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G. VERGA • Pubblicata nel 1882 la novella riprende, senza farvi

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G. VERGA • Pubblicata nel 1882 la novella riprende, senza farvi
ANALISI
1.I
TRAGICI
BRONTE
1860
•
FATTI DI
DEL
•
Il tempo:
nessun
riferimento
esplicito al
contesto
storico
5 sequenze
•
•
•
•
•
DELLA NOVELLA
LIBERTÀ
DI
G. VERGA
Pubblicata nel 1882 la novella riprende, senza farvi
riferimento esplicitamente, i tragici fatti di Bronte del
1860, quando i contadini di Bronte, un piccolo paese sulle
falde dell'Etna, esasperati per la mancata distribuzione
delle terre demaniali promessa da Garibaldi, insorsero
contro la parte più reazionaria dei borghesi locali (i
cosiddetti "cappelli") uccidendone una quindicina.
Il generale Nino Bixio, inviato da Garibaldi per placare la
sommossa, pur trovandola già sedata, fece arrestare
centocinquanta persone e, istituito un tribunale militare,
ne fece immediatamente processare cinque, in qualità di
principali responsabili degli accadimenti. La condanna per
fucilazione fu eseguita il giorno dopo.
La novella narra del periodo che va dalla giornata della
rivolta alla conclusione del processo di Catania, avvenuta
tre anni dopo, che portò alla condanna all'ergastolo di vari
brontesi.
Nella novella non vengono riportati gli anni in cui avviene
la vicenda narrata. Gli eventi narrati sono disposti in
ordine cronologico.Le frasi dei popolani (nella novella
spesso filtrate dal discorso indiretto libero del narratore)
contengono tuttavia riferimenti agli antecedenti della
rivolta: in particolare alle misere condizioni economiche in
cui erano costretti i popolani e alle violenze da loro subite
da parte di sbirri e campieri agli ordini dei proprietari
terrieri, che giustificherebbero la violenza della rivolta.
Nella novella sono individuabili cinque sequenze narrative,
inframmezzate da "a capo" e indicazioni riguardanti il
passare del tempo: nella prima viene narrata la
sanguinosa rivolta all'apice del suo fulgore che si conclude
poco prima del sopraggiungere della notte, nella seconda
viene descritta la vita del paese il giorno dopo la rivolta
(domenica), la terza è dedicata al lunedì, quando arriva
Bixio e attua la sua violenta repressione, la quarta
comprende l'arrivo dei giudici, il trasferimento del
processo a Catania e la descrizione di quello che accade a
Bronte contemporaneamente allo svolgersi del processo e
l'ultima coincide con la conclusione del processo che
sancisce la condanna dei rivoltosi.
La prima sequenza, da sola, costituisce la metà dell'intera
novella, ed è difatti quella più particolareggiata, mentre la
seconda, che liquida la repressione di Bixio in poche righe,
è la più breve e sintetica. Questa concisione sembrerebbe
sminuire la violenza dell'intervento di Bixio, in proporzione
a quella dei popolani, anche se, in definitiva, ci restituisce
bene l'atteggiamento sbrigativo del generale.
.
Altre letture critiche della novella (per esempio il testo di
Villa) raggruppano le cinque sequenze precedentemente
individuate in tre macrosequenze: rivolta - sbandamento e
1
attesa - repressione, altrimenti intese come rottura
dell'ordine - incapacità di costruire un ordine nuovo ristabilimento dell'ordine precedente. Questa suddivisione
ci permette di rilevare il pessimismo profondo della
novella, che racconta un episodio dove l'uomo si dimostra
incapace di sovvertire l'assetto sociale costituito (tema
caro all'autore). Il fatto che Verga non specifichi le
coordinate spazio-temporali della vicenda sembra
significare che questo meccanismo possa verificarsi
ovunque, in qualsiasi momento, quasi come fosse una
legge naturale. Le ricorrenti similitudini e metafore che
paragonano la folla in rivolta ed elementi naturali,
contribuisce ad avallare questa lettura.
•
3.Lo spazio
•
•
•
Nella novella, così come l'identità del paese non viene
chiarita, anche la descrizione dei suoi spazi rimane sul
vago. Il paese emerge come una collezione di luoghi e
edifici, tipici dei paesi dell'entroterra siciliano, nominati,
ma non descritti, né connessi tra loro, che appaiono
soltanto quando vengono "toccati" dalla vicenda: la
chiesa, la piazza, il casino dei galantuomini, il Municipio, la
chiesa, le stradicciuole, la villa della baronessa, il cimitero,
il convento. Di alcuni di questi luoghi e edifici ci vengono
mostrate anche (in certi casi, soltanto) singole parti,
anch'esse nominate ma non connotate e tra loro
sconnesse: della chiesa, per esempio, vediamo, in
momenti diversi, il campanile, gli scalini e il sagrato.
