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Direzione e coordinamento di societa` pubbliche nel «decreto anti

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Direzione e coordinamento di societa` pubbliche nel «decreto anti
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Gruppi pubblici
Direzione e coordinamento
di società pubbliche
nel «decreto anti-crisi»
di Nicola Di Sante e Mauro Sebastianelli
Dottori commercialisti e Revisori contabili (*)
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Al fine di risolvere i dubbi interpretativi sorti in relazione agli enti pubblici che esercitano
attività di direzione e coordinamento di società, per i quali risulta problematico affermare il
perseguimento di un interesse imprenditoriale di gruppo, il D.L. n. 78/2009 (c.d. Decreto
anti-crisi) ha fornito un’interpretazione autentica dell’art. 2497, comma 1, c.c. Tale
intervento normativo rappresenta l’occasione per esaminare e chiarire, senza pretesa di
esaustività, la portata applicativa della disciplina civilistica sulla «Direzione e
coordinamento di società» con riferimento ai gruppi pubblici
I dubbi interpretativi sull’ambito
soggettivo di applicazione
dell’art. 2497 c.c.
La riforma del diritto societario ha introdotto, al
Capo IX del Titolo V («Delle Società») del Libro
V («Del Lavoro») del Codice civile, un corpus di
norme rubricate «Direzione e coordinamento di società» volto a regolare organicamente alcuni degli
aspetti più delicati e controversi della materia dei
gruppi societari.
In particolare, il legislatore del 2003 ha ritenuto che
il problema centrale del fenomeno del gruppo fosse
quello della responsabilità della società o dell’ente
che esercita l’attività di direzione e coordinamento
nei confronti dei soci di minoranza e dei creditori
sociali della società diretta e coordinata.
Considerata la tendenza all’esternalizzazione di numerosi servizi pubblici locali, anche a seguito degli
obblighi imposti dalle diverse «finanziarie» riguardanti il «patto di stabilità», che ha comportato un
aumento delle società partecipate dagli enti locali,
si rende opportuno analizzare la portata applicativa
della disciplina di cui agli artt. 2497-2497 septies
c.c. nei confronti dei gruppi pubblici e, più in particolare, dei c.d. gruppi comunali (1).
In realtà, un’importante questione presentatasi all’indomani dell’entrata in vigore della riforma riguarda(va) la corretta individuazione degli «enti
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che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui», cui fa riferimento l’art.
2497, c. 1, c.c. relativo alla responsabilità in capo
al soggetto che viola i principi di corretta gestione
societaria e imprenditoriale.
Dal dibattito dottrinario sviluppatosi sul punto, sono emersi due principali orientamenti. Il primo,
più restrittivo, circoscrive(va) l’ambito applicativo
della disciplina de qua agli enti pubblici economici, in considerazione del riferimento normativo all’«interesse imprenditoriale» (2). Il secondo, invece, comprende(va) tra i soggetti attivi della direzione e coordinamento anche gli enti pubblici
non economici, per non vanificare la portata della
norma quale strumento di garanzia in presenza di
abusi (3).
Note:
(*) Studio Mancinelli, Ancona - [email protected].
(1) Cfr. Gruppo di Studio Servizi Pubblici (Commissione EE.PP.) del Consiglio
Nazionale Dottori Commercialisti e del Consiglio Nazionale Ragionieri, Enti locali. Attività di direzione e coordinamento, dicembre 2006, 8-14, che propende, nonostante taluni dubbi interpretativi, per l’applicabilità dell’intera disciplina anche agli enti locali.
(2) Cfr. A. Guaccero, Alcuni spunti in tema di governance delle società pubbliche dopo la riforma del diritto societario, in Riv. soc., 4/2004, 849.
(3) Cfr. C. Ibba, Società pubbliche e riforma del diritto societario, in Riv. soc., 1/
2005, 8-11.
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A ben vedere, la risoluzione di tale problema incide(va) non solo sul regime di responsabilità dell’ente locale capogruppo, ma anche sugli obblighi
di pubblicità e trasparenza in capo alle società del
gruppo, nonché sulle altre forme di tutela per i soci
ed i creditori delle società medesime (4).
