulle GDA. www.liceovolterra.it volterrafocus Se siete interessati a conoscere qualcosa in più sulle GDA 2014, guardate il video al link https://www.youtube.com/watch?v=9o5EO7YnBW0 “E forse perché alla fine comprendi che "per aspera ad astra" raccoglie il senso intimo della Vita. Tanto impegno, tanta fatica, tanto lavoro per un unico obiettivo: essere liberi. E quando ti rendi conto che il tuo tempo ha servito questo nobile scopo, tu, nel tuo piccolo, ti senti Storia e filosofia; 2% Salute e Benessere; 7% grande e importante. E la GDA è stata anche quella una piccola liberazione. Abbiamo riportato nella scuola entusiasmo e partecipazione. Noi giovani, soprattutto, viviamo solo nell'illusione della libertà. Siamo costretti non tanto dalle convenzioni, ma da una forma antichissima di "vinculum animi" dai molteplici nomi e multiforme nei modi in cui ci si presenta: qualcuno la chiama con il nome greco Apatia, qualcun altro preferisce Noia, o il più moderno Menefreghismo. Spesso sfocia nell'Ignoranza, e qualche volta è solo puro Agnosticismo (nel senso lato di "Sospensione di giudizio per mancanza di Conoscenza"). Non critichiamo più, non ci agitiamo più, preferiamo essere qualcun altro piuttosto che Noi Stessi. E non ci ricordiamo che gli Ignavi, di dantesca memoria, non sono degni nemmeno dell'Inferno... Perché la lezione dei nostri nonni è stata "non arrendersi"... Perché, in fondo, "Vincere significa Accettare", mentre Lottare è Vivere... #gdavolterra thedayafter” samuel patrone Le nostre scelte Fotografia; 11% Informatica; 6% Scienze; 5% Libri; 2% Musica; 4% Sociale; 2% Danza; 6% Io e gli Altri; 15% Sport; 13% Divertimento; 12% Matematica; 3% Cinema e teatro; 4% Arte e Creatività; 8% www.liceovolterra.it racconti Vent'anni: un capitolo tutto da scrivere semplicemente leggere le parole sporadiche che ho aggiunto nel capitolo 18, intitolato: "Sono maggiorenne". Sono parole vuote, una matrice costante nel libro della vita di ogni essere umano. Non è un capitolo originale, dopotutto. Vivere non è "riempire gli spazi". Non è "aderire Vent'anni. Un'età che non lascia spazio a pronoalla traccia". Non è "pianificare". stici. Un'incognita. Che cosa succede a vent'anni? Per questo, non sono consapevole di aver vissuto A diciotto anni si può guidare. A diciannove anni completamente la mia vita. finisce il liceo. E a venti? John Lennon diceva: "La vita è ciò che accade Che cosa posso aspettarmi io dai miei vent'anni? mentre sei intento a fare altri piani". Questa io la Niente. definisco una pseudo - vita. Una vita fatta di spazi Dai vent'anni non mi aspetto assolutamente nulla. da compilare. La mia vita finora. Non mi aspetto di cambiare casa. Non mi aspetto Non si può vivere solo andando fuori tema, di fare nuove conoscenze. Non mi aspetto di inuscendo dagli schemi. Per vivere, non bisogna contrare la mia anima gemella. avere nessuno dei due. Nessuna traccia. Nessun Per i vent'anni non ho propositi, né positivi, né piano. Niente. negativi. Altrimenti si vive per due ore al giorno, se si è Dopo anni in cui ho vissuto in fortunati. vista della maggiore età, dell'eLa vita non è semplicemente same di Stato, dell'ingresso breve, come sovente ci ripeall'università, mi ritrovo comtiamo. Più pianifichiamo, più si pletamente all'oscuro di tutto, Disegno giulia accorcia, perché malgrado ogni privo di punti di riferimento, di sofferenza, ogni dolore patito da una meta da raggiungere. ventenni, non si può negare E devo ammettere tuttavia, che che, qualsiasi cosa accada a quest'ignoranza, quest'inconsaquell'età, essa sarà imprevedibile. pevolezza di ciò che potrebbe accadere costituiPerlomeno, io non posso prevedere nulla. sce essa stessa il bello di raggiungere i vent'anni. Non posso prevedere cosa farò i sabato sera, che Perché è facile rimanere delusi, quando si hanno luoghi frequenterò, se farò dei viaggi. delle aspettative. Se, invece, non si hanno obiettivi Non posso rispondere a nulla. prefissati, allora è più semplice vivere al meglio Sono consapevole di discostarmi molto dalla quell'età, lasciarsi maggiormente trasportare massa, che sogna di vivere all'estero, di avere un dall'emozione del momento. Per la prima volta, fidanzato, di ricevere i primi stipendi. Molti proappena raggiungerò i vent'anni, potrò scrivere gettano, idealizzano i vent'anni come un'utopia. qualcosa su una pagina intonsa. Non ci sarà nesIpotizzano già che dovranno far fronte alla crisi sun impegno già pianificato, neppure la minima per vivere autonomamente, che dovranno essere traccia di inchiostro. Sarò libero di poter divenraccomandati per poter lavorare ad alti livelli, che tare io stesso lo scrittore della mia vita. dovranno affrontare ogni ostacolo che si frapPerché è facile scrivere quando si ha già una tracporrà nel loro cammino verso il sogno nel cascia impostata: basta non uscire mai fuori tema e setto, però sono già fermamente convinti che incercare di rendere il lavoro in maniera ottimale. seguiranno un amore, reggeranno la testa ad un Se bisogna trattare della scuola, ci si impegnerà