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leggere la poesia
BENITO CALONEGO
LEGGERE LA POESIA: UN’ARTE
CHE VA APPRESA
L’INTERPRETAZIONE (3) – LA LETTURA METRICA (5) –L’ACCENTO
RITMICO (9) – L’ANDAMENTO RITMICO (13) - IL TONO (17) –
L’ACCENTUAZIONE ESPRESSIVA (22) - L’INTENSITA’ E IL REGISTRO
VOCALE (27)
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L'INTERPRETAZIONE
La lettura espressiva o la dizione poetica richiede una serie di operazioni
riassumibili nelle seguenti: 1) trascodificazione del testo scritto in immagini 2)
espressione del tessuto emotivo-sentimentale che soggiace al testo 3) valorizzazione
delle qualità formali del testo.
1. Trascodificazione del testo scritto in immagini.
Il lettore deve imparare a disegnare con la voce la scena descritta, darle una
evidenza visiva, anche aiutandosi con la mimica espressiva, con il gesto.
2. Espressione del tessuto sentimentale ed emotivo che soggiace al testo
Per comunicare la verità delle emozioni espresse dal testo è necessario rivivere
prima dentro di sè tali emozioni. Non si comunicano emozioni attraverso le nude parole.
La comunicazione, ovvero quell'atto psichico per cui un contenuto interiore viene
trasmesso e captato, avviene al livello dell'inconscio, del vissuto. Non posso inviare
segnali diversi da quella che è la mia realtà interiore, devo prima rivivere dentro di me
le emozioni che la poesia esprime. Non ci sono scorciatoie possibili se si vuole evitare
l'approssimativo, l'inespresso, l'inautentico.
E' necessario ritrovare al di là delle parole il vissuto, la trama delle emozioni, dei
pensieri profondi. C'è un sottotesto, un tessuto preverbale che sottende il testo verbale.
Ricostruire il sottotesto è il lavoro più importante del lettore o dicitore. Ogni opera è
un'incompiuta, qualcosa che dobbiamo riportare in vita (99).
Per interpretare in modo adeguato un testo poetico dal punto di vista in
questione, è necessario:
a) studiare a fondo il testo fino a impregnarsi di esso;
b) richiamare alla memoria situazioni ed emozioni analoghe, per poterle rivivere
nell'atto di interpretare il testo.
Per capire se il testo è veramente entrato dentro di noi, è opportuno leggerlo ad alta
voce: ci si accorge subito se ci si emoziona o meno. In caso negativo, occorre scavare
più profondamente dentro di sè, fino a rivivere il tipo di emozione espresso dal testo.
3. Valorizzazione delle qualità formali del testo
La lettura o la dizione deve rispettare il metro, essere cioè una lettura metrica e
non una lettura sintattica come per lo più accade per incompetenza. Inoltre deve cogliere
e valorizzare le figure, soprattutto di ritmo e di suono, che impreziosiscono il testo e lo
rendono unico.
I paragrafi che seguono si propongono di aiutare ad affinare gli strumenti
necessari per eseguire in modo adeguato le operazioni illustrate. Naturalmente tutte le
performaces che vengono richieste ai capitoli successivi si basano su una
preventiva conoscenza non superficiale del singolo testo poetico, sulla capacità di
rivivere il nucleo emotivo che soggiace ad esso.
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LA LETTURA METRICA
Lo stesso testo viene presentato prima in forma prosastica e poi in forma
poetica. Si noti la differenza di tono, di ritmo, di significato tra la lettura sintattica e
quella metrica.
<<Ieri, sulla Statale sette, un'automobile, correndo a cento all'ora, ha cozzato contro un
platano. I quattro occupanti sono rimasti uccisi.>>
Ieri, sulla Statale sette,
un'automobile,
correndo a cento all'ora, ha cozzato
contro un platano.
