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leggere la poesia
BENITO CALONEGO LEGGERE LA POESIA: UN’ARTE CHE VA APPRESA L’INTERPRETAZIONE (3) – LA LETTURA METRICA (5) –L’ACCENTO RITMICO (9) – L’ANDAMENTO RITMICO (13) - IL TONO (17) – L’ACCENTUAZIONE ESPRESSIVA (22) - L’INTENSITA’ E IL REGISTRO VOCALE (27) 1 2 L'INTERPRETAZIONE La lettura espressiva o la dizione poetica richiede una serie di operazioni riassumibili nelle seguenti: 1) trascodificazione del testo scritto in immagini 2) espressione del tessuto emotivo-sentimentale che soggiace al testo 3) valorizzazione delle qualità formali del testo. 1. Trascodificazione del testo scritto in immagini. Il lettore deve imparare a disegnare con la voce la scena descritta, darle una evidenza visiva, anche aiutandosi con la mimica espressiva, con il gesto. 2. Espressione del tessuto sentimentale ed emotivo che soggiace al testo Per comunicare la verità delle emozioni espresse dal testo è necessario rivivere prima dentro di sè tali emozioni. Non si comunicano emozioni attraverso le nude parole. La comunicazione, ovvero quell'atto psichico per cui un contenuto interiore viene trasmesso e captato, avviene al livello dell'inconscio, del vissuto. Non posso inviare segnali diversi da quella che è la mia realtà interiore, devo prima rivivere dentro di me le emozioni che la poesia esprime. Non ci sono scorciatoie possibili se si vuole evitare l'approssimativo, l'inespresso, l'inautentico. E' necessario ritrovare al di là delle parole il vissuto, la trama delle emozioni, dei pensieri profondi. C'è un sottotesto, un tessuto preverbale che sottende il testo verbale. Ricostruire il sottotesto è il lavoro più importante del lettore o dicitore. Ogni opera è un'incompiuta, qualcosa che dobbiamo riportare in vita (99). Per interpretare in modo adeguato un testo poetico dal punto di vista in questione, è necessario: a) studiare a fondo il testo fino a impregnarsi di esso; b) richiamare alla memoria situazioni ed emozioni analoghe, per poterle rivivere nell'atto di interpretare il testo. Per capire se il testo è veramente entrato dentro di noi, è opportuno leggerlo ad alta voce: ci si accorge subito se ci si emoziona o meno. In caso negativo, occorre scavare più profondamente dentro di sè, fino a rivivere il tipo di emozione espresso dal testo. 3. Valorizzazione delle qualità formali del testo La lettura o la dizione deve rispettare il metro, essere cioè una lettura metrica e non una lettura sintattica come per lo più accade per incompetenza. Inoltre deve cogliere e valorizzare le figure, soprattutto di ritmo e di suono, che impreziosiscono il testo e lo rendono unico. I paragrafi che seguono si propongono di aiutare ad affinare gli strumenti necessari per eseguire in modo adeguato le operazioni illustrate. Naturalmente tutte le performaces che vengono richieste ai capitoli successivi si basano su una preventiva conoscenza non superficiale del singolo testo poetico, sulla capacità di rivivere il nucleo emotivo che soggiace ad esso. 3 4 LA LETTURA METRICA Lo stesso testo viene presentato prima in forma prosastica e poi in forma poetica. Si noti la differenza di tono, di ritmo, di significato tra la lettura sintattica e quella metrica. <<Ieri, sulla Statale sette, un'automobile, correndo a cento all'ora, ha cozzato contro un platano. I quattro occupanti sono rimasti uccisi.>> Ieri, sulla Statale sette, un'automobile, correndo a cento all'ora, ha cozzato contro un platano. I quattro occupanti sono rimasti uccisi. (J. Cohen) <<Claude Vivier e Jacques Sermeus, già compagni d'infanzia d'alti muri in un orfanotrofio, freddamente a colpi di pistola, senza alcuna ragione uccisero due amanti giovani su un'auto ferma al parco di Saint-Cloud lungo il viale della Felicità, sul calar della sera del ventuno dicembre millenovecentocinquantasei.