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Intervista ad Aurora Tartaglione sull`OV
INTERVISTA AD AURORA TARTAGLIONE SULL’ORDO VIRGINUM Aurora Tartaglione, una giovane della nostra Diocesi, da anni impegnata nel servizio ecclesiale, il 29 aprile si consacrerà al Signore nell'Ordo Virginum: è una scelta impegnativa e particolare. Cerchiamo di comprenderne meglio il significato. Aurora, quando è nato in te il desiderio di consacrare la tua vita al Signore? Quando hai deciso di abbracciare questa forma di vita? E' un desiderio che ha origine quando ero piccolina e, vivendo una situazione difficile in famiglia (mia madre si è trovata sola con sei figli), mi sono sentita trascurata; a sei anni mi sentivo messa da parte. Questo, però, ha permesso che conoscessi diverse persone che mi hanno guidata e mi affezionassi in particolare ad una famiglia, gli Scaravilli, che è stata per me modello di armonia ed equilibrio; in questa famiglia ho respirato aria di santità. Frequentandoli ho iniziato ad avere una certa simpatia verso il Signore, perché pregavano tanto, facevano del bene, e mi sarebbe piaciuto essere come loro. Così, un po' per gioco, un po' per noia andavo a Messa, seguendo il loro esempio. Al momento della mia Prima Comunione abbiamo scoperto che non avevo ancora ricevuto il Battesimo. All'inizio mi sono sentita diversa dagli altri, ma poi l'ho riletto come un dono; è stato un momento decisivo, di conferma di quello che volevo: a 11 anni ho chiesto io stessa il Battesimo, e ne sono felicissima, perché l'ho fatto con convinzione. Anche la Prima Comunione è stata un evento speciale. Accanto a me quel giorno c'era una ragazza disabile, Imma, e io capii che il Signore voleva fare qualcosa di speciale con me, perché iniziai a riconoscere la sensibilità che avevo verso gli altri. Desideravo che gli altri non soffrissero quello che stavo soffrendo io nella mia casa, anche se poi crescendo ho compreso cha la mia situazione era più comune di quanto pensassi. La mia vocazione è nata come un fare gli altri quello che avrei desiderato ricevere. L'amicizia col Signore si è intensificata grazie a questa famiglia di amici, perché allora la mia famiglia non comprendeva l'importanza del mio rapporto con il Signore e non mi sentivo libera di coltivarlo. Quando mi sono trasferita nella mia attuale Parrocchia (Maria Ss.ma del Carmine e S. Giovanni Bosco), con don Giorgio Quici abbiamo iniziato il Cammino neocatecumenale, che mi ha condotta a fare un'esperienza profonda di Dio. Rimanevo colpita quando nella Scrittura si parla della vedova e degli orfani, perché andavo alla ricerca di un Dio che si prendesse cura di me. Così ho interiorizzato l'immagine di un Dio paterno che si mette accanto. In cinque anni di Cammino neocatecumenale la mia fede è cresciuta, e c'era sempre qualcosa che mi interrogava, che mi chiamava a un di più. Lo volevo anch'io, ma non riuscivo a capire cosa fosse. Durante un'Eucarestia del sabato, guardai il crocifisso e dissi: Signore, voglio fare la Cresima, perché da adesso in poi voglio essere un tuo araldo. Ho capito che mi stai chiamando, voglio capire cosa mi chiedi. Quanti anni avevi allora? 18 anni. Poi lasciai il Cammino neocatecumenale, perché ero impegnata molto in Parrocchia e gli impegni si accavallavano. Lodo e ringrazio Dio per quello che ho ricevuto durante il Cammino, per quella Parola che ho il desiderio e la necessità di mettere in pratica che ho ricevuto, altrimenti sarei vuota. C'è stata tutta una serie di passi decisivi, che rileggo oggi come un progetto che si è realizzato. Dopo la Cresima ho iniziato un impegno maggiore e una ricerca vocazionale. Non sapevo come dire a mia madre che sentivo un fascino verso il Signore e che mi piaceva dedicarmi agli altri: prima volevo essere missionaria, poi volevo dedicarmi agli ammalati, ai disabili... volevo fare tante cose, però dovevo riuscire a canalizzare queste energie e comprendere, con la guida di qualcuno, dove andare. Un sabato, nella giornata Pro Seminario, venne in Parrocchia don Marco Fois a presentare i Seminaristi; mi rivolsi a lui e gli dissi quello che provavo, come sentivo risuonare