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Roger Scruton, filosofo conservatore, editore
INCONTRI 8 21 agosto Roger Scruton, filosofo conservatore, editore, esperto di musica e arte, dialoga con monsignor Camisasca Bellezza, l’ospite scomoda La cultura post-moderna cerca di eliminare il bello con un’opera di profanazione. Dice l’intellettuale inglese: “Questo dimostra solo che l’Illuminismo ha fallito: l’uomo è più che mai conscio dell’esistenza del sacro. Se cerca di cancellarlo, è solo perché non vuole essere giudicato da esso. La dissacrazione è priva di valore: liberiamocene” Roger Scruton è uno dei personaggi più interessanti del panorama culturale inglese. Filosofo, giornalista, editore, scrittore, compositore, esperto di musica e arte, è attualmente Research Professor for the Institute for the Psychological Sciences, dove insegna filosofia nelle sedi di Washington e Oxford. Insieme a lui Massimo Camisasca, Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale Missionari S.Carlo Borromeo, ha partecipato ieri pomeriggio all’incontro Verità nell’arte. I due relatori, introdotti dal poeta e scrittore Davide Rondoni, non parlano di quadri, non citano romanzi e non si dilungano in descrizioni di spartiti musicali: a tema viene messo l’uomo. "Il mio intervento – annuncia Camisasca sarà provocatorio: parlerò solo di uomini e donne”. Senza l’uomo infatti non c’è arte e non esiste arte che, in un modo o nell’altro, non abbia l’uomo come suo contenuto. “L’arte è strada verso la verità, nella vita di alcune persone ho visto, anche dentro la drammaticità e il dolore, una luce che indicava la strada verso una verità più grande”. E cita Dostoevskij: la bellezza salverà il mondo. Questo è più che mai attuale in un momento storico in cui, sostiene Scruton, “c’è il desiderio di eliminare la bellezza. L’arte ormai si sofferma solo sulla violenza, sul dolore e sulla trasgressione sessuale: viviamo in una cultura di dissacrazione”. Secondo il conservatore inglese l’abitudine contemporanea a profanare la bellezza rivela solamente che “siamo consci come non mai della presenza delle cose Il filosofo inglese Roger Scruton, ultra conservatore e difensore delle tradizioni. Per aver supportato i dissidenti cecoslovacchi durante il comunismo, è stato insignito nel 2000 con la più alta onorificenza civile della Repubblica Ceca sacre nel mondo. Cos’è infatti la dissacrazione se non il tentativo di distruggere le pretese del sacro?”. Attraverso storie di malati terminali e indigenti costretti a vivere in baracche, Camisasca illustra come “ogni uomo e ogni donna possa essere un’artista che sa scoprire la luce nelle pieghe più drammatiche della propria esistenza”. Questa luce è la bellezza che, co- me argomenta Scruton, non è “un qualcosa che potrebbe mancarci e senza la quale saremmo comunque appagati. E’ un bisogno che nasce dalla nostra condizione metafisica di uomini liberi”. Entrambi i relatori mostrano quanto il bello sia fondamentale nella vita di un uomo, rimarrebbe da chiedersi perché l’arte cerchi a volte di dissacrarlo. “Per soldi – taglia corto il filosofo inglese – ma non solo. Siamo tutti tentati di fare dell’uomo un automa, obbediente a voglie meccaniche. Per poter realizzare questo desiderio dovremmo eliminare un ostacolo: la natura consacrata della forma umana”. L’arte è uno sguardo sulla realtà che sa vedere ciò che normalmente gli uomini non riescono a scorgere e l’uomo ha fame di una bellezza che solo questo sguardo riesce a rivelare. “In ogni forma d’arte c’è una promessa fatta ad ogni uomo, il presentimento di un ‘oltre’ di cui ogni persona si scopre bisognosa”. Se la cultura di oggi, “priva di amore”, sembra solo intenta a dissacrare il bello, la soluzione proposta da Scruton è molto semplice: “Guardiamo in faccia le alternative: la profanazione o l’esperienza del bello. Non è difficile capire che dalla prima non c’è niente da imparare. Quale sviluppo emotivo, intellettuale, spirituale o morale ne traiamo? Nessuno. Nel tentativo di dimostrare che i nostri ideali umani non valgono nulla, la dissacrazione si è solo scoperta essa stessa svalutata. E se qualcosa dimostra di esser privo di valore, è il caso di disfarsene”. Leone Grotti