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Maria Pecchioli
J S.3 Amyl - Il motto della nostra scuola era “faites de votre désire realitè” trasformate i vostri desideri in realtà io preferivo la canzone “don’t dream it be it” A quel tempo ai desideri non era permesso di divenire realtà e furono sostituiti con la fantasia film libri quadri, la chiamavano ‘arte’ ma quando i sogni si fanno realtà non si ha più bisogno della fantasia o dell’arte. Ricordavo sempre quel motto, da bambina la mia eroina era Myra Hindley ve la ricordate? Dicevano che i crimini di Myra andavano al di là del credibile questo perché non avevano alcuna immaginazione non sapevano come trasformare i sogni in realtà non erano artisti come Myra. Ora ci viene da sorridere alle loro ingenuità. Il giorno del mio 15°compleanno la legge e l’ordine furono aboliti e tutte le statistiche che sostituivano la realtà scomparirono il tasso di criminalità scese a zero chi credeva nelle statistiche? Solo chi era vitale comunque sia, io cominciai a danzare volevo sfidare la forza di gravità. Ormai è tanto che non ballo a nessuno interessa più la danza classica, ma la storia mi affascina ancora è cosi poco tangibile si tessono gli accadimenti a piacere, i buoni possono scambiare i posti con i cattivi. Se pensate che Riccardo III fosse cattivo vi sbagliate, quale è la differenza fra Hitler e Napoleone, o Alessandro Magno? la portata della distruzione? o chi è più vicino a noi nel tempo? Churchill era un eroe? Ha cambiato la storia in meglio? La mia amica Mad seduta sul divano è una piromane, pensa di essere una rivoluzionaria che migliorerà il mondo, io non ne sono molto sicura Iragazzi a letto sono Sphinx e Angel, sono di deptford e sono fratelli. Il loro è un rapporto particolare ma sono dei cari ragazzi. Davanti al lavandino c’è Chaos la nostra au-pair francese oggi la vita in Inghilterra è sinonimo di inflazione ma noi tiriamo avanti e lottiamo contro il malgoverno e l’idiozia che ci circondano. Ah, profumo di garofano! non tutte le cose belle sono scomparse S.5 Mad - Dal libro di amyl nitrate “la storia per autodidatti” uno: storia di inghilterra, tutto cominciò con guglielmo il conquistatore che inculò gli anglosassoni a sangue dividendo il paese il loro e nostro, loro vivevano nei castelli e mangiavano carne, e i poveri badavano alle vacche e mangiavano porridge, i signori parlavano con arroganti accenti stranieri. Nel paese c’erano due lingue Angel - quali due lingue? M - Cinese e liverpoliano. che ne so? Il normanno A - Chi è il normanno M - Oh ‘fanculo. C’erano due lingue e i presupposti per la guerra all’inizio le due fazioni convissero trovandosi solo in battaglia quando combattevano contro il resto del mondo… che disprezzavano più di ogni altra cosa quando non ci fu più nessuno contro cui combattere pensarono che il vero nemico era là e dovevano combattere fra loro, ormai avidi per il bottino rubato al resto del mondo, decisero di combattere con il denaro, ma i soldi ormai erano di carta e la cosa non aveva senso. quando scoprirono ciò, cominciarono a combattere con le armi. Il mondo era sollevato perché si era liberato di loro e riprese a farsi i fatti suoi allora lentamente l’Inghilterra affondò” M - Perchè scrivi queste stronzate? Amyl - Per me è un hobby. quando non faccio la storia la scrivo, cerco di comprimerla, sarebbe magnifico poter scrivere la storia su un mandrax Bule Britannia Oh Britannia, governa! Britannia, Britannia Britannia quando la gran britannia è prima nelle sfere celesti, levatasi dai mazzi azzurri, levatasi dai mazzi azzurri ah ah ah Oh Britannia, doma le onde, I britannici mai mai saranno schiavi con noi anche la Germania! Britannia governa! I britannici mai mai saranno schiavi! S.7 Mad - Sei fissata con il sesso perché non ti adegui ai tempi, Crabs? sei antica come questo posto Viv - Che cartolina è Mad? M - È New York, ma non l’avrai. l’america aveva i soldi per darla a bere al resto del mondo ma in realtà è morta non è mai stata viva Mad - Tutte quelle rovine tutto quel cemento mattoni e vetro, e la gente che li ha costruiti è stata dimenticata, le nostre prigioni non furono costruite in un solo giorno, ma non ci vuole tanto per distruggerle. Bod - Stronza! Esci di qua! M - Calmati! Guarda qua! Sphinx - vieni Viv andiamocene andiamo Angel prima che bruci tutto Mad - Se vuoi qualcosa devi servirti da solo, che schifo! Bod - Cosa vuoi fare? no M - Se la tua casa è brutta bruciala se la strada in cui vivi ti deprime, butta giù tutto se la cuoca non cucina bene ammazzala. giusto? Ah ah ah! M - Ti piace? per un attimo ho pensato che la ammazzavi. B - È solo la prova generale S.8 Viv - Meno male che ce siamo andati ma è pazza Sphinx - Non c’è da preoccuparsi V - Ma ha ragione, è questo che mi spaventa S - Un po’ vuoto qui vero? Angel - Almeno c’è un letto S - Cosa fai qui tutto il giorno V - Sono una pittrice, un artista S - Magnifico non pensavo che esistessero ancora gli artisti V - No, la pittura è scomparsa, l’arte no, è solo un’abitudine ho cominciato a dipingere a otto anni, copiavo i dinosauri da un libro era una profezia. S- Io sono vivo A - Anche io V - Gli artisti rubano energia al mondo S - Non li prendono mai? V - Sempre, diventano donatori di sangue. Gli prendono il sangue goccia a goccia, finché muoiono, e chi comanda il mondo rende l’arte inaccessibile, spingendo gli artisti nell’angolo. È pericoloso. la nostra unica speranza è ricrearci, come artisti, o magari anarchici se preferite, e liberare energia per tutti. S - Mio fratello è un artista, un artista di merda S.13 The Royal Albert Hall Gluck Handel Mozart Beethoven Bach Haydn S.17 Viv - Ciao Bod Bod - Ciao V - Che giardino pazzesco Max Max - Si ci ho messo il veleno per le erbacce, era un po’ triste e ho piantato quelle petunie di plastica B - Max mi raccontava le sue avventure di mercenario dopo aver lasciato l’esercito M - Era uno schifo, era per risolvere il problema della disoccupazione. hanno rinunciato. È più facile morire per la loro fiscalità che per una pallottola. Io vendevo i ragazzi ai clienti del pub vicino alla caserma. L’esercito oggi combatte solo a letto. Oh no, dannazione questo garofano ha una malattia, non potevo uccidere nell’esercito, quindi di sera eliminavo le erbacce. V - Deve essere frustrante M - Figurati, abbiamo tanto Megaton da far scoppiare l’alba ad ovest, e nessuno preme il pulsante. È uno spreco schifoso pensa a quanto costa! Io pago le tasse Sphinx - Sono annoiati e non hanno energia. M - La guerra è così grande che ha perso il contatto con la gente S - La gente ha reagito e si è messa a fare la guerra per strada M - i politici ci hanno aiutato, ci hanno demoralizzato parlando di svalutazione, come se fosse la cosa più importante! È morta la sterlina e la loro popolarità. È buffo che a volte provi a fare una cosa e poi ne fai un’altra. Io preferisco un mondo morto. sarebbe più pulito. la mia idea di un giardino perfetto è il ricordo di un campo di papaveri. C’è un bruco nei tulipani. V– hiii! M – stronzate, è ricco di vitamine Lewisham riot Traveller INDICE Raver Falklands war 1 Dr. Lawrence Driscoll, The Rose Revived: Derek Jarman and The English Tradition, By Angels Driven The Films of Derek Jarman, Chris Lippard, 1996 De andre Crass Genet Pasolini Via Correggio, 18 Virus Taz Tondelli Rivoluzione Gay Guy Debord, Panegirico, castelvecchi, Roma, 2005, p. 35-36 2 Myra Hindley Nomadismo NOTE 3 Ciò che resta dell’Inghilterra, D.Jarman, Padova, Alek. 2007, p. 108 4 Ivi nota 2 5 R. Vaneigem, Trattato del saper vivere, Castelcecchi, Roa, 2006, p. 6 6 Ivi nota 1, p. 44 7 Fabrizio De Andrè, Storia di un impiegato, 1973 8 George Mckay, Atti insensati di bellezza, Shake edizioni, Milano, p. 70 9 Lumi di punk, Marco Philopat, Xbook, Milano, 2006, p. 12 10 Ivi nota 8, pag.73 11 Ian Glasper, Anarkopunk, Shake edizioni, Milano, 2008, p. 15 12 Ivi nota 11, p.10 13 Ivi nota 8, p.75 14 Ivi nota 8, p. 75-76 da “In Which Crass voluntarily” Blow Their Own” 15 Ivi nota 8, p.76 31 Valerio Marchi, La sindome di Andy Capp, NdaPress, Rimini, 2004, p. 8 16 Marco Philopat, Costretti a sanguinare, Einaudi, Torino, p. 77 32 Ivi nota 31, p. 33 33 R. Lowe e W. Shaw, Traveller e raver, Shake Edizioni, 1996, Milano, p. 32 34 Ivi nota 8 p. 49 35 Ivi nota 8 p. 49 17 18 19 Ivi nota 9, p. 110 Da “Nero”, 1981 Per approfondimenti: www.gomma.tv - intervista di Radio Popolare: http://mp3.gomma.tv/audio/gommatv%20016%20-%20Correggio18.mp3 20 Ivi nota 9, p.15 36 Ivi nota 8 p. 51 21 Articolo tratto da “A rivista anarchica”, numero 120, giugno/luglio, 1984. Nota della redazione Acrataz. http: 37 Ivi nota 8 p. 55 38 Hakim Bey, T.A.Z., Shake edizioni, Milano, 2008, p. 53 //acrataz.oziosi.org 22 Punx- Creatività e Rabbia DVD, Shake edizioni, Milano, 2006. 23 Derek Jarman, A vostro rischio e pericolo, Ubulibri, Milano, 2008, p.73-74 24 Ivi nota 23, p. 73-74 25 Ivi nota 23, p. 85 26 Per approfondimenti: http://www.pasolini.net 27 P.P Pasolini, Corriere della Sera, Milano, 25 maggio 1974 28 LaRepubblica, di Mariapia Fusco, Un caravaggio come l’ avrebbe visto Pasolini, 1984 29 Jean Genet, Palestinesi, A cura di Marco Dotti, Stampa Alternativa, Roma, 2002 30 Dick Hebdige, Sottocultura - il fascino di uno stile innaturale, Costa&Nolan, Milano 2008, p.7/8 Verde è un colore che esiste nelle narrazioni... ritorna sempre. L’erba del vicino è sempre più verde D.J. Chroma Dieci bottiglie verdi appese al muro, e se una bottiglia dovesse accidentalmente cadere... I signori Blind Chavanne e Drago, che insieme pubblicavano nel 1969 un trattato sul diritto di stampa, all’apposito capitolo sul “pericolo delle apologie”, concludevano con un’autorevolezza e un’esperienza che mi fanno ancora sperare che si debba accordare loro molto credito”. Fare l’apologia di un’azione delittuosa, presentarla come fatto glorioso meritorio o lecito può avere un notevole potere di persuasione. Gli individui deboli e scarsamente volitivi che leggono simili apologie si sentiranno non soltanto assolti preventivamente qualora commettessero tali azioni ma vedranno nel fatto stesso di commetterle l’occasione per diventare dei personaggi. La conoscenza della psicologia criminale mostra il pericolo delle apologie.1 Nel 1975, in Inghilterra la recessione è all’apice, la disoccupazione investe più del 5 per cento della forza lavoro del paese. L’atmosfera che si respira in Gran Bretannia alla metà degli anni ‘70 è caratterizzata da intolleranza e profondo individualismo, alimentato dallo sviluppo del liberismo. In questo contesto si tenta la lotta all’inflazione, nell’aggravarsi della disoccupazione. Nel 1979 Margaret Thatcher viene eletta nelle file del partito conservatore e dà inizio al suo progetto politico-economico che si risolve in una drastica capitolazione della spesa pubblica: nessun dialogo col sindacato, attaccato duramente, repressione per le classi lavoratrici e per il diritto allo sciopero. La Lady di Ferro in questi anni piega definitivamente il sistema del Welfare, riduce ad un corpo senza leggi né regolamentazioni il mondo del lavoro e sottopone alle leggi di mercato la sfera sociale. Il governo della Thatcher, per salvaguardare i conti delle imprese, mette in moto una processo di negazione dei valori sociali, inasprendo il conflitto e la distanza fra le classi e legittimando il potere ad esercitarsi senza opposizione. Il processo di smantellamento delle istituzioni, sollevate da un ruolo attivo e partecipato nelle esperienze socio-economiche del paese, e l’applicazione di un liberismo anti-socialista, determina l’aggravarsi delle problematiche occupazionali. La disoccupazione arriva alle stelle, determinando una frattura fra i conti della popolazione rispetto all’opulenza accumulata nell’alta finanza. Questa impostazione, seguita negli Stati Uniti da Reagan, ha portato all’attuale sistema capitalistico mondiale, determinando il passaggio da un capitalismo produttivo ad un capitalismo finanziario. Ruskin, William Morris e Oscar Wilde, che, in quanto eredi del Romanticismo, come ci ricorda Sinfield, “avevano registrato i mali del capitalismo industriale in linea con la tradizione inglese e desideravano, con tutte le loro forze, evitare quello che era visto come un attacco aperto a bellezza, eleganza e sensibilità”2 La critica di Jarman all‘Inghilterra contemporanea corrisponde profondamente alla preoccupazione anti-industriale del Romanticismo, specialmente con Blake e la prima opposizione di Wordsworth all’industrializzazione del diciannovesimo secolo, periodo in cui il capitalismo consolida la propria egemonia. Simon Watney ha affermato che J. è “William Morris Queer del ‘900”. Detto questo, possiamo tornare al lavoro di Per Jarman è questo un momento di crisi da cui è necessario emergere prendendo una posizione, una posizione artistica, una posizione definita che imponga una critica e un ribaltamento dei valori in gioco. Egli si colloca in una strada trasversale che si pone come critica al presente socio-politico, andando a ricercare dei valori universali che accomunano il vivere civile. La strategia contro-culturale di Jarman è una strategia che si lega alla tradizione nella fiducia del progresso dei diritti civili che affondano le radici nello spirito etico di una civiltà. L’immagine di Jarman come controverso filmaker emerge non tanto perché egli è un iconoclasta dei valori e delle sacre istituzioni inglesi, ma perché ha scelto di parlare di una tradizione veramente antica posizionando la propria battaglia su valori culturali che sono innanzitutto estetici e storici. Jarman è considerato un radicale perché lavora nel dopoguerra momento in cui la tradizione inglese è stata erosa sia dalla destra che dalla sinistra. Sono nato con il lamento delle sirene, la mia infanzia è stata attraversata dai bombardamenti ho assistito alla militarizzazione del mondo, ho assistito alla distruzione dell’ecosistema da parte della macchina dell’industria, ho visto veleni scorrere nei fiumi e foreste morire, l’atmosfera cambiare. Tutto è stato molto pericoloso. Eppure ho vissuto per quarant’anni anni dorati anni di dopo-guerra. Senza nessuna vera guerra e distruzione reale, almeno in Europa, al confronto di vivere in paese povero, i nostri, erano problemi trascurabili. Allo stesso tempo vivevamo a scapito degli altri e del pianeta stesso e perciò ci pesava addosso un perenne senso di colpa.”3 Nel tentativo di concedere all’Inghilterra la possibilità di ristabilire un’idea di comunità e un senso della Storia e della Cultura, Jarman propone una concezione antica di tradizione, allineandosi sulle posizioni comuni a intellettuali quali Beowulf, Shakespeare e Blake, Ruskin e Larkin. Jarman ripropone come possibile la strada della cultura, col fine di scrollare il paese dal momento di impasse culturale sociale e politico con cui si confronta. L’opera di Jarman può essere meglio vista come un intervento diretto, teso a rivitalizzare la cultura inglese dando sostentamento a radici ormai secche, concedendo all’Inghilterra di essere ancora una volta la Rosa Rediviva. Lo storico Anderson spiega che mentre il tradizionalismo giustifica il presente facendolo derivare dal passato, l’empirismo imprigiona il futuro fissandolo al presente. Il risultato è stato un conservatorismo dif- fuso che ha ricoperto la società con una cappa sia di conformismo (verso le idee) sia di misticismo (verso le istituzioni), per il quale l’Inghilterra, giustamente, si è guadagnata una fama internazionale. Di fronte a questo ampio conservatorismo, promosso sia da parte della destra che della sinistra, la posizione di Jarman come dissidente della middle class, gli ha concesso uno spazio da cui vedere attraverso la nebbia. Sulla scia del collasso del consenso del dopoguerra, è emerso uno scontento generale che ha trovato il suo focus nella forma della sottocultura punk. Jarman colloca questa sottocultura in Jubilee, ma non celebra la posizione anti-establishment del punk né glorifica la sua tendenza violenta. Il consiglio dei censori richiese diversi tagli alla pellicola e questo film venne citato in parlamento come esempio di video orribile. Ma ancora, possiamo considerare come la posizione di Jarman sia stata fraintesa. La sottocultura punk interpretava il film come il suo stesso testamento mentre il governo lo considerava come un attacco alla decenza. In ogni caso, entrambe le fazioni stavano mal considerando la posizione di Jarman. Come precisa il regista: “Per un audience che si aspetta un film punk musicale, pieno di anarchia e risate in fondo a King’s Road, questo era duro da ingoiare, loro volevano azione non analisi”. In contrasto col governo che lo interpreta come un film crudele, Jarman sottolinea che tutte le violenze del film sono “viste negativamente”. Ugualmente chiarisce che Jubilee ha “funzione catarchica”. All’inizio del film Ariel parla dall’Inghilterra elisabettiana ed esprime con forza che le scene di nichilismo che ci mostrerà non sono da ammirare ma sono lo specchio del tempo. Questo siamo noi, l’audience, che vive nel mondo delle ombre, mentre il passato è mostrato come un mondo di comprensione, cultura e ordine. In contrasto con l’ordine dell’era elisabettiana, il caos e la violenza dell’Inghilterra contemporanea ha prodotto una generazione tagliata fuori dalla storia. 4 Sta di fatto che dalla scoperta di nuovi universi psichici e geografici all’invenzione di nuove forme di socialità, tutto è stato rimesso in discussione, rivisitato, cambiato, ripreso, oggettivato con l’intenzione di rendere la vita sempre più ricca, sempre più sorprendente. S’è trattato di una minoranza certo ma di una minoranza planetaria alla quale il filo spinato di una mondializzazione economica cerca oggi di sbarrare definitivamente la strada. Senza dimenticare che, nel bene e nel male, la storia è sempre stata fatta da minoranze. Dunque la questione spinosa è, piuttosto, dove sta il bene.5 Agli uomini che non godevano di una così indiscutibile e universale competenza non si è proposto nient’altro che di sottomettersi, senza aggiungere più la minima osservazione sulla questione del loro senso dei piaceri dell’esistenza, dal momento che avevano già eletto per tutto il resto i rappresentanti della loro sottomissione. “Le monde n’est qu’abusion”, riassumeva Villon in un solo ottonario. La decadenza generale è un mezzo al servizio dell’impero della servitù. E solo perché è questo mezzo le è permesso di farsi chiamare progresso.6 Amyl Nitrate... Jordan Myra Hindley? Amyl la presenta come un’eroina durante la lezione di storia. L’analisi su Myra è una chiara provocazione di Jarman. Myra Hindley è stata la prima donna serial killer che la Gran Bretannia abbia conosciuto. Con il compagno si è macchiata di atroci omicidi scatenandosi su ragazzini minorenni che venivano torturati e sodomizzati. Amyl definisce privi di immaginazione coloro che non sono capaci di credere alla possibilità di scatenare tanta brutalità. Nella sua logica realizzare il sogno, l’impensabile è un dovere e se si è capaci di pensare reale l’assurdo si può anche essere in grado di realizzarlo. Così Myra diviene un’eroina in quanto capace di rendere visibile anche il più efferato degli omicidi. La provocazione nasce nella contrapposizione fra coscienza individuale e ambiente sociale. Amyl ci parla di una società senza legge né ordine che si esplica in una relazione crudele col cittadino, tale da determinarne violenza illogica e folle. Myra non è che il frutto di una società altrettanto violenta e insensata. Amyl Nitrate e la sua relazione con la storia sono l’occasione per criticare duramente le manifestazioni del potere. La Storia è così intangibile che si possono riscrivere e mischiare le carte a piacere: la Storia per autodidatti è un monito sarcastico e provocatorio che punta il dito in modo lucido e minaccioso su di un pericolo concreto: il desiderio di revisionismo che riempie salotti di grotteschi cervelli, in cui si rileggono e riscrivono i nomi dei buoni e dei cattivi, avvalendosi proprio di quella intangibilità che caratterizza la Storia. In qualche modo la storia per autodidatti è nelle mani di tutti e ciascuno la sfrutta a proprio vantaggio. Nelle parole di Amyl si registra una condivisione dei valori anarchici classici. Il potere che esiste nella relazione tra l’uomo e l’ambiente è sistematicamente sopruso; il potere in qualsiasi situazione, a qualsivoglia latitudine o coordinata nella linea del tempo è manifestazione di violenza. Non esistono poteri buoni. Nella mia ora di libertà Di respirare la stessa aria di un secondino non mi va perciò ho deciso di rinunciare alla mia ora di libertà se c’è qualcosa da spartire tra un prigioniero e il suo piantone che non sia l’aria di quel cortile voglio soltanto che sia prigione che non sia l’aria di quel cortile voglio soltanto che sia prigione. È cominciata un’ora prima e un’ora dopo era già finita ho visto gente venire sola e poi insieme verso l’uscita non mi aspettavo un vostro errore uomini e donne di tribunale se fossi stato al vostro posto... ma al vostro posto non ci so stare se fossi stato al vostro posto... ma al vostro posto non ci sono stare. Fuori dell’aula sulla strada ma in mezzo al fuori anche fuori di là ho chiesto al meglio della mia faccia una polemica di dignità tante le grinte, le ghigne, i musi, vagli a spiegare che è primavera e poi lo sanno ma preferiscono vederla togliere a chi va in galera e poi lo sanno ma preferiscono vederla togliere a chi va in galera. Tante le grinte, le ghigne, i musi, poche le facce, tra loro lei, si sta chiedendo tutto in un giorno si suggerisce, ci giurerei quel che dirà di me alla gente quel che dirà ve lo dico io da un po’ di tempo era un po’ cambiato ma non nel dirmi amore mio da un po’ di tempo era un po’ cambiato ma non nel dirmi amore mio. Certo bisogna farne di strada da una ginnastica d’obbedienza fino ad un gesto molto più umano che ti dia il senso della violenza però bisogna farne altrettanta per diventare così coglioni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni da non riuscire più a capire che non ci sono poteri buoni. E adesso imparo un sacco di cose in mezzo agli altri vestiti uguali tranne qual’è il crimine giusto per non passare da criminali. C’hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame. Di respirare la stessa aria dei secondini non ci va e abbiamo deciso di imprigionarli durante l’ora di libertà venite adesso alla prigione state a sentire sulla porta la nostra ultima canzone che vi ripete un’altra volta per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti. Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti.7 Nove bottiglie verdi appese al muro, e se una bottiglia dovesse accidentalmente cadere... Se la storia è “Tempo” come dice di essere, allora la sollevazione è un momento che salta su e fuori dal tempo, viola la Legge della Storia. Se lo Stato è Storia come dice di essere, allora l’insurrezione è il momento proibito, un’iperbole negazione della dialettica Hakim Bey I protagonisti di Jubilee mettono in moto una lotta contro il malgoverno e l’idiozia che si trasforma in una pratica di violenza inconcludente. Essi manifestano delle contraddizioni che oscillano fra azione e nichilismo dissacrante. E’ una girandola impazzita che non trova un bersaglio preciso e diviene una battaglia contro se stessi. Sia che l’epilogo sia la morte o la sottomissione al mercato, in ogni caso, in Jubilee non è prevista redenzione. Jarman ci presenta la sua generazione, una generazione che si sente esclusa dalla propria realtà. Nella società presto si imporrà l’esigenza di una presa di posizione decisiva da indirizzare ed esprimere attraverso i mezzi più disparati, dalle forme artistiche, alle modalità di vita e relazionali. Superata la prima fase del punk commerciale, di esperienze marginalmente impegnate, si ha un cambiamento di atteggiamento e impostazione. In seguito all’inasprirsi del problema sociale, col fiorire di etichette e fanzine indipendenti, la realtà delle band si radicalizza dando vita ad una crescente azione politica. Le tematiche sociali, la guerra, il nucleare, diventano emergenze da affrontare e da contrastare anche sul palco. Il National Front aveva preso terreno e acquistato consensi fino a diventare la terza forza politica nel paese; questo portò nel 1977 ai durissimi scontri di Lewisham, un quartiere a sud di Londra; di lì a poco nacque l’Anti Nazi League e Rock Against Racism. Ad aggravare ulteriormente le tensioni britanniche, arrivò nel 1982 il conflitto delle Falkland che vide lo scontro tra l’Argentina e la Gran Bretannia per il possesso delle isole dell’arcipelago omonimo. La decisione della guerra per un territorio sconosciuto ai più, fu visto come un tentativo, fra l’altro riuscito, della Thatcher, di rafforzare il proprio potere in vista delle elezioni e contribuì a scatenare una reazione terremoto nell’ambito delle controculture. Il pacifismo torna ad essere una delle tematiche centrali, nell’ambito del punk, un pacifismo non reso sterile da una passività nella prassi, ma urlato gridato manifestato con forza, una richiesta violenta di pace. La scelta politica di schieramento portò il punk da sottocultura a controcultura, determinando una chiara strategia di azione, un complesso di produzioni schierate che videro nella band Crass uno degli esempi più rappresentativi. L’anarco-punk, scatenato dai concretissimi mali del thatcherismo, della recessione e della minaccia nucleare, avvolgenti come un sudario nel Regno Unito degli anni ’80, ha creato e plasmato la mentalità di una generazione e fatto compiere notevoli passi avanti alla lotta per i diritti civili e degli animali. I Crass erano un collettivo radicale strategie culturali ispirate ai situazionisti8 anarco-pacifista, anarco-femminista e vegetariano. Inoltre l’anarchia a cui facevano riferimento non era quella dei Pistols (Anarchy in the UK comincia con una spaventosa risata gutturale di Jhonny Rotten e finisce con un “Get Pistols Destroy!” che sembrava quasi tratto da un fumetto) ma si presentavano una visione del mondo e uno stile di vita scaturiti da una miscela di idealismo hippy, resistenza, energia punk e faccia tosta con l’aggiunta di alcune tori del “Do it” e di “Play Power”: la vita in comune, l’attacco frontale alla società consumistica e dello spettacolo, l’antimilitarismo e, su tutto, l’autogestione. Il gruppo politico e musicale dei Crass rappresenta il più stretto esempio del legame tra il punk e le controculture precedenti. Loro, ma non saranno gli unici, riuscirono a tradurre l’esperienza hippy con l’attitudine punk, riattivando i mo- I fili della memoria vengono così riattivati e il punk non sembra più isolato dai suoi antecedenti. I sentieri non sono più interrotti e le pratiche radicali, analoghe in ogni controcultura, vengono dunque connesse.9 L’aspetto coinvolgente dei Crass è la commistione di percorsi da cui traggono la propria originale natura e che determina l’attivismo del gruppo e la decisiva volontà di agire verso un cambiamento della realtà. Nella musica i Crass rifiutano l’idea della sottomissione alle grandi Major, che imponevano costi spropositati al pubblico e determinavano un appiattimento di contenuti, idee e modalità espressive; osteggiano qualunque tipo di testo musicale che si esprima unicamente in favore delle droghe o dell’autodistruzione; si oppongono ai media che trasformano in moda la figura del punk. I Crass riuscirono a costruire un organismo di controcultura fatto di piccoli tasselli autoprodotti che determinarono un cambiamento decisivo nella cultura punk. scrittori punk che non vivevano secondo gli standard rigorosi dei Crass10 La critica dei Crass aveva una serie di bersagli preferiti che spesso, anche fin troppo, mescolava insieme, in una sorta di grandiosa teoria della cospirazione ordita dal sistema. La comune Dial House, messa su da Penny Rimbaud, era un luogo nato dall’eredità hyppie, ma ben presto si trasformò in un avamposto della sperimentazione punk, accomunando e lasciando spazio a figure eterogenee che la frequentavano. Stations of the Crass Penis Envy How Does it feel (to be a mother of th thousand Dead?) Christ: the album La chiesa, la disoccupazione, il patriarcato, i valori della famiglia, lo stato, la guerra, le armi nucleari, lo sfruttamento del Terzo Mondo, l’ambiente, il commercio della carne erano i bersagli preferiti, come pure i gruppi e gli In questi anni in Inghilterra si sviluppa e si radicalizza il fenomeno dell’occupazione abusive. Gli Squat, sono un luogo di frequentazione e aggregazione utile sia per risolvere il problema pratico di un tetto sotto cui dormire sia per stabilire relazioni. A Londra si trovavano il 50 per cento delle occupazioni del paese, questo permise al punk di fiorire e moltiplicarsi nella capitale. Londra venne incoronata come la culla dello stile e si innescò, di conseguenza, una diaspora verso la città inglese da parte di tutti i giovani punks che vivevano in paesi e realtà provinciali. All’interno di questo spazio di creazione e di interazione, comincia a fine anni ‘70 l’esperimento “Crass”; la convinta dedizione nella pratica del DYT ha permesso al gruppo di essere considerato fra i primi esempi di autoproduzione impegnata. La comune stessa era un luogo dove non era ammessa contraddizione fra pratica e teoria. La nascita della Crass Records, etichetta autoprodotta dal gruppo, consentì lo svilupparsi di piccole band che avevano il vantaggio di esprimersi in totale autonomia. L’idea era quella della partecipazione ad una cultura per tutti che nascesse da chiunque. La Dial House era un posto dove potevano metterci piede tutti; se eri un poeta e passavi di lì potevi guadagnarti un letto per una notte recitando, per esempio, le tue poesie. Allora c’erano tante Dial House nel paese. Così da lì passava tanta gente che non era di estrazione proletaria, di solito erano fotografi, cineasti e Pen era tutto contento che all’arrivo si trovasse di fronte il sottoscritto, questo buzzurro pedicelloso dai capelli da punk, perché allora i punk facevano ancora paura.11 I punk caos e anarchia ripetevano a ogni piè sospinto che a loro non gliene fregava un cazzo di nulla, invece ai punk pace e anarchia importava eccome12 “Quando, nel 1976, il vomito punk schizzò per la prima volta sulle pagine dei giornali col messaggio do it yourself (“fatelo da soli”) noi, che in diversi modi e per diversi anni non avevamo fatto che quello, abbiamo creduto ingenuamente che i vari signori Johnny Rotten, Joe Strummer e compagni intendessero lo stesso. Finalmente non eravamo più soli”. Ben presto ( I Crass) si resero conto che “…i nostri colleghi punk, i vari Pistols, Clash e così via, non erano altro che dei fantocci: a loro faceva piacere illudersi di derubare le grosse case discografiche, ma nella realtà era la gente a essere derubata. Non aiutavano altri se non se stessi, dando vita a un’altra moda facile”.13 Riguardo l’azione diretta, di disturbo politico, ci furono due occasioni in cui i Crass sono riusciti a creare un vero caso mediatico, attraverso i tradizionali mezzi d’informazione. Nel primo caso incisero una parodia di “Our Wedding”, un brano commerciale, una smelenza canzone d’amore in voga in quel periodo, e riuscirono a farlo distribuire come inserto da una rivista per ragazzine. Lo pseudonimo Creative Recording and Sound Service, nonostante l’acronimo corrispondesse al vero nome del gruppo, permise alla band di raggirare la rivista. Lo “scherzo” fu scoperto solo dopo che il disco si trovava, per diverse Si trattava di un nastro veramente ben realizzato, studiato in forma di conversazione tra Reagan e la Thatcher, durante la quale veniva ammessa la sua responsabilità diretta nell’affondamento della Belgrado, argomento sul quale la Thatcher aveva imposto il no-comment e la conseguente conferma del bombardamento della Sheffield da parte dell’Invincibile, notizia tenuta fino a quel momento segreta. E, visto che c’eravamo, abbiamo inserito una dichiarazione di Reagan nella quale veniva presa in considerazione l’idea di un conflitto nucleare in Europa nel caso fosse messa in pericolo la sicurezza degli Stati Uniti. Un’ipotesi che probabilmente non è poi così assurda. Crass migliaia di copie, nel giradischi di adolescenti agitate. Il secondo falso, ebbe un’importanza ben più storica e rappresenta uno dei casi di disturbo meglio riusciti nella pratiche controculturali. In risposta alla guerra delle Falkland e in pieno clima da Guerra Fredda, i Crass progettarono una registrazione con un falso dialogo fra Reagan e Margaret Thatcher, Thatchergate tapes. Utilizzando informazioni fornite loro da un reduce di guerra, i Crass crearono una registrazione in cui la Thatcher faceva pesanti dichiarazioni sulla guerra e Reagan a sua volta rincarava la dose: il primo ministro inglese si assumeva la responsabilità dell’affondamento della nave argentina Belgrano e affermava di aver colpito la nave Sheffield, della stessa Marina inglese, per salvaguardare la vita del principe Andrea imbarcato su una portaerei vicina. Da parte sua, Reagan, si dichiarava pronto all’utilizzo di armi nucleari in territorio Europeo a difesa degli Stati Uniti. THATCHERGATE Tape of Thatcher - Reagan Telephone Conversation. Made During Falklands War. You must have too, and not let them know. What do you hope to gain? T. What I said before -”Andrew”- ...As “cruise” go in, I want incentives at all levels... R. There’s a deal... a third more submarine ballistic missiles, and you will see that the United States forces remain deployed. The intermediate range missiles are U.S. defence. You proposed building them in Europe. Build up the economy. They don’t work, they’re social programmes... The United Kingdom is a... er... little nation... T. You still need those nations, and you’re given long term international markets. R. We are supported by our allies, whether they want, or not. T. I, I don’t understand you... R. In conflict, we will launch missiles on allies for effective limitation of the Soviet Union. T. ...own business! R. I urge restraint. It’s absolutely essential or the area ‘be “through the roof”. T. ‘mean over Germany? T. Look, our objectives are fundamentally different. Al Haig... R. Mrs Thatcher, if any country of ours endangered the position, we might bomb the “problem area”, and correct the imbalance. R. ...Secretary Haig... T. See, my... T. ...doesn’t seem to be able to find a solution. R. It will convince the Soviets to listen. We demonstate our strength... The Soviets have little incentive to launch an attack. R. Why eliminate “Belgrano”? You directed this. The Argentinians were then going... Secretary Haig reached an agreement. T. Our British people... T. Argentina was the invader! Force has been used. It’s been used now, punishing them as quickly as possible. R. Oh, God, it’s not right! You caused the “Sheffield” to have been hit. Those missiles we followed on screens. R. London! ... T. I think... R. Let that be understood... Il nastro fu spedito alle maggiori testate inglesi generando interesse riguardo le sue origini e i suoi creatori. La paranoia generale portò il Sunday Times a chimare in causa il KGB che fu ritenuto il responsabile dell’operazione fino al momento in cui, un giornalista, riuscì a far risalire l’opera ai Crass. Quando l’“Observer” parlò del coinvolgimento dei Crass, “i media di tutto il mondo si avventarono sulla notizia eccitati del fatto che un branco di punk avesse fatto passare per idioti quelli del dipartimento di Stato”.14 L’accusa verso la strategia belliche e politiche della Thatcher venne replicata in due titoli: prima “In sheep farming in the falklands” e in seguito in “How does it fell (to be the mother of thousand dead)”, ma il clima che si era creato, sopratutto attraverso la stampa patriottica, portò il gruppo alle interrogazioni parlamentari sulla loro attività musicali e politiche. “How does it feel” fu descritto dal parlamentare conservatore Timoty Eggar, che pretendeva fosse perseguito a termini di legge per oscenità, come un attacco scurrile e immorale al primo ministro e al governo… “le autorità costituite devono porre dei limiti”. Le strategie dei Crass si proponevano, per l’appunto, di porre in discussione i limiti dell’autorità.15 1984, ispirati nella data dal libro omonimo di George Orwell, i Crass, interrompono la loro esperienza musicale, che si chiude con un concerto in sostegno dei minatori di Alberdale. L’idea di collage e ricollocazione dei significati culturali promossa dal gruppo, determinò percorsi linguistici e sviluppi di narrazione fuori dai canoni e impose nuovi modelli comunicativi. I Crass rifiutarono una politica di slogan appariscente ma vuota nei contenuti, promuovendo un’idea di azione radicata nel qui e ora. La visione anarchica proposta dal gruppo si esprimeva non solo nei precetti della vita comunitaria, ma nella considerazione del singolo come autore ed elemento indispensabile alla costruzione di un bene comune. L’autonomia del singolo e la vita sociale trovavano un equilibrio stabile che permise la costante coerenza nelle scelte politiche. C’è da notare come I Crass rimangono ai margini del dibattito sulla cultura punk e della critica musicale. Il fatto stesso di essere così radicalmente attivi e coerenti ha determinato un isolamento e un processo di auto-esclusione che ha permesso al gruppo di essere letto nella sua integrità. Ma se Orwell ha sbagliato solo di un decennio nel prevedere l’occhio tecnologico del potere aperto sul controllo del sistema urbano e sociale, sicuramente il 1984 è stato un anno di stravolgimenti e importanti avvenimenti nel mondo del punk italiano. L’eredità degli squat e delle realtà occupate inglesi era sbarcata da qualche anno anche in Italia e Milano fu una piazza di sperimentazione nella condivisione e occupazione degli spazi. C’era una forza, un’energia, un desiderio di sentirsi parte di una realtà diversa da quella promossa dalla cultura ufficiale che dette la spinta per cercare di creare un’alternativa di spazi e di modi per la condivisione. Otto bottiglie verdi appese al muro, e se una bottiglia dovesse accidentalmente cadere... Domenica - Piove – dentro il bar sono tutti sconvolti - mi sono stufato anche di ascoltare Daniele Hcnn ubriaco - Cristina Danilo e Claudino giocano da una vita a space invaders - perciò con Gnocco e due tipi di Quartoggiaro andiamo fuori a fare un giro - fa un freddo tosto – andiamo nell’unico posto che conosciamo - la casa occupata di via Correggio 18 – è una specie di fabbrica - stupenda - nel primo cortile ci sono le abitazioni su tre piani - in alto sembra ci siano due straordinari terrazzi completamente avvolti da un glicine gigantesco - nel secondo cortile si ha l’accesso a tre capannoni enormi uno dei quali di cinque piani – a parte qualche porta chiusa il resto sembra abbandonato – siamo affascinati dal materiale di archeologia industriale – quanto spazio da poter utilizzare- “ecco - qui potremmo metterci il palco” – “ ci farei anche un baretto” – fantastichiamo sulla trasformazione di un capannone in sala concerti tipo Londra – ma fa un freddo stramaledetto anche qui dentro – troviamo alcune sedie di legno scasciate – dentro il capannone più grosso accendiamo un fuoco per riscaldarci16 Parliamo di Milano dove non c’era tanto da fare - a menarsela all’infinito sulle panchine di giardini saturi di depressione, o la sera nelle poche birrerie, limitandosi a consumare, tanto quei discorsi politici che ormai si origliavano diventavano indecifrabili… non avevamo nemmeno cantine dove provare: anche per questo ci avvicinammo alle occupazioni. Questa è stata la scintilla. Quello che è accaduto da lì in poi è stata tutta una grande storia. Una storia di divertimento infinito di musica a go-go ma anche di incontri con le aree del movimento, soprattutto gli anarchici e i libertari che potevano comprendere meglio la nostra attitudine, la nostra voglia di utilizzare lo strumento-arte come forma di ribellione.17 La casa occupata Via Correggio 18 nasce nel 1975, l’azione venne organizzata dalle forze studentesche e dal comitato di quartiere in comune con alcuni nuclei familiari. L’area occupata era lo stabile dell’azienda Mellin trasferita fuori Milano, di proprietà degli eredi Mantovani. Il quartiere Fiera in cui si trovava lo stabile era caratterizzato da un’alta percentuale di proletariato e veniva considerata un’area popolare della città. Questo tipo di contesto permise al progetto di occupazione di essere in una prima fase supportato e sostenuto dalla cittadinanza locale, mentre, d’altra parte gli Eredi Mantovani non potevano riconvertire lo spazio che il Comune aveva indirizzato per un impiego di utilità sociale. In seguito alla legge contro il degrado degli edifici nelle aree urbane, alla fine degli anni ’70, furono diversi i casi di occupazione che si inserirono nella vita dei quartieri in stretto contatto con le esigenze della popolazione e furono di conseguenza caratterizzati dal coinvolgimento attivo e partecipato dei cittadini. Lo spazio, gestito inizialmente con finalità principalmente abitative, permise ad una parte di immigrati e di famiglie di trovare un alloggio all’interno di una struttura che, per sua architettura intrinseca, costringeva alla vita comune e alla condivisione degli spazi e delle energie necessarie per gestirli. Grazie alla difficoltà pratica nella fruizione delle archeologie industriali, lo spirito di coesione e solidarietà legava i fruitori dello spazio anche là dove le esigenze erano diverse. La partecipazione è sempre stata considerata una delle maggiori caratteristiche nello sviluppo dei centri sociali che per sopravvivere necessitano di creare una rete di relazioni ampia e resistente. La collaborazione di realtà anche distanti e il superamento di specifici bisogni hanno portato ad una condivisione di beni volta, innanzi tutto, alla sopravvivenza dello spazio. Per realtà a cui il sistema negava non solo un luogo fisico ma anche la possibilità di immaginarne l’esistenza, lo spazio occupato, diveniva il simbolo totemico del proprio essere nel mondo. A partire dagli anni ottanta il quartiere Fiera subisce un sostanziale cambiamento, dimenticata la natura proletaria, la cittadinanza si ritrova imborghesita e con insofferenze sempre più conservatrici. L’individualismo capitalistico prende il sopravvento e impone di dedicarsi solo ed unicamente al proprio piccolo e insignificante nucleo familiare determinando il conseguente voltafaccia nei confronti del movimento di occupazione dell’area Correggio 18. La distanza politica e le modalità occupazionali creano una spaccatura sempre più profonda nel quartiere che si aggrava negli anni e culmina con l’arrivo della rivista anarchica “Nero“ e il conseguente insediamento dei punx all’interno dell’area di via Correggio che chiamano il loro spazio VIRUS. Sette bottiglie verdi appese al muro, e se una bottiglia dovesse accidentalmente cadere... Il vento iniziale è del ’77, con la sua carica d’ironia e satira unite alla volontà di autovalorizzare la diversità, l’individuo, l’emarginazione. Senz’altro sono tutte un insieme di proposte valide che da un lato hanno dato uno scossone al sistema, ma dall’altro hanno offerto il fianco a operazioni commerciali di mercificazione, soprattutto nel campo musicale. Nel fenomeno punk esistono spazi e persone realmente impegnati nel sociale, operanti un tentativo di sintesi tra musica e impegno politico; dove non c’è posto per il qualunquismo, per il perbenismo, per le istituzioni, né per il ribellismo irrazionale.18 Il Virus nasce dalle ceneri di un altro locale Vidicon, che aveva trovato spazio nel capannone interno a via Correggio 18: il Vidicon era un luogo autogestito da giovani studenti dell’Accademia di Belle Arti che avevano avuto il merito di creare in Italia una realtà indipendente e multimediale concettualmente ed esteticamente vicina agli spazi occupati delle metropoli europee e, sopratutto, aperta alla collaborazione. E’ proprio al Vidicon che i punk organizzano un primo concerto contro l’eroina. Poco dopo il locale fu chiuso dagli stessi gestori e i punk che avevano cominciato a frequentarlo, in accordo con l’occupazione, vi aprirono il proprio spazio di aggregazione. Il Virus, divenne un luogo di incontro e relazioni che vedeva nella musica un motivo di ribellione e comunione. I punk che lo autogestivano cominciarono a farsi chiamare punX Per prendere le distanze dai circuiti punk modaioli e commerciali che andavano sviluppandosi in alcuni contesti milanesi. I punx rivendicavano una netta presa di coscienza politica e l’impegno a rendere il punk una modalità di vita rivoluzionaria. Il Virus è stato anche l’occasione per un buon numero di punk di abbandonare la via nichilista della strada e delle piazze, verso una prospettiva in cui realizzare almeno in parte i propri sogni.19 In questo alveo si situa il rapporto tra il punk e le esperienze anarco-libertarie e quei gruppi autonomi più inclini a far sì che la creatività si coniugasse con la prassi. L’agire degli uni e degli altri ha sperimentato “la politica del gioco” che tanto aveva attratto Richard Neville già prima del suo arrivo a Londra negli anni ’60. Un gioco che è continuato con le generazioni successive e che ha stimolato il pensiero di coloro che non ritenevano possibile l’accettazione di un’esistente illusorio e non erano assoggettabili alla sua riproduzione… Il punk italiano degli anni ‘80 appare oggi come l’unica presenza antagonista che riuscì ad essere conflittuale, e non poco, con i bui panorami di una società all’alba della globalizzazione. Una società che si stava riempiendo di stereotipi modaioli che tentavano di banalizzare il vissuto, di recuperare l’immagine, assumendo, sempre e soltanto, gli aspetti esteriori o alcune sue caratterizzazioni musicali20 Lo sgombero del Virus arriva nel 1984 dopo una lotta sempre più aspra da parte degli abitanti del quartiere e della stampa ufficiale. L’era d’oro del conformismo aveva vinto e i punk tornavano per strada, venivano dispersi. I politici e i padroni che vogliono Milano città europea sono gli unici responsabili dello sgombero di via Correggio 18 e del Virus. Martedì 15 maggio, alle 6,30 di mattina, le forze dell’ordine hanno eseguito lo sgombero degli occupanti di via Correggio 18 a Milano. L’area era occupata da nove anni: vi abitavano alcune decine di persone (immigrati, anziani, punk, etc.) ma soprattutto era la sede dei punk anarchici, che avevano dato vita -negli ultimi tre anni- al centro sociale Virus. Assemblee, concerti (quasi tutti i sabati sera), un servizio-libreria con vendita diretta e per corrispondenza (il Virus Diffusioni), manifestazioni ed iniziative varie: il collettivo punk di via Correggio 18 aveva creato una esperienza di autogestione e di aggregazione giovanile di chiaro segno libertario, in antagonismo con le grigie logiche di rassegnazione e di apatia. Nelle settimane precedenti allo sgombero, in particolare, i punk avevano intensificato l’impegno per la conquista di nuovi spazi e l’allargamento delle esperienze di autogestione: ai primi di aprile c’era stata la clamorosa contestazione della settimana sulle “bande giovanili” organizzata dal Comune, poi l’occupazione del teatro Miele, la “partecipazione” alla riunione del Consiglio comunale, etc.. Per il potere, dunque, la misura era colma. Non è per caso che si sia reso operativo in quel momento uno sfratto che giaceva nel cassetto da vari anni. Lo sgombero è stato effettuato con perfetta “efficienza”. In poche ore, fuori tutti: gli abitanti sbattuti in strada con le loro masserizie, una squadra di muratori subito all’opera (protetti dalle forze dell’ordine) e l’entrata dello stabile in mattinata era già murata: qualsiasi possibilità di rientro era già preclusa. In via Correggio 18 si ritrovavano anche collettivi politici (i precari, la redazione di Wobbly, etc.), di lavoro (falegnameria, restauro di mobili) ed artistici (il gruppo teatrale “Il Cortile”). Contro questa operazione poliziesca ci si è subito mobilitati. Sabato pomeriggio 19 maggio oltre un migliaio di persone (in maggioranza punk) hanno attraversato in corteo Milano. Nel corso di alcune assemblee cittadine (affollate come non si vedeva ormai da tempo) si è ribadito l’impegno a ribadire la lotta.21 Il film-documentario “VIRUS-IL FILM” realizzato fra il 1981 e il 1983 dal laboratorio pratico di cinematografia dell’Albedo e “Milano 1984: tra repressione e ribellione” realizzato con la collaborazione di Betty23, Gomma e Philopat, protagonisti della scena di quegli anni, sono due esempi di registrazione poetica e familiare nonché lineare e diretta dell’ambiente di questi anni.22 I due lavori sono il risultato della diretta partecipazione degli autori ai fatti raccontati, arricchiti di una naturalità e di una poesia comune, caratteristica solo del vissuto in prima persona. C’è un’energia dirompente in queste immagini che sono direttamente avvicinabili all’esperienza dello studio di Bankside, testimoniato da Jarman grazie al lavoro in super8. Il film Glitterbug del 1994, raccoglie in forma di ricordi, pellicole girate dal 1971 all 1986, comprese anche scene dal backstage di Jubilee. Il film si compone di una serie di frammenti che sono il repertorio intimo e privato dell’autore. Le immagini sono montate in modo da sfumare l’una nell’altra seguendo il tappeto sonoro di Brian Eno. Il risultato è un film profondamente intriso dello spirito collettivo che animava lo studio di Bankside fino a trasformarlo in una specie di comune autonoma, di natura prevalentemente punk-gay. Glitterbug è caratterizzato da un forte impatto emotivo, raccoglie come un sogno di innocenza e vitalità perduta l’ esperienza di una generazione. Queste tre produzioni trasmettono l’amara consapevolezza della propria transitorietà, di una giovinezza che sfuma nello scorrere irreversibile del tempo, e, nonostante questo, esprimono la commovente volontà di affermare se stessi in un’azione che possa congelare il tempo per un attimo e così fissare un frammento di storia di cui fare parte. È evidente che il senso di soffusa malinconia che genera oggi la visione dei tre lavori, sia frutto della distanza che ormai si è interposta fra l’evento e la sua fruizione, di quel senso di pietas che spontaneamente e ineluttabilmente nasce davanti alla percezione del vissuto e, più in generale, davanti alle immagini prodotte dalla memoria, che in essa trovano il loro luogo. Ma è importante anche notare che, solo grazie al desiderio di chi opera un cambiamento per quanto minimo in una rigida realtà, eventi di per sé insignificanti assumono un valore eroico e si trasformano in imprese. È la passione che anima l’azione, che permette ad un’immagine sbiadita di toccare ancora il cuore. Non si tratta quindi di quella nostalgia che prevede sempre un desiderio di ritorno e un certo grado di rimpianto. Il sentimento che si genera è quello della incondizionata partecipazione fuori dal tempo ad un innamoramento condiviso verso la vita. Viv In Jubilee è Viv la figura che trasmette passione ed è, in un certo modo, destinata al riscatto. Viv capisce qual’è la strada verso una reale emancipazione e riconosce i mali del proprio tempo, sente il pericolo nascosto nella violenza schizofrenica. Viv è simbolo di liberazione ed emancipazione, ma sopratutto è la coscienza di quella parte di artisti che rivendicano il proprio ruolo sociale come energia per il mondo. Rappresenta la consapevolezza che la realtà piagata debba essere rivitalizzata attraverso l’arte ed esprime il desiderio di partecipazione con la concretezza dell’essere anarchico. L’artista come essere libero si assume la responsabilità di agire e intervenire sul mondo per trasformare l’orrore in poesia e per dare un senso al ridicolo. Viv esprime una forza concreta che si colloca al di fuori delle modalità convenzionali, è la strada verso un cambiamento relazionale e politico. Questa figura consente a Jarman di presentare l’artista come ultimo baluardo per un possibile riscatto civile. L’investitura che Viv sostiene, attribuendo questo potere salvifico agli artisti, è l’occasione per Jarman di richiamare la loro attenzione verso un impegno pubblico; Viv è la portavoce di un appello chiaro che si indirizza in modo pungente verso una realtà artistica sempre più vincolata dal mercato. Viv è anche la chiave per una possibile rilettura delle relazioni private, il suo amore semplice e genuino per Angel e Sphinx si esprime nell’assenza di sovrastrutture comportamentali standardizzate da norme sociali impregnate di moralismo. Sei bottiglie verdi appese al muro, e se una