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Il lisosoma: centro di controllo del metabolismo cellulare

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Il lisosoma: centro di controllo del metabolismo cellulare
Ottobre-Dicembre 2013 • Vol. 43 • N. 172 • Pp. 246-257
Frontiere
Il lisosoma: centro di controllo del metabolismo
cellulare
Carmine Settembre1-4, Alessandro Fraldi1, Diego L. Medina1 e Andrea Ballabio1-4
Telethon Institute of Genetics and Medicine (TIGEM), Napoli
Dipartimento di Genetica Molecolare e Umana, Baylor College of Medicine, Houston, Texas, USA
3
Jan and Dan Duncan Neurological Research Institute, Texas Children’s Hospital, Houston, Texas, USA
4
Genetica Medica, Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Università “Federico II”, Napoli
1
2
Riassunto
Per lungo tempo, i lisosomi sono stati considerati come una sorte di “inceneritori” coinvolti nella degradazione e nel riciclo dei rifiuti cellulari. Tuttavia, ora ci
sono prove convincenti che dimostrano che i lisosomi hanno una funzione molto più ampia essendo coinvolti in processi fondamentali, come la secrezione,
la riparazione della membrana plasmatica, la regolazione del metabolismo energetico e l’autofagia. Queste osservazioni pongono i lisosomi al crocevia di
diversi processi cellulari, con implicazioni significative per la salute dell’uomo. L’individuazione di un master gene, il fattore di trascrizione EB (TFEB) che
regola la biogenesi lisosomiale e l’autofagia, offre la possibilità di modulare la funzione lisosomiale aprendo nuove strategie terapeutiche per patologia quali
le malattie da accumulo lisosomiale e altre patologie neurodegenerative.
Summary
For a long time, lysosomes were considered merely to be cellular “garbage bin” deputed to degradation of exhausted cellular material. Emerging research
is showing that lysosomes are implicated in several cellular processes such as secretion, plasma membrane repair, signaling and energy metabolism.
Furthermore, the pivotal role of the lysosomes in autophagic pathways collocates these organelles at the crossroads of many cellular processes, which are
important for health and disease. The discovery of the transcription factor EB (TFEB) as master regulator of lysosomal biogenesis and autophagy unveiled
how lysosome adapts to environmental cues, such as energy deprivation, and targeting TFEB may provide a novel therapeutic approach to modulate lysosomal function in human disease.
Introduzione
I lisosomi, descritti per la prima volta nel 1955 da Christian de Duve
(de Duve, 2005), sono costituiti da un compartimento interno acido
(lume), delimitato da una membrana a doppio strato lipidico, e contengono diversi tipi di idrolasi, deputate alla degradazione di specifici substrati. Integrate nella membrana lisosomiale ci sono proteine
coinvolte nel trasporto di sostanze da e verso il lume, nell’acidificazione lisosomiale e nella fusione del lisosoma con altre strutture
cellulari (Saftig and Klumperman, 2009). Il materiale extracellulare
raggiunge il lisosoma attraverso la via dell’endocitosi (Luzio et al.,
2009a), mentre i componenti intracellulari vengono trasportati al lisosoma attraverso l’autofagia (Kaushik and Cuervo, 2012; Mijaljica
et al., 2011; Mizushima et al., 2008). I lisosomi possono secernere il loro contenuto mediante fusione con la membrana plasmatica (Chieregatti and Meldolesi, 2005; Verhage and Toonen, 2007).
Questo processo, conosciuto come “esocitosi” lisosomiale, è molto
attivo in particolari tipi di cellule, come le cellule della linea ematopoietica (Blott and Griffiths, 2002), gli osteoclasti (Mostov and Werb,
1997) e i melanociti (Stinchcombe et al., 2004). Inoltre, i lisosomi
intervengono in una serie di processi biologici, come la riparazione
della membrana plasmatica, l’omeostasi cellulare, il metabolismo
energetico e la risposta immunitaria. Poco si sa su come la funzione lisosomiale vari nei diversi tipi cellulari e nei diversi tessuti,
durante le fasi della vita e in diversi individui, così come in diverse
condizioni fisiologiche. Tuttavia, negli ultimi anni, la visione statica
del lisosoma si è progressivamente trasformata in una più ampia
e dinamica. La capacità del lisosoma di adattarsi a diversi stimoli
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ambientali è diventata evidente dopo aver scoperto che la biogenesi
e la funzione lisosomiale sono soggette a un controllo trascrizionale. Questo nuovo concetto di adattamento lisosomiale è importante
per la comprensione di come i processi biologici di base, che vanno
dallo smaltimento dei rifiuti cellulari al controllo del metabolismo
energetico, rispondano a stimoli ambientali.
In questo articolo, descriveremo inizialmente la struttura del lisosoma e il suo ruolo noto nel processo di degradazione dei substrati cellulari e poi considereremo i ruoli emergenti dei lisosomi, compresa
la loro funzione nella riparazione della membrana plasmatica e nella
trasmissione del segnale, prima di discutere l’identificazione del fattore di trascrizione EB (TFEB) come proteina chiave che regola la
biogenesi lisosomiale e l’autofagia (Sardiello et al., 2009; Settembre
et al., 2011). Infine, ci concentreremo su come le disfunzioni lisosomiali siano associate all’insorgenza di numerose patologie umane.
La struttura dei lisosomi
Recentemente, numerosi articoli hanno descritto la serie complessa
di eventi che porta alla formazione di un lisosoma maturo (Braulke
and Bonifacino, 2009; Henne et al., 2011; Luzio et al., 2009b; Luzio
et al., 2007; Pfeffer, 2001; Rink et al., 2005; Saftig and Klumperman, 2009; Sridhar et al., 2013; Zerial and McBride, 2001). Il lisosoma maturo ha un lume acido, circondato da una membrana
povera di colesterolo (Schulze et al., 2009). La funzione principale
della membrana lisosomiale è di isolare l’ambiente acido aggressivo
del lume dal resto della cellula. Ciò è garantito dalla presenza di
Il lisosoma: centro di controllo del metabolismo cellulare
una spessa guaina (il glicocalice) che riveste il perimetro interno e
che impedisce alla membrana lisosomiale di essere degradata dalle
idrolasi acide intraluminali. La membrana lisosomiale media anche
attivamente la fusione dei lisosomi con altre strutture cellulari, come
endosomi, autofagosomi e membrana plasmatica, nonché il trasporto di metaboliti, ioni e substrati solubili dentro e fuori dai lisosomi.
