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cattiva leadership
CULTURA MANAGERIALE
LEADER
MALVAGI
E SCOIATTOLI
INGEGNOSI
Aspetti positivi e negativi dell’esercizio del potere. Da due autori americani, metafore e favole per riflettere sulla buona e
cattiva leadership
Ida Bona
ire qualcosa di nuovo - o quanto meno di un po’ insolito - in
tema di leadership è ormai
un’impresa ardua. Per questo è
un piacere segnalare due novità editoriali
che si differenziano dalle pubblicazioni più
tradizionali, l’una per l’aspetto considerato
(il “lato oscuro” del leader e la responsabilità dei seguaci) e l’altra per il taglio narrativo utilizzato (la “favola”).
L’approccio abituale studia i leader che
mobilitano seguaci e risorse per realizzare obiettivi positivi. Barbara Kellerman, nel suo Cattiva leadership, si propone invece di considerare il comportamento di coloro che usano il potere, l’autorità e la coercizione con modalità negative e per il proprio esclusivo tornaconto. In questa prospettiva prende in
esame non solo il comportamento del
leader, ma anche quello dei “seguaci” e
l’ambiente in cui tutto ciò si verifica, in
quanto un leader può agire male anche
per ragioni derivanti dal contesto in cui
opera, e non solo – come accade più spesso – per propri tratti di personalità (ad
esempio l’avidità o la sete di potere). Anche un leader negativo può avere un seguito perché la sua presenza è comunque
garanzia di ordine e – di conseguenza –
soddisfa bisogni di sicurezza e di stabilità, oltre a essere una possibile fonte di
benefici personali per coloro che occupano le posizioni più vicine al vertice.
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Ida Bona è psicologa e consulente aziendale.
L’autrice descrive sette tipi di leadership
negativa (ciascuno corredato da esempi,
purtroppo per lo più poco suggestivi, in
quanto tratti solo dall’esperienza americana) e li colloca in un crescendo di “negatività”, che va dall’essere inefficaci (i
primi tre) all’essere antietici (i secondi
quattro). Inefficaci sono quei leader che
non riescono a produrre i cambiamenti
desiderati, o per incompetenza (in quanto manca un elemento necessario di personalità, di intelligenza o di professionalità), o per rigidità (in quanto non sanno
adattarsi alle nuove esigenze e modificare di conseguenza il proprio modo di agire), o per intemperanza (in quanto mancano di autocontrollo). Antietici sono coloro che agiscono con comportamenti
CATTIVA LEADERSHIP
Quando il lato oscuro della natura umana
prende il comando
Etas, 2005
SCOIATTOLI SPA
Storie di noci e di leadership
Etas, 2005
Cattiva leadership, di Barbara Kellerman, e Scoiattoli Spa, di Stephen
Denning: due libri che hanno molto da dirci, come dimostra del resto l’articolo di Ida Bona che abbiamo pubblicato. Il taglio narrativo
e l’idea portante sono diversi.
In particolare, per spiegare il fenomeno della leadership negativa,
la Kellerman adotta una prospettiva che si discosta da quella di
moltissimi testi sul tema: il cattivo leader non sarebbe un’aberrazione, ma semplicemente la manifestazione del lato oscuro della
natura umana, e come tale deve essere compreso a fondo.
Se questo saggio propone confronti suggestivi tratti da esempi
concreti, il volume di Denning racconta una favola, con un messaggio che ci riguarda direttamente: occorre offrire servizi nuovi
e migliori, ma per far questo è necessario cambiare profonda-
to quanto i capi: dal processo di Norimberga in poi gli “ordini superiori ricevuti” non sono più ammessi come giustificazione. Opporsi a un capo negativo è indubbiamente un’azione che richiede coraggio e - per aiutare i “seguaci” a intraprenderla - l’autrice suggerisce loro di
imparare a credere nel potere di cui dispongono senza rendersene conto, di
“smitizzare” i capi fin dall’inizio tenendo gli occhi aperti e stando attenti alle
loro manchevolezze, anche se piccole, e
soprattutto di ricordarsi di essere fedeli
all’istituzione e non alle singole persone.