bottiglia dovesse accidentalmente cadere... S.15 My love is like a red red rose, Angel - (Canta) Oh, il mio amore è una rosa rossa rossa che è sbocciata in giugno. Il mio amore è una melodia che suona leggera. Tu così cara mia graziosa ragazza, così profondo il mio amore e sempre ti amerò mio tesoro finché il mare sarà prosciugato. Sphinx - Bene Viv, ora tocca a voi, noi ci facciamo da parte. Noi uomini siamo stati importanti per 5000 anni A - Grande! Ti dà il mondo quando sta per finire, Quando non c’è speranza Io questa la chiamo amicizia! Viv – Beh, è inevitabile che ci sia una fine. Prima o Poi succede. È ciò che rende il presente così vitale. S - Invitate i vostri compagni all’ultimo walzer. A - Ti amo. S - E io amo te, Angel. V - Io amo voi. Tutti e due, Sembra che abbiate risolto ogni problema. S - Perché dovremmo desiderare altro La vita è troppo breve S - Perché ignorare quello che hai per paura di perdere qualcosa di meglio? A - (Canta)“ Tornerò, tesoro mio, fossi pure distante 10.000 miglia. S - Mio fratello è un grande, vero? V - Perfetto V - È una bella giornata usciamo. S – Vaffanculo. La relazione che unisce i tre soggetti è fuori dalla logica della gelosia, della struttura familiare, del rapporto di coppia classico, si pone piuttosto come una prospettiva di amore incondizionato. Sebbene la rivoluzione sessuale fosse una delle peculiarità degli anni ‘70, non vi è nessun accenno di rivendicazione nell’amore che li unisce, piuttosto Jarman rende visibile una prospettiva di scambio d’affetto liberata dagli stereotipi catto-conservatori che impongono una chiusura verso l’altro e che da sempre hanno determinato sentimenti aggressivi, individualisti nelle relazioni amorose. Viv rappresenta, nella complessità del suo personaggio, la prospettiva per la trasformazione e si armonizza nell’ambiente anche nel dolore per la perdita dei suoi amici-amanti. Non chiede vendetta, chiede creazione, non si abbandona al vuoto della perdita in atti di guerriglia urbana come le altre protagoniste, ma lascia che le sue lacrime vadano ad alimentare una migliore fonte di vita. L’opera di Jarman è imprescindibile dall’idea dei rapporti intimi, sessuali e amorosi, e si relaziona in modo diretto con la realtà queer di Londra. Il regista si impegna su due fronti: da una parte la coscienza politica si indirizza verso le problematiche relative allo stato sociale, affiancando le classi proletarie in una lotta al consumismo, dall’altra si orienta verso i diritti civili e la politica di liberazione promossi dal movimento Gay mondo. La mia rivolta contro l’autorità fu istintiva. Non potevo essere un diplomatico sottile; avrei preferito speronare la flotta reale piuttosto che speronare un battello. Ma pensavo che urlando troppo mi sarei potuto rendere ridicolo e io non volevo apparire ridicolo. E adesso siamo tutti Gay! Il Gay Liberation Front venne formato nell’autunno del 1970, dieci anni dopo il mio arrivo a Londra. Era stato preceduto da altri gruppi, tra i quali, quello che ottenne più successo, era stato il CHE, i cui membri non erano giovani studenti di arte e per noi rappresentavano un mondo diverso. Passai gli anni sessanta a ballare ma non lo consideravo edonismo; fu un GESTO RIVOLUZIONARIO - Avreste dovuto vedere come reagivano gli altri studenti a vedere due uomini che si baciavano in pubblico. Io credevo fosse possibile produrre un cambiamento con azioni individuali, senza legarsi ad un progetto politico convenzionale. Una persona isolata in una stanza poteva cambiare il Sono tutt’ora convinto che non c’è liberazione sessuale che non sia personale. Lotta per scoprire chi sei. Non è una buona cosa far parte di un gruppo e fare discorsi su quello che si vuole essere, la vita esiste prima per essere vissuta e poi per fare proseliti. Ero talmente in rivolta contro la vita condotta dalla maggior parte dei miei concittadini. Non riuscivo a sopportarli non potevo vedere nulla che avesse valore nell’etero società, nel matrimonio, nelle ipoteche o nella famiglia.23 La vita omosessuale nella Londra degli anni ‘70 si sviluppa attraverso rivendicazioni politiche con azioni collettive volte a disturbare e a innescare una diversa considerazione della realtà gay. Questo portò ad azioni concrete come il blitz a Bradford durante un convegno di medici che discutevano di problemi psico-sessuali. L’ambito medico interpretava l’omosessualità come una patologia che doveva essere curata ed estirpata, la somministrazione di estrogeni e farmaci venivano visti come la soluzione al problema fino ad arrivare all’ipotesi di interventi chirurgici al cervello. La sala congressi del raduno medico fu invasa dai partecipanti al GLF che vi rimasero fino all’interruzione del congresso. L’azione determinò un grande interessamento della stampa che rilevò la invasiva intromissione degli ambienti medico-psichiatrici nelle relazioni omosessuali. La pratica politica viene affiancata con un’azione sessuale definita da Jarman: Abbandono Gay. ni lo scoparono, e a lui piacque.24 Scopare diventò l’attività di svago a tempo pieno. Gli uomini scoprirono la propria sessualità. L’orgia dionisiaca si scatenò nei parchi, nelle saune e nelle dark. Jhonny si lanciò come un balleri- no in mezzo ai corpi, nudo tranne una giacca di pelle con borchie d’argento. Aveva solo ventuno anni. Quella notte celebrò la sua maggiore età. Quella notte non rifiutò nessuno. Uno dopo l’altro gli uomi- La vita notturna, i festini, lo svago erotico sono presentati in Jubilee nell’orgia presso la Westminster Chatedral. Jarman costruisce un percorso visivo che va degenerando con l’arrivo di Borgia Ginz. Angel guida la protesta contro i valori ironicamente definiti religiosi del “Cardinale” Borgia Ginz. Egli proclama ”salvate le vostre anime, benvenuti nel palazzo dei piaceri celesti” invitando i presenti ad entrare nella Cattedrale. All’interno assistiamo ad una danza mistico-erotica condotta da Gesù e i 12 apostoli, il sottofondo musicale è la composizione realizzata da Hubert Parry sul testo “Jerusalem” di Blake, riarrangiata in chiave disco. “Jerusalem” aveva funzionato come un inno non ufficiale per la classe lavorativa inglese, impegnata nella ricostruzione di una Jerusalemme idillica. Per Jarman, Blake costituisce uno dei riferimenti artistici per la radicalità della sua visione, espressione di un’autentica alternativa al destino della nazione, basato sull’emancipazione sessuale e individuale. La scena del ballo fornisce un’interpretazione in chiave queer del tradizionale messaggio di Gesù: Lui e i suoi apostoli hanno creato una comunità alternativa gay che predica tanto il godimento quanto la carità e la tolleranza verso gli altri. Borgia Ginz porta abbrutimento trasformando l’atmosfera in un luogo di scambi erotici e aggressività. Al ballo iniziale si sostituisce un’orgia compulsiva in cui partecipano nuovi arrivati, personaggi ben vestiti dell’alta società insieme con poliziotti, motociclisti e punks, “Jerusalem” viene sostituita con il brano “Orgasm in Pornotopia” e l’atmofera si carica di quel vuoto e di quella strafottenza di cui Borgia Ginz è fautore. In Jubilee il romanticismo di Jarman sembra esprimersi solo attraverso un senso di perdita, come nella scena finale in cui Elisabetta I e Jhon Dee sono sulla scogliera del Dorset e rientrano nella propria realtà senza speranze nel futuro. Così il senso di perdita si manifesta anche nelle riprese in Super8 del candido ballo di Jordan sulle note di un violino malinconico, mentre intorno bruciano libri. Jarman sembra condividere con il movimento punk, il sospetto che la liberazione sessuale messa in moto dagli anni ’60 abbia fallito nel progetto di emancipazione, avendo generato la società della Pornotopia invece che la Nuova Gerusalemme annunciata da Blake. Per Jarman le cause di questo fallimento sono da ricercare nella visione esclusivamente eterosessuale della rivoluzione sessuale proposta dagli Hippy. Non solo, l’ideale patetico della cultura “Love is all you need” sottovaluta e tralascia la componente violenta che caratterizza la sessualità in diversi ambiti, che è, invece, una delle tematiche sviluppate dal regista in più film. L’idea della sottomissione e l’interesse masochistico che si esplica in determinate modalità relazionali è parte costante della riflessione dell’opera di Jarman e in Jubilee si trasforma in una violenza costante e perentoria generata dalle amazzoni punks protagoniste. Il sesso può esplicarsi nella forma dell’imposizione dittatoriale di un soggetto sull’altro, come il potere si esprime attraverso la sottomissione e il sadico gusto di provocare dolore. Bod/ Mad/Crabs S.12 12 Crabs - Mi sento un po’ triste Bod - Smettila Crabs C - Per un momento ho pensato fosse quello giusto Ridi pure ma è vero Mad - Cazzo Crabs, sei proprio fuori C - Perché ce l’avete con me? B - Non è vero, vogliamo solo salvarti da te stessa M - La tua testa è come un collage scolorito fatto di Penthouse e di romanzi rosa C - Per un attimo mi ero innamorata di lui B - L’amore è morto con gli hippies M - Il sesso è per i vecchi e i dementi Cinque bottiglie verdi appese al muro e se una bottiglia dovesse accidentalmente cadere... PASOLINi La critica potrebbe essere che sono stato troppo negativo. è piuttosto giusta, la capisco, ma la vita non è un piatto di ciliegie. Sono convinto che i film riflettano i problemi di oggi. Ecco perché penso che Salò sia tanto importante; Pasolini esibisce il proprio sfacelo, questa è la cosa più coraggiosa che si possa fare, non vi pare? In fin dei conti non si possono aiutare le persone con le chiacchere. Il mio Salò non è nei film; potrebbe essere questo libro. Per Pasolini fu più facile ottenere i finanziamenti perché gli italiani erano interessati alle idee dei loro registi. Qui nessuno è interessato alle idee dei registi ed è sempre stato così25 L’idea mi è venuta da Le centoventi giornate di Sodoma, questa specie di sacra rappresentazione mostruosa, al limite della legalità. Mi sono accorto tra l’altro che Sade, scrivendo, pensava sicuramente a Dante. Così ho cominciato a ristrutturare il libro in tre bolge dantesche (in effetti il film sarà strutturato in un anti-inferno e tre gironi). Ma l’idea di sacra rappresentazione peccava di estetismo, occorreva riempirla di immagini e contenuti. Quattro nazifascisti fanno dei rastrellamenti; il castello di Sade dove portano i prigionieri, è un piccolo campione di lager. Mi interessava vedere come agisce il potere dissociandosi dall’umanità e trasformandola in oggetto.26 ruolo metaforico orribile. Le mie Centoventi giornate di Sodoma si svolgono a Salò nel 1944, e a Marzabotto. Ho preso a simbolo di quel potere che trasforma gli individui in oggetti… il potere fascista e nella fattispecie il potere repubblichino. Ma, appunto, si tratta di un simbolo. In realtà lascio a tutto il film un ampio margine bianco, che dilata quel potere arcaico, preso a simbolo di tutto il potere, e abbordabili all’immaginazione tutte le sue possibili forme. Nel potere –in qualsiasi potere, legislativo e esecutivo– c’è qualcosa di bellüino. Nel suo codice e nella sua prassi, infatti, altro non si fa che sancire e rendere attuale la più primordiale e cieca violenza dei forti contro i deboli: cioè, diciamolo ancora una volta, degli sfruttatori contro gli sfruttati. I potenti di De Sade non fanno altro che scrivere regolamenti e regolarmente applicarli.27 Il sesso in Salò è una rappresentazione, o metafora, della situazione vissuta in questi anni: il sesso come obbligo e bruttezza. Oltre che metafora del rapporto sessuale (obbligatorio e brutto) e della tolleranza del potere consumistico, tutto il sesso che c’è in Salò (e ce n’è in quantità enorme) è anche la metafora del rapporto tra il potere e coloro che gli sono sottoposti. In altre parole è la rappresentazione (magari onirica) di quella che Marx chiama la mercificazione dell’uomo: la riduzione del corpo a cosa (attraverso lo sfruttamento). Dunque il sesso è chiamato a svolgere nel mio film un Le corrispondenze fra i due autori sono molte. Pare scontato affermare che il fascino di un intellettuale come Pasolini abbia suscitato forte interesse e attrazione in un artista come Jarman. Nella loro opera i contenuti e la poetica si rincorrono in corrispondenze tangibili. Le periferie. L’emarginazione. La violenza dell’ambiente. La violenza del potere. L’estraneità di una classe esclusa. Il potere omologante dei media. L’omosessualità dichiarata. Il sesso come manifestazione di potere. Jarman e Pasolini cercarono attraverso questi argomenti di rielaborare l’idea del passato liberandola dagli standard cui era sottoposta e di ricollocare lo spirito critico al centro delle riflessioni politiche, religiose, economiche. Attraverso la loro opera si percepisce la disfatta di un mondo ciecamente sottoposto ad un progresso tecnologico inadatto a risolvere le problematiche sociali e che non può sostituirsi ai bisogni più profondi dell’essere umano. L’idea di una possibilità relazionale che si fonda su un’innocenza primordiale in grado di garantire una evoluzione sociale e politica equilibrata si accompagna, in entrambi gli autori, alla collocazione dei soggetti indagati in età del passato o all’interno di gruppi emarginati. L’autobiografia e gli interpreti non professionisti fanno da sfondo ad una comune idea di fare cinema, in cui la vita e l’arte si appartengono strettamente e sono imprescindibili. La versatilità disciplinare con cui Pasolini ha espresso la propria persona si riflette nella ricchezza della sua opera che non si esaurisce in un elenco di titoli ma supera i confini della forma per radicarsi nell’ideale stesso di cultura. La sua completa estraneità al conformismo politico e intellettuale, la capacità di mantenersi indipendente anche dai propri ideali di riferimento, marxismo e socialismo, l’imposizione dello spirito critico davanti a qualsiasi ipotesi di servilismo, fanno di questo autore un esempio di coerenza e passione. Derek Jarman alla fine degli anni Sessanta abitava nel South Ware, uno dei quartieri più derelitti di Londra, in un capannone ex magazzino. Una mattina sente bussare alla porta, va ad aprire e si trova davanti Pasolini in cerca di location per “I racconti di Canterbury”. Proprio in quel quartiere avrebbe infatti ambientato l’incontro dei pellegrini. Ancora oggi Derek Jarman racconta l’episodio con grande emozione. “Perché Pasolini” dice “è stato il personaggio più amato, colui che più ha influenzato me e una certa generazione che si avvicinava al cinema in quegli anni. E non solo per la sua libertà nei movimenti di macchina, ma soprattutto per quel suo cinema così vicino alla vita, per quella capacità di cogliere quello che l’occhio registra e renderlo sullo schermo”. Pasolini ha dunque influenzato moltissimo anche Sebastiane, Jubilee e The Tempest da Shakespeare, i primi film di Jarman e poi Caravaggio, l’ ultimo, Orso d’ argento a Berlino 1986, che esce oggi a Roma.28 Quattro bottiglie verdi appese al muro, e se una bottiglia dovesse accidentalmente cadere.... Tondelli La vicinanza intellettuale e di esperienze fra Pier Vittorio Tondelli e Jarman è evidente nei contenuti da essi trattati, dalla corrispondenza fra arte e vita che rende tragicamente reale la loro poetica. L’omosessualità è la costante di questa poetica e si esplica in entrambi attraverso una vita di ricerca, di introspezione. Jarman ne fa una battaglia costante e politica, per Tondelli diviene una ricerca privata da esprimere nella sua opera. Jarman rende pubblico il suo male, nella convinzione di poter operare una sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Tondelli invece vive la malattia nella riservatezza e nell’intimità. Entrambi tormentati dalla censura per le tematiche dei loro lavori, troppo spiccatamente legate al mondo gay per una società così marcatamente moralista. La relazione con la propria generazione, la partecipazione alla vita sregolata e travolgente dei giovani degli anni ‘70, la condivisione e il coinvolgimento di sogni e miserie delle classi povere, sono gli aspetti più marcatamente emozionanti della riflessione condotta dai due autori. Applicano un costante sguardo su di sé volto alla ricerca di un percorso liberatorio, attraverso cui esprimere la propria natura nella libertà e nel rispetto di un bene profondo. La loro opera si esplica nell’intreccio di relazioni che, nel bene e nel male, hanno determinato le passioni della vita. L’aderenza completa fra esperienza e arte determina una ricchezza di immagini, una forza critica e ironica nei confronti delle debolezze sociali, una coscienza di sé che porta ad una totale indipendenza narrativa. La rete di connessioni che lega i personaggi di Tondelli rappresenta prospettive di relazione sconosciute alle modalità socialmente collaudate, sono relazioni dirette, semplici che si scrollano di dosso il conformismo e la buona educazione. In questa prospettiva richiamano le modalità relazionali di Jubilee, pur non raggiungendo la voragine nichilista del punk. Non stupirebbe sapere che Tondelli abbia collaborato alla sceneggiatura di Jubilee, nella certezza che avrebbe forse aggiunto una sano sarcasmo emiliano. In “Altri libertini” Tondelli esprime un’aderenza linguistica legata al territorio emiliano ma allo stesso tempo l’arricchisce di tutte le sfumature che i movimenti underground hanno prodotto. Questa mobilità linguistica rende il testo così intimamente universale da sembrare il diario di un punk londinese o tedesco o francese. Un testo senza una connotazione geografica che esprime pienamente le necessità e le modalità di una generazione marginale, senza prospettive concrete che esprime il rifiuto alla sottomissione e all’assuefazione verso una società bigotta, conformista, clericale. Genet Jean Genet rappresenta la figura dell’intellettuale rifiutato ed emarginato, omosessuale, rissoso e indipendente che ha conquistato e continua ad ispirare il mondo intellettuale gay. Il fascino del derelitto del rifiutato, capace di sopravvivere grazie alla fiducia nel proprio sentire, nei luoghi oscuri e interstiziali delle dinamiche sociali, sono stati temi affascinanti per generazioni di giovani in cerca di legittimazione della propria identità percepita come peccaminosa agli occhi della borghesia. Ci sono uomini ossessionati dalla propria storia, e scrittori che spendono la vita a cantare nel coro o a limare gli aggettivi del loro ultimo capolavoro. Jean Genet non è tra questi. Figlio illegittimo di una serva, fin da giovane ha saputo ricondurre la propria identità al grado zero di una scrittura che non concede sconti e non ammette compromessi. Per poter insorgere con rabbia contro il borioso orgoglio degli intellettuali di regime, Genet ha scelto di usare la parola come un’arma, riservandosi il ruolo del franco tiratore.29 Libero, indipendente, orgoglioso della propria diversità, Genet rappresenta un caso limite nella corrispondenza fra arte e vita, in grado di caricare di simboli e significati gli oggetti del quotidiano per innalzarli a sigillo della propria diversità e del proprio volontario isolamento nei solchi maledetti dalla società. Genet intimorisce, minaccia lo status sociale, perché espone con fierezza le proprie storture, consapevole che la ricchezza e l’emergenza della vita si trovano in quelle realtà, confinate e rifiutate, che nella ribellione esprimono la propria indipendenza e trovano nello stile la chiave per sovvertire l’ordine. Siamo allo stesso modo di Genet, interessati alla sottocultura, alle forme di espressione e ai rituali di quei gruppi subalterni – i teddy boy e i mod e i rocker, gli skinheads e i punk - che di volta in volta vengono rifiutati, denunciati e canonizzati; trattati in modi diversi o come una minaccia all’ordine pubblico, o come degli innocui buffoni. Ancora come Genet siamo attratti dagli oggetti più mondani - una spilla di sicurezza, delle scarpe a punta, una moto - che assumono una dimensione simbolica, divenendo una sorta di marchio, emblemi di un esilio volontario.30 Genet, esempio moderno di eversivo, come le figure di Sade e Artaud, apre la strada ad una ricerca lucida e autentica centrata sull’autonomia della parola. La vita è quella del nomade, del senza fissa dimora, prima nelle strade dell’Europa e poi nelle pensioni di Parigi. Senza mai scendere a compromessi, rifiutando qualsiasi convenzione, Genet ha espresso se stesso nell’innocenza rivoltosa e frizzante che Sartre gli riconosce in San Genet: “Commediante e Martire”. La coerenza si esprime nel compiacimento e nella frequentazione dei luoghi e delle personalità più odiose e vergognose per l’opinione comune. Le carceri, la prostituzione, il mondo gay, sono l’ambiente in cui Genet cresce e si arricchisce. Le periferie sono lo scenario in cui si collocano le realtà emarginate della società, lo spazio urbano registra quell’inquietudine sotterranea che pone in allerta l’ordine sociale. Patria di questo processo è la Gran Bretannia, dove nella prima metà del XIX secolo si inizia a manifestare un vasto stato d’ansia collettiva, di Moral Panic, sui comportamenti criminali del proletariato giovanile. L’istintiva turbolenza legata agli stili di vita della classe lavoratrice, considerata fino ad allora, sostanzialmente normale, inizia di colpo ad essere giudicata con inusitata severità, assume, nelle cronache allarmate della stampa, nelle arringhe dei politici, nelle ansie della borghesia, i toni di solito riservati alla criminalità e al grand Folks Devil dell’epoca, la figura dell’agitatore socialista-anarchico. Le bande dei ragazzi di strada, con i loro comportamenti scomposti e aggressivi, elemento consueto nel panorama sociale britannico, divengono un ulteriore prova, insieme agli scioperi e tutte le altre diavolerie messe in atto dai loro padri, dell’incombere dello spettro che già da un po’ si aggira per l’Europa.31 Tre bottiglie verdi appese al muro, e se una bottiglia dovesse accidentalmente cadere... Sphinx Io ed Angel siamo nati lì Stavo chiuso in casa a guardare la televisione Quando ho visto dei fiori la prima volta, sono impazzito Avevo paura del dente di leone Mia nonna ne colse uno ed io divenni isterico In quella torre di cemento ogni cosa era organizzata, ridotta al minimo comune denominatore dai sociologi Vista: qualcosa di solido Suono: televisione Tatto: plastica Gusto: plastica Le stagioni regolate da un termostato Una volta l’anno i miei prendevano l’albero di plastica e si scambiavano regali patetici Fino a 15 anni non sapevo di essere morto non avevo mai provato amore o odio la mia generazione è una generazione vuota In Jubilee il riferimento alla metropoli è costante, Jarman ci mostra i luoghi della tradizione riconvertiti in centri del potere e le periferie come vasti campi di battaglia dove bande di giovani danno libero sfogo alla propria frustrazione violenta. Nella Londra dei Doks e delle periferie che il film ci mostra possiamo ben cogliere un velo di sarcasmo verso i media accusati di essere allarmisti e di non uscire da una convenzionale e criminalizzante lettura di questi spazi in relazione al contesto giovanile. Il Tamigi è una secca di fango su cui i cadaveri galleggiano, la città è paralizzata nel suo grigiore e stigmatizzata dal piano regolatore che impone una divisione netta fra la città borghese e quella proletaria determinando una frattura profonda fra le periferie operaie e la ricchezza del centro città. Un po’ in tutti i paesi europei presi nella corsa all’industrializzazione, ma soprattutto in Gran Bretannia, si fa largo il concetto delle due nazioni, dei due mondi separati e opposti della borghesia e del proletariato ognuno nelle pro- prie zone ognuno con i propri valori e le proprie usanze. Tra cui, per quanto riguarda le classi subalterne, quell’accentuato senso del territorio prodotto dalla ghettizzazione e dalla consapevolezza che ogni ulteriore spostamento coatto non farebbe che peggiorare la propria condizione32 L’isolamento che si determina ha una risposta fisica nella struttura dei collegamenti e dei quartieri, la rete stradale tende a dimenticarsi delle zone periferiche, il quartiere dormitorio non interessa a nessuno, non è possibile trovare una buona ragione per andarci. La collettività giovanile proletaria non spaventa finché rimane confinata nei suoi quartieri-ghetto, ma nel momento in cui presa coscienza di sé cerca visibilità convergendo verso il centro con i suoi modi, le sue spigolosità, il suo spirito di rivalsa, allora la stampa e l’opinione pubblica intervengono a demonizzare e reprimere il suo manifestarsi. Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all’altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: “Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene”. Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio. Hubert Una delle scene finali di Jubilee ci prospetta, con un diverso riferimento simbolico linguistico, l’inevitabile senso di caduta espresso nell’instabilità del vivere collettivo e individuale. Nel cortile dello squat, Chaos è rimasta sola e, in un silenzio inusuale, sale sul filo per il bucato, ci cammina sopra come un funambolo. In equilibrio precario, lottando con la forza di gravità, rimane sospesa in aria intonando “Je ne regrette rien” di Eith Piaf. L’ultimo sguardo alla città che viene lasciata alle spalle come un luogo esplosivo contraddittorio, inospitale e offensivo. Non ! Rien de rien ... Non ! Je ne regrette rien Ni le bien qu’on m’a fait Ni le mal tout ça m’est bien égal ! Non ! Rien de rien ... Non ! Je ne regrette rien ... C’est payé, balayé, oublié Je me fous du passé ! Avec mes souvenirs J’ai allumé le feu Mes chagrins, mes plaisirs Je n’ai plus besoin d’eux ! L’Heine, titolo originale del film di Mathieu Kassovitz, esce nel 1995 e conquista i favori della critica e il premio per la regia a Cannes. Siamo a Parigi, nella banlieue de les Muguets. La storia si sviluppa nell’arco del giorno successivo a scontri di guerriglia urbana. In seguito ad un violento interrogatorio un ragazzo magrebino di 16 anni, Abdel Ichah, rimane in coma. Tre sono i protagonisti principali del film: Vincent, Hubert e Said, tutti con una storia alle spalle e davanti una prospettiva di lotta contro la realtà antisociale e lo stato di polizia, violento e repressivo. Vincent trova la pistola persa da un agente di polizia in seguito agli scontri e giura di vendicare il giovane Addel in caso muoia. Le scene degli scontri nella banlieue sono immagini di archivio che Kassovitz riprende da documenti del periodo, realizzate sia da amatori che diffuse dai telegiornali. Ne risulta un coinvolgimento immediato e crudo con la storia narrata e determina fin da subito una tensione che prosegue per l’intero sviluppo della storia. Il ritmo del film è serrato, senza pause, è una caduta libera dello spettatore in una realtà senza via d’uscita. Come nell’esperienza di Jarman la stretta commistione fra realtà e finzione è il presupposto di partenza per creare un’opera basata sulla condizione vera delle città, in cui la storia narrata è perfettamente aderente alla vita vissuta. Non sappiamo prevedere l’atterraggio né spaziale né temporale, ma abbiamo la lucida coscienza che sarà senza scampo. Una società che lentamente ma con costanza alimenta il proprio suicidio. Balayés les amours Et tous leurs trémolos Balayés pour toujours Je repars à zéro ... Non ! Rien de rien ... Non ! Je ne regrette rien ... Ni le bien, qu’on m’a fait Ni le mal, tout ça m’est bien égal ! Non ! Rien de rien ... Non ! Je ne regrette rien ... Car ma vie, car mes joies Aujourd’hui, ça commence avec toi ! Due bottiglie verdi appese al muro, e se una bottiglia dovesse accidentalmente cadere... Jarman esprime un forte desiderio di ritorno alla natura che è caratteristica condivisa dalle controculture inglesi. Questo desiderio si determina in due prospettive. Da una parte è un sincero desiderio di salvaguardia ambientale, là dove il progresso economico sembra aver calpestato qualunque altro ambito di interesse. Dall’altro corrisponde ad un desiderio di pacificazione con la natura nato in risposta alla malattia e si esprime attraverso la cura e la dedizione alla terra. La forza visiva di questa relazione dicotomica, in cui la natura porta sia malattia e morte che speranza e vita, si materializza nel contrasto fra l’essenziale cottage in legno sulle rive del mare, dove Jarman passa i suoi ultimi anni, con, alle spalle, la centrale nucleare di Dungeness, un mostro ambientale che racchiude in sé il presagio della distruzione. MAX Max è l’incarnazione della malevolenza, frutto della società plastificata ed anestetizzata. Coltiva un giardino di fiori di plastica combattendo contro un immaginario verme che dovrebbe minacciarne la crescita . Questo atteggiamento contro la vita è accompagnato da una visione snaturata verso l’umanità stessa che deriva dal mondo militare. Nell’esercito impara a sfogare il senso di potere su ciò che lo circonda, vende i ragazzi ai clienti del pub, strappa l’erba, consuma i fiori. L’abbrutimento di questo personaggio è una forma di nichilismo costante, che si manifesta negli ambiti del quotidiano. Dietro una fattezza apparentemente gradevole, un giardino con dei fiori colorati, benché finti, dei nanetti da giardino e un’aria vagamente sognante, si nasconde il prodotto disumanizzato di un ambiente volgare e nocivo capace di inghiottire un bruco in quanto forma vivente ricca di proteine. è colpa anche della gente delle città. Impieghi un sacco di tempo a conoscere il tuo vicino, mentre in un paesino conosci tutti. Non mi piace, non fa per me. Vivevo proprio di fronte al grattacielo di Sheffield, il condominio Kelvin. Un cesso. Ho avuto un sacco di casini. Ho conosciuto una ragazza e il suo ex, la ragazza abitava nel Kelvin e tutti erano in una Gang e robaccia del genere. Era uno schifo. Mi sono detto “vaffanculo” e sono venuto a vivere da queste parti. Sono andato a vivere in una fattoria è stato quello il primo passo per diventare traveller.33 La periferia e la metropoli non sono viste come unica possibilità all’esistenza, attraverso una rielaborazione delle idee Hippy, molti giovani punk scelgono una pratica di ritorno alla natura, un esodo che si avvicina all’immaginario post atomico, più che all’idea primigenia di una natura incontaminata. Bulloni petrolio benzina e morchia sono il costante sfondo di questa relazione uomo-natura. La varietà dei nomi dati alla spazzatura ambulante, cioè i traveller, tradisce le dimensioni dell’avversione e della diffidenza della cultura dominante nei loro confronti: punkabbestia, ubriaconi, mutanti, scimmie, brew-crew, schifasapone, zingari delle social, briganti. In un certo senso come gli zingari che si lagnano dei dreadlock e della sporcizia ostentata (di alcuni traveller. ndr), sono i traveller stessi a innescare insulti e invettive. In termini sociologici, questo significa che “essi assumono deliberatamente un’identità a rischio, esaltano stili di vita caotici ed espressivi” come afferma Kevin Hetherington.34 A partire dagli anni ‘70 in Inghilterra, sull’onda del Festival di Stonehenge e le fiere di Albione, si sviluppa il movimento traveller. La risposta di molti esponenti della prima generazione di traveller alla società del consumo, ad una vita rigidamente collocata nella metropoli, fu innanzi tutto il nomadismo. Ad esso si aggiunsero la fascinazione romantica per la natura e la vita di campagna. Il modello traveller si costruisce in una prospettiva di bisogni ridotti al minimo e liberi dalle convenzioni; in questa autonomia il traveller scopre il desiderio di autoemarginazione, di sottrazione e scomparsa dal sistema ufficiale. La realtà dei traveller non è assolutamente omogenea ma si esprime in pratiche di vita anche molto diverse fra loro che hanno come unico comune denominatore il nomadismo. Esiste una distanza quanto mai ampia fra i traveller di prima generazione, legati ad una visone idealista della comunità, che vivono in tepee in armonia con la natura in contatto con la comunità locale, e la frangia traveller del disprezzo, erede del nichilismo e della violenza del punk “sporco e imbecille” che non riesce a trasformare l’addio alla città in una prospettiva positiva. Una bottiglia verde appesa al muro, e se una bottiglia dovesse accidentalmente cadere... Simon del Sound System dei Bedlam distingue in modo netto tra i raver e la generazione precedente di traveller Hippy: “Noi siamo diversi da loro. Loro se ne stanno lì seduti ad ammirare i loro cristalli e noi ci sediamo lì ad ammirare il nostro vinile, non so se mi spiego. Il potere dei cristalli degli Hippy contro il più concreto vinile dei dischi raver”.35 Nella complessità delle varianti che stanno alla base della realtà dei traveller, l’aspetto che determina la forza controculturale, in ogni sfumatura del movimento, risiede nell’idea di invisibilità e nomadismo promossi dal concetto di TAZ di Hakim Bey. Pat Kane parla di “una cultura dell’irrazionale più ampia e profonda: una cultura che spesso nobilitiamo con il termine ‘new age’ ma che dovrebbe essere propriamente chiamato occulta”. Non so se new age possa essere considerato (ancora) un termine nobilitante, ma forse dovremmo fare un uso più ampio del termine occulto, nel suo significato di nascosto (alla vista), celato. Sebbene l’etimologia sia completamente diversa, sembra che occulto debba anche essere connesso anche a cultura, addirittura sottocultura.36 La prospettiva e le modalità TAZ, sono state negli ultimi dieci anni nuove forme di indagine e pratica controculturale, promosse in particolare da spazi occupati, dai centri sociali e da ambiti underground. La tattica del nomadismo psichico è stata sperimentata attraverso una libertà estrema di forme che hanno permesso di vedere realizzata l’isola sia come frattura nel sistema che come connessione sinergica nella rete. prietari terrieri, esercito e polizia) e alternativi ufficiali (la campagna per il disarmo nucleare, le fiere). Si aprivano nuovi spazi che venivano occupati un paio di mesi, in attesa dell’inevitabile sgombero. Un circuito di zone temporaneamente autonome. Un Sabba popolare itinerante che la maggioranza demonizzava e una minoranza idealizzava.37 Appena la TAZ è nominata (rappresentata, mediata) deve svanire, svanirà lasciandoci dietro una corteccia vuota, solo per poi saltare fuori ancora da qualche altra parte, ancora una volta invisibile perché indefinibile in termini dello Spettacolo. La TAZ è perciò una tecnica perfetta per un’era nella quale lo Stato è onnipresente e onnipotente, eppure simultaneamente pieno di crepe e vuoti. Hakim Bey Nomadismo psichico come tattica, quella che Deleuze e Guttari chiamano metaforicamente la “macchina bellica” sposta il paradosso da uno stato passivo ad uno stato attivo e forse anche violento. Le ultime agonie e sferraglie del letto di morte di “Dio” sono andate avanti per così tanto tempo - in forma di capitalismo, fascismo e comunismo, per esempio - che c’è ancora molta distruzione creativa da essere eseguita da commandos postbakunin-post-nietzschiani o apaches (letteralmente nemici) del vecchio consenso. Hakim Bey I traveller veramente nomadi erano quelli del Peace Convoy, il gruppo più folto e più noto di traveller degli anni ‘80. Il Peace Convoy poneva interrogativi al comodo schema binario tra istituzione sociale (parlamento, pro- La TAZ è un’arte della vita in continua ascesa selvaggia ma gentile, un seduttore, non un violentatore, un contrabbandiere piuttosto che un pirata sanguinario, un danzatore non uno scatologista. Qual è il rifiuto dell’arte? Il gesto negativo non è da trovarsi nello sciocco nichilismo di uno “Art Strike” (sciopero dell’arte proclamato da diversi collet- tivi artistici internazionali dal 1990 al 1993) o nello sfigurare un dipinto famoso. Si vede nella quasi universale noia dell’occhio vitreo che striscia sopra la maggior parte della gente alla semplice menzione della parola. Ma in che consisterebbe il gesto positivo? È possibile immaginare un’estetica che non si impegni, che si rimuova dalla storia e anche dal mercato? O che almeno tenda in quella direzione? Che vuole rimpiazzare la rappresentazione con la presenza? Come si fa sentire la presenza stessa come nella (o attraverso) la rappresentazione? La scomparsa dell’artista è la soppressione e la realizzazione dell’arte in termini situazionisti. Ma dove svanire? E si vedrà o si sentirà parlare ancora di noi dopo di ciò? Andiamo a Croatan –qual è il nostro destino? Tutta la nostra arte consiste in un biglietto di addio alla storia– “Andati a Croatan” ma dov’è? E che faremo la?38 La stampa gialla venne inventata a New York un centinaio d’anni fa; guerrafondaia e xenofoba, manovra per l’oro giallo delle tue tasche. Fregatura culturale delirante, infida, pazzoide. D.J. Chroma 30 L’alienazione dello spettatore a vantaggio dell’oggetto contemplato (che è il risultato della propria attività incosciente) si esprime così: più esso contempla meno vive; più accetta di riconoscersi nelle immagini dominanti del bisogno, meno comprende la propria esistenza e il proprio desiderio. L’esteriorità dello spettacolo, in rapporto all’uomo agente, si manifesta nel fatto che i gesti non sono più suoi, ma di un altro che glieli rappresenta. Questo perché lo spettatore non si sente a casa propria da nessuna parte perché lo spettacolo è dappertutto. 32 Lo spettacolo della società corrisponde ad una fabbricazione concreta dell’alienazione. L’espansione economica è principalmente l’espansione di questa produzione industriale, precisa ciò che cresce con l’economia muovendosi autonomamente per se stessa, non può essere che l’alienazione che era propriamente insita nel suo nucleo originario.1 Devastavamo pietà coltivando le piaghe più rivoltanti. Diventavamo un monito alla vostra felicità 2 Il potere da sempre si esercita attraverso l’uso dei media, e di contrappunto da sempre una parte di artisti, filosofi e intellettuali ha cercato un modo per sfuggire alle imposizioni politiche e culturali dei mezzi di informazione. L’omologazione, frutto di un crescente appiattimento concettuale e produttivo, nell’era della globalizzazione, non è più solo un rischio ma una realtà con cui confrontarsi. Le pratiche adottate per definire un’alternativa possibile all’arte, così come alla vita, sono state molteplici e non sempre hanno prodotto, fino in fondo, un cambiamento o un ribaltamento di valori e prospettive. Il punk fa parte di quei movimenti caratterizzati da una forte contraddizione e da una molteplicità di atteggiamenti e tattiche, spesso in contrasto fra loro. In questa mancanza di ordine e rigore si colloca il fascino del percorso punk che ha investito non solo il campo musicale artistico ma anche il costume e il linguaggio. La moltitudine di band, di spazi occupati, di angoli di strada vissuti, di birre consumate in pomeriggi assolati, l’insistito bisogno di stare fuori dai canoni, la violenza supposta come forma di libertà e il desiderio di costruire un percorso autonomo e creativo, hanno costituito solo una parte di ciò che il punk ha rivelato. Un’altra consistente tendenza è stata quella di scendere a compromessi con le strategie di mercato, accettare una ricollocazione in favore del successo e ancor più spesso non avere nessuna prospettiva alternativa rispetto alle regole del sistema. Il punk è un movimento molteplice in tutti i suoi aspetti, affermava la propria autonomia nell’esaltazione del singolo, in una visione della realtà individuale, fuori da una logica necessariamente di gruppo. La forza ultima è stata la natura contraddittoria e disomogenea del pensiero e dell’azione che ha permesso una ramificazione diversificata di più realtà. Come il Dada di André Breton poteva sembrare che il punk aprisse tutte le porte ma tali porte si aprivano su un corridoio circolare, una volta dentro questo cerchio dissacrato il punk era condannato per sempre a rappresentare l’alienazione, a mimare la sua condizione immaginaria, a fabbricare un’intera serie di figure soggettive di correlazione con gli archetipi ufficiali della “crisi della vita moderna”: i diagrammi della disoccupazione, la Depressione, l’occidente, la televisione, eccetera. Trasformati in icone (la spilla di sicurezza, l’aspetto stupido, smunto e affamato) questi paradigmi della crisi potevano vivere una doppia vita, allo stesso tempo, fittizia e reale.3 IN JUBILEE C’È UNA CONTRADDIZIONE È ACCESA E BRUCIA. Da una parte abbiamo il desiderio di ribellione, la rabbia che preme sotto la pelle, la voglia di rivoluzione; dall’altra si insinua un’alienazione velenosa e pervasiva che rende l’azione impossibile o mal indirizzata; è una sorta di cancro che determina l’autodistruzione sia fisica che ideologico-politica, che impedisce l’azione diretta e determinata. Se consideriamo Jubilee e i suoi protagonisti figli del proprio tempo, dobbiamo fare alcune osservazioni preziose che ci permettono di ordinare le contraddizioni e il potenziale di un’epoca e più in generale delle sottoculture underground. Il punk si esprime e manifesta il proprio dissenso attraverso una combinazione di segni: la forza invasiva di questo processo è il suo manifestarsi attraverso un codice fatto di simboli. Ci si appropria con la massima libertà di qualsiasi elemento, oggetto, ambiente e lo si trasporta, trasformandone la natura, in un contesto di rottura all’ordine costituito; il corpo diviene mezzo di comunicazione, gli oggetti si trasformano in segni che determinano l’idea di frattura. È la forma attraverso cui il punk si esprime che si oppone e contraddice la normalità nelle sue leggi fondamentali. Il punk prende le distanze dalla società, ma non se ne disinteressa, si pone come entità dissonante, innaturale; nel far questo disturba, infastidisce, è un organismo “inappropriato” che non fa richieste ma determina rotture, non desidera un confronto con la cultura dominante, è uno stile che narcisisticamente si autodetermina e auto-riferisce. DO THEY OWE US A LIVING CRASS 1980 In quanto violazione simbolica dell’ordine sociale questo movimento attrae e continuerà ad attrarre attenzione, a provocare cesure e ad agire da canale fondamentale della sottocultura.4 Fuck the politically minded Here’s something I want to say About the state of the nation The way it treats us today At school they give you shit Drop you in the pit You try and try and try to get out But you can’tBecause they’ve fucked you about Then you’re a prime example Of how they must not be This is just a sampleof what they’ve done of you and me Do they owe us a living? Of course they do Do they owe us a living? Of couse they do They don’t want me anymore ‘cose I threw it on the floor And now that I am different But I’m nobody’s plaything Thy’d love to bust my headthey’d love to see me cop-out They’d love to see me dead The living that is owed to me I’m never going to get They’ve buggered this old world up They’ve buggered this old world up Up to their necks in debt They’d give you a lobotomy For something you aint done They’ll make you an epitomy Of everything that’s wrong Don’t take any notice Of what the public think They’re so hyped up with T.V. They just don’t want to think They’ll use you as a target For demands and for advice When you don’t want to hear it They’ll say you’re full of vice5 Nelle metropoli, dai primi anni ‘70, si avverte un profondo cambiamento delle relazioni giovanili: le periferie industriali generano attitudini radicali, una spaccatura sociale profonda che oppone alla classe operaia, isolata e sottomessa alle leggi della produzione, una società borghese e benpensante impegnata a spacciare il mito del consumo e di un progresso tecnologico rivelatosi alienante e corrutivo. In questo contesto comincia ad emergere una posizione più cinica che presto manifesterà carattere sovversivo. La persona, l’individuo e il suo tempo vengono messi al centro di una riflessione scottante che si oppone alla mentalità borghese. Questo processo, abbandonate tutte le istanze positive-ottimistiche espresse dall’idea “peace and love” del movimento hippy, si radicalizza nel desiderio di emancipazione delle classi proletarie. La working class, disinlusa e isolata, si mette in prima linea nella lotta alla cultura e morale dell’establishment, minaccia l’idea polverosa del progresso borghese. È una tendenza comune a più ambiti di espressione, che nella sua forma più ribelle crea il presupposto per la nascita e diffusione del punk. Londra alla fine degli anni Settanta è la città dove ogni esperienza underground diventa segnale – c’è una produzione pazzesca di modelli diversificati di vita – tutto diventa una moda – le controculture si mischiano sulle strade ai più stravaganti individui e ai gentlemen in bombetta – le vetrine le boutique i negozi di dischi le librerie i cinema – sono i ripetitori naturali di questi segnali6 In Italia l’onda del movimento, per quanto sia arrivata con un certo ritardo, ha mantenuto un carattere fortemente indipendente e una radicalità protratta nel tempo. La natura periferica di questo paese, determinando una marginalità maggiore del movimento, permise uno sviluppo genuino e disinteressato verso l’aspetto commerciale. Le soluzioni sperimentali dell’underground, attraverso i mezzi che lo caratterizzano, autoproduzioni, fanzine ed editoria, si sono contraddistinte per freschezza formale e fantasia intellettuale. Sono stato a Londra nel ‘77 e in King’s Road ho trovato una situazione certo nuova e stimolante per me, ma già modaiola.7 La stagione del punk britannico come attitudine fuori dal controllo, difficilmente inquadrabile dal sistema, dura solo dal ’75 al ’77. In questi due anni, allo shock generato in origine, si sostituisce la sistematica ricollocazione delle dinamiche e dello stile nelle regole ufficiali. Il sistema apre le porte al mercato e inghiotte in una bolla massificata lo stile punk: la mercificazione dell’immagine è un bello scherzo giocato alla realtà underground più fortemente iconoclasta che si ricordi. Le realtà che si tennero fuori dal processo di integrazione rappresentano delle eccezioni. Esse svilupparono in particolare i temi legati alla marginalità della working class e delle periferie e si strutturarono sulla base di una visione politica collocata al di fuori del successo commerciale. Questi esempi di coerenza e dedizione hanno dato lo slancio e l’avvio ad un pratica politica cosciente e di azione diretta e coordinata, sviluppatasi poi nell’era del post-punk. Borgia Ginz Jarman considera il walfare come la protezione in grado di salvaguardare la vita del paese dall’essere totalmente corrosa dalla libera azione del capitale. In assenza di ogni restrizione nella sua condotta economica, Borgia Ginz, commette un omicidio, nello stesso modo di Malcom Mclaren, venditore del punk, che parla spudoratamente di come “fare soldi dal caos”. Nella morte del capitalismo di assistenza, che vede l’emergere dell’egemonia del Thatcherismo e di una politica economica senza regole, Ginz, con perspicacia nota che “ Il paradiso è stato sostituito dal progresso.8 In Jubilee il simbolo del potere è Borgia Ginz, una piovra nata dal libero mercato, dall’era di capitalismo sregolato. I suoi tentacoli arrivano ovunque, invade il territorio delle aree più radicali del punk e le inghiotte. Borgia Ginz è l’impresario che possiede tutto il sistema di informazione: dai canali televisivi alla stampa. Nell’elenco completo che declama con veemenza nel film, non manca nessun grande nome di azienda fino ad arrivare ai servizi segreti. Ginz rappresenta la dittatura dei media e ne rappresenta il potere sulla società; è un idea del male che si è radicata nel corso degli ultimi anni ed ha trovato terreno nella costruzione della democrazia, un paese come l’Italia, ad esempio, ne ha sviluppato un concetto piuttosto originale, in cui il potere politico e i mezzi d’informazione si concentrano nelle mani di un unico Borgia Ginz nostrano. La considerazione che questo personaggio ha delle generazione presente è legata esclusivamente alla produzione di capitale, riconosce nel talento la possibilità di investire di mercificare lo stile e di trarne profitto. Il film, realizzato fra il ‘77 e ’78, ci presenta tutte le perplessità presenti nella visione radicalmente indipendente di Jarman, che intuisce la direzione di un certo atteggiamento accondiscendente al mercato, sopratutto ad opera di personalità come McLaren e Westwood, che stava trasformando il punk nell’ennesimo inganno commerciale a discapito dei giovani e di istanze di ribellione genuina. Nel film ci sono due posizioni contrapposte, la prima è rappresentata da Angel e Sphinx, che vedono bene come Ginz non sia altro che una macina per giovani in cerca di successo, promuovono la strada come luogo di sperimentazione e cercano di convincere Kid a rimanere fuori dalle grinfie dell’impresario. Kid che dimostra un’energia performativa incrollabile ed eccentrica, rimane in un limbo di incertezza. Circondato dal monumento ai musicisti, di fronte alla Royal Albert Hall, si presenta come il grande insicuro che, consapevole del proprio talento, non trova la strada per gestirlo. La bottiglia del latte scivola di mano e si frantuma a simboleggiare la fine dell’innocenza, lo schianto dell’ingenuo. La seconda posizione, su cui Jarman calca la mano, percependone la minaccia, è quella presentata da Amyl, Bod, Mad e Lounge Lizard. Amyl non ha nessuna remora a vendere la sua arte a Ginz, l’interpretazione di Rule Britannia che rappresenta l’Inghilterra all’Eurovision Song Costent per l’etichetta di Ginz, è il grottesco riferimento all’idea di libertà proposta dall’espansione imperialista del paese. La presenza di un isterico urlo di Hitler nel brano evidenzia il nesso con l’idea di uno stato violento che perpetua il proprio potere nella sottomissione e nel colonialismo. Come per la musica radicale degli anni ‘60, l’establishment aveva commercializzato la “rivoluzione” a suo discapito, mutando le rockstar in milionari e riducendo il dissenso in “arte” slegata dalla vita. Jarman qui utilizza Almyl per capire la personalità della sua interprete: Jordan appartiene all’idea dei Sex Pistols, di cui l’irriverente pezzo “God Save the Queen” era al massimo nelle classifiche nell’anno del Giubileo grazie alle capacità promozionali dell’industria musicale. Quindi non preoccupa che Adolf Hitler stesso sia con Amyl nella sala di Ginz a vedere in tv l’ufficiale parata del GIUBILEO della corona inglese (che fu celebrato nel 1978), Hitler commenta la carrozza dorata della regina: “È così fantastica, il sogno di un’artista. ovviamente sono stato il più grande artista di questo secolo, migliore di Leonardo da Vinci” e brinda insieme a Amyl Bod e Mad. L’arte è sicuramente la vera violenza in cui si divertono Mad e Bod.9 KID...Adam Ant Adam Ant rappresenta il leader del movimento new romantic inglese degli anni ’80. In Jubilee partecipa con i B-side, poi convertiti Ants, che realizzano tre pezzi per la colonna sonora del film. Al momento delle riprese il gruppo non era ancora molto conosciuto e Jubilee contribuì a far emergere la figura di Adam. La band, che poneva come particolare caratteristica musicale l’utilizzo di due batterie e di conseguenza una potente base ritmica, attirò le attenzioni di Malcom Mclaren che all’epoca, era già ex manager dei Sex Pistols e contribuì all’album di debutto degli Ants “Dirk Wears White Sox”. In breve Mclaren convinse parte della band a lasciare Adam per la nuova formazione Bow Wow Wow, costretta a cambiare nome in seguito ad una causa che vide Adam vincere i diritti sul nome. Ant si lega in sodalizio con il chitarrista Marco Pirroni, ex Rema Rema, che suonava in concerto, dal 1976, con Siouxsie and the Banshees e altre band della new wave inglese. A partire dagli anni ‘80, il look e lo stile di Adam Ant, che si esprimeva attraverso slogan come “Ant-music for sexpeople” e un gergo fantasioso e personale, fece breccia nella parte più vivace del post punk che attinse ad alcuni elementi del suo stile fatto di fascinazioni piratesche ed eroi dei fumetti di ispirazione statunitense. Nel 1982 Adam comincia una carriera solista che lo vede protagonista al ballo per la guerre nelle isole Falkland su diretto invito di Margaret Thatcher. Firma così la sua sottomissione al potere che, contrariamente alle aspettative, lo destina ad uno scarso successo commerciale. Il legame tra artista e pubblico è stato spesso metafora, nell’estetica rivoluzionaria, di quella grossa intransigente barriera che nel capitalismo separa l’arte e il sogno dalla realtà e dalla vita10 Il dissenso verso il processo di mercificazione e livellamento