Il lume lisosomiale contiene circa sessanta differenti idrolasi solubili
attive a pH acido. Questi enzimi sono gli attori principali nell’esecuzione delle tappe sequenziali che sottintendono i principali processi
catabolici. Gli enzimi lisosomiali comprendono membri di famiglie di
proteine, come solfatasi, glicosidasi, peptidasi, fosfatasi, lipasi e nucleasi, che permettono al lisosoma di idrolizzare un vasto repertorio
di substrati biologici, tra cui glicosaminoglicani, sfingolipidi, glicogeno e proteine. L’indirizzamento della maggior parte degli enzimi
lisosomiali ai lisosomi, così come la loro capacità di essere secreti
e ricatturati dalle cellule, è mediata da una modifica del mannosio-6 fosfato che essi subiscono nei compartimenti tardivi del Golgi
(Braulke and Bonifacino, 2009; Ghosh et al., 2003). La capacità delle cellule di assumere enzimi lisosomiali attraverso il recettore del
mannosio-6 fosfato (MPR) è la base per la terapia enzimatica sostitutiva per molte malattie da accumulo lisosomiale (LSD) (Neufeld,
1980). Un diverso meccanismo di targeting, che è mediato in parte
dal recettore lisosomiale LIMP2 (lysosome integral membrane protein 2) è stato di recente identificato per la β-glucocerebrosidasi
(Reczek et al., 2007).
La figura 1 illustra le funzioni principali del lisosoma e mostra alcuni
processi chiave che lo vedono coinvolto. Le proteine SNARE e RAB
sono cruciali per i processi di trafficking e fusione lisosomiale. Tra
le proteine del lisosoma la proteina LAMP1 (lysosome-associated
membrane protein 1) è la più abbondante, rappresentando circa il
50% delle proteine totali della membrana, ed è coinvolta nel traffico lisosomiale (Andrejewski et al., 1999; Saftig and Klumperman,
2009). Il complesso LYNUS (Lysosome Nutrient Sensing) include
diversi complessi proteici che interagiscono sulla superficie lisosomiale. Il suo ruolo è quello di rilevare il contenuto di nutrienti del lisosoma e segnalare le informazioni al nucleo (vedi di seguito). Inoltre,
sono stati identificati sulla membrana lisosomiale anche diversi canali ionici. MCOLN1 (mucolipin 1) è un canale cationico non selettivo
Figura 1.
Principali funzioni dei lisosomi e le loro relazioni con i processi cellulari chiave.
I lisosomi sono coinvolti nel processo di degradazione e riciclo di materiale intracellulare (attraverso l’autofagia) e di materiale extracellulare (attraverso l’endocitosi). Durante questi processi i lisosomi si fondono rispettivamente con gli autofagosomi e con gli endosomi tardivi. I prodotti derivati
dalla degradazione vengono utilizzati per generare nuovi componenti cellulari e per fornire l’energia necessaria ai fabbisogni nutrizionali della cellula. I lisosomi sono sottoposti anche all’esocitosi regolata dal Ca2+ per poter secernere il loro contenuto all’interno dello spazio extracellulare e per
riparare i danni alla membrana plasmatica. Quando sono presenti lesioni sulla membrana plasmatica, i lisosomi migrano velocemente nel punto
danneggiato dove si fondono con la membrana in modo da consentire una chiusura efficiente. Più recentemente, i lisosomi sono stati identificati
come organelli ‘segnale’, capaci di rilevare la disponibilità dei nutrienti ed attivare una comunicazione dal lisosoma al nucleo, in modo da mediare
la risposta alla fame e regolare il metabolismo energetico.
247
C. Settembre, A. Fraldi, D.L. Medina, A. Ballabio
(Dong et al., 2008) coinvolto nel segnale del Ca2+ durante la fusione
lisosomiale con altre membrane, come la membrana plasmatica
(Dong et al., 2009; LaPlante et al., 2006; Medina et al., 2011) e autofagosomica (Wong et al., 2012). Una carenza di MCOLN1 provoca
la mucolipidosi tipo IV, una malattia da accumulo lisosomiale (LSD)
(Bargal et al., 2000; Bassi et al., 2000). CIC7, un canale del cloro,
contribuisce all’acidificazione lisosomiale ed è coinvolto nella osteopetrosi ereditaria (Jentsch et al., 2005; Kasper et al., 2005; Weinert
et al., 2010). I trasportatori nella membrana lisosomiale comprendono LAMP2A, che media l’autofagia chaperone-mediata (CMA) legando alla membrana lisosomiale i substrati proteici citosolici, in modo
che possano essere internalizzati e degradati (Cuervo et al., 2000;
Kaushik and Cuervo, 2012). Mutazioni di LAMP2A causano la malattia di Danon, che è associata con l’accumulo di vacuoli autofagici
nelle cellule muscolari (Nishino et al., 2000). NPC1 (Niemann-Pick
C1 protein) è una proteina della membrana lisosomiale, coinvolta
nell’export di colesterolo dal lume endolisosomiale. Mutazioni di
NPC1 causano la malattia di Niemann-Pick tipo C1 (Lloyd-Evans et
al., 2008). HGSNAT (heparan-α glucosaminide N-acetiltrasferase)
è un enzima che partecipa alla degradazione progressiva di eparan solfato (Durand et al., 2010; Fan et al., 2006; Hrebicek et al.,
2006), e le cui mutazioni causano la mucopolisaccaridosi di tipo IIIC
(MPSIIIC).
Siamo ancora lontani dall’identificazione e caratterizzazione funzionale di tutte le proteine lisosomiali. Sulla base dei dati attuali, sono
state identificate poco più di 100 proteine residenti nei lisosomi;
circa 70 di queste sono proteine della matrice lisosomiale e circa 50
sono proteine della membrana lisosomiale (Schroder et al., 2010).
Tuttavia, questi numeri potrebbero aumentare nel prossimo futuro.
Le funzioni dei lisosomi
Le funzioni lisosomiali possono essere schematicamente suddivise
in tre tipi principali: la degradazione, la secrezione e la regolazione
del segnale cellulare (signaling) (Fig. 1).
Degradazione lisosoma-mediata
Analogamente al trasporto dei rifiuti urbani agli inceneritori, la raccolta e il trasporto dei rifiuti cellulari ai lisosomi richiede una logistica complessa. La cellula ha sviluppato diverse vie per il trasporto dei
rifiuti extracellulari e intracellulari al lisosoma.
Il materiale extracellulare raggiunge il lisosoma principalmente attraverso l’endocitosi. La cattura di materiale extracellulare e di proteine integrali di membrana avviene attraverso specifici meccanismi
endocitici che variano a seconda della natura della sostanza. Esempi
importanti di endocitosi sono la fagocitosi, la macropinocitosi, l’endocitosi clatrina-mediata, l’endocitosi caveolina-mediata e l’endocitosi caveolina e clatrina-indipendente (Conner and Schmid, 2003).
