Il tentato suicidio nell`Amiata: epidemiologia e strategie di
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Il tentato suicidio nell`Amiata: epidemiologia e strategie di
Il tentato suicidio nell’Amiata: epidemiologia e strategie di prevenzione. Boncompagni Giuseppe1, Incandela Laura2, Piacentini Paolo3, Luccarelli Livia 4, Santori Rossano5, Sansone Cinzia Monica 6, Corlito Giuseppe 7. 1 UF Igiene e Sanità Pubblica, Arcidosso; 2 UF Igiene e Sanità Pubblica, Grosseto, 3 UO Epidemiologia, Grosseto; 4UO Psichiatria, Grosseto, 5UO Medicina Legale, Grosseto, 6 UF Igiene e Sanità Pubblica, Follonica, 7Zona Distretto n. 4, Grosseto. 1. FATTORI DI RISCHIO DEL SUICIDIO. Il suicidio è una condotta non riferibile a cause specifiche, ma a molteplici fattori ambientali, sociali e individuali. Due le chiavi interpretative principali: la sociologica, che individua le cause nella realtà esterna all’individuo e quella psicologico - psicoanalitica che le ricerca al suo interno (Montolivo A., 1988). Masaryk (1878), sosteneva che il suicidio è diffuso nelle società moderne “evolute” ed è attribuibile al declino di valori etici e religiosi. Il sociologo francese Durkheim (1897) affermava che è un fenomeno presente in ogni società e rappresenta il tributo inevitabile pagato da alcuni individui per il mancato inserimento nella classe dominate. Studi ecologici [Cavan R. (1928), Sainsbury P. (1955), Schimd C. (1928)] dimostravano che il suicidio era più frequente in aree degradate di centri urbani mentre altri rilevavano eccessi in distretti metropolitani rispetto ai piccoli centri [ Henry A. e Short J. (1964)]. Altri autori [Ogburn W. (1942), Thomas D. (1927), Dublin L. (1933)] analizzarono il rapporto con il ciclo di affari e osservavano come “la difficoltà a migliorare o a mantenere una posizione economica raggiunta” rappresenti, specie nei maschi, un fattore critico. L’analisi della classe d’età [Schmid C. e Van Arsdol M. (1955)], stato civile [Goode W. (1956), Nye-Ivan F. (1956)] e posizione sociale (Henry e Short) mostravano poi come la correlazione esista con ogni fattore inteso ad implementare l’isolamento sociale del soggetto come in anziani, vedovi, divorziati e ai livelli estremi della scala sociale. Freud inaugurò un nuovo filone di ricerca (1920) con l’ipotesi che l’evento fosse legato alla prevalenza dell’istinto di morte. Altri studiosi chiamarono in causa ulteriori possibili moventi: il tentativo di autoperpetuarsi per procurarsi immortalità e fama [O’Connors (1948)], arresto dello sviluppo psicosessuale [Pollack B. (1938), Palmer D. (1941)], esistenza di un “focolare infranto” come la perdita di un genitore nei primi anni di vita [Zilboorg (1957)], la mancata resistenza a situazioni di stress [Lewis N. (1934)]. Non si può ignorare infine l’influenza di fattori culturali tra occidente e oriente ove il fenomeno ha espresso significati diversi che ci obbligherebbero a rivedere molte considerazioni di merito. In Italia dall’unificazione nazionale al I° conflitto mondiale il fenomeno ha vissuto un periodo di crescita lineare da 4suicidi/100.000ab. a tassi quasi doppi. Poi, con la “Grande Guerra” si ha un inversione di tendenza: i conflitti bellici si accompagnano solitamente ad una recessione d’eventi. Nel primo dopoguerra l’incidenza torna invece a salire fino alla fine degli anni 20. L’influenza di crisi politiche e l’avvento di regimi totalitari è stato oggetto di studio, ottenendo però solo parziali conferme in Germania, con il Nazismo (incremento del 20% dei suicidi), in Spagna negli anni ’30 (incidenza duplicata), in Ungheria nel 1956 e in Cecoslovacchia nel 1968. Documentato