>> Claude Vivier e Jacques Sermeus, già compagni d'infanzia d'alti muri in un orfanotrofio, freddamente a colpi di pistola, senza alcuna ragione uccisero due amanti giovani su un'auto ferma al parco di Saint-Cloud lungo il viale della Felicità, sul calar della sera del ventuno dicembre millenovecentocinquantasei. (S. Quasimodo). La differenza che si avverte tra i due tipi di lettura non riguarda solo il ritmo, ma anche le singole parole, poichè le parole nel verso <<sembrano sporgere, venire in primo piano, mentre in prosa scivoliamo su di esse ...>> (A. Marchese, L’officina della poesia, ed. Mondadori). In ogni caso il testo in poesia assume una significazione complessiva diversa e carica di suggestione. Purtroppo la lettura della poesia è eseguita solitamente secondo la sintassi e non secondo la metrica. In parole più semplici la poesia viene letta alla stregua della prosa, non tenendo conto della versificazione. Ciò avviene non solo nelle aule scolastiche, ma anche alla radio e alla televisione, a causa di una diffusa incultura. E' necessario pertanto esercitarci a leggere la poesia rispettandone la metrica, cioè fermandoci alla fine del verso. La cosa riesce all'inizio un po' strana soprattutto in corrispondenza dell'enjambement, quando cioè il verso spezza la frase in parti che nella lettura 5 corrente si pronunciano d'un sol fiato. Esempio di enjambement: "... e questa siepe che da tanta parte / dell'ultimo orizzonte il guardo esclude" (Leopardi) La difficoltà consiste nell'interrompere la lettura alla fine del verso mantenendo contemporaneamente la linea melodica della frase. Grazie all'enjambement, il sintagma staccato, cioè mandato a capo riga, acquista una rilevanza espressiva, una sottolineatura particolare, che risulta evidente dal confronto tra la lettura sintattica e quella metrica: Lettura sintattica: <<Ancora giovane, ancora sei bella. I segni degli anni, quelli del dolore, legano l' anime nostre, una ne fanno.>> Lettura metrica: Ancora / giovane, ancora / sei bella. I segni / degli anni, quelli del dolore, legano / l'anime nostre, una ne fanno. (U. Saba) Gli enjambements generano una forte tensione tra piano sintattico e piano metrico, e le sottolineature espressive che ne derivano giocano un ruolo non secondario nell'economia del testo. Nella poesia che segue gli enjambements, particolarmente numerosi ottengono tra l'altro l'effetto di una lettura che non dà tregua, senza pause, quasi forzata. Dietro i vetri (Giorgio Caproni) A riva del balcone arioso, dai grezzi colori degli orti già in fioritura di menta, estate ansiosa come una febbre sale al tuo viso, e lo brucia col fuoco dei suoi gerani. Col gesto delle tue mani solito, tu chiudi. Dietro i vetri, nello specchiato cielo coi suoi rondoni più fioco, da me segtreta ormai silenziosa t'appanni come nella memoria. Esercitiamoci ora a leggere metricamente la poesia, fermandoci un attimo al termine 6 del verso e mantenendo la linea melodica della frase. Passerò per Piazza di Spagna (Cesare Pavese) Sarà un cielo chiaro. S'apriranno le strade sul colle di pini e di pietra. Il tumulto delle strade non muterà quell'aria ferma. I fiori spruzzati di colori alle fontane occhieggeranno come donne divertite. Le scale le terrazze le rondini canteranno nel sole. S'aprirà quella strada, le pietre canteranno, il cuore batterà sussultando come l'acqua nelle fontane sarà questa la voce che salirà le tue scale. Le finestre sapranno l'odore della pietra e dell'aria mattutina. S'aprirà una porta. Il tumulto delle strade sarà il tumulto del cuore nella luce smarrita. Sarai tu - ferma e chiara. 