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Li abbiamo cresciuti senza fargli mancare ciò che è
IL CAFFÈ 16 settembre 2012 31 Gli studi Resiste il mito della laurea anche a prezzo di tanti sacrifici P la richiesta del telefonino è sempre più precoce - conferma Simona Sandrinelli, fondatrice e responsabile dei servizi dell’Associazione famiglie diurne del Mendrisiotto, mamma di tre figli -. Anche nelle nostre colonie dopo i 12 anni non riusciamo più a vietarlo. Ormai ce l’hanno tutti”. Si sa che i bambini sono un interlocutore privilegiato per molte aziende. “Martellati dalla pubblicita, i nostri ragazzi hanno desideri da soddisfare interamente legati agli oggetti”, si spiega sul La mamma “Li abbiamo cresciuti senza fargli mancare ciò che è necessario” L’esperto: “Madri e padri proiettano le proprie ambizioni sui loro ragazzi” “Nelle nostre colonie, dopo i dodici anni diventa pressoché impossibile vietar loro il cellulare” sito dell’Acsi, Associazione delle consumatrici. “Dobbiamo anche fare i conti con il cambiamento della nostra società - avverte Sandrinelli -. Se un tempo bambini e ragazzi si potevano tranquillamente mandare a giocare nella piazza del paese o nel bosco, oggi non è più possibile”. E pc, tablet, videogame, computer, social network vari e telefonini hanno rimpiazzato i divertimenti di una volta. “Anche se insistendo un po’ alla fine si scopre che son sempre bambini - riprende Sandrinelli -. E se non hanno nulla di ‘moderno’ sotto mano si riesce comunque a coinvolgerli anche in giochi semplici e per niente sofisticati. Noi insistiamo con un discorso educativo sul riciclaggio dei giocattoli, sull’importanza di non buttare ma di aggiustare”. Insomma, un bell’impegno, anzi, un bel costo. E tanti genitori, dopo la prima esperienza, optano per un figlio solo. “Se per la prima gravidanza le logiche economiche non sono preponderanti, per la seconda assumono maggior importanza - nota Cattacin -. Per fortuna abbiamo i musulmani che si riproducono attivamente e non si pongono problemi di costi o di numero di figli”. [email protected] er loro non guardano al portafoglio. Che siano operai, professionisti o agricoltori, non c’è differenza. In teoria, perché in pratica tra liceo e università una famiglia deve mettere in preventivo un “investimento” futuro che può arrivare anche a superare i 300mila franchi. “Molti genitori fanno enormi sacrifici perché vedono i figli come proiezione dei propri limiti, di quello che sarebbero voluti essere e non sono”, nota Luca Bertossa, ricercatore e responsabile scientifico delle inchieste federali fra i giovani ch.x. Insomma, resiste il mito della laurea da raggiungere a qualsiasi costo. Chi, dopo le medie, punta al liceo pubblico se la cava relativamente bene. Tra trasporto, mensa e libri, qualche migliaio di franchi l’anno. Chi opta per un istituto privato molto di più, considerando la tassa della scuola. Per l’università, invece, i costi ufficiali di “sussistenza” in Svizzera partono da 21mila franchi e arrivano sino a 31mila l’anno. “Partire da una condizione familiare agevolata è meglio. Ma per avere successo, serve anche un retroterra culturale - spiega ancora Bertossa -. Le grandi famiglie storiche, quelle più note nelle città e nei cantoni, mantengono il loro livello di celebrità e di successo nei diversi campi professionali proprio perché uniscono possibilità economiche e voglia di garantire un futuro alle nuove generazioni”. IL” CLAN” Eccola la famiglia Lehner di Sonvico al gran completo, mamma Cristina e i nove figli, dai due ai diciannove anni S e c’è chi si lamenta del fatto che sia difficile correre dietro alle richieste economiche di due o tre figli, figuriamoci cosa succede quando questi sono molti di più. Come nel caso della famiglia Lehner di Sonvico che ne ha ben nove di figli, dai due ai diciannove anni: “In realtà non è così impossibile o difficile - spiega mamma Cristina -. Così come non c’è un trucco che come per magia permette di trovare la strada ideale. I bambini, soprattutto quando sono piccoli, recepiscono molto bene gli insegnamenti e le informazioni che diamo loro. Mio marito ed io abbiamo sempre cercato di chiarire quali erano i limiti. Cosa potevamo permetterci e cosa no e devo dire che ha funzionato molto bene. Senza ovviamente che mancassero loro le cose necessarie. Quelle ci son sempre state”. Insomma, si scende a patti, ci si spiega, ci si ascolta, sino ad arrivare a si fanno piccoli compromessi. I figli ascoltano ed è quasi impossibile trovare quello davvero capriccioso che si impunta e batte i piedi: “Devo dire che siamo stati anche fortunati, perché i ragazzi non hanno mai avuto chissà quali esigenze - prosegue Cristina -. Nessuna richiesta per così dire ‘fuori di testa’. I sacrifici li dobbiamo fare tutti, in casa nostra il concetto è chiaro. E allora, ho detto sì ad uno zaino della marca Dakine che so che durerà almeno un paio di anni e permette di ammortizzare la spesa, mentre ho detto no ad un paio di jeans da più di cento franchi perché mi sembrava eccessivo e, oltretutto, durerebbero molto meno”. La spesa più grande è forse quella per i primi figli, dopo si sa meglio come muoversi. Inoltre, molti abiti, oggetti e giochi passano di figlio in figlio. Così come lettini, fasciatoi, passeggini, seggioloni e seggiolini vari. “Abbiamo riciclato montagne di vestiti, sempre in ottime condizioni. Non aveva proprio senso buttarli via - riprende la mamma -. I bambini crescono così in fretta che un paio di pantaloni, una giacca o soprattutto le scarpe non durano più di una stagione. Sarebbe davvero uno spreco esagerato, oltre che un cattivo esempio educativo”. c.c. Uno studio in corso dell’Università di Basilea legato proprio ai programmi federali “ch.x” ha come tema “Background e prospettive future” e fa ricorso a un’idea del sociologo e antropologo Pierre Bourdieu, che parla di trasmissione del capitale di conoscenze da una generazione all’altra. Tanti genitori, magari senza conoscere Bourdieu, applicano la sua teoria. D’altronde il progresso è arrivato anche grazie a tanti padri e madri che hanno fatto enormi sacrifici per far studiare i propri figli che poi hanno segnato profondamente interi ambiti professionali. Tuttavia non sono pochi pure quelli che non ce la fanno, raffreddano le proprie ambizioni e dirottano i ragazzi su scuole professionali. Esiste poi la possibilità di ricorrere a borse di studio e finanziamenti. “I genitori - nota Bertossa - arrivano dove possono, tendono anche a spingersi oltre le proprie possibilità pur di assicurare un futuro ai figli”. E una rivincita a se stessi. m.sp.