il nesso esistente tra suicidio e crisi economica seguente alla bancarotta di Wall Street nel 1929. Dopo la IIa Guerra Mondiale si assiste ancora ad una regressione (5suicidi/100.000ab nel 1944), che riprende la sua corsa dal 1952 al 1956 (6,7/100.000ab.). Segue un decennio di defervescenza (5,1/100.000ab., 1966), quando la mortalità s’impenna nuovamente. Il “Boom” economico accanto a innegabili progressi è gravato da contraddizioni intrinseche che non tardano a manifestarsi con la recrudescenza dei decessi (8,7/100.000ab.,1987). Il suicidio nell’Italia del XIX° secolo (1) colpisce i maschi rispetto alle femmine in rapporto di 5 a 1 con trend in decremento: 3 a 1 dai primi del ’900 al II° dopoguerra, 2,5/1 e 2,2/1 rispettivamente negli anni ’50 e ’80. Le fasce d’età a rischio si concentrano nella IIa parte della vita: per gli uomini aumenta progressivamente con l’età, mentre nelle donne l’età critica è intorno ai 50-60 anni oltre la quale il rischio decresce. Più colpito il Centro-Nord rispetto a Sud e Isole. Costanti le differenze legate al sesso, prevale il suicidio nell’anziano nel Nord e del giovane a Sud. La distribuzione stagionale dell’evento privilegia primavera e estate (maggio e giugno), mentre ridotti sono i tassi di novembre e dicembre. Le ore mattutine sono le più critiche, tra le 6 e le 9 (Tansella e Williams, 1987). Rilevanti anche la condizione lavorativa di disoccupazione o sottoccupazione e l’isolamento sociale per emigrazione o lutto familiare. Lo Stato Civile è un fattore predittivo di rischio: maggiore per vedovi, divorziati e 1 “single” rispetto ai coniugati. La perdita di un genitore o la loro separazione (o divorzio) sono correlati ad un aumento del rischio di suicidio in adolescenti specialmente se di classi sociali economicamente svantaggiate (2). In questa fascia d’età hanno valenza critica ripetuti comportamenti autolesionistici. La presenza di una malattia organica è un fattore predisponente nel 25-75% (Whitlock, 1986) nei soggetti d’età compresa tra 40 e 59 anni con patologie caratterizzate da dolore incessante e ingravescente dei malati terminali di alcune forme neoplastiche o cirrosi epatica. Altre malattie correlate sono il Morbo di Parkinson, l’epilessia, gravi stati asmatici, l’ulcera peptica ed i malati terminali di AIDS. Le malattie psichiatriche rivestono un ruolo di primaria importanza, in particolare le sindromi depressive (15-20%), schizofreniche (1015%) e nevrotiche con disturbi di personalità. Il consumatore di droghe (eroina, cocaina) ha una probabilità di morte per suicidio 20 volte superiore ad un coetaneo. Gli alcolisti muoiono suicidi nel 5-15% dei casi a secondo degli studi esaminati (Edwards, 1999). Coloro che hanno già tentato di togliersi la vita “repeters”, nel 2% dei casi raggiungono l’obiettivo nei 12 mesi seguenti (Diekstra, Moritz 1987). Nei detenuti, specialmente se con precedenti esperienze carcerarie e nel primo periodo di prigionia, l’incidenza supera quella della popolazione generale nella stessa classe d’età. Tra i militari di leva il suicidio rappresentava il 34% di tutte le cause di morte (Andreoli, 1987). 