I quattro occupanti sono rimasti
uccisi. (J. Cohen)
<<Claude Vivier e Jacques Sermeus, già compagni d'infanzia d'alti muri in un
orfanotrofio, freddamente a colpi di pistola, senza alcuna ragione uccisero due amanti
giovani su un'auto ferma al parco di Saint-Cloud lungo il viale della Felicità, sul calar
della sera del ventuno dicembre millenovecentocinquantasei.>>
Claude Vivier e Jacques Sermeus,
già compagni d'infanzia d'alti muri
in un orfanotrofio, freddamente
a colpi di pistola, senza alcuna
ragione uccisero due amanti giovani
su un'auto ferma al parco di Saint-Cloud
lungo il viale della Felicità,
sul calar della sera
del ventuno dicembre
millenovecentocinquantasei. (S. Quasimodo).
La differenza che si avverte tra i due tipi di lettura non riguarda solo il ritmo, ma anche
le singole parole, poichè le parole nel verso <<sembrano sporgere, venire in primo
piano, mentre in prosa scivoliamo su di esse ...>> (A. Marchese, L’officina della poesia,
ed. Mondadori). In ogni caso il testo in poesia assume una significazione complessiva
diversa e carica di suggestione.
Purtroppo la lettura della poesia è eseguita solitamente secondo la sintassi e non
secondo la metrica. In parole più semplici la poesia viene letta alla stregua della prosa,
non tenendo conto della versificazione. Ciò avviene non solo nelle aule scolastiche, ma
anche alla radio e alla televisione, a causa di una diffusa incultura. E' necessario
pertanto esercitarci a leggere la poesia rispettandone la metrica, cioè fermandoci alla
fine del verso.
La cosa riesce all'inizio un po' strana soprattutto in corrispondenza
dell'enjambement, quando cioè il verso spezza la frase in parti che nella lettura
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corrente si pronunciano d'un sol fiato. Esempio di enjambement:
"... e questa siepe che da tanta parte /
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude" (Leopardi)
La difficoltà consiste nell'interrompere la lettura alla fine del verso mantenendo
contemporaneamente la linea melodica della frase.
Grazie all'enjambement, il sintagma staccato, cioè mandato a capo riga, acquista
una rilevanza espressiva, una sottolineatura particolare, che risulta evidente dal
confronto tra la lettura sintattica e quella metrica:
Lettura sintattica:
<<Ancora giovane, ancora sei bella. I segni degli anni, quelli del dolore, legano l' anime
nostre, una ne fanno.>>
Lettura metrica:
Ancora /
giovane, ancora /
sei bella. I segni /
degli anni, quelli del dolore, legano /
l'anime nostre, una ne fanno. (U. Saba)
Gli enjambements generano una forte tensione tra piano sintattico e piano
metrico, e le sottolineature espressive che ne derivano giocano un ruolo non secondario
nell'economia del testo. Nella poesia che segue gli enjambements, particolarmente
numerosi ottengono tra l'altro l'effetto di una lettura che non dà tregua, senza pause,
quasi forzata.
Dietro i vetri (Giorgio Caproni)
A riva del balcone
arioso, dai grezzi colori
degli orti già in fioritura
di menta, estate ansiosa
come una febbre sale
al tuo viso, e lo brucia
col fuoco dei suoi gerani.
Col gesto delle tue mani
solito, tu chiudi. Dietro
i vetri, nello specchiato
cielo coi suoi rondoni
più fioco,
da me segtreta ormai
silenziosa t'appanni
come nella memoria.
Esercitiamoci ora a leggere metricamente la poesia, fermandoci un attimo al termine
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del verso e mantenendo la linea melodica della frase.
Passerò per Piazza di Spagna (Cesare Pavese)
Sarà un cielo chiaro.
S'apriranno le strade
sul colle di pini e di pietra.
Il tumulto delle strade
non muterà quell'aria ferma.
I fiori spruzzati
di colori alle fontane
occhieggeranno come donne
divertite. Le scale
le terrazze le rondini
canteranno nel sole.
S'aprirà quella strada,
le pietre canteranno,
il cuore batterà sussultando
come l'acqua nelle fontane sarà questa la voce
che salirà le tue scale.
Le finestre sapranno
l'odore della pietra e dell'aria
mattutina. S'aprirà una porta.
Il tumulto delle strade
sarà il tumulto del cuore
nella luce smarrita.
Sarai tu - ferma e chiara.
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L'ACCENTO RITMICO
Nella lettura della poesia è opportuno rendere il ritmo del verso, dando un
particolare rilievo alle sillabe su cui cade l'accento ritmico (segnato nelle prime strofe
del testo). In tal modo otteniamo una vera e propria musica di parole.
