Sottrazione di merce all`interno di un supermercato sotto
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Sottrazione di merce all`interno di un supermercato sotto
68 Pareri Parere n. 8 Sottrazione di merce all’interno di un supermercato sotto il controllo della vigilanza, tra furto e delitto tentato di Elena Boccadoro Traccia Tizio si recava nel supermercato Gamma prelevando dai banconi dello stesso alcuni prodotti e ne lacerava le confezioni, onde rimuovere le placchette antitaccheggio. Occultava, quindi, parte della refurtiva all’interno di una borsa e altra parte sotto gli indumenti; quindi, Tizio si dirigeva verso le casse del supermercato e pagava solo un prodotto, continuando a celare gli altri, poi dirigendosi all’esterno del supermercato. L’addetto alla sicurezza, che si era avveduto della suddetta condotta tenuta da Tizio, lo fermava. Quest’ultimo, seriamente preoccupato per la propria condotta, si rivolgeva al proprio legale. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga motivato parere, evidenziando le problematiche sottese alla fattispecie in oggetto. Normativa di riferimento Art. 624 c.p. - Furto «Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516. Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico. Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61, numero 7), e 625». Art. 56 c.p. - Delitto Tentato «Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l’azione non si compie o l’evento non si verifica. Il colpevole di delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l’ergastolo; e, negli altri casi con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi. Se il colpevole volontariamente desiste dall’azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso. © Wolters Kluwer Pareri e atti svolti di diritto penale 69 Se volontariamente impedisce l’evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà». Art. 62 c.p. - Circostanze attenuanti comuni «Attenuano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze attenuanti speciali le circostanze seguenti: 1) l’aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale; 2) l’aver agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui; 3) l’avere agito per suggestione di una folla in tumulto quando non si tratta di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall’Autorità, e il colpevole non è delinquente o contravventore o professionale o delinquente per tendenza; 4) l’avere nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità; 5) l’essere concorso a determinare l’evento, insieme con la azione o l’omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa; 6) l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’articolo 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato». Art. 625 c.p. - Circostanze aggravanti «La pena per il fatto previsto dall’articolo 624 è della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro 103 a euro 1.032: 1) [...] 2) se il colpevole usa violenza sulle cose o si vale di un qualsiasi mezzo fraudolento; 3) se il colpevole porta in dosso armi o narcotici, senza farne uso; 4) se il fatto è commesso con destrezza; 5) se il fatto è commesso da tre o più persone, ovvero anche da una sola, che sia travisata o simuli la qualità di pubblico ufficiale o d’incaricato di un pubblico servizio; 6) se il fatto è commesso sul bagaglio dei viaggiatori in ogni specie di veicoli, nelle stazioni, negli scali o banchine, negli alberghi o in altri esercizi ove si somministrano cibi o bevande; 7) se il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza; 7-bis) se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica; 8) se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria. 8-bis) se il fatto è commesso all’interno di mezzi di pubblico trasporto; 8-ter) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro. © Wolters Kluwer 70 Pareri Se concorrono due o più delle circostanze prevedute dai numeri precedenti, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell’articolo 61, la pena è della reclusione da tre a dieci anni e della multa da euro 206 a euro 1.549». Giurisprudenza di riferimento Cass. Pen., SS.UU., 16 dicembre 2014, n. 52117 Il monitoraggio nella attualità della azione furtiva