2. DIMENSIONI DEL FENOMENO. Dal momento che l’intenzionalità di voler morire è, in molti casi, tutt’altro che evidente, e lascia posto a una generica invocazione di aiuto “cry for help”, la ricerca epidemiologica, in questo campo, fornisce dati più aleatori. Si è calcolato che ad ogni suicidio corrispondano circa otto parasuicidi, ma contarli in modo efficace diventa praticamente impossibile. Esiste, infatti, a livello della famiglia e degli amici del soggetto che ha posto in atto un parasuicidio, una specie di “congiura del silenzio”, al fine di dimenticare al più presto e non pensare, in modo critico, alle motivazioni dell’atto. Quello che si può dire è che il tentato suicidio è molto frequente nell’adolescenza e nel sesso femminile (al contrario del suicidio), che la tendenza è in aumento, i farmaci (seguiti dalle ferite da taglio) sono il mezzo usato di preferenza e i casi di recidive multiple nel volgere di alcuni mesi sono abbastanza frequenti. Le classi sociali di provenienza sembrano indicare una maggiore occorrenza dei parasuicidi negli strati sociali più bassi, nelle situazioni di marginalità e disoccupazione. Anche l’emigrazione paga un notevole tributo in questo campo. Per le adolescenti, tra le motivazioni coscienti espresse emergono le delusioni affettive, seguite dai litigi con i genitori. Si tratta spesso di tentativi di suicidio del tipo “sfida e ricatto”. Sul piano psicopatologico, quando è possibile formulare un giudizio diagnostico, si possono distinguere personalità immature ed altre di tipo isterico. In Toscana 5 (Tabella n. 1), il tasso dei tentativi di suicidio nel periodo 1979-1988, mostra tre picchi negli anni 1979, 1984 e 1987, con trend in decremento in entrambi i sessi. In accordo con altri studi presenti in letteratura, il fenomeno a differenza del suicidio prevale nel sesso femminile, anche se, nel periodo considerato con differenze sempre meno marcate. Tabella n. 1. Tasso parasuicidio /100.000ab. in Toscana, rapporto Femmine/Maschi e Percentuale ANNO Tasso F/M Maschi Femmine (%) (%) 6.69 2.54 28.22 71.78 1979 6.36 2.58 27.95 72.05 1980 5.23 1.67 37.43 62.57 1981 3.94 1.47 40.43 59.57 1982 4.22 2.08 32.45 67.55 1983 5.14 1.39 41.85 58.15 1984 4.25 1.53 39.47 60.53 1985 3.84 1.17 45.99 54.01 1986 5.52 1.63 38.07 61.93 1987 4.18 1.57 38.93 61.07 1988 L’analisi per classi d’età e sesso (Tabella n. 2) pone in evidenza una prevalenza del fenomeno nelle fasce più giovanili e nel sesso femminile. 2 Tabella n. 2. Analisi per classe d’età e sesso nel periodo 1987-88 in Toscana. Femmine Classe di età Maschi (Tasso/105ab.) (Tasso/105ab.) 0.00 0.00 0-13 3.82 6.48 14-24 7.67 8.02 25-34 6.27 7.60 35-44 3.65 5.33 45-54 4.01 5.07 55-64 4.49 5.17 > 65 Nel 1988 il maggior numero di casi si riscontra a Siena (13.6/100.000ab.). Seguono Livorno (11.6), Pisa (10.7), Firenze (10.1)Arezzo (4.4), Grosseto(4.2), Pistoia (3.3). Chiude la classifica Massa e Carrara (3.0), mentre per Lucca non ci sono dati disponibili. L’esame delle statistiche giudiziarie del 2004 (rapporti di denuncia alla Polizia di Stato e Carabinieri, sui casi di suicidio e tentativi di suicidio), ci dà il quadro provinciale in Toscana (Tabella n. 3), ove emerge una netta predominanza dei tentativi di suicidio rispetto al suicidio. In realtà i tentativi di suicidio sono stimati in numero 810 volte maggiore rispetto ai suicidi, in quanto sovente sottaciuti e dissimulati per motivi di ordine religioso, culturale e sociale dalla famiglia che li attribuisce a fatti accidentali o colposi, senza contare quelli che non si giovano di assistenza medica o sono ignorati a causa di errori diagnostici. Tabella n. 3. Suicidio e parasuicidio (Tassi/100.000ab. e Valori assoluti) in Toscana, nel 2004 PROVINCE Numero Numero Tasso Tasso Suicidi Parasuicidi Suicidi Parasuicidio 12 15 6,0 7,5 Massa - Carrara 14 44 3,7 11,6 Lucca 4 25 1,4 9,0 Pistoia 29 32 3,0 3,3 Firenze 16 47 6,7 19,7 Prato 14 26 4,2 7,9 Livorno 19 36 4,8 9,1 Pisa 25 14 7,5 4,2 Arezzo 16 22 6,1 8,4 Siena 15 4 6,9 1,8 Grosseto Totale 164 265 4,6 7,4 La Zona Sanitaria n. 3 “Amiata Grossetana” dell’Azienda USL 9 di Grosseto, comprende 8 comuni situati sulle pendici