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Socotra. Segreti e misteri di un paradiso nascosto

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Socotra. Segreti e misteri di un paradiso nascosto
(35-103)Taccuini 3/2005
21-07-2005
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SOCOTRA
TACCUINI DI VIAGGIO
Da un
SEGRETI
Socotra-Yemen
E MISTERI
DI UN PARADISO
NASCOSTO
Testo e foto
di Livio Liverani
quipaggiati di tende, viveri, acqua, cucina da campo,
siamo fra i primi gruppi a percorrere in jeep le strade insidiose di quest’ isola arcana, selvaggia e misteriosa al tempo stesso, dove il tempo pare essersi fermato
a diversi milioni di anni fa. Il viaggio, in cui bisogna inventare giorno per giorno le tappe, è duro, faticoso, soprattutto a bordo di vecchie ma robuste jeep Land Cruiser
“spaccaschiena” che attraversano territori senza strade
ben definite, seguendo talvolta cumuli di pietraie, talvolta
cespugli, talvolta dune di sabbia; tuttavia la sorprendente
varietà di scenari che si presentano ai nostri occhi appaga
sicuramente le fatiche:montagne che si gettano a picco nel
mare, profonde gole, pianure coperte di palme e canneti,
spiagge argentee, altopiani di roccia calcarea che si stendono a ventaglio in tutte le direzioni, con la totale assenza di qualunque infrastruttura creata dall’uomo.
L’isola di Socotra, chiamata Discorides dai Greci e dai Romani, nell’antichità fu un centro commerciale dove si incontravano mercanti arabi e indiani. Dal X secolo fu base
d’operazione di pirati indiani. Intorno al 1500 fu occupata
dai Portoghesi, poiché allora si riteneva che l’isola controllasse l’ingresso al Mar Rosso; dopo la conquista di Goa,
in India, però, i Portoghesi rinunciarono ad essa. Nel XIX
secolo divenne protettorato inglese sotto un governo indigeno.A partire dal 1967,insieme con le isole minori, Socotra fa parte della Repubblica dello Yemen.
Secondo i geologi,Socotra si è staccata dal continente africano più di cinque milioni di anni fa e non è mai stata totalmente sommersa dalle acque del Mar Arabico. Proprio
grazie a ciò, sull’isola sono presenti specie endemiche che
non esistono in nessuna altra parte del mondo e conferiscono un carattere primordiale. L’unicità di una vegetazione con pochi eguali, assieme al fascino di una cultura dalle
origine misteriose, fa di Socotra uno dei luoghi più autentici del nostro pianeta. Sconosciuta e completamente isolata fino a pochi anni fa,solo di recente l’isola è stata aperta al turismo, per cui lo sviluppo delle attrezzature è praticamente inesistente. E’ inoltre da segnalare che tutta l’isola e le sue coste sono sotto la protezione dell’autorità
territoriale, che ha dichiarato l’isola “area naturale protetta”.Le medesime autorità,in stretta collaborazione con
E
Qalansia Lagoon,
il top!
vari organismi internazionali, si occupano di predisporre
unicamente delle guide locali, una cooperativa di ragazzi
molto motivati, aiutati e finanziati anche dall’Unesco, per
offrire un turismo sano, controllato ed ecocompatibile.
Fin dal 1997 il governo yemenita, con il sostegno internazionale del UNDP (organo dell’ONU per lo sviluppo sostenibile bio-ecologico), dei governi olandese, italiano e
polacco, continua a studiare metodi di sviluppo scientifico atti alla conservazione del patrimonio eco-biologico
dell’intero arcipelago. Nel 2000 il presidente yemenita Alì
Abdullah Saleh ha emanato un decreto riguardante la conservazione e lo sviluppo ecosostenibile di Socotra, incluse
le sue isole viciniori di Samha, Darsa e Abd Al Kuri. Tutto
l’arcipelago, infatti, attualmente è protetto, essendo stato
varato anche un piano atto non solo alla protezione della
bio-diversità, ma anche dei suoi abitanti. Infatti i socotrini,
calcolati in circa trentamila unità, originariamente motivati,continuano a essere i veri guardiani della biodiversità dell’isola. La nostra emozionante avventura, unica e rara, incomincia all’arrivo allo spartano aeroporto di Hadibu,il capoluogo dell’isola,inaugurato da poco.Qui ci rendiamo subito conto di essere giunti in un territorio fuori dal mondo.I nostri bagagli vengono trasportati talvolta a mano,talvolta a mezzo di carretti trainati a mano,e la semplicità della gente,affabile,ospitale,pacifica,malgrado la plausibile disorganizzazione turistica, ispira a una umiltà e riconoscenza assolute.Tutto ciò ci conforta, e l’atmosfera che si respira ci dà l’impressione di essere fra i primi pionieri.