I recettori presenti sulla membrana plasmatica, una volta attivati,
possono essere internalizzati attraverso meccanismi di endocitosi
mediati da clatrina (Doherty and McMahon, 2009) o meccanismi
clatrina-indipendenti di endocitosi (Hansen and Nichols, 2009). Dopo
l’internalizzazione, i recettori sono indirizzati agli endosomi (Sorkin
and von Zastrow, 2009), dai quali possono essere riciclati e tornare
alla membrana plasmatica per consentire l’attivazione ripetuta del
recettore o essere destinati alla degradazione lisosomiale, con conseguente terminazione del segnale da parte del recettore (Haglund
and Dikic, 2012; Katzmann et al., 2001; Raiborg and Stenmark,
2009). Un caratteristico segno di maturazione endosoma-lisosoma
è la progressiva diminuzione del pH interno a ~pH 5 (Ohkuma and
Poole, 1978). Il processo di acidificazione è fondamentale per il ri-
248
lascio delle idrolasi acide da parte del recettore del mannosio-6 fosfato nel lume endosomale e il riciclo del recettore all’apparato del
Golgi (Luzio et al., 2007).
I materiali intracellulari raggiungono i lisosomi attraverso il processo
di autofagia, un processo catabolico di “autodigestione” che è utilizzato dalle cellule per catturare i propri componenti citoplasmatici
destinati alla degradazione e al riciclo. Sono stati identificati tre tipi
di autofagia: microautofagia; autofagia mediata da chaperone (CMA)
e macroautofagia. Durante la microautofagia, le proteine citosoliche
sono inghiottite nel lisosoma attraverso l’invaginazione diretta della
membrana lisosomiale o endosomiale (Ahlberg et al., 1982; Mijaljica
et al., 2011; Sahu et al., 2011).
Nella CMA, le proteine citosoliche sono trasportate nel lume lisosomiale, attraverso l’internalizzazione mediata da chaperones e
recettori. Ciò richiede lo srotolamento delle proteine e la loro traslocazione attraverso la membrana lisosomiale, che avviene tramite
la proteina LAMP2A (Chiang et al., 1989; Cuervo and Dice, 1996;
Kaushik and Cuervo, 2012). La macroautofagia si basa sulla biogenesi di autofagosomi, che sono vescicole costituite da doppia membrana che sequestrano materiale citoplasmatico e poi si fondono
con i lisosomi. Pertanto, il ruolo di tutti e tre i tipi di autofagia nei
processi di degradazione e di riciclo è strettamente dipendente dalla
funzione lisosomiale. Per semplicità, da qui in poi useremo il termine
autofagia per riferirci alla macroautofagia, che rappresenta il tipo
principale di autofagia.
L’autofagia è attivata da una vasta gamma di condizioni cellulari
stressanti e media la degradazione di aggregati di proteine, lipidi
ossidati, organelli danneggiati e agenti patogeni intracellulari. I prodotti di degradazione risultanti sono usati per generare nuovi componenti cellulari ed energetici, in risposta alle esigenze nutrizionali
della cellula. I meccanismi alla base dell’autofagia e la sua rilevanza
in condizioni fisiologiche e patologiche, sono stati ampiamente studiati negli ultimi dieci anni e ben descritti in articoli recenti (He and
Klionsky, 2009; Ravikumar et al., 2010).
L’esocitosi lisosomiale
I lisosomi possono secernere i loro contenuti nello spazio extracellulare attraverso un processo chiamato esocitosi lisosomiale, che può
essere rilevata dalla traslocazione di proteine di membrana lisosomiali (per esempio, LAMP1) sulla membrana plasmatica (Chieregatti
and Meldolesi, 2005; Rodriguez et al., 1997; Verhage and Toonen,
2007). In questo processo, i lisosomi si fondono con la membrana
plasmatica attraverso un meccanismo regolato dal Ca2+ che è associato ad un grosso rilascio del contenuto lisosomiale nella matrice
extracellulare (Andrews, 2000; Chavez et al., 1996; Coorssen et al.,
1996; Jaiswal et al., 2002; Rodriguez et al., 1997; Stinchcombe and
Griffiths, 1999).
L’esocitosi lisosomiale non è solo responsabile della secrezione di
contenuti lisosomiali, ma ha anche un ruolo fondamentale nella
riparazione della membrana plasmatica. Lesioni della membrana
plasmatica inducono la rapida migrazione dei lisosomi al sito danneggiato. I lisosomi poi si fondono con la membrana plasmatica e
risigillano efficientemente il sito danneggiato (Gerasimenko et al.,
2001; Reddy et al., 2001). Questo processo è anche importante nei
meccanismi di difesa contro le infezioni batteriche (Roy et al., 2004)
ed è stato implicato in un tipo specifico di distrofia muscolare, caratterizzata da un difetto nella riparazione della fibra muscolare (Han
et al., 2007).
L’esocitosi lisosomiale è regolata da TFEB, il principale regolatore
della biogenesi lisosomiale (vedi di seguito). TFEB induce sia l’aggancio che la fusione dei lisosomi alla membrana plasmatica, rego-
Il lisosoma: centro di controllo del metabolismo cellulare
lando l’espressione di alcuni geni, i cui prodotti proteici aumentano
la dinamica lisosomiale e provocano un aumento intracellulare del
Ca2+, mediato da MCOLN1 (Medina et al., 2011). È interessante notare che la regolazione dell’esocitosi lisosomiale mediata da TFEB
ha un ruolo importante nel differenziamento degli osteoclasti e nel
riassorbimento osseo (Ferron et al., 2013).
“Signaling” lisosomiali
È ormai evidente che il lisosoma svolge un ruolo importante come
“sensore” dei nutrienti cellulari e nelle vie di segnalazione che sono
coinvolte nel metabolismo e nella crescita cellulare. Il complesso chinasico mTORC1 (mammalian target of rapamycin complex 1), controllore principale della crescita delle cellule e dell’organismo (Laplante
and Sabatini, 2012), è localizzato sulla superficie lisosomiale (Sancak
et al., 2010). La localizzazione lisosomiale di mTORC1 suggerisce
una co-regolazione tra la crescita e il catabolismo cellulare. Fattori
di crescita, ormoni, amminoacidi, glucosio, ossigeno e stress sono i
principali attivatori di mTORC1, che a sua volta regola positivamente
la biosintesi di proteine, mRNA, lipidi e la produzione di ATP (Efeyan
et al., 2012; Laplante and Sabatini, 2012). In questo modo, mTORC1
regola l’equilibrio tra stati biosintetici e catabolici. Quando i nutrienti
sono presenti, mTORC1 fosforila direttamente e sopprime l’attività del
complesso chinasi ULK1-ATG13-FIP200 (unc-51-like kinase 1-autophagy-related 13-focal adhesion kinase family-interacting protein of
200 kDa) (Ganley et al., 2009; Hosokawa et al., 2009; Jung et al.,
2009), che è necessario per indurre la biogenesi degli autofagosomi
(Chan et al., 2012; Hara et al., 2008). L’inibizione di mTORC1, tramite digiuno o indotta da farmaci, porta all’attivazione di ULK1-ATG13FIP200 e all’autofagia. Pertanto, il livello di autofagia cellulare è inversamente correlata con l’attività di mTORC1e l’inibizione farmacologica
di mTORC1 stimola potentemente l’autofagia.