Leggendo la poesia seguente di Giovanni Pascoli, prima come si è soliti fare, poi
facendo sentire l'accento ritmico, si può notare come la poesia ne guadagni in ritmo e
musicalità.
C'è una voce nella mia vita,
che avverto nel punto che muore;
voce stanca, voce smarrita,
col tremito del batticuore:
C'è una voce nella mia vita,
che avverto nel punto che muore;
voce stanca, voce smarrita,
col tremito del batticuore:
voce d'una accorsa anelante,
che al povero petto s'afferra
per dir tante cose e poi tante,
ma piena ha la bocca di terra:
voce d'una accorsa anelante,
che al povero petto s'afferra
per dir tante cose e poi tante,
ma piena ha la bocca di terra:
tante tante cose che vuole
ch'io sappia, ricordi, sì ... sì...,
ma di tante tante parole
non sento che un soffio ... Zvanì ...
tante tante cose che vuole
ch'io sappia, ricordi, sì ... sì...,
ma di tante tante parole
non sento che un soffio ... Zvanì ...
L'aquilone (Giovanni Pascoli)
C'è qualcòsa di nuòvo òggi nel sòle,
anzi d'antìco: io vìvo altròve, e sènto
che sòno intòrno nàte le viòle.
Son nàte nella sèlva del convènto
dei càppuccìni, tra le mòrte fòglie
che al cèppo delle quèrcie àgita il vènto.
Si respira una dolce aria che scioglie
le dure zolle, e visita le chiese
di campagna, ch'erbose hanno le soglie:
un'aria d'altro luogo e d'altro mese
e d'altra vita: un'aria celestina
che regga molte bianche ali sospese...
sì, gli aquiloni! E' questa una mattina
che non c'è scuola. Siamo usciti a schiera
tra le siepi di rovo e d'albaspina.
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Le siepi erano brulle, irte; ma c'era
d'autunno ancora qualche mazzo rosso
di bacche, e qualche fior di primavera
bianco; e sui rami nudi il pettirosso
saltava, e la lucertola il capino
mostrava tra le foglie aspre del fosso.
Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino
ventoso: ognuno manda da una balza
la sua cometa per il ciel turchino.
Ed ecco ondeggia, pensola, urta, sbalza,
risale, prende il vento; ecco pian piano
tra un lungo dei fanciulli urlo s'inalza.
S'inalza; e ruba il filo dalla mano,
come un fiore che fugga sullo stelo
esile, e vada a rifiorir lontano.
S'inalza; e i piedi trepidi e l'anelo
petto del bimbo e l'avida pupilla
e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.
Più su, più su: già come un punto brilla,
lassù lassù... Ma ecco una ventata
di sbieco, ecco uno strillo alto... - Chi strilla? Sono le voci della camerata
mia: le conosco tutte all'improvviso,
una dolce, una acuta, una velata...
A uno a uno tutti vi ravviso,
o miei compagni! e te, sì, che abbandoni
su l'omero il pallor muto del viso.
sì: dissi sopra te l'orazioni,
e piansi: eppur, felice te che al vento
non vedesti cader che gli aquiloni!
Tu eri tutto bianco, io mi rammento:
solo avevi del rosso nei ginocchi,
per quel nostro pregar sul pavimento.
Oh! te felice che chiudesti gli occhi
persuaso, stringendoti sul cuore
il più caro dei tuoi cari balocchi!
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Oh! dolcemente, so ben io, si muore
la sua stringendo fanciullezza al petto,
come i candidi suoi pètali un fiore
ancora in boccia! O morto giovinetto,
anch'io presto verrò sotto le zolle,
là dove dormi placido e soletto...
Meglio venirci ansante, roseo, molle
di sudor, come dopo una gioconda
corsa di gara per salire un colle!
Meglio venirci con la testa bionda,
che poi che fredda giacque sul guanciale,
ti pettinò co' bei capelli a onda
tua madre... adagio, per non farti male.
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L’ANDAMENTO RITMICO
a) E' opportuno individuare il ritmo che caratterizza il testo poetico. Esso può, essere a
seconda dei casi, lento, largo, "sinfonico", andante, cullante, lineare, spezzato,
mosso, vivace, agitato, veloce, ecc, ecc ...