occidentali del Monte Amiata, e si caratterizza per ridotti indici di natalità (5,9‰), fertilità (28,6‰) e densità di popolazione (35ab/Km2) e, di contro, per elevati tassi di mortalità (19,75‰), invecchiamento (340%), dipendenza sociale (69%) e immigrazione (38,6‰). Gli over65enni contano quasi il 32% della popolazione, di cui la metà ha già superato i 75 anni d’età. Al momento attuale, non sono dati relativi a studi locali sul parasucidio mentre per il suicidio è noto che nell’Amiata Grossetana12, nel periodo 1981-1999 e nei maschi si, osservavano due addensamenti di frequenza nelle fasce d’età 15-34 e in quelle dopo i 45 anni. Nelle femmine, sembrava, che il suicidio fosse esclusivo delle ultime decadi di vita seguenti ai 55 anni. Infatti in 7 casi su 8 (87.5%) il fenomeno riguardava le over50 (Tabella n. 4). Tabella n. 4 – Amiata Grossetana - Suicidio secondo la classe di età ed il sesso nel periodo 1981 – 1999. Periodo Totale Maschi Femmine (anni) (numero e % ) (numero e %) (numero e %) = = = 00 – 14 3 (6.1%) 2 ( 4.9%) 1 (12.5%) 15 – 24 4 (8.2%) 4 ( 9.8%) = 25 – 34 = = = 35 – 44 5 (10.2%) 5 ( 12.2%) = 45 – 54 8 ( 16.3%) 6 (14.6%) 2 (25%) 55 – 64 17 ( 34.7%) 13 (31.7%) 4 ( 50%) 65 – 74 12 ( 24.5%) 11 (26.8 %) 1 (12.5%) > 75 Totale 49 (100%) 41 (100%) 8 (100%) 3 In uno studio precedente9 che interessava l’intero territorio dell’Amiata, nel periodo 1986-1991 (Tabella n. 5), si rilevava, ancora una volta, l’andamento bimodale nelle classi d’età 15-30 anni e negli over50. Sono risparmiate le fasce 00-14 e le donne con meno di 50anni. Tabella n. 5 – Area del Monte Amiata - Suicidio secondo la classe di età ed il sesso nel periodo 1986 – 1991. Periodo Totale Maschi Femmine (anni) (numero e % ) (numero e %) (numero e %) = = = 00 – 14 2(4,9%) 2(5,9%) = 15 – 20 3 (7,3%) 3 (8,8% = 21– 30 1 (2,4%) 1 (2,9%) = 31 – 40 2 (4,9%) 2 (5,9%) = 41 – 50 7 (17,1%) 5 (14,7%) 2 (28,6%) 51 – 60 14 (34,1%) 11 (32,4%) 3 (42,8%) 61 – 70 12 (29,3% 10 (29,4%) 2 (28,6%) > 70 Totale 41 (100%) 34 (100%) 7 (100%) È quindi molto probabile che il suicidio sia solo la punta dell’iceberg di un fenomeno molto più esteso, il parasuicidio, che emerge con punte drammatiche nelle età più avanzate e che esprime un disagio che sembra abbracciare l’individuo sin dalle prime decadi di vita.. 3. PROGETTAZIONE DI STUDIO EPIDEMIOLOGICO. Come Obiettivo Generale ci si poneva di determinare la riduzione del 10% dell’incidenza di suicidi preceduti da atti autolesivi (parasucidio e gravi atti di autolesionismo) in provincia di Grosseto (Amiata Grossetana e Colline Metallifere) e di altro contesto regionale di confronto (Casentino) attraverso l’organizzazione di un sistema di sorveglianza del parasuicidio che preveda di individuare i casi a livello locale ed il loro inserimento in un percorso strutturato e permanente di monitoraggio specialistico assistenziale, terapeutico e riabilitativo. Gi obiettivi specifici prevedono di descrivere i soggetti che hanno messo in atto condotte di parasuicidio secondo le principali variabili socio-demografiche (sesso, età, residenza, stato civile, occupazione), sanitarie (patologia fisica, psichica e sensoriale), di stile di vita (uso di bevande alcoliche o sostanze psicotrope) e d’isolamento sociale. Poi la comunicazione dei risultati dello studio ai MMG al fine di implementarne la capacità di rilevazione dei fattori di rischio e attivare la sorveglianza sanitaria dei soggetti ad alto rischio di suicidio per utilizzare la rete locale (ospedale e territorio) di Prevenzione del gesto suicidarlo. Infine la costruzione di un Percorso Assistenziale - Terapeutico del caso di parasuicidio che preveda