Chissà perché le malattie degli altri non ci riguardano mai
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Chissà perché le malattie degli altri non ci riguardano mai
La salute nel mondo Chissà perché le malattie degli altri non ci riguardano mai... Nel futuro, invece, sempre più le “loro” malattie diventeranno le “nostre”. La sfida allora è ricercare un benessere sempre più globale. di Francesca Zazzara Budapest, luglio 2008. Capitale di un paese giovane e in trasformazione, che si fa in quattro per scrollarsi di dosso il pesante grigiore della dittatura e fare la sua comparsa sulla scena europea e mondiale, un paese in fieri a cavallo tra Est e Ovest, nel cuore antico dell’Europa. La città a tratti polverosa, a tratti luminosa, pullula di vita che si snoda lungo il corso del Danubio. Giovani donne eleganti, seducenti, scattanti. Famiglie, tanti bambini. E uomini dallo sguardo spento, sfuggente, assente. Molti dall’età indefinita, troppi con una bottiglia di birra in mano e l’alito pesante che impregna i vagoni della metropolitana. Da questa breve panoramica sulla città dalle finestre dell’antico ospedale Semmelweiss emerge la stessa realtà che si ritrova nei corridoi dei suoi reparti. Giovani uomini dalla pelle giallastra; ispezioniamo il loro addome, fegato notevolmente aumentato di volume alla palpazione, gonfio. Transaminasi, enzimi epatici a tre cifre. Epatite e il referto della Tc ci dice “aree di degenerazione cirrotica”. Cirrosi epatica, ovvero la più grave complicazione della malattia epatica che ha tra le sue principali cause l’alcool. Alcool, che in un paese come questo e altri dell’Est europeo scorre a fiumi in vodka e birra. Alcool come piaga sociale e antidoto alla disperazione: è uno dei mali dei nostri giorni, una grave minaccia alla salute fisica e psichica dell’individuo, che solo una corretta educazione sociale riuscirà a estirpare. Proprio l’alcool, come malattia sociale, rende l’aspettativa di vita per i maschi di questi paesi inferiore ai sessant’anni. I prodotti alcolici sono responsabili del 9% del totale carico di malattie in Europa. E l’Europa dell’Est è meta ancora di turismo sessuale, un turismo che a livello mondiale miete milioni di vittime, specie tra bambini e più deboli. Nei paesi dell’Est europeo l’incidenza di queste malattie è cento volte più alta che nei paesi europei occidentali e questo causa una recrudescen14 • n. 2, maggio-agosto 2008 za dei casi anche in paesi prima indenni da questi problemi. Le malattie a trasmissione sessuale più diffuse sono la tricomoniasi, le infezioni da chlamydia, la gonorrea, l’Aids, il flagello del terzo millennio e malattie dall’eco di passato come la sifilide. Arizona, Usa. Riserva degli indiani Pima dell’Arizona. Un tempo incontaminate praterie e vita di tribù. Poi è arrivato l’uomo bianco a sconvolgere la vita del pellerossa. Stavolta non è la rosolia, non è il morbillo. Non è nemmeno la violenza truce delle armi, ma è una dieta ipercalorica di fastfood, grassi animali, fritture, bibite gasate e iperglicemiche. Il risultato? Questa popolazione ha oggi una prevalenza di obesità tra le più alte al mondo e circa la metà è affetta da diabete prima dei 35 anni, quando invece i loro antenati erano agili e scattanti, a caccia nei boschi, ben al riparo da simili veleni alimentari. Diversamente, gli indiani Pima del Messico vivono ancora oggi di agricoltura e allevamento e, pur condividendo gran parte dei geni con i cugini dell’Arizona, hanno un peso corporeo mediamente inferiore di 26 Kg e una bassa prevalenza di diabete. Osservando la differenza nel tasso di obesità e diabete tra gli indiani Pima e le popolazioni europee e americane, nel 1962 l’antropologo americano James Neel ipotizzò che questi indiani e altre popolazioni afflitte da elevati tassi di obesità possiedano un gene “risparmiatore” che permette loro di sopravvivere