amico che vomita, vivranno più con il cuore che per prendere buoni voti. Se si deve trattare dello con la testa. sport, si farà di tutto per vincere un torneo. Io no. Ma io sono stanco. Stanco di dover riempire gli Io non so niente di niente. spazi vuoti di un foglio già macchiato. Io voglio Ma amo i vent'anni. essere uno scrittore. Voglio poter aprire una paguido evangelisti gina e poter urlare: "l'ho scritta io". Non voglio www.liceovolterra.it racconti In questo numero il terzo racconto premiato al concorso "La scrittura non va in esilio", promosso dalla fondazione Centro Astalli. Il Grattacielo Il Grattacielo si erge come un ago nelle vaste steppe desolate che lo circondano, gli alberi ormai appassiti danno una sensazione di abbandono a quella zona, una sensazione di morte; gli animali gironzolano intorno in cerca di cibo, tra di essi un piccolo leopardo cerca invano una preda da catturare, ma nulla è rimasto in quella zona, la catastrofe ha distrutto tutto, case, città, addirittura nazioni, ma l’umanità, o quello che ne resta, è riuscita in tempo a costruire un rifugio. Quel rifugio è Il Grattacielo, o almeno è così che lo chiamo io, ed è l’unica cosa che spezza quell’immensità. Un enorme grattacielo, che con la sua mole, sembra irremovibile, eterno. Nessuno poteva pensare che un così grande numero di persone sarebbe entrato in un solo palazzo anche se così grande, ma è successo. Molte sono morte durante il viaggio verso Il Grattacielo per stenti o per fame, ma i più ricchi hanno avuto un viaggio leggero, non come il nostro; sta di fatto che una volta arrivati si sono subito diretti verso il loro piano, quello più alto, perché è così che funziona ne Il Grattacielo; i più ricchi hanno di- ritto a un posto nei piani alti, mentre le altre popolazioni sono divise nei piani inferiori secondo un ordine deciso dai ricchi. I suoi piani sono strutturati così: • Dall’800° al 791° piano ci sono i più ricchi del mondo, di ogni nazionalità. • Dal 790° al 601° gli europei e i nordamericani • Dal 600° al 401° i cinesi • Dal 400° al 201° i sudamericani • Dal 200° al 1° gli africani Il mio nome è Chad e abito al 178° piano del Grattacielo, in una periferia ai confini del piano, vivo qui con la mia famiglia da quando sono nato, l’unica cosa che mi collega con il mondo è guardare fuori dalla finestra e osservare l’esterno, finché l’ombra del Grattacielo copre la mia vista rendendomi cieco e non posso più apprezzare gli spazi desolati e osservare la natura, devo aspettare. Pochi sapevano cosa ci fosse veramente ai piani superiori, tanto che un giorno, molto tempo fa, mio figlio Abasi mi chiese cosa ci fosse veramente e così io gli risposi: «Ci sono i più ricchi» dissi. «Noi non siamo ricchi?» mi chiese «Ci sono quelli più ricchi di noi ai piani più alti» risposi. «Un giorno potremmo arrivare ai piani alti?» domandò. «Forse Abasi, forse…» conclusi Io lavoro nel centro di raffinamento dei materiali, ma non sono materiali comuni come il ferro, alcuni sono strani, brillano come le stelle, non sono di colore bianco, ma di uno strano www.liceovolterra.it racconti verde. Certi materiali, invece, sono molto pe-santi e spesso facciamo fatica a trasportarli e poi dopo tutta la fatica fatta per estrarli e raffinarli, se ne vanno ai piani alti e ci lasciano senza nien-te. Un giorno realizzerò il sogno di mio figlio e visiteremo i piani superiori, ma normalmente questo non è possibile. Una volta, mentre tornavo a casa dopo una giornata di lavoro, una strana persona mi fermò in mezzo alla strada e mi chiese: «Vorresti raggiungere i piani più alti?» «Perché lo viene a chiedere proprio a me?» Risposi. «Beh, perché lei mi sembra una persona ragionevole e poi continua a guardare in alto con aria desiderosa. Allora? Vuole raggiungere i piani superiori?» Chiese nuovamente. L’uomo misterioso era anziano, dallo sguardo sembrava una persona che non mente, a occhio direi che fosse un contrabbandiere, ma non saprei dire con precisione. Sta di fatto che ascoltai il suo piano, prevedeva di farmi portare insieme a delle casse in un ascensore, nascosto nei confini della periferia, in modo da passare inosservato. Ovviamente questa persona voleva un certo compenso per attuare questo piano, compenso che non fu molto basso, giacché voleva 5000 Bardi. Così mi disse che ci saremmo incontrati tre mesi dopo nello stesso posto, io avrei portato i miei Disegno giulia/federico soldi e lui mi avrebbe fatto partire insieme a me una persona di mia scelta. Quando tornai a casa e raccontai tutto a mia moglie, fu difficile decidere chi dovesse venire, ma alla fine decretammo che sarebbe stato meglio che ci fossi andato insieme ad Abasi, che ormai aveva già sedici anni e sapeva badare a se stesso. I tre mesi successivi li passai a lavorare molto duramente e dovetti anche trovarmi un lavoro part-time in un piccolo negozietto ma, dopo molta fatica, riuscii a trovare i soldi necessari più un piccolo extra per quando saremmo stati ai piani alti. Dovetti preparare anche la valigia prima di partire, così presi