il passaggio attraverso la valutazione di figure specialistiche della Salute Mentale (Psichiatra, psicologo), del SERT (Tossicologo), della Medicina del Territorio (Distretto socio-sanitario, MMG), del Servizio Sociale, del Volontariato, etc. con l’obiettivo di analizzare bisogni sanitari specifici (psichici e fisici), di disassuefazione (alcool, sostanze psicotrope), sociali (abitazione, collaborazione familiare, isolamento sociale, ecc.), e programmare l’attuazione di specifici interventi. Il P.A.T. dovrà essere regolato su apposite procedure scritte, deliberate dalle Società della Salute e dall’Azienda Sanitaria. 4. INDAGINE DESCRITTIVA. Si optava per un disegno di Studio descrittivo sui casi di parasuicidio del biennio 2010-2011 attraverso un Sistema di Sorveglianza e Monitoraggio dei casi reclutati nei presidi di prima diagnosi che preveda la presa in carico globale dei “repeters” e il loro avvio al Percorso Assistenziale e Terapeutico (PAT) specifico. Si proponeva la valutazione dei risultati in termini di riduzione dell’incidenza dei casi di suicidio nella popolazione di riferimento. La popolazione in studio era quindi costituita da parasuicidi residenti nelle tre aree in studio nel biennio 2009-2010. Per parasuicidio o “tentativo di suicidio” (definizione di caso) s’intende l’atto autolesivo che non porta al decesso. Tuttavia, non è sempre possibile operare una netta distinzione soltanto in funzione dell’esito (mortale e non), in quanto, spesso, non si può stabilire con certezza se l’intenzione vera sia stata l’autodistruzione oppure se l’atto sia stato, invece, semplicemente “dimostrativo” (inteso come richiesta di aiuto) e sia giunto all’esito perché finito al di là dell’intenzione di partenza (“suicidio preterintenzionale”). Altre volte può trattarsi di un “suicidio 4 mancato” perché compiuto con ignoranza dell’adeguatezza del mezzo, né si può scartare a priori l’ipotesi che un decesso per sospetto suicidio possa essere il risultato di un incidente, o viceversa. L’epidemiologia del parasuicidio va, dunque, letta con riserva, ed è, molto probabilmente, in difetto rispetto al numero reale. Si ritiene opportuno considerare anche i soggetti che hanno portato a termine autolesioni gravi: amputazioni anche parziali, sfregio, autoevirazione, gravi ferite da taglio, ecc.. Soggetti residenti nelle aree geografiche corrispondenti alle 3 Società della Salute Montane di seguito elencate: SDS Zona Distretto n. 1 “Colline Metallifere”e SDS Zona Distretto n. 3 “Amiata Grossetana” della provincia di Grosseto e SDS Zona Distretto “Casentino” di quella di Arezzo . 5. STRATEGIE DI PREVENZIONE. Si esplica attraverso l’organizzazione di un Percorso Assistenziale – Terapeutico che contempla la Presa in Carico Globale (P.C.G.), del soggetto sotto il profilo psico –medico – pedagogico e sociale, al fine di garantirne il recupero e il reinserimento sociale (abitativo, scolastico, lavorativo, comunitario) nonché la sorveglianza epidemiologica e la valutazione dell’evoluzione clinica, comportamentale, psicopatologica. Si articola in almeno 5 fasi distinte. La Notifica di parasucidio. Si tratta di una procedura scritta, che prevede l’invio di un documento (modulo di notifica) che raccoglie i dati essenziali di coloro che hanno tentato una condotta autolesiva dal Medico di Prima Diagnosi (MMG, GMT, Medico PS, Medico 118, ecc.) al Gruppo Operativo Locale (GOL). Questo, avrà compiti di organizzazione dell’indagine epidemiologica descrittiva e del PAT all’interno della propria Zona Sociosanitaria e provvederà ad attivare un punto di ascolto per la segnalazione telefonica presso la centrale del 