L’interpretazione dell’art. 2497 c.c.
contenuta nel decreto anticrisi
Il D.L. 1º luglio 2009, n. 78 (pubb. in G.U. n. 150
del 1º luglio 2009), convertito con legge 3 agosto
2009, n. 102 (pubb. in G.U. n. 179 del 4 agosto
2009), recante «Provvedimenti anticrisi, nonché
proroga di termini e della partecipazione italiana
a missioni internazionali», prevede all’art. 19 (rubricato «Società pubbliche»), c. da 6 a 13 (concernenti «Partecipazioni in società delle amministrazioni pubbliche»), talune modifiche alla disciplina
delle società pubbliche e degli organi di amministrazione delle società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato (5).
In particolare, a fronte dei dubbi interpretativi sorti in relazione a quegli enti che esercitano attività
di direzione e coordinamento di società, per i quali
risulta problematico affermare il perseguimento di
un interesse imprenditoriale di gruppo (quale risultato complessivo dell’attività di direzione e
coordinamento ed alla base della disciplina civilistica), il comma 6 dell’articolo citato fornisce
un’interpretazione autentica dell’art. 2497, comma
1, c.c. (6)
Al riguardo, la norma specifica che «per enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo
Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria».
Dalla lettura della norma sembrano evincersi i seguenti caratteri della holding pubblica (ex art.
2497, c. 1, c.c.):
a) la qualità di ente di diritto pubblico diverso dallo
Stato;
b) la capacità dell’ente di assumere partecipazioni
(di controllo) in società;
c) la capacità dell’ente di esercitare direttamente o
indirettamente attività imprenditoriali e, conseguentemente, di assumere la qualità di imprenditore.
Tale formula legislativa sembra pertanto confermare l’orientamento, già espresso da autorevole dottrina, secondo cui l’«interesse imprenditoriale», quale
criterio per individuare i soggetti attivi dell’attività
di direzione e coordinamento di società, è riscontrabile in capo agli enti pubblici che esercitano, per il
tramite di una o più società, l’attività di produzione
di beni o servizi secondo un «criterio di obiettiva
economicità» (7).
Cosı̀ inteso, l’interesse imprenditoriale può addirsi
(oltre agli enti pubblici economici) anche agli enti
pubblici locali, le cui attività (definibili) «economiche» sono dirette a realizzare pubbliche finalità. Un
simile interesse non è invece ravvisabile nei confronti dello Stato, in quanto portatore di un interesse politico attinente al governo dell’economia, nonché degli altri enti pubblici che agiscono secondo
criteri di pura erogazione (c.d. enti pubblici di protezione sociale).
Più in particolare, tale interesse può ravvisarsi laddove l’ente locale partecipi in società che erogano
servizi pubblici di rilevanza economica (ex art.
113, comma 5, Tuel), quali i servizi di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, il servizio idrico
integrato, lo spazzamento delle strade comunali, la
gestione della raccolta di rifiuti solidi urbani, il trasporto pubblico effettuato in favore dei cittadini e
la gestione dei parcheggi comunali. Al contrario,
tale interesse non può ravvisarsi qualora l’ente partecipi in società che erogano servizi pubblici privi
di rilevanza economica, quali i servizi assistenziali,
sociali e culturali.
In maniera sostanzialmente analoga, si è affermato
che nell’ambito di applicazione dell’art. 2497,
comma 1, c.c. dovrebbero rientrare, tenuto conto
dell’interpretazione autentica fornita dal Decreto
anti-crisi, gli enti pubblici territoriali detentori di
partecipazioni in società che erogano servizi rivolti
al pubblico in regime di concorrenza (c.d. società
mercato ex art. 23bis, legge n. 133/2008), mentre
resterebbero esclusi gli enti pubblici territoriali
che detengono partecipazioni in società esercenti
attività amministrativa strumentale a favore degli
enti medesimi (c.d. società semi-amministrazioni
ex art. 13, L. n. 248/2006) (8).