ai periodi di carestia aumentando l’efficienza energetica. Un vantaggio nei periodi di carenza di cibo, ma uno svantaggio nella società moderna in abbondanza di cibo. Nell’ultimo ventennio, l’obesità è triplicata nei paesi in via di sviluppo che hanno adottato stili di vita occidentali. Se essere poveri in una nazione povera significa rischiare sottopeso e malnutrizione, essere poveri in una nazione a medio reddito si associa invece a un aumento dell’obesità, con il paradosso di famiglie con bambini malnutriti e adulti sovrappeso. Il diabete cosiddetto “tipo 2” o dell’adulto, insulino-dipendente, correlato all’obesità viscerale, sta emergendo come problema di salute pubblica mondiale. Si prevede una vera e propria pandemia nel futuro prossimo: il numero dei diabetici aumenterà da 171 milioni nel 2000 a 366 milioni nel 2030. Il diabete si inserisce nel capitolo delle “malattie croniche”, che rappresentano un’ampia fetta di tutte le patologie umane, comprendenti La salute nel mondo Eppure, i fattori di rischio principali sono facilmente identificabili: il fumo e l’obesità. Che fare allora? Sicuramente incoraggiare la prevenzione, attraverso l’informazione; nel rapporto dell’Oms Preventing chronic diseases: a vital investment si sostiene che un’azione globale sulla prevenzione delle malattie croniche potrebbe salvare la vita a 36 milioni di persone, che rischiano altrimenti la morte entro il 2015, intervenendo sugli stili di vita (dieta, sport, lotta al tabagismo) Foto: iStockphoto.com (oktobernight; aldomurillo; narvikk) L’alcool è una delle prime cause di malattie mortali in città come Budapest (in basso a sinistra). Nelle società contemporanee è poi sempre più frequente la depressione. quelle cardiovascolari (responsabili del 30% del totale dei decessi nel 2005), il cancro (13%), i disturbi respiratori (7%) e il diabete appunto (2%). Oggi assistiamo a una vera e propria epidemia globale di malattie croniche: secondo il rapporto Oms, ogni anno 17 milioni di persone muoiono prematuramente a causa di queste patologie. per combattere le patologie “non trasmissibili”. Siamo solo all’inizio, ma cominciano a esserci segni incoraggianti. Alcune nazioni, tra cui India e Cina, hanno avviato programmi di monitoraggio dell’obesità e della nutrizione; nei paesi musulmani, ad esempio, già nel 2002 il pellegrinaggio verso La Mecca è stato dichiarato libero dal fumo. Analogamente, nella cultura dei paesi musulmani sta diventando sempre più accettabile il fatto che le donne possano fare esercizio fisico in pubblico. Roma. Uno studio elegante, nel cuore della città, ma potrebbe essere New York, Parigi o Ginevra. Sala d’aspetto silenziosa, gente elegante sfoglia noiosamente il giornale o fissa il vuoto nell’attesa del proprio turno. Malattia per ricchi? Invenzione delle case farmaceutiche? Prozac inutile caramella? A quanto pare, non è così. Il male dell’anima, il male oscuro. Diverso da semplice tristezza, diverso dal lutto. Un dolore dell’anima che logora, corrode, cancella il sorriso. La depressione, ovvero la perdita del piacere nelle cose, l’anedonia, accompagnata dalla mancanza di iniziativa e volontà, l’abulia, insieme a un corteo molto ricco di sintomi fisici, come stanchezza, insonnia, perdita dell’appetito e del peso, cefalea, dolori articolari e muscolari. Le giornate sembrano eterne, infinite, grigie, monotone e il pensiero si fa ossessivo, ruminante, pericoloso. Può insidiarsi il serpente del suicidio, l’estremo annullamento di sé. È il temperamento, quella linfa che ci anima a determinare geneticamente il nostro relazionarci al mondo. Noi, figli del Sole, in balia degli influssi dei pianeti secondo le antiche scuole della medicina ippocratica, viviamo in armonia o in disarmonia con la natura e il cosmo. E un temperamento malinconico facilmente può sprofondare nell’abisso della depressione. Ma è anche