i pochi indumenti che avevo e portai qualche ricordo della mia famiglia con me per non dimenticare. Ormai il giorno era giunto, guardai mio figlio e vidi che era contento di conoscere cosa ci fosse veramente ai piani alti, ero pieno di gioia che mi pervadeva l’intero corpo, le mie gambe tremavano dall’emozione, quasi non riuscivo a stare fermo per l’agitazione. Poi si presentò il misterioso uomo che avevo visto tre mesi prima, ci portò vicino a un enorme ascensore lontano dalle abitazioni, sembrava malmesso e un po’ rotto, ma era comunque molto grande e riusciva a trasportare almeno una cinquantina di casse, tra le quali ci saremmo infilati con le nostre valigie. Mentre caricavano l’ascensore con le casse, rimasi in attesa impaziente di vedere i piani alti, l’ansia era sempre di più, l’agitazione aumentava e i pensieri sul futuro si ammassavano nel mio cervello www.liceovolterra.it racconti come se un grande uragano stesse per scompigliare tutto, quell’idea di cambiare vita spesso mi spaventava, ma a volte mi rassicurava, perché mio figlio avrebbe vissuto in condizioni migliori rispetto a quelle in cui ero vissuto io. Quando l’ascensore fu carico l’uomo ci chiamò e ci ordinò di salire. Entrammo nell’ascensore, posammo le nostre valige, ci girammo e guardammo per l’ultima volta quel mondo che non avremmo più rivisto, pensammo alla famiglia, alle persone che non avremmo potuto più vedere, i nostri amici, i nostri cari. Ma non pensammo solo alla famigli pensammo anche alla nostra città, con il suo soffitto pieno di crepe, qualche tubo sgocciolante le strade sempre sporche e insicure e alle povere persone che ci abitavano. Mi sentii in colpa a lasciare mia moglie da solo in quel posto, lasciarle affrontare da sola i pericoli che c’erano ogni giorno, ma potevo portare anche lei, avrebbe significato pagare un prezzo troppo alto. Eravamo pronti a partire, le porte dell’enorme ascensore si chiudevano lentamente, il misterioso uomo ci guardava sorridendo, mentre noi sorridevamo a lui con gli occhi quasi pieni di lacrime. Poi prendemmo l’ultimo respiro prima del grande viaggio, che avremmo compiuto; tra poco pronti a vivere una nuova vita, a cambiare completamente. Il viaggio non fu molto tranquillo, spesso l’ascensore tremava e cademmo molte volte anche contro le misteriose casse, delle quali una quasi si ruppe. Mio figlio non fu molto spaventato dal viaggio, sembrava molto sicuro; io invece spesso mi chiedevo se saremmo giunti a destinazione e mi preoccupavo per mio figlio; non volevo si facesse male. Poi, a un certo punto, l’ascensore cominciò a emettere uno strano rumore metallico e lentamente rallentava sempre di più, fino ad arrestarsi completamente. Appena si fermò mio figlio si alzò rapidamente e cominciò a fissare le mastodontiche porte dell’ascensore, i suoi occhi brillavano e sembrava quasi stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro. Ci aspettavamo un mondo moderno, con le strade pulite, il soffitto intatto, dove potevi andare in giro tranquillamente senza pensare se la tua famiglia fosse al sicuro. Sicuro, questo era il mondo che ci aspettavamo, ed eravamo pronti per lui. Quando le porte dell’ascensore si aprirono, vedemmo il nuovo mondo, l’inizio della nostra nuova vita. Feci fare a mio figlio il primo passo fuori dall’ascensore; quell’unico passo valeva più di mille emozioni, non era il semplice passo che fanno le persone ogni giorno, era un passo di rivoluzione, di cambiamento, un passo così importante per entrambi, era qualcosa di indescrivibile e unico nel suo genere, ed era il suo primo passo verso la sua nuova vita. alessandro mecchia disegni a cura di: giulia lanzillotta & federico radiciotti www.liceovolterra.it Altro disegno federico costume&società Compagno di banco o bigliettino? Questo è il dilemma Da sempre nella storia della scuola c’è chi studia e chi si affida alla fortuna cercando di copiare. Personalmente non mi è capitato spesso di dover ricorrere alla copiatura. Mi sono trovato più volte, però, a dover aiutare un compagno di banco in difficoltà. In una situazione del genere, penso se sia veramente giusto aiutarlo e la risposta arriva secca: “Sì!”, perché l’aiuto che serve a lui, in futuro, magari, potrebbe servire a me. Ma la domanda sorge spontanea: “Come fare?!”. I professori hanno “studiato” varie tecniche per evitare il famigerato “atto di copiatura”, come se fosse proibito. La più temuta è quella di strutturare il compito in file: ovvero l’insegnante inventa più compiti (solitamente due, ma anche di più). Per copiare, però, esistono numerose strategie, una di queste è il suggerimento. In un compito in cui si espone un argomento, se si è studiato, si finisce in poco tempo e, quindi, si aiuta il compagno in difficoltà. Ma attenzione! Mai interrompere, completamente, di svolgere la propria verifica, per completare quella del vicino. Il compagno, però, non è l’unica fonte per copiare: con i cellulari, con i quali si può navigare su internet, per gli studenti sfaticati si è aperto un mondo! A meno che non ci