culturale, si esprime sempre con più forza attraverso la sperimentazione performativa sia nelle arti visive che nell’ambito musicale. La ribellione avviene sul palco, nella relazione col pubblico, con la musica e i testi. Il punk si esprime nella totale spontaneità ed immediatezza, nel disprezzo della tecnica, assumendo come valore unico quello della passionalità e dell’improvvisazione. Dagli anni settanta si cominciano a registrare le prime tendenze verso forme performative iconoclaste ed trasgressive presenti in diversi ambiti di espressione artistica. La pratica di distruggere lo strumento implica un valore simbolico in cui il mezzo del rituale performativo viene sacrificato e immolato nella sua frammentazione e scomparsa fisica. Questa azione è eredità delle sperimentazioni nel campo delle arti visive, in particolare delle azioni Fluxus e di artisti vicini al movimento. In “One Solo For Violin”, performance del 1963, Nam June Paik, afferrato il violino per il manico, lo fa oscillare per alcuni minuti in assoluto silenzio e, infine lo sfacia sul bordo del tavolo, facendone scaturire così un unico, definitivo, suono11 Con i concerti degli Who si inaugura la stagione di nichilismo performativo in ambito musicale. In particolare Pete Townshead e Keith Monn che si accaniscono rispettivamente su chitarra e batteria. Townshead si aggirava per il palco trasportato da una carica teatrale incandescente e finiva il concerto frantumando la chitarra sugli amplificatori. La rottura degli strumenti si prenda il caso degli Who, consegue naturalmente alla violenza del suono, alla sua crudezza e al suo volume, alla fisica energia profusa dai membri del gruppo sul palco, alle parole di generica, ma comunque decisa ribellione delle canzoni, al nichilismo strafottente e urlato nel celebre verso di My generation “Hope i die before I get old”12 MY GENERATION THE WHO People try to put us d-down (Talkin’ ‘bout my generation) Just because we get around (Talkin’ ‘bout my generation) Things they do look awful c-c-cold (Talkin’ ‘bout my generation) I hope I die before I get old (Talkin’ ‘bout my generation) This is my generation This is my generation, baby Why don’t you all f-fade away (Talkin’ ‘bout my generation) And don’t try to dig what we all s-s-say (Talkin’ ‘bout my generation) I’m not trying to cause a big s-s-sensation (Talkin’ ‘bout my generation) I’m just talkin’ ‘bout my g-g-g-generation (Talkin’ ‘bout my generation) This is my generation This is my generation, baby Why don’t you all f-fade away (Talkin’ ‘bout my generation) And don’t try to d-dig what we all s-s-say (Talkin’ ‘bout my generation) I’m not trying to cause a b-big s-s-sensation (Talkin’ ‘bout my generation) I’m just talkin’ ‘bout my g-g-generation (Talkin’ ‘bout my generation) This is my generation This is my generation, baby People try to put us d-down (Talkin’ ‘bout my generation) Just because we g-g-get around (Talkin’ ‘bout my generation) Things they do look awful c-c-cold (Talkin’ ‘bout my generation) Yeah, I hope I die before I get old (Talkin’ ‘bout my generation) This is my generation This is my generation, baby Accompagna il processo di sublimazione dello strumento musicale la pratica di autolesionismo che caratterizza le performance di alcune band. Il corpo si trova al centro delle sperimentazioni artistiche di questi anni, attraverso la body art è innalzato a strumento di liberazione e sacrificio, con pratiche masochistiche, prove fisiche e di resistenza. L’azionismo viennese, secondo Otto Mühl, è stato una tipologia di arte ritualista, non solo una forma d’arte, ma sopratutto “un’attitudine esistenziale” una formula che descrive bene il lavoro di Gunter Brüs, Arnulf Rainer e Valie Export. La loro azione aveva come comune denominatore il carattere spettacolare della libera espressione dell’artista, nell’intensità evocavano la pittura espressionista viennese che si era fatta conoscere cinquanta anni prima.... A Parigi i tagli che Gina Pane si infliggeva sul corpo, dorso, viso e mani, non erano meno pericolosi, come Nitsch, pensava che il dolore ritualizzato avesse un effetto purificatore: un’opera come la sua è stata necessaria al fine di “farsi capire da una società anestetizzata”. Utilizzando come elementi della performance il sangue, il fuoco, il latte e ricreando il dolore, giungeva - secondo le sue stesse parole - “a fare immediatamente capire al pubblico che il suo corpo era la sua materia artistica”.13 S 22 Il gruppo si ritrova nel salotto dello squat, i protagonisti sono tutti insieme, è una delle poche volte che li vediamo riuniti, alcuni guardano in tv band suonare mentre Amyl legge uno dei suoi testi sulla storia. VIRUS AZIONE PALAZZO PROVINCIA L’azione viene compiuta durante una conferenza di alcuni sociologi riunitisi il 24 aprile 1984 nella sala della Provincia per presentare una ricerca condotta sulle realtà giovanili, in particolare sulla nuova scena punk. L’episodio è testimoniato da una ripresa di Laura Maragnani14 che documenta l’intervento estemporaneo e minimamente concertato compiuto in particolare da Gomma, Atomo e Vincillo, giovani punk milanesi. L’ azione si opponeva all’idea diffusa che fa dei punk (e di tanti altri movimenti) delle cavie da studiare vivisezionandone i comportamenti. Sociologa : “...e poi il fenomeno si è allargato diventando difficile da leggere”, Punk : “io sono una persona non un fenomeno”. Amyl - Arrivò il momento in cui le richieste non potevano più essere soddisfatte e tutti cominciarono a sentirsi imbrogliati. Ed eccoci nel presente! Cazzo che bello! Una civiltà annientata dal rancore, ma la civilizzazione è sempre stata fottutamente noiosa per tutti! Chi se ne frega? Possiamo farne a meno. Bod e Mad distese sul letto, Bod a schiena nuda, Mad con un coltello affilato le incide sulla pelle, lettera dopo lettera, la parola LOVE. è un’azione lenta di sadomasochismo, che prosegue col cospargimento di sale sulla ferita. In Jubilee la ricerca del dolore è finalizzata ad essere prova dell’esistenza, come antidoto alla noia. Non c’è nessuna relazione fra l’azione e il fuori, è un semplice atto autoriferito. La scritta love si propone come un ossimoro, il sostantivo va a incorniciare l’azione che lo genera ed esprime essenzialmente l’opposto: un gesto di violenza e dolore gratuiti. È un’azione senza nessuna natura catarchica, piuttosto usa il corpo come prova dell’esistenza. Il dolore sembra essere unica risposta alla domanda amletica sull’essere o non essere, attraverso di esso si riscopre la presenza fisica dell’essere umano. La blank generation, per la quale niente ha una coscienza di sé, considera la realtà rimossa nell’alienazione, il dolore del corpo è un semplice promemoria dell’effettivo essere al mondo. Tutta quella nostalgia di merda per loro è l’unico modo di sopravvivere, evitare l’azione. Mi ricordo con quale spontaneità la mattina in cui i sociologi hanno fatto la conferenza stampa di presentazione della ricerca, noi ci siamo presentati li e con quale spirito abbiamo deciso di tagliarci i petti invece di spaccare tutto, ci siamo visti li davanti e, per come ricordo adesso, non avevamo ancora deciso cosa fare, avevamo una mezza idea ma non eravamo certi eravamo io Atomo e il nostro compare Vincillo; abbiamo comprato le lamette al tabacchino di fronte alla prefettura e fatto le fotocopie sempre li di fronte, quindi non è che fosse una roba che avevamo preparato da un mese, abbiamo fatto tutto seduta stante, con le 100 lire che avevamo in tasca ed eravamo in tre. In realtà c’era tutta una sorta di rappresentanza della scena di allora, ma siamo stati in tre a decidere cosa fare. Probabilmente se fossimo stati più politicizzati avremmo spaccato tutto o avremmo usato dei codici di azione che non avrebbero avuto l’impatto che hanno avuto”.15 I ragazzi assistono per qualche minuto alla conferenza stampa, poi si tolgono le magliette e incidono la pelle con le lamette, si avvicinano al tavolo delle sociologhe che, quasi isteriche ma fingendo una compostezza innaturale, continuano ossessivamente a parlare di cosa e come sono questi giovani, i punk si puliscono il sangue con i volantini del comunicato stampa e se ne vanno con una frase “Ecco il mio sangue”. I codici d’azione messi in campo dai ragazzi del Virus superano il confine fra arte e vita e si rafforzano nell’unione tangibile dei due momenti, che diventano la prospettiva espressiva verso cui muoversi. In questo caso l’estemporaneità del gesto si accompagna ad una fine sensibilità che mette in campo un codice di segni che colpisce il pubblico e ridicolizza la ricerca sociologica così freddamente distaccata dalla realtà. La conferenza e la ricerca si trasformano in superficialità profonda al cospetto dei corpi nudi dei ragazzi: i sociologi scrivono con l’inchiostro, i punk col sangue; i sociologi fanno ricerche che durano anni; i punks agiscono nell’immediatezza dell’istinto. L’intervento nella sala della provincia ha messo in evidenza come l’urgenza comunicativa sia la chiave della comunione fra arte e vita in un processo rituale fatto di simboli e gesti. Nella sua immediatezza, grazie alla carica di rabbia spontanea che si manifesta in una compostezza impeccabile, l’azione si compie, senza sbavature, puntuale e incisiva. Il gesto contiene una carica simbolica totale che si richiama alla sfera mistico religiosa e che ripresentarappresenta nitidamente l’eterno conflitto fra vittima e carnefice. La musica Punk eredita le sue caratteristiche di base da due realtà musicali distinte e antagoniste. Da una parte il filone più nichilista della musica rock, portandone alle estreme conseguenze l’estetica individualista e frammentata confluita nel rock da influenze letterarie, da Rimabaud a Burroughs; dall’altra l’idea di apocalisse e minaccia sociale nate nel reggae. Il reggae si differenzia dagli altri generi musicali in quanto si pone come una possibilità politica di cambiamento, con un impatto messianico coinvolgente, prospetta una rivoluzione possibile e soddisfa la frangia più impegnata del movimento che ne abbraccia le rivendicazioni propulsive. L’esecuzione musicale si struttura nella dissoluzione delle regole. Non importa la qualità dell’esecuzione, l’attenzione è concentrata nell’azione, fare, esprimere, ribellarsi e rivoluzionare. La musica è un ambito di creazione privilegiato dal movimento che unisce alla performance musicale disordinata parole di protesta e di denuncia. I testi sono una valanga di pensieri essenziali, riflessioni rabbiose rigettate nel microfono con violenza. Il pubblico diviene parte centrale del concerto, non rimane passivo ma si sovrappone alla voce della band. La forza dello show punk si rivela nel desiderio di coesione e collisione con gli spettatori. Nasce il pogo pratica anti coreografica e anti ballo per eccellenza. Il pogo si diffonde a macchia d’olio, dagli Stati Uniti all’Europa e diviene carattere distintivo dei concerti punk. La distruzione dell’ambiente circostante è parte integrante della performance. Durante il concerto succede tutto, l’energia si canalizza nella relazione col pubblico che partecipa al rito pagano in cui dar libero sfogo e forma alla pratica musicale. Il suono è scarno ma potente, il pogo diventa furioso – gli inglesi sono dei grandi esperti nel ballare – ci sovrastano rischiamo di affogare tra gomiti in faccia e ginocchia sugli stinchi – ci mettiamo di lato – … i Crisis rispecchiano bene questo periodo – un misto di tutte le tendenze che poi saranno le diverse strade che il punk percorrerà16 Jubilee è strutturato sull’intervento musicale, l’energia sonora fa da tappeto a tutte le azioni ed è il filo conduttore del film. Solo la violenza spregiudicata e la performance musicale sono reali, in grado di generare entusiasmo di dare carica di fare sentire vivi. I protagonisti sono coinvolti a diversi livelli nella produzione musicale, la musica è il banco di prova della radicalità delle intenzioni individuali, è questo l’ambito in cui si cade vittime delle lusinghe della grande produzione e del successo commerciale: qui i più sono pronti a vendere la propria immagine per un’ora di gloria mercificata. Implicita la critica di Jarman a tutta quella parte del movimento che non è stata in grado di affermare se stessa nei suoi principi che ha percorso la strada dell’integrazione e legittimazione. Lounge Lizard...Wayne County Personaggio singolare che ben incarna le esigenze di sperimentazione anarchica nell’ambito dell’identità di genere. Agli inizi degli anni ‘70 giunge sulla scena Newyorkese frequentando l’ambiente dell’arte d’avanguardia. Nel ’74 fonda la band The Backstreet Boys che grazie all’oltraggiosità delle performance, l’ambiguità sessuale e alla strafottenza anche canora di Wayne, diventa un riferimento dell’underground newyorkese. Nel ’77 approda nella Londra del fermento punk e forma una nuova band The Electric Chairs. Nel 1980, sciolta la band, Wayne diventa Jane in seguito ad un intervento che le consente di cambiare sesso; si trasferisce a Berlino dove la scena musicale è più radicale e politica di quella inglese e partecipa a numerosi musical di sua ideazione. La parte di Lounge Lizard transessuale narcisista, piegato al mercato e al denaro è sicuramente una parte che si cuce ironicamente su Wayne County che si è sempre distinta per le modalità indipendenti e le scelte coerenti del proprio percorso personale e professionale. - OH sono di nuovo in televisione! Sono grande, guadagno milioni! Ieri sera sono andata a letto/Avevo una sensazione demoniaca nella mia testa/ Allora qualcosa mi ha fatto allargare le gambe/E l’ho sentito arrivare fino al cuore/Il paradiso della paranoia! Sarà di sicuro la morte per me/Chiedete ad Adamo ed Eva/Eva non pensava che il diavolo fosse cattivo/No un bambino birichino/ Per lei era un angelo diventato cattivo/No, rosso come il comunismo/Il diavolo aveva una parte del cielo/ Dio, Dio sbatte fuori il diavolo - Ma che importa sono così ricco/Potrei mangiarmi i bicchieri Oh, ho sbagliato Paranoia, Paradiso/Sarà di sicuro la morte per me/Chiedete ad Adamo ed Eva/ Il paradiso della paranoia/ Sarà di sicuro la morte per me/Chiedete ad Adamo ed Eva/Il paradiso della paranoia Il paradiso della paranoia Il paradiso della paranoia - Una stella che brillerà per sempre. Le stelle non spariscono la galassia è piena di stelle. Vere Stars The Smiths - Pet Shop Boys A più riprese Jarman esplora il mezzo del video clip, che sembra essere finalmente un momento di sperimentazione possibile, libero da sovrastrutture e slegato da codici esclusivamente commerciali. L’apertura di MTV, la rete musicale americana, incrementò, nel 1981, la produzione di video musicali, che divennero un motivo di fermento produttivo. La libertà espressiva del mezzo consentiva di indagare l’immagine al di là di una necessità esclusivamente narrativa, ricollocando la sperimentazione come elemento necessario e scoprendo nell’immediatezza del tavolo di montaggio un’ulteriore componente espressiva. L’innovativo punto di vista espresso dal mercato di video clip, restituisce a Jarman la possibilità di confrontarsi liberamente nelle sue modalità non-narrative, che, per la prima volta, trovano un’applicazione mediatica pur mantenendo l’integrità autonoma della sperimentazione. Nasce una stretta collaborazione con registi più giovani che vedono nell’espandersi del mercato dei videoclip una possibile strada al di fuori delle vuote e rigide regole della ricerca ufficiale. Nel 1986 realizza per la band “The Smiths” una sequenza composta da tre film per l’album ”The queen is dead”, che trova ispirazione nelle atmosfere visionarie di “The Last of Englan”. Nella successiva collaborazione (1989) Jarman è impegnato nella produzione di otto videoclip per “Pet shop boys”, qui, il riferimento è alla poetica visiva di “The garden”. La posizione di Jarman rispetto alla produzione di video clip è comunque ambigua e mai veramente soddisfacente. La libertà espressiva, per come viene intesa dal regista, è infatti soggiogata ad un ritmo costantemente assillante che determina necessariamente una soluzione formale semplicistica e talvolta superficiale. Inoltre la struttura spettacolare rischia di porre in secondo piano i contenuti filmici che vengono appiattiti ad effetti puramente scenografici e di tappezzeria. giovedi 30 Novembre 1989 Spaventosa lite con James all’angolo di Old Compton Street e Charing Cross Road. - Stiamo proiettando il film - Quale? Imagining October? - No, il film del concerto dei Pet Shop Boys. - Vuoi dire le riprese dietro le quinte? (Avevo detto a James che non volevo fossero proiettate). - Ma sono come The Queen is Dead - Quello era un film quelle non erano state girate allo stesso scopo, soltanto scene d’ambiente piene di salti e tempi morti. Funzionano molto bene a Wembley con i ragazzi che cantavano e ballavano. Ce n’è soltanto una buona Nothing as been Proved. - Questo è un orribile pasticcio – ha detto James. Decido di tacere. - E saranno nel video disk con il nuovo film. L’elegiaco film giardino resta sospeso in aria come un Albatros – per essere venduto sul retro della carta da parati video realizzata per i Pet Shop Boys.17 Il punk diceva “Do it yourself” e se assorbivi bene il concetto l’impossibile diventava possibile. Anche se non potevi comprarti una chitarra potevi ugualmente fare qualcosa, almeno provarci. Potevi rimettere a posto un basso completamente rotto, strimpellarci sopra, fare uscire uno straccio di suono, trovare gli amici, formare una band . Quella musica non era fatta di note, pentagrammi, era solo rabbia buttata su uno strumento18 Il punk rifiuta le televisioni, i giornali e i media d’informazione ufficiali; si pone fuori dalla logica consumista e si disinteressa dell’idea di politica promossa dai partiti e dai governi, attuando altre metodologie relazionali che determinarono una diversa forma di comunicazione e cultura. Nel fare questo crea una spaccatura e disorientamento nella società. Il linguaggio adottato scavalca le norme condivise e previste, l’ordine logico della comunicazione passa su canali destrutturati, viene stravolto e “dis-ordinato”. Questo metodo allarga la distanza dal pensiero borghese; agli occhi del sistema la rivoluzione linguistica in atto è spaventosa e bestiale, è una minaccia alla propria integrità. Mi interessa il lavoro che non ha un’utilità ovvia. O dovrei dire che non ha senso di colpa, piuttosto? Forse è proprio da qui che può arrivare il lavoro più interessante di tutti19 Le strategie di comunicazione del punk sono frutto della filosofia del Do it your self (DYT), questo metodo ha radici nelle pratiche di sabotaggio degli ambiti di potere fisici e mediatici; DYT crea un’architettura di significati per contrasto e per associazioni libere. Questa pratica è condotta attraverso la giustapposizione di termini e realtà non immediatamente avvicinabili. Viene proposto un linguaggio dai valori sconvolti, autonomo e che impone un’attenzione partecipata del fruitore. Questo permette di evadere da una realtà costrittiva, confondendone le regole e permette di sviluppare analogie e relazioni fra corpo sociale e ambiente che determinano una coscienza e uno spirito critico radicale. Non si sfugge alla banalità che manipolandola, dominandola, immergendola nel sogno, affidandola al buon piacere della soggettività(…) Il partito preso della vita è un partito preso politico. Noi non vogliamo un mondo dove la garanzia di non morire di fame si scambi con il rischio di morire di noia. L’uomo della sopravvivenza è l’uomo sbriciolato nei meccanismi del potere gerarchizzato, in una combinazione di interferenze, in un caos di tecniche oppressive che, per darsi un ordine, attende solo la paziente programmazione dei pensatori programmati.20 Attraverso l’idea del DYT le sperimentazioni si costruiscono secondo le regole-non-regole del Cut-Up, in cui un’immagine è decontestualizzata e convertita nel messaggio. La tecnica del Cut-Up prevede la ricostruzione di un’immagine o testo attraverso frammenti disomogenei, si avvale di informazioni da diversi media e punta non solo allo stravolgimento semantico del messaggio, ma anche alla critica diretta ai mezzi d’informazione e ai canali promotori della società del consumo. La struttura si determina come parassita del sistema linguistico ufficiale mettendone in ridicolo i contenuti, edificando un’architettura dell’immaginario. La decodifica e ricostruzione delle informazioni e delle immagini si applicano in campi disparati del fare artistico, dalle arti visive all’editoria passando per la musica e la moda. Questo tipo di pratica parte dal readymade di Duchamp e il collage dadaista. Nel campo della musica trova le radici nelle sperimentazioni di John Cage e in quello letterario nella scrittura automatica di Tristan Tzara. Il metodo del Cut-Up, o detournement, è stato ampiamente sperimentato nel cinema dal’59 nelle collaborazioni filmiche di William Burroughs e Brion Gysin e, in Francia, nell’opera di Guy Debord. Detournement of pre-existing aesthetic elements. The integration of present or past artistic production into a superior construction of a milieu. In this sense there can be no situationist art or music, but a situationist use of this menas. In a more primitive sense detournement within the old cultural spheres is a method of propaganda, a method whic testifies to the wearing out and loss of importance of those spheres21 John Cage You’re taking a different point of view, yes? ehm, changing your mind from the determinist position to a non-determinist position... The determinist position has been that each performance is an approach to an ideal. Okay? The indeterminist position is that each performance is necessarily what it is, and you’d better listen while it’s going on, otherwise you’ll miss it. Mm? And I prefer that point of view; I think it’s more appropriate to twentieth century living than the other one. The other one has a kind of an assumption of progress towards a non-existent, em... or toward an imaginary goal, rather than the now-moment. The indeterminist position is all connected with seeing how things are at the moment when you’re experiencing them.22 Duchamp Mi sono forzato a contraddirmi per evitare di conformarmi al mio stesso gusto. Mi sono servito della pittura, dell’arte per stabilire un modus vivendi. Una specie di metodo per capire la vita, cercare, cioè, per il momento, di fare della mia stessa vita un opera d’arte invece di passarla a creare quadri e sculture. Ora penso si possa usare il proprio modo di respirare, di agire, di reagire agli altri, si può trattarli come un quadro vivente o un’immagine cinematografica, sono le mie conclusioni di adesso che non ho né voluto né organizzato quando avevo 20 o 15 anni ma mi rendo conto ora, dopo molto tempo, che in fondo è a questo che ho mirato.23 Tristan Tzara Intelligence is an organization like any other, the organization of society, the organization of a bank, the organization of chit-chat. At a society tea. It serves to create order and clarity where there is none. It serves to create a state hierarchy. To set up classifications for rational work. To separate questions of a material order from those of a cerebral order, but to take the former very seriously. Intelligence is the triumph of sound education and pragmatism. Fortunately life is something else and its pleasures are innumerable. They are not paid for in the coin of liquid intelligence. These observations of everyday conditions have led us to a realization which constitutes our minimum basis of agreement, aside from the sympathy which binds us and which is inexplicable. It would not have been possible for us to found our agreement on principles. For everything is relative. What are the Beautiful, the Good, Art, Freedom? Words that have a different meaning for every individual. Words with the pretension of creating agreement among all, and that is why they are written with capital letters. Words which have not the moral value and objective force that people have grown accustomed to finding in them. Their meaning changes from one individual, one epoch, one country to the next. Men are different. It is diversity that makes life interesting. There is no common basis in mens minds. The unconscious is inexhaustible and uncontrollable. Its force surpasses us. It is as mysterious as the last particle of a brain cell. Even if we knew it, we could not reconstruct it. Postproduction Duchamp partiva dal principio che anche il consumo era un modo di produrre, come Marx quando nell’introduzione a “Per la critica dell’economia politica” scrive: “ Il consumo è allo stesso modo immediatamente produzione; proprio come in natura la pianta consuma sostanze chimiche”. Senza contare che “Durante la nutrizione, che è una forma di consumo, l’uomo produce il proprio corpo”... Questa è la prima caratteristica del ready-made: stabilire un’equivalenza tra scegliere e fabbricare, consumare e produrre… Servirsi di un oggetto comporta necessariamente una sua interpretazione. Utilizzare un prodotto significa a volte tradirne il concetto. Leggere guardare un’opera d’arte o un film significa anche saper operare uno scarto. L’uso stesso è un atto di micro-pirateria, il grado zero della post-produzione. Utilizzando televisione, i propri libri, i propri dischi, chi fruisce della cultura impiega una retorica di pratiche e strattagemmi che hanno a che fare con l’enunciazione, con un linguaggio muto con il quale è possibile catalogare figure e codici... Marcel Broodthaers diceva: “Da Duchamp in poi, l’artista è l’autore di una definizione”, che si va a sostituire a quella dell’oggetto che ha scelto… Se le radici del processo di appropriazione si trovano nella storia, la sua narrativa comincia con il ready-made, che ne rappresenta la prima manifestazione concettualizzata e pensata in relazione alla storia dell’arte… Duchamp completa così la definizione in un contesto nuovo, considerandolo al pari di un personaggio di una sceneggiatura.24 Il potere vive di ricettazione. Non crea niente, recupera. Se creasse il senso delle parole, non ci sarebbe poesia, ma vi sarebbero soltanto delle “informazioni” utili… La presa di possesso del linguaggio da parte del potere è assimilabile al suo impadronirsi della totalità. Solo il linguaggio che abbia perso