quello stesso temperamento che nutre il genio dell’artista. Il 10-15% della popolazione vive un “episodio depressivo maggiore” in una qualche fase della sua vita e le donne sono più colpite degli uomini. Le donne in particolare vivono momenti di grande fragilità in alcuni passaggi delicati della loro vita, come nel post partum. Dal maternity blues (lacrime della maternità), molto comune, a una vera e propria psicosi, fino all’estremo gesto dell’infanticidio e del suicidio. Il morbo della psiche miete sempre più vittime: se nel 2000 i malati di depressione erano circa 10 milioni, nel 2007 sono diventati 15 milioni. E nel 2020 la depressione diventerà la seconda causa di disabilità dopo le malattie cardiovascolari. Delicata è la diagnosi, ancora di più la terapia. Molti non guariscono perché non hanno aderenza alla panorama per i giovani • 15 La salute nel mondo terapia. Difficile è vincere lo stigma del disagio mentale, il pregiudizio verso lo psicofarmaco. Oggi i principali studi di tutto il mondo dimostrano la reale efficacia di farmaci come gli inibitori della ricaptazione, della serotonina, dei sali di litio nella depressione cosiddetta bipolare e di trattamenti come la Tec, terapia elettroconvulsivante, che si accompagna a un’inutile opposizione meramente ideologica. E pensare che oggi quest’ultimo approccio può essere talvolta l’unica soluzione per le depressioni resistenti ai farmaci o nei casi più disperati di pazienti anziani o defedati che non possono essere trattati farmacologicamente. E anche l’unico bagliore di luce prima di entrare nel tunnel del suicidio. Nella fascia di età tra i 15 e i 44 anni, il suicidio rappresenta la seconda causa di morte nelle donne e la quarta negli uomini. In aumento anche i disturbi d’ansia, spesso sintomo di una depressione latente, i disturbi del comportamento alimentare e i disturbi somatoformi, in cui è il corpo a eseguire una sinfonia di sintomi, orchestrati dal profondo disagio mentale. Non è malattia per ricchi, attraversa tutte le culture e le fasce sociali. Nasce infatti la disciplina dell’etnopsichiatria, che non può prescindere dall’approccio transculturale e religioso alla malattia mentale. Esistono veri disturbi correlati alle migrazioni, per la persistenza di elementi culturali tradizionali e perdita di sistemi protettivi e difensivi del proprio gruppo di origine e inoltre per l’impatto con malattie e disturbi tipici del paese di immigrazione, come ad esempio le buffées deliranti degli immigrati dal continente africano e sudamericano. Sono le manifestazioni più suggestive, che mostrano come il disagio della mente è permeato da tutta la cultura di riferimento dell’individuo. Dall’Africa a Lampedusa, andata e ritorno. Varcare le porte di un Cpt a Lampedusa è un’esperienza forte, intensa, indimenticabile. Uomini dagli occhi colmi di speranza, solchi di stanchezza sul viso. Giovani donne orgogliose, dal portamento di gazzella, che non si piegano all’umiliazione. È sicuramente il contatto con “loro”, gli altri, a far sorgere in noi il problema dell’accettazione più difficile, ma necessaria, anche ai fini di debellare patologie che sono di per sé banali, che viaggiano nelle stive dei barconi e arrivano a incontrare situazioni igienico sanitarie ancora più precarie in questi centri di accoglienza. Ammucchiati, senza acqua e servizi. Caricati e scaricati come pacchi, ai limiti del rispetto dei diritti umani. Scabbia. Ricckettiosi. Leishmaniosi. Sono malattie dai nomi quasi impronunciabili che forse i nostri nonni ricordano, poi scomparse, ma ora di nuovo qua. La loro trasmissione si nutre proprio di sovraffollamento e scarsa igiene. Sono pa- 16 • n. 2, maggio-agosto 2008 tologie della disperazione, eradicate nei paesi occidentali, che tornano a colpire i più deboli. Catastrofi naturali, guerre, migrazioni. Bangladesh, Brasile, India, Nepal e Sudan i paesi