118. Poi la Valutazione Specialistica da parte di equipe multiprofessionale e multidisciplinare del GOL tesa a garantire prestazioni coordinate, integrate e la PCG per l’intero iter del PAT. Ancora l’analisi preliminare dei bisogni: Sanitari (specialistici e generici), Medico Legali (riconoscimenti d’invalidità civile, stato di handicap, ecc.), Distrettuali [servizi: domiciliari (Assistenza Domiciliare Integrata, Assistenza Domiciliare Programmata, Assistenza Infermieristica Domiciliare, Assistenza Domiciliare Sociale); semiresidenziali (Centri Diurni); residenziali (Residenze Sanitaria Assistenziali, Residenze Assistite, Ospedale di Comunità, Presidio Ospedaliero), tossicologici (SERT), Sociali (Assistenza Domiciliare Sociale, Mensa)]. Di nuovo la redazione di Progetto riabilitativo del GOL: contempla Programma terapeutico articolato in obiettivi, interventi, monitoraggio, verifiche, addestramento per reinserimento in comunità. Infine l’inserimento sociale: abitativo, scolastico, lavorativo, in strutture residenziali per anziani (RSA, RA) o sanitarie intermedie (OdC, PO), in comunità terapeutica, Centri Alcolisti in Trattamento (CAT), in strutture sociali (Centri Diurni, Circoli ricreativi, Centri sociali); 6. MODALITÀ OPERATIVE. I casi potranno essere reclutati nei presidi di Pronto Soccorso Ospedalieri (PSO), studi professionali di MMG (casi trattati a domicilio o in ambulatorio) e Guardia Medica Territoriale (GMT). Occorre quindi creare un sistema di notifica del parasuicidio sottoforma di procedura aziendale cogente da parte del Medico del Presidio di Prima Diagnosi (PSO, GMT, studio del MMG, ecc.) al MMG (con la lettera di dimissione ospedaliera dal reparto di degenza o di osservazione del PSO, ecc.) il quale dopo aver raccolto tutte le informazioni di interesse epidemiologico con apposito questionario, avvia il soggetto al PAT. La notifica deve essere inoltrata al GOL. Il PAT sarà una ulteriore occasione per completare la rilevazione con questionario e valutare nel tempo l’evoluzione clinica, comportamentale e/o psicopatologica del soggetto da parte dello specialista. 7. CONCLUSIONI. Il Progetto si propone gli obiettivi ambiziosi di ridurre l’incidenza del suicidio del 10%, agendo su una categoria di soggetti ad alto rischio (parasuicidi) e contestualmente di sensibilizzare la rete dei MMG quali operatori sentinella del territorio. Il successo dell’iniziativa implica elevati standard d’integrazione tra le strutture organizzative socio-sanitarie processo che, ancorché complesso, consentirà la promozione culturale del personale e il recupero e l’ottimizzazione di risorse anche sotto i profili economico e gestionale. 5 8. BIBLIOGRAFIA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. Crepet P. e Florenzano F. “Il rifiuto di vivere. Anatomia del suicidio”. Editori Riuniti I Cirri, 1989. Crepet. P. “Le Dimensioni del vuoto. 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Studio epidemiologico caso controllo in tre zone montuose della Toscana”, Società Italiana di epidemiologia psichiatrica, VIII congresso nazionale, Convitto della calza, Piazza della calza, 6 26/10/2007, Firenze, Abstract Book pag. 121; Luccarelli L., Piacentini P., Boncompagni G., Corlito G. “Prevenzione del suicidio: valutazione retrospettiva mediante apposita scheda per i Medici di Medicina Generale”, Società Italiana di epidemiologia psichiatrica, VIII congresso nazionale, Convitto della calza, Piazza della calza, 6 26/10/2007, Firenze, Abstract Book pag. 245; 18. Corlito G., Boncompagni G. “Problemi alcolcorrelati e suicidio. Un problema e un progetto. Alcologia, rivista quadrimestrale, 2008. 6