si faccia beccare! Usare il telefono è, forse, con i bigliettini, il modo più rischioso di copiare. Se infatti un professore vede due alunni parlare, intima loro di tacere, ma se sorprende uno studente con il telefono, non solo glielo sequestra, ma scatta anche l’annullamento del compito, che, in termini pratici, corrisponde a due (o tre, a seconda della clemenza del professore). Secondo me, però, copiare (e far copiare) è un’azione di www.liceovolterra.it lealtà e amicizia. Infatti sono del parere che può capitare a tutti di non ricordare qualcosa, ed a volte un suggerimento può essere fondamentale. In conclusione, posso affermare che, nonostante tutti i pareri contrari, far copiare è, e rimarrà sempre, un’azione giusta che, eccettuato il caso in cui chi copia va meglio di chi fa copiare, esprime solidarietà “con chi condivide il nostro stesso destino”, per citare Claudio Magris. Inoltre, vorrei aggiungere: “Cari professori, se un alunno decide di copiare, nonostante tutte le precauzioni, ci riuscirà; quindi, a mio avviso, è inutile preparare due o più compiti per la stessa classe, impiegando così interi pomeriggi; per non parlare poi del tempo in più che, immagino, si impieghi a correggerli!” daniele galiotta recensioni Le due recensioni premiate (per il biennio: Arianna Santillo e per il triennio: Sara De Monaco) al termine del progetto lettura, durante il quale gli studenti hanno incontrato a scuola gli autori dei libri letti Recensione del romanzo di S. Bonvissuto “Dentro” Un libro che parla “della vita”, ecco luoghi che stanno “laggiù” e biciclette. come Sandro Bonvissuto descrive il Per un bambino ciò che è lontano ha un suo romanzo d’esordio. Tre storie lafascino di gran lunga superiore a ciò che sciate lì, su quei fogli di carta bianca, è vicino, ma se ci si sposta a piedi si finidesiderose di farci riflettere, mentre ci sce col rimanere indietro, proprio come apprestiamo a quello che potrebbe esaccade al protagonista. Escluso dagli sere definito come un viaggio a ritroso amici provvisti ormai di bici, egli capisce nell’esistenza umana. Un treno di sole di dover imparare e sembra esserci una tre fermate che non hanno molto in cosola figura più qualificata delle altre a farmune tra loro. Si inizia dal carcere, gli da insegnante: suo padre. Come se i questo “giardino delle arance amare”, di cui si padri fossero quasi una specie a parte, l’unica in parla senza giri di parole o pretese idealizzanti grado di sobbarcarsi l’onere di questo insegnamentre il protagonista vi si muove all’interno. mento. Si conclude così il viaggio di questo liAttraverso i suoi occhi emerge quella che è una bro, in maniera semplice, così come era stato descrizione di una semplicità disarmante, che ci sin dall’inizio. È caratterizzato da un linguaggio presenta fatti e realtà con un’immediatezza alla fluido e vicino al parlato, che sembra trasporquale non si può sfuggire. Sebbene infatti tutti tarci davvero “dentro” la narrazione, grazie ansappiano cosa sia una prigione, ben pochi sono che alla scelta di una focalizzazione rigorosaa conoscenza di cosa avvenga davvero fra mente interna. La voce narrante, questo “io” miquelle mura. E tra quei pochi la maggior parte sterioso, ha la particolarità di esserci pressoché lo ha sperimentato sulla propria pelle. Ma la sconosciuto (non sappiamo nemmeno il suo “vita” di cui ci racconta nome), al punto da poter esl’autore va avanti, o meglio sere chiunque. Egli si muove indietro, fino ad arrivare circondato da quelli che più agli anni del liceo. Primo che personaggi veri e propri giorno di scuola, fatidico potrebbero essere definiti apmomento di passaggio, inparizioni, in uno spazio osciltriso di tanti dubbi. Di uno lante tra il relativo ed il prein particolare: chi si siederà ciso, ed un tempo che si ritaal banco accanto al nostro? Sandro Bonvissuto, autore del libro glia prepotentemente un poSe si viene divisi a due a sto in ogni storia, quasi fosse due un motivo dovrà pur esserci, bisogna solo un indipendente coprotagonista. E noi lo sesperare in un “caso” propizio. Ed il protagonista guiamo rapiti, avanzando tra pensieri e riflesrisulterà essere molto fortunato in quanto nel sioni che potrebbero essere nostri. Perché quesuo vicino troverà uno spirito affine, un compasto è un libro fatto di pensieri e scritto per far gno di avventure che gli permetterà di sostituire riflettere. Un libro che ha qualcosa da dire, ma con un “noi” quello che prima era soltanto un al tempo stesso lascia spazio anche al suo let“io”. Un “noi” quasi morboso che sfocia in tore, lo rapisce e lo accompagna tra le singole un’amicizia destinata a durare nonostante ostapagine, righe e parole, attraverso e all’interno di coli e tempo. La narrazione si conclude con esse. un’ultima storia che parla di pomeriggi estivi, Insomma, dentro. sara de monaco www.liceovolterra.it recensioni Titolo: E la felicità prof? Autore: Giancarlo Visitilli Editore: Einaudi Anno di pubblicazione: 2012 “Ieri interrogazione, oggi interrogazione, domani interrogazione ma nessuno chiede