Note:
(4) Cfr. P. Dal Soglio, sub art. 2497 septies, in A. Maffei Alberti (a cura di), G.
Guerrieri (coordinato da), Commentario breve al Diritto delle Società, Padova,
2007, II.2.
(5) Cfr. Schede di lettura del Servizio Studi del Senato n. 145-luglio 2009, sub.
art. 19, c. 6-13.
(6) Cfr. Relazioni tecniche (Decreto legge Manovra anticrisi 26 giugno 2009),
sub art. 19.
(7) Cfr. F. Galgano, Direzione e coordinamento di società, in F. Galgano (a cura
di), Commentario del Codice civile Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 2005, 6065.
(8) Cosı̀ G. Boldrini, «Lo stato dell’arte delle società pubbliche», relazione tenuta all’Evento M.A.P. su «Governo, controllo e valutazione delle società partecipate dagli enti locali» (Torino, 24 settembre 2009).
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Nozione e fattispecie presuntive
di direzione e coordinamento
di società pubbliche
La responsabilità dell’ente pubblico
per l’attività di direzione
e coordinamento
Il legislatore della riforma non ha fornito una definizione di «direzione e coordinamento di società»,
ma si è limitato a individuare taluni indici presuntivi della sua esistenza.
Ai sensi dell’art. 2497-sexies c.c., con riferimento
ai c.d. gruppi verticali, tale attività si presume esercitata, salvo prova contraria:
a) dall’ente pubblico tenuto al consolidamento del
bilancio della società, ossia l’ente pubblico economico (9) che «controlla» una società di capitali
(artt. 25, c. 2 e 26, D. Lgs. n. 127/1991);
b) dall’ente pubblico (anche territoriale) che «controlla» la società ai sensi dell’art. 2359 c.c., in
quanto dispone (anche indirettamente) della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria (c.d. controllo interno di diritto), oppure dispone
(anche indirettamente) di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria (c.d. controllo interno di fatto), oppure esercita
un’influenza dominante in virtù [recte per effetto]
di particolari vincoli contrattuali (c.d. controllo
esterno) (10).
Dunque, il controllo societario (influenza dominante) è condizione necessaria ma non sufficiente (costituendo presunzione iuris tantum) dell’attività di
direzione e coordinamento, che deve essere più intensa e manifestarsi come direzione unitaria della
società, quale «esercizio di una pluralità sistematica
e costante di incisione sulle scelte gestorie della società subordinata, cioè sulle scelte strategiche ed
operative di carattere finanziario, industriale, commerciale che attengono alla conduzione degli affari» (11).
Ciò è riscontrabile, ad esempio, nel rapporto di
«controllo analogo sui propri servizi» tra l’ente locale e le società a capitale interamente pubblico costituite per la gestione dei servizi pubblici locali di
rilevanza economica di cui all’art. 113, c. 5, lett. c),
Tuel. (12)
Secondo l’art. 2497-septies c.c., relativo ai c.d.
gruppi orizzontali, le disposizioni del capo IX si
applicano altresı̀ all’ente pubblico (anche territoriale) che esercita l’attività di direzione e coordinamento di società in base ad un contratto con le società medesime (es. contratti di finanziamento e
patti parasociali) o di clausole dei loro statuti.
È il caso, ad esempio, dell’ente pubblico territoriale
che si sia riservato, con apposite clausole statutarie,
il potere di nomina e revoca di tutti i soggetti deputati all’amministrazione e al controllo della società (13).
Ai sensi dell’art. 2497, c. 1, c.c., gli enti pubblici
(anche territoriali) che esercitando attività di direzione coordinamento di società, agiscono nell’interesse
imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei
principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività e al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società. Detta responsabilità non si
configura qualora il danno risulti mancante alla luce
del risultato complessivo dell’attività di direzione e
coordinamento, ovvero sia integralmente eliminato
anche a seguito di operazioni a ciò dirette.
Peraltro, i creditori e i soci di minoranza (anche singolarmente (14)) possono agire contro l’ente pubblico dirigente che esercita l’attività di direzione e
coordinamento, secondo l’art. 2497, c. 3, c.c., solo
se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta
all’attività di direzione e coordinamento.