più colpiti dalla leishmaniosi. Nel 2004 un’epidemia ha devastato l’Afghanistan, con 200.000 malati solo nella capitale. Uno degli aspetti più preoccupanti della leishmaniosi è la sua tendenza a manifestarsi, anche nelle forme più devastanti, soprattutto nelle persone già immunodepresse in seguito all’infezione da Hiv. La presenza di leishmaniosi accelera l’attacco del virus Hiv ed è concausa della morte di individui affetti da Aids. Foto: iStockphoto.com (webphotographeer; Professor25; kivoart) La salute nel mondo Il limite tra sviluppo e sottosviluppo sembra segnato da alcune patologie, come il colera, che ancora oggi e nel futuro, se non si avrà un’inversione del trend, continua a colpire i poveri del mondo, che non hanno accesso ad acqua potabile e a comuni vaccini utilizzati dai turisti del Nord del mondo. E vergognosamente nel Terzo Mondo, in cinquantadue stati, sono soprattutto i bambini a morire di colera. Come pure di malaria. Secondo l’Africa Malaria Report 2006 (pubblicato dall’ufficio regionale dell’Oms per l’Africa e il Mediterraneo orientale) oltre il 60% dei casi di malaria e oltre il 90% delle morti attribuibili a malaria, cifra che si aggira intorno a un milione di decessi (variabile tra i 700.000 e 1,3 milioni), si registra nell’Africa subsahariana. Il 75% delle morti riguarda i bambini al di sotto dei cinque anni, i più vulnerabili al parassita. La malaria colpisce più di 500 milioni di persone ogni anno in tutto il mondo mettendo a rischio oltre il 40% della popolazione mondiale. È stata eliminata da molti paesi del mondo (per esempio gli Stati Uniti e alcuni paesi dell’Europa occidentale), ma anche in queste zone si registrano segnalazioni di casi legati principalmente a immigrati o turisti di ritorno da aree a rischio infezione. Ogni anno, infatti, all’interno della Ue sono segnalati tra i 10.000 e i 12.000 casi di “malaria di importazione”, anche se è probabile una sottostima. Anche in questo caso, scongiurare la morte di migliaia di bambini potrebbe essere semplice, non solo rendendo più fruibili i farmaci antimalarici, ma anche diffondendo l’uso delle zanzariere e provvedendo a debellare il parassita. Per un’altra comune malattia infettiva come il morbillo, che tuttavia può portare a gravi conseguenze, come una particolare forma di encefalite, in Africa si è ottenu- to un grande successo, con una riduzione della mortalità per morbillo pari al 75% grazie al programma di vaccinazioni della Measles Initiative. La prossima sfida è quella di ridurre i decessi per morbillo del 90% entro il 2010, perché ancora oggi il morbillo uccide migliaia di persone, per la maggior parte bambini al di sotto dei cinque anni. E che dire della poliomielite? Trasmessa da un virus che ha come bersaglio le mucose del tratto digerente e provoca successivamente gravi paralisi agli arti, ha causato epidemie che hanno colpito migliaia di bambini ogni anno per tutti gli anni Cinquanta e i nostri nonni e genitori ancora ricordano. Con l’introduzione di campagne di vaccinazione negli anni Sessanta si è osservata una progressiva diminuzione fino praticamente alla scomparsa, relativamente ai paesi ricchi, della malattia. Tuttavia permane il rischio di reintroduzione dei ceppi virali selvaggi di poliovirus anche nei paesi dove da anni non si registrano casi di poliomielite. L’obiettivo è quello di andare verso uno scenario mondiale polio-free. questo il futuro tragico delle donne infibulate. Ormai il problema è globale, poiché sono molte le comunità straniere che hanno importato l’infibulazione anche in occidente. La soluzione, come pure per gli interventi di circoncisione che vengono ritenuti meno pericolosi (tuttavia, di recente, un bimbo di due mesi è morto a Bari in seguito a questa pratica) non è soltanto nei provvedimenti legislativi, ma anche nella creazione di una rete positiva di cultura e di