mai le cose importanti: come sto, cosa penso, dove vado. Forse hanno paura di scoprire che ho le idee più chiare di loro?” Esordisce così un alunno durante un compito, nel quale gli viene chiesto il suo parere riguardo all’istruzione. Alcuni ragazzi sono probabilmente d’accordo con questo pensiero, altri invece no. Perché non chiederglielo? Ha forse pensato questo, mentre scriveva il suo nuovo libro Giancarlo Visitilli, un giovane insegnante di Lettere di Bari che, con una scrittura leggera ed estremamente scorrevole, riesce a farci conoscere bene il mondo della scuola e tutte quelle piccole cose che magari un esterno, un professore, un preside non riesce a vedere o perché poco interessato o perché troppo difficili da comprendere. Cosi l’autore stesso scrive una specie di piccola biografia della classe quinta dove insegna, in preda ad ansie prematurità, gravidanze, problemi familiari e molto altro. La crisi economica, quella che porta tante persone sull’orlo di una drastica decisione, quella che crea confusione, danni, nervosismi, si abbatte inesorabilmente anche su questi venti o più ragazzi, costretti ad aiutare la famiglia, a porre fine alla Giancarlo Visitilli, autore del libro loro adolescenza troppo presto. In un età in cui ognuno spera il meglio, in cui il futuro è una grande incognita che fa paura ma che allo stesso tempo incuriosisce a tal punto da far immaginare chissà quali grandi aspettative, questi ragazzi di Bari, studenti ma non solo, sono disillusi, arresi, abbattuti dalle mille difficoltà. Il romanzo non è però a sfondo tragico, è innanzitutto uno spunto per tutti gli adolescenti che si trovano in alcune di queste situazioni, per far capire loro che non sono i soli ad attraversare periodi “bui”. È’ anche un grido di rivoluzione, di sfinimento, per coloro che sono talmente stanchi di questa situazione che l’unica cosa che resta loro è appellarsi ad un libro che li rispecchia, nella speranza che un giorno qualcuno si degni di ascoltarli. Non è facile trattare argomenti così delicati ed attuali con la positività di Visitilli: egli è dunque anche un modello da seguire, affinché, soprattutto nelle scuole, ci sia più dialogo, meno isolamento, meno violenza, più disponibilità. La struttura del libro è dunque lineare, composta da lettere, discorsi diretti talvolta anche passi di libri. Sono presenti anche accenni a culture straniere, ad esempio quella romena. Non esistono barriere né grammaticali né linguistiche, l’autore si impegna e fa di tutto per far prevalere l’animo di ciascun alunno, tralasciando qualche errore. In un romanzo nel quale le voci, né modificate né minimizzate, sono dei ragazzi veri e propri, con i loro pensieri magari sgrammaticati ma concreti, con i loro sentimenti, magari confusi ma sinceri, non si può far altro che comprendere ed apprendere. www.liceovolterra.it arianna santillo recensioni Senza smettere di guardare il cielo Senza smettere di guardare il cielo racconta la storia di Kathleen, una donna londinese sposata con un uomo che ha sempre amato fin da ragazza, con una carriera affermata e una vita perfetta. Ma niente è come sembra e dei dubbi incominciano a insinuarsi nella sua anima. La sua vita banale e il suo matrimonio infelice sembrano non bastarle più e così inizia a precipitare in un baratro, il baratro del tradimento, che porta il nome di Thomas. I due, pur essendo entrambi sposati, cominciano a stringere una relazione, che porta nella vita di Kathleen quell’avventura che aveva sempre desiderato. Ma non tutto dura per sempre e la storia fra i due naufraga inevitabilmente. Nonostante le lacrime, il dolore e la sofferenza, la protagonista riesce comunque a rimettere in piedi la sua vita e a riscoprire una parte di se stessa che da tanto tempo aveva dimenticato. Riflessivo e sentimentale, questo romanzo descrive la rinascita di una donna che, attraverso un viaggio interiore, riscopre se stessa e la forza di risollevarsi dagli ostacoli che la vita le presenta. Attraverso un linguaggio semplice, ma allo stesso tempo ricco di immagini da cui nascono un turbinio di emozioni, l’autrice ha saputo esprimere con intensità e sentimento una storia d’amore, all’apparenza come tante altre, ma che, grazie all’accurata descrizione dei dettagli e dei pensieri del personaggio, riesce a coinvolgere il lettore fino all’ultimo capoverso e a renderlo partecipe di una storia senza tempo, in grado di emozionare e di far riflettere. Ma ciò che più colpisce è il coraggio di questa donna che ha saputo vivere a pieno ogni momento della sua vita, facendo scelte che, seppur dolorose, le hanno permesso di riscoprire la sua vera identità, la sua vera natura, il suo sentirsi donna. Kathleen rappresenta tutte quelle donne che hanno avuto la forza di cambiare, di dare un taglio decisivo a tutto ciò in cui credevano, sfidando se stesse, mettendosi in gioco e uscendo fuori da quegli schemi che per anni le hanno oppresse, logorate e lentamente uccise. marika curzi Anna Risi, autrice del libro www.liceovolterra.it musica VOLTERRAP La musica