forte la Parola in me. Don Marco mi invitò ad andarlo a trovare per capire se effettivamente il Signore mi stesse chiamando e mettere un po' di ordine, perché la mia vita era tanto 'aggrovigliata', avevo problemi affettivi e di relazione. A quel punto ho avuto paura e non l'ho cercato più. Ma dopo qualche mese, per quella che definisco una DIOincidenza, sono dovuta andare in Curia ed ho incontrato don Marco nei corridoi, che mi dice: "Io ti sto ancora aspettando"; lì ho capito che era giunto il momento. Nel primo incontro mi chiese: che idea hai di Dio? E la mia idea di Dio non era molto tenera. Perché avevo l'immagine di un Dio che deve punire, che deve venire a risolvere le situazioni. Il Dio amorevole era poco radicato in me, l'esperienza in famiglia non mi aveva aiutata ad interiorizzarlo. Il cammino iniziato con Don Marco non si è limitato all'aspetto spirituale, perché avevo la necessità di un cammino umano esistenziale sulle dinamiche relazionali, per conoscermi meglio, per comprendere il conflitto che vivevo tra il desiderio del Signore e le tendenze a scappare che mi impedivano di seguire il desiderio fino in fondo. Sentivo l'invito pressante del Signore, nell'Eucarestia e nei tempi di preghiera, ma non trovavo il coraggio di lasciare tutto per il Signore, ero insicura di me. Riuscendo a sanare una buona parte delle ferite umane, finalmente si è liberato il cammino spirituale e mi sono sentita più forte e libera nel prendere le decisioni. Ho recuperato anche il dialogo con la mia famiglia, tanto che quando ho comunicato a mia madre della mia Consacrazione, lei ha gioito con me e per me. Ha compreso che la mia sensibilità spirituale non mi portava lontano dalla famiglia, ma in mezzo ad essa in maniera differente. Ho compreso il valore di rinunciare qualche volta all'Eucarestia quotidiana per stare con la mia famiglia e vivere quel momento come preghiera. Ho iniziato così a vivere quello che facevo, come preghiera, e questo è stato il filo conduttore che mi ha portata avanti. Non ho mai vissuto una preghiera scontata e ripetitiva, anche il Rosario l'ho fatto mio e non lo recito per abitudine; nel Mistero che prego ci sono anch'io. Già da piccola non accettavo gli stereotipi, sentivo di dovermi distinguere e di dover andare controcorrente: a scuola a volte non mi piaceva quello che facevano i compagni e mi dicevano che ero asociale, ma io ero orgogliosa di non essere come loro, perché questo mi ha fatto maturare una personalità forte e decisa, senza confondermi. Sento che il Signore mi ha accompagnata alla Consacrazione: mi ha presa per mano e gradualmente l'ho conosciuto. Si sono realizzati pienamente i due movimenti della fede che hanno accompagnato il mio cammino, e che sono evidenziati dal Cantico dei Cantici quando dice: Attirami a te, corriamo! Sono le parole che l’amata rivolge al Suo Amato perché prenda l’iniziativa quando si sente fragile; e la forza dell’Amato la trascina a se, la cattura, l’attira a se… ed inizia la corsa! (Ct 1,4).Oggi quelle parole d'amore che trovo nella Sacra Scrittura le sento mie, ho capito che Dio è anzitutto Padre, quel padre che non ho mai avuto. Per questo era difficilissimo accettare che qualcuno si prendesse cura di me, sono cresciuta nell'ottica di dovermi io stessa prendere cura di me, mi dovevo difendere e salvare da sola. Nel tempo mi sono sbloccata e ho iniziato a riconoscere la bellezza del condividere; sono molto legata ai rapporti personali, più che ai rapporti a cerchi allargati; parlare 'alle folle' non è il mio forte. Davanti a ragazzi che venivano a confrontarsi con me, ho avuto la percezione di essere per loro una compagna di cammino, ed è un'esperienza bellissima che mi ha arricchita. Come hai conosciuto l'Ordo Virginum? Come hai fatto ad arrivare alla decisione? Quale cammino hai percorso? Don Marco ha anzitutto cercato di fare in modo che io capissi da sola, nella serenità del cuore, cosa davvero riempiva di senso e gusto la mia vita. Ho fatto delle esperienze in varie case religiose, semplicemente per riservarmi degli spazi di preghiera, e in queste occasioni cercavo di vedere come vivevano; avevo capito che il