Il testo che segue, ad esempio ha un ritmo lento, sinfonico, di largo respiro.
Colle delle felci (Dylan Thomas)
Quando ero giovane e ingenuo sotto i rami del melo
presso la casa piena di canti e felice perché l'erba era verde,
la notte alta sulla valletta stellata,
il tempo mi lasciava esultare e arrampicarmi
dorato nei bei giorni dei suoi occhi,
e fra i carri ero il principe onorato delle città di mele,
e una volta oltre il tempo sovranamente feci trascinare
alberi e foglie e orzo e margherite
lungo i fiumi di luce dei frutti abbattuti dal vento.
E poiché ero verde e spensierato, famoso pei granai
intorno all'aia felice e cantavo perché il podere era casa,
al sole che soltanto allora è giovane,
il tempo mi lasciava giocare tutto d'oro
nella misericordia dei suoi mezzi, e verde e d'oro
ero mandriano e cacciatore, i vitelli cantavano al mio corno,
sulle colline le volpi latravano, limpide e fredde,
e la domenica lenta risonava
nei ciottoli dei sacri ruscelli.
Per tutto il sole era un correre, era bello, i campi
di fieno alti come la casa, le melodie dai camini, era l'aria
e giuoco, allegro e fatto d'acqua,
e il fuoco verde come erba.
E a notte, sotto le semplici stelle, come io
incontro al sonno cavalcavo, i gufi si portavano via la fattoria,
e per tutta la luna, beato fra le stalle, udivo il volo
dei caprimulgi e dei mucchi di fieno
e i cavalli nel buio come lampi.
E poi sveglio e la fattoria tornava, come un vagabondo
Bianco di rugiada, col gallo sulla spalla; ogni cosa
Splendeva, era Adamo e vergine,
Il cielo s'addensava nuovamente
E il sole tondo nasceva proprio in quel giorno.
Così dev essere stato, appena creata la luce, nel primo.
Spazio rotante, i cavalli incantati uscendo caldi
Fuori dalla nitrente verde stalla
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Verso i campi di lode.
E fra le volpi e i fagiani onorato presso la casa ridente,
Sotto nuvole appena create e felice quanto il cuore durava,
AI sole che più volte era già nato,
Percorsi le mie strade sventate, i desideri
Correvano tra il fieno alto una casa,
Nè mi curavo, nei miei azzurri traffici, che il tempo non concede,
In tutti i suoi giri melodiosi, altro che pochi canti mattutini,
Prima che i fanciulli verdi e d'oro
Lo seguano fuori della grazia.
Non mi curavo, ai giorni bianco-agnello, che il tempo m'avrebbe portato
solaio afrollato di rondini con l'ombra della mia mano,
Nella luna che sempre sta sorgendo,
Né che nel sonno cavalcando l'avrei udito volare
Insieme agli alti campi e mi sarei svegliato
Nel podere fuggito per sempre dalla terra senza bambini.
Oh, quando ero giovane e ingenuo nella misericordia dei suoi mezzi,
Verde e morente mi trattenne il tempo,
Benche' cantassi nelle mie catene come il mare.
Il ritmo della poesia che segue, rotto, spezzato, in un certo senso iconizza la fatica patita
dal padre contadino e il suo aspetto scabro.
Padre contadino (Davide Lajolo)
Sul tuo collo la pelle
ha fatto quadrati
di fatica.
Seguo ansioso il battito
delle vene sulle tue mani
secche
come la corteccia dell'olmo
che ancora poti
padre contadino.
b) Nel corso della lettura o della dizione, è' necessario variare la velocità di
esecuzione, adeguandola in modo intuitivo all'andamento sintattico, al "movimento
espressivo", ecc...
A titolo d'esempio, il rallentamento del ritmo viene indicato con la linea continua,
l'accelerazione con i caratteri in corsivo.
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Marzo (Vincenzo Cardarelli)
Ricordo (Giorgio Caproni)
Oggi la primavera
Ricordo una chiesa antica,
è un vino effervescente.
romita,
Spumeggia il primo verde
nell'ora in cui l'aria s'arancia
sui grandi olmi fioriti a ciuffi
e si scheggia ogni voce
dove il germe già cade
sotto l'arcata del cielo.
come diffusa pioggia.