Intorno al paese sta la campagna, intravista prima tra le
case della piazza e, successivamente, attraversata dal
corteo degli arrestati, anch'essa descritta per immagini
slegate, ma più ampie: "i campi giallastri della pianura", le
lunghe strade, i fichi d'india, le vigne, le "biade color oro".
Più in là ancora, a chiudere il paesaggio, vi sono i fianchi
dell'Etna ricoperti di "boschi cupi".
A separare paese e campagna sta un burrone, a collegarli
una stradicciola che scende a precipizio. Tra paese e
campagna s'instaura quindi un rapporto alto/basso, che
assume particolare importanza durante l'arrivo dei
garibaldini, quando la posizione dei popolani, sulla cresta
del monte, consentirebbe loro di sconfiggere i soldati che
risalgono il burrone.
L'altra contrapposizione spaziale presente nella novella è
quella che s'instaura tra paese e città. Quest'ultima si
rivela completamente ostile ai popolani: è dominata dal
gran carcere dalle celle buie, al quale i parenti dei
detenuti faticano ad accedere; non vi si trova lavoro, né di
cui cibarsi; anche la locanda più misera è costosa e chi
dorme sugli usci della chiesa viene arrestato; una ragazza
persino vi si perde.
.
2
I personaggi
•
•
Lo stile
•
•
L’artificio
della
regressione:
l’impersonal
ità
verghiana
•
(BaldiGiusso, pp.
907-908)
•
•
La novella del Verga si presenta come un racconto
"corale", che non ha come protagonisti singoli individui,
ma gruppi. Da una parte il "popolo", che, durante la rivolta
viene caratterizzato attraverso similitudini e metafore
tratte dal mondo della natura (la folla come un mare in
tempesta o un fiume in piena), dall'altra i "galantuomini":
quelli del paese (nobili, preti, farmacisti, notai, ecc.) e
quelli di città (giudici, giurati) e i loro aiutanti (campieri,
sbirri, guardaboschi). I singoli che emergono dai gruppi
entrano in scena una volta sola e, principalmente, in
qualità di membri tipici del gruppo di cui fanno parte.
Anche Bixio, che non appartiene a nessuno di questi due
gruppi, anche se poi fa gli interessi dei secondi, fa
soltanto una fugace apparizione.
Dei popolani, durante la rivolta, vengono riportati gli
aspetti più sgradevoli. I "galantuomini" e i loro aiutanti
vengono inquadrati attraverso le loro (presunte?) colpe,
dal punto di vista dei popolani inferociti; da un certo punto
in avanti la violenza subita non trova più un contraltare
nelle colpe commesse, perciò emerge un sentimento di
pietà nei loro confronti. Critico, infine, è il giudizio sui
giudici e gli avvocati difensori, dei quali viene sottolineata
la distrazione, la sonnolenza, l'enfasi degli abiti e dei
discorsi che cela sterilità.
Verga punta evidentemente all'annullamento o meglio
all'eclissarsi del narratore quasi come se la realtà potesse
raccontarsi da sola.
Egli ottiene questo tramite l'aderenza (la "regressione"
come afferma Baldi) del narratore al linguaggio, ai
pensieri, all'ideologia, alla cultura del mondo che mette in
scena, sia attraverso il discorso diretto dei personaggi, sia
attraverso il discorso indiretto libero.
È evidente come a raccontare i fatti non sia il narratore
onnisciente tradizionale, che, come nei romanzi di
Manzoni, Balzac, e anche in parte dello stesso Zolà,
riproduce il livello culturale, i valori, i principi morali, il
linguaggio
dello
scrittore
stesso,
ed
interviene
continuamente nel racconto a illustrare gli antefatti e le
circostanze dell’azione, a tracciare il ritratto dei
personaggi, a spiegare i loro stati d’animo e le motivazioni
psicologiche, a commentare i loro comportamenti, a
dialogare con il lettore.
Nelle opere
di Verga e così anche nella novella in
questione, il punto di vista dello scrittore borghese
Giovanni Verga non si avverte mai: la voce che racconta si
colloca tutta all’interno del mondo rappresentato, è allo
stesso livello dei personaggi.
Non è propriamente qualche specifico personaggio a
raccontare; ma il narratore si mimetizza nei personaggi
stessi, adotta il loro modo di pensare e di sentire, si
riferisce agli stessi criteri interpretativi, agli stessi principi
morali, usa il loro stesso modo di esprimersi.
3
•
•
COME
SI
•
COMPORTA IL
NARRATORE
POPOLARE?