Signore mi chiamava ad una consacrazione, ma non trovavo una realtà che rispecchiasse le mie caratteristiche. In me c'era il desiderio di donarmi; sentivo mia la missione di rendere speciale il quotidiano, perché oggi c'è una difficoltà nel vivere la pochezza, la semplicità delle cose. Molti vanno alla ricerca dei gesti eroici, ma a me piaceva la semplicità e mi accorgevo che questa cosa parlava anche agli altri. Mentre tutti, alla vigilia delle Prime Comunioni, preparavano l'addobbo in chiesa e la liturgia, io lavavo le sedie e mi sentivo speciale per questo, ero felicissima di farlo, soprattutto quando gli altri non se ne accorgevano, perché sapevo che mi vedeva solo il Signore, e quella gioia me la metteva nel cuore Lui. Dopo anni di ricerca, don Marco mi propose l'Ordo Virginum, che non conoscevo assolutamente, ma che mi ha affascinata perché ci ho ritrovato quella che sono. Un primo impatto ad un incontro nazionale dell'Ordo Virginum, però, mi ha delusa: avevo appena vissuto una settimana di preghiera in una comunità religiosa, nella quale mi ero sentita accolta ed avevo vissuto un ritmo intenso e bello di preghiera; quando sono andata all'incontro dell'Ordo Virginum mi sono sentita 'persa', mi sembrava che non ci fosse lo stile di una comunità, non sentivo 'il profumo di Cristo'; sono andata in crisi perché ho visto che le consacrate non si conoscevano tra loro, non mi sentivo a casa. Mi sono chiusa all'esperienza e non ho accolto quello che avrei potuto ricavarne. Così tornata a casa, avevo deciso di farmi suora, ma poi ho cercato di capire perché improvvisamente avevo escluso l'Ordo Virginum, realtà che sentivo mia e sulla quale avevo scritto delle cose bellissime e profonde. Così ho ripreso in considerazione la mia vita, nella preghiera e nella riflessione, e ho compreso i miei dubbi. L'Ordo Virginum, con la sua caratteristica della persona nella quotidianità, mi attirava e mi spaventava al tempo stesso, perché avevo paura della mia fragilità e di non essere capace di fedeltà al Signore in una scelta di vita. Quello che mi era piaciuto nella vita delle suore era l'avere una casa, la tranquillità, la sicurezza, il senso di famiglia. Mi attirava il fatto che nella comunità religiosa c'è una superiora alla quale affidarsi, nelle mani della quale si rispecchia la volontà di Dio, mentre a me spaventava gestire la mia vita e la relazione con il Signore. Inoltre mi ero convinta che la vita religiosa mi potesse realizzare più pienamente, quasi che l'Ordo Virginum fosse una scelta meno radicale. Compresi che nella vita religiosa io avrei inseguito un'ambizione, un desiderio di appartenenza e di realizzazione; non la vivevo come una scelta di santificazione e di cammino serio, ma come 'luogo da abitare' per stare tranquilla; ma in fondo al cuore sapevo che non stavo seguendo la mia chiamata. Quando ho compreso che stavo scegliendo la vita religiosa perché mi piaceva la sua 'organizzazione', ho dovuto rimettermi in discussione. Ho iniziato un percorso più sereno quando ho incontrato la Pastorale Giovanile, lavorando al servizio dei giovani; ho iniziato a vivere una dimensione di famiglia diversa attraverso il Seminario e la realtà che ruota intorno al Seminario, e quindi a riconoscere che non dovevo avere paura di mettermi in gioco, e prendere seriamente la scelta dell'Ordo Virginum che tornava a confermarsi dentro di me. Tre anni fa alla Giornata Regionale per le Vocazioni dal tema "Io l'ho incontrato", don Marco mi fece portare una piccola testimonianza davanti ad una folla di giovani; all'inizio avevo una paura tremenda, ma poi sperimentai una grande serenità e gioia. E decisi di proseguire nella mia scelta di consacrazione, decisi che era giunto il momento di spendere le mie energie per il Signore. Ero felice così, non dovevo cercare altro, e lo comunicai a don Marco. Da allora tutto è andato avanti da sé. Ogni persona è unica e si esprime per quello che è. Tu come desideri caratterizzare la consacrazione? Al Congresso Eucaristico di Ancona, ho vissuto la figura del 'Cleopa' (uno dei due discepoli di Emmaus), perché mi era stato affidato l'accompagnamento delle persone