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Il fortino
Il fortino Appena vede la luce filtrare tra i rami degli alberi, Giacomo si accuccia. Da quel punto in poi deve farsi piccolo-piccolo e fare meno rumore possibile. Giacomo appoggia le mani sulle foglie marroni che ricoprono il sentiero e va avanti a gattoni. Può già vedere il riflesso dell’acqua del laghetto. La pozza si trova sulla destra del prato illuminato dal sole. Tutt’intorno ci sono gli abeti. C'è profumo di muschio e foglie secche. Giacomo si nasconde dietro il muretto all’ingresso del prato, appoggiandovisi di schiena. Fa caldo ed è già sudato come un pollo. - Riconquisterò il fortino, giuro! – pensa. Il fortino, che è appena diventato il nuovo rifugio degli indiani, si trova oltre il muretto, in fondo al prato, lungo il sentiero che sale su per il bosco. Siccome è in alto, gli indiani possono vedere benissimo tutto quello che c'è sotto. Sarà difficile per Giacomo non farsi vedere. Mentre pensa ad una strategia per la conquista del fortino nemico, qualcosa si muove nel bosco da cui è arrivato. “Oh! Finalmente ti ho trovato! - Il sergente Bombadituono si siede di fianco a lui dietro al muretto, al riparo dalle frecce dei pellerossa. - Ho dovuto correre per prenderti. Cacchio! Non potevi aspettarmi? – chiede il nuovo arrivato. Giacomo e il sergente Bombadituono sono amici per la pelle e hanno compiuto tantissime missioni segrete fianco a fianco. Giacomo, però, non l’ha mai invitato a casa sua per merenda: ha un linguaggio un po’ troppo colorito per i gusti del papà e della mamma. E' contento che sia lui ad accompagnarlo in questa missione. Molto meglio lui che il suo fratellone. Se avesse ubbidito alla mamma si sarebbe ritrovato quel tonto tra i piedi, gli indiani li avrebbero catturati e li avrebbero trasformati in delle polpette. Chissà cos’avrebbe detto il papà quando, invece di vederli rientrare dalla porta, se li sarebbe ritrovati nel piatto, per cena. Si sarebbe lamentato della mancanza di sale? - Hai già un piano? – chiede Giacomo. - No, capitano. Non ancora. Però non dobbiamo farci vedere. - Allora io ho un’idea: strisciamo nell’erba alta fino al laghetto. Poi lì raccogliamo dei sassi più in fretta che possiamo e ci nascondiamo nella buca appena sotto il fortino. E poi nella buca c’è l’arma segreta… Il sergente Bombadituono strabuzza gli occhi. – L’arma cosa?? Non ci serve niente, abbiamo già i fucili! Tu l’hai portato il tuo? – Giacomo tira su il pollice e l'indice di entrambe le mani e le mette una davanti all’altra. – E’ un fucile di primo livello. Il mio nonno mi ha detto che con questo posso sparare anche agli orsi polari. Però non so se basta per uccidere tutti gli indiani. Sono di più dell’altra volta. E anche più incavolati. - Oh mamma. Meno male che io stavolta ho portato il bazooka! - Non ti preoccupare, quando arriviamo alla buca ti spiego. Non facciamoci catturare, se no ci mettono nel pentolone del brasato. Le loro femmine sono già andate a raccogliere le verdure per cucinarci. Dai, andiamo! Giacomo si sdraia a pancia in giù e si spinge in avanti con i gomiti, alla chetichella, cercando di stare nascosto. Per fortuna l'erba non è falciata e non gli avanza fuori neanche la testa. Qualche fiore gli finisce in bocca, ma lui li sputa senza mai fermarsi. Quando arriva alla pozza schizza in piedi e raccoglie tutti i ciottoli che trova lì intorno, mettendoseli nelle tasche dei pantaloncini. - No! Ci hanno visti! Muoviti! Ci tirano le frecce! - grida al sergente Bombadituono - Scappiamo! L'urlo di guerra degli indiani sembra un treno impazzito e un miliardo di frecce avvelenate piovono dal cielo. Giacomo, con