7 8 L'ACCENTO RITMICO Nella lettura della poesia è opportuno rendere il ritmo del verso, dando un particolare rilievo alle sillabe su cui cade l'accento ritmico (segnato nelle prime strofe del testo). In tal modo otteniamo una vera e propria musica di parole. Leggendo la poesia seguente di Giovanni Pascoli, prima come si è soliti fare, poi facendo sentire l'accento ritmico, si può notare come la poesia ne guadagni in ritmo e musicalità. C'è una voce nella mia vita, che avverto nel punto che muore; voce stanca, voce smarrita, col tremito del batticuore: C'è una voce nella mia vita, che avverto nel punto che muore; voce stanca, voce smarrita, col tremito del batticuore: voce d'una accorsa anelante, che al povero petto s'afferra per dir tante cose e poi tante, ma piena ha la bocca di terra: voce d'una accorsa anelante, che al povero petto s'afferra per dir tante cose e poi tante, ma piena ha la bocca di terra: tante tante cose che vuole ch'io sappia, ricordi, sì ... sì..., ma di tante tante parole non sento che un soffio ... Zvanì ... tante tante cose che vuole ch'io sappia, ricordi, sì ... sì..., ma di tante tante parole non sento che un soffio ... Zvanì ... L'aquilone (Giovanni Pascoli) C'è qualcòsa di nuòvo òggi nel sòle, anzi d'antìco: io vìvo altròve, e sènto che sòno intòrno nàte le viòle. Son nàte nella sèlva del convènto dei càppuccìni, tra le mòrte fòglie che al cèppo delle quèrcie àgita il vènto. Si respira una dolce aria che scioglie le dure zolle, e visita le chiese di campagna, ch'erbose hanno le soglie: un'aria d'altro luogo e d'altro mese e d'altra vita: un'aria celestina che regga molte bianche ali sospese... sì, gli aquiloni! E' questa una mattina che non c'è scuola. Siamo usciti a schiera tra le siepi di rovo e d'albaspina. 9 Le siepi erano brulle, irte; ma c'era d'autunno ancora qualche mazzo rosso di bacche, e qualche fior di primavera bianco; e sui rami nudi il pettirosso saltava, e la lucertola il capino mostrava tra le foglie aspre del fosso. Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino ventoso: ognuno manda da una balza la sua cometa per il ciel turchino. Ed ecco ondeggia, pensola, urta, sbalza, risale, prende il vento; ecco pian piano tra un lungo dei fanciulli urlo s'inalza. S'inalza; e ruba il filo dalla mano, come un fiore che fugga sullo stelo esile, e vada a rifiorir lontano. S'inalza; e i piedi trepidi e l'anelo petto del bimbo e l'avida pupilla e il viso e il cuore, porta tutto in cielo. Più su, più su: già come un punto brilla, lassù lassù... Ma ecco una ventata di sbieco, ecco uno strillo alto... - Chi strilla? Sono le voci della camerata mia: le conosco tutte all'improvviso, una dolce, una acuta, una velata... A uno a uno tutti vi ravviso, o miei compagni! e te, sì, che abbandoni su l'omero il pallor muto del viso. sì: dissi sopra te l'orazioni, e piansi: eppur, felice te che al vento non vedesti cader che gli aquiloni! Tu eri tutto bianco, io mi rammento: solo avevi del rosso nei ginocchi, per quel nostro pregar sul pavimento. Oh! te felice che chiudesti gli occhi persuaso, stringendoti sul cuore il più caro dei tuoi cari balocchi! 10 Oh! dolcemente, so ben io, si muore la sua stringendo fanciullezza al petto, come i candidi suoi pètali un fiore ancora in boccia! O morto giovinetto, anch'io presto verrò sotto le zolle, là dove dormi placido e soletto... Meglio venirci ansante, roseo, molle di sudor, come dopo una gioconda corsa di gara per salire un colle! Meglio venirci con la testa bionda, che poi che fredda giacque sul guanciale, ti pettinò co' bei capelli a onda tua madre... adagio, per non farti male. 11 12 L’ANDAMENTO RITMICO a) E' opportuno individuare il ritmo che caratterizza il testo poetico. Esso può, essere a seconda dei casi, lento, largo, "sinfonico", andante, cullante, lineare, spezzato, mosso, vivace, agitato, veloce, ecc, ecc ... Il testo che segue, ad esempio ha un ritmo lento, sinfonico, di