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Nuove terapie per la fibrosi cistica

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Nuove terapie per la fibrosi cistica
Ottobre-Dicembre 2014 • Vol. 44 • N. 176 • Pp. 246-252
Focus
Nuove terapie per la fibrosi cistica
Valeria Raia,, Fabiola De Gregorio, Antonella Tosco, Luigi Maiuri* **
Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Centro Regionale Fibrosi Cistica, Università di Napoli Federico II;
*
Istituto Europeo per la Ricerca in Fibrosi Cistica, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano;
**
Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara
Riassunto
La fibrosi cistica è una malattia genetica causata da mutazioni localizzate nel gene CFTR. Nuove strategie terapeutiche “mutazioni-specifiche” attualmente
in corso sono rivolte a correggere il difetto di base della proteina CFTR codificata dal gene. Sfortunatamente nessuna di queste terapie sembra in grado
al momento attuale di correggere la mutazione più frequente F508del. In questo articolo discutiamo come la manipolazione della proteostasi e il ripristino
del meccanismo dell’autofagia, deficitario nella fibrosi cistica, rappresentino una opzione terapeutica alternativa per il recupero e la stabilizzazione della
funzione della proteina F508del-CFTR in membrana. La correzione dell’ambiente intracellulare, mediante regolatori di proteostasi, può costituire una strategia alternativa promettente per il trattamento di pazienti omozigoti per la mutazione F508del, con conseguente controllo dell’infiammazione polmonare.
Summary
Cystic fibrosis (CF) is caused by mutations in the cystic fibrosis transmembrane regulator (CFTR) gene. New strategies aiming at correcting the basic defect
of CFTR protein are emerging as new mutation-specific treatment. Unfortunately no therapies are available for the most common CFTR mutant, the F508del.
We focus on the manipulation of proteostasis and autophagy as a new CFTR-repairing option to rescue and stabilize functional F508del-CFTR in CF. Here we
discuss how targeting the intracellular environment surrounding the misfolded mutant CFTR, instead of directly targeting mutant protein, could constitute
an attractive therapeutic option to treat F508del-CFTR homozygous patients to control lung inflammation.
Introduzione
La clinica della fibrosi cistica
La fibrosi cistica (FC), la più comune malattia genetica della popolazione caucasica a prognosi severa, è causata da mutazioni del gene
CFTR che codifica per una proteina CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Regulator) (CFTR) (Kerem et al., 1989), composta da 1480 aminoacidi che regola il flusso di ioni, quali cloro e bicarbonati, e fluidi a
livello della membrana apicale delle cellule epiteliali. La sua incidenza,
variabile a seconda delle aree geografiche, oscilla fra 1 su 2500 e 1 su
3500 nati vivi (Farrell, 2008); la frequenza del portatore è compresa
tra 1:25 e 1:30. L’anomala funzione di canale della proteina espressa
sulla membrana delle cellule secretive determina il fenotipo clinico
nella sua forma classica con sintomi caratteristici a livello del polmone
e del pancreas, dell’apparato gastrointestinale, del fegato e dell’apparato riproduttivo (O’Sullivan e Freedman, 2009).
Una peculiarità della FC è l’eterogeneità clinica, con decorso molto
variabile da soggetto a soggetto: alcuni infatti presentano ileo da
meconio alla nascita, sintomi respiratori e prognosi severa, altri invece hanno scarse manifestazioni polmonari e decorso clinico benigno (Dequeker et al., 2009). Dal momento della scoperta del gene
CFTR sul braccio lungo del cromosoma 7 nel 1989 molti progressi
sono stati registrati sul ruolo delle mutazioni del gene CFTR (ad oggi
se ne conoscono circa 2000) che determinano alterazioni di struttura o di funzione della proteina CFTR, sebbene in misura diversa e
con conseguenze cliniche variabili (Tab. I).
Mutazioni e correlazione genotipo-fenotipo
La mutazione più diffusa, la F508del, varia notevolmente nelle diverse popolazioni: rappresenta il 50% circa delle mutazioni nell’Europa
meridionale, e l’80-90% nelle popolazioni del Nord-Europa. Altre
mutazioni presentano una frequenza compresa fra il 2 e il 5%, mentre alcune sono caratteristiche di particolari gruppi etnici.