Dunque, la fattispecie di responsabilità dell’ente pubblico holding, cosı̀ come delineata dall’art. 2497, c. 1
e 3, c.c. (e che la Relazione alla riforma definisce di
stampo fondamentalmente extracontrattuale (15)),
presuppone, dunque, i seguenti elementi di base (16):
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Note:
(9) Per gli enti locali, l’art. 230, comma 6, T.u.e.l. dispone solo una facoltà circa
il consolidamento di tipo patrimoniale. Con il progetto di riforma del Codice
delle Autonomie si prevede, per i comuni con popolazione superiore ai 5.000
abitanti, la redazione del bilancio consolidato secondo competenza economica
per la rilevazione dei risultati complessivi della gestione dell’ente locale e delle
aziende partecipate.
(10) Osserva G. Romagnoli, L’esercizio di direzione e coordinamento di società
da parte di enti pubblici, in Nuova giur. civ. comm., 2004, II, 218, come l’ente
pubblico possa essere chiamato a rispondere per l’attività di direzione e coordinamento solo qualora venga dimostrato, oltre all’esercizio del potere di controllo di cui all’art. 2497 sexies c.c., anche l’effettiva emissione da parte dell’organo
competente della direttiva poi attuata.
(11) Cosı̀ Trib. Pescara, sentenza 16 gennaio 2009, in Banca dati DeJure.
(12) Cfr. A. Caprara, Attività di direzione e coordinamento di società: la responsabilità dell’ente pubblico, in Le Società, 5/2008, 557-558.
(13) Cfr. A. Caprara, op. cit., 559.
(14) Cosı̀ Trib. Bologna, sentenza 14 aprile 2006, in Obbligazioni e contratti, 68/2006, 748.
(15) Nello stesso senso, Trib. Napoli, decreto 28 maggio 2008, in Foro it., I, 19601965 e, sia pure incidentalmente, Trib. Pescara, sentenza 16 gennaio 2009, cit.
(16) Amplius, F. Galgano, op. cit., 92-120; M.T. Brodasca, sub art. 2497, in G.
Fauceglia-G. Schiano di Pepe (diretto da), Codice commentato delle s.p.a., Torino, 2007, parr. 3-11; P. Dal Soglio, sub art. 2497, in A. Maffei Alberti (a cura
di) G. Guerrieri (coordinato da), op. cit., parr. II-VI.
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a) l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento di società, ossia l’esercizio effettivo, ampio
e duraturo, di un potere sulle scelte gestionali della
società assoggettata (v. supra);
b) l’agire nell’interesse imprenditoriale proprio o
altrui, cioè operare in qualità di imprenditore, ovvero essere portatore di un interesse imprenditoriale
diverso da quello della società assoggettata (v. supra);
c) la violazione dei «principi di corretta gestione
societaria e imprenditoriale» della società assoggettata, ovvero l’aver indotto quest’ultima all’inosservanza dei principi del diritto societario e/o del diritto dell’impresa, dettati dal codice civile e da leggi
speciali al fine di assicurare la correttezza nella gestione. In particolare, la scorretta gestione societaria può ravvisarsi nella violazione di precisi obblighi di legge (es. la mancata riduzione del capitale
sociale per perdite rilevanti), nell’assunzione di rischi impropri mediante operazioni esorbitanti il
proprio oggetto sociale (come l’assunzione di partecipazioni qualificate in società con oggetto eterogeneo), nell’adozione di scelte gestionali irragionevoli (si pensi al fenomeno della sottocapitalizzazione), nell’inadeguatezza dell’assetto organizzativo,
amministrativo e contabile. La scorretta gestione
imprenditoriale può consistere, tra l’altro, nell’adozione di modalità produttive pregiudizievoli dell’integrità fisica o della personalità morale dei lavoratori, nonché nelle pratiche di mercato contrarie ai
principi di leale concorrenza;
d) il pregiudizio della «redditività e del valore della
partecipazione sociale» arrecato ai soci della società assoggettata. In particolare, il danno per i soci si