Fra i rami onusti e prodighi
Eri stanca,
un cardellino becca.
e ci sedemmo sopra un gradino
Verdi persiane squillano
come due mendicanti.
su rosse facciate
che il chiaro allegro vento
Invece il sangue ferveva
di marzo pulisce.
di meraviglia, a vedere
Tutto è color di prato.
ogni uccello mutarsi in stella
Anche l'edera è illusa,
nel cielo.
la borraccina è più verde
sui vecchi tronchi immemori
Sera in città (Ignzio Drago)
che non hanno stagione,
lungo i ruderi ombrosi e macilenti
Quando la sera gemmata di stelle
cui pur rinnova marzo il grave manto. sopra la terra discioglie i suoi veli,
Scossa da un fiato immenso
finestre e finestrelle
la città vive un giorno
la spiano dai grattacieli.
d'umori campestri.
Ebbra la primavera
Nel cuore dei cortili
corre nel sangue.
la voce dei giochi si spegne;
si svegliano i colori delle insegne
aggrappati ad invisibili fili.
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IL TONO
Quando si legge o si dice una poesia, n invece individuare la precisa tonalità, la
cifra espressiva, che le è propria. E questo, ovviamente é possibile solo dopo avere
penetrato e fatto proprio il significato del testo poetico, lo spirito che lo permea. Una
"emissione" della voce generica o errata può falsarlo e dunque tradirlo.
Il tono può essere grave, solenne, maestoso, appassionato, affettuoso,
sentimentale, drammatico, addolorato, straziato, mesto, patetico, elegiaco, di
preghiera, religioso, leggero, scherzoso, spiritoso, confidenziale, ecc... Al fine di
orientare ad una scelta consapevole del tono di voce, si forniscono di seguito alcune
indicazioni.
Tono epico-drammatico
Cacciatore (Federico Garcia Lorca)
Pineta alta
quattro colombe nell'aria vanno.
Quattro colombe volano e tornano
portan ferite
le loro quattro ambre.
Pineta bassa
quattro colombe sulla terra stanno.
Tono drammatico- appassionato
Alle fronde dei salici (S. Quasimodo)
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso al palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
Tono epico-elegiaco
Ettore e Andromaca (Omero, Iliade)
(Prima di scendere in battaglia, Ettore
incontra la moglie Andromaca e il figlioletto Ascanio presso le porte Scee).
Subito via di sul capo si tolse
il prode Ettore l'elmo e lo depose
per terra,
che intorno era tutto un barbaglio.
17
Egli, il suo caro bambino baciò,
palleggiò tra le mani, e così disse,
volgendosi a Giove ed agli altri celesti:
<Giove, con gli altri celesti, ben fate
che questo bambino mio tale venga,
quale io glorioso fra tutti i Troiani
e così buono di forze, e che d'Ilio
rimanga signore . Possa alcun dire,
col tempo: - Ma questi è migliore del padre!
quando ritorni di guerra e ne porti
macchiate di sangue, spoglie d'eroe,
ch'egli uccida,
e ne gongoli in cuore la madre>.
Questo egli disse e posò nelle mani
alla cara compagna il bambinello,
e l'accolse sua madre nel grembo odoroso,
con un sorriso di lacrime. E l'uomo
la vide e compianse.
Tono religioso, di sospensione, di forte tensione spirituale
Dall'immagine tesa (Clemente Rèbora)
Dall'immagine tesa
vigilo l'istante
con imminenza di attesa e non aspetto nessuno:
nell'ombra accesa
spio il campanello
che impercettibile spande
un polline di suono e non aspetto nessuno:
fra quattro mura
stupefatte di spazio
più che un deserto
non aspetto nessuno:
ma deve venire,
verrà, se resisto
a sbocciare non visto,
verrà d'improvviso,
quando meno l'avverto:
verrà quasi per dono
di quanto fa morire,
verrà a farmi certo
del suo e mio tesoro,
verrà come ristoro
delle mie e sue pene,
verrà, forse già viene
il suo bisbiglio.