ogni riferimento con la totalità può fondare l’informazione. Non è altro che linguaggio liberato, il linguaggio che riacquista la propria ricchezza e, spezzandone i segni, riscopre insieme le parole, la musica, le grida, i gesti, la pittura la matematica, i fatti. La poesia dipende quindi dal livello della più alta ricchezza con la quale, ad un certo stadio della formazione economico-sociale, la vita può essere vissuta e cambiata.25 Kids, il sistema continua a darci merda da mangiare – respirare - ascoltare così come ci passa questi fottutamente inoffensivi Clash e cerca di convincerci che il punk è morto; non possiamo permettere che si impossessi delle nostre cose per poi svuotarle e restituircele innocue. Dobbiamo usare ogni mezzo a nostra disposizione per evitare che ci studino, facciano tesi su di noi, cerchino di interpretarci – svelarci spiegare chi si siamo cosa facciamo cosa vogliamo. Dobbiamo strappare il punk dalle pagine dell’Espresso o della Repubblica, ed evitare che venga recensito ed interpretato come genere musicale per estirpargli ogni potenzialità eversiva. Per impedire che fottuti buchi di culo in giacca e cravatta come Peppe Videtti Graziano Origa Manuel Insolera spaccino montagne di cazzate sul punk, dobbiamo essere noi stessi a parlare, sputare, gridare, scoprire il culo a pop star Ciao 2001 Rolling Stone e a tutti i loro fottutissimi intrighi. Se siamo incazzati è perché abbiamo le palle rotte di come stanno andando le cose, e non vogliamo che critici ex politicanti impiegati di banca incravattati - eroinomani e poseurs ci vengano a raccontare della pochezza tecnica di Crass, Wall o SLF e delle progressive raffinate melodie dei fottuti Contorsions e di quello stronzo di James Change e/o della merdosissima star Nna Hagen. La nostra incazzatura e la nostra rabbia con due accordi non viene solo dalla musica perciò non lasciamoci inghiottire la testa e le palle di disco sperimentale e di spettacolo se viviamo in un mondo di violenza – rapine – eroina - proiezioni subliminali e di induzione di massa. PUNK E’ LOTTA CONTRO TUTTE QUESTE COSE. Per questo motivo qui a Bologna stiamo preparando una fanzine a distribuzione nazionale che parli delle situazioni nelle quali ci stiamo muovendo. Una PUNKZINE quindi (e non un bollettino per rincoglioniti fans di Damned, Sex Pistols, Clash o Ramones) che si occupi in modo particolare di quello che succede in Italia, delle nostre bands dei nostri bisogni delle nostre incazzature dei nostri desideri e dei nostri obiettivi. Volantino distribuito in occasione del concerto gratuito dei Clash, in Piazza Maggiore a Bologna nell’estate dell’80. Le fanzine sono uno degli strumenti più autentici della cultura punk, l’elemento rimasto inviolato dalle incursioni del mercato, dal tentativo del sistema di digerire e mercificarne i contenuti. Caratteristica principale delle fanzine è la natura indipendente, libera e immediata con cui vengono progettate e realizzate. La produzione della fanzine non ha trovato ancora una pausa, e ad oggi possiamo contare su di un costante sviluppo anche online. Le origini della fanzine in Gran Bretagna sono degli anni ‘30, gli argomenti riguardano diversi ambiti di interesse: culturale, sociale, economico. La fanzine punk fa la sua comparsa a partire dagli anni ‘70 per svilupparsi a pieno negli ‘80. È da considerarsi il mezzo autoprodotto indispensabile per la diffusione di informazioni e il network fra i vari ambiti del punk internazionale. La fanzine è il mezzo per eccellenza in cui viene espressa la pratica del DYT, del collage, del cut-up e del detournement: fanzine fatte in casa, spontanee, destrutturate. Attraverso la libera costruzione di articoli e immagini, con un metodo manuale e materico, si creano libri unici che vengono ciclostilati, fotocopiati e distribuiti gratuitamente attraverso il canale delle autoproduzioni e spazi occupati. Con la pratica del detournement, le immagine rubate al contesto originale trovano una nuova collocazione semantica in una costruzione linguistica apparentemente paradossale e di natura sperimentale. Appropriazione, rielaborazione, produzione di idee e contesti, gli argomenti spaziano dalla promozione di autoproduzioni musicali, di clubs, spazi occupati, eventi ed iniziative, fino all’esternazione di riflessioni e critiche legate al sociale e alla politica. In ogni caso è la forma della fanzine, la sua architettura, la modalità linguistica adottata, più che i contenuti presentati, a rappresentarne la sostanza politica, sovversiva e rivoluzionaria. Ottobre 1977 – esce in mille copie <DUDU> - DADA + Punk – foglio di agitazione dadaista – nel gennaio 1978 cambia nome prendendo dallo sbalestrato ballo punk <pogo> - dada + Punk – organo del movimento duduista – è il primo esempio di rivista con uno stile radicalmente nuovo – “Siamo i Dudu siamo la rabbia – vogliamo ribellarci ora! Rifiutiamo il lavoro nelle fabbriche – e soprattutto attacchiamo frontalmente la logica della militanza – il personale è politica”26 Scissors and Glue: Punk Fanzines and the Creation of a DIY Aesthetic Teal Triggs The fanzine producer Chris Wheelchair (sic) remarked in the editorial of Ruptured Ambitions (1992) that his Plymouth-based fanzine is ‘all about helping promote the DIY punk/alternative/underground movement, which is, at present, extremely healthy in many areas, and certainly improving.’ From the early 1930s, fan magazines or ‘fanzines’ have been integral to the creation of a thriving communication network of underground culture, disseminating information and personal views to like-minded individuals on subjects from music and football to anti-capitalism and thrift store shopping. Yet, it remains within the subculture of punk music where the homemade, A4, stapled and photocopied fanzines of the late 1970s fostered the ‘do-it-yourself’ (DIY) production techniques of cut-n-paste letterforms, photocopied and collaged images, hand-scrawled and typewritten texts, to create a recognizable graphic design aesthetic. The employment of such techniques and technologies has had an impact on an overall idiosyncratic and distinctive visual style affiliated with punk fanzines. For fanzine producers, the DIY process critiques mass production through the very handmade quality it embraces, but also in the process of appropriating the images and words of mainstream media and popular culture. Arguably, the DIY approach reached its peak in the 1990s and still continues today, having been co-opted into the worlds of commercial mainstream lifestyle magazines and advertising which trade on its association with punk authenticity. The intent of this essay is to explore the development of a graphic language of resistance and to examine the way in which the very use of its DIY production methods reflected the promotion of politics and music of 1970s’ punk and DIY underground activity. In addition, this piece will, through interviews with fanzine producers, attempt to recover from history an area of graphic design activity that has largely been ignored. This will be achieved by focusing on three punk fanzine titles that were initiated during the first wave of the punk period: Panache (Mick Mercer, 1976–1992), Chainsaw (Charlie Chainsaw, 1977–1985) and Ripped & Torn (Tony Drayton, 1976–1979). These examples will be measured against a discussion of Sniffin’ Glue (Mark Perry, 1976–1977), which has been acknowledged by the punk community as the first punk DIY fanzine in Britain.27 A Milano c’era stata qualche Punkzine – Dudu da un po’ era morta – Xerox lentamente stava finendo… Con Cristina si avvia il progetto di “Graffity Urbani”: la prima punkzine politica di Milano, un progetto che abortirà immediatamente – “Ma si può anche scrivere qualcosa contro il film dei Sex Pistols – dire che l’essere punk non ha niente a che fare con quella storia – non so a me ad esempio Jubilee di Jarman mi ha eccitato molto di più – e a te? “ si… anch’io – a me è piaciuto “Odissea nello spazio” – “ Si bellissimo… vedi che ci capiamo al volo io e te – il nome è azzeccato – senti come suona bene - graf-fity ur-bani”28 Is Lo stato può riconoscere qualsiasi rivendicazione di identità, perfino (e la storia dei rapporti fra stato e terrorismo nel nostro tempo ne è eloquente conferma) quella di una identità statale al proprio interno. Ma che delle singolarità facciano comunità senza rivendicare un’identità, che degli uomini coappartengano senza una rappresentabile condizione di appartenenza – l’essere italiani, operai, cattolici, terroristi – ecco ciò che lo stato non può in alcun caso tollerare.29 ll quaderno di storia di Amyl Nitate è una fanzine personale, una serie di considerazioni socio-politiche dal linguaggio deciso e incisivo, workingclass, che non perde occasione per manifestare un’ironia dissacrante e sovversiva. La parte concettuale della storia per autodidatti, in cui il singolo è in prima persona interprete e narratore dei fatti, si concretizza in un oggetto artigianale, fatto a mano costruito con la tipica modalità della fanzine. L’estetica della pratica DYT, sia nelle scenografie del film che nei luoghi di aggregazione reali, squat e spazi occupati in genere, diviene una concreta modalità espressiva che non si limita al foglio ma che considera ogni superficie come possibile contenitore di messaggi. Le pareti sono la cornice in cui dare libertà alle proprie visioni spesso in modo istintivo e senza una progettualità estetica, assecondando piuttosto l’emergenza espressiva radicata nella marginalità dell’esistenza. In Jubilee le pareti della casa si trasformano in pagine, ogni centimetro diventa uno slogan una frase di rivolta uno spazio per attaccare foto e poster, il muro dentro riflette i messaggi dei muri fuori. Il muro, sinonimo di chiusura di limitazione fisica, si apre come supporto alle idee, smaterializzandosi nella spinta propulsiva del messaggio scritto. Nel film troviamo esposta, nella stanza centrale dello squat, una pittura materica realizzata con una tuta da lavoro sanguinante vernice rossa, alla base della quale sono incrociati tre fioretti. La connessione degli oggetti diviene un messaggio visivo che va a sostituirsi ed aggiungersi alla parola scritta e crea con essa una rete di connessioni simboliche. Il mappamondo di Amyl Nitrate e Mad è trasformato in un bollettino di guerra con intere aree verniciate di nero segnate come zone morte “Negative word status”, “Obsolete”, “No reson for existence”. Ogni superficie diviene pretesto per un messaggio nichilista, ciascuna immagine è rielaborata e sviluppata in chiave iconoclasta. Fra le realtà di ricerca che promuovevano un modello tradizionale anarchico di divulgazione vi è l’Internazionale Situazionista. Il situazionismo ha già in sé tutta la carica radicale riproposta dal punk, sia nella ricerca in campo artistico, che nello spostamento verso un interesse più integralmente politico. La struttura della comunicazione e la circolazione libera e connettiva di informazioni sono i due elementi che avvicinano il discorso punk alla visione situazionista. La critica alla società del consumo, dove il lavoratore è collocato alla catena di montaggio del sistema economico e produttivo, in cui l’uomo non è in grado di distinguere i propri desideri e bisogni dalla merce proposta e diventata indispensabile per induzione, è eredità direttamente colta dall’Internazionale situazionista. L’atteggiamento frontale, di sfida, oltraggioso anche nel linguaggio, è attitudine caratteristica delle pratiche situazioniste e nel punk si ripropone con violenza. Talvolta si colloca su direttrici maggiormente autolesioniste, con una sfumatura nichilista che porta alla staticità, ad un’inversione di flusso che determina isolamento piuttosto che ribellione. Spesso a partire dagli anni ‘80 sono gli elementi ereditati dalla critica dell’IS che sprigionano le energie più attive delle controculture e dell’underground in genere, ricollocando al centro la piazza, la strada come luogo di manifestazione e come possibilità di cambiamento. L’idea di collettività e condivisione, senza una struttura identitaria caratterizzante, è l’essenza di entrambe le realtà e le pone in conflitto diretto col potere. La relazione dell’IS con l’underground inglese è da cercarsi nell’esperienza cominciata con Charles Radliff e Chris Gray che pubblicano nel ‘66 la rivista “Heatwave” d’impostazione situazionista. L’anno seguente la British section costituita dai Charles Radliff, Chris Gray, Tim Clarke, Donald Nicholson-Smith fu esclusa dall’IS per i legami con il gruppo newyorkese “Black Mask/Up Against The Wall, Motherfuckers!” guidati dalla figura di Ben Morea. Un esempio americano Ben Morea was interviewed by lain McIntyre in 2006. Tell us about your background and how you came to find yourself involved in the radical scenes of New York during the 1960s. Ben Morea: I was raised mostly around the Virginia/Maryland area and New York. When I was ten years old my mother remarried and moved to Manhattan. I was basically a ghetto kid and got involved in drug addictions as a teenager spending time in prison. At one point when I was in a prison hospital I started reading and developed an interest in art. When I was released I completely changed my persona. In order to break my addiction I made a complete break from the kids I grew up with and the life I knew. In the late 1950s I went looking for the beatniks because they seemed to combine social awareness with art. I met the Living Theatre people and was highly influenced by their ideas despite never being theatrically oriented myself. Judith Malina and Julian Beck were anarchists and they were the first people to put a name to the way I was feeling and leaning philosophically. I also met an Italian-American artist named Aldo Tambellini who was very radical in his thinking and who channelled all of that into his art rather than social activism. He would only hold shows in common areas like churchyards and hallways in order to bring art to the public. He influenced me a lot in seeing that having art in museums was a way of rarefying it and making it a tool of the ruling class. I’m self educated and continued my pursuit of anarchism and art through reading and correspondence. I became aware of Dada and Surrealism and the radical wing of twentieth century art and sought out anyone who had information about it or who had been involved. I really felt comfortable with the wedding of social thought with aesthetic practice. I corresponded quite a bit with one of the living Dadaists Richard Huelsenbeck who was living in New York, but whom I never met. At the same time I became friendly with the political wing of the anarchists meeting up with people who had fought in Spain, from the Durutti Brigade and other groups. They were all in their 60s and I was in my 20s. I was also a practising artist working at my own art and aesthetic. I was mainly painting in an abstract, but naturalistic form as well as doing some sculpture. There was some influence from the American expressionists, but Zen was also an influence. When did Black Mask come together as a group? How were you organised and who was involved? Ben: It’s hard to say whether we started in 1965 or 1966, but the magazine definitely started in 1966. Black Mask was really very small. It started off with just a few people. As anarchists, and not very doctrinaire ones, we had no leadership although I was the driving force in the group. Both Ron Hahne and I had already been working together with Aldo doing art shows in public to promote the idea of art as an integral part of everyday life, not an institutionalised thing. Ron and I became close friends and found that we had a more socially polemical view than Aldo in wanting to go closer to the political elements of Dada and Surrealism as well as to the growing unrest in Black America. We wanted to find a place where art and politics could coexist in a radical way. Once we started publishing Black Mask and holding actions other artists and people on a similar wavelength were attracted to what we were doing. I’ve always favoured an organic approach where you don’t have meetings and people just associate informally rather than having a hierarchy and recruiting members. Over time Ron became less interested in the political sphere and I became more interested in working with the people who were involved in fighting for civil rights and against the Vietnam war. I can honestly say that in both Black Mask and then later The Family we never held a meeting where we consciously sat down to decide our direction or exactly how we would deal with a particular action or situation. It all developed as a very spontaneous, organic outgrowth of whatever we thought was appropriate at the time. Black Mask clearly drew inspiration not only from the Dadaists, Surrealists and avant-garde movements of the past, but also from the contemporary black insurrections and youth movements of the 1960s. Tell us a little more about these influences and about your ideas and approach to politics and art in general. Ben: From my perspective and that of the people I worked with we saw a need to change everything from the way we lived to the way we thought to the way we even ate. Total Revolution was our way of saying that we weren’t going to settle for political or cultural change, but that we want it all, we want everything to change. Western society had reached a stalemate and needed a total overhaul. We knew that wasn’t going to happen, but that was our demand, what we were about. It also meant seeing that you need all types of people involved, not just political activists. Poets and artists are just as important. Revolution comes about as a cumulative effect and part of that is a change in consciousness, a new way of thinking.30 In seguito all’espulsione i quattro formano il gruppo King’s Mod ispirati nell’azione dal gruppo di Morea più che dalle teorie situazioniste. McLaren si avvicina a King’s Mod durante la scuola d’arte e partecipa attivamente alle dimostrazioni del gruppo stringendo una forte amicizia con Jamie Reid autore dal 1970 della rivista “Suburban press”. La rivista si ispira e riporta parti dei testi situazionisti, accompagnati da disegni e grafiche di Reid che, in seguito, supportarono l’immagine coordinata dei Sex Pistols, la band punk più inflazionata del panorama inglese. Mclaren, che si è sempre dimostrato più interessato a fare soldi che a dire qualcosa di significativo, ha sempre manifestato una certa freddezza riguardo le affinità fra punk e teoria situazionista, preferendo avvicinare i due ambiti esclusivamente per l’estetica proposta e relazionarli in merito all’utilizzo di un certo tipo di immagini. I heard about Situationists from the radical milieu of the time. You had to go up to Compendium Books. When you asked for the literature, you had to pass an eyeball test. Then you got this beautiful magazines whit reflecting covers in various colours:gold, green, mauve. The text was infrench: you tried to read it, but it was so diffcult. Just when you getting bored, there were always these wonderful pictures, and they broke the whole thing up. They were what i bought them for: not the theory31 Guy Debord 188 Quando l’arte divenuta indipendente rappresenta il proprio mondo con dei colori brillanti, un momento della vita è invecchiato e non si lascia ringiovanire con dei colori brillanti, si lascia soltanto evocare nel ricordo 190 L’arte nell’epoca della sua dissoluzione, in quanto movimento negativo teso al superamento dell’arte in una società storica in cui la storia non è ancora vissuta, è allo stesso tempo un’arte del cambiamento e l’espressione pura del cambiamento impossibile. Più la sua esigenza è grandiosa, più la sua vera realizzazione è al di là di essa. Quest’arte è necessariamente d’avanguardia, e non lo è. La sua avanguardia è la sua scomparsa. Anti - art- film L’avventura di Debord nel cinema comincia nel 1952 con il primo film “Hunrulements en faveur de Sade”. Il film si caratterizza per la totale mancanza di immagini ed è costruito interamente sull’audio e i sottotitoli: è un lavoro provocatorio in cui un monocromo completamente neutro riempie lo schermo e mette a dura prova la pazienza dell’osservatore. Nel film sono già contenuti i temi più cari all’autore, in particolare, l’opera si caratterizza per la connessione diretta con l’esperienza vissuta e con l’ambiente circostante. È a partire da “On the passage of a Few persons Through a rather Brief Unity of Time”(1959) che Debord rivela interesse per la frammentazione cognitiva che viene applicata sia nell’audio che nelle immagini attraverso la tecnica del detournement. Debord è uno degli autori che hanno promosso e applicato questo metodo con coerenza e coscienza teorica, riuscendo grazie ad esso a dare forma concreta al proprio mondo concettuale. L’idea di completare la teoria con la pratica attraverso l’anti-art-film, si concretizza nella realizzazione di film costruiti sul contrasto fra immagine e audio. Questa struttura pone l’opera in un territorio indipendente e conflittuale rispetto al cinema commerciale che tende verso l’appiattimento dei contenuti e una comunicazione priva di significazione. Sostanzialmente si tratta di film in cui l’audio non è direttamente riferito all’immagine che vediamo, non esiste un’esatta corrispondenza fra i due ambiti che vengono associati liberamente in modo istintivo e poetico. L’audio solitamente è eterogeneo, non si esaurisce nella presentazione delle teorie dell’autore, ma si compone e scompone presentando frammenti di testo presi dal mondo scientifico, dalla filosofia e dalla sociologia. Le immagini sono ricavate da film e documenti d’archivio, sono decontestualizzate dall’oggetto originale e inserite nel discorso dell’autore che le arricchisce di un ben diverso valore semantico. L’architettura dei film di Debord si esplica in tre livelli di significazione: l’immagine, il sonoro e il sottotitolo. Questa forma del discorso, che si combina e completa oppure che si scontra in un fuoco incrociato di significanti opposti, genera una complessità critica e più livelli d lettura. Il principio del detournement si dissocia dall’idea dell’autorialità dell’opera, è una prassi che consente a Debord di strutturare il proprio lavoro in coerenza con l’idea situazionista della riappropriazione e liberazione della vita quotidiana. La volontà di oltrepassare il cinema ufficiale, visto come un surrogato della complessità della realtà, volto ad alienare e dissociare lo spettatore dall’esperienza al fine di una pacificazione sociale consenziente, passa attraverso l’appropriazione delle immagini da esso prodotte. È un sistema dialettico che consente a Debord di costruire una nuova idea di cinema dalla decostruzione della produzione ufficiale. Jarman eredita e reinterpreta alcuni elementi del cinema di Debord. In particolare nella frammentazione della produzione in super8, che si avvale di un montaggio costruito sulla decomposizione dell’unità dell’immagine, in favore di un flusso di richiami e connessioni associate liberamente. Il deroulement in Jarman è presente in particolare nel film War Requiem, in cui vengono utilizzate immagini di repertorio e d’archivio sulla seconda guerra mondiale. Il film del 1989 è costruito sull’omonima opera del compositore Benjamin Britten. La musica fa da base e conduce lo spettatore in una narrazione frammentata in cui Jarman unisce a scene di sua regia e costruzione, immagini di guerra e sovrimpressioni del coro. Il film soffre della sperimentazione digitale degli anni ‘80 i cui effetti non contribuiscono alla drammaticità della composizione ma rischiano di rendere la commistione di generi artificiosa. Come “Hunrulements en faveur de Sade” l’ultimo film di Jarman, “Blue”, si struttura nell’assenza d’immagine in movimento sostituita con un’unica schermata di monocromo blu elettrico, che accompagna l’audio recitato dai compagni di vita e dagli abituali attori del regista. Il lavoro di Jarman stabilisce una profonda connessione con Guy Debord al di là di un richiamo formale. Sono le più immediate e profonde esigenze personali che confluiscono nella teoria a creare un legame fra i due autori. Il desiderio di coinvolgersi in prima persona nelle esperienze di tutti giorni, la convinzione dell’esigenza dell’azione partecipata e diretta; l’opposizione alla superficialità concettuale e formale promossa dai circuiti mediatici ufficiali, la capacità di sostenere cause collettive, la sensibilità di interpretare lo spirito del proprio tempo. Contro il cinema ufficiale Jarman ha mosso parole dure e senza appello, riconoscendo in esso una delle cause dell’arresto nella ricerca creativa e uno strumento di autoleggittimazione dell’ordine sociale. La battaglia per un cinema che cresce e usi le esperienze dell’autore come qualunque altra forma d’arte, un cinema che sia capace di affrontare i comitati di attribuzione dei finanziamenti e dichiarare che alla base di ogni lavoro sta l’esperienza32 Oggi l’erede della cinepresa super8, intesa come mezzo di espressione, è la video camera digitale a bassa risoluzione in dotazione sui cellulari. Nel nostro mondo frammentato e liquido, per citare l’immaginario di Zygmunt Bauman, la telecamera da cellulare assume due caratteristiche principali: compartecipa alla sovrapproduzione di immagini, spesso senza un valore o un significato preciso, che trovano giustificazione nello stesso processo bulimico di produzione smodata che ha come unico obbiettivo il suo perpetuarsi. Permette la rinascita della produzione amatoriale che garantisce un’autonomia della ripresa e una genuinità della registrazione in grado di aprirsi e investigare sui bisogni e costumi della società che li produce. La telecamera del cellulare è l’equivalente contemporaneo della cinepresa super8, per capacità dinamica, per leggerezza ed aggiunge l’immediatezza della trasmissione dei dati. Se da una parte si perdono risoluzione e qualità dell’immagine, dall’altra si acquista rapidità di scambio del dato e dell’informazione. È importante sottolineare come la diffusione di telecamere di sorveglianza, di telecamere a bassa risoluzione e lo scambio in rete di immagini da esse prodotte, stia determinando uno spostamento percettivo nella decodifica del linguaggio