Le mutazioni di cui si conosce l’effetto sulla proteina CFTR sono
state suddivise in classi (classificate da I a V). Le mutazioni di classe
I, II e III alterano la quantità e funzione della proteina, non consentendone affatto la produzione (classe I) o producendo una proteina
molto difettosa (classe II e III). Le mutazioni di classe IV consentono
la sintesi di una proteina difettosa, ma capace di svolgere, seppure
in piccolissima misura, la sua funzione; quelle di classe V determinano la produzione di una certa quota, anche se piccola, di proteina
normale (Tab. II). Nonostante sia stata dimostrata una correlazione
Tabella I.
La clinica della fibrosi cistica.
Un gene
CFTR sul cromosoma 7
Molte mutazioni
Circa 2.000 varianti geniche con conseguenze cliniche variabili
Diversa espressione clinica
Molti sintomi nella espressione classica di malattia, pochi sintomi nella espressione atipica di malattia
Terapie convenzionali
Mucolitici, mucoregolatori, antibiotici per via sistemica e per aerosol, antiinfiammatori
Nuove terapie
Correttori, potenziatori, modulatori di proteostasi
246
Nuove terapie per la fibrosi cistica
Tabella II.
La Classificazione delle mutazioni in fibrosi cistica.
Classe I
Difetto di sintesi della proteina CFTR
Classe II
Difetto di maturazione della proteina che non è in grado di raggiungere la membrana cellulare
Classe III
Difetto di regolazione: la proteina raggiunge la membrana, ma non è in grado di rispondere ai segnali di attivazione del canale del cloro
Classe IV
Normale sintesi della proteina CFTR, ma funzione ridotta
Classe V
Ridotta sintesi della proteina CFTR, ma funzione normale
fra le mutazioni che incidono di più sulla sintesi e sulla funzione
della proteina e i sintomi più gravi di malattia, in particolare con lo
stato di compromissione pancreatica, altri fattori sia di tipo genetico
(geni modulatori) che ambientale possono concorrere a determinare
un fenotipo diverso anche con genotipi identici.
Stato dell’arte delle attuali terapie
Nonostante la sopravvivenza sia notevolmente migliorata, l’evoluzione della malattia polmonare rappresenta ancora la principale
causa di morbidità e mortalità in FC. Pertanto le terapie attuali, come
l’antibioticoterapia per via sistemica e per aerosol, sono prevalentemente orientate a prevenire, quando possibile, e a monitorare gli
effetti secondari alle ripetute infezioni respiratorie acute che caratterizzano i soggetti affetti da FC.
Negli ultimi anni numerosi studi in vitro e in vivo hanno correlato il
deficit funzionale della proteina CFTR alla disregolazione della risposta infiammatoria. Tuttavia, le terapie antiinfiammatorie attualmente
utilizzate in FC sono indirizzate alla correzione di eventi a valle del
difetto di base della malattia (Belcher et al., 2010).
Sebbene la terapia genica sia in teoria il gold standard per la cura dei
pazienti con FC, i risultati ottenuti sono stati insoddisfacenti (Amaral et
al., 2011). La terapia cellulare è ancora in fase di studio e non ci sono
al momento risultati che consentano la trasferibilità al paziente.
Strategie per la correzione del difetto di base in FC
La conoscenza dei meccanismi attraverso cui le mutazioni identificate nel gene CFTR conducono alla difettiva funzione della proteina
mutata ha aperto la strada alla terapia di riparazione del difetto di
base (CFTR repairing therapy), che introduce il nuovo concetto di
terapie specifiche per le diverse classi di mutazioni. Questa terapia si basa sull’uso di piccole molecole capaci di i) incrementare la
funzione della CFTR mutata (potenziatori) o ii) correggere il traffico
intracellulare della proteina (correttori). Il primo approccio è mirato
al recupero della funzione dei mutanti della CFTR capaci di raggiungere la membrana plasmatica delle cellule, ma incapaci di svolgere
una normale funzione di canale ionico. Queste proteine mutate sono
quindi bersaglio ideale per molecole disegnate per aumentare la
probabilità di apertura del canale ionico della proteina che “risiede”
in membrana. L’uso dei correttori è al contrario teoricamente indicato per mutanti con difettivo ripiegamento della proteina (misfolding),
che, a causa del loro difetto conformazionale, rimangono intrappolati
nel reticolo endoplasmico (RE) nel corso dei processi di “folding”
e sono degradati dal proteasoma. Un ampio e costoso programma
di “drug discovery” attualmente in corso utilizza un approccio di
“highthroughput screening”, che mira a selezionare, fra milioni di
molecole, quelle candidate a divenire potenziatori o correttori della CFTR per il trasferimento alla terapia. Una di queste molecole,
il potenziatore VX-770 (Ivacaftor, Kalideco, Vertex Co.) (Ramsey et
al., 2011), ha superato tutte le fasi della sperimentazione clinica e
si è rivelato efficace in vivo nel migliorare il trasporto di cloro e la
funzione polmonare in pazienti con una rara mutazione di classe III,
la G551D, presente in meno del 5% dei pazienti con FC, che codifica
per una proteina capace di raggiungere la superficie cellulare, ma
che presenta un difetto della funzione di canale del cloro. Questa
terapia è già disponibile sul mercato, seppure a costi molto elevati,
in molti paesi europei e americani.