18
Tono ispirato ad un sentimento cosmico
La ginestra (G. Leopardi)
Sovente in queste rive,
che, desolate, a bruno
veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
seggo la notte; e su la mesta landa
in purissimo azzurro
veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
cui di lontan fa specchio
il mare, e tutto di scintille in giro
per lo vòto seren brillare il mondo.
Tono di preghiera
Pensiero d'autunno (Ada Negri)
Fammi uguale, Signore, a quelle foglie
morbide, che vedo oggi nel sole
tremar dell'olmo sul più alto ramo.
Tremano, sì, ma non di pena: è tanto
limpido il sole, e dolce il distaccarsi
dal ramo, per congiungersi alla terra.
S'accendono alla luce ultima, cuori
pronti all'offerta; e l'agonia per esse,
ha la clemenza d'una mite aurora.
Fa' ch'io mi stacchi dal più alto ramo
di mia vita, così, senza un lamento,
penetrata di Te come nel sole.
Tono elegiaco
La tua voce(Giuseppe Villaròel)
Risuona all'improvviso la tua voce.
Dal fondo del giardino alla finestra
così tu mi chiamavi. E il cielo curvo
dentro i ventagli dei palmizi. Oh, l'oro
dei tuoi capelli e la veste a bandiera
e il tuo corpo di driade in preda al vento,
ansioso, come me, della tua vita!
Letizia d'aria. E di terrestre pena
smemorati nel tempo. dove sei?
La casa lentamente si sommerge
nell'ombra. Lentamente dalla cala
vanno al largo i velieri. Lentamente
scende la sera dalle cime spoglie ...
E resto qui, con la tua voce in cuore.
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Tono intimistico - sentimentale
Anello nuziale (Antonio Machado)
Mentre lavoro, con l'anello d'oro puro
tu mi stringi nel sangue del mio dito,
che poi si fa con te,
piacere per tutta la mia carne.
Che felicità! Come le mie forti vene
vanno, dolci, ubriacandosi di te,
come di un celeste miele
nella luce degli eterni calici!
Il mio cuore intero passa,
fiume impetuoso e nobile,
sotto il soave anello che, per contenerlo,
s'apre in infiniti circoli d'amore.
Tono galante e sentimentale
Madrigale (Torquato Tasso,
musicato da C. Monteverdi)
Ecco mormorar l'onde
e tremolar le fronde
a l'aura mattutina e gli arboscelli,
e sovra i verdi rami i vaghi augelli
cantar soavemente
e rider l'oriente:
ecco già l'alba appare
e si specchia nel mare,
e rasserena il cielo
e le campane imperla il dolce gelo
e gli alti monti indora.
O bella e vaga Aurora,
l'aura è tua messaggera,
e tu de l'aura
ch'ogni arso cor ristaura.
Tono leggero e brioso
Problemi di stagione (Gianni Rodari)"
"Signor maestro, che le salta in mente ?
Questo problema è un'astruseria,
non ci si capisce niente:
.
trovate il perimetro dell'allegria,
la superficie della libertà,
il volume della felicità...
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Quest'altro poi
è un po' troppo difficile per noi:
Quanto pesa una corsa in mezzo ai prati ?
Saremo certo bocciati !
Ma il maestro che ci vede sconsolati:
"Son semplici problemi di stagione.
Durante le vacanze
troverete la soluzione".
21
22
LA ACCENTUAZIONE ESPRESSIVA
E' opportuno sottolineare con il tono della voce le singole parole o i gruppi di parole più
significativi del testo, rendendo in tal modo più ricca ed espressiva la linea melodica.
Nel testo che segue tali parole sono evidenziate mediante sottolineatura grafica.
La mia sera
Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c'è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!
Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell'aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell'umida sera.
E', quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d'oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell'ultima sera.
Che voli di rondini intorno!
che gridi nell'aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l'ebbero intera.
Nè io... e che voli, che gridi,
mia limpida sera!
Don... Don... E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra...
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Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch'io torni com'era...
sentivo mia madre... poi nulla...
sul far della sera.
Mattina (Giuseppe Ungaretti)
M'illumino
d'immenso.
Lungo l'Affrìco (Gabriele D'annunzio)
Grazia del ciel, come soavemente
ti miri ne la terra abbeverata,
anima fatta bella dal suo pianto!