Il complesso macchinario di “signaling”, composto da mTORC1 e
da ulteriori complessi proteici, è localizzato sulla superficie lisosomiale. Questo complesso, indicato come LYNUS (Lysosome Nutrient
Sensing), risponde al contenuto degli amminoacidi nei lisosomi e
segnala le informazioni sia al citoplasma che al nucleo. I principali componenti del complesso LYNUS sono illustrati nella figura 2. Il
ruolo dei lisosomi come sensori dei nutrienti è un nuovo concetto
che amplia la nostra visione di questi organelli, da semplici esecutori dello smaltimento dei rifiuti cellulari a sensori e regolatori di
diverse funzioni cellulari, tra cui la progressione del ciclo cellulare,
la crescita, la biosintesi di macromolecole e l’autofagia (Zoncu et al.,
2011). La recente scoperta di un meccanismo di segnale lisosomanucleo indotto dal digiuno, (vedi di seguito) rinforza ulteriormente
questo concetto (Settembre et al., 2012). È interessante notare che
la ri-formazione lisosomiale autofagica (ALR), un processo evolutivamente conservato secondo il quale i lisosomi nascenti sono formati da membrane autolisosomiali, richiede anche la riattivazione
di mTORC1 durante il digiuno prolungato (Rong et al., 2012; Rong
et al., 2011; Yu et al., 2010). Inoltre, il digiuno prolungato controlla
anche la ri-formazione lisosomiale attraverso l’attività di PI4KIIIβ
(phosphatidylinositol 4-kinase IIIβ) (Sridhar et al., 2013).
Regolazione della funzione dei lisosomi
La recente scoperta di un network di geni lisosomiali e del master
regolatore TFEB ha rivelato che la funzione lisosomiale può essere
coordinata per rispondere e adattarsi agli stimoli ambientali. Di seguito è discusso il ruolo centrale di TFEB nel regolare la biogenesi
lisosomiale, il segnale lisosoma-nucleo e il catabolismo dei lipidi.
TFEB regola la biogenesi lisosomiale e la clearance cellulare
I processi di clearance cellulari mediati dai lisosomi richiedono l’azione coordinata d’idrolasi, processi di acidificazione e proteine di
membrana.
L’espressione e l’attività di tali componenti devono essere coordinate per consentire la funzione lisosomiale ottimale in diverse condizioni fisiologiche e patologiche, come crescita, digiuno, infezione
e accumulo intracellulare di vari prodotti. Il concetto di adattamento
lisosomiale è emerso solo di recente, poiché poca attenzione è stata
data allo studio della regolazione trascrizionale dei geni codificanti per le proteine lisosomiali. La recente scoperta di un network di
geni lisosomiali, chiamato CLEAR (coordinated lysosomal expression
and regulation) e del regolatore master TFEB, un membro della sottofamiglia di fattori di trascrizione MITF (microphtalmia-associated
transcription factor) (Rehli et al., 1999), precedentemente implicato in una traslocazione cromosomica associata al carcinoma renale (Medendorp et al., 2007), fornisce la prova sperimentale che
la funzione lisosomiale è controllata in modo globale (Sardiello et
al., 2009). Coerentemente con il suo ruolo come modulatore della
rete CLEAR, TFEB regola positivamente l’espressione dei geni lisosomiali, controlla il numero di lisosomi e promuove la capacità
delle cellule di degradare i substrati lisosomiali (Ma et al., 2012;
Sardiello et al., 2009). In particolare, TFEB attiva la trascrizione di
geni che codificano per proteine coinvolte in diversi aspetti della
clearance cellulare, come la biogenesi lisosomiale, l’autofagia, l’esocitosi, l’endocitosi e ulteriori processi associati al lisosoma, come
la fagocitosi, la risposta immunitaria e il catabolismo dei lipidi. È interessante notare che molte proteine coinvolte nella degradazione di
noti substrati autofagici, quali quelle non lisosomiali, appartengono
a questo network (Palmieri et al., 2011). Queste osservazioni hanno suggerito che TFEB regola anche la genesi degli autofagosomi
(Palmieri et al., 2011). Infatti, la sovra-espressione di TFEB in colture
cellulari aumenta notevolmente il numero di autofagosomi, aumenta
la fusione lisosoma-autofagosoma e la degradazione dei substrati
dell’autofagia (Settembre et al., 2011). Inoltre, la sovra-espressione
di TFEB mediata da virus nel fegato induce l’autofagia (Settembre et
al., 2011). Così, sebbene l’indirizzamento di substrati autofagici al
lisosoma e la loro degradazione da parte di enzimi lisosomiali siano
processi cellulari distinti, essi sono meccanicisticamente collegati da un comune programma trascrizionale di regolazione (Cuervo,
2011; Settembre et al., 2011).
TFEB trasmette segnali dal lisosoma al nucleo
Molti meccanismi trascrizionali che controllano le funzioni cruciali
delle cellule hanno la capacità di rispondere a stimoli ambientali.
In condizioni basali, nella maggior parte dei tipi cellulari TFEB è
localizzato nel citoplasma. Tuttavia, in condizioni particolari, come
il digiuno o la disfunzione lisosomiale, TFEB trasloca rapidamente
nel nucleo (Sardiello et al., 2009; Settembre et al., 2011). Questo
processo è controllato dallo stato di fosforilazione di TFEB; TFEB fosforilato si trova prevalentemente nel citoplasma, mentre la forma
defosforilata si trova nel nucleo (Settembre et al., 2011). Studi di
fosfoproteomica hanno identificato almeno dieci siti di fosforilazione
diversi nella proteina TFEB, suggerendo un complesso meccanismo
regolatorio (Dephoure et al., 2008).
TFEB citoplasmatico è localizzato, almeno parzialmente, sulla superficie lisosomiale, dove interagisce con mTORC1 e il complesso
LYNUS (Martina and Puertollano, 2013; Settembre et al., 2012) (Fig.
2). Questa osservazione suggerisce un meccanismo attraverso il
quale il lisosoma regola la propria biogenesi controllando la loca-
249
C. Settembre, A. Fraldi, D.L. Medina, A. Ballabio
Lisosoma
Figura 2.
Modello della regolazione e della funzione di TFEB durante il digiuno.