Misfolding e controlli di qualità
Come previsto, la sperimentazione del VX-770 in pazienti con la più
comune mutazione della CFTR, la delezione di fenilalanina in posizione 508 (F508del), presente nel 70% circa dei pazienti FC (Farrell, 2008) non ha dato alcun beneficio clinico. Questa mutazione di
Classe II, infatti, codifica per una proteina che non riesce ad essere
completamente ripiegata, è trattenuta nel RE, dove è prematuramente degradata, non riuscendo a trafficare verso il Golgi per essere
glicosilata e quindi trasportata sulla membrana cellulare, sede di attività del canale ionico CFTR. La F508del-CFTR conserva la funzione
di canale ionico, sia pur incompleta per un parziale difetto di “gating”, quando è trasportata in membrana mediante manipolazioni
sperimentali, come l’incubazione a basse temperature, o attraverso
l’uso di molecole “chaperons” in grado di accompagnare la proteina attraverso il suo percorso difficoltoso all’interno della cellula. Fra
queste molecole, il correttore VX-809 si è rivelato il più efficace nei
sistemi in vitro. Tuttavia, i risultati di un trial clinico in pazienti omozigoti per la F508del-CFTR sono stati insoddisfacenti (Clancy et al.,
2012), anche quando il VX-809 (Lumacaftor) è stato somministrato in associazione al potenziatore VX-770 (Ivacaftor) (Boyle et al.,
2014). La scarsa efficacia di questa combinazione terapeutica è motivata da studi recenti (Okiyoneda et al., 2010) che dimostrano come,
una volta trasportata in membrana dai correttori, la F508delCFTR è
instabile, in quanto è rapidamente ubiquitinata ed avviata verso la
degradazione lisosomiale. Questo secondo meccanismo di controllo
di qualità non consente alla F508del-CFTR di risiedere in membrana
tanto a lungo da essere disponibile per l’azione dei potenziatori. Inoltre, due gruppi di ricerca hanno dimostrato che il potenziatore VX770 compromette la stabilità della F508del-CFTR dopo il suo arrivo
in membrana (Veit et al., 2014; Cholon et al., 2014). Queste evidenze, sperimentali e cliniche, suggeriscono che la principale necessità
della “drug discovery” in FC è quella di identificare molecole capaci
non solo di favorire il traffico della F508del-CFTR verso la superficie
cellulare, ma anche di stabilizzarla in membrana per poter ipotizzare
un beneficio clinico nei pazienti.
Nuovi scenari di terapia: correggere senza correttori
e stabilizzare senza potenziatori
L’attuale strategia di identificazione di nuovi e più potenti correttori mediante “highthroughput screening” (approccio “top-down”) è
basata sulla ricerca di molecole che interagiscono con la proteina
247
V. Raia et al.
CFTR mutata favorendone il traffico verso la membrana. Altre strategie mirano alla ricerca di piccole molecole che modulano le proteine
“chaperons” che interagiscono con la CFTR (Roth et al., 2014). Recentemente, un approccio radicalmente diverso è emerso nel panorama delle potenziali terapie di correzione del difetto di base in FC.
Questa strategia differisce dalle terapie con correttori in quanto i)
segue un percorso “bottom-up”, cioè parte dalla conoscenza delle
alterazioni di vie di segnale intracellulare conseguenti alla difettiva
funzione della CFTR; ii) ha come bersaglio diretto non la CFTR mutata, ma l’ambiente cellulare in cui questa è costretta a muoversi per
raggiungere la membrana; interviene, cioè, correggendo le alterazioni della “proteostasi” nelle cellule FC.