largo respiro. Colle delle felci (Dylan Thomas) Quando ero giovane e ingenuo sotto i rami del melo presso la casa piena di canti e felice perché l'erba era verde, la notte alta sulla valletta stellata, il tempo mi lasciava esultare e arrampicarmi dorato nei bei giorni dei suoi occhi, e fra i carri ero il principe onorato delle città di mele, e una volta oltre il tempo sovranamente feci trascinare alberi e foglie e orzo e margherite lungo i fiumi di luce dei frutti abbattuti dal vento. E poiché ero verde e spensierato, famoso pei granai intorno all'aia felice e cantavo perché il podere era casa, al sole che soltanto allora è giovane, il tempo mi lasciava giocare tutto d'oro nella misericordia dei suoi mezzi, e verde e d'oro ero mandriano e cacciatore, i vitelli cantavano al mio corno, sulle colline le volpi latravano, limpide e fredde, e la domenica lenta risonava nei ciottoli dei sacri ruscelli. Per tutto il sole era un correre, era bello, i campi di fieno alti come la casa, le melodie dai camini, era l'aria e giuoco, allegro e fatto d'acqua, e il fuoco verde come erba. E a notte, sotto le semplici stelle, come io incontro al sonno cavalcavo, i gufi si portavano via la fattoria, e per tutta la luna, beato fra le stalle, udivo il volo dei caprimulgi e dei mucchi di fieno e i cavalli nel buio come lampi. E poi sveglio e la fattoria tornava, come un vagabondo Bianco di rugiada, col gallo sulla spalla; ogni cosa Splendeva, era Adamo e vergine, Il cielo s'addensava nuovamente E il sole tondo nasceva proprio in quel giorno. Così dev essere stato, appena creata la luce, nel primo. Spazio rotante, i cavalli incantati uscendo caldi Fuori dalla nitrente verde stalla 13 Verso i campi di lode. E fra le volpi e i fagiani onorato presso la casa ridente, Sotto nuvole appena create e felice quanto il cuore durava, AI sole che più volte era già nato, Percorsi le mie strade sventate, i desideri Correvano tra il fieno alto una casa, Nè mi curavo, nei miei azzurri traffici, che il tempo non concede, In tutti i suoi giri melodiosi, altro che pochi canti mattutini, Prima che i fanciulli verdi e d'oro Lo seguano fuori della grazia. Non mi curavo, ai giorni bianco-agnello, che il tempo m'avrebbe portato solaio afrollato di rondini con l'ombra della mia mano, Nella luna che sempre sta sorgendo, Né che nel sonno cavalcando l'avrei udito volare Insieme agli alti campi e mi sarei svegliato Nel podere fuggito per sempre dalla terra senza bambini. Oh, quando ero giovane e ingenuo nella misericordia dei suoi mezzi, Verde e morente mi trattenne il tempo, Benche' cantassi nelle mie catene come il mare. Il ritmo della poesia che segue, rotto, spezzato, in un certo senso iconizza la fatica patita dal padre contadino e il suo aspetto scabro. Padre contadino (Davide Lajolo) Sul tuo collo la pelle ha fatto quadrati di fatica. Seguo ansioso il battito delle vene sulle tue mani secche come la corteccia dell'olmo che ancora poti padre contadino. b) Nel corso della lettura o della dizione, è' necessario variare la velocità di esecuzione, adeguandola in modo intuitivo all'andamento sintattico, al "movimento espressivo", ecc... A titolo d'esempio, il rallentamento del ritmo viene indicato con la linea continua, l'accelerazione con i caratteri in corsivo. 