agilità, le schiva, poi si lancia nel rifugio a sinistra del laghetto, atterrando su qualcosa di duro. - Ahia! – urla. Si tira su con le braccia e vede che sul fondo della buca c'è una paletta di plastica rossa. La butta fuori con un calcio. - Ecco, mio fratello lascia sempre i suoi giochi per bambini piccoli in giro! Io non li uso più da un bel po' e a lui che è più grande di me gli piacciono ancora queste cose. Come faccio a tirarmelo dietro durante le missioni? Poi si vede che la mamma vuole più bene a lui che a me. Si preoccupa sempre che ha caldo, che ha freddo o se si fa male. Mi rompe che devo giocare con lui, ma non è mica colpa mia se lui è nato così. Non capisce niente quando gli spiego cosa deve fare... Oh, sergente Bombadituono, sei ferito! Il suo compagno di avventure è sdraiato a pancia in su, con una freccia nella spalla. Un fiume rosso esce dalla ferita e schizza da tutte le parti. - Stai perdendo sangue! Mettiti questa – Giacomo strappa un mazzo di felci, ci sputa sopra e lo lancia al suo amico. Il sergente Bombadituono è bianco come un pannolino e si rotola sull'erba con la lingua di fuori, come un cane. - Non preoccuparti per me – dice a bassa voce il sergente – Fai vedere a quei pellerossa del cacchio chi è il più forte. Così almeno la smettono venire a rompere le scatole nel nostro territorio! Il sergente Bombadituono muore. Poi scompare. - Conquisterò il fortino degli indiani anche per te! Ti vendicherò! - dice Giacomo con una mano sul cuore e incrociando le dita per rendere valido il giuramento. Il capitano è triste per la morte dell'amico, ma sa che tutto sommato è stato meglio così: se i cattivi l’avessero catturato l’avrebbero legato ad un palo e ci avrebbero ballato intorno, urlando come dei matti. Se la sarebbe fatta sotto, invece così era morto da eroe. A Giacomo spiace di non aver mai parlato di lui alla mamma. Se l’avesse fatto, non si sarebbe più preoccupata e avrebbe smesso di cercare qualcuno che giocasse con lui. Perché lei non lo sa che lui, il capitano Giacomo Sartori, ha già tantissimi amici. Almeno uno per ogni avventura. Mister Zampaleggera, quello dell'altra volta, era un mito: poteva anche volare! Le sue scarpe con le ali erano una roba stupenda. La prossima volta Giacomo magari richiamerà lui per sconfiggere gli indiani. Il capitano si accuccia sulla sabbia e si mette a scavare con le mani. Dalla terra tira fuori un oggetto di legno con un elastico attaccato. Una fionda. Giacomo può vedere le facce dei Sioux, brutte e con i denti gialli e storti. Qualcuno di loro ha anche un osso infilato nel naso che gli esce da una parte e dall'altra. Il capitano prende un sassolino dalla tasca e lo appoggia all’elastico. Poi sposta la fionda in avanti. - Questa è per voi, indianacci del cavolo! – l’eroe nazionale molla la presa e la pietra, piano piano, cade appena dopo la buca, un bel po’ prima del rifugio dei cattivi. - Sì! Ne ho uccisi quattro! – grida Giacomo – Adesso avete paura, eh? Il capitano prende ancora la mira, ma vede qualcosa che si muove alla sua sinistra, vicino al laghetto. Un ragazzo grande con un cappello da baseball in testa sta raccogliendo l'acqua con un secchiello rosso. E' accucciato sul bordo della pozza. E' vicinissimo al campo di battaglia, ma non si è neanche accorto dell'assalto al fortino. Giacomo lo guarda un attimo, poi perde la pazienza e sbuffa. - Ti avevo detto di rimanere fermo! Non puoi stare qua, hai capito? Oh, mi senti? Dai, spostati da lì! C’è l’acqua, è pericoloso! Ti avevo detto di restare nel bosco, perché non mi ascolti? Non dovevi venire qua! Dai.. guarda che lo dico alla mamma! Giacomo non sa bene cosa fare. Aspetta una