Alterazioni della proteostasi in FC: il difetto dell’autofagia
Questa strategia nasce dalla dimostrazione che il difetto funzionale
di CFTR innesca una cascata di eventi che conducono a un blocco
dell’autofagia (Luciani et al., 2010), un meccanismo di sopravvivenza
che le cellule adottano in risposta a vari tipi di stress (Mariño et al.,
2014). Il difetto di CFTR determina un incremento dei livelli di specie reattive all’ossigeno (ROS), favorendo una persistente attivazione
della transglutaminasi tissutale (TG2), una proteina multifunzionale e
con variegata localizzazione intracellulare che, in presenza di elevate
concentrazioni di ioni calcio, induce “cross-linking”, ubiquitinazione
e sequestro in stazioni di deposito intracellulare (aggresomi) di varie
proteine-substrato, come le molecole ad azione anti-infiammatoria
PPARg e IK-Ba (Maiuri et al., 2008; Luciani et al., 2009), e soprattutto
di beclin1, proteina cruciale nel processo di autofagia. Il “cross-linking” di beclin1 spiazza dal RE, sede di azione fisiologica, il complesso
di proteine fondamentali per l’autofagia che interagiscono con beclin1
(Vps34, Vps15, AMBRA1, ATG14) e lo sequestra in aggresomi (Luciani
et al., 2010) (Fig. 1A). Ciò porta a inibizione della formazione degli
autofagosomi, vescicole a doppia membrana che servono a inglobare
proteine danneggiate e anche organelli intracellulari, per poi fondersi
con i lisosomi per la degradazione. Il blocco dell’autofagia induce accumulo di p62/SQSTM1, una proteina legante ubiquitina che favorisce
la formazione degli aggresomi (Luciani et al., 2010).
La rilevanza patogenetica di questo meccanismo è evidenziata dal fatto che, ripristinando i livelli di beclin1 sia mediante diretta iperespressione genica che con molecole che inibiscono l’attività della TG2, quali
la cistamina o la sua forma ridotta cisteamina (Fig. 1B), non solo si ripristina la risposta autofagica, ma si ottiene un efficace controllo della
infiammazione polmonare in vivo in un modello murino omozigote per
la F508del-CFTR. Il ripristino della risposta autofagica favorisce anche
il traffico della F508del-CFTR verso la membrana plasmatica, ristabilendo una sufficiente funzione della CFTR senza l’ausilio di correttori
o potenziatori della CFTR (Luciani et al., 2010; Luciani et al., 2012).
Queste evidenze dimostrano che è sufficiente correggere le alterazioni
dell’ambiente intracellulare delle cellule epiteliali FC, conseguenti al
deficit di funzione della CFTR, per ripristinare il corretto traffico e la
funzione della proteina mutata. In questo nuovo scenario la CFTR si
colloca come pivot del mantenimento dell’equilibrio omeostatico delle
cellule epiteliali attraverso la regolazione dell’attività della TG2, che
agisce quale principale regolatore del network post-traslazionale, e
influenzando l’autofagia, orchestratrice della proteostasi e della risposta integrata allo stress (Kroemer et al., 2010).
Nuove strategie a confronto per la terapia della FC
Il goal della terapia riparatrice del difetto di base della CFTR è non
solo quello di garantire un corretto traffico della proteina mutata verso la superficie cellulare, ma anche e soprattutto quello di stabilizzare la proteina in membrana. La cisteamina, in qualità di regolatore
248
della proteostasi, ma non i noti correttori della CFTR, stabilizza la
F508del-CFTR sulla membrana delle cellule epiteliali per oltre 24
h dopo la sua rimozione e riduce l’infiammazione polmonare in
omogenati di polmone di topi omozigoti per F508del-CFTR anche
dopo oltre una settimana di sospensione del trattamento. Le ragioni
dell’aumentata stabilità della CFTR in membrana sono legate al ripristino della autofagia che i) riduce i livelli di p62 e il conseguente
avvio della CFTR alla degradazione lisosomiale; ii) ripristina i livelli di
fosfatidil-inositolo 3-fosfato, una molecola fondamentale per il traffico endosomiale e “recycling” delle proteine di membrana, fra cui la
CFTR stessa e il recettore per la transferrina. Pertanto, la presenza
della CFTR funzionante in membrana interrompe il circolo vizioso
che porta all’autofagia e all’infiammazione, illustrato in Figura 1, e
sostiene per un periodo dopo la sospensione la sua stessa permanenza in membrana (Luciani et al., 2012; Villella et al 2013).