14 Marzo (Vincenzo Cardarelli) Ricordo (Giorgio Caproni) Oggi la primavera Ricordo una chiesa antica, è un vino effervescente. romita, Spumeggia il primo verde nell'ora in cui l'aria s'arancia sui grandi olmi fioriti a ciuffi e si scheggia ogni voce dove il germe già cade sotto l'arcata del cielo. come diffusa pioggia. Fra i rami onusti e prodighi Eri stanca, un cardellino becca. e ci sedemmo sopra un gradino Verdi persiane squillano come due mendicanti. su rosse facciate che il chiaro allegro vento Invece il sangue ferveva di marzo pulisce. di meraviglia, a vedere Tutto è color di prato. ogni uccello mutarsi in stella Anche l'edera è illusa, nel cielo. la borraccina è più verde sui vecchi tronchi immemori Sera in città (Ignzio Drago) che non hanno stagione, lungo i ruderi ombrosi e macilenti Quando la sera gemmata di stelle cui pur rinnova marzo il grave manto. sopra la terra discioglie i suoi veli, Scossa da un fiato immenso finestre e finestrelle la città vive un giorno la spiano dai grattacieli. d'umori campestri. Ebbra la primavera Nel cuore dei cortili corre nel sangue. la voce dei giochi si spegne; si svegliano i colori delle insegne aggrappati ad invisibili fili. 15 16 IL TONO Quando si legge o si dice una poesia, n invece individuare la precisa tonalità, la cifra espressiva, che le è propria. E questo, ovviamente é possibile solo dopo avere penetrato e fatto proprio il significato del testo poetico, lo spirito che lo permea. Una "emissione" della voce generica o errata può falsarlo e dunque tradirlo. Il tono può essere grave, solenne, maestoso, appassionato, affettuoso, sentimentale, drammatico, addolorato, straziato, mesto, patetico, elegiaco, di preghiera, religioso, leggero, scherzoso, spiritoso, confidenziale, ecc... Al fine di orientare ad una scelta consapevole del tono di voce, si forniscono di seguito alcune indicazioni. Tono epico-drammatico Cacciatore (Federico Garcia Lorca) Pineta alta quattro colombe nell'aria vanno. Quattro colombe volano e tornano portan ferite le loro quattro ambre. Pineta bassa quattro colombe sulla terra stanno. Tono drammatico- appassionato Alle fronde dei salici (S. Quasimodo) E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull'erba dura di ghiaccio, al lamento d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso al palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento. Tono epico-elegiaco Ettore e Andromaca (Omero, Iliade) (Prima di scendere in battaglia, Ettore incontra la moglie Andromaca e il figlioletto Ascanio presso le porte Scee). Subito via di sul capo si tolse il prode Ettore l'elmo e lo depose per terra, che intorno era tutto un barbaglio. 17 Egli, il suo caro bambino baciò, palleggiò tra le mani, e così disse, volgendosi a Giove ed agli altri celesti: <Giove, con gli altri celesti, ben fate che questo bambino mio tale venga, quale io glorioso fra tutti i Troiani e così buono di forze, e che d'Ilio rimanga signore . Possa alcun dire, col tempo: - Ma questi è migliore del padre! quando ritorni di guerra e ne porti macchiate di sangue, spoglie d'eroe, ch'egli uccida, e ne gongoli in cuore la madre>. Questo egli disse e posò nelle mani alla cara compagna il bambinello, e l'accolse sua madre nel grembo odoroso, con un sorriso di lacrime. E l'uomo la vide e compianse. Tono religioso, di sospensione, di forte tensione spirituale Dall'immagine tesa (Clemente Rèbora) Dall'immagine tesa vigilo l'istante con imminenza di attesa e non aspetto nessuno: nell'ombra accesa spio il campanello che impercettibile spande un polline di suono e non aspetto nessuno: fra quattro mura stupefatte di spazio più che un deserto non aspetto nessuno: ma deve venire, verrà, se resisto a sbocciare non visto, verrà d'improvviso, quando meno l'avverto: verrà quasi per dono di quanto fa morire, verrà a farmi certo del suo e mio tesoro, verrà come ristoro delle mie e sue pene, verrà, forse già viene il suo bisbiglio. 