Questo modello illustra in che modo l’attività del fattore di trascrizione EB (TFEB) viene indotta dalla limitata disponibilità di nutrienti e come lo
stesso fattore possa mediare la risposta al digiuno attraverso la regolazione del catabolismo lipidico. In presenza di quantità sufficienti di nutrienti,
TFEB interagisce con il sistema lisosomiale sensibile ai nutrienti (LYNUS), il quale rileva i livelli nutrizionali dei lisosomi grazie alla presenza del
complesso ATPasi vacuolare. TFEB viene fosforilato da mTORC1 (mammalian target of rapamycin complex 1) sulla superficie lisosomiale. TFEB
risulta così inattivo essendo sequestrato dal citosol. Durante il digiuno, mTORC1 viene rilasciato dal complesso LYNUS e diventa inattivo. TFEB
non può essere più fosforilato da mTORC1 e, perciò, trasloca nel nucleo, dove attiva la trascrizione di sè stesso. Pertanto, il digiuno regola l’attività di TFEB attraverso un duplice meccanismo che coinvolge una modificazione post-traduzionale (la fosforilazione) ed un anello trascrizionale
autoregolatore. Una volta entrato nel nucleo, TFEB regola l’espressione di geni coinvolti nel processo autofagico dei lisosomi, tra i quali PPARα
(peroxisome proliferator-activated receptor α), e PGC1α (PPARγ co-activator 1α) ed i loro geni target. In questo modo, TFEB controlla la risposta
al digiuno attivando sia la lipofagia sia la β-ossidazione degli acidi grassi. La figura mostra i componenti principali del complesso LYNUS. mTORC1,
che comprende proteine regolatrici associate ad mTOR, come RAPTOR (regulatory-associated protein of mTOR), mLST8 (mammalian lethal with
SEC13 protein) e DEPTOR (DEP domain-containing mTOR-interacting protein), interagisce fisicamente con i diversi RAG GTPasi (RAGA o RAGB e
RAGC o RAGD), che attivano mTORC1 sulla superficie lisosomiale. Un complesso noto come Ragulator interviene nella regolazione e nel legame di
RAG GTPasi alla membrana lisosomiale. La proteina GTPasi omologa di RAS abbondante nel cervello (RHEB) è coinvolta anche nell’attivazione di
mTORC1 grazie alla presenza di fattori di crescita. Il complesso v-ATPasi ha la funzione di rilevare amminoacidi e media le interazioni aminoacidisensibili tra RAG GTPasi e il complesso Ragulator, che rappresenta lo step iniziale nella comunicazione lisosomiale. Il canale endolisosomiale
ATP-sensibile e permeabile al Na+ (lysoNaATP), che comprende le subunità del canale del calcio a 2 pori 1 (TPC1) e TPC2, è situato sulla membrana
lisosomiale. Di recente si è dimostrato che questo canale interagisce con mTORC1 e partecipa al rilevamento dei nutrienti. Il tipo di interazione tra
lysoNaATP e mTORC1 è tuttora sconosciuto, ma sembra che si tratti di una forma indipendente dagli altri componenti del complesso LYNUS, così
come è stato osservato per TFEB e i suoi interattori (vedi testo principale).
lizzazione subcellulare di TFEB. Condizioni cellulari che portano alla
inattivazione di mTORC1, come lo stress, il digiuno e l’inibizione lisosomiale, inducono la traslocazione nucleare di TFEB e quindi attivano il sistema lisosomiale (Martina et al., 2012; Roczniak-Ferguson et
al., 2012; Settembre et al., 2012). Più recentemente, è stato dimostrato che TFEB interagisce con la RAG GTPasi attiva (Martina and
Puertollano, 2013). Questa interazione promuove la localizzazione
250
lisosomiale di TFEB e la sua fosforilazione dipendente da mTORC1
(Martina and Puertollano, 2013).
Dati recenti indicano che i livelli di nutrienti cellulari regolano TFEB
anche a livello trascrizionale. L’eliminazione di siero e amminoacidi nel mezzo di coltura cellulare induce l’espressione dell’mRNA
di TFEB, mentre l’aggiunta successiva di nutrienti al mezzo blocca
questa induzione. Allo stesso modo, privando i topi di cibo per 24
Il lisosoma: centro di controllo del metabolismo cellulare
ore, si induce l’espressione di TFEB in molti tessuti (Settembre et
al., 2011). Inoltre, la risposta trascrizionale di TFEB ai nutrienti è
mediata da un circuito di feedback autoregulatorio, secondo il quale
TFEB si lega al proprio promotore in modo dipendente dal digiuno e
inducendo la propria espressione (Settembre et al., 2013). In questo
modo, la regolazione dell’attività di TFEB da parte di nutrienti comporta un rapido cambiamento post-trascrizionale e fosforilazionedipendente, che è responsabile della traslocazione nucleare di TFEB,
e coinvolge un componente autoregulatorio trascrizionale, che permette una risposta lenta ma più duratura. Questa complessa regolazione media la risposta cellulare al digiuno, inducendo il catabolismo
lipidico (Settembre et al., 2013) (vedi di seguito).
In conclusione, TFEB partecipa a un meccanismo di “signaling”
lisosoma-nucleo che trasmette informazioni sullo stato lisosomiale
al nucleo, in modo da innescare una risposta trascrizionale. Questo
“dialogo” tra il lisosoma e il nucleo controlla la clearance cellulare e
il metabolismo energetico. Un modello della regolazione di TFEB da
parte dei nutrienti è illustrato in figura 2.
TFEB regola il catabolismo lipidico
L’autofagia ha un ruolo centrale nel metabolismo dei lipidi, trasportando composti lipidici ai lisosomi, dove vengono idrolizzati ad acidi
grassi liberi (FFA) e glicerolo. Questo processo, chiamato macrolipofagia (Singh and Cuervo, 2011; Singh et al., 2009), indica la presenza di una stretta relazione tra metabolismo lipidico intracellulare e
lisosomi. È interessante notare che il sovraccarico eccessivo di lipidi
può a sua volta inibire l’autofagia. Questo potrebbe essere causato
da un’alterazione della composizione della membrana lisosomiale,
rendendola meno soggetta a fusione con gli autofagosomi (Rodriguez-Navarro and Cuervo, 2012; Rodriguez-Navarro et al., 2012),
o mediante la ridotta regolazione di geni dell’autofagia (Yang et al.,
2010).
Col ripristino dell’autofagia nel fegato migliora il fenotipo metabolico
di topi geneticamente obesi (ob/ob), suggerendo che il miglioramento della funzione lisosomiale può essere una possibile strategia terapeutica per il trattamento dell’obesità (Yang et al., 2010). È interessante notare che la disfunzione lisosomiale è stata associata ad un
alterato metabolismo energetico in modelli murini di malattie lisosomiali (Woloszynek et al., 2007). Inoltre, nella malattia di Wolman,
la carenza di lipasi acida lisosomiale porta ad un grave accumulo
intracellulare di grassi (Du et al., 1998).
Questi studi suggeriscono che la regolazione delle vie metaboliche
lisosomiali e autofagiche possono avere un effetto sul metabolismo
lipidico cellulare. Supporta questa ipotesi l’evidenza che TFEB regola
il metabolismo lipidico del fegato (Settembre et al., 2013). Queste
osservazioni hanno fornito una nuova prospettiva sul ruolo dei lisosomi nel metabolismo energetico cellulare e nei meccanismi alla
base dell’obesità e della sindrome metabolica. Un modello proposto
per il ruolo di TFEB nel catabolismo lipidico è illustrato in Figura 2.