in un percorso lungo il quale venivano proposte delle attività. Il filo conduttore era Emmaus, ed io simboleggiavo il discepolo che si fa compagno nel cammino della vita. Dalla strada, all'incontro col Signore nell'Adorazione eucaristica, al ritorno a 'Gerusalemme', alla vita quotidiana. Ho visto in Cleopa la mia identità: con la mia timidezza e riservatezza, il mio modo di stare accanto con discrezione, nella preghiera, io non mi accorgevo di essere un segno per gli altri. Io lo facevo spontaneamente, ma mi sono accorta che ogni cosa che facciamo parla all'altro, e ho iniziato ad essere ancora più attenta al mio comportamento. Altro tratto che sento mio è la gioia, perché una vita senza gioia è morta; se non vivessi la gioia non mi sentirei me stessa. Sento che il Signore non mi abbandona mai, vivo anche le sofferenze con questa fiducia: quando si presenta il dolore, difficilmente cado nello sconforto, perché è per me un tempo di maggior intimità, una prova dalla quale scaturisce qualcosa. Sono molto introspettiva, mi piace andare nella profondità delle cose, non mi fermo alla superficie. Sono caratteristiche che mi aiutano nella quotidianità, che mi fanno portare speranza agli altri. Il mio servizio sarà quello che mi affida la Chiesa, per ora i giovani, domani potrebbe essere una comunità, potrebbe nascere qualcosa di nuovo, una realtà per i giovani, io mi metto a disposizione della Chiesa. Non scelgo l'Ordo Virginum per vivere queste cose, ma semplicemente perché il Signore mi ha fatto capire che ha un progetto in questa direzione, perché attraverso l'Ordo Virginum si può concretizzare la Parola in una maniera più forte di un semplice vivere quotidiano lasciato al volontariato; c'è una dignità che viene a prendere forma, che segna un passaggio di qualità nella mia vita. Potrei rimanere volontaria e fare liberamente quello che vorrei, ma c'è l'esigenza di mettermi in gioco fino alla fine, spendermi fino in fondo, e lo faccio con gioia, con grande tranquillità. Sono felice così, questo mi basta; non so cosa succederà, non so se questa mia scelta parlerà a qualcuno, se il Signore si servirà di me per parlare a qualcun altro, ma intanto io ho fatto la mia scelta. Non ti sarebbe piaciuto sposarti e formarti una famiglia? Io vivo la meravigliosa esperienza di sentirmi innamorata. Non riesco ad immaginare un uomo accanto a me, perché il mio cuore è già rapito da qualcun altro. In passato ho avuto esperienze di fidanzamento, ma provavo un senso di affetto e protezione, di vicinanza, non un progetto di futuro realizzato come famiglia. Un tempo mi sembrava di essere egoista nel non desiderare una persona sola, e voler stare in mezzo a tutti, ma un sacerdote mi disse: "se il tuo desiderio è realizzare la tua vita con una persona specifica, allora il Signore ti chiama nella vita matrimoniale, ma se il Signore ti chiama ad una vita di donazione e senti di essere un pane da dover spezzare per tutti, allora vai oltre con coraggio". Il carisma dell'Ordo Virginum è l'unione nuziale con Cristo, cosa potrei desiderare di più? Ho Cristo, non mi manca niente. Non ti spaventa essere la prima (e al momento l'unica) in questa Diocesi ad entrare nell'Ordo Virginum? Prima che prendessi definitivamente la decisione mi spaventava essere la prima; anzi, ancora prima ero felice, perché orgogliosamente la volevo vivere da sola; però poi, quando è capitato che un'altra ragazza si stava interrogando su questo cammino ho iniziato ad apprezzare la bellezza del fare il cammino insieme, e quando lei si è dovuta fermare perché non era pronta, mi è dispiaciuto molto. Oggi non mi preoccupa essere la prima perché sarà un grande segno per la Diocesi. Ho conosciuto molte ragazze che erano spaventate dalla vita religiosa e proporrei agli istituti religiosi di farsi conoscere meglio; forse hanno una vita troppo distaccata e poco partecipe della realtà ecclesiale, mentre è proprio nella Chiesa che si deve manifestare la presenza dei religiosi. Delle tante possibilità di consacrazione che esistono nella Chiesa, perché hai scelto proprio l'Ordo Virginum? Per un certo tempo, più che all'Ordo Virginum, ho pensato a