18 Tono ispirato ad un sentimento cosmico La ginestra (G. Leopardi) Sovente in queste rive, che, desolate, a bruno veste il flutto indurato, e par che ondeggi, seggo la notte; e su la mesta landa in purissimo azzurro veggo dall'alto fiammeggiar le stelle, cui di lontan fa specchio il mare, e tutto di scintille in giro per lo vòto seren brillare il mondo. Tono di preghiera Pensiero d'autunno (Ada Negri) Fammi uguale, Signore, a quelle foglie morbide, che vedo oggi nel sole tremar dell'olmo sul più alto ramo. Tremano, sì, ma non di pena: è tanto limpido il sole, e dolce il distaccarsi dal ramo, per congiungersi alla terra. S'accendono alla luce ultima, cuori pronti all'offerta; e l'agonia per esse, ha la clemenza d'una mite aurora. Fa' ch'io mi stacchi dal più alto ramo di mia vita, così, senza un lamento, penetrata di Te come nel sole. Tono elegiaco La tua voce(Giuseppe Villaròel) Risuona all'improvviso la tua voce. Dal fondo del giardino alla finestra così tu mi chiamavi. E il cielo curvo dentro i ventagli dei palmizi. Oh, l'oro dei tuoi capelli e la veste a bandiera e il tuo corpo di driade in preda al vento, ansioso, come me, della tua vita! Letizia d'aria. E di terrestre pena smemorati nel tempo. dove sei? La casa lentamente si sommerge nell'ombra. Lentamente dalla cala vanno al largo i velieri. Lentamente scende la sera dalle cime spoglie ... E resto qui, con la tua voce in cuore. 19 Tono intimistico - sentimentale Anello nuziale (Antonio Machado) Mentre lavoro, con l'anello d'oro puro tu mi stringi nel sangue del mio dito, che poi si fa con te, piacere per tutta la mia carne. Che felicità! Come le mie forti vene vanno, dolci, ubriacandosi di te, come di un celeste miele nella luce degli eterni calici! Il mio cuore intero passa, fiume impetuoso e nobile, sotto il soave anello che, per contenerlo, s'apre in infiniti circoli d'amore. Tono galante e sentimentale Madrigale (Torquato Tasso, musicato da C. Monteverdi) Ecco mormorar l'onde e tremolar le fronde a l'aura mattutina e gli arboscelli, e sovra i verdi rami i vaghi augelli cantar soavemente e rider l'oriente: ecco già l'alba appare e si specchia nel mare, e rasserena il cielo e le campane imperla il dolce gelo e gli alti monti indora. O bella e vaga Aurora, l'aura è tua messaggera, e tu de l'aura ch'ogni arso cor ristaura. Tono leggero e brioso Problemi di stagione (Gianni Rodari)" "Signor maestro, che le salta in mente ? Questo problema è un'astruseria, non ci si capisce niente: . trovate il perimetro dell'allegria, la superficie della libertà, il volume della felicità... 20 Quest'altro poi è un po' troppo difficile per noi: Quanto pesa una corsa in mezzo ai prati ? Saremo certo bocciati ! Ma il maestro che ci vede sconsolati: "Son semplici problemi di stagione. Durante le vacanze troverete la soluzione". 21 22 LA ACCENTUAZIONE ESPRESSIVA E' opportuno sottolineare con il tono della voce le singole parole o i gruppi di parole più significativi del testo, rendendo in tal modo più ricca ed espressiva la linea melodica. Nel testo che segue tali parole sono evidenziate mediante sottolineatura grafica. La mia sera Il giorno fu pieno di lampi; ma ora verranno le stelle, le tacite stelle. Nei campi c'è un breve gre gre di ranelle. Le tremule foglie dei pioppi trascorre una gioia leggiera. Nel giorno, che lampi! che scoppi! Che pace, la sera! Si devono aprire le stelle nel cielo sì tenero e vivo. Là, presso le allegre ranelle, singhiozza monotono un rivo. Di tutto quel cupo tumulto, di tutta quell'aspra bufera, non resta che un dolce singulto nell'umida sera. E', quella infinita tempesta, finita in un rivo canoro. Dei fulmini fragili restano cirri di porpora e d'oro. O stanco dolore, riposa! La nube nel giorno più nera fu quella che vedo più rosa nell'ultima sera. Che voli di rondini intorno! che gridi nell'aria serena! La fame del povero giorno prolunga la garrula cena. La parte, sì piccola, i nidi nel giorno non l'ebbero intera. Nè io... e che voli, che gridi, mia limpida sera! Don... Don... E mi dicono, Dormi! mi cantano, Dormi! sussurrano, Dormi! bisbigliano, Dormi! là, voci di tenebra azzurra... 