identifica con la lesione del diritto agli utili, quale
aspettativa alla redditività della partecipazione posseduta, e il diritto al valore della partecipazione, ossia la legittima aspettativa alla realizzazione (in caso di vendita) di un adeguato controvalore in denaro;
e) la lesione cagionata all’«integrità del patrimonio» della società assoggettata risentita dai creditori
della medesima. Il danno per tali creditori consiste,
dunque, nel pregiudizio della loro garanzia patrimoniale ovvero della loro aspettativa di prestazione (17);
f) un risultato complessivo dell’attività di direzione
e coordinamento che comporti un danno. Ciò significa che non c’è violazione dei principi di corretta
gestione quando l’interesse perseguito risulta essere
un interesse riferibile all’intero gruppo, del quale
l’ente pubblico si è fatto portatore nell’esercizio
dell’attività di direzione unitaria, destinato a tradursi in un indiretto vantaggio per tutte le società appartenenti al gruppo. In altri termini, nel valutare
la dannosità di una determinata condotta dell’ente
pubblico dirigente nei confronti dell’interesse della
società assoggettata, occorre aver riguardo «non
soltanto all’effetto patrimoniale immediatamente
negativo di un determinato atto di gestione, ma altresı̀ agli eventuali riflessi positivi che ne siano
eventualmente derivati (o ne possano eventualmente derivare) in conseguenza della partecipazione
della singola società ai vantaggi che quell’atto abbia arrecato al gruppo di appartenenza» (18);
g) il mancato compimento di operazioni dirette ad
eliminare integralmente il danno. Pertanto, non
c’è un danno risarcibile quando, a fronte del pregiudizio subito dalla società assoggettata sia a questa offerta da parte dell’ente pubblico dirigente una
specifica compensazione (19);
h) la mancata soddisfazione di soci e creditori sociali da parte della società assoggettata. Invero,
chi intende esperire l’azione di responsabilità in
esame ha l’«onere di preventiva escussione del patrimonio della società» sottoposta all’altrui abusivo
esercizio di direzione unitaria (20).
Ai sensi dell’art. 2497, c. 2, prima parte c.c., sono
altresı̀ solidalmente responsabili per i danni derivanti dalla direzione e coordinamento di società coloro che abbiano preso parte al fatto lesivo (21), ossia:
a) gli amministratori della holding a partecipazione
pubblica che abbiano impartito le direttive pregiudizievoli;
b) gli amministratori della società assoggettata che
abbiano dato esecuzione alle direttive senza svolgere alcuna funzione di filtro.
Va inoltre detto che il socio ente pubblico della società capogruppo, che non possa essere definito come holding (ex art. 19, c. 6, D.L. n. 78/2009), è comunque esposto alla responsabilità solidale, nei limiti del vantaggio economico ricevuto, qualora sia
a conoscenza dell’illecito comportamento degli organi della (sua) holding e del vantaggio che ne ha
conseguito (22).
Note:
(17) Cosı̀ Trib. Napoli, decreto 28 maggio 2008, cit.
(18) Cosı̀ Trib. Pescara, sentenza 16 gennaio 2009, cit.
(19) Osserva G. Romagnoli, op. cit., 219, come l’eliminazione del danno può
risultare problematica a causa della scissione, prevista dalla disciplina degli enti
locali, tra soggetto in grado di influire sulle decisioni della società e chi ha l’effettivo potere di disporre delle risorse necessarie per ovviare alle conseguenze
di quelle decisioni.
(20) Cosı̀ Trib. Pescara, sentenza 16 gennaio 2009, cit.
(21) Osserva A. Caprara, op. cit., 559, come non sia da escludere la responsabilità del rappresentante dell’ente pubblico capogruppo che materialmente
emise l’ordine poi attuato dalla società.
(22) Cfr. P. Dal Soglio, sub art. 2497, in A. Maffei Alberti (a cura di), G. Guerrieri (coordinato da), op. cit., par. III.9.