lavorare su me stessa, ad essere fedele nel quotidiano, perché prima o poi sarebbe arrivato il mio momento. Poi un giorno don Marco mi ha chiesto se avevo un certo libro sull'Ordo Virginum, e ho iniziato a provare una forte inquietudine. Allora, nella preghiera ho chiesto al Signore un segno che mi confermasse nel cammino: il segno è arrivato ed ho capito che era il momento di chiedere ufficialmente al Vescovo di entrare nell'Ordo Virginum. Dopo aver presentato la richiesta al Vescovo, ho desiderato spontaneamente conoscerlo meglio e sono andata più volte a parlare con lui per crescere nella fede, non solo perché lui è il riferimento massimo dell'Ordo Virginum. Trovo importante e bella la dimensione del camminare insieme nella fede, che è tipica delle prime comunità cristiane e che forse si sta perdendo; è questo che voglio vivere. Quello che vivo, lo vivo anzitutto in funzione della fede, della coerenza, e poi lo sento rispecchiato, affermato nell'Ordo Virginum. Solo questa strada vedo davanti a me, solo in questa mi sento pienamente realizzata. Sento che anche attraverso l'Ordo Virginum il Signore vuol far crescere nella Diocesi lo stile della comunione, l'esperienza del lavorare insieme, con un'attenzione alla persona. La santità nel quotidiano è la caratteristica dell'Ordo Virginum che sento più mia, il lavoro in mezzo alla gente, qui dove mi chiama il Signore. Lo farò con i miei pregi, i miei difetti, quella che sono, con la mia gioia, la mia testardaggine... Sarò "nel mondo, ma non del mondo", voglio essere quel dettaglio che fa la differenza. Alla luce del cammino che ti ha portata a questa scelta, c'è qualcuno che vorresti ringraziare? Il primo ringraziamento va a Dio per quello che ha realizzato nella mia vita; oggi sono consapevole delle cose belle che ha fatto Dio e, quando incontro qualcuno che soffre e non le riconosce, rivedo me stessa un tempo. Dio ha fatto cose grandi nella semplicità: non ha cambiato la mia vita, le situazioni che vivo, ma sono cambiata io, è cambiato il mio cuore, il mio modo di approcciarmi alle cose. Allora ho capito che il mio cuore ormai non era più mio, che apparteneva a Dio perché era Dio che parlava. Se la lasci parlare al tuo cuore, la Parola inizia a decidere per te, e io molte volte ho fatto cose che non pensavo, scoprendo una docilità alla Parola che non credevo di avere. Ringrazio Dio per avermi messo nel cuore questa docilità, questo 'cuore capace di ascolto'. Poi naturalmente ringrazio la Famiglia Scaravilli, per i motivi che ho detto prima. Ringrazio Don Marco perché se Dio è stato lo Scultore, don Marco è stato lo scalpello; solo lui è riuscito a mettere sottosopra la mia storia, a mettermi in discussione. Quando ho cercato una guida, non cercavo qualcuno che mi assecondasse, ma qualcuno che mi contrastasse, perché dovevo uscire da me stessa. Lui mi ha aiutata a recuperare la mia dignità di persona e di donna, a rappacificarmi con me stessa, ad accettarmi, a tirare fuori il meglio di me, ad integrare della mia storia anche le sofferenze, attraverso le quali oggi vedo realizzato il progetto di Dio. Esprimi un desiderio per il futuro. L'unico desiderio è quello di una fedeltà quotidiana. Ogni giorno è diverso e io ho imparato ad apprezzare la bellezza di ogni giorno: anche la stessa Parola ascoltata negli anni ogni volta mi dice qualcosa di diverso. Io ci sto, la mia parte la sto facendo e desidero continuare a farla, il resto lo fa il Signore. Non ho alle spalle una comunità che mi assicura dei tempi di preghiera, ma voglio vivere la fatica di dovermeli conquistare; la preghiera sarà più bella e più ricca perché l'ho scelta, è ciò che voglio, è alimentata dal desiderio. C'è un sogno che tu hai per la Diocesi? Sì, creare una fraternità, un luogo di rete, di incontro; visto che dobbiamo crescere nella dinamica della comunione, mi piacerebbe lavorare in questo senso, impegnarmi nel congiungere le diverse realtà; mi sento come un jolly, trasversale a diverse esperienze: mi piace cogliere il bello di ogni realtà che ho incontrato, in contesti ecclesiali diversi, e di tutte mi porto dentro la ricchezza. A cura di Suor Maria Coccia