O in mille e mille specchi sorridente
grazia, che da la nuvola sei nata
come la voluttà nasce dal pianto,
musica nel mio canto
ora t'effondi, che non è fugace,
per me trasfigurata in alta pace
a chi l'ascolti.
Nascente Luna, in cielo esigua come
il sopracciglio de la giovinetta
e la midolla de la nova canna,
sì che il più lieve ramo ti nasconde
e l'occhio mio, se ti smarrisce, a pena
ti ritrova, pel sogno che l'appanna,
Luna, il rio che s'avvalla
senza parola erboso anche ti vide;
e per ogni fil d'erba ti sorride,
solo a te sola.
O nere e bianche rondini, tra notte
e alba, tra vespro e notte, o bianche e nere
ospiti lungo l'Affrico notturno!
Volan elle sì basso che la molle
erba sfioran coi petti, e dal piacere
il loro volo sembra fatto azzurro.
Sopra non ha susurro
l'arbore grande, se ben trema sempre.
Non tesse il volo intorno a le mie tempie
fresche ghirlande?
E non promette ogni lor breve grido
un ben che forse il cuore ignora e forse
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indovina se udendo ne trasale?
S'attardan quasi immemori del nido,
e sul margine dove son trascorse
par si prolunghi il fremito d'ale.
Tutta la terra pare
argilla offerta all'opera d'amore,
un nunzio il grido, e il vespero che muore
un'alba certa.
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26
REGISTRO, INTENSITA', IMPOSTAZIONI PARTICOLARI DELLA VOCE
Nel corso della lettura espressiva o della dizione poetica non vanno trascurati
ulteriori elementi espressivi, quali il registro (voce alta, bassa, ...), l' intensità
(leggere piano, forte - sussurrare, urlare, ecc...) e le impostazioni particolari della
voce (sospirare, ghignare,...). La voce deve adattarli alle caratteristiche espressive del
testo, realizzando non solo una armoniosa varietà, ma quel che più conta una migliore
resa del sentimento che sottende il testo.
Giorno per giorno (G. Ungaretti)
Il cuore del Poeta è straziato per la perdita del figlio bambino, a seguito di una
dolorosissima malattia.
2
Ora potrò baciare solo in sogno
le fiduciose mani ...
E discorro, lavoro,
sono appena mutato, temo, fumo ...
Come si può ch'io regga a tanta notte?
5
Ora dov'è l'ingenua voce
che in corsa risuonando per le stanze
sollevava dai crucci un uomo stanco? ...
La terra l'ha disfatta, la protegge
un passato di favola ...
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E t'amo, t'amo, ed è continuo schianto! ...
Tu ti spezzasti (G. Ungaretti)
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Alzavi le braccia come ali
e ridavi nascita al vento
correndo nel peso dell'aria immota.
Nessuno mai vide posare
il tuo lieve piede di danza.
La fontana malata (Aldo Palazzeschi)
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchete,
La tisi
l'uccide.
Dio Santo,
quel suo
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chchch . . .
E' giù
nel cortile,
fontana
malata;
che spasimo,
sentirla
tossire!
Tossisce,
tossisce,
un poco
si tace,
di nuovo
tossisce.
Mia povera
fontana,
il male
che hai
il core
mi preme,
Si tace,
non getta
più nulla,
si tace,
non s'ode
romore
di sorta . . .
Che forse . . .
che forse
sia morta?
Che orrore!
Ah, no!
Rieccola,
ancora
tossisce.
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchete,
chchch .
eterno
tossire
mi fa
morire,
un poco
ma tanto!
Che lagno!
Ma Habel,
Vittoria!
Correte,
chiudete
la fonte,
mi uccide
quel suo
eterno
tossire!
Andate,
mettete
qualcosa
per farla
finire,
magari . . .
morire!
Madonna!
Gesù!
Non più,
non più!
Mia povera
fontana,
col male
che hai,
finisci,
vedrai,
che uccidi
me pure.
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchete,
chchch .....
Questa poesia si presta in modo particolare anche alla lettura metrica. Il verso
trisillabo, così breve, nasce dall'idea di fare corrispondere ogni verso alla caduta di una
goccia.
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