rap tra i giovani ormai è una vera e propria moda. Per chi la segue e l'ha seguita fin dalla nascita, la diffusione di questo fenomeno culturale sembra quasi un paradosso, considerata la reputazione che vantava fuori i confini americani nella seconda metà del 1900. Nacque infatti in America intorno agli anni 1970-1980 grazie alla collaborazione di due uomini, DJ KOOL HERC e AFRIKA BAMBAATAA, che saranno le colonne portanti della "cultura hip hop". Si può parlare infatti di una vera e propria cultura poiché le sue espressioni si manifestano in vari campi artistici: nelle arti figurative con il "writing", i graffiti, nella musica con il rap, nella danza con la breakdance. Oggi ci occuperemo solo del ramo musicale, descrivendone le origini e l'impatto incisivo che ha avuto a livello mondiale. Intorno agli anni '70 i dj a New York che suonavano nei "block party" del Bronx passavano velocemente dai dischi reggae e quelli funk, rock e disco, ma notarono che i newyorkesi non amavano particolarmente il reggae, preferendo musica ballabile con più forti percussioni. Verso gli anni '90 in America il rap era diventata la musica per eccellenza poiché la gente si rispecchiava nelle parole del rapper, il quale nei propri testi trattava temi complessi, a sfondo sociale, con un tono umoristico e coinvolgente. Il rapper o MC (Master of Cerimony, Maestro di Cerimonia) era diventata una figura predominante nella scena musicale americana e, con le sue liriche, varcò i confini americani alla fine del XX secolo, grazie all'interesse dei giovani di tutto il mondo, in cerca di una valvola di sfogo che solo il rap poteva offrire loro. L'Italia fu uno dei Paesi in cui il rap fu oggetto di critiche e considerato un genere minore. Nonostante questo nel 1993 l'album “Strade di città” degli Articolo 31 (J-Ax e Dj Jad) entrò nella classifica degli album più acquistati, con più di 90.000 copie vendute. Il mondo del rap è variegato: possiamo distinguere la “scena commerciale” con rapper e crew, attenti anche al fattore economico, e quella "Underground", che li accusa di proporre sonorità e rime orecchiabili per il grande pubblico, senza offrire nulla di nuovo. Nel XXI secolo il rap è la musica che riscuote maggior successo tra i giovani e non solo: non è un caso che la colonna sonora dei Mondiali in Brasile per SKY sia stata realizzata da uno dei rapper più in voga ultimamente, Emis Killa, oppure che il vincitore di "Sanremo giovani " sia Rocco Hunt, un rapper giovanissimo, ma già da parecchio al centro della scena rap. I giovani, quindi, tendono a idolatrare i rapper visti come veri e propri modelli di vita da imitare. Infatti nell'ultimo decennio c'è stato il "boom" dei rapper emergenti, che provano ad affermarsi partendo dai propri idoli per produrre un vero e proprio stile personale a livello musicale. Io stesso mi sento parte di questa categoria di giovani poiché da quasi due anni mi sto cimentando nella registrazione di canzoni mie, con il nome d'arte Scontro MC. Ho proposto online per un pubblico giovane il mio primo mixtape con il titolo "Sempre con il sorriso", variando temi e toni dal romantico all'ironico. Spero di aver offerto un mio piccolo contribuito affinché nella cultura hip hop possiate trovare le risposte alle vostre domande, dalle più frivole alle più complesse. “La vita vivila non fartela raccontare” Scontro MC matteo costa www.liceovolterra.it racconti Passeggiate lunghe un ricordo Il paese dei miei nonni ha una storia tutta sua, a tratti anche molto importante, ma sembra non riuscire a tenere il passo con il mondo che intorno ad esso cambia. O meglio, è come diviso in due parti: una fatta di bar, ragazzi urlanti fin dopo la mezzanotte e palazzi nuovi. Poi c’è il centro storico. Quasi restio al cambiamento, è lì che abitano i miei nonni, lungo il corso principale che nasconde dietro di sé un labirintico insieme di vicoli scuri, talmente stretti da poter quasi innaffiare le piante sul balcone del proprio dirimpettaio. E mentre di questi ancor oggi so poco e niente, il corso lo conosco come le mie tasche. Tutte le domeniche infatti accompagnavo il nonno a sbrigare le mille commissioni che la nonna, sempre indaffarata e costantemente assalita dall’ansia di non riuscire a fare tutto (ansia piuttosto inutile a mio parere, data la proverbiale efficienza delle nonne), gli assegnava. A lui non dispiaceva, anzi, è sempre stata una persona attiva, il settantenne meno spaventato dalle scale che io conosca, fossero esse quelle arzigogolate di casa sua o quelle infinite che ci attendevano quando andavamo a trovare sua sorella. Mano nella mano ci avviavamo lungo quella strada senza marciapiedi a comprare latte, pane o uova, fermandoci quasi ogni due passi per salutare qualcuno. Il nonno la percorreva così tante volte che ormai conosceva praticamente tutti: il giocattolaio proprio sotto casa, il panetterie dal quale comprava sempre biscotti buonissimi che mangiavamo passeggiando, il barista amico di vecchia data, il nuovo titolare di quello che un tempo era il suo negozio