informazione. E se l’altro arriva da lontano e vive con noi, l’altro ha la sua storia e le sue tradizioni, da comprendere e rispettare, ma a volte dalla paura e dalla diffidenza nascono sofferenze e complicazioni. Ospedale di Dakoro, Niger. Lisa è una giovane dalle treccine e con un pancione al settimo mese. Nascerà una bambina. In questo centro di Medici Senza Frontiere riceverà assistenza pre e post parto, cure primarie, vaccinazioni, cibo. Sheleme e Kutuba sono due gemelline etiopi, affette dalla sindrome di Kwashiorkor, che si manifesta con edema, cioè un rigonfiamento sottocutaneo, indice di un grave stato di malnutrizione. Sono ricoverate e curate nel centro di Kuyera, gestito anch’esso da Msf. Spesso infatti sono le tante onlus a dare la spinta nella giusta direzione verso il benessere di queste popolazioni. Non tutte le donne e i bambini, però, sono così fortunati. Ospedale Niguarda, Milano. Amira dagli occhi neri arriva all’urgenza ginecologica con un’emorragia grave. È stata sottoposta a un tentativo di infibulazione. Ha solo undici anni, è di origini eritree. L’Italia è ormai il primo paese in Europa per numero di donne infibulate. Tra le 20 e le 30.000 donne immigrate hanno subito una mutilazione genitale e circa 5.000 bambine rischiano la stessa sorte. Il cancro è sempre più un’emergenza globale e La situazione è lo stile di vita occidentale, con le sue esagerazioni, è il drammatica perprincipale imputato ché l’infibulazione viene praticata in condizioni di assoluta mancanza di igiene. È una La salute delle donne e delle mamme pratica più diffusa di quanto si pensi, deve restare sotto i riflettori mondiali, viperpetrata in 40 paesi nel mondo e sto che ancora oggi mezzo milione di donriguarda 120 milioni di ragazze. Le ne nel mondo muoiono ogni anno durante mutilazioni sessuali sono comuni a la gravidanza o di parto. Undici milioni di numerosi gruppi: cattolici, musulmani, bambini non superano i 5 anni di vita. Seprotestanti, ebrei, animisti e atei. Ma condo il rapporto di Save the Children, nel resta l’Africa, specie nella fascia centrale mondo più di 200 milioni di bambini sotto del continente, ad avere il triste primato i cinque anni di età non ricevono le cure di donne infibulate. Molti credono che sanitarie di base e più di 26.000 al giorno le mutilazioni genitali femminili siano muoiono a causa di patologie prevenibili una prescrizione religiosa, ma non hanno e banali, come la diarrea e la polmonite. un fondamento religioso. Il Corano o la Due milioni sono quelli che muoiono il Bibbia non contemplano questa usanza. giorno stesso in cui sono nati. Ogni minuDolore, infezioni, emorragie, frigidità: to nel mondo c’è una mamma che muo- “ ” panorama per i giovani • 17 Foto: Oms La salute nel mondo La maternità può essere un serio problema in molti paesi. Sopra e a sinistra: una clinica ostetrica realizzata dall’Oms ad Addis Abeba (Etiopia). è una priorità per le aziende farmaceutiche. E troppi continueranno a morire. re dando alla luce il proprio figlio. Dalla Svezia al Niger, un abisso. Nascere in un luogo piuttosto che in un altro del globo significa in molti casi la possibilità della vita stessa. Anche nelle nazioni più sviluppate ci sono bambini svantaggiati, che hanno meno probabilità di essere curati perché appartengono a fasce più povere o a minoranze etniche. Nel nostro paese la mortalità infantile nella popolazione rom è tre volte maggiore rispetto a quella degli italiani. L’altra grande vexata quaestio è la cura di bambini e adolescenti affetti da Hiv in contesti con risorse limitate. Al fine di prevenire altre morti sono necessari con urgenza medicinali, strumenti diagnostici e strategie di cura studiati appositamente per i bisogni dei più piccoli, ha riferito Medici Senza Frontiere alla Conferenze mondiale sull’Aids di Città del Messico lo scorso 6 agosto. È fondamentale che a tutti