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Regime di pubblicità e trasparenza
della società diretta e coordinata
dall’ente pubblico
Un particolare regime di pubblicità e trasparenza è
previsto per le società dirette e coordinate da un ente pubblico (anche territoriale), volto a consentire
una preventiva conoscenza dell’appartenenza al
gruppo, una rilevazione dei rapporti di gruppo più
importanti, nonché dei loro effetti sulla società e
sui suoi risultati.
Nell’ambito di tale regime possono, in particolare,
distinguersi due tipologie di obblighi (23):
a) gli obblighi pubblicitari, rivolti principalmente
verso l’esterno, sulla esistenza e struttura del gruppo previsti dall’art. 2497-bis c.c., vale a dire:
i) l’obbligo della società di indicare, sia negli atti
che nella corrispondenza, la soggezione alla direzione e coordinamento dell’ente pubblico (es. «società soggetta alla attività di direzione e coordinamento del comune/della provincia/[...]»);
ii) l’obbligo della società di provvedere (tempestivamente) all’iscrizione, in apposita sezione del Registro delle Imprese competente, sia dell’ente pubblico
(anche territoriale) dirigente/coordinante sia della
stessa società diretta e coordinata (utilizzando il
mod. S2 e compilando il riquadro A, punti 6 e 20).
Gli amministratori della società che omettono l’indicazione sub i) o l’iscrizione sub ii), ovvero le
mantengono quando la soggezione è cessata, sono
responsabili dei danni che la mancata conoscenza
dei fatti ha recato ai soci o ai terzi.
iii) l’obbligo della società di esporre in apposita sezione della nota integrativa i dati essenziali dell’ultimo bilancio dell’ente pubblico che esercita sulla
stessa l’attività di direzione e coordinamento. La
disposizione in esame non brilla per chiarezza, data
la mancata individuazione sia del periodo di riferimento dell’ultimo bilancio sia dei «dati essenziali» (24). Nel caso dei bilanci pubblici la fattispecie
si complica ulteriormente a causa della difformità
dei principi di redazione, degli schemi contabili
nonché dei tempi di approvazione rispetto a quelli
dei bilanci societari. Per le società partecipate dagli
enti locali, il documento i cui dati debbono essere
sintetizzati nella nota integrativa è l’ultimo rendiconto sulla gestione (approvato) di cui all’art. 227
Tuel., composto dal conto del bilancio, dal conto
economico e dal conto del patrimonio.
(iv) l’obbligo della società di indicare nella relazione sulla gestione i rapporti intercorsi fra la stessa e
l’ente pubblico dirigente, nonché i rapporti con le
altre società assoggettate a comune direzione, evidenziando l’effetto dell’attività sull’esercizio dell’impresa e sui suoi risultati;
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(v) l’obbligo della società di dare conto, nella relazione sulla gestione, delle decisioni, influenzate
dall’ente pubblico holding, e già analiticamente
motivate (v. sub b);
b) l’obbligo di motivazione previsto dall’art. 2497ter, avente valenza endosocietaria, relativo al concreto esercizio dell’attività di direzione e coordinamento. Più precisamente, le decisioni (sia degli amministratori che dell’assemblea) della società,
quando influenzate dall’attività di direzione e coordinamento (e «potenzialmente pregiudizievoli»),
debbono essere analiticamente motivate e recare
puntuale indicazione delle ragioni degli interessi
la cui valutazione ha inciso sulla decisione (ossia
i costi e i benefici che dall’operazione potranno derivare per la società).
A ben vedere, l’organo amministrativo della società
partecipata dall’ente locale deve prestare particolare attenzione agli obblighi sub a.v) e b), considerato che, di norma, la quasi totalità delle decisioni assunte dalla società avvengono sotto la direzione
dell’ente.
