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È il suicidio la maledizione delle ragazze
IL CAFFÈ 15 maggio 2011 10 C1ATTUALITÀ @ www.telefonoamico.143.ch www.tcs.ch www.compostela.pellegrinando.it È il suicidio la maledizione delle ragazze Il tentativo di suicidio è drammaticamente rosa. Le cifre stimate, non esiste alcuna statistica, lo danno dieci a uno tra i giovani. In tutti i Paesi, Svizzera compresa. Le ragazze provano a suicidarsi molto più spesso rispetto ai maschi. A dirlo un esperto, il neuropsichiatra francese Boris Cyrulnik, che ha lanciato l’allarme dalle pagine del settimanale romando “Le Matin”, all’indomani del suicidio di un piccolo ucraino di 11 anni, uccisosi precipitando da un’altezza di 110 metri nei pressi del Lago dei Quattro Cantoni. Da due settimane il ragazzo non andava più a scuola, stanco di subire le cattiverie e le vessazioni dei compagni. I genitori, però, hanno parlato di incidente. Ma ecco altri numeri “neri”: in Svizzera, ogni tre giorni un giovane si toglie la vita. E se i tentativi di suicidio sono al femminile, quelli portati a termine, invece, sono più maschili, nella misura di due terzi sul totale dei decessi. Sempre nel nostro paese si contano circa 10mila tentativi l’anno. Un tasso che supera di quattro volte tra gli uomini, e di 16 volte tra le donne, quello dei suicidi consumati. Anche in Ticino non è escluso dal fenomeno: l’anno scorso, nel solo mese di gennaio, ben cinque suicidi. Uno ogni sei giorni. Nel 2009 i gesti estremi accertati nel cantone sono stati 29. Ma sono soprattutto i giovani a preoccupare, visto che tra i 15 e i 25 anni il suicidio è la prima causa di morte, assieme agli incidenti stradali. Tante le ragioni. Secondo Stop Suicidio non c’è un solo e unico motivo per cui un giovane decide di togliersi la vita, o tenta di farlo. Si sa quanto nell’eta? adolescenziale, la ricerca della propria strada, le difficolta?relazionali e l’esclusione sociale possono far cadere un ragazzo in situazioni di crisi. Gli esperti, però, sottolineano l’importanza di non lasciare soli i bambini piccoli, perché fino ai 3-4 anni per loro è una sorta di gioco o Ti-Press Ogni tre giorni un giovane si toglie la vita. In 10mila provano a farla finita I DETERRENTI Nei luoghi a rischio, come sulla diga della Verzasca, sono stati posati cartelli che dovrebbero servire da deterrenti sono vittime di un impulso, che sfocia nel passagio all’atto in un momento di solitudine. Basta quindi che qualcuno sia presente per far loro cambiare idea e quindi scongiurare il peggio. Purtroppo a volte non è così. Il neuropsichiatra Boris Cyrulnik, sempre dalle colonne de Le Matin, ricorda il caso di una bambina che chiude la porta della sua camera. La madre bussa e lei risponde: “ho qualche cosa da fare, mamma”. Poi apre la finestra e salta. A mettere ulteriormente in allarme gli esperti c’è il fatto che la Confederazione è l’unico Paese dell’Europa occidentale a non avere ancora un programma di prevenzione su scala nazionale. Per questo Stop Suicidio, che ogni anno organizza in Romandia una campagna di prevenzione a cui partecipano mediamente una cinquantina di Comuni della Svizzera francese, si augura che presto questa manifestazione si possa allargare all’intero territorio elvetico. In sostanza, nota ancora Stop Suicidio, la prevenzione al suicidio non fa parte degli obiettivi del dipartimento federale della Sanità. E allora tutto ricade sulle spalle di gruppi o enti che fanno lavoro di “profilassi”, come Telefono amico, i cui centralini si possono raggiungere 24 ore su 24 al 143. Un numero composto, l’anno scorso, da oltre 16mila persone solo in Ticino (203mila e passa in tutta la Svizzera), mentre i colloquio di aiuto sono stati quasi 12mila (quasi 174mila in Svizzera). Proprio martedì prossimo, 17 maggio, alle 20.30 al Cinema Lux di Massagno, l’associazione terrà la sua prima manifestazione pubblica nell’ambito dei festeggiamenti per il 40° di attività con la presentazione di un cortometraggio di Ottavio Graziano “Per voce sola”. Al termine, seguirà una riflessione con lo psichiatra Tazio Carlevaro e un dibattito pubblico. Un’occasione di confronto su un tema che ci riguarda tutti. p.g. L’allarme 4 Dal governo aCompostela Strade a rischio con i Cancellara della domenica Il diario di Luigi Pedrazzini Nel Cammino si scollina con lo spirito LUIGI PEDRAZZINI Troppi i ciclisti spericolati, 90 incidenti con morti e feriti ‘‘ Il Cantone Davide Caccia “Occorre tanta responsabilità perché le norme non bastano più” E