risposta, o un gesto. Niente. Poi scrolla le spalle e si gira ancora verso il fortino degli indiani. - Non mi fermerete, stupidi pellerossa del.. CAZZO! La sua voce rimbalza contro la montagna e torna indietro. Sì, l'eco ha detto proprio quella parola. Giacomo resta in silenzio e l'unico rumore che sente è quello del secchio che suo fratello riempie e svuota, riempie e svuota, un po' più in là. Il capitano sa che non deve dire quello che ha detto, però.. Però niente. Nessuno lo può sgridare, lì. Le sue guance sono rosse ma si sente fortissimo. E poi sembra che gli indiani si siano spaventati, hanno smesso di urlare e lanciare frecce. Giacomo riprova: - CAZZO... CAZZO.. CAZZO! Il capitano sorride. Stavolta sa che non ha bisogno di nessuno per riconquistare il fortino. Butta via la fionda e si rimette in posizione fucile. Ta-da-da-da-da-da-dah! Esce fuori dalla buca e corre incontro al nemico. - Vi ammazzo! Vi ammazzo! - urla. Corre su per la salita con le braccia in avanti, lanciando proiettili a destra e a sinistra. I pellerossa muoiono e finiscono ai lati del sentiero facendo dei salti incredibili. I loro occhi sono rossi e pieni di sangue. Ce n'è uno che ha un cappello di piume giallo fosforescenti. Si mette in mezzo al sentiero e gli sbarra la strada. Tira fuori un coltello e lo minaccia nella sua lingua: Tkandu-dah! Moramà. Maa! Giacomo rinuncia al fucile, piega le braccia e poi le appoggia per terra, alza le gambe e con una giravolta perfetta tira un calcio dritto in faccia all'indiano. Il nemico cade, urlando di dolore. Giacomo alza la testa e vede che è quasi arrivato al fortino. Rimette le braccia a fucile. Più di cento indiani lo aspettano, su in cima. Giacomo prepara l'assalto finale. Deve vendicare il sergente Bombadituono, gliel'ha promesso. Poi però, sente un rumore dietro di lui. Qualcosa è caduto nel laghetto. Si gira e vede suo fratello rotolarsi nell'acqua. Agita le braccia e le gambe che si muovono come zampe di ragno e schizza da tutte le parti. Poi riesce a fermarsi e si siede sul fondo. Lo stagno è poco profondo per uno alto come lui: l'acqua gli arriva solo fino all'ombelico. Il cappello da baseball galleggia un po' più lontano dal punto in cui si è seduto. Il fratellone guarda un punto lontano sulla montagna e comincia ad urlare. La sua voce sembra quella di un grande, tipo il papà. - Cosa fai? Non gridare! Come hai fatto a cadere? Te l'avevo detto di non giocare lì! - Giacomo è arrabbiatissimo. Se suo fratello continua ad urlare la mamma e il papà lo sentiranno e quando torneranno a casa lui le prenderà. Come l'ultima volta. - Smettila! Smettila di gridare! Esci, vieni fuori dall'acqua. Non ti mangia, l'acqua. Esci! Il fratello del capitano non si muove, grida così tanto che è già tutto rosso. Come gli indiani. Giacomo non sa cosa fare. E' quasi arrivato al fortino ma come al solito suo fratello ha rovinato tutto. Sente il caldo salire dai piedi fino alla testa. Suo fratello intanto non si muove e non smette di gridare. E lo guarda. - Basta! Non ne posso più, non dovevi stare lì, te l'avevo detto. Smettila! Smettila subito! Il capitano prende un sasso dalla tasca. E' grande come tutta la sua mano. Senza pensare lo lancia verso lo stagno. Il sasso che colpisce la testa di suo fratello fa un rumore che Giacomo non ha mai sentito, poi cade nel laghetto con uno splash. Il ragazzone ha smesso di gridare e alza la mano verso la testa. Poi si gira e guarda il capitano. I suoi occhi sono strani e sembra che vogliano scappare via dalla faccia. In quel momento, Giacomo sente che qualcosa gli fa male un po' più in basso. Abbassa gli occhi e la vede: una freccia gli attraversa la pancia.