e perfino l’ottico lì vicino. Ma le mie preferite erano sicuramente le tappe fuori programma. Capitava a volte di uscire prima del solito oppure di avere una lista della spesa più corta, e allora il nonno ne approfittava per fare quasi da guida turistica. Spesso andavamo semplicemente a trovare zia, optando però per una scorciatoia, avventurandoci in uno di quei vicoli ombrosi, scendendo e salendo quelle che erano manciate di gradini più che vere rampe di scale, stando attenti ad imboccare la stradina giusta. Altre volte andavamo al museo, una gran conquista per una città composta sì e no da dodicimila anime. Non c’era molto da vedere, soprattutto se si è abituati a pensare alle grandi costruzioni delle metropoli quando si sente la parola “museo”; ma al nonno è sempre piaciuto raccontare ed io ho sempre adorato le sue storie. Cosi me ne stavo lì, di fronte a quelle teche gelose degli oggetti scintillanti che proteggevano, ad ascoltarlo rapita. Quando arrivava Natale, passavamo sempre in cattedrale, per ammirare il presepe che ogni anno veniva pazientemente allestito in una delle nicchie delle navate laterali. Allora arrivavo a malapena all’altezza del banco su cui era sistemato, ma non mi sfuggiva nulla, e in caso ci pensava il nonno, in un rispettoso silenzio smorzato da pochi bisbigli, a mostrami tutte le meraviglie che l’anno prima non erano lì. Tuttavia il posto che mi è rimasto più impresso è un altro. Arrivando fino in piazza si possono imboccare svariate strade: si può tornare da dove si è venuti, scendere fino al museo, salire per bene tre direzioni diverse. Una di queste ultime, più ripida delle altre, nasconde una porticina che ho varcato raramente, ma la prima volta che il nonno mi ci portò, alla veneranda età di cinque anni e mezzo, mi sembrò un nascondiglio perfetto. Si trattava di tre stanze adiacenti con poltrone, divani e nell’ultima c’era persino un tavolo da biliardo. Non chiesi al nonno che posto fosse, credo che nemmeno mi interessasse presa com’ero a far rotolare palline che non ne volevano saperne di andare in buca. Nell’altra stanza invece c’era un pianoforte. Pur essendo mia cugina la pianista di famiglia, questo strumento ha sempre esercitato un fascino irresistibile su di me e credo che sia in parte dovuto all’influenza del nonno. Amante della musica classica, lo si poteva vedere seduto in poltrona, accanto alla nipote, ad ascoltare, senza perdersi una singola nota, pausa o accordo che fosse. Sono ritornata in quel posto non molto tempo fa con addosso qualche anno (e centimetro) in più; ma senza il nonno che rispondeva a tutte le mia interminabili domande, quel posto ha perso quasi tutta la sua magia. Le nostre passeggiate si sono fatte più rare e più brevi, alcuni posti sono cambiati. Un tempo mi guidava, quasi rincorreva la sua “bambolina di zucchero”, attraverso quella che non era una semplice domenica ai miei occhi. Adesso camminiamo piano, sotto braccio, mentre lui si appoggia al suo bastone. Adesso sono io che parlo, racconto, spiego e credo di riuscire finalmente a mettermi nei suoi panni. E so che, per quelle passeggiate ormai lunghe solo un ricordo, non gliene sarò mai grata abbastanza. www.liceovolterra.it sara de monaco l’angolo dei nonni …continua la corrispondenza di nonno Mimmo con suo nipote Samuel Ancora caro Samuel... Caro Samuel, Da tanto avevo smesso di scrivere, e poi … E poi sei arrivato tu, il giornalino, l’idea dell’articolo ed ecco che i miei pensieri sono diventati parole e lettere, e fogli di carta. Ogni anno, ormai da molto tempo, in occasione del giorno della commemorazione dei defunti, ritorno al mio paese. E si riaffacciano ricordi di un’infanzia passata, di tempi ormai lontani, vaghe immagini di prospettive ormai perse, che solo io, dentro me, conservo e preservo dall’implacabile scorrere del tempo. In questi ricordi “s’annega il pensier mio” e rifletto sul tempo che passa … A te, che sei “il mio avvenire” voglio esternare alcuni miei pensieri. Perché questo nostro mondo cambia continuamente? Perché il passato viene dimenticato? Perché tutto deve scivolarci addosso? Ora tutto corre! Tutto è tecnologia, immagine virtuale, immediata, fredda! E forse questa incertezza che contraddistingue l’epoca in cui viviamo deriva dal fatto che la nostra civiltà sta lentamente morendo … Il nostro stesso pianeta, come ogni cosa nell’Universo, nasce, vive e muore. Vogliamo affrettare la sua morte? Vogliamo lasciarlo ancora più sfruttato, stuprato, consumato? In voi, in te confido perché ci sia un futuro, che voi meritate di avere. Come sempre … Ti voglio bene, Tuo Nonno domenico patrone www.liceovolterra.it l’angolo dei nonni Nonno Nando, il nonno di Federico Chiodi, ci ha inviato le sue ricette. Provatele, i suoi dolci sono veramente squisiti! Ricetta per crema pasticcera STRUDEL DI MELE Ingredienti: --1 buccia d'arancia tagliata a pezzetti --3/4 mele --pasta sfoglia --1 bustina di noci sbucciate, mandorle sbucciate, uvetta e nocciole. Preparazione: Tagliare a pezzetti le mele, tritare nocciole e noci. Posizionare