i bambini sia diagnosticata la malattia e che comincino la cura prima possibile. Sono così pochi i bambini che nascono con l’Hiv nei paesi industrializzati che la ricerca sulle formulazioni pediatriche non 18 • n. 2, maggio-agosto 2008 Policlinico Tor Vergata, Roma, Istituto mediterraneo di Ematologia. Hanno gli occhi neri e la mascherina, le loro mamme velate li osservano da lontano. Sono per la maggior parte mediorientali e raggiungono Tor Vergata per l’eccellenza nelle cure delle loro “brutte malattie del sangue”. I “pupazzologi”, i volontari studenti di medicina, ridono e scherzano con questi piccoli pazienti, senza lasciare che perdano mai la voglia di giocare e la speranza. Vincere il cancro, la malattia dell’era moderna, con un tasso di incidenza in aumento a un ritmo incalzante in tutto il mondo, da 10 milioni di nuovi casi nel 2000 a 15 milioni nel 2020, sarà la grande sfida della medicina. Da dove iniziare? Le parole d’ordine sono lotta al fumo, alla cattiva alimentazione e alle infezioni per riuscire a prevenire circa un terzo dei casi di tumore in un futuro prossimo. Il consumo di tabacco rimane il più importante fra i fattori di rischio evitabili. Nel XX secolo, circa 100 milioni di persone sono morte nel mondo di malattie associate al tabacco (cancro, malattie polmonari croniche, malattie cardiovascolari e infarto). I rischi maggiori per i tumori polmonari sono a carico di esofago, cavità nasali, stomaco, fegato. Tutti ormai conoscono anche gli effetti pericolosi del fumo passi- vo. L’abitudine al fumo è particolarmente diffusa e preoccupante in Europa centrale e orientale e in molti paesi in via di sviluppo e di nuova industrializzazione. Gli adolescenti che accendono la sigaretta avranno un rischio relativo di “bruciarsi” ammalandosi di tumore molto più alto. Anche le donne iniziano a fumare più degli uomini, forse stupido gesto di affermazione sociale sul maschio; e così negli Usa sono di più le donne che muoiono per tumore al polmone indotto dal fumo che per quello alla mammella e in alcune nazioni nordiche, incluse Islanda e Danimarca, le morti femminili per tumore al polmone hanno iniziato a superare le vittime maschili per tabacco. Non solo un killer dei paesi più sviluppati: il cancro è divenuto uno dei maggiori problemi per la sanità pubblica nei paesi in via di sviluppo, eguagliando quanto accade nei paesi industrializzati. Nei paesi in via di sviluppo fino al 23% dei tumori maligni sono causati da agenti infettivi, inclusi i virus dell’epatite B e C (per il cancro al fegato), il Papillomavirus (per il cancro alla cervice e ano-genitale), e Helicobacter pylori (per il cancro allo stomaco). Nei paesi sviluppati i tumori causati da infezioni croniche rappresentano circa l’8% di tutti i tumori maligni. La chiave di volta per questo tipo di tumori? Le vaccinazioni, come il vaccino per il Papillomavirus umano (Hpv) che, insieme allo screening del Pap Test, assicurerà una brusca riduzione della mortalità. Il cancro è sempre più un’emergenza globale e lo stile di vita occidentale, con le sue esagerazioni, è il principale imputato. Un tipo di tumore collegato all’abuso di grassi animali nella dieta è il carcinoma del colon retto. Prospettive di miglioramento legate al cambiamento dei consumi alimentari si hanno invece per il tumore allo stomaco. Il principale vantaggio nella corsa contro il tempo della malattia è la diagnosi precoce, realtà possibile nei paesi ricchi, più difficile in quelli meno sviluppati. Le prospettive? Iniziando ad agire ora, nel 2020 le nazioni potranno arrivare a riduzioni significative dell’incidenza del cancro e della mortalità per tumore, opportunità che esistono. La sola questione è se le useremo a beneficio dell’intera umanità. Perché appunto dovremmo ormai pensare che il nostro male è anche il male dell’altro, così come il male dell’altro è anche nostro.