Disfunzioni lisosomiali e malattie umane
La disfunzione lisosomiale è stata associata a diverse malattie umane, così come con il processo di invecchiamento, che è associato
a un declino della funzione lisosomiale e a un progressivo accumulo intracellulare di materiale (per esempio, lipofuscina e ubiquitina) (Cuervo and Dice, 2000). In effetti, la stimolazione del pathway
autofagico-lisosomiale sembra essere un fattore determinante per
l’effetto anti-invecchiamento della restrizione calorica (Rubinsztein
et al., 2011). L’identificazione di proteine che regolano la biogenesi
e la funzione lisosomiale, come TFEB, potrebbe aprire la strada allo
sviluppo di nuove terapie per le malattie caratterizzate da grave disfunzione lisosomiale.
Malattie da accumulo lisosomiali e malattie neurodegenerative
Da più di tre decadi è noto che i difetti genetici di specifici componenti dei lisosomi portano all’accumulo di substrati che non sono
degradati nel lume lisosomiale, a cui consegue una progressiva disfunzione lisosomiale in vari tessuti e organi. Queste malattie sono
note come malattie da accumulo lisosomiale (LSD). La classificazione delle LSD e le loro caratteristiche cliniche sono state descritte in
dettaglio in diversi articoli recenti (Ballabio and Gieselmann, 2009;
Cox and Cachon-Gonzalez, 2012; Futerman and van Meer, 2004;
Schultz et al., 2011; Vitner et al., 2010; Walkley, 2009). Nonostante
queste malattie siano state tra le prime per le quali sono state identificate le basi biochimiche e molecolari, a tutt’oggi risultano ancora
poco chiari i meccanismi attraverso i quali il deposito di materiale
non degradato nei lisosomi si traduce in una disfunzione cellulare e
tissutale e nei sintomi clinici. Una compromissione della funzionalità lisosomiale globale ha un ruolo importante nella patogenesi di
numerose LSD, perché un deficit di singole proteine lisosomiali può
avere vaste conseguenze sulle funzioni di base dei lisosomi (Ballabio and Gieselmann, 2009). In particolare, numerosi studi hanno
dimostrato un’alterazione del pathway autofagico nelle LSD (Ballabio and Gieselmann, 2009; de Pablo-Latorre et al., 2012; Di Malta
et al., 2012; Fraldi et al., 2010; Lieberman et al., 2012; Settembre
et al., 2008). Questo risulta nell’accumulo secondario di substrati
autofagici, come ad esempio proteine poliubiquitinate e mitocondriali disfunzionali, che possono giocare un ruolo fondamentale
nella patogenesi della malattia (Settembre et al., 2008). Un blocco
dell’autofagia nelle LSD può essere causato da un difetto nella fusione tra lisosomi e autofagosomi, come osservato nel deficit multiplo
di solfatasi (MSD) e nella mucopolisaccaridosi tipo IIIA (MPS-IIIA),
che può essere causato da anomalie nella composizione della membrana lisosomiale e nella distribuzione delle proteine SNAREs (Fraldi
et al., 2010).
Le strategie terapeutiche attuali per le LSD sono finalizzate a una
correzione o a una sostituzione dell’attività degli enzimi lisosomiali
difettosi, e sono basate sull’utilizzo di chaperon molecolari, di terapia enzimatica sostitutiva o di terapia genica mediata da virus (Cox,
2012). L’inibizione della sintesi del substrato è un’altra opzione terapeutica disponibile per un alcune LSD (Cox, 2012). Queste strategie, tuttavia, hanno diverse limitazioni, quali ad esempio la difficoltà
di far arrivare l’enzima, o il gene, nella sede giusta nell’organismo.
Inoltre, l’attraversamento della barriera emato-encefalica rappresenta un ostacolo per l’arrivo dell’enzima ricombinante al cervello.
È importante sottolineare che i costi complessivi di studi preclinici e
sperimentazioni cliniche sono estremamente elevati se si considera che le LSD comprendono più di 60 diverse malattie, e che nella
maggior parte dei casi, ogni terapia è strettamente specifica per una
singola malattia.
Le prove finora accumulate indicano che la disfunzione lisosomiale
e autofagica è uno dei meccanismi principali che sono alla base
delle malattie neurodegenerative più comuni, come il morbo di Parkinson, il morbo di Alzheimer e la corea di Huntington (Harris and
Rubinsztein, 2012; Wong and Cuervo, 2010) (Fig. 3). Proteine mutate
che tendono a formare aggregati e causano malattie neurodegenerative, come l’huntingtina espansa nella malattia di Huntington
e l’α-sinucleina mutata nella malattia di Parkinson, sono eliminate
migliorando il pathway autofagico-lisosomiale (Cuervo et al., 2004;
Jeong et al., 2009; Winslow et al., 2010). Inoltre, le proteine che
tendono a formare aggregati, possono a loro volta influenzare l’ef-
251
C. Settembre, A. Fraldi, D.L. Medina, A. Ballabio
Figura 3.
Difetto della clearance cellulare nelle patologie neurodegenerative.
Il difetto cellulare della clearance, che comporta neuro degenerazione, può derivare da due diversi meccanismi. Il primo, mutazioni di loss-offunction a livello di geni coinvolti nel pathway lisosoma-autofagico (per esempio, ATP13A2 (ATPasi di tipo 13 A 2), CATD (cathepsin D), GBA (betaglucosidasi acida), PSEN1 (presenil 1), PSEN2, VPS35 (vacuolar protein sorting 35), PARKIN (proteina del morbo di Parkinson), PINK (PTEN-induced
putative kinase), CHMP2B (charged multivesicular body protein 2B), RAB7 e WDR45 (WD repeat 45)) possono causare la degradazione cellulare e
il processo del riciclo. Secondo, mutazioni di gain-of-function di proteine prone-aggregate (per esempio, SNCA (alfa-sinucleina), APP (amyloid precursor protein), HTT (huntingtin) e MAPT (protina TAU associata ai microtubuli) possono amplificazione l’aggregazione proteica e il danno a carico
dei pathway lisosoma-autofagici. Inoltre, è stata osservata una diminuzione globale della funzione lisosomiale-autofagica durante l’invecchiamento
che danneggia la clearence cellulare. Infine, senza far riferimento al meccanismo coinvolto, il difetto cellulare della clearance causa l’accumulo di
proteine neurotossiche e morte delle cellule nervose.