La ricerca pre-clinica nel modello di medicina traslazionale
Il trasferimento dei risultati della ricerca a trial clinici su pazienti
richiede un rigoroso percorso di validazione pre-clinica che segua le
tappe della ricerca traslazionale. Le evidenze ottenute su sistemi in
vitro e su linee cellulari devono essere validate in vivo in idonei modelli animali di malattia e poi testate su cellule primarie provenienti
da pazienti affetti (Fig. 2).
Il primo obiettivo è perseguibile in FC grazie alla disponibilità di differenti modelli animali murini di malattia. L’effetto della cisteamina
è stato validato su topi omozigoti per la F508del-CFTR. Questi esperimenti hanno evidenziato che la somministrazione orale di cisteamina i) ripristina la funzione della CFTR; ii) riduce la mortalità per
occlusione intestinale nelle prime settimane di vita dal 50% al 9%
circa; iii) riduce significativamente l’infiammazione polmonare nei
topi adulti. Quest’ultimo effetto della cisteamina si estende per oltre
due settimane dopo la sospensione del trattamento, confermando i
dati ottenuti sulle cellule.
Pertanto, l’identificazione di sostanze capaci di prolungare gli effetti
benefici della cisteamina dopo sospensione della terapia potrebbe
essere di grande utilità per i pazienti e limitare gli eventuali effetti
collaterali del farmaco. Ulteriori studi in modelli cellulari, e conseguente validazione in vivo in modelli animali, hanno dimostrato che
l’associazione con un flavonoide contenuto nel tè verde, l’epigallocatechin gallato (EGCG), prolunga in vitro e in vivo gli effetti della
cisteamina dopo la sospensione. Infatti, fra i diversi effetti di questa
sostanza “naturale”, utilizzata come integratore alimentare, c’è la
capacità di inibire la protein chinasi 2(CK2), maggiore responsabile
dei processi di frammentazione della CFTR che favorisce la sua instabilità. Sebbene l’EGCG non sia efficace come agente di recupero
della F508del-CFTR da sola, è invece in grado di prolungare gli effetti benefici della cisteamina sulle cellule e sui modelli animali (De
Stefano et al., 2014).
La coerenza di un percorso pre-clinico dovrebbe essere validata su
cellule primarie prelevate direttamente dal paziente per valutare l’eventuale responsività al trattamento. Il prelievo di cellule epiteliali
nasali mediante brushing rappresenta una procedura semplice e
ben tollerata. Studi recenti dimostrano che l’epitelio nasale è una
finestra appropriata sul polmone in quanto riproduce le caratteristiche fenotipiche delle cellule bronchiali, principale sede di patologia
in FC. L’incubazione delle cellule nasali con la combinazione di cisteamina ed EGCG ha confermato i dati in vitro, consentendo, inoltre, di
predire la responsività al trattamento nel singolo paziente (De Stefano et al., 2014). Questo approccio potrebbe configurarsi come un
elemento utile nel contesto di una personalizzazione dell’approccio
terapeutico.
Nuove terapie per la fibrosi cistica
A
B
Figura 1.
A. Il difetto di CFTR induce un aumento di ROS con conseguente persistenza di elevati livelli di TG2. L’attivazione della TG2 induce cross-linking di
beclin 1 e sequestro funzionale dell’interattoma di beclin 1 con conseguente blocco dell’autofagia, aumentati livelli di p62 e accumulo di proteine
ubiquitinate in aggresomi. Questo processo sostiene un circolo vizioso che induce ulteriori incrementi di ROS e infiammazione. La F508del-CFTR,
in parte degradata attraverso il proteasoma, accumula anche in aggresomi a causa del blocco di autofagia con sovraccarico del proteasoma e non
può raggiungere il Golgi per essere glicosilata e trasportata in membrana.
B. Il trattamento con cisteamina interrompe il circolo vizioso e favorisce una normale risposta autofagica. Conseguentemente, la F508del-CFTR
traffica verso la membrana plasmatica ove permane per un periodo anche dopo sospensione del trattamento con cisteamina. L’aggiunta di epigallicatechin gallato riduce la frammentazione della CFTR e prolunga gli effetti benefici della cisteamina dopo washout.