visivo che porta ad attribuire alla bassa risoluzione il valore di documento. Questo processo è alimentato dall’utilizzo di questi mezzi all’interno di organi di informazione col fine di testimoniare episodi di cronaca e dare veridicità alla ripresa e determina l’innalzamento dell’estetica a bassa risoluzione a prova della realtà. La diffusione di questo tipo di telecamera e le modalità in cui viene impiegato hanno generato, di contraccolpo, un movimento in contro tendenza, che, recuperando le tecniche più desuete, fa del recupero dell’analogico il suo campo di battaglia. Esiste oggi un collettivo di autori “Fronte Resistenza Analogica” che rifiuta l’idea della produzione digitale applicata a qualsiasi formato e supporto visivo, a favore del recupero e per una ricerca legata alla pellicola. Analoge Widerstandsfront (Fronte di resistenza Analogica) nasce tra Berlino, Lepzig e Hannover. È un movimento informale costituito da film-makers indipendenti e sotterranei che rivendicano l’utilizzo e la sopravvivenza di mezzi analogici per fare cinema, come le vecchie cineprese e proiettori 16mm e super8. Il movimento nasce dalla volontà di mantenere viva la memoria e l’uso di cineprese e pellicola, e altre tecniche analogiche per la registrazione del suono, sostenendo un utilizzo sperimentale, documentario autoriale e amatoriale della luce e dell’emulsione. Non e’ contro il digitale o le nuove tecniche di produzione, ma si costituisce come vera e propria resistenza al consumo tecnologico esasperato e dettato dal mercato. Nasce per riciclare quello che viene buttato e scartato. Vecchie cineprese, pellicola scaduta, filmini amatoriali. E’ un fronte aperto di sperimentazione e di idee. Il montaggio, per i più puri e fortunati, è su moviola. Il montaggio digitale e la diffusione digitale (internet, dvd) non sono nocivi alla causa e sono la norma. Il movimento si contrappone al mercato, elaborando una produzione sempre e comunque libera da copyright, che favorisca una libera circolazione del film, quale esso sia, sotto forme di creative commons e copyleft. Il fronte analogico chiama a raccolta e invita alla resistenza!33 Nell’opera di Derek Jarman il principio di commistione di tecniche e linguaggi si declina nell’applicazione congiunta di super8 e pellicola. Il linguaggio a cui l’autore approda è un superamento del principio narrativo, concepisce una struttura in cui si sviluppa una narrazione dilatata nelle immagini, in cui non esiste un filo logico temporale predeterminato. Jarman crea un’opera caratterizzata dalla molteplicità dei materiali elaborati nella più totale libertà e autonomia. Esclude e respinge le strutture convenzionali imposte dalla logica televisiva, in favore di un discorso radicale che si presta a molteplici letture e interpretazioni. Chi osserva è chiamato a ricucire con cura i vari frammenti, è padrone di ciò che guarda ed è lasciato libero di costruire una propria interpretazione logico-temporale. Questa pratica impone allo spettatore di decodificare e assorbire in prima persona l’opera, lo porta in una posizione di responsabilità sollevandolo da una condizione passiva di fruitore inattivo. Le esperienze personali e il vissuto dell’autore sono il motore per un’analisi delle realtà e problematiche sociali; attraverso il lavoro Jarman procede in una verifica del vissuto e, viceversa, il vissuto diviene la base emotiva del suo operato. Questa comunione fra opera e vita rende l’autore un esempio di coerenza nella sfera pubblica e privata. In Jubilee il processo creativo di commistione di tecniche avviene nella sequenza 3: Amyl Nitrate tiene una lezione di storia dove si innesta come un flash back la danza intorno ad un falò di libri, citazione esplicita dell’episodio avvenuto nel 1933 a Norimberga. Intorno ad Amyl danzante vediamo figure nude con sproporzionate maschere classiche: i significanti si sovrappongono, derivati da fasi storiche differenti e ricongiunti in una sequenza allucinata e vagamente grottesca. Questa sequenza, nella sua architettura fatta di citazioni e di simboli intrecciati, trasmette un senso di inquietudine che non si esaurisce nella visione ma che, grazie alla somma dei valori semantici del collage, scardina le strutture tradizionali di decodifica e impone allo spettatore un’attenzione diversa. Nei lavori in super8 la costruzione è generata dall’associazione-ricollocazione di stesse parti di pellicola con cui l’autore gioca ripresentandole in colorazioni differenti, in montaggi combinati e ricombinati. Con questo metodo Jarman innesca un processo caratterizzato dalla perdita di confini: i film divengono l’uno il complemento dell’altro e si caratterizzano per una natura mutevole e alchemica. La struttura si espande, scavalcando le rigide regole imposte dal cinema commerciale e coinvolge lo spettatore in un processo poetico di costruzione di senso di natura visionaria. A Londra Cosey fan Tutti e Genesis P. Orridge alternavano performance artistiche sotto il nome di Coum Transmission, ed i concerti punk con la formazione Throbbing Gristle. Nel 1976 COUM fecero scandalo a Londra organizzando la loro esposizione “Prostitution” all’Istituto di arte contemporanea, in cui presentavano alcuni materiali provenienti da altre attività di Cosey, modella per una rivista pornografica. Questo provocò un intenso dibattito sulla stampa e in Parlamento. Nonostante l’invito specificasse che l’accesso era proibito ai minori, la stampa ne fu indignata e accusò L’Art Council (che in parte finanziava l’Istituto di cultura) di sprecare i soldi dei contribuenti. In seguito, COUM fu ufficiosamente interdetto dalle gallerie d’arte inglesi. Stesso risultato ottenuto dai Sex Pistols l’anno seguente quando i loro pezzi furono censurati dalle radio.34 IN TG psychic rally in Heaven del 1981 Jarman offre uno sguardo sul mondo underground e punk inglese degli anni ’70/’80. Throbbing Gristle (Erezione Fulminante) nasce in Inghilterra nel 1975, la band trova il suo leader nella figura di Genesis P-Orridge, gli altri membri sono Chris Carter, Cosey Fanni Tutti e Peter Christopherson. Una delle caratteristiche più radicali rispetto ad altri gruppi inglesi loro contemporanei, è l’assoluta mancanza di una preparazione musicale, l’idea è quella che l’attitudine e il messaggio proposto sono superiori e hanno la priorità sulla preparazione tecnica, quindi l’arte è aperta e non si definisce unicamente in una tradizionale categorizzazione qualitativa di bello-brutto, musicarumore. Nella sua breve parabola (1975-1981) la missione dei TG è stata esemplare, sia dal punto di vista dell’innovazione sonora (rumorismo estremo, cooptato da krautrock ed elettronica colta, ma reso più tagliente e diretto) che da quello dell’autogestione totale, refrattaria a ogni censura o sistema di controllo. COUM Transmissions aveva già portato al limite la provocazione nei confronti del pubblico in ambito di rassegne artistiche e installazioni museali. La ricerca di Gen e Cosey necessitava di uscire dal “territorio protetto” delle gallerie d’arte per raggiungere un auditorio più vasto e differenziato, come appunto quello della musica popolare.35 I TG rappresentano il mondo visionario e radicale della cultura punk inglese, applicando il metodo della decomposizione e ricollocazione dei significati nel campo antimusicale di cui sono incarnazione. Le performance ripropongono una realtà invivibile e orribile, espressione organica dell’idea di un mondo degenerato e sono speculari alla società violenta e disgustosa in cui si trovano ad operare. La sperimentazione, condotta attraverso il campionamento di suoni, apre la strada alla musica industriale sviluppatasi negli anni successivi. Nel film Jarman ci presenta la figura sfumata di Genesis all’interno di una cornice rarefatta e infuocata dai toni brucianti, questa immagine porosa diviene lo sfondo della parte sonora e del testo che è un estratto della confessione di un giovane americano accusato di stupro. Nella sperimentazione dei TG l’utilizzo di suoni ritrovati e campioni pre-registrati si accompagna con l’impiego di immagini fotografiche e frammenti video; entrambi sono realizzati sul modello di intervento Cut-up e, in questo caso, si legano alle sperimentazioni sonore ed alla filosofia di John Cage e alle ricerche espressive di Burroghous. Grazie alla relazione con Burroughs le pratiche sperimentali di Genesis P-Orridge si radicalizzano e inaspriscono la critica verso la società e i mezzi di comunicazione. GPO: When I began I wanted to be a writer, I wanted to write books, but I also wanted to be a fine artist. I began doing performance art and mail art and so on in the 70’s. The performance art with Coum became really quite well respected; we were doing big shows in Milan and in Museums and so on. Basically in the background was the music, I started creating audio soundscapes. When what we were doing became acceptable to the art world, it seemed we had proved our point. One of the points was that you didn’t need traditional training to produce something that was valid and valuable in the art world. And so we took on something else, which was music. I never stopped making art all the way through, I always carried on doing drawings and collages. It became the one thing I had that was mine. It was secret, no one else knew about it, and no matter what else was going on, I always had the collaging and the secret visual material to come back to that was mine. In the 60’s I really believed that every individual had what I used to call the genius factor. I believed that without exception everyone had some skill, some ability to do something completely unique that was only theirs that would add something to the world. But the education system, the way that society conditions people, fundamentalism whether it be religious, political, economic or tribal, the environment that you are born into conspires deliberately to suppress that genius factor. You are not encouraged to find your marvelous skill, the thing that you see that no one else sees, that you have and absolute right to see and to express to others, and that the world was supposed to evolve by the sharing and discovery of everybody’s highest potential. I was an idealist and a utopian, and I still am. All the projects that I worked on were very much about beginning without the expected skills. Without a record label if you were going to be a band, without being able to play an instrument in a traditionally clever way, or if you couldn’t draw perfectly you could use collage or some other way to create. A way for people to create an icon of their uniqueness. That was one of the real ideas behind all of it was that you didn’t need traditional support systems or traditional ways of thinking or being. So with the Coum performances, apart from that it was a personal journey of breaking taboo’s and inhibitions, I wanted to wipe the board clean as a being and say to myself “nothing has to be accepted that I was given.” Not my name, not my gender, not my social class, not what I’m expected to do for a living, I have an absolute right to choose what I want to be, and that’s how Neil started building Genesis. He said “OK, I have this blank concept of a being that I have the right to be, the one I wasn’t told about by society. Let me build him or it. Throbbing Gristle was like that too, it was very much about four people who couldn’t play their instruments, finding a way with music and with sound, to actually discover something so inevitable in terms of expression of life. So each project was very much rooted in that basic ideal that if you really break everything that you’ve been told you can be. If you don’t accept anyone else’s voice in terms of what you can be as a person, then you will start to see and find who and what you really are. I think that looking back now, Genesis has almost been a mirror of the way that society’s been changing over these decades. My concerns have altered from using music as a platform to contemporary times where I’m very naturally interested in cosmetic surgery and transgender and the manipulation of the human body itself as is the world outside, if you look at the national enquirer. I’m looking at it from an artist’s point of view and theoretically, but in a way I’m just like every body else, and that’s the concern of every housewife who’s trying to decide whether or not to get breast implants. I think the artist somehow takes the concerns that the psychology of their society is obsessed with or afraid of or unable to give shape to and describe to them. I’m trying to say that the artist ultimately is the mirror of the society that they’re in, and I’ve created a mirror that changes the same way that society does.36 Pirate Tape girato nel 1983 è la testimonianza di Jarman dell’interesse intorno alla figura di W.Burroughs diffuso nell’Inghilterra di quegli anni. Nel film in Super8 si mostra l’arrivo di B. ad uno degli appuntamenti della rassegna “THE FINAL ACADEMY”, organizzati da Genesis P.O. in collaborazione con David Dawson, Roger Ely a partire dal 1982. L’arrivo dello scrittore è un lento passaggio di macchine, il ritmo grave e ovattato, una presenza impalpabile e fulminea. Lo vediamo arrivare in compagnia di giovani accompagnatori, scendere dal taxi, entrare nel bistrò; poi, da dietro i vetri, lo si vede leggere poesie, uscire di nuovo, firmare una dedica ad un ragazzo e, infine, allontanarsi dissolvendosi nel traffico. Jarman documenta questo passaggio con delicato distacco quasi reverenziale, la camera accarezza la figura senza forzature, ne coglie i dettagli, registra la storia e rivela l’uomo. L’atto di filmare diviene omaggio, è un tributo alla storia collettiva filtrata dallo sguardo penetrante dell’esperienza individuale. Posso pensare a scrittori grigi? Forse Beckett. Certamente, William Burroughs. Il primo per le sue opere, il secondo per il suo aspetto. Un gentiluomo sotto il cappello grigio perla. Grigio nella prigionia dell’eleganza sartoriale. Frate Grigio francescano. Eminence Grise.37 Da ciò deriva in essi una specie di rattrappimento delle facoltà intellettuali e morali. La responsabilità della televisione, in tutto questo, è enorme. Non certo in quanto “mezzo tecnico”, ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l’aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l’anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l’ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre P.P.P. Arancia Meccanica è sicuramente una pellicola all’avanguardia rispetto alla tematica della manipolazione dei Media sulle coscienze dei singoli individui. Il film è ispirato dall’omonimo libro di Anthony Burgess del 1960. Attorno al 1960, in Gran Bretagna tanti cittadini rispettabili cominciarono a lamentarsi per l’aumento della delinquenza giovanile e suggerirono [che i giovani criminali] potessero essere una razza inumana, meritevoli perciò di un trattamento inumano... Allora c’erano persone irresponsabili che proponevano una terapia costrittiva... Alla società, come al solito, veniva assegnata l’importanza maggiore. I delinquenti ovviamente non erano abbastanza ‘umani’. Essendo minorenni, non avevano il diritto al voto. Erano ‘loro’ opposti a ‘noi’, e questi ultimi rappresentavano la società. Anthony Burgess Il film si ispira alla versione del libro americana distribuita senza il capitolo conclusivo, in cui Burgess aveva inserito una volontaria redenzione del protagonista, socialmente confortante ma poco brillante. Esistono due versioni del romanzo, ma io ho letto quella che contiene un capitolo in più solo dopo aver lavorato per molti mesi alla sceneggiatura. Sono rimasto sorpreso, perché non c’era alcun rapporto con lo stile satirico del resto del libro; credo che l’editore sia riuscito a convincere Burgess a chiudere con una nota di speranza, o qualcosa di simile. Sinceramente, quando ho letto quell’ultimo capitolo non potevo credere ai miei occhi. Alex esce di prigione e torna a casa. Uno dei ragazzi si sposa, l’altro sparisce, e alla fine Alex decide di diventare un adulto responsabile. Stanley Kubrick Molto suggestiva è la posizione che assume la storia rispetto alle strategie di condizionamento. La terapia per l’azzeramento dell’istinto violento e il recupero del soggetto avviene attraverso un uso invasivo dei media: il trattamento studiato dal potere è definitivo, Tecnica Ludovico, consiste in una miscela fisiologicamente nauseante di immagini violente e gratuite unite a brani musicali distorti. Alex il protagonista del film è la cavia per questa nuova terapia che, sradicando il godimento innato nel perpetuare violenze, lo restituirà alla società come essere innocuo in soli quindici giorni. La terapia effettivamente dà il suo risultato, rendendo il soggetto completamente incapace non solo di praticare ma di rispondere con la forza ad azioni aggressive rivolte contro di lui. Alex riporta anche un’atroce repulsione verso la Nona sinfonia di Beethoven, la composizione preferita da uomo libero ma che dopo essere stata utilizzata nella terapia Ludovico è divenuta insopportabile all’ascolto. Sarà grazie a questa repulsione che dopo una serie di sfortunati incontri Alex tenterà il suicidio, cambiando così le sorti della sua presunta resurrezione come uomo sano ed andando a determinare un paradosso di significato in cui il potere legittimerà la sua violenza INT. LUDOVICO CENTRE primo giorno Alex (voce fuori campo) - Eccome se li sbirciai i film, ma un cine così non l’avevo mai visto in vita mia. Mi misero una camicia di forza e mi attaccarono un sacco di fili elettrici al “gulliver” e i divaricatori per non farmi chiudere gli occhi in nessun modo. Una roba un pò folle ma io li lasciai fare, per tornare un libero “malchick” in quindici giorni avrei sopportato ben altro, fratelli. incontrollata pur di perpetuare se stesso. Il finale del film esprime la simbiosi fra violenza e autorità e sottolinea la contraddizione di un potere che vuole rieducare alla non-violenza. L’autorità che si dichiara contro la violenza e promuove una rieducazione è ingannevole, in quanto il potere è violenza e si esprime attraverso di essa. Arancia meccanica è un film che anticipa le visioni post-punk e che indica una strada di riflessione intorno all’uso dei mezzi di comunicazione, oltre che sviluppare un’idea di substrato giovanile aggressivo e disadattato ma perfettamente in linea con la società di cui è figlio. Il film è drammaticamente attuale anche come strategia di tortura. Alex viene tormentato da una delle sue stesse vittime che lo obbliga all’ascolto ripetuto dello stesso, insopportabile brano (in questo caso la Nona di Beethoven), questa sembra essere oggi una delle pratiche adottate dal potere statunitense nelle torture imposte ai prigionieri accusati di terrorismo. La natura della musica rock e pop viene trasformata: da intrattenimento diviene ossessione che condanna alla follia o, come nel caso del film, al suicidio, sicuramente, se non suicidio del singolo, al suicidio dei valori etici di una società disumana e alla deriva. Il primo era un bel pezzo di cine come quelli di Hollywood, il sonoro era un delirio, ti “slusciavi” sia le urla e i lamenti molto realistici, sia i respiri e i gemiti dei “taroccati” contemporaneamente. E poi, senti senti, il nostro vecchio amico vino rosso ch’è uguale dappertutto visto che lo fa la stessa ditta, comincia a scorrere, una bellezza. è strano come i colori del mondo vero sembrano veramente veri solo quando li sbirci sullo schermo Però mentre mi godevo lo spettacolo, cominciavo a sentire che non stavo tanto bene e detti la colpa alla pappa e alle vitamine. Cercavo di non pensarci concentrandomi sul film che veniva dopo, dove si vedeva una giovane “devotchka” che veniva violentata al “dentro-fuori”. Prima da un “ malchick” poi da un altro e un altro ancora, al sesto o settimo “ malchick” sghignazzante che glielo metteva dentro, comincia a sentirmi veramente male, ma non potevo chiudere i globi, nemmeno girando i globi riuscivo a distogliere lo sguardo da quelle immagini. - Liberatemi. Voglio vomitare, datemi qualcosa per vomitarci dentro! DR. BRODSKY - Tra poco il farmaco indurrà nel paziente una specie di rigor mortis, insieme a sensazioni di profondo terrore e impotenza. Un precedente paziente parlò di stato simile alla morte per soffocamento o annegamento. È In questa fase che il paziente registra le più utili associazioni fra la sua catastrofica esperienza ambientale e la violenza a cui assiste Alex - Lasciatemi stare i globi! INT. LUDOVICO CENTRE - secondo giorno Alex (voce fuori campo) - E arrivò l’indomani fratelli, e io avevo fatto del mio meglio, mattina e pomeriggio per stare al gioco, da bravo “malchick” disponibile, sulla sedia della tortura, mentre passavano robaccia ultra-violenta sullo schermo, con il solo accompagnamento della musica. Poi, nonostante il dolore e la nausea mi resi conto che quella musica, rimbombante, scoppiettante era del mio amico Ludwing van: il quarto movimento della Nona Sinfonia. ah, ah, ah Alex - No no, fermatelo fermatelo vi prego, basta! È un delitto, un delitto! DR. BRODSKY - Delitto? Come sarebbe a dire? Alex - Usare Ludwing van per questo: lui non ha fatto male a nessuno. Beethoven scriveva solo musica. DR. BRANOM - Ti riferisci alla musica di fondo? Tu hai già sentito Beethoven? Alex - Si! DR. BRODSKY - Quindi ti piace la musica. Alex - Si! DR. BRODSKY - È inevitabile. Forse l’elemento punitivo è proprio questo il capo dovrebbe esserne fiero. Mi dispiace Alex. È per il tuo bene. Devi sopportarci ancora un po’. Alex- Ma non è giusto, Non è giusto farmi star male mentre ascolto il mio amico Ludving Van DR. BRODSKY - Devi cogliere l’occasione figliolo, la scelta l’hai fatta tu Alex - Non c’è bisogno di insistere mi avete convinto: Ultra-violenza e morte sono un male. Un male, un male terribile. Ho imparato la lezione. Ora capisco quello che non avevo capito prima. Sono guarito, grazie a Dio. DR. BRODSKY - Non sei ancora guarito, caro. Alex - Ma signore, signora, ora so che è un male! Un male perché è antisociale, perché tutti hanno diritto alla vita e alla felicità, a non essere “taroccati” e accoltellati. DR. BRODSKY - No no, ragazzo, tu devi lasciar fare a noi, ma prendila con allegria. Fra meno di due settimane tornerai ad essere un uomo libero. DECODER - IL FILM di Klaus Maeck Fino alla meta’ degli anni ottanta, Berlino e Amburgo sono state il centro europeo delle controculture. in questo scenario si muovono gli straordinari personaggi di questo cult-film, uno dei pochi veramente underground del periodo. Nel 1984 Klaus Maeck girò un film underground che diventerà profetico. Con una colonna sonora straordinaria per l’epoca - Soft Cell, Einsturzsende Neubauten, The The e un cast di attori eccezionale - W.S. Burroughs, G.P. Orridge degli Psychic TV, F.M. Einheit degli Einsturzende Neubauten e la vera Christiana F. (dello Zoo di Berlino) - questo film sintetizzò l’innovazione trasgressiva che il punk portò nel campo della comunicazione e intuì la rivoluzione del cyberpunk. La trama: un punk scopre che nei “McDonalds” viene diffusa “Muzak”, una musica che condiziona i comportamenti degli avventori, riducendoli a una massa acritica di pecore. Non potendo tollerare questa situazione sente l’urgenza di “decodificarla” e crea un “antiMuzak” diffondendola negli stessi “McDonalds” e producendo reazioni violente di ribellione. Sebbene ricercato dai servizi segreti riesce a diffondere questa pratica a livello di movimento. Un lieto fine: al suono dell’antimuzak scoppia la rivoluzione (con vere immagini di scontri di piazza).Vuoi ricevere un sample vocale di Genesis P.Orridge tratto dal film:”L’informazione è come una banca. Il nostro compito, il vostro compito è rapinarla.” W. Burroughs dice : Se hai un problema parti da 0 3 e 6. Se non vuoi niente di speciale eccoti questo”.38 In Jubilee la televisione è un oggetto dedicato, in particolare, alla musica, nei momenti di noia i ragazzi guardano le band suonare attraverso lo schermo, per loro sono uno specchio, una prospettiva. La televisione crea dei modelli da imitare o un traguardo a cui aspirare, ma qualunque sia la sua finalità procede generando sentimenti negativi: Kid, osserva Lounge Lizard in tv e sembra avere come unico pensiero di sostituirsi a lei nelle classifiche e quindi entrare attraverso il piccolo schermo nelle case. Lounge Lizard si osserva in tv in preda ad un attacco narcisistico che rivela l’orribile egocentrismo delle star televisive. La televisione innesca un meccanismo di competizione e di odio che, anticipato dal coltello di Bod puntato sullo schermo verso il volto di Lounge Lizard, culmina con il truce omicidio della rockstar. Il mondo televisivo è vissuto come una minaccia da Jarman che ne rivela l’aspetto perverso e sopratutto la completa sottomissione al denaro e alla cultura perbenista e censoria. Pasolini aveva indovinato il suo bersaglio. Mi chiedo se gli piacerebbero i miei film; come i suoi, appartengono ad una tradizione antica e questo è il motivo per cui vengono fraintesi dai dirigenti delle tv abituati dal mondo florido delle pubblicità, cooptati dalle necessità del consumo. Anche i sindacati sono complici di questo mercato, e preferirebbero incassare un quarto di milione di sterline per lo spot di un profumo, piuttosto che fare un film serio per lo stesso compenso. Non c’è alcuna difesa dei valori in questo ambiente senza valori39 Il condizionamento e le strategie di sottomissione messe in atto dai poteri attraverso i media, sono stati al centro delle riflessioni intellettuali sia in campo sociologico che artistico. Con lo svilupparsi delle nuove tecnologie le televisioni hanno assunto una posizione di rilievo all’interno di quest’indagine in quanto strumento invasivo che, attraverso l’immagine in movimento, nella staticità e nell’imposizione del format e dei modelli presentati, ha determinato un’assuefazione passiva dell’informazione e della cultura. Oggi il mondo televisivo si trova in una condizione curiosa in cui sembra aver assorbito gli stessi effetti collaterali che ha imposto per anni ai suoi utenti: alienato e lontano dalla contemporaneità è in grado di parlare solo di se stesso, di riciclarsi in riproduzioni sempre più sbiadite e vuote di significato, di esprimere solo