CHI ASCOLTA MUSICA... Secondo la Suva un altro problema nasce da chi ascolta musica, perché i tempi di reazione calano parecchio Il caso ‘‘ Il Touring club Renato Gazzola Guarda il video “Non conoscono i pericoli ai quali vanno incontro E sono tanti” tri di distanza per cui non gli restano che 0,3 secondi per reagire. “Ciò dimostrano che, anche ad un volume ragionevole, ascoltare musica con le cuffie per strada può avere conseguenze letali”, ha affermato Beat Hohmann, responsabile del Settore fisica alla Suva. Riprende Gazzola: “I cicloamatori spesso non sanno a cosa vanno incontro. Ci sono zone di pericolo in molte cantonali. E lì bisogna prestare maggiore atten- FOCUS Guarda il video su caffe.ch. Nella homepage clicca “WebTV” e seleziona “Focus”. Puoi anche cliccare il link in fondo all’articolo online. zione. Ma loro non lo fanno, così accadono gli incidenti”. Magari protestano con gli automobilisti che clacksonano per chiedergli di mettersi di lato o di occupare, dove ci sono le piste ciclabili. Perché accade pure questo, gruppi che escono dal tracciato giallo, anche dove c’è (onestamente non sono poi tanti e il programma milionario cantonale stenta a decollare). “C’è anche chi si comporta corretta- mente: procede in fila indiana, non manca di dare la precedenza, quando deve svoltare allunga il braccio- nota Gazzola-. Ma sono pochi, rarissimi”. Per questo la Polizia a più riprese ha chiesto maggiore attenzione. Anche agli automobilisti che rischiano di cacciarsi nei guai. “Basta un attimo per un incidente conclude Caccia -, occorre una cultura del rispetto reciproco”. [email protected] L’assemblea dell’Hcap si misura col nuovo obiettivo finanziario Due milioni in più per salvare l’Ambrì Servono due milioni in più ogni anno per essere tranquilli sotto il profilo societario e competitivi sotto quello sportivo. Per portare la disponibilità della società dai nove milioni circa attuali, ad undici. Stabilmente. Sono questi i contenuti “veri”, quelli in moneta sonante, dell'assemblea generale straordinaria dell'Ambrì Piotta, che riunisce quest'oggi, domenica, alle 17 alle scuole di Giornico, gli azionisti e - idealmente - tutto il popolo biancoblù. Quello finanziario, infatti, è l'aspetto centrale per il futuro della società leventinese, reduce dalla salvezza strappata per un pelo dopo l'ennesima stagione, eufemisticamente detto, complicata. È in gran parte nelle necessità economiche anche lo sfogo del presidente Lombardi, a caldo, proprio dopo la vittoria nella serie contro il Visp. "Non vogliamo più rischiare in questo modo - ha detto nelle scorse settimane al Caffè -, perché senza le risorse necessarie e la mentalità giusta, la ‘sentenza di condanna’ è solo rinviata". Da qui l'inserimento all'ordine del giorno delle ormai fa- mose opzioni "b" e "c" con la scelta di retrocedere in serie B o di sciogliere addirittura la società. Anche se la retrocessione non potrà essere né volontaria, né tantomeno la sopravvivenza nella cadetteria sarebbe garantita, a causa della scarsa visibilità del torneo e la conseguente difficoltà nel reperire anche fondi di molto inferiori agli attuali.Musica del futuro, certamente, ma di un fu- La società leventinese ha stimato il capitale necessario ogni anno per restare competitiva e poter guardare con più sicurezza al futuro IL PRESIDENTE Filippo Lombardi ha sottolineato più volte l’urgenza di nuovi fondi Ti-Press MAURO SPIGNESI Virano bruscamente, viaggiano in gruppo occupando gran parte della carreggiata, limitano la visuale, forzano le curve con la loro pedalata sportiva. Su piste ciclabili e percorsi pedonali sono soprattutto gli emuli di Contador e Cancellara che schizzano via veloci ad infastidire, se non a mettere in pericolo, chi passeggia tranquillamente o usa la bici per rilassarsi, magari in compagnia dei bambini. A volte non rispettano i semafori dei lavori stradali. E nei fine settimana trasformano le strade in luoghi ad alto rischio. “Sono un problema serio. E non si può risolvere soltanto con le norme. Serve tanta, tanta responsabilità personale”, dice Renato Gazzola, portavoce del Touring club Ticino. L’anno scorso, secondo gli ultimi dati forniti dalla Polizia, i ciclisti coinvolti in incidenti gravi sono stati 91. Nel 2009 erano 69: si è tornati alla cifra di tre anni fa. A livello nazionale non va meglio: con 54 morti è raddoppiato il numero di vittime sulle due ruote rispetto al 2009, secondo l’ultimo rapporto dell’Ufficio federale per la prevenzione degli incidenti. Anche Davide