249
V. Raia et al.
Figura 2.
Rappresentazione schematica delle tappe della ricerca traslazionale (e ricerca traslazionale inversa) nel processo di drug discovery in fibrosi cistica.
Il trasferimento della ricerca pre-clinica al paziente
Prospettive future
Recentemente uno studio clinico in aperto di Fase II (De Stefano et
al., 2014) ha testato gli effetti della combinazione sequenziale di cisteamina ed EGCG in 10 pazienti con FC omozigoti per la mutazione
F508del-CFTR. Il trasferimento dalla ricerca pre-clinica alla clinica
è agevolato se le sostanze da testare hanno già un noto profilo di
tollerabilità. La cisteamina (nome commerciale Cystagon) è un farmaco approvato dalla Food and Drug Administration per la terapia di
pazienti con cistinosi, una rara malattia da accumulo lisosomiale, e
l’EGCG (nome commerciale Epinerve) è utilizzato come integratore
alimentare. Lo studio clinico in oggetto ha dimostrato il raggiungimento degli obiettivi primari evidenziando un recupero della funzione della CFTR sia a livello respiratorio, mediante analisi dell’efflusso
di cloro in cellule prelevate a fresco da brushing nasale prima e dopo
trattamento, sia attraverso la determinazione dei livelli di cloro nel
sudore, test ancora utilizzato per la diagnosi di FC. Il trattamento ha
determinato un aumento dell’efflusso ionico nell’epitelio nasale con
valori pari a oltre il 20% dei controlli sani ed una riduzione del cloro
nel sudore di oltre il 20% rispetto al valore basale con valori pari o
al di sotto dei 60 mmol/L in 7 pazienti. È di rilievo che l’incremento di funzione a livello dell’epitelio nasale mostra una significativa
correlazione inversa con la riduzione del cloro nel sudore. Inoltre
il trattamento riduce drammaticamente i livelli di citochine proinfiammatorie, sia a livello nasale che nell’espettorato dei pazienti.
Questo modello a cascata di ricerca traslazionale ha permesso di
trasferire al paziente una strategia terapeutica ragionata, validata
dalla ricerca preclinica, per favorire il recupero della funzione della
F508del-CFTR attraverso il ripristino dell’autofagia.
I recenti progressi della ricerca nella terapia della FC indicano che
correggere l’ambiente intracellulare attraverso regolatori di proteostasi, anziché accompagnare la CFTR mutata in membrana mediante
correttori, rappresenta una strategia alternativa promettente, da confermare in studi clinici multicentrici controllati con placebo. Inoltre,
indirizzare la ricerca verso l’identificazione di molecole/farmaci già in
uso in altre patologie umane o sostanze presenti in natura, con profilo
di sicurezza noto, costituisce un approccio sostenibile in termini di
costi e di trasferibilità clinica, sia per il paziente che per il sistema
sanitario, limitando i costi eccessivi dell’“highthroughput screening”
(approccio “top-down”). L’approccio “bottom-up” alla ricerca di nuovi farmaci, cioè basato sulla conoscenza dei meccanismi di malattia,
consente inoltre di individuare marcatori “patogenetici” di risposta
precoce al trattamento e di poter anche implementare test di predittività di efficacia sul singolo paziente, nell’ottica di un percorso di
medicina personalizzata.
250
Conclusioni
Un’alterazione della proteostasi per destabilizzazione di proteine, sia
causata da mutazioni, come nella FC, che da condizioni di stress o da invecchiamento, è alla base di molte malattie conformazionali (da alterata
conformazione di proteine) quali malattie neurodegenerative o diabete
di tipo II. Il sistema proteostasico è probabilmente specifico per differenti
tipi di cellule e tessuti (Balch et al., 2008) e questo spiega come molte
malattie conformazionali, quali le malattie neurodegenerative, si manifestino con caratteristiche di specificità di tessuto, sebbene le proteine
coinvolte siano distribuite in maniera quasi ubiquitaria.
Nuove terapie per la fibrosi cistica
La FC rappresenta il prototipo di malattia conformazionale in cui
la CFTR orchestra il network proteostasico della cellula epiteliale.