Fuori dell’aeroporto troviamo le nostre jeep Toyota Land
Cruiser, molto vecchie e senza targa, come si usa ancora
in questa isola. Quasi tutte le vetture infatti giungono tuttora via mare,senza alcun controllo,tramite la penisola arabica, soprattutto dagli Emirati Arabi. Ci attendono Mr.Abdullateef e Mr. Awadh, rispettivamente direttore territoriale e guida del S.E.S. (Socotra Ecotourism Society), organizzazione di sviluppo ecologico riconosciuto e finanziato
dal UNDP e dal SCDP (società per la conservazione sostenibile della biodiversità dell’arcipelago),fondata da Olanda, Italia e Polonia. I membri dell’associazione sono composti da guide e componenti prevalentemente di antiche
origini socotrine, oltre ché da zoologi, ricercatori marini,
naturalisti e botanici di varie nazionalità. Per un certo verso ci sentiamo orgogliosi, non solo della nostra nazione,
ma anche di AnM per i contributi che saltuariamente offre
a questa gente meravigliosa.
I venti chilometri che separano l’aeroporto dal capoluogo
Hadibu, gli unici su strada asfaltata di recente, e corrono
lungo la costa nord dell’isola, sono mozzafiato: sulle acque
turchesi si specchiano pinnacoli di granito, montagne aguzze e frastagliate simili alle Dolomiti, ma abbelliti dall’incredibile e rara vegetazione endemica. Una volta depositati i
nostri bagagli al caratteristico hotel Summerland, di nuova
costruzione, proviamo l’emozione delle prime escursioni
su strade pietrose, che, senza percorsi preordinati, ci conducono sulle alture del Ayhaft Canyon.
Lungo la strada abbiamo la non rara occasione di incontrare per la prima volta una magnifica coppia di aegypius
vultur, bellissimi rapaci di grandi dimensioni,endemici,che
abbiamo avuto altrettanti occasioni di ammirare soprattutto al tramonto, in cerca dei rimasugli di cibo della nostra cassa cucina. Con più di centocinquanta specie di uccelli registrati, che ogni anno si sommano a queste, l’isola
è anche un vero eden per gli amanti del bird-watching.
Il Ayhaft Canyon non è solo stupendo per gli ornitologi,ma
soprattutto per ammirare la sua flora unica, circondata da
cascate naturali che fanno da corollario a un fantastico ambiente naturale.In questa valle,definita “la foresta di Socotra”, che si inoltra lungo il greto di un wadi contraddistinto da grandi e bellissime pietre, incontriamo i primi piccoli, curiosi alberi di adenium obesum e di dorstenia gigas
(detti “alberi bottiglia”),più conosciuti come “rosa del deserto” e “fico di Socotra”.E’ una pianta endemica dalle dimensioni di un arbusto, le cui caratteristiche principali sono la forma a bottiglione,con un grosso rigonfiamento della parte sotto i rami. La sua bella fioritura va dal rosa pallido al rosso. Ha un aspetto somigliante a un piccolo baobab o a un grande bonsai, ed è una pianta che non lascia
certamente indifferenti, poiché in un primo momento suscita curiosità, quindi spesso ammirazione, rispetto e tenerezza (ne sono un esempio i numerosi abbracci e bacini dati dalle ragazze del gruppo). Dopo aver percorso un
sentiero che porta alla cima della montagna,ci rinfreschiamo bagnandoci nella grande cisterna naturale che raccoglie le acque circostanti.
Riscendendo al tramonto verso la costa nord-est,raggiungiamo Dlesha, dove immense dune di sabbia bianchissima
e satinata si gettano in mare dall’alto del canyon. Questo
“Alberi bottiglia
sugli altopiani di
Diksam
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I nostri raid;
insidiosi, divertenti, spettacolari...
luogo è così bello che la fantasia induce qualcuno del gruppo a voler sciare su queste dune scoscesi come fossero
ghiacciai. Impieghiamo ben due giorni a percorrere i trenta chilometri che dividono centralmente l’isola da nord a
sud, superando i mille metri del profondo e splendido orrido di Diksam, dove talvolta si ha l’impressione di essere
sulle Dolomiti.Salendo sugli altopiani non ci stanchiamo di
soffermarci più volte per ammirare gli stupefacenti panorami costieri che sa offrire l’isola. Surreali sono i paesaggi
montani dell’Hagher, dove i graniti di cui sono coperte le
vette conferiscono loro un colore rossastro, chiazzato dal
grigio spettrale dei licheni. Questa zona è caratterizzata
non solamente dalla grande varietà dei paesaggi, da splendide montagne,da valli meravigliose ricche di palme da dattero,ma è senza dubbio l’area più importante,sia per la sua
fauna sia per la presenza della infinita flora endemica. La
flora primitiva presente,con più di ottocento specie di piante, molte delle quali sono resti di fiori antichissimi scomparsi dalla terra da migliaia di anni, è talmente abbondante
da mantenere intatte condizioni molto simili alle ere preistoriche.