avviata, esercitato sia mediante la diretta osservazione della persona offesa (o dei dipendenti addetti alla sorveglianza o delle forze dell’ordine presenti in loco), sia mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, e il conseguente intervento difensivo in continenti, a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, in quanto l’agente non ha conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo. Cass. Pen., sez. V, 19 gennaio 2011, n. 7086 Costituisce furto consumato e non tentato quello che si commette all’atto del superamento della barriera delle casse di un supermercato con merce prelevata dai banchi e sottratta al pagamento, a nulla rilevando che il fatto sia avvenuto sotto il costante controllo del personale del supermercato, incaricato della sorveglianza. Cass. Pen., sez. V, 13 luglio 2010, n. 37242 Integra il reato di furto consumato e non tentato la condotta di colui che si impossessi, superando la barriera antitaccheggio, di un oggetto (nella specie un televisore), sottratto ad un supermercato, occultandolo sotto il giubbotto, a nulla rilevando che il fatto sia avvenuto sotto il controllo degli addetti alla sicurezza. Cass. Pen., sez. V, 28 gennaio 2010, n. 11592 Integra il tentativo di furto - e non il furto consumato - la sottrazione di merce all’interno di un supermercato, avvenuta in zona monitorata dal sistema di videosorveglianza, considerato che, in tal caso, l’avente diritto o, comunque, i soggetti da questi preposti sorvegliano tutte le fasi dell’azione furtiva, in modo da poterla interrompere in qualsiasi momento. Cass. Pen., sez. V, 6 maggio 2010, n. 21937 Il prelevamento della merce dai banchi di vendita di un grande magazzino a sistema self service e l’allontanamento senza pagare realizzano il reato di furto consumato, ma allorché l’avente diritto o persona da lui incaricata sorvegli l’azione furtiva, sì da poterla interrompere in ogni momento, il delitto non può dirsi consumato neanche con l’occultamento della cosa sulla persona del colpevole, perché la cosa non è ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto dell’offeso. Cass. Pen., sez. IV, 15 maggio 2006, n. 10134 In tema di furto, la circostanza aggravante del mezzo fraudolento è costituita dall’uso di qualunque mezzo insidioso idoneo a far attenuare l’attenzione del possessore del bene nella difesa del patrimonio o che consenta di eludere più agevolmente le cautele poste dal detentore a difesa della cosa; non può per contro ritenersi sussistente l’aggravante nell’ipotesi di mero nascondimento della refurtiva, a © Wolters Kluwer Pareri e atti svolti di diritto penale 71 meno che tale occultamento non avvenga attraverso la predisposizione di particolari accorgimenti quali il doppio fondo di una borsa o un indumento da portare sotto i normali indumenti ed esclusivamente destinato a nascondere la refurtiva. Brevi indicazioni per lo svolgimento del parere Il candidato dovrà sviluppare il proprio ragionamento sulla scorta dei seguenti passaggi: • Introdurre adeguatamente le problematiche sottese al caso; • Affrontare l’esame del reato di furto, evidenziando la collocazione sistematica del delitto, interesse tutelato, elemento oggettivo ed elemento soggettivo; • Verificare la condotta dell’assistito in virtù dei presupposti delineati dall’articolo in oggetto; • Esaminare la condotta di Tizio alla luce della recente giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione, evidenziando il contrasto interpretativo e la sua risoluzione, mettendo in rilievo che la condotta di sottrazione di merce all’interno di un supermercato, avvenuta sotto la costante vigilanza degli addetti alla sicurezza, realizza il tentativo nel reato di furto; • Evidenziare altresì se sussistono circostanze attenuanti in merito alla condotta oggetto di parere; • Formulare le conclusioni definitive e procedimentali. Svolgimento del parere Al fine di rendere motivato parere, è necessario procedere con una analisi preliminare del delitto di furto, onde permettere di delineare gli elementi distintivi e di verificare così se la condotta di Tizio possa essere inquadrata nell’alveo di tale fattispecie o meno. Il delitto previsto dall’art. 624 c.p. rientra nella categoria dei