La CFTR rappresenta un raro esempio di proteina che deve essere
pienamente funzionante per evitare la sua stessa degradazione e dismissione dalla membrana plasmatica (Villella et al., 2013), rivelando una stretta connessione fra funzione della proteina e regolazione
della proteostasi. Il ripristino della funzione della CFTR interrompe il
circolo vizioso che compromette la sua stessa stabilità e funzione
e spiega come un trattamento che stabilizzi la CFTR in membrana
possa avere un effetto prolungato sul fenotipo cellulare.
L’autofagia è un processo essenziale per l’equilibrio della proteostasi (Kroemer et al., 2010). Ristabilire un’adeguata risposta
autofagica consente di ripristinare il traffico intracellulare e la sta-
bilità della F508del-CFTR e di conseguenza ristabilire l’omeostasi
cellulare.
Questo approccio “bottom-up” di “drug discovery”, cioè disegnato sui meccanismi patogenetici, indica che la identificazione delle
proteine essenziali per l’omeostasi di un determinato ambiente
cellulare nella sede principale di malattia, può offrire prospettive
terapeutiche interessanti nelle malattie conformazionali. Modulare
i meccanismi intracellulari che in ultima analisi connettono “misfolding” e “malfunction” (invece di avere come bersaglio il difetto
strutturale) di una proteina chiave per l’omeostasi di un ambiente
cellulare rilevante per la malattia, come le cellule epiteliali per la
FC, può rappresentare un approccio innovativo per molte malattie
conformazionali.
Box di orientamento
Cosa sapevamo prima
La Fibrosi Cistica rappresenta la più comune malattia genetica a prognosi severa. L’identificazione del gene della Fibrosi Cistica (CFTR) localizzato sul
braccio lungo del cromosoma 7 ha aperto la strada verso una possibile terapia genica che è tuttavia fallita per la non disponibilità di vettori virali o
sintetici adeguati. Pertanto, la terapia si basa prevalentemente sulla cura dei sintomi respiratori ed intestinali e sulle complicanze.
Cosa sappiamo adesso
La variabilità del genotipo della Fibrosi Cistica è correlata alla presenza di numerose mutazioni del gene CFTR suddivise in diverse classi che determinano la diversa sintesi, espressione e funzione della proteina CFTR. Questo ha permesso di identificare nuove terapie in grado di correggere il difetto
della proteina mutata (cosiddetti correttori che non sono ancora efficaci nel paziente affetto da FC) o di potenziare la funzione della proteina mutata
sulla membrana cellulare (cosiddetti potenziatori, risultati efficaci in soggetti con FC e mutazioni di gating di classe III). L’identificazione del difetto di
autofagia nella FC rappresenta una possibile nuova strategia di intervento per le mutazioni più frequenti di classe II.
Quali ricadute sulla pratica clinica
Il ripristino del difetto di autofagia alterato nella FC, attraverso la combinazione di un farmaco, già in uso per altre indicazioni, e di un integratore alimentare è in grado di recuperare la funzione di una proteina chiave nella genesi della fibrosi cistica, riducendo l’infiammazione polmonare dei pazienti. Tale
dimostrazione costituisce un’innovazione concettuale molto importante, in quanto dimostra che è possibile correggere il difetto di base con strategie di
terapia diverse da quelle sino a oggi percorse.
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Cholon DM, Quinney NL, Fulcher ML, et al. Potentiator ivacaftor abrogates
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** Questo studio, insieme allo studio di Veit (*Ref. 21), fornisce il razionale e il
proof-of-concept della inefficacia del trattamento combinato con il correttore
VX-809 e il potenziatore VX-770 nei pazienti FC con mutazione F508del.
Dequeker E, Stuhrmann M, Morris MA, et al. Best practice guidelines for molecular genetic diagnosis of cystic fibrosis and CFTR-related disorders—updated
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De Stefano D, Villella VR, Esposito S, et al. Restoration of CFTR function in patients
with cystic fibrosis carrying the F508del-CFTR mutation. Autophagy 2014, Oct 1.
** Lo studio fornisce la prima evidenza in letteratura di un recupero della funzione della F508del-CFTR in vivo nei pazienti omozigoti per tale mutazione.
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** Prima evidenza in letteratura dell’efficacia clinica di un potenziatore della
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Corrispondenza
Valeria Raia, Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Centro Regionale Fibrosi Cistica, Università di Napoli Federico II, via S. Pansini 5, 80131
Napoli - E-mail: [email protected]
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