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LA VERGINE E LA DONNA SPOSATA

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LA VERGINE E LA DONNA SPOSATA
LA VERGINE E LA DONNA SPOSATA
Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preocc upa
delle cose del S ignore, come possa pia ce re al Signore; chi è sposato invece s i
preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova divis o!
Così la donna non sposata, come la ve rgine, si preoccupa delle cose del Signore, pe r
essere sant a nel corpo e nello spi rit o; l a donna sposata invece si preoccupa delle
cose d el mo ndo, come possa piace re al mari to. ( 1 Corinzi 7, 32-34)
Sono necessari e due premesse per comprendere il brano della Prima Lettera ai
Corinzi, che la liturgia domenicale ci pro po ne , senza esserne scandalizzati, come potrebb e
accadere a un a pri ma l ettura. La prima co nsiderazione riguarda proprio il taglio di questa
Lettera, soprattutto per quanto concerne la su a teologia matrimoniale. San Paolo non vuo le
comporre un trat tat o vero e proprio sull’ar go mento (si legga, per contrasto, la splen dida
pagina del capitolo 5 della Lettera agli Efesin i), bensì – come diceva il teologo tede sco
Hans Conzelmann – solo «una teologia applicata» a una situazione particolare. Ecco ,
allora, la seconda premessa. L’Apostolo si rivo lge alla Chiesa di Corinto che viveva in u n a
metropoli deg enere e degenerata e ch e er a sta ta intaccata dai germi di corruzione di qu e lla
città marittima .
Ebbene, P aolo da un lato nel suo scr itto ribadisce la legittimità del matrimonio ,
ma d’altro lato vuole tentare anche la via della provocazione, imprimendo quasi una scossa
a quella com unità cri sti ana intorpidita. E lo fa esaltando la verginità – in un mondo che
si tr ascinava stancamente secondo i canoni sociali dominanti – come segno di libe rtà
e di donazione radicale e assoluta. Ma , badia mo bene, non è l’esaltazione di uno sta to
anagrafico né di una mera situazion e f isio logica, bensì di un atteggiamento interio re
profondo. È il dedicarsi in modo pieno e tot ale al Regno di Dio e all’amore del prossimo .
In un certo senso, anche il mat rim onio cristiano dovrebbe avere al suo interno un
germe di verginità e non tanto per un’e ven tuale astinenza sessuale, quanto piuttosto come
desiderio di d onazione pura e assoluta a nch e fuori della propria famiglia, in una dedizio n e
libera e gioiosa per un orizzonte pi ù vasto . Altrimenti la stessa esistenza familia re si
raggrinzisce in se stessa; le preoccupazio ni, come scrive Paolo, assorbono ogni an elito
interiore. S i noti, infatti, la reiterazion e che l’Apostolo fa del termine “preoccupars i” (in
greco mer imn an ), proprio come aveva fat to Gesù nel Discorso della montagna, ove in u n
brano ( Matteo 6, 25-34) aveva per ben sei volte usato lo stesso verbo per combattere l’
“affannarsi” frenetico attorno alle cose e a gli int eressi esteriori.
Il risult ato di un simile stile di vit a è suggestivamente descritto da san Paolo
con un solo verbo: ci si trova “divisi”, cioè te si tra l’ideale alto con le sue aspirazio n i e
i suoi grandi valori e il piccolo cabotag gio se nza respiro spirituale. Ecco, allora, il se n so
profondo della “verginità”. La vera ver gin e cr istiana non è, come scriveva il poeta ing lese
secentesco John Mi lt on, «colei che va tu tta vestita d’acciaio», fredda e distaccata, ma è
la per sona celibe o coniugata che non è r inchiusa nel suo piccolo orizzonte familiare o
sociale, ma al larga i l suo cuore e la sua azione a tutto il prossimo e agli appelli forti e
radicali del suo Di o.
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