delitti contro il patrimonio, disciplinati dal Titolo XIII, Libro Secondo, del Codice penale. L’interesse protetto dalla norma non è la proprietà e neanche lo sono i diritti reali, ma risulta essere il pacifico rapporto materiale tra i consociati ed i beni; in altre parole, la norma tutela l’interesse di ciascuno a far sì che nulla gli sia illecitamente sottratto, sia nell’ipotesi che la cosa abbia valore patrimoniale, sia nel caso in cui l’interesse alla conservazione della res venga ritenuto rilevante secondo il comune sentire dei consociati. Sussiste, pertanto, un interesse penalmente tutelato a non vedersi sottratta la cosa. Tale fattispecie tutela, pertanto, la posizione del proprieta© Wolters Kluwer 72 Pareri rio, ma si ritiene che la portata della presente norma si estenda anche al mero detentore. Si tratta di reato comune, soggetto attivo della fattispecie in parola può essere “chiunque”; oggetto materiale della condotta è la cosa mobile altrui. Quanto all’elemento soggettivo del reato, la norma richiede che l’agente agisca al fine di trarre profitto, talché si richiede un dolo specifico. Nel caso oggetto di disamina, Tizio sottrae la merce esposta sugli scaffali e, una volta occultata, supera le casse del supermercato Gamma pagando un solo prodotto e tenendo celati gli altri. Si deve ritenere sussistente l’elemento soggettivo del reato ovvero l’intenzione di sottrarre la merce al passaggio oltre le casse tenuto conto che Tizio medesimo non ha provveduto a pagare regolarmente quanto sottratto ma soltanto un prodotto. Quanto all’elemento oggettivo, occorre esaminare la condotta dell’assistito alla luce del fatto che tutta la sua attività furtiva è stata monitorata dall’addetto alla sicurezza del supermercato, intervenuto solo dopo che il soggetto attivo ha superato la barriera delle casse. Tale ultimo fatto potrebbe far propendere per la più favorevole tesi del tentato furto. In merito al caso in oggetto, ovvero se sia applicabile l’ipotesi del tentativo anziché quella del furto consumato, la giurisprudenza ha sviluppato orientamenti contrastanti che, recentemente, sono stati composti dalla pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza 16 dicembre 2014, n. 52117. Secondo un primo orientamento, la condotta tenuta da Tizio realizzerebbe il reato previsto dall’art. 624 c.p., a nulla rilevando che il fatto sia avvenuto sotto la continua vigilanza dell’addetto alla sicurezza. Secondo l’indirizzo in esame, nel caso in cui “il soggetto attivo del reato superi la cassa del supermercato senza pagare la relativa merce si realizza così la sottrazione del bene del quale, solo allora, consegue il possesso illegittimo indipendentemente dal monitoraggio svolto dal personale del supermercato” (Cass. Pen., sez. V, 19 gennaio 2011, n. 7086; Cass. Pen., sez. V, 13 luglio 2010, n. 3742). A sostegno della propria tesi, l’orientamento in esame ravvisa l’ipotesi del furto consumato sulla base dell’impossessamento del bene, sottratto e occultato, integrato dall’elemento psicologico: infatti, la condotta si realizza compiutamente allorquando il soggetto attivo del reato superi le casse senza pagare la merce occultata, a nulla rilevando l’eventuale continua sorveglianza dell’addetto alla sicurezza. Altre pronunce si fondano invece sulla circostanza che la “sorveglianza continua dell’azione criminosa da parte del soggetto © Wolters Kluwer Pareri e atti svolti di diritto penale 73 passivo o dei suoi dipendenti impedisce la consumazione del reato di furto, in quanto la refurtiva, appresa e occultata permane nella sfera di vigilanza e di controllo diretto dell’offeso, il quale può in ogni momento interrompere la condotta delittuosa” (Cass. Pen., sez. V, 28 gennaio 2010, n. 11592; Cass. Pen., sez. V, 6 maggio 2010, n. 21937). L’indirizzo in parola si basa sulla considerazione che la sorveglianza, da parte degli addetti alla sicurezza del supermercato, determina la possibilità di intervento degli stessi a tutela della detenzione, impedendo, quindi, la consumazione del reato per la mancanza dell’impossessamento della res, con sottrazione altrui, impossessamento che rende, invece, tipizzata la relativa condotta ex 624 c.p. Come già anticipato, il