meta-televisione che interessa sempre meno e che ha prodotto un pubblico sempre più specializzato e isolato di utenti. In questo processo sta perdendo il ruolo di detentore delle verità sul reale, chiuso e solo nel mondo che propone. La malattia della televisione è evidentemente accompagnata dallo sviluppo orizzontale della rete: internet ha ricollocato il pubblico al centro, restituendogli il potere di selezionare e la libertà di scegliere gli argomenti da indagare e di cui fruire. Inoltre il sistema interinale rende protagonista l’utente in quanto diviene egli stesso produttore di contenuti da promuovere e a cui dare spazio nella rete. Se questo mezzo avesse avuto forma prima di cinquant’anni di televisione sarebbe oggi uno strumento di controcultura ben più radicale di quello che è. Oggi, dopo aver attinto dalla scuola della cattiva maestra televisione, subendola, spesso l’utenza si trova in rete come un bambino che rimane solo in classe e che, in preda ad un’eccitazione serotoninica dovuta all’eccesso imprevisto di libertà, rimane istericamente confinato in azioni compulsive in cui non esprime niente. Altrove, proprio grazie alla spontaneità con cui si interviene in rete, si determinano degli ambiti di conoscenza e di riflessione a cui non siamo più abituati e che ci sorprendo. Lo spazio dei blog, dei siti, lo spazio video di youtube hanno ridato effettiva energia alla libera manifestazione di sé. Anche là dove è presente un desiderio di protagonismo dal sapore televisivo, queste “contaminazioni” vengono immediatamente assorbite dalla mole inimmaginabile di materiali, ricollocandosi nella dimensione dell’intervento intimo, talvolta ironico talvolta patetico ma comunque sempre un innocente sguardo del singolo sul reale. L’aspetto che ancor più interessa è la possibilità di connessione e condivisione che si esprime attraverso la rete. La trasversalità della rete consente la nascita di relazioni e gruppi attraverso un sistema indipendente che ha come unica regola il reciproco interesse e la sostituzione di modalità aperte alle leggi e norme date che regolano le relazioni sociali T.A.Z. zone temporaneamente autonome Le rivoluzioni artistiche si ritraggono negli spazi domestici40 Il concetto di TAZ viene presentato dall’intellettuale Hakim Bey, maestro sufi, nomade e esponente di rilievo della controcultura americana. Nel suo trattato sulle TAZ ci propone una strategia sia pratica che virtuale di insurrezione, uno spazio mentale che diventa un’isola nella rete e nel vissuto attraverso cui creare delle fratture nel sistema di potere e tramite cui dare corpo ad un processo relazionale alternativo. Questa strategia consente un effettivo superamento delle dinamiche relazionali, frutto delle leggi del sistema e delle imposizioni cognitive dei media. La prospettiva di sovvertimento offerta dalla rete sviluppa un interessante processo di networking che investe l’utenza a tutti i livelli. La TAZ è come una sommossa che non si scontri direttamente con lo stato , un’operazione di guerriglia che libera un’area (di tempo di terra, di immaginazione) e poi si dissolve per riformarsi in un altro dove, in un altro tempo prima che lo stato la possa schiacciare. Poiché lo Stato è occupato primariamente con la Simulazione invece che con la sostanza, la TAZ può occupare queste aree clandestinamente e portare avanti il suo scopo festivo per un bel po’ in relativa pace. Forse certe piccole TAZ sono durate intere vite perché passarono inosservate, come enclavi Hillibillies – perché non si intersecarono mai con lo Spettacolo, non apparirono mai fuori da quella vita reale che è invisibile agli agenti della Simulazione.41 Il pensiero di Bey promuove un recupero in positivo della pratica insurrezionale che, nell’accezione comune, corrisponde ad un fallimento rivoluzionario. Qui invece l’idea di insurrezione viene considerata come la rottura di quella circolarità costante che impone, dopo ogni rivoluzione, una restaurazione, tradotta in uno stato maggiormente oppressivo e reazionario. L’insurrezione si manifesta come un prendersi cura di sé, dei propri interessi e impone una pausa nella struttura del sistema. La sua forza consiste nella capacità di non essere visibile, di imporsi come una rottura senza determinarsi in un’aggressività espressiva, ma lavorando in modo sotterraneo e autonomo. La TAZ è accaduta accade e accadrà con o senza computer. Ma perché la TAZ raggiunga il pieno potenziale, deve venire meno una questione di combustione spontanea e più di “isole nella rete”.42 Sul piano dei media, la TAZ si definisce e trova spazi aperti al suo manifestarsi all’interno della rete interinale. La rete si divide in tre linee di concetto: la rete medesima (si esplica nella totalità di tutto il trasferimento di informazione e dati), la Tela (che sfruttando i vuoti della rete costruisce una sua struttura alternativa e orizzontale di scambio informatico), la Contro-Rete (si determina nell’uso clandestino e sovversivo delle informazioni della Tela stessa). Questi termini non sono aree definite e chiuse, non indicano una struttura rigida, ma propongono delle tendenze con cui mettere in circolazione informazioni. La Tela di fatto si costituisce nelle pratiche di fanzine marginali, software piratato, hacking anche in relazione alla stampa e alla radio. È attraverso gli strumenti della Tela che la TAZ trova interstizi che le permettono di realizzarsi in una costante costruzione di relazioni mutevoli. Il fascino manifestato dal concetto di TAZ come strategia contro-culturale risiede nella contemporaneità dei mezzi attraverso cui si esprime, unita ad una arcaica necessità di determinarsi fuori dalle regole imposte. Il parallelismo fra pirati dei mari del XVIII secolo, che avevano creato delle roccaforti in cui vivere fuori dal sistema, e i pirati della rete che creano isole in cui realizzare informazione in modo autonomo a scapito del potere, crea un filo scenografico di fondo che unisce non tanto due epoche quanto le esigenze libertarie espresse attraverso l’azione sovversiva. La TAZ è un accampamento di guerriglieri ontologici: colpire e fuggire mantenere l’intera tribù in movimento, anche se si tratta solo di dati nella rete. La TAZ deve essere capace di difesa; ma sia l’attacco che la difesa dovrebbero, se possibile evadere la violenza dello Stato che non è più violenza significativa, l’attacco è portato a strutture di controllo essenzialmente a idee; la difesa è “l’invisibilità”, un’arte marziale, e “invulnerabilità” un’arte occulta fra quelle marziali. la Macchina di Guerra Nomade conquista senza essere notata e si muove prima che la mappa possa essere aggiornata. I media ci invitano a celebrare i momenti della vita con l’unificazione spuria di merce e spettacolo, il famoso non-evento di pura rappresentazione, in risposta a questa oscenità abbiamo da una parte la gamma del rifiuto (cronologizzata dai situazionisti, John Zerzan, Bob Black ed altri) e dall’altra l’emergere di una cultura festale rimossa e anche nascosta dagli aspiranti manager del nostro tempo libero. Lotta per il diritto alla festa è difatti non una parodia della lotta radicale ma una nuova manifestazione di essa, appropriata per un’era che offre tv e telefonini come maniere per “Esserci!” maniere per “avvicinarsi e toccare” altre creature umane43 Nonostante lo stesso Hakim Bey sia progredito nella sua idea di spazi liberati e nella riflessione sul concetto di rivoluzione e insurrezione, completando la sua filosofia anarco-sociologica, le TAZ rimangono una concreta ipotesi sovversiva, da considerare come work in progress e come un nuovo strumento in mano alle controculture. Come i corsari erano stati in grado di creare “Utopie Pirata”, il punk è stato un moto insurrezionale in cui si sono sviluppati spazi che, anticipando la teorizzazione delle TAZ, hanno sintetizzato, percorso e creato occasioni per la prolificazione di tali Utopie. Victor charlie Via Fiorentina, 6 Corte Tizzi Pisa La costruzione del V.C fu una cosa incredibile. Si tingeva una parete e poi, se a uno non piaceva, la si dipingeva di un altro colore. Poi arrivava un altro ancora a cui quel colore non garbava e allora lo cambiava nuovamente e così via… Arrivammo ad avere delle pareti con strati di tinta spesse un dito, ma non servì a niente perché vennero ricoperte da scritte e graffiti44 L’essenza della festa: faccia a faccia , un gruppo di umani sinergizzano i loro sforzi per realizzare desideri muti, che siano il mangiare, il bere e l’allegria, il ballo, la conversazione, le arti della vita; forse anche il piacere erotico, o per creare un lavoro artistico in comune, o per raggiungere il vero trasporto della gioia – in breve una “unione di egoisti” (come la mise Stirner) nella sua forma più semplice – oppure nei termini di Kropoktin una spinta biologica di base verso il “mutuo soccorso”45 giovanile fortemente autonoma e la grande e costante partecipazione agli eventi del Victor Charlie produssero immediatamente una reazione volta ad interromperne le attività. La forza del Victor Charlie fu un composto esplosivo in cui una realtà così marginale come quella pisana riuscì a sostenere e alimentare un continuo scambio di esperienze. L’attività era più intensamente vissuta quanto più il tempo a disposizione era ristretto, ed esprimeva il suo valore politico in una costante azione di vita. Con l’avvicinarsi dello sgombero, la resistenza come pratica attiva trasformava la musica in atto politico, in strategie di aggregazione e determinava una coscienza fuori dall’ordinario, consapevole e autonoma. Al Victor Charlie vennero a suonare decine e decine di band da tutto il mondo e questo significava portare a Pisa centinaia di punks ogni settimana. Stringemmo amicizia con tutta la scena punk dal giro italiano “PunkamiNazione” a quello californiano di “Maximum Rock’n Roll”. Il Victor Charlie è stato uno spazio di creazione musicale unico per il luogo in cui è nato. Le periferie toscane in particolare in un’area geograficamente decentrata come Pisa, non avevano niente da offrire né all’intrattenimento, tanto meno alla sperimentazione. Il Victor Charlie si insinua quindi come uno spazio aperto, indipendente e completamente inaspettato che si autogenera ed autolegittima in una forma spontanea di aggregazione. Il suo carattere periferico e la forza della sua portata uniti ad un percorso fulmineo ma quanto mai profondo rendono questo luogo un antenato della “zona temporaneamente autonoma”. La struttura organizzativa attraverso un’impostazione orizzontale, riuscì ad esprimere un’urgenza aggregativa che coinvolse il mondo punk. Il Victor Charlie nasce come affiliazione all’Arci, gli organizzatori, giovanissimi, non avevano le risorse per un’occupazione e preferirono lanciarsi in questa avventura come circolo culturale, raggirando i vertici dell’associazione nazionale. Nonostante fosse uno spazio ufficiale, il Victor Charlie non ebbe vita facile e favorendo modalità creative e relazionali autonome, fuori dalle regole, si attirò, fin dall’inizio, la sospettosa inimicizia del vicinato supportata da un controllo e un’attenzione costante da parte delle forze di polizia. La capacità di organizzare e coinvolgere una componente Il Granducato Hard Core non era un movimento né un’organizzazione, tanto meno una casta, perché non esisteva un manifesto ideologico a cui riferirsi: era una rete di contatti personali e non, tra persone di diverse città della Toscana, accomunati dallo stesso tipo di tensioni sociali e musicali dei primi anni ‘80. Era l’insieme di chi voleva far crescere la scena globalmente in feroce contrasto con gli opprimenti ‘80. In quegli anni dove paninari, yuppie e arrivismo avevano la meglio, questa rete, che non si limitava solo all’ambito musicale, non poteva che schierarsi senza compromessi contro la arida società che si andava delineando. La violenza che caratterizza Jubilee trova in questo ambito uno dei suoi riflessi più intensi, la maggior parte dell’area del Granducato infatti non si identificava con una prassi pacifista di stampo Crass, ma rivendicava la violenza come atto dovuto contro il sopruso. Mad e Bod avrebbero trovato un posto di spicco in quella realtà provinciale che aveva partorito una delle esperienze più disordinate e imprevedibili del movimento. I protagonisti del Granducato erano capaci di devastazione e vandalismo quanto i loro compagni delle metropoli inglesi non avrebbero immaginato. Il mito della toscana delle dolci colline veniva completamente soppresso all’ombra della torre pendente, dove si scatenavano produzioni musicali infuocate e le ire di giovani in rivolta. Noi sniffavamo anestesolo, colla per aereo-modelli, quando si trovava tiravamo lo speed, il rispetto era una parola che non esisteva nel nostro vocabolario, si rompeva il cazzo a tutti… chiunque fosse diverso da noi era un coglione. Si andava apposta a chiedere di suonare ai concerti altrui dai cantautori ai gruppi hard rock, per poi fare del casino, al minimo discorso storto scatenavamo risse, e se non c’era motivo lo trovavamo noi. Non esisteva ancora una scena punk e nemmeno un ghettino dove stare, per cui eravamo una mina vagante e visto che all’inizio ci prendevano tutti per il culo, compresi gli extraparlamentari di sinistra e spesso le abbiamo prese da tutti – rossi, neri e polizia – si capì subito che la miglior difesa era l’attacco. Fummo così costretti a diventare il terrore della città del tipo che quando passavamo la gente cambiava marciapiede. Abbiamo demolito discoteche, cinema, teatri e anche un negozio di dischi, ricordo. Poi impianti voce e microfono non c’era una cabina del telefono che non venisse sbriciolata al nostro passaggio, spaccavamo bottiglie per strada, il nostro sport preferito era sputare e mandare a ‘fanculo’ chiunque e infatti i nostri slogan erano: fuck you o fuck off, destroy the past e no future. Per me è giusto che il punk sia stato tutto questo, ovvero una mano di bianco su tutta la cultura, sia ufficiale che antagonista, che c’era stata fino a quel momento, amplificata dalla rabbia adolescenziale e dalle conseguenti violenze, spesso gratuite.46 Tutta la scena del Granducato si è sempre contraddistinta per non essere pacifista. Da altre parti c’erano crassiani anarko-pacifisti, noi no... allora quando c’erano delle manifestazioni nazionali importanti si scendeva in massa, e quando gli altri vedevano arrivare il granducato c’era sempre un po’ di tensione. Rappresentavamo l’ala dura del movimento e questo si capiva pure dalla musica che facevano i nostri gruppi, sempre la più incazzata 47 Giovani integralisti che ostentano un’ignoranza esagerata. Piccola Inghilterra. Comportamenti criminali nelle forze di polizia. Piccola Inghilterra. Nazionalismo e Westminster. Piccola Inghilterra. Piccole città sventrate da circonvallazioni. Piccola Inghilterra. Quartieri indigenti truccati da luoghi storici. Piccola Inghilterra. L’avida distruzione delle campagne. Piccola Inghilterra La violenza si riversa costantemente contro e dentro la singolarità dell’individuo, si nasconde in una tensione espressa anche dall’ossessiva mania di restaurare l’ordine di tutte le cose, non solo politico. Questo ha imposto una fase di arresto alla prospettiva di un mondo liberato da imposizioni linguistiche, espressive e comunicative. La società non ha smesso affatto di imporre le sue regole opprimenti, di confondere l’obbligo con la seduzione, di regalare strategie di mercato che costruisco bisogni a tavolino. Il desiderio di networking dell’essere sociale viene oggi strutturato e costruito su misura dal potere che mette a disposizione luoghi reali e virtuali in cui incontrarsi e riconoscersi, imprigionati come in una cella. I social netwok sono ambiti preconfezionati dove ad ogni spazio corrisponde una funzione, dove non esiste nemmeno la libertà di non sapere dell’altro. Dove ognuno compila quotidianamente, col sorriso sulle labbra, una schedatura aggiornata di sé, dei propri amici e desideri andando ad alimentare un mercato di prodotti e di idee pilotati e indotti dall’esterno, mettendo in gioco la propria libertà. Ma qualcosa è in movimento costante, sta spingendo sotto, nella crosta magmatica della società e freme come un vulcano attivo: nella forza espressa negli incendi nelle banlieue, nei ragazzini delle favelas, nei pirati del Senegal, là dove non ha attecchito o non ha avuto luogo questo processo perentorio di abbrutimento, straniamento glitterato del singolo dal reale. Freme dove la società civile ancora si riconosce e sente il calore del proprio corpo in cerca di vita, nella forma indistinta e libera dell’esperienza, nelle semplici scelte che determinano un cambiamento, nel desiderio di esprimere un discorso oirartnoc la olodnaicnunorp, di riprendersi lo spazio della ricerca, di investigare alternative possibili, di non scendere a compromessi; nei rifugi di emarginazione dove sperimentare una diversa strategia dell’esistere. Sono questi gli ambiti che conservano consapevolezza di sé e delle libertà difese in una prospettiva di rifondazione delle pratiche relazionali e linguistiche. Il Caos non è mai morto. Blocco primordiale integro, unico mostro adorante, inerte e spontaneo, più ultravioletto di ogni mitologia (come le ombre prime di Babilonia), l’originale indifferenziata unità d’essere ancora s’irradia serena, come i neri stendardi degli Assassini, casuale e perpetuamente ebbra. Il Caos arriva prima di tutti i principi di ordine ed entropia, non è né dio ne verme, i suoi desideri idioti comprendono e definiscono ogni possibile coreografia, tutti gli insensati eteri e flogisti: le sue maschere sono cristallizzazioni della sua stessa assenza di volto, come nuvole. Ogni cosa in natura è perfettamente reale, coscienza compresa, non c’è assolutamente nulla di cui preoccuparsi. Non solo le catene della Legge sono state spezzate, non sono mai esistite; i demoni non sorvegliano mai le stelle, l’Impero non fu mai iniziato, Eros non fece mai crescere la barba. No, ascoltate, questo è quel che successe: vi mentirono, vi vendettero idee di bene e di male, diedero sfiducia al vostro corpo e vergogna per il vostro profetare di caos, inventarono parole di disgusto per il vostro amore molecolare, vi ipotizzarono con la disattenzione, vi annoiarono con la civiltà e tutte le sue usuranti emozioni. Non c’è divenire, rivoluzione, lotta, nessuna via; siete già i monarchi della vostra pelle – la vostra inviolabile libertà attende solo di essere completata dall’amore di altri monarchi: una politica di sogno, urgente come l’azzurro del cielo.48 NOTE D. Jarman, Modern Nature, Ubu libri, Milano, 2004, p.195 17 Ivi nota 7, intervista Cristina Xina 18 1 Guy Debord, La società dello spettacolo. Massari editore, Bolsena, 2002. p. 53 19 D.Jarman, Ciò che resta dell’Inghilterra, Padova, Alek. 2007 2 Jean Genet, Diario di un ladro, Il Saggiatore, Milano 2002 20 R. Vaneigem, Trattato del saper vivere, Castelcecchi, Roma, 2006 3 Dick Hebdige, Sottocultura - il fascino di uno stile innaturale, Costa&Nolan, Milano 2008, p. 80 21 Simon Ford, The situationisti international, Black dog Publishing, Londra, 2005, p. 37 4 Ivi nota 3, p. 24 22 5 Cage, Intervista, Huddersfield Contemporary Music Festival, Steve Sweeney,1989 http://www.fzmw.de/2001/ 2001T3.htm#Posfn5 6 23 Crass, Do they owe us a living, 1979 Marco Philopat, Costretti a sanguinare, Einaudi, Torino, p. 31 Marcel Duchamp, Intervista,1966, http://www.youtube.com/watch?v=xIbye75demM 7 24 8 Dr. Lawrence Driscoll, The Rose Revived: Derek Jarman and The English Tradition, By Angels Driven The Films of Derek Jarman, Chris Lippard, 1996 25 9 27 Lumi di punk, Marco Philopat, Xbook, Milano, 2006, intervista a Dome CCCM William Pencak, The films of D.Jarman, McFarland, Londra, 2002 p. 139 10 Ivi nota 3, 11 Marco Pierini, Good Vibrations, le arti visive e il rock, Giunti, Firenze, 2006, p. 76 13 Roselee Goldeberg, La performance de futurisme à nos jours, Univers de l’Art, 2001, p. 164 Punx- Creatività e Rabbia DVD, Shake edizioni, Milano, 2006. Ivi nota 14 Ivi nota 6, p. 33 16 26 Ivi nota 6, p. 7 School of Graphic Design, London College of Communication, University of the Arts, Londra Ivi nota 6, p. 49 Ivi nota 11, p. 78 15 Internationalle Situationiste, All the King’s Men, 1963 28 12 14 NicolasBourriaud, Postproduction, Postmedia Book, 2007, p. 17-18 Giorgio Agamben, Violenza e speranza nell’ultimo spettacolo - I situazionisti e la loro storia, Manifestolibri, 2006, p. 12 30 Intervista integrale: http://libcom.org/history/against-wall-motherfucker-interview-ben-morea 29 31 Savage John, England dreaming sex pistols and punk rock, Faber&Faber, 1991, p.30. 32 Ivi nota 19, p. 165 http://profile.myspace.com/index.cfm?fuseaction=user.viewprofile&friendID=121916606 33 34 Ivi nota 13, p. 181-182 OndaRock, intervista di Antonio Ciarletta a Vittorio Barone, Throbbing Gristle - Controcultura industriale: 35 http:// Jhon Cage www.ondarock.it/speciali/throbbinggristle_baroni.htm Carol Tessitore intervista Genesis P.Orridge, http://www.genesisp-orridge.com/ Decoder Adam ant 36 37 D. Jarman, Chroma, Ubulibri, Milano, 2008 38 INDICE Arancia Meccanica Ben Morea Videoclip http://www.ngvision.org/mediabase/83 39 Ivi nota 19, p. 81 40 Ivi nota 19, p. 147 Guy Debord 41 Hakim Bey, T.A.Z., Shake edizioni, Milano, 2008, p. 15 DYT Duchamp Tyristan Zara Ivi nota 41, p. 33 42 43 Ivi nota 41, p. 16 Taz 44 Ivi nota 7, p. 183 45 Ivi nota 41, p. 21 46 Ivi nota 7, p. 173 Wayne county 47 Ivi nota 7, p. 184 Conferenza sociologi 1984 Victor charlie William Burroughs The Smiths Pet shop boys – Virus Coum TG IS Cut Up Performance Fanzine Fronte di resistenza analogica Borgia ginz S.9 Bod (cantando) - Le pietre non si trasformano mai! Diamanti, Diamanti, i diamanti sono i migliori amici delle ragazze! Amyl - Che giornata di merda B - Vera new wave non credi A - Dacci un taglio blah la userò come casco da moto, così almeno serve a qualcosa. Crabs - Mmm, così è particolare perché non hai rubato anche le perle? B - Non mi sono mai piaciute le perle, neanche le ostriche. A - Ma certo le perle sono per chi è puro C - E il mondo è la tua ostrica quindi ingoialo. B - Diamanti diamanti, cos’è? Mad - Top of the pops B - Di nuovo? M - Si adorano gli omicidi C - È un bel tipo, chi è? B - Che ne so? Avanti muovetevi deficienti, cosa facciamo stasera? In questo paese di merda dopo le 11 è aperta solo la polizia. M - Giusto Bod se ti annoi arruolati nel fronte nazionale C - Perché non ti dedichi al ricamo cara B - In questo paese non c’è abbastanza corrente elettrica, forse è fuso. Driing driiing Bod - Finalmente mi vengono in aiuto Pronto? Chi? Cosa? Crabs - Chiunque riattaccherebbe e lei non molla B - Si vengo molto volentieri Mad - Chi era? B - Oh Dio, Borgia Ginz, l’impresario, vuole la mia opinione sulla sua ultima scoperta. M - Ci vai? B - Certo Amyl - Oh, anche i potenti cadono in basso! M - Non ha principi Kid - Credevo che mi avresti presentato a Borgia Ginz C - Non lo presento a chiunque, devi dimostrarmi che sei all’altezza B - Non ti ci vuole tanto per convincerla caro. Io vado A - Bene. L’aspetta una bella sorpresa S.10 Borgia Ginz - Vuoi conoscere la mia storia cara? è facile. Questa è la generazione che è cresciuta e che ha dimenticato di vivere la propria vita. Erano troppo impegnati a guardare il mio film senza fine. Questo si dice Potere baby, Potere! Non lo creo, lo possiedo. Ho leccato e leccato e leccato... I media sono diventati la loro unica realtà e io possiedo il loro mondo di ombre tremule, BBC, TUC, ITV, ABC, ATV, MGM KGB C ed E Dimmene uno qualsiasi e li ho comprati tutti e ho rimescolato l’alfabeto. Senza di me essi non esistono ah ah ah Bod - Mio Dio è Amyl Nitrate Borgia - Rappresenta l’Inghilterra per l’Eurovision Song Contest È la mia numero uno! ah ah ah S.16 Crabs - È lo studio più grande del mondo e Borgia l’ha comprato ad un’asta Kid - È enorme C - Fa tutto in grande stile. Non mi credevi vero? - Sir, era Wall Street Dicono che il dollaro è crollato da quando non li sostiene più Borgia - Non mi interessa l’economia delle noccioline Scmeitzer Adesso Torniamo ai veri affari - Certo abbiamo venduto 50 milioni di copie di dischi nella sola Mosca negli ultimi tre giorni Lounge Lizard è al primo posto B - Finché la musica è abbastanza forte, non sentiremo il mondo che si schianta ah ah ah - Oh mi scusi signore, c’è un messaggio di madame Mao, vuole fare un film B - Non farà questo film, questo te lo posso assicurare. - Scusi, Mr Ginz Miss Crabs è venuta a trovarla Crabs - Ciao Borgia Spero di non disturbarti E’ una questione di affari Ti ho fatto da talent scout. Si chiama Kid ma è puro sesso Sarò il suo manager B - Wow Cosa posso fare per te Piuttosto… Cosa puoi fare tu per me Kid - Salve mr Ginz C - Oh, hai visto? Un talento naturale! Sarà la nuova Garbo B - La Garbo ha reso molto lo porto nel teatro e gli faccio un’audizione Solo per che sei te, Crabs ah ah ah C - Chiama Bod o sarà gelosa K - Non mi interessano i soldi. Non voglio essere fregato S.18 Meglio rifarsi le orecchie se vuoi essere perfetta/ un po’ rifatta un po’ liftata/ chirurgia plastica è tutto fatto di plastica!/chirurgia plastica, fantastica! Evita di stare al sole per ore e ore, da domani solo facce nuove/butta il vecchio trucco per chiudere in bellezza/ un po’ rifatta un po’ liftata/ chirurgia plastica è tutto fatto di plastica!/ chirurgia plastica, fantastica! Borgia - Ah ah ah Sei ingaggiato adesso come ti chiamiamo… feccia ah perfetto perfetto feccia è commerciale B - È ciò che si meritano ah ah ah Sphinx - Sei un grande Kid - “ Plastic surgery” S - No, sei un grande. Ascolta il mio consiglio stai lontano da lei. Venderebbe l’anima per qualche centimetro in più L’industria discografica è morta. Resta per strada. Non ne vale la pena. Hai una bella voce, lui la venderà. Non gli importa se il pubblico ascolta le parole vuole solo venderti. Se lo lasci fare sarai solo una copertina, un viso fra tanti. Vieni a cantare per me Angel - Il diavolo venne e lo portò in un posto in alto gli mostrò tutti i quartieri di Londra poi il diavolo disse tutto questo sarà tuo se ti se ti metti in ginocchio ed egli rispose sapendo che era stato costruito dal ministero dell’ambiente che era una fregatura vaffanculo Satana così Satana se ne andò e arrivò un angelo a portargli aiuto.