(BALDI-GIUSSO,
908)
•
•
•
IL LINGUAGGIO
•
•
•
•
•
•
•
LA
RAPPRESENTAZION
E DEL
•
È come se a raccontare fosse uno di loro, che però non
compare direttamente nella vicenda e resta anonimo.
Tutto ciò si impone con grande evidenza agli occhi del
lettore, perché Verga, nei Malavoglia e nelle novelle,
rappresenta ambienti popolari e rurali e mette in scena
personaggi incolti e primitivi, contadini, pescatori,
minatori, la cui visione e il cui linguaggio sono ben diversi
da quello dello scrittore borghese colto.
È un narratore che non informa in maniera esauriente sul
carattere e sulla storia dei personaggi (come fa ad es.
Manzoni: si pensi ai capitoli monografici dedicati a FC, alla
monaca di Monza, all’Innominato), né offre dettagliate
descrizioni dei luoghi dove si svolge l’azione (si pensi alla
sequenza iniziale dei PS).
Egli parla di luoghi e personaggi come se si rivolgesse a
un pubblico che appartiene a quello stesso ambiente, che
avesse sempre conosciuto quelle persone e quei luoghi.
Perciò il lettore all’inizio dei Malavoglia e delle varie
novelle si trova di fronte a personaggi di cui possiede solo
notizie parziali o non essenziali e solo a poco a poco arriva
a conoscerli, attraverso ciò che essi stessi fanno o dicono,
o attraverso ciò che altri personaggi dicono di loro.
E se la voce narrante commenta o giudica i fatti, non lo fa
certo secondo la visione colta dell’autore, ma in base alla
visione elementare e rozza della collettività popolare, che
non riesce a cogliere le motivazioni psicologiche
autentiche delle azioni e deforma ogni fatto in base ai suoi
principi interpretativi, fondati sulla legge dell’utile e
dell’interesse egoistico.
Di conseguenza anche il linguaggio non è quello che
potrebbe essere dello scrittore, ma è un linguaggio
carente, intermezzato da modi di dire, paragoni, proverbi
e imprecazioni.
La sintassi è elementare e a volte scorretta e in essa
appare la struttura dialettale, anche se il Verga non usa
mai direttamente il dialetto e se deve citare un termine
dialettale lo isola per mezzo del corsivo.
Commenti del narratore:
E il sangue che fumava e ubriacava
Egli tornava dal dir messa con l’ostia consacrata nel
pancione
Se quella carne di cane fosse valsa a qualcosa, ora
avrebbero potuto satollarsi, mentre la sbrindellavano…
I detti: anche il lupo allorché capita affamato in una
mandra, non pensa a riempirsi il ventre e sgozza dalla
rabbia…
Anche se le opere veriste di Verga hanno per gran parte al
centro la vita del popolo, non si riscontra in esse
quell’atteggiamento populistico1 che affligge tanta
1
Populismo= atteggiamento ideologico che, sulla base di principî e programmi
genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario il popolo
come depositario di valori totalmente positivi. In ambito artistico e letterario,
rappresentazione idealizzata del popolo, considerato come modello etico e sociale.
4
POPOLO/FOLLA
•
NESSUN
PATERNALISMO
ALLA
DE AMICIS
•
•
•
•
letteratura del secondo Ottocento.
L’atteggiamento
populistico
consiste
nella
commiserazione sentimentale per le miserie degli umili,
nella deprecazione retorica delle piaghe sociali, nella
fiducia in un miglioramento delle condizioni dei diseredati
garantito dalla buona volontà e dal paternalismo benefico
dei ceti privilegiati.
Tutto ciò si traduce in una rappresentazione manierata,
patetica e lacrimevole e insopportabilmente zuccherosa
della realtà popolare.
Un esempio per tutti è Cuore di Edmondo De Amicis
(1886).
Proprio in virtù della tecnica narrativa che esclude la
visione
dell’autore
borghese,
fonte
diretta
del
paternalismo e del populismo, Verga non dà una
rappresentazione idealizzata della vita del popolo e delle
piaghe sociali che la affliggono: la folla che agisce nella
novella Libertà è mossa da istinti bestiali, dalla volontà
brutale di operare una giustizia sommaria, di affermare
un’idea
di
libertà
che
consiste
sostanzialmente
nell’”arraffare”, nell’impadronirsi con la violenza e in
maniera illegale dei beni della classe privilegiata; l’idea di
giustizia, che pure è un aspetto strettamente legato alla
questione della ridistribuzione delle terre del latifondo nel
Sud d’Italia, non ha nulla a che fare con l’atteggiamento
barbaro e violento del popolo, della folla popolare.
Le rivendicazioni alla base di tale rivolta sono senz’altro
giuste, ma il narratore non lo dice mai; si limita a
presentare il comportamento irrazionale e selvaggio delle
folla e le sue conseguenze.
5
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