Ciò che rende realmente difficile la “ribellione” è il fatto che tra seguace e leader si crea un’intesa sottile, che nasce o
da un’autentica condivisione di valori, o
dall’aspettativa di vantaggi materiali (in
termini di soldi o di carriera) o quanto
meno dall’acquiescenza per “quieto vivere”. Anche se ogni leader tende a circondarsi di “fedelissimi” e a portare con
sé la propria squadra ogni volta che cambia azienda, in realtà sono sempre i collaboratori – sia vecchi che nuovi – che
“fanno” il capo: solo da questa unione
nasce la possibilità di esercitare la leadership, la cui responsabilità è condivisa
mente la cultura aziendale, ricorrendo a quell’intelligenza – peculiare tra l’altro del terziario – di cui abbiamo parlato in più di
un’occasione su Dirigente.
Barbara Kellerman è direttore delle ricerche al Center for public leadership
della Harvard University e insegna alla Kennedy School of government della
stessa università.
Stephen Denning, ex dirigente della Banca mondiale, è un esperto di knowledge management e di storytelling organizzativo. In qualità di consulente annovera tra i suoi clienti Ge, Ibm, Shell, McDonald’s e l’Esercito degli Stati Uniti. È anche un noto scrittore e nel 2003 è stato classificato fra i 200 guru mondiali del business.
da entrambi, sia nel bene che nel male.
Nel filone delle analisi tradizionali, più
attente a fornire strumenti che a valutazioni etiche, è invece il libro di Stephen
Denning, Scoiattoli Spa – Storie di noci e
di leadership: la sua relativa novità è l’uso
della favola come mezzo per dimostrare
che il servirsi di storie – o anche solo di
metafore – è il modo migliore per guidare il cambiamento all’interno dell’azienda. La protagonista della favola è Diana,
una bella scoiattolina dirigente della
Squirrel Spa, la quale si rende conto che
– per evitare il trend negativo che sarebbe fatale all’azienda – bisogna modificarne l’attività (passando dal business
del seppellimento invernale delle noci a
quello dello stoccaggio), ma non riesce a
trasmettere la sua idea al management e
alla struttura organizzativa. Il narratore
è lo scoiattolo proprietario del bar situato di fronte agli uffici della Squirrel, che
le suggerisce di utilizzare il metodo delle “storie” per innescare il cambiamento
organizzativo desiderato e le spiega le regole da seguire per costruire un racconto funzionale rispetto all’obiettivo che si
vuole conseguire.
L’aspetto gradevole è che tutto il
libro è costruito facendo intervenire
altri scoiattoli dipendenti dalla Squirrel,
che dicono la loro opinione e raccontano
a loro volta altre storie: le varianti possibili sono sette (una specie di numero “magico” che ricorre spesso nelle opere di management) e la storia che serve per innescare un’azione ha caratteristiche diverse
da quella che serve per trasmettere valori,
o per farsi conoscere, o per far collaborare le persone, o per neutralizzare i pettegolezzi negativi, o per condividere informazioni, o infine per guidare le persone
verso il futuro. Per evitare errori di ciascun tipo di storia, vengono esplicitate le
caratteristiche fondamentali, come vada
costruita e presentata, le frasi chiave e i risultati che si possono ottenere.
Se poi la favola raccontata servirà a un
direttore generale per guidare la sua
azienda al successo sul mercato o verrà
utilizzata da un despota per accrescere il
proprio potere non è il problema centrale per l’autore di questo libricino piacevole: potrebbe essere invece interessante
verificare quanti “cattivi leader” abbiano
utilizzato storie e metafore per meglio
riuscire nei loro perfidi intenti e trascinare le folle oceaniche entusiaste alla
conquista della meta proposta.
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improntati sull’insensibilità ai bisogni o
ai desideri dei sottoposti, o sulla corruzione, in quanto antepongono il proprio
interesse a quello pubblico, o all’insularità, perché ignorano il benessere di coloro che non appartengono all’organizzazione di cui sono responsabili, o infine
alla vera e propria malvagità perché usano la sofferenza sia fisica che psichica come strumento di potere.
Particolarmente interessante è
l’esempio di cattiva leadership per
insularità di cui è accusato Bill Clinton, in
quanto - per quieto vivere - ha totalmente
ignorato le lotte e i massacri avvenuti tra
Hutu e Tutsi: di fronte a ciò che accade nel
mondo tutti sono responsabili e quindi devono far sentire la propria voce di condanna. Per questo gli “osservatori esterni”
di episodi di crudeltà vanno considerati
colpevoli al pari del leader malvagio, in
quanto sono le persone che potrebbero
maggiormente sensibilizzare l’opinione
pubblica denunciando le situazioni critiche, con la sicurezza di non incorrere in rischi altrettanto fatali, quali quelli in cui potrebbero incappare coloro che vivono in
ambienti più vicini al leader.
Ma anche i “seguaci” sono colpevoli tan-
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