Abbreviazioni: AD, malattia di Alzheimer; CMT2B, Charcot-Marie-Tooth di tipo 2B; FTD, demenza fronto-temporale; PD, morbo di Parkinson; SENDA, encefalopatia statica infantile con neurodegenerazione in adulti; HD, malattia di Huntington.
ficienza dell’autofagia inibendo il riconoscimento dei substrati da
parte degli autofagosomi (Martinez-Vicente et al., 2010; Orenstein
et al., 2013).
In numerose malattie neurodegenerative sono state descritte mutazioni nei geni che codificano componenti essenziali del pathway
endolisosomiale-autofagico. Un numero significativo di pazienti
affetti dal morbo di Parkinson, in particolare gli Ebrei Ashkenaziti
(Aharon-Peretz et al., 2004), sono eterozigoti per mutazioni nel gene
che codifica per l’enzima lisosomiale β-glucocerebrosidasi (Sidransky et al., 2009). Mutazioni omozigoti nello stesso gene causano la
malattia di Gaucher, una malattia neurodegenerativa da accumulo
lisosomiale (Brady et al., 1965). È stato proposto che bassi livelli di
glucocerebrosidasi portano a un aumentato accumulo di glucosilceramide nel lisosoma, e questo a sua volta accelera la sintesi e la stabilizzazione di oligomeri solubili di α-sinucleina, che eventualmente
si convertono in fibrille amiloidi.
Inoltre l’accumulo di α-sinucleina blocca anche l’indirizzamento di
glucocerebrosidasi di nuova sintesi verso il lisosoma e quindi au-
252
menta ulteriormente l’accumulo di glucosilceramide (Mazzulli et al.,
2011). Mutazioni dell’ATPasi tipo 13a2 (ATP13A2), un componente
del complesso di acidificazione lisosomiale, sono state trovate in
pazienti con parkinsonismo ereditario (Ramirez et al., 2006) e sono
associate a disfunzione lisosomiale, clearance difettosa degli autofagosomi e accumulo di α-sinucleina (Usenovic and Krainc, 2012).
Allo stesso modo, mutazioni nei geni che codificano per PTEN (PINKinduced putative kinase) e PARK (proteina della malattia di Parkinson) sono associate con la clearance difettosa dei mitocondri, tramite un tipo specifico di autofagia degli organelli noto come mitofagia,
che porta alla malattia di Parkinson (Geisler et al., 2010; Kitada et
al., 1998; Narendra et al., 2008; Valente et al., 2004). Il morbo di
Parkinson è stato osservato anche nei pazienti con mutazioni nella
proteina VPS35 (vacuolar protein sorting 35), che codifica per una
proteina lisosomiale coinvolta nel trasporto retrogrado tra endosomi
e TGN (Choi et al., 2012; Zimprich et al., 2011).
Disfunzioni dei lisosomi e dell’autofagia sono state identificate anche in pazienti con malattia di Alzheimer con mutazioni in preseni-
Il lisosoma: centro di controllo del metabolismo cellulare
lina 1 (PSEN1) (Lee et al., 2010). Per spiegare la disfunzione lisosomiale in questi pazienti, sono stati proposti almeno due meccanismi
differenti, uno con un difetto lisosomiale di acidificazione (Lee et
al., 2010) e l’altro con un difetto nell’omeostasi lisosomiale del Ca+2
(Coen et al., 2012). Ulteriori esempi di malattie neurodegenerative,
che sono causate da mutazioni di proteine c​ oinvolte nella mutazione
degli endosomi e dei lisosomi, sono la demenza fronto-temporale e
la malattia di Charcot-Marie-Tooth di tipo 2B, che sono dovute rispettivamente a mutazioni di CHMP2B (charged multivesicular body
protein 2) (Skibinski et al., 2005) e RAB7 (Verhoeven et al., 2003).
Attivazione di TFEB come potenziale terapia
La presenza di meccanismi patogenetici comuni tra le LSDs e le
più frequenti malattie neurodegenerative suggerisce che le strategie
terapeutiche destinate al recupero e/o al miglioramento della funzione lisosomiale e autofagica possono avere un impatto su entrambi
i tipi di malattie. Diversi tentativi sono stati fatti per trattare modelli animali di malattie neurodegenerative, rendendo più efficiente
il pathway lisosomiale-autofagico (Harris and Rubinsztein, 2012;
Menzies et al., 2010; Mueller-Steiner et al., 2006; Ravikumar et al.,
2004; Rose et al., 2010; Sun et al., 2008; Tanaka et al., 2004; Yang
et al., 2011). Un obiettivo terapeutico promettente, reso disponibile
dopo la recente scoperta di TFEB, sarebbe quello di incrementare
la capacità della cellula di fare clearance, inducendo la funzione di
TFEB. Studi preliminari hanno mostrato che le cellule con livelli di
TFEB aumentati mostrano un ritmo più veloce di clearance dei glicosaminoglicani (GAGs) rispetto a cellule di controllo (Sardiello et al.,
2009). L’iper-espressione di TFEB con vettori virali determina anche
una riduzione notevole di GAGs e della vacuolizzazione cellulare in
cellule staminali neuronali differenziate (NSC), che sono state isolate
da modelli murini di MSD e MPSIIIA, due gravi tipi di LSDs (Medina
et al., 2011). Risultati simili sono stati ottenuti usando questo approccio in cellule di pazienti con altri tipi di LSDs e/o in modelli di
topo, con ceroidolipofuscinosi neuronale di tipo 3 (CLN3, malattia
di Batten) e con malattia di Pompe (Medina et al., 2011). L’iperespressione di TFEB in un modello murino della malattia di Pompe
ha ridotto l’accumulo del glicogeno e le dimensioni dei lisosomi, ha
migliorato il processing dell’autofagosoma e ridotto l’accumulo di
vacuoli autofagici. È interessante notare che l’effetto di clearance
di TFEB è risultata dipendente dal pathway autofagico (Spampanato
et al., 2013). TFEB è stato utilizzato anche come strumento per promuovere la clearance cellulare nelle malattie neurodegenerative più
comuni.
Inoltre, è stato dimostrato che il trasferimento del gene TFEB in un
modello murino della malattia di Parkinson è in grado di revertire il
fenotipo patologico (Dehay et al., 2010). In un recente studio, TFEB è
stato identificato come il principale mediatore della capacità di PGC1α
di promuovere clearance cellulare e di ridurre la neurotossicità in un
modello murino della corea di Huntington (Tsunemi et al., 2012). Infine, la iper-espressione di TFEB nel fegato di topi portatori di una forma
Figura 4.
TFEB regola la clearance cellulare.
Il fattore di trascrizionee EB (TFEB) controlla la biogenesi dei lisosomi, regolando il livello degli enzimi lisosomiali, l’acidificazione e il numero dei
lisosomi. TFEB controlla anche l’autofagia definendo il numero di autofagosomi e gestendo la fusione tra i lisosomi e gli autofagosomi. Infine, TFEB
regola il legame e la fusione dei lisosomi alla membrana plasmatica durante il processo di esocitosi lisosomiale. L’azione combinata di questi tre
processi permette la clearance cellulare.
253
C. Settembre, A. Fraldi, D.L. Medina, A. Ballabio
mutata di α1-antitripsina ha comportato la clearance di questa proteina mutata e recuperato la funzionalità del fegato (Pastore et al., 2013).
Il meccanismo con cui TFEB promuove la clearance del materiale
di accumulo deve essere ulteriormente chiarito. L’induzione di TFEB
protegge dall’accumulo lisosomiale in LSD nonostante una deficienza
completa di uno o più enzimi lisosomiali. Il meccanismo principale in
questo caso è l’attivazione dell’esocitosi lisosomiale, con cui il materiale immagazzinato può essere secreto dalle cellule a seguito della
iper-espressione di TFEB. Tuttavia, in generale, è possibile che la clearance cellulare mediata da TFEB sia il risultato degli effetti combinati
di biogenesi lisosomiale, autofagia ed esocitosi lisosomiale (Fig. 4). La
possibilità di modulare la funzione lisosomiale farmacologicamente,
per esempio inibendo la fosforilazione di TFEB o aumentando la defosforilazione di TFEB, rappresenta una strategia terapeutica attraente
per promuovere la clearance cellulare in tutte le suddette malattie.
Pertanto, la selezione degli approcci farmacologici finalizzati a individuare molecole che promuovono la traslocazione al nucleo di TFEB
rappresenta un interessante passo in avanti. Tuttavia, per valutare i
potenziali effetti collaterali saranno necessari accurati studi a lungo
termine. Trattamenti che possono aumentare l’attività di TFEB solo
per limitati periodi di tempo, possono essere l’opzione migliore per le
malattie in cui l’accumulo di materiale richiede molto tempo. Al momento attuale, è troppo presto per stabilire se l’induzione di TFEB sarà
un’opzione terapeutica valida per le LSDs o altre malattie. Tuttavia, la
vasta gamma di malattie che potrebbero essere trattate con questa
strategia terapeutica apre attraenti prospettive.
Conclusioni e prospettive future
Il ruolo emergente dei lisosomi in processi importanti, come il
signaling e il metabolismo di nutrienti, richiede ulteriori studi, in
quanto quello di cui si è a conoscenza allo stato attuale potreb-
be rappresentare solo la punta dell’iceberg. Approcci sistematici, come trascrittomica, proteomica e metabolomica, insieme
ad un potente strumento come la system biology saranno particolarmente importanti per identificare tutte le componenti del
lisosoma (Walkley, 2009). Questi approcci dovrebbero essere integrati da tecnologie di in vivo imaging e microscopia intravitale,
che consentono la visualizzazione dei lisosomi nel contesto di
un organismo vivente e in condizioni fisiologiche o patologiche
specifiche.
Un approccio interdisciplinare permetterà anche di rispondere a
problematiche importanti e poco esplorate, quali le variazioni del
numero, dimensioni e contenuto dei lisosomi in diversi tessuti o
individui e la diversa tipologia di lisosomi associata a funzioni
specifiche; di comprendere come le condizioni ambientali o patologiche influenzano la composizione, la funzione o l’identità dei
lisosomi, e qual è il ruolo fisiologico del signaling lisosomiale e
come questo sia coinvolto nelle patologie umane.
Oltre al coinvolgimento nelle malattie neurodegenerative, il ruolo
del lisosoma in altri processi patologici, quali le anomalie del
metabolismo lipidico, le infezioni e perfino l’invecchiamento, è
ancora largamente inesplorato. L’analisi trascrittomica e proteomica dei tessuti derivati da pazienti e il sequenziamento del DNA
dell’esoma o dell’intero genoma di pazienti può portare alla scoperta di variazioni lisosomiali come fattori predisponenti per altre
malattie dell’uomo. Inoltre, lo studio della funzione lisosomiale in
vari processi patologici potrà portare allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche. Infine, lo sviluppo di screening farmacologici
potrà aprire la strada per l’identificazione di nuovi composti in
grado di modulare la funzione lisosomiale, che potrebbero essere utilizzati come farmaci efficaci per promuovere la clearance
cellulare.
Box di orientamento
Cosa sapevamo prima
• I lisosomi sono organelli cellulari coinvolti nella degradazione e nel riciclo dei rifiuti cellulari. I materiali extracellulari e intracellulari che devono
essere eliminati raggiungono il lisosoma rispettivamente tramite endocitosi e autofagia. I lisosomi sono anche coinvolti nella secrezione e nella
riparazione della membrana plasmatica, fondendosi con essa in un processo chiamato esocitosi lisosomiale.
• La funzione lisosomiale è eseguita da idrolasi luminali responsabili della digestione del substrato e dalle proteine membrana-associate che gestiscono il traffico di materiali all’interno e all’esterno dei lisosomi.
Che cosa sappiamo adesso
• Un macchinario complesso, che comprende il complesso di mTORC1 (mammalian target of rapamycin complex 1), un regolatore principale della
crescita cellulare, il complesso V-ATPase e complessi supplementari, si trova sulla superficie lisosomiale ed è dedicato al rilevamento del contenuto
di nutrienti del lisosoma. Questo complesso è detto LYNUS (Lysosome Nutrient Sensing).
La maggior parte dei geni codificanti proteine lisosomiali appartengono a una rete genica detta CLEAR (Coordinated Lysosomal Expression and Regulation). Questi geni sono regolati dal fattore di trascrizione EB (TFEB), il regolatore più importante per la biogenesi lisosomiale. Utilizzando questo
meccanismo di regolazione, le cellule possono adattare la funzione lisosomiale a rispondere a stimoli ambientali.
• L’attività di TFEB è indotta dal digiuno, sia tramite un’autoregolazione trascrizionale che un meccanismo fosforilazione-dipendente. Una volta attivato,
TFEB media la risposta al digiuno promuovendo il catabolismo dei lipidi attraverso la regolazione dei geni “master” del metabolismo lipidico PPARa
(peroxisome proliferator-activated receptor-α) e PGC1α (PPARγ co-activator 1α).
La regolazione e la funzione di TFEB si sono conservate nel corso dell’evoluzione.
Quali prospettive per il futuro
• Le disfunzioni lisosomiali e autofagiche sono fenomeni che avvengono sia nelle malattie da accumulo lisosomiale (LSD) che nelle malattie neurodegenerative più comuni, nelle quali c’è una clearance cellulare difettosa e l’accumulo di materiali tossici. Pertanto, l’induzione della clearance cellulare
mediata da TFEB può rappresentare una strategia terapeutica nuova ed efficace per queste patologie.
254
Il lisosoma: centro di controllo del metabolismo cellulare
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Corrispondenza
Andrea Ballabio, Telethon Institute of Genetics and Medicine (TIGEM), Via Pietro Castellino 111, 80131, Naples, Italy. [email protected]
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