la pasta sfoglia in una teglia con sotto la carta forno. Dopo aver riempito la pasta sfoglia con l’impasto ottenuto, arrotolarla con delicatezza, come a voler fare una "girella". Mettere sopra un po’ di zucchero bagnato leggermente con dell’acqua, in modo che con la cottura assuma un colore dorato. Mettere il tutto a cuocere per 20/30 min. nel forno a 180°. TORTA DI MELE Ingredienti: --pasta frolla --4 mele --crema pasticcera (vedi ricetta) --zucchero --pan di spagna (vedi ricetta) --succo d'arancia Preparazione: Stendere la pasta frolla in una teglia ricoperta con carta forno. Tagliare le mele a fettine e condirle con zucchero e succo d'arancia. Tagliare il pan di spagna a fettine e bagnarlo con il succo ricavato dalle mele. Mettere uno strato di pan di spagna, uno di crema pasticcera bagnata anch'essa leggermente con il succo delle mele ed un altro di mele tagliate precedentemente e ripetere per due volte. Disporre lo strato finale di mele in modo tale da decorare il tutto. Infornare per 40 min circa a 180°. TORTA DI FRAGOLE Ingredienti: --pan di spagna --3 cestini di fragole --1/2 lt. di panna da montare --crema pasticcera Preparazione: Tagliare a pezzettini le fragole e condirle con 3 cucchiai di zucchero. Tagliare il pan di spagna in due e bagnarlo leggermente con succo di fragole. Spalmare uno strato di crema pasticcera e uno strato di panna montata e sopra di essa posizionare uno strato di fragole tagliate a pezzettini. Ripetere il procedimento una seconda volta e poi ricoprire con panna montata e decorare con pezzi fragole. Mettere in frigo prima di servire. Ingredienti: --1 tuorlo d’uovo --1 cucchiaio di zucchero --1 cucchiaio di farina --1 bicchiere di latte --1 scorza di limone o 1 stecca di vaniglia Preparazione: Portare ad ebollizione il latte con la scorza di limone avendo avuto cura di eliminare la parte bianca.Nel frattempo sbattere con le fruste in un recipiente il tuorlo, lo zucchero e la farina. Quindi versare un po’ di latte caldo nel composto, levare la scorza di limone, mescolare ed in seguito continuare a versare tutto il latte. Rimettere la crema sul fuoco a fiamma molto bassa e lasciare per due o tre minuti, mescolando continuamente per non fare attaccare la crema sul fondo. Togliere la crema dal fuoco ed appoggiare sulla superficie qualche fiocco di burro che, sciogliendosi, eviterà la formazione della pellicina. Ricetta per Pan di Spagna Ingredienti: --90 gr di farina -- 90 gr di fecola di patate --150 gr di zucchero -- un pizzico di sale --vanillina -- 6 uova Preparazione: Dividete l’albume delle uova e metteteli in due ciotole separate. Montate i rossi con lo zucchero e, nell’altra ciotola, montate gli albumi a neve con un pizzico di sale. Unite quindi i due composti mescolando delicatamente: aggiungete alle uova anche la farina, la fecola e la vanillina setacciate. Imburrate una teglia e versatevi il composto: infornate a 180 gradi per 35 minuti. www.liceovolterra.it foto&disegni disegni a cura di federico radiciotti & giulia lanzillotta www.liceovolterra.it redazione DIREZIONE REDATTORI DIRETTORE RESPONSABILE Gabriele giuliani (5H) VICEDIRETTORE mirko grossi (5H) CAPOREDATTORE samuel patrone (4b) CAPO GRAFICO/IMPAGINATORE ValEntin Ifrim (3I) RESPONSABILE SEGRETERIA Valentina Manna (5H) GRAFICI Damiano Antonelli (1SA), Riccardo Imbastari (1SA) Saverio Forestiero (1SB) Federica Villani (2B) Giulia Colangeli (2H) Livia Fiorelli (2H) Beatrice Graziano (2H) Edoardo Merenda (2H) Francesca Nicosia (2H) Arianna Santillo (2H) Lorenzo Rossi (3H) Giulia Lanzillotta (3I) Gabriele Simonetti (4A) Claudia Gagliardi (4C) Laura Amarante (4E) Federico Radiciotti (4H) Andrea Ricciotti (5B) Luca Cerquetani (5F) Giada Corrado (1I) Gaia Fanelli (1I) Giordano Caucci (1SA) Davide De Vito (1SA) Luna Gasparro (1SA) Elisa Martinelli (1SA) Gaia Borraccesi (1SB) Tommaso Felici (1SB) Giulia Opris (1SB) Valentina Atzori (2B) Marika Curzi (2B) Luca Marrucci (2B) Alessandro Montenegro (2B) Giovanni Paggiarini (2B) Simona Delle Cese (2C) Maria Cristina Mancini (2H) Giada Sbaraglia (2H) Alessandro Iori (3I) Ginevra Lautizi (3I) Giulia Maggio (3I) Giulia Palombi (3I) Giulia Remo Cupilari (3I) Veronica Venafra (3I) Diana Braescu (4A) Guido Evangelisti (4A) Valerio Fusco (4A) Matteo Gramegnatota (4A) Patryk Ponza (4A) Federico Pichini (4a) Federica Scarpellini (4A) Leonardo Mascarino (4C) Sara De Monaco (4C) Martina Pensa (4C) Alessio Petronelli (4C) Rita Becciani (4F) Juan Diego Turatti (4G) Romeo Balota (4H) Luca Pagliei (4H) Eva Di Fidio (5B) Arianna Lombari (5B) Maria Barbato (5E) Valentina Galiotta (5E) Ilaria Noschese (5E) Dayan Gabancho (5F) Marco Linari (5F) Matteo Murciano (5H) PROFESSORESSE Filomena Fuselli (Responsabile), Giorgiana Bertulli, Matilde De Leo, Rosanna iacovino SEGRETERIA Chiara Pulvano Guelfi (1F), Davide Sera (4A), Lorenzo D'Agostino (4E), Eleonora Marazita(4E), Valentina Manna (5H) Si ringrazia per la collaborazione la prof.ssa carla valesini LA REDAZIONE DI ELETTRONVOLT AUGURA A TUTTI BUONE VACANZE www.liceovolterra.it