Tavola n. 1
Prospetto riepilogativo dei dati essenziali
dell’ultimo bilancio dell’ente locale da esporre
nella nota integrativa della società eterodiretta
Conto del patrimonio
ATTIVO
A) Immobilizzazioni
B) Attivo circolante
C) Ratei e risconti
Totale attivo
PASSIVO
A) Netto patrimoniale
B) Conferimenti
C) Debiti
D) Ratei e risconti
Totale passivo
Conto economico
A) Proventi della gestione
B) Costi della gestione
C) Proventi da aziende speciali e
partecipate
D) Proventi ed oneri finanziari
E) Proventi ed oneri straordinari
Risultato economico d’esercizio
Ulteriori tutele per i soci ed i creditori
della società diretta e coordinata
dall’ente pubblico
Il Codice civile ha, altresı̀, previsto due ulteriori
strumenti di tutela dei soci di minoranza e dei creditori delle società soggette ad attività di direzione
Note:
(23) Cfr. Assonime, Circolare n. 44 del 23 ottobre 2006, par. 2.
(24) Cfr. P. Dal Soglio, sub art. 2497-bis, in A. Maffei Alberti (a cura di)-G.
Guerrieri (coordinato da), op. cit., par. X.1.
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e coordinamento dell’ente pubblico (anche territoriale): il diritto di recesso per i primi e la postergazione dei finanziamenti infragruppo per i secondi.
Secondo l’art. 2497quater c.c., i soci della società
eterodiretta possono recedere quando:
i) la holding a partecipazione pubblica ha deliberato una trasformazione che implica il mutamento del
proprio «scopo sociale», oppure una modifica del
suo «oggetto sociale» consentendo l’esercizio di attività che alterino in modo sensibile e diretto le
condizioni economiche e patrimoniali della società
assoggettata;
ii) a favore del socio sia stata pronunciata, con decisione esecutiva, condanna di chi esercita la direzione unitaria (in tale caso il diritto di recesso deve
essere esercitato per l’intera partecipazione);
iii) la società (non quotata) entra a far parte di un
gruppo pubblico o esce dallo stesso, se da questo
deriva un’alterazione delle condizioni di rischio
dell’investimento e non viene promossa un’offerta
pubblica di acquisto che consenta al socio di alienare la propria partecipazione.
L’art. 2497 quinquies, c.c. dispone l’assoggettamento dei finanziamenti erogati dall’ente pubblico
dirigente (nonché da altri soggetti sottoposti a comune direzione) nei confronti della società, alla disciplina dell’art. 2467 c.c (25). Quest’ultimo prevede, a certe condizioni di eccessivo indebitamento o
di ragionevolezza del conferimento, la postergazio-
ne del rimborso dei finanziamenti de quo rispetto
alla soddisfazione degli altri creditori e ne impone,
altresı̀, la restituzione se tale rimborso sia avvenuto
nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento
della società.
Considerati gli effetti di detta normativa, l’ente
pubblico esercente attività di direzione e coordinamento è chiamato ad un attento monitoraggio della
situazione finanziaria delle società partecipate e ad
una valutazione critica sulla opportunità di finanziare le stesse attraverso aumenti di capitale piuttosto che ricorrendo a finanziamenti (26).
Nota:
(25) Osserva G.F. Campobasso, «Diritto commerciale», Vol. 2, «Diritto delle società», a cura di M. Campobasso, Torino, 2006, pp. 300 e 557, come questa
disciplina non sia applicabile ai finanziamenti erogati da parte della società diretta nei confronti dell’ente dirigente, mentre risulti applicabile ai finanziamenti
indiretti della holding mediante rilascio di garanzie a favore della partecipata
(per il rilascio di garanzie fideiussorie da parte dell’ente locale a favore di proprie partecipate, cfr. Corte dei conti, sez. contr. Piemonte, parere 3 dicembre
2008 n. 39).
(26) Cosı̀ Corte dei conti, sez. contr. Veneto, parere 6 maggio 2009 n. 40, in
Azienditalia, 7/2009, 504-505 (che ha escluso, in relazione al principio della sana gestione finanziaria dell’ente, la possibilità di finanziare una società di servizi
pubblici da parte del comune adducendo l’eccessiva rischiosità dell’operazione), nonché Corte dei conti, sez. contr. Lombardia, parere 29 giugno 2009
n. 385, in Azienditalia, n. 8/2009, 559-561.
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