contrasto è stato risolto dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza 16 dicembre 2014, n. 52117, per mezzo della quale è stato sancito il seguente principio di diritto “Il monitoraggio nella attualità della azione furtiva avviata, esercitato sia mediante la diretta osservazione della persona offesa (o dei dipendenti addetti alla sorveglianza o delle forze dell’ordine presenti in loco), sia mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce, e il conseguente intervento difensivo in continenti, a tutela della detenzione, impediscono la consumazione del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, in quanto l’agente non ha conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del soggetto passivo”. Il ragionamento della Suprema Corte si snoda sull’azione di impossessamento della cosa altrui, così come descritta dall’art. 624 c.p. Nello specifico, detto reato letteralmente enuncia che realizza il delitto di furto chi «si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per gli altri». La condotta risulta quindi essere scandita dal binomio impossessamento-sottrazione; a tal fine, il soggetto attivo del reato deve acquisire l’impossessamento della res altrui con contestuale signoria sul bene, che deve essere piena ed autonoma, tale da garantire l’effettiva disponibilità della refurtiva. Tale assunto viene escluso dalla concomitante vigilanza della persona offesa, o dagli addetti alla vigilanza, dimostrata dall’intervento esercitato a difesa del bene, certamente appreso dall’agente, ma non ancora uscito completamente dalla sfera di controllo del soggetto passivo del reato. Quindi, l’azione finalizzata a raggiungere l’impossessamento del © Wolters Kluwer 74 Pareri bene, non portata a compimento, riconduce la condotta nell’alveo del delitto tentato, anziché del delitto (furto) consumato. Il ragionamento della Suprema Corte si conclude evidenziando che tale scelta interpretativa risulta adeguata anche alla luce del principio di offensività, che ulteriormente giustifica il collegamento della consumazione del reato alla completa “rescissione della signoria che sul bene esercitava il detentore”, tenuto conto che tutta l’azione non ha ancora determinato l’uscita del bene dalla sfera di controllo della persona offesa. Ne consegue che, in virtù di tali argomentazioni, e conformemente a quanto espresso recentemente nella sentenza in parola, la sorveglianza dell’azione furtiva compiuta dagli addetti alla sicurezza, o dalla persona offesa dal reato, impedisce la consumazione del delitto di furto, poiché il soggetto passivo non ha conseguito la disponibilità della res, rimanendo così allo stadio del tentativo. Ne deriva che Tizio potrà essere ritenuto responsabile per il reato di tentato furto anziché di quello di furto consumato. Si evidenzia, altresì, che la circostanza aggravante disciplinata dall’art. 625, co. 2, c.p. («se il colpevole usa violenza sulle cose o si vale di un qualsiasi mezzo fraudolento») non si potrà applicare alla condotta di Tizio. Tale circostanza, infatti è costituita dall’uso di qualsiasi mezzo idoneo a far attenuare l’attenzione al possessore o ad eludere le cautele poste dal detentore a difesa della res e non può, pertanto, ritenersi applicabile nell’ipotesi in cui il bene oggetto di attività furtiva sia stato solamente occultato all’interno di una borsa o sotto i propri indumenti, a meno che il soggetto attivo del reato si sia avvalso di accorgimenti particolari, quali, a titolo di esempio, un doppio fondo all’interno di una borsa, oppure utilizzando particolari indumenti da indossare sotto gli abiti, con il precipuo scopo di occultare la refurtiva (in tal senso, Cass. Pen., sez. IV, 15 maggio 2006, n. 10134). Occorre ancora rilevare che la condotta di Tizio sarà attenuata dalla circostanza prevista dall’art. 62, co. 4, c.p. per aver egli cagionato alla persona offesa un danno di speciale tenuità. Posto che il reato de quo è procedibile, in assenza di flagranza, a querela della persona offesa dal reato e, nel caso di specie, non sono ancora decorsi i termini di legge, il Supermercato Gamma potrà sporgere formale denuncia-querela nei confronti di Tizio per il reato di tentato furto. © Wolters Kluwer