23 Mi sembrano canti di culla, che fanno ch'io torni com'era... sentivo mia madre... poi nulla... sul far della sera. Mattina (Giuseppe Ungaretti) M'illumino d'immenso. Lungo l'Affrìco (Gabriele D'annunzio) Grazia del ciel, come soavemente ti miri ne la terra abbeverata, anima fatta bella dal suo pianto! O in mille e mille specchi sorridente grazia, che da la nuvola sei nata come la voluttà nasce dal pianto, musica nel mio canto ora t'effondi, che non è fugace, per me trasfigurata in alta pace a chi l'ascolti. Nascente Luna, in cielo esigua come il sopracciglio de la giovinetta e la midolla de la nova canna, sì che il più lieve ramo ti nasconde e l'occhio mio, se ti smarrisce, a pena ti ritrova, pel sogno che l'appanna, Luna, il rio che s'avvalla senza parola erboso anche ti vide; e per ogni fil d'erba ti sorride, solo a te sola. O nere e bianche rondini, tra notte e alba, tra vespro e notte, o bianche e nere ospiti lungo l'Affrico notturno! Volan elle sì basso che la molle erba sfioran coi petti, e dal piacere il loro volo sembra fatto azzurro. Sopra non ha susurro l'arbore grande, se ben trema sempre. Non tesse il volo intorno a le mie tempie fresche ghirlande? E non promette ogni lor breve grido un ben che forse il cuore ignora e forse 24 indovina se udendo ne trasale? S'attardan quasi immemori del nido, e sul margine dove son trascorse par si prolunghi il fremito d'ale. Tutta la terra pare argilla offerta all'opera d'amore, un nunzio il grido, e il vespero che muore un'alba certa. 25 26 REGISTRO, INTENSITA', IMPOSTAZIONI PARTICOLARI DELLA VOCE Nel corso della lettura espressiva o della dizione poetica non vanno trascurati ulteriori elementi espressivi, quali il registro (voce alta, bassa, ...), l' intensità (leggere piano, forte - sussurrare, urlare, ecc...) e le impostazioni particolari della voce (sospirare, ghignare,...). La voce deve adattarli alle caratteristiche espressive del testo, realizzando non solo una armoniosa varietà, ma quel che più conta una migliore resa del sentimento che sottende il testo. Giorno per giorno (G. Ungaretti) Il cuore del Poeta è straziato per la perdita del figlio bambino, a seguito di una dolorosissima malattia. 2 Ora potrò baciare solo in sogno le fiduciose mani ... E discorro, lavoro, sono appena mutato, temo, fumo ... Come si può ch'io regga a tanta notte? 5 Ora dov'è l'ingenua voce che in corsa risuonando per le stanze sollevava dai crucci un uomo stanco? ... La terra l'ha disfatta, la protegge un passato di favola ... 8 E t'amo, t'amo, ed è continuo schianto! ... Tu ti spezzasti (G. Ungaretti) 2 Alzavi le braccia come ali e ridavi nascita al vento correndo nel peso dell'aria immota. Nessuno mai vide posare il tuo lieve piede di danza. La fontana malata (Aldo Palazzeschi) Clof, clop, cloch, cloffete, cloppete, clocchete, La tisi l'uccide. Dio Santo, quel suo 27 chchch . . . E' giù nel cortile, fontana malata; che spasimo, sentirla tossire! Tossisce, tossisce, un poco si tace, di nuovo tossisce. Mia povera fontana, il male che hai il core mi preme, Si tace, non getta più nulla, si tace, non s'ode romore di sorta . . . Che forse . . . che forse sia morta? Che orrore! Ah, no! Rieccola, ancora tossisce. Clof, clop, cloch, cloffete, cloppete, clocchete, chchch . eterno tossire mi fa morire, un poco ma tanto! Che lagno! Ma Habel, Vittoria! Correte, chiudete la fonte, mi uccide quel suo eterno tossire! Andate, mettete qualcosa per farla finire, magari . . . morire! Madonna! Gesù! Non più, non più! Mia povera fontana, col male che hai, finisci, vedrai, che uccidi me pure. Clof, clop, cloch, cloffete, cloppete, clocchete, chchch ..... Questa poesia si presta in modo particolare anche alla lettura metrica. Il verso trisillabo, così breve, nasce dall'idea di fare corrispondere ogni verso alla caduta di una goccia. 28