Caccia, responsabile cantonale del programma “Strade più sicure”, solleva le braccia: “Onestamente non si riesce a trovare un sistema per eliminare i pericoli quando si parla di ciclisti”. Non tanto per chi usa la bici per andare al lavoro, quanto per chi sale in sella per fare il giro del lago la domenica. “Noi facciamo iniziative di sensibilizzazione nelle scuole. Soprattutto alle Medie”, riprende Caccia. “Abbiamo anche provato a instaurare un dialogo con i veloclub o con i gruppi sportivi. Ma il problema è la domenica. Il problema è chi si mette in strada sull’onda dell’entusiasmo senza calcolare i rischi e senza una preparazione adeguata alle spalle”. E c’è poi chi va in bici ascoltando la musica. Gli esperti di acustica della Suva hanno recentemente calcolato che un ciclista senza cuffie o auricolari percepisce un veicolo che si avvicina ad una velocità di 50 chilometri l’ora quando questo si trova a 16 metri di distanza da lui. Il tempo per reagire è di due secondi. Con un volume di 80 decibel (ossia nella norma), si accorge dell’ostacolo solo quando è a 3 me- S turo troppo prossimo secondo la dirigenza biancoblù, che deve fare i conti anche con il problema della nuova pista. Quei due milioni, l'operazione rinnovo della struttura esistente, li avrebbe fatti entrare in cassa a breve-medio termine. Ora, con una nuova pista da una trentina di milioni da costruire, bisogna trovarli da un'altra parte. ms antiago di Compostela si avvicina; devo percorrere ancora un centinaio di chilometri e sono entrato nell’ultima delle quattro regioni spagnole toccate dalla “via francese”: dopo la Navarra, la Rioja e la Castilla y Leon, sono infatti in Galizia. La settimana trascorsa mi ha riservato alcune tappe assai impegnative per lunghezza, ma anche dislivello. Una di queste, di 38 km, mi ha portato dalla bellissima cittadina di Astorga al paesino di El Acebo, nei monti di Leon, passando per la Cruz de Hierro, uno dei punti più fotografati del cammino. Non è stata solo settimana di fatiche ma anche di piacevolissime sorprese. Oltre a Patrick Lardi, direttore aggiunto di Ticino Turismo, che mi aveva preannunciato l’intenzione di fare con me un tratto del percorso, mi hanno raggiunto a sorpresa Valeria, mia moglie, assieme a mia figlia Lorenza, accompagnate da Laura Tarchini. Cammineranno con me fino a domani, lunedì. Se da una parte ho avuto per 20 giorni il piacere del cammino solitario, dall’altra devo riconoscere quanto sia bello condividere una parte dell’esperienza con famigliari e amici! Dal profilo del paesaggio ho lasciato, senza troppi rimpianti, la pianura e ripreso i saliscendi delle colline e delle montagne. Da buon ticinese preferisco muovermi in un contesto geografico di cui vedo i confini... Ho fatto nuove conoscenze e avuto interessanti discussioni (ho tra l’altro constatato, soprattutto a partire da Leon, un aumento di pellegrini e, di conseguenza, un’offerta sempre più ampia di prestazioni commerciali ). Domenica scorsa avevo concluso chiedendomi quale motivo spinga ogni anno decine di migliaia di persone, provenienti dai cinque continenti, fra cui tantissimi giovani, a compiere questa impresa. Mi riesce difficile, dopo 25 giorni, dare una risposta. Mi sono trovato parzialmente d’accordo con un bergamasco “tutto d’un pezzo”: il cammino è anche moda, percorrerlo è ‘trendy’, sta diventando il più noto trekking europeo.È forse vero per una parte di pellegrini. A me piace però pensare che nella sfida, che comunque esige, per giungere a conclusione, una forte motivazione, ci sia ancora lo spirito autentico del pellegrino che cerca attraverso il cammino una risposta a domande fondamentali che il “quotidiano” tende a emarginare, o che si mette in causa per un lungo periodo in condizioni di vita particolari e nel segno di una forte tradizione che fa del cammino, come ebbe a dire Giovanni Paolo II, un’importante strada di conversione. Ho detto che non voglio parlare del “mio” cammino spirituale. Credo di non tradire questo impegno, scrivendo che mai come in queste ultime settimane ho potuto leggere con maggiore profondità nella mia vita. Ma questa è l’esperienza che mi hanno testimoniato molti altri pellegrini, giovani e meno giovani. Qualcuno mi ha detto: dopo Compostela non sono più stato la stessa persona. Non so se è così per tutti e se lo sarà per me in particolare. Certo è che il cammino diventa, giorno dopo giorno, malgrado il mal di piedi che mi accompagna dall’inizio, un’esperienza che sollecita molto più lo spirito del corpo!