Sugli altopiani di Diksam esiste una magnifica foresta con
la pianta più antica dell’isola: la dracaena cinnabari, chiamata anche l’albero “dall’ombrello rovesciato” per la sua
strana forma, o, più comunemente,“sangue di drago”. Una
leggenda narra infatti che la pianta nacque dal sangue versato durante un cruento combattimento fra un drago e un
elefante.La resina rossa che stilla dalle foglie e dall’arbusto
fu molto apprezzata nell’antichità,essendo usata come pigmento colorato, come medicamento per la cura di dissenterie e delle ustioni, per fissare denti, per intensificare
il colore delle pietre preziose,per colorare il vetro,il marmo e il legno dei violini italiani.Benché non abbia più alcun
valore commerciale, questa resina è una risorsa molto importante per gli abitanti, essendo ancora utilizzata per curare disturbi intestinali, tingere la lana, incollare e decorare la ceramica, come valido balsamo per le vie respiratorie e anche come rossetto.
Discesi nel canyon ci rinfreschiamo nella piscina naturale
di Shebahon, una straordinaria valle creata da una sorgente di acqua dolce che forma un piccolo lago fra rocce circondate da palme. In questa oasi che sembra un miraggio,
fra i panorami indescrivibili sul Daerhu Canyon,dove pianteremo le nostre tende,scopriamo le ulteriori bellezze della moltitudine di uccelli che si alzano in volo al minimo rumore, come il simpatico “zigolo di Socotra”, altro uccello
endemico dal piumaggio scuro e dal becco sottile, di cui
vengono stimati circa mille esemplari.
I pochi giorni trascorsi all’interno dell’isola, fra i canyon
Diksam, Daerhu e le piscine naturali di Shebahon offrono
l’opportunità di vedere le più importanti specie endemiche di uccelli, oltre alle altre specie nidificanti o migratrici dell’isola, quali lo storno, il gipeto, il grifone, il falco pel-
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legrino, a volte anche il martin pescatore. Puntando decisamente verso le spiagge del sud i nostri fuoristrada percorrono piste alternative molto accidentate, contraddistinte da numerose grotte simili a presepi affacciati sul mare. La Di Gub Cave, dall’alto della quale i panorami spaziano sulle stupende,immense dune di sabbia della spiaggia di
Zahik, è una grotta incredibile,che nei tempi le infiltrazioni
di acqua piovana hanno scavato, creando strane formazioni di stalagmiti e stalattiti;all’interno di essa trovano ancora riparo gli abitanti del luogo e le loro pecore. Piantiamo il nostro accampamento sulla spiaggia deserta di Amek,
bagnata dalle acque dell’Oceano Indiano,con piccole dune
di sabbia bianchissima punteggiate da poche, spartane capanne di palma, di cui usufruiamo per installare le nostre
cucine. Quindi ci riforniamo di acqua per cucinare al pozzo del vicino villaggio, uno dei più antichi, composto essenzialmente da qualche casa di pietra.A differenza delle
regioni dei wadi e delle montagne, le coste sono abitate
da pescatori per la maggior parte di origine africana. Qui
abbiamo l’occasione di cucinare il pesce appena pescato.
Dopo aver percorso ancora un lungo tratto delle coste del
sud, zigzagando con le nostre jeep fra immense dune di
sabbia talvolta interrotte da pietraie, alberi e cespugli, attraversiamo nuovamente l’isola a ritroso,in direzione nord.
Qui le foreste degli altopiani di Difarhu,di Momi e di Homhil offrono ancora immagini della diversità dell’isola, che
non finisce mai di stupire. Incontriamo infatti i primi spettacolari alberi della mirra e dell’incenso,resine che stillano
in abbondanza alla prima scalfittura della corteccia e delle
quali gli abitanti fanno un’importante risorsa. L’incontaminata vegetazione e la varietà di flora esistente sono un irresistibile fascino anche per i numerosi biologi internazionali che acclamano Socotra un vero e proprio laboratorio
di studio dell’evoluzione biologica.Attraversiamo pochissimi villaggi, composti prevalentemente da un pugno di case di pietra a ridosso di un ruscello o di un piccolo pozzo.
Queste montagne sono abitate per la maggior parte da nomadi di lontana origine araba che parla il socotri, un antico dialetto arabico. L’economia si basa prevalentemente
sull’allevamento dei greggi di capre ed i commerci principali sono dedicati a prodotti come il burro,l’aloe,altra pianta grassa che abbonda ovunque, e gli incensi.
Giungiamo verso il tramonto all’indescrivibile spiaggia di
Ar-Ar, sovrastata da una magnifica duna che raggiunge la
sommità di una montagna, dove ci accampiamo a ridosso
di una sorgente di acqua potabile; per la cena riusciamo a
degustare squisite aragoste fresche,acquistate da alcuni pescatori. Frattanto contattiamo la ottima guida Mr. Omer
Ali, capo del vicino villaggio di Halah, che all’alba ci accompagnerà alle Huq Cave.
Intorno alle cinque di mattino, dopo più di un’ora di ripida salita, percorriamo i due chilometri all’interno delle
grotte di Huq: meraviglia delle meraviglie! Siamo fra i primi
Dragon Blood
gruppi a visitare queste grotte fantastiche, mentre siamo stati anche
informati che
solo circa trecento persone
hanno sfidato fino ad ora le
fatiche di queste caverne quasi inaccessibili. La fatica vale sicuramente la pena, per poter osservare, benché soltanto al lume di una torcia
elettrica,le infinità di sale,di piscine interne,di ampi vani sovrastati da piccole stalagmiti che sembrano tessere ragnatele di pizzi intrecciati, di grandiose stalattiti
dalle forme e colori più svariati, dalle numerose colonne a
nidi d’ape e talvolta in stile gotico, dai tappeti con fiori di
calcare a ricciolo; impossibile spiegare a parole la magnificenza della sua struttura.Per rendere una vaga idea,le Huq
Cave potrebbero essere paragonate alle rinomate grotte
di Postumia, se non di più, ma con la rara sensazione di visitarle con occhi da pionieri. Dopo un’adeguata sistemazione turistica, lo sviluppo delle strutture calcaree, per la
straordinaria bellezza delle formazioni cristalline,potrà certamente renderla fra le grotte più importanti del mondo.
Percorriamo la costa nord-est attraverso sparuti villaggi di
pescatori, fino a raggiungere la splendida spiaggia corallina
di Di Hamri, dove ci rinfreschiamo dal caldo sempre più
torrido bagnandoci nelle limpide acque del Golfo Arabico,
e osservando il contrasto tra il riverbero delle bianche
montagne e delle rocce laviche sullo sfondo.Nelle vicinanze
abbiamo sostato alla Qaria Lagoon, la più estesa dell’isola,
dove è possibile avvistare una grande varietà di uccelli migratori come il fenicottero, l’ airone e la pantana, un caratteristico trampoliere dal becco piuttosto lungo.Questa
è l’unica zona costiera rigorosamente protetta dalle leggi
ambientali; infatti da Di Hamri fino a Holaf, nelle vicinanze
del capoluogo Hadibu, corre una delle barriere coralline
più incontaminate del mondo.In questi fondali marini vengono classificate oltre cinquecento specie diverse di coralli, migliaia di pesci e crostacei. Percorrendo in barca il
prezioso reef,lo spettacolo del mare e della costa è straordinario: oltre a incontrare numerosi branchi di delfini, è
possibile nuotare e scrutare il fondo rimanendo in superficie, e scoprire un mondo sottomarino di incredibile bellezza osservando la fauna marina, ricca di pesci che fortunatamente non conoscono ancora nessun tipo di invasione umana, come il pesce pappagallo, la murena, il riccio di
mare, il pesce palla, oltre a tartarughe e aragoste.
All’alba, una volta smontate le tende, ci rechiamo velocemente ad Hadibu per gli ultimi acquisti di provviste in vista della grande traversata che ci porterà a Qalansia, ultima tappa della nostra avventura. Lungo i pochi chilometri
di strada asfaltata che attraversano l’aeroporto sostiamo a
Qadama, una spiaggia lunghissima con sabbia impalpabile,
dove durante l’estate le tartarughe vengono a deporre le
uova. Quindi, su imprecise piste bianche raggiungiamo le
cime attorno al Jabel Milh (Monte del Sale), dove, tra dune di sabbia candida alte oltre cinquanta metri e l’acqua di
un cristallino turchese in cui sono visibili le profonde tonalità marine, proviamo la sensazione unica di essere i primi a godere di un luogo assolutamente primitivo, paradisiaco. Salendo a piedi sulla montagna che domina la splendida e immensa lingua di spiaggia,dall’alto della quale si gode un panorama mozzafiato di tutta la regione, si può definire Qalansia la costa più bella di tutta l’isola.
Si confida soprattutto nella nostra inestimabile organizzazione di AnM, che molto ha costruito e investito a fini ambientali dell’isola di
Three
Socotra, nei gruppi che si accingeranno a visitarla,
nei futuri coordinatori, affinché in
questa parte del
mondo, appena
aperta al turismo,
continui a essere salvaguardato questo ecosistema eccezionale, e preservato con il massimo rispetto il suo ambiente
naturale e primordiale. Una sincera nota di merito
va inoltre a